Pietro Belloni T5

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Pietro Belloni T5 Pietro Belloni (1881-1963) Secondo tra dodici figli d'una patriar­ cale e laboriosa casata trasteverinissima, coltivò sin da giovane con grande no­ biltà d'intenti ed esemplare fedeltà al dialetto la musa vernacola. Già trenta­ p~ < sette anni addietro Ettore Veo poteva ...J < registrare nel suo sempre più prezioso p.. ...J volume I poeti romaneschi la collabora­ ;::> Vl zione al «Rugantino» (Er Trovatore, Vi ventidue sonetti, II maggio 1915) e ~ quella ali'« Amico Cerasa ». Veo citava inoltre due spiritosi opuscoli: up.. cc La diVina Commedia. Poemetto in dialetto romanesco con prefazione ~ di G. G. Belli (dall'antri carzoni), Befani, l9Q9. Nel cap. ottavo l'A. z passa scherzosamente in ·rassegna i più noti poeti romaneschi contem­ s: poranei; Voce tresteverina. Versi freschi e rifatti, tip. Aureliana, 1919 ». t5 !--< Gran numero d'altri versi scrisse e stampò dopo quegli anni l'ot­ Vl < timo Pietro, senza però raccoglierli insieme. Egli toccò gli argomenti p.. più vari, primi fra tutti Roma e Trastevere, sempre svolgendoli con 3 felice arguzia. Dette infine buona prova delle proprie attitudini di ~ filologo pubblicando nel 1957 a Lund (Svezia) insieme con Hans u~ Nilsson-Ehle l'utilissimo volume Voci romanesche, aggiunte e com­ menti al Vocabolario romanesco C hiappini-Rolandi. Cristiano di saldissima fede, spirito aperto ad ogni nobile ideale, degno figlio di Roma per integrità di costume e modestia di vita, Pietro Belloni votò la lunga esistenza agli affetti familiari, all'operosità del lavoro, allo studio, al culto dell'amicizia. Queste pagine cui spesso (1951, 54, 56, 6o, 6r, 62) offrì frutti saporosi della sua arte gentile, l'apparentano alla folta schiera dei nostri Scomparsi e ce ne rendono maggiormente vivo il rimpianto cordiale. G. H. Ricordo di Emilio Lavagnino "'Il Dovrei dire ricordi, e non soltanto ricordo, parlando di Emilio Lava­ gnino, dell'indimenticabile Mimmi che in tanti, e tanto, abbiamo amato. E sono ricordi, i miei, legati a tutte le tappe dell'attività che ho svolto a favore degli studi su Roma. Il primo Segretario di redazione della rivista «Roma», che venne alla luce più di 40 anni fa, e cioè nel gennaio del 1923, fu infatti Emilio Lavagnino. Ci eravamo conosciuti da un paio di anni, quando Federico Her­ manin, Soprintendente alle Gallerie e Musei di Roma, mi aveva affi­ dato la molto imbarazzante direzione del catalogo delle opere d'arte comprese nella giurisdizione .di sua competenza, e particolarmente, per non dire esclusivamente, nelle chiese di Roma. Direzione imbaraz­ zantissima, perché i miei collaboratori ne sapevano assai più di me: si chiamavano, infatti, Emilio Lavagnino, Sergio Ortolani e Vittorio Mo­ schini. Fortunatamente mai nessuna idea burocratica e gerarchica passò ·per la testa a nessuno dei quattro: affiatatissimi come eravamo, nel la­ vorare con entusiasmo e stretti da un'amicizia affettuosamente fraterna. Quando, quasi contemporaneamente alla pubblicazione della rivista «Roma)), iniziai anche quella della collana dedicata a «Le Chiese di Roma illustrate» (che ormai sta per toccare 1'8o0 volume) Mimmi Lava­ gnino, insieme con Ortolani e Moschini, fu tra i primi e più apprezzati collaboratori. In un'altra collana di monografie su «I Palazzi di Roma», alla quale subito dopo diedi vita, Emilio Lavagnino diede inizio ai suoi tanti e importanti studi sull'architettura rinascimentale, pubblicando una monografia sul Palazzo della Cancelleria. Ai Corsi Superiori di Studi Romani, dopo il suo ritorno a Roma, prese continuamente viva parte, svolgendo dei corsi di lezioni su cc L'architettura romanica nel Lazio» (1938); cc La scultura dell'alto 2 53 ..._ Medioevo e dell'età romanica del Lazio» (1940); sui «Palazzi di Roma Alla nv1sta «Roma» (dopo esserne stato il primo Segretario di nel Medioevo e nel Rinascimento» (1941); e poi su «La pittura a re<lazione, quando tutto era da fare e tutto si faceva in un'atmosfera Roma nel Quattrocento» (1942), e «Raffaello a Roma» (1945). tra il culturale e il bohémien, in una fiera e gaia mancanza di mezzi) Mimmi Lavagnino diede poi dei contributi di molto notevole rilievo. Ricordo soprattutto il suo studio monografico su « Pietro Cavallini » pubblicato in tre fascicoli della rivista nel 1925; e una sua messa a punto su «La Mostra di antichi pittori spagnoli a Valle Giulia» (1930). Lo ebbi collaboratore carissimo e prezioso anche nell'allestimento di talune mostre storico-artistiche promosse dall'Istituto di Studi Ro­ mani, e brillante conferenziere presso le numerose Sezioni fondate dall'Istituto in varie parti d'Italia. Dopo una lunga parentesi, iniziai a svolgere nuove attività, e fondai, unitamente con il compianto mons. Giovanni Costantini, la rivista «Fede e Arte» della Pontificia Commissione Centrale per l'arte sacra in Italia. Potei ancora contare sulla collaborazione di Emilio Lavagnino, che mi diede un acuto scritto sulla « Mostra degli arazzi francesi» (1953). E così, quando ripresi l'interrotta collana de «Le Chiese di Roma illustrate», ancora potei far figurare il nome del carissimo Mimmi pubblicando le nuove edizioni delle monografie dedicate a S. Onofrio al Gianicolo e a S. Pietro in Montorio. È comprensibile, perciò, che se tutti coloro che l'hanno conosciuto hanno appreso con profondo rimpianto la scomparsa di Emilio Lava­ gnino, più profondamente sentita è stata la mia pena dopo quaran­ t'anni di una fraterna amicizia mai offuscata dalla minima ombra. Tenne anche ai Corsi delle conferenze su « La Galleria Nazionale « Ricordi » per me, dunque, al tempo stesso dolorosi per la sua d'arte antica» (1938); sui «Riflessi dell'opera di Augusto nelle arti scomparsa, ma pieni anche di care rimembranze, rese tali per la cor­ plastiche e .figurative» (1938); e sugli «Artisti romani in Porto­ dialità, il brio, lo scanzonatissimo romanesco col quale tanto bene ave­ gallo » ( 1940). vamo sempre insieme lavorato. Più volte prese parte ai Congressi Nazionali di Studi Romani. Ma se per tutti quei ricordi sono tra coloro che con più dolore Rammento le sue comunicazioni al II, IV e V di quei Congressi, par­ piangono la dipartita di Emilio Lavagnino, altre ragioni mi accomu­ lando rispettivamente di « Giuliano da Maiano a Roma »; « Sulla data­ nano nella pena di tutti coloro che nel mondo scientifico italiano e zione e i caratteri stilistici del musaico dell'arco trionfale nella basilica internazionale tanto debbono alla così complessa e importante attività ostiense», e degli «Influssi della pittura antica sull'evoluzione dell'arte svolta dal Lavagnino. Il quale, formatosi alla scuola di un Adolfo V en­ di Raffaello ». Senza contare i suoi interventi nelle discussioni in seno turi, di un Pietro Toesca e d'un Cor:rado Ricci, doveva arricchire la alla Sezione di Storia dell'Arte moderna e contemporanea. storia dell'arte con dei contributi che non saranno certo dimenticati. 2 54 2 55 Non saranno infatti dimenticati i suoi volumi sul Medioevo; sui nostri artisti in Portogallo; la sua guida del Museo di Castel S. Angelo; gli studi sulla Galleria Spada (di cui curò il riordinamento) e sulla Galleria Corsini che valsero agli studiosi la creazione della Galleria Nazionale a palazzo Barberini. E non saranno dimenticati gli studi che, con la sua versatilità e la sua ricca sensibilità, Lavagnino ha lasciato negli importanti scritti sul neoclassicismo e sugli artisti dell'Ottocento, di cui così giustamente ed efficacemente, insieme con altri, volle rivendicare le glorie. E non sarà dimenticata la sua vasta e importante attività a Napoli, quale Direttore di Museo, e poi a Roma quale Soprintendente alle Gal­ lerie e Musei di Roma e del Lazio. Chiunque ha a cuore la tutela del nostro patrimonio artistico non potrà certo dimenticare tutte le benemerenze che il Lavagnino si acquistò nell'opera difficile, e talvolta rischiosa, per la tutela di quel patrimonio durante la guerra, e per il restauro dei monumenti che così duramente la guerra stessa aveva danneggiato. E tra i ricordi di tutti gli studiosi d'arte rimarranno anche quelli per la sua fervida opera di promotore e di animatore di tante e tanto importanti mostre di opere d'arte italiane e straniere. Pochi hanno amato di così profondo e intelligente amore Roma come Emilio Lavagnino, il quale a Roma -diede il meglio di sé. Tra gli ultimi riflessi di questo amore, dopo aver ricordato il volume dedi­ cato a « S. Spirito in Sassia » e «Gli altari barocchi in Roma», dovremo ricordare anche quella che fu purtroppo l'ultima sua benemerenza romana, e cioè il restauro della cupola dipinta da frate! Pozzo per la chiesa di Sant'lgnazio. r-- In questa chiesa venne celebrata la Messa funebre in suo suffragio tra un dolore e un rimpianto null'affatto ufficiale e d'occasione, ma profondamente sentito da tutti gli esponenti della scienza, dell'arte, della cultura, e dai tanti e tanti amici che Emilio Lavagnino aveva stretto intorno a sé, e che se lo ammiravano per le elette doti della mente, sinceramente lo amavano, e ancora lo amano, per le così cordiali ....... -----··· e affascinanti qualità del cuore. 11 c. GALASSI PALUZZI . •l1 Anticaglie minori 11 22 febbraio 1597, dopo esser stato creato cardinale da Clemente VIII, l'oratoriano Cesare Baronio ricevette come « titulus » la veneranda e diruta chiesa dei Ss. Nereo e Achilleo presso le Terme di Caracalla. Si dette subito da fare per restaurare quella importante memoria sacra, ch'egli, cultore di storia e d'archeologia, sapeva valutare appieno. Si preoc­ cupò anche, ed ottenne, che i corpi dei santi titolari fossero traslati nella loro opportuna sede, dalla chiesa di S. Adriano, che li conservava. Non contento di aver degnamente restaurata la chiesa, curò che anche le immediate adiacenze fossero adattate al loro scopo di abita­ zione per il custode, che allora era un «eremita », scelto di volta in volta dalla Congregazione dell'Oratorio, la quale, morto il Baronio, ebbe in eredità perpetua detta chiesa.
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