Roma XL 1871-2021

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Roma XL 1871-2021 CRITICA E STORIA DELL’ARCHITETTURA Marco Spesso Roma XL 1871-2021 GENOVA RICERCA UNIVERSITY PRESS Critica e storia dell’architettura 3 Critica e storia dell’architettura 3 Collana diretta da: Guglielmo Bilancioni (Università di Genova) Marco Spesso (Università di Genova) Comitato Scientifico Benedetto Besio (Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Genova) Marco Biraghi (Politecnico di Milano) Alberto Giorgio Cassani (Accademia di Belle Arti di Venezia) Gian Paolo Consoli (Politecnico di Bari) Gian Luca Porcile (Università di Genova) Marco Spesso Roma XL 1871-2021 GENOVA UNIVERSITY PRESS GENOVA UNIVERSITY PRESS è il marchio editoriale dell’Università di Genova Il presente volume è stato sottoposto a double blind peer-review secondo i criteri stabiliti dal protocollo UPI © 2021 GUP Gli autori rimangono a disposizione per gli eventuali diritti sulle immagini pubblicate. I diritti d’autore verranno tutelati a norma di legge. I contenuti del presente volume sono pubblicati con la licenza Creative commons 4.0 International Attribution-NonCommercial-Share Alike. ISBN: 978-88-3618-057-8 (versione a stampa) ISBN: 978-88-3618-058-5 (versione eBook) Realizzazione Editoriale GENOVA UNIVERSITY PRESS Via Balbi, 6 - 16126 Genova Tel. 010 20951558 - Fax 010 20951552 e-mail: [email protected] http://gup.unige.it Finito di stampare gennaio 2021 Stampato presso Grafiche G7 Via G. Marconi, 18 A - 16010 Savignone (GE) e-mail: [email protected] INDICE La Communis Patria della civiltà conviviale 9 Prima, Seconda e Terza Roma: questioni di identità 33 L’opzione romana di Camillo Benso di Cavour 61 Da Pio IX a Vittorio Emanuele II 73 La città regia 84 Nazione corrotta = capitale infetta 94 La sacralizzazione dello Stato 105 Tra Stato e Comune 114 La Repubblica 124 Il rapporto con l’eredità del mondo antico tra XX e XXI secolo 137 Post-2008: lo spazio e la memoria 153 Quotidianità della storia 186 Nota bibliografica 274 Appendice Il Museo Geologico Palazzo Canevari Roma, Largo Santa Susanna 13 Myriam D’Andrea, Rita Giardi Storie italiane: il Regio Ufficio geologico Palazzo Canevari 281 Myriam D’Andrea, Roberta Rossi Collezioni del Servizio Geologico d’Italia. Realtà e possibili strategie di valorizzazione 289 Giulio Ercolani Biblioteca del Servizio Geologico d’Italia. Il patrimonio bibliografico e cartografico 296 Fabiana Console Biblioteca del Servizio Geologico d’Italia. Cartografia storica manoscritta e Archivio 298 Nota dell’autore 300 La Communis Patria della civiltà conviviale Complesse, ramificate profondamente nella storia del mondo antico e medievale, sono le radici delle idee politiche sviluppatesi velocemente durante l’età della Restaurazione che indussero alla scelta di Roma come capitale dello stato unitario degli Italiani. Nella storia del papato, esse avevano agito, diversamente da quanto ritenuto oggi dall’opinione co- mune, non nel segno di una mera significanza del banale do- minio politico, bensì in quello di una dimensione ecumenica che accolse e rese possibile la nascita dello spazio geo-storico e politico mediterraneo-europeo. Verso la metà del III secolo dopo Cristo il giurista Modestino definì l’Urbs con una locuzione destinata a trovare ampia e continuativa conferma nei secoli successivi: communis patria nostra. Egli aveva ripreso ed approfondito gli insegna- menti del suo maestro, Ulpiano, il quale aveva già specificato che «in orbe Romano qui sunt ex constitutione imperatoris Antoniani cives romani effecti sunt». Di fatto, nell’anno 212 d. C., con la sua Constitutio, l’imperatore Caracalla aveva esteso i diritti della cittadinanza romana a pressoché tutti gli uomini liberi. Ben- ché connotata da prevalenti obiettivi fiscali e giudiziari, la de- cisione sancì il riconoscimento della concreta e stabile unità raggiunta dal composito mondo mediterraneo nel simbolo di Roma. La sua lunga durata fu l’effetto di un consenso già ma- turato dal tempo del drammatico passaggio dalla Repubblica all’Impero, concluso dalla vittoria di Augusto ad Azio nella raggiunta perfetta centralità tra i diversi contesti geografici connessi con il Mare Nostrum. 9 Marco Spesso Alla metà del IV secolo, secondo la narrazione di Ammiano Marcellino, il prestigio delle azioni compiute nel- le Gallie dall’imperatore Giuliano (il cosiddetto Apostata) aveva rinnovato quel senso di appartenenza, che si riflette nel poema Mosella, composto da Ausonio nel 370 d. C. circa, attestando quell’uniformità di lingua, leggi, costumi, orga- nizzazione del territorio e cultura architettonica che le pro- vince denotavano nella loro filiazione da Roma. Ancora nel 415 – a cinque anni del sacco di Roma da parte di Alarico – Rutilio Namaziano ribadì nel suo inno alla città (De reditu suo) il concetto dell’unica patria per diverse genti. Pagano e originario della provincia gallica dell’Aquitania, già præfectus Urbis, vi espresse la coscienza di una ecumene trans-nazio- nale ancora viva pur nel disfacimento dell’istituzione che l’aveva creata. La fedeltà delle Gallie allo stato romano è peraltro attestato dalla resistenza del «dominio di Soissons», per dieci anni, dopo la deposizione di Romolo Augustolo da parte di Odoacre. Gli Atti degli Apostoli documentano come, già al tem- po di Nerone, la missione cristiana si fosse stabilmente im- piantata nella città, nel rapido volgere di un trentennio, grazie all’importante comunità ebraica, formatasi circa due secoli prima e ben presto divenuta la seconda per entità numerica e prestigio dopo quella di Alessandria, tra le numerose co- munità sparse nel bacino mediterraneo. La plenitudo temporum imperiale facilitò la diffusione della Buona Novella grazie all’articolata rete stradale ed alla sicurezza delle rotte marit- time. Nelle lettere di Paolo è dato rintracciare l’orgoglio di chi godeva della cittadinanza romana, in virtù della fiducia 10 La Communis Patria della civiltà conviviale nella cultura giuridica e della possibilità di agire con i viaggi apostolici entro un orizzonte immenso: dalla Giudea all’Asia Minore, alla Macedonia, a Corinto e Atene, a Roma, fino al progetto di spingersi nelle province iberiche. L’immenso spazio geografico omogeneamente go- vernato dai Romani, pur nel mantenimento del fitto mo- saico di realtà locali, consentì un’evangelizzazione veloce e capillare, atta a favorire quella che Fernand Braudel definì «civiltà conviviale»: concetto invocato anche da Serge La- touche, materialista dialettico, che già alla fine del secolo XX lo indicava come un’alternativa all’uniformisation planétaire ed alla marginalizzazione dei paesi dell’Europa meridionale ri- dotti a mera trincea difensiva di una Unione Europea i cui i poli decisionali sono dislocati tra Bruxelles, Strasburgo, Francoforte e Berlino. L’eredità mediterranea non rientra solo in una di- mensione geo-storica del passato, ma connota quel parti- colare rapporto di potenziale unità, di pacifico confronto e di scambio paritetico, che intercorre fra i tre continenti che vi si affacciano e fra gli ambiti di civilizzazione che vi si esprimono: l’eredità ellenico-romana e le civiltà ebrai- co-cristiana e islamica. Grazie ai due apostoli, quindi, il passaggio da Gerusa- lemme a Roma guadagnò all’evangelizzazione una centralità di immensa potenzialità espansiva. Eppure la capitale dell’im- pero era disprezzata dal giudaismo osservante, in quanto considerata una reincarnazione di Babilonia e, al contempo, una sorta di «Galilea delle genti», per citare Isaia: mescolanza e crogiuolo di diversità di etnie, di nazioni, di culture e di religioni, la cui compresenza consentiva una molteplicità di 11 Marco Spesso incontri, di confronti e di dialoghi, reciprocamente intrecciati, che minacciavano la purezza teologica dell’Israele antico. Il convergere di Pietro e di Paolo in Roma determinò la com- pleta e univoca integrazione della ecclesia ex circumcisione con quella ex gentibus, nonché la compiuta formazione del cuore simbolico dell’universalismo cristiano – pur con le contesta- zioni dei patriarcati orientali – e risolta in una unità euro- pea che si svolse per tutta l’età medioevale fino alle soglie del mondo moderno. I due apostoli – fondamenta della Chiesa «una, santa, cattolica, apostolica e romana» (come recitava il Credo prima del Concilio Vaticano II) – divennero i patroni della città, an- che tramite una simbolica assimilazione ai Dioscuri pagani. Fu, quel binomio, tanto pregno di significati da essere recu- perato dal fascismo come arredo simbolico di due tra gli edi- fici più importanti del quartiere dell’E42 (non casualmente intitolata «Olimpiade della Civiltà»): ai gemelli, figli di Leda e di Zeus, collocati agli angoli del basamento del palazzo delle Civiltà Italiana, corrispondono le statue colossali dei due san- ti innalzate ai lati della piazza di accesso alla chiesa ad essi de- dicata. I due edifici furono emblematicamente collocati sulle due più alte tra le colline ove si estende il vasto quartiere, di- ventandone i due segni architettonici emergenti nello skyline. Nel suo saggio Roma Communis Patria (1968) Luigi Salerno esaminò con cura e sapiente equanimità i percorsi attraverso i quali – per molti secoli, dall’età medievale all’u- nità d’Italia – l’umanità elesse Roma come luogo di aspira- zioni sociali ed estetiche a ragione della sua particolare iden- tità storica, diramata per quasi tre millenni e ancora oggi 12 La Communis Patria della civiltà conviviale viva. Ripercorse dunque le vicende delle «Nazioni» italiane e straniere presenti con le loro forme di aggregazione co- munitaria, talora evolute in confraternite dotate di una sede stabile
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