Gennaio 2010 0 1 0 2
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
Senato Camera della Repubblica dei deputati e Commissione parlamentare m u t s per l’indirizzo generale o c e la vigilanza dei servizi e à radiotelevisivi t e i c o s , v T Tv, società e costume La Rai come rappresentazione e traino della realtà culturale, civile ed etica del Paese 2° Seminario Roma, 19 gennaio 2010 0 1 0 2 o i a n n e g Senato della Repubblica 9 www.senato.it 1 Senato Camera della Repubblica dei deputati Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi Tv, società e costume La Rai come rappresentazione e traino della realtà culturale, civile ed etica del Paese 2° Seminario Roma, 19 gennaio 2010 Il presente volume raccoglie gli atti del Seminario promosso dalla Commissione per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. La raccolta degli atti è stata curata dall’Ufficio di segreteria della Commissione. Gli aspetti editoriali sono stati curati dall’Ufficio delle informazioni parlamentari, dell’archivio e delle pubblicazioni del Senato. © 2010 Senato della Repubblica Secondo Seminario TV, società e costume. La RAI come rappresentazione e traino della realtà culturale, civile ed etica del paese. ROMA, 19 GENNAIO 2010 SALA CAPITOLARE CHIOSTRO DEL CONVENTO DI SANTA MARIA SOPRA MINERVA 4 TV, SOCIETÀ E COSTUME Introduzione SERGIO ZAVOLI PARTECIPANTI RENZO ARBORE JOLE BALDARO VERDE Pediatra e psicologa dell’Età evolutiva ALESSANDRO BARICCO Scrittore PIPPO BAUDO MASSIMO BORDIN Direttore di Radio Radicale CORRADO CALABRÒ Presidente dell’Agenzia per le garanzie nella comunicazione VINCENZO CERAMI Scrittore MAURIZIO COSTANZO PAOLO CREPET Psichiatra e scrittore CARLO FRECCERO Presidente di RAISAT MIHAELA GAVRILA Università La Sapienza Facoltà di Scienze della comunicazione 5 SECONDO SEMINARIO ALDO GRASSO Ordinario di Storia della Radio e della Televisione Università Cattolica di Milano Critico televisivo del Corriere della Sera GIANCARLO LEONE Vicedirettore generale della RAI GIULIO MALGARA Presidente di Auditel MONS. VINCENZO PAGLIA Vescovo di Terni MARCELLO VENEZIANI Scrittore e saggista Ex consigliere di amministrazione della RAI E i componenti della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi: GIORGIO LAINATI, Deputato GIOVANNA MELANDRI, Deputato GIORGIO MERLO, Deputato FABRIZIO MORRI, Senatore FRANCESCO PARDI, Senatore LUIGI VIMERCATI, Senatore 6 IL DIBATTITO TV, SOCIETÀ E COSTUME SERGIO ZAVOLI. Buongiorno e benvenuti. Dopo l’indirizzo di saluto del Presidente Schifani, la volta scorsa, oggi riceviamo il messaggio del Presidente del- la Camera, Gianfranco Fini. Ve lo leggo: «In occasione dello svolgimento del secondo dei seminari organizzati dalla Commissione parlamentare per l’indirizzo gene- rale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, desidero far pervenire a lei, gentile Presidente, e agli illustri ospiti che partecipano al dibattito il mio cordiale salu- to. L’incontro, che oggi avrà per argomento TV, società e costume. La RAI come rappresentazione e traino del- la realtà culturale, civile ed etica del Paese, affronta temi di fondamentale interesse per una riflessione sul ruolo della televisione in Italia. Negli ultimi decenni, l’uso dei media nella realtà quotidiana, a cominciare proprio dal mezzo televisivo, ha conosciuto un decisivo incremento, contribuendo in maniera progressiva al- l’emancipazione culturale dei cittadini, alla loro auto- nomia critica e alla loro formazione etica e civile. Certo che il vostro dibattito fornirà autorevolmente elementi in merito all’individuazione di modalità ido- nee a rendere sempre più matura e avanzata la funzio- ne formativa e informativa del mezzo televisivo, invio 9 SECONDO SEMINARIO a lei, egregio Presidente, e a tutti i presenti, un cordia- le augurio di buon lavoro». Siamo qui per misurarci sul tema della qualità televisiva, una questione divenuta fondamentale da quando il medium per eccellenza, esaurita l’enfasi dell’esordio, si è trovato di fronte al suo obiettivo pri- mario, quello degli scopi, dei linguaggi e dello stile ri- chiesti per definire maturo, socialmente utile, civil- mente e culturalmente significativo, il suo appeal me- diatico. Uniformandosi al criterio dei grandi numeri, quasi tutto si è votato alle lusinghe della spettacolari- tà, tanto più ingegnosa e ammiccante quanto più si conceda a modelli suggestivi, fino a trasformare la re- altà in un’infrenabile trasposizione più vera del vero. Da quel momento la televisione, risolutamente, ha in- debolito la sua mediazione civile e culturale, piegando alla logica dello spettacolo gli archetipi del sentire e dell’agire umano, violando non di rado persino la na- tura più coinvolgente delle nostre pulsioni, l’amore, che pareva dover restare la parola insuperabile della relazione ideale, emotiva e sentimentale, non a caso ascritta all’Ottocento, cioè il secolo che fu giudicato da Wittgenstein il più congeniale, e non solo letteraria- mente, alle contaminazioni espressive, e proprio con l’amore al centro di inedite e non sempre esemplari letture. Sarebbe nata, di lì a poco, la televisione. 10 TV, SOCIETÀ E COSTUME L’irrompere del criterio quantitativo avrebbe coinvol- to, e talvolta sconvolto, ogni altra modalità di giudi- zio, giustificato dalla sempre più obbligante presenza di fattori economici e sociali, culturali e religiosi, i quali spingevano verso un fenomeno che – attraverso due pronomi, io e noi – annunciava l’aprirsi della ric- chezza individuale alla irruente comparsa della co- scienza di massa. Complice la TV, apparirà anche quello che Giorgio Manganelli chiamò l’orrore collettivo, le cui immagini permettono di essere presenti laddove non è lecito guardare in volto la disperazione, mitigata inve- ce dal linguaggio della radio, la sorella cieca, che non ha accesso allo spettacolo dello spavento. Quella ri- nuncia agli occhi, chiesta nientemeno alla televisione, fu per certi versi bellissima; mentre la parola ascoltata alla radio divenne subito, accanto alle sue risorse evo- cative ed espressive, un naturale, continuo tentativo di far vedere. Niente più della radio è infatti capace di trasmettere ciò che non si vede, lasciandolo immagi- nare al di là del reale. Bertolt Brecht diceva che qua- lunque parola o ha il potere di mostrare o è soltanto suono. Enzensberger, più esplicito, l’ha definito bru- talmente «rumore». Era nato uno dei più resistenti nodi semantici e psicologici prodotti dalla civiltà comuni- cativa, e la televisione ne sarebbe stata esemplarmente al centro. Esente, non fosse che per l’età, da qualunque 11 SECONDO SEMINARIO sospetto di opportunismo, e semmai temendo di di- spiacergli, credo di poter citare Aldo Grasso quando scrisse: «Ci sono immagini che non solo paralizzano lo spettatore, anestetizzando la sua capacità di commuo- versi, ma a furia di essere viste si consumano, perdono di efficacia simbolica, azzerano il loro carattere etico.» Non cambierei una virgola. Risalgono agli occhi la fe- rocia del terrorismo, i massacri etnici, le stragi delle carestie, il dramma delle imigrazioni, la crudeltà delle torture e delle pene capitali, tutto confuso con i Grandi fratelli, le Isole dei famosi, i pacchi pieni di soldi, la cascata di quiz nelle ore cruciali per propizia- re gli ascolti del TG o della prima serata, oppure il vol- teggiare di padelle a ogni ora del mattino in tempi di moderazione anche in cucina, ma anche di estenuanti kermesse delle fanciulle che aspirano a qualche coro- na, alle interviste dolorose che inducono alla commo- zione non solo il pubblico a pagamento negli studi, ma anche quello ben altrimenti coinvolto nelle case. Non vorrei apparire estraneo alla necessità di fare audience e, in diretta proporzione, di raccogliere entrate pubblicitarie, né voglio piangere sulla scom- parsa delle lucciole! Sono consapevole, per esempio, che i meccanismi per il funzionamento del sistema radiotelevisivo sono strettamente coordinati con le risorse economiche in un rapporto di stretta dipen- denza dal successo delle innovazioni tecnologiche, cioè dell’irrompere di un gran numero di nuove stra- 12 TV, SOCIETÀ E COSTUME tegie comunicative. Con questi vincoli, possiamo me ra vi gliar ci se il sistema comunicativo non è incli- ne a farsi educare dalla questione della qualità? È ra- gionevole, d’altronde, pretendere una TV migliore del- la società che la esprime? Mi sembra, comunque, il tentativo di uscire da una scontentezza che a volte sfiora la rassegnazione. Ma come si manifesta oggi questo fenomeno, come riferirlo a una società intera, a quale sensibilità comune, se l’idea stessa di complessità è così lontana anche solo dall’essere percepita? Perché, infine, l’ego- logia, la scienza – per dir così – dell’individualismo, rivendica i suoi diritti, quando occorrerebbe comporre il conflitto proprio tra i due pronomi, l’io e il noi? Non si tratta di chiedere a una TV, e in particolare a quella del Servizio pubblico, di stendere sul Paese un velo di bigottismo civile, bonario, tollerante, fiducioso, ma di coinvolgere i doveri anzitutto etici di chi – diceva Benedetto Croce – «sa e può», quindi impegnando le energie culturali e politiche, intellettuali e spirituali, sociali e individuali, professionali e artistiche della co- munità a dare il proprio contributo per la rifondazione di una qualità televisiva finora sempre declamata e poi sempre nascosta, come fanno con le carte gli illusioni- sti. Cito due esempi. Un compito del Servizio pub- blico è, per esempio, quello di rappresentare alla co- munità non solo i problemi della solidarietà, che pro- 13 SECONDO