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RIVISTA DI CULTURA DEL TERRITORIO Luglio 2013 Anno 5 Numero 2 issn 2036-8283 17 N. 17 17 N. Luglio 2013 Tiere furlane Tiere

Sopra: Il dal ponte di Invillino presso Madone dal Puint, giugno 2013.

In copertina: Alessandro Bimbatti, pannello decorativo da soffi tto, acrilico su cartone, Vuardi e confenons / orzo e papaveri. Fotografi a di Stefano Zanini. 50x50 cm. Questa immagine risale, con buona approssimazione, alla fi ne dell'Ottocento. È un particolare tratto da una fotografi a scattata a Mels di da Sante Gerussi (1865 - 1927). Si notano due edifi ci sacri: la parrocchiale di Ognissanti e, dietro la signora sul calesse, la chiesetta di Sant'Andrea, in origine annessa al castello di cui rimane solo la . Si ringrazia il di , proprietario del Fondo fotografi co Sante Gerussi. 2 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

La nostra Regione: un compendio di futuro

Mi è capitato spesso, in questi primi nale, ad abbandonare campanilismi giovanile e a quella femminile, non due mesi di lavoro, di utilizzare le e atteggiamenti competitivi, per come fatto propagandistico, ma con parole del grande scrittore Ippolito indirizzare ogni attività ad una visio- convinzione, perché il futuro neces- Nievo per descrivere la moltitudine ne coerente, razionale e soprattutto sariamente transita nel ricambio ge- espressiva che caratterizza la nostra condivisa. nerazionale e nel fornire strumenti Regione. “Un piccolo compendio È in questo quadro che stiamo conoscitivi che sappiano soddisfare dell’universo” trovo siano parole lavorando per costruire il nuovo le sempre più complesse esigenze adatte per descrivere anche il no- scenario delle politiche agricole per del presente. stro comparto agricolo. L’agricoltura i prossimi anni. Concretamente, in queste prime del Venezia Giulia, infatti, si Uno scenario che vedrà una razio- settimane di lavoro, abbiamo avviato manifesta in variegati contesti che nalizzazione complessiva di tutte le un progetto di riduzione e sempli- idealmente sono descritti dalla pia- strutture operanti nel settore, all’in- ficazione degli adempimenti buro- nura, dalla zona collinare, dall’alto- terno di una visione corale in grado cratici, un intervento che s’integrerà piano carsico, dalla zona costiera e di interfacciarsi con le altre attività alle linee prima descritte e che inte- da quella montana. Uno straordina- produttive ed il turismo; il tutto in resserà anche il comparto agricolo. rio unicum che contiene specificità un quadro di grande dinamismo, Quello che non deve mancare è la e tradizioni che devono essere tu- votato a premiare le iniziative che chiara idea che il futuro va affron- telate e valorizzate all’interno di un prospettano maggiori ricadute sul tato assieme, coinvolgendo tutte le coordinamento regionale. territorio in termini di occupazione figure operanti nel settore agricolo Le sempre più limitate risorse pub- e crescita della competitività. e attraverso una visione di sviluppo bliche a disposizione spingono, e Per questo indirizzo è prioritario nel medio – lungo periodo che sap- non solo l’Amministrazione Regio- dare sostegno all’imprenditoria pia indirizzare ogni intervento. Sono fermamente convinto che nel rilancio della nostra economia il comparto agroalimentare rivestirà un ruolo da protagonista. È neces- sario però riunire assieme, sotto un’unica regia, tutti gli operatori dei diversi comparti produttivi per pia- nificare una crescita che dovrà es- sere sostenibile ed integrata ad ogni esigenza della nostra Regione. Ci aspettano stagioni di lavoro e di improrogabili impegni, ma sarà occasione per dimostrare come la nostra Regione è anche un “com- pendio di futuro”. Sergio Bolzonello Vicepresidente e assessore Le Dolomiti friulane viste dal Clapsavon. Turismo e agricoltura sono due attività che dovranno intrecciarsi sempre di più nel futuro economico della nostra alle attività produttive, risorse rurali, Regione. Fotografia di Dario Di Gallo. agroalimentari e forestali TIERE FURLANE • 3 17 | TERRA FRIULANA

Filippo Giuseppini, La Cascata di Salino, 1840 circa. La scrittrice Caterina Percoto (1812-1887), a cui appartenne questa immagine, definì la Cascata di Salino “una delle meraviglie della ” e nei suoi scritti non mancò di ricordare che il famoso pittore olandese Remy van Haanen, suo coetaneo, “dopo aver tentato invano di ritrarla, protestava essere un poema inesauribile”. 4 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17 INDICE

Tiere furlane RIVISTA DI CULTURA DEL TERRITORIO Autorizzazione del Tribunale di n. 14/09 R.P. del 19/06/2009 Regione Autonoma Direzione centrale Risorse rurali, agroalimentari e forestali

Luglio 2013 - anno 5 - numero 2 [email protected] Direttore responsabile: Christian Romanini [email protected]

Comitato di redazione: Gabriella Bucco, Christian Romanini, Angelo Vianello, Pietro Zandigiacomo Alessandra D’Este: Coordinamento editoriale: Enos Costantini la poesia della natura Hanno collaborato a questo numero: Gabriella BUCCO - Irma Magda Battistuzzi ([email protected]) - Gabriella Bucco ([email protected]) - Giosuè Chiaradia - Chiara Conte ([email protected]) - Enos Costantini 21 ([email protected]) - Laura Di Bidino ([email protected]) - Dario Di Gallo ([email protected]) Il consumo - Emma Gustafson ([email protected]) del suolo - Gianfranco Ellero ([email protected]) - Sandro Menegon in Friuli ([email protected]) - Giovanni Puppatti ([email protected]) Laura DI BIDINO - Tiziana Ribezzi Esseri mitici ([email protected]) - Franca Spagnolo ✝ - Stefano Zanini della tradizione ([email protected]) orale friulana Referenze fotografiche Quando non diversamente indicato le fotografie sono dell’autore dell’articolo. Tiziana RIBEZZI Enos Costantini pagg. 32, 36, 38, 39 (2), 43 (2), 44, 53, 54, 57, 59, 60, 69, 71, 86, 95, 96, 97, 100, 101, 110, secondo risvolto di copertina. Stefano Zanini pag. 47.

Ricerche iconografiche: Enos Costantini; Biblioteca Società filologica friulana, 35 45 Udine; Biblioteca ERSA “L. Chiozza”, Pozzuolo; Tales Claudio Mattaloni, Egidio Screm. from Per la revisione bozze si ringrazia Enrico Filaferro.

Si ringrazia per la collaborazione: The Il Presidente della Fondazione CRUP Lionello D’Agostini. Kingdom Stampa: LithoStampa, (Udine) of Gjave

Certificato PEFC Stropui Questo prodotto è realizzato con materia prima Place-Names da foreste gestite in Emma maniera sostenibile e da fonti controllate PEFC/18-31-403 in Friûl GUSTAFSON www.pefc.it

Chi riproduce, anche parzialmente, i testi contenuti Enos COSTANTINI in questo fascicolo è tenuto a citare la fonte. TIERE FURLANE • 5 17 | TERRA FRIULANA

49 60 62

Palmipedi made L’oca Jo soi in Friûl a Morsano stât grant Enos COSTANTINI, delle Oche timp paissant... Sandro MENEGON Piera RIZZOLATTI Enos COSTANTINI 65 78 87

Un piatto per Alle origini Gli arnesi ogni stagione dell’aratro della stalla Il ciclo dell’anno Nomenclatura e usi sulla mensa contadina in Friuli nel Friuli Occidentale Franca SPAGNOLO Giovanni PUPPATTI Giosuè CHIARADIA 95 103 109

Il Museo La Regione della Civiltà ha Se venti anni vi contadina ricostruito un sembran pochi friulana di lembo della Quattro lustri di attività Farra d’Isonzo della Fondazione CRUP Chiara CONTE Gianfranco ELLERO Gabriella BUCCO

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Gabriella BUCCO Alessandra D’Este: la poesia della natura Animali e paesaggi di un’artista illustratrice tra Venezia e il Friuli

Natura, poesia e la vocazione al deve lavorare sulle figure e lavoro artigiano sono gli aspetti sul testo, che dovrebbe essere che contraddistinguono la uguale in ogni pagina per un personalità di Alessandra D’Este, risultato migliore”. Attribuisce sensibilissima e gelosa dei suoi questo amore non solo all’aver sentimenti, che nasconde con un frequentato la sezione di modo di fare che può sembrare Decorazione del Libro presso rude, ma solo per nascondere le l’Istituto d’Arte di Venezia, ma al emozioni segrete. fatto stesso di venire dalla città Ti avverte subito che “il libro lagunare dove, nel sec. XVI, Aldo è la cosa più bella che esista, Manuzio inventò la stampa con è una cosa sacra. Il testo si appositi caratteri usati nei libri lega all’immagine, l’illustratore in sedicesimo, piccoli e preziosi. Qui si pubblicavano addirittura i testi messi all’indice, segno di una Il friulano vestito di una pelle di lupo N disegnato per illustrare la novella di L’illustrazione è tratta da una civiltà liberale. Stefan Mitrov Ljubiša, Kanjoš, il friulano pubblicazione del 1994 dall’Istituto L’altra grande passione della Culturale Ladino di Vigo di Fassa, e il doge, pubblicata nel 1984. nell’ambito della collana Flores di fiabe D’Este è la natura con i suoi delle minoranze linguistiche europee. animali e le sue piante. “La di famiglia, tra cui un enorme La ziriola de Saslonch (L’usignolo natura è affascinante in tutte le giardino della Scuola vecchia del Sassolungo) è una favola scritta da Ugo de Rossi (Pozza di Fassa stagioni, è bellezza pura” afferma della Misericordia, dove è 1875 - Innsbruch 1940) che raccolse ispirata. Queste propensioni nata. Queste duplici radici e documentò le fiabe della sua terra artistiche si legano strettamente culturali sono state disegnate ladina. Una bella principessa, dopo alle sue vicende biografiche: da Alessandra in una novella di aver salvato un usignolo, ricevette il dono di trasformarsi in uccello quando veneziana al 50%, l’altra metà Stefan Mitrov Ljubiša, Kanjoš, voleva, a patto di non causare la morte della famiglia è friulana. Il nonno il friulano e il doge, pubblicata di nessuno. Quando il cavaliere, che si Tonizzo era stato scelto dal nel 1984, dove una illustrazione era innamorato di lei, morì per le pene d’amore, fu costretta a restare per pittore Italico Brass per curare raffigura un rude friulano, sempre un usignolo. la collezione d’arte e gli immobili vestito di una pelle di lupo. 8 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

Alessandra D’Este (Venezia, 1946) ha frequentato l’Istituto statale d’Arte di Venezia aven- do come maestro il pittore Car- lo Dalla Zorza. Ha iniziato poco dopo a lavorare nel mondo della pubblicità, ricevendo alcuni premi per la grafica dalla Fondazione Bevilacqua La Masa. Si è trasferita a Udine nel 1971 per insegnare Progettazione gra- fica all’Istituto d’Arte Giovanni Sello nei primi anni della sua isti- tuzione. Dal 1977 si è dedicata all’illustrazione e, in questo setto- re, fondamentale è stato il suo in- contro con l’artista cecoslovacco Šteˇ pán Zavrˇ el. Nel 1983 inizia a pubblicare con la Bohem Press. Le sue tavole non nascono mai casualmente, ma sono frutto di una attenta e scrupolosa docu- mentazione sulla natura, sulla cultura, sulla storia che deve raccontare. Dal 1984 partecipa a numerose fiere e mostre, nazio- nali e internazionali (ad es. la Mo- stra internazionale di illustrazione per l'infanzia di Sarmede, I colori del sacro di Padova) e ha al suo attivo decine di pubblicazioni e di libri per l’infanzia con favole tradizionali, ma anche arabe e L’illustrazione è tratta dal libro La Favola invernale, edito a nel 1990 per la orientali. Opera con studi grafici collana Flores. Rappresenta un immaginifico Pignarûl testimoniando l’interesse nella creazione di illustrazioni. Dal dell’illustratrice per le tradizioni friulane. Le tempere mostrano un uso sapiente del colore e una raffinata punteggiatura, memore dell’arte veneziana di Vittorio 2006 tiene corsi di illustrazione Zecchin, sulla base di una sapiente costruzione compositiva. presso la scuola del Centro So- lidarietà Giovani di Udine. Attual- mente vive e lavora a Udine. Il Giardino del Turco stagioni. Qui passavo il tempo libero “Il gusto per la natura e gli in silenzio, osservando la neve, animali parte da Venezia; quando la nebbia, la galaverna; era come Abitavo in una casa che era dei ero bambina avevo un giardino tenere le quattro stagioni in una Brass, perché mio padre, come all’Abbazia della Misericordia, ampolla magica. Mio nonno Tonizzo mio nonno, lavorava per quella vivevo quotidianamente a contatto aveva piantato le viti, quando famiglia e ne curava la raccolta di con la natura e nel giardino si aveva era arrivato a Venezia dal Friuli, quadri. C’è stata una immediata la scansione del tempo e delle dove non ha mai voluto rientrare. contaminazione con l’ambiente, che TIERE FURLANE • 9 17 | TERRA FRIULANA

trasudava arte dappertutto e, come nel bosco, che racconta la storia una spina a un orso. Lo spunto scrive Konrad Lorenz, sono stata di un uccellino, scappato dalla anche in questo caso è colto, “improntata” come le bestie dall’arte gabbia dell’uccellatore, che tratto dalla medioevale Leggenda e dalla natura di un giardino di 1800 dopo varie avventure si riscatta della Croce, secondo cui i volatili metri quadrati. Specie per Venezia e diventa un pettirosso, quando che si erano sporcati del sangue era grandissimo e diventava campo compie la buona azione di togliere di Cristo, togliendone le spine di giochi con i cugini e gli amici del vicinato in giornate splendide, un vero Paradiso terrestre. È ritratto in tavole che dovevano diventare il mio primo libro, Il giardino del Turco: gli uccelli che arrivavano quando c’era la stagione del passo, i gerani odorosi dai piccoli fiori rosa e le gialle forsizie che fiorivano in primavera. Le immagini sono tratte da quanto vedevo dalla finestra, la laguna sullo sfondo, più dietro l’isola di Murano, il porticato con l’uva, un pergolato di rose antiche, il calicanto. Mi è rimasta dentro la familiarità con tutti gli uccelli che venivano vicino, attirati dal becchime: l’upupa magica che arrivava vicino a casa, il pettirosso, la folaga a 50 centimetri che mi guardava. Conosco dal vivo tutti gli animali che ho disegnato: il coniglio bianco, il gatto, le papere. Con loro a 4 anni andavo a giocare sotto i quadri di Tiziano e Tintoretto ospitati nella collezione. Non capita mica a tutti! La scelta di rappresentare la natura è stata obbligata. Quando sono arrivata in Friuli ho trovato altre bestie e altri uccelli, tipici di una zona di uccellatori, come il nonno Tonizzo da cui ho ereditato l’amore per la natura e gli animali”.

… un Paradiso terrestre L’illustrazione inserita nel libro Una fiaba nel bosco (2000), raffigura il momento da rappresentare in cui l’uccellino scappa dalla gabbia dell’uccellatore. Il disegno si basa su una attenta osservazione della realtà e, forse, su ricordi autobiografici relativi al nonno: Su questo tema Alessandra D’Este le gabbie sono quelle dei richiami, le galbule del ginepro e gli zufoli servono ad ha scritto e illustrato Una fiaba attirare i volatili, mentre il vischio rimanda ad uno dei principali metodi di cattura. 10 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

conosciuta e questa è la probabile ragione per cui mi sono dedicata all’illustrazione del libro per l’infanzia”. Quando Alessandra D’Este abbandonò il suo giardino incantato, che esiste ancora anche se profondamente cambiato, decise di fotografarlo in modo da fissarne la memoria. Poi, nelle notti, dopo il lavoro di insegnante, ha continuato a ricostruirlo attraverso il disegno e l’illustrazione. Le tavole, che illustrano un piccolo libretto, diventano una mostra nel 2003 a Venezia. “Io non disegno per i bambini, ma per me stessa” per far rivivere quel giardino magico e difendere la natura.

Una rosa rossa per Carlo Dalla Zorza Un altro momento importante che condiziona l’artista è la conoscenza del pittore veneziano Carlo Dalla Zorza (Venezia 1903 - 1977), appartenente alla Scuola di Burano, suo insegnante di Decorazione del Libro all’Istituto d’Arte di Venezia. Entrata a 10 L’usignolo-principessa è appena scampato all’assalto di uno sparviero rifugiandosi anni nella Scuola d’Arte trova nel bosco, dove un crociere le dice di non lamentarsi del rapace, perché anche l’ambiente congeniale: “L’Istituto lei ha fatto morire una persona. La tavola è eseguita a tempera e l’autrice schematizza a piccoli colpi di pennello le piume dei volatili e le foglie degli alberi; in d’arte – ricorda – era come una questo raffinato modo di dipingere l’osservazione della realtà si mescola ai piccoli Accademia, facevamo 8 ore disegni geometrici secessionisti. di scuola al giorno, e 16 ore settimanali di disegno dal vero, si distinguevano per il colore accordo con la natura. Ho anche con “signori” insegnanti, persino carminio delle loro piume. un occhio di riguardo per i poeti il nudo con una modella che “Il tema che tratto da molti e la poesia, che sono per me sembrava la Maja desnuda. Ancora anni è sempre quello della fonti di rinnovamento e di carica ragazzina avevo detto a Dalla natura e degli animali. Al di là creativa. Sento il bisogno di Zorza che mi sarebbe piaciuto dell’immagine, voglio invitare le raccontare la poesia della natura tanto avere un suo quadro e mi generazioni future, e i bambini ai bambini nati in condominio, è arrivata una telefonata con la soprattutto, a vivere meglio in che non l’hanno mai vista o quale mi invitava a passare dal TIERE FURLANE • 11 17 | TERRA FRIULANA

corniciaio di Campo San Barnaba dipendere dalla famiglia, ho fatto Mario Vigiak e Šteˇpán Zavrˇel: la a Venezia. Mi aveva regalato un per due anni la spola Venezia- lezione boema. quadro, scrivendomi la dedica sul Udine. Nel 1971 mi sono fermata Mentre cerca di pubblicare le retro: una magia. Trascorri una qui pensando di rimanere poco tavole su Il giardino del Turco, vita grazie a questi avvenimenti. tempo a insegnare Progettazione Alessandra D’Este entra in contatto Era molto sensibile, così come grafica, invece... Ogni 2 novembre con Mario Vigiak (Zara, 1937), sua moglie Teresa Sensi, una porto una rosa sulla tomba di scrittore, letterato, creatore della persona impagabile, brava e Carlo Dalla Zorza al cimitero di casa Editrice Quadragono, che umana. Sapendo che avevo Venezia. negli anni Settanta, in anticipo sui perso il lavoro presso l’agenzia Non rimpiango il fatto di non aver tempi, voleva creare una editoria pubblicitaria, mi ha avvertito frequentato l’Accademia, mentre per l’infanzia portando in Italia i che a Udine stavano aprendo i sette anni di lavoro in agenzia mi migliori illustratori del tempo. Vigiak una sezione di grafica all’Istituto sono serviti per il modo di lavorare la mette in contatto con Šteˇ pán d’Arte. Terrorizzata dal fatto di e l’uso dei mezzi, uno studio sul Zavrˇel (Praga 1932 - Rugolo 1999), non avere lo stipendio e di dover campo molto utile”. il famoso illustratore cecoslovacco

Le due illustrazioni sono delle tavole originali eseguite a tempera. La prima raffigura un pettirosso tra i fiori profumati del calicanto e fa parte della serie dedicata a Il giardino del Turco per la mostra dell’autunno 2003 nell’Istituto statale d’Arte di Venezia. Raffinatissimo l’equilibrio asimmetrico tra linee orizzontali e verticali. La seconda è un notturno in cui uomini e bestie contemplano l’incanto del cielo stellato in una magica sospensione sognante. “Ho una finestra sempre aperta e di notte guardo le stelle” afferma Alessandra D’Este. 12 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

ideatore della Mostra internazionale sono ordinate e proporzionate, ha una vera propensione per tutti di illustrazione per l'infanzia di ma vagamente inquietanti nella gli uccelli, eredità del nonno e del Sarmede. Grazie a Zavrˇel entra nel precisione degli animali e dei Giardino del Turco. Spiega così mondo dell’illustrazione, ed esce il particolari. Nella rappresentazione il suo modo di operare: “Se devo primo libretto La volpe argentata, del mare, un altro soggetto da disegnare una storia di natura, stampato dalla casa editrice Arka, lei molto amato, si ritrovano echi prima di tutto devo documentarmi che rappresentava in Italia la della grafica giapponese, che, per attraverso i libri. Per disegnare gli Bohem Press di Zurigo. A questo li rami, conducono al pittore animali c’è un lavoro di ricerca che seguono La Cinciarella, Il Gufo, Hiroshige (Tokyo, 1797 - 1858). inizia dai musei di storia naturale La Cicogna, Il Martin Pescatore. Alessandra D’Este ancora oggi dove vado a osservare gli animali Negli anni Ottanta inizia ad esporre afferma di dovere molto a Mario con il mio album di disegno. Cerco con regolarità alla Fiera del libro di Vigiak e Šteˇ pán Zavrˇel, dicendo di comprendere le caratteristiche Bologna, dove le sue tavole attirano di non ritenersi un’artista, ma della bestia, ne colgo la forma, l’attenzione degli editori giapponesi di credere nel libro e nell’arte che poi semplifico affinché diventi che ne apprezzano le linee applicata. leggibile. Il bambino ha una sinuose, i particolari calligrafici, le percezione sintetica e, dunque, campiture cromatiche, l’equilibrio Dalla tempera… bisogna arrivare a una sintesi elegante tra pieni e vuoti, i profili Per quanto riguarda la disegnativa limando le forme irregolari. Le pagine dei suoi libri rappresentazione degli animali, finché si arriva a quella giusta”.

Šteˇ pán Zavrˇel

Šteˇ pán Zavrˇ el è stato un importante grafico ed illustra- fanzia. Recupera, modernizzandoli, i contenuti delle fiabe tore. Nato a Praga nel 1932, frequenta nella stessa cit- tradizionali con attenzione verso l’arte contemporanea. tà l’Accademia di Belle Arti diplomandosi nel 1952. Si Nel 1969 si trasferisce a Rugolo nel Trevigiano. dedica poi al cinema d’animazione ispirandosi alle fiabe Nei tardi anni Settanta collabora alla Fiera del Libro di popolari, all’iconografia contadina e al ricco folklore bo- Bologna, fa parte del comitato di selezione promuovendo emo e disegna cartoni animati nello studio di Jirˇ i Trnka, i giovani illustratori ed entra in stretta collaborazione con il più importante marionettista ceco. Cattolico convinto, Grafiche AZ di Verona; nel 1973 fonda la Bohem Press mal sopporta le censure e il clima oppressivo del regi- di Zurigo con Otakar Bozejovsky von Rawenoff, pubbli- me comunista, così nel 1959 decide di fuggire e, come cando 300 titoli di libri illustrati per l’infanzia in 50 paesi. racconta Alessandra D’Este, arriva a piedi a Trieste per Nel 1974 collabora anche con Mario Vigiak, creatore di poi raggiungere Roma. Risiede al Pontificio Collegio Studio Quadragono e, con la Quadragono arte, organizza Nepomuceno e trova ospitalità e aiuto presso Corrado mostre di illustrazione in Italia e all’estero, portando in Pirzio Biroli. A Roma si iscrive all’Accademia di Belle Italia i più grandi illustratori internazionali. Arti, dove si diploma nel 1962, e inizia l’attività espositiva Nel 1983 crea a Sarmede la Mostra internazionale di lavorando nei settori dell’animazione, dell’illustrazione e Illustrazione per l'infanzia, cui si affiancano i corsi della della grafica pubblicitaria. scuola di illustrazione. Muore a Rugolo nel 1999. Nel 1972 comincia a lavorare nello studio di Giulio Za- Per volontà di Corrado Pirzio Biroli nel 2011 si apre nel nini ed Emanuele Luzzati, grande disegnatore e grafico; castello di Brazzà di il Museo artistico Šteˇ pán contemporaneamente studia scenografia a Monaco di Zavrˇ el, una esposizione permanente curata da Marina Baviera e fa delle esperienze a Londra. Nel 1964 decide Tonzig. Il Museo conserva l’archivio di famiglia di Šteˇ pán di dedicarsi con continuità all’illustrazione pubblicando, Zavrˇ el ed espone 200 tavole originali, che coprono tutta nel 1966, Il Pesce magico, il primo dei suoi libri per l’in- la sua attività, dai calendari anni Sessanta ai libri illustrati. TIERE FURLANE • 13 17 | TERRA FRIULANA

Fino al 2005 ha sempre operato con una minuziosa tecnica a tempera, con pennellate di colore coprente minuziose e precise, che conferivano perfezione grafica alle forme naturali. Come in Bimbatti (vedi Tiere furlane n. 11, 2011), dietro l’immagine c’è una costruzione geometrica fatta su griglie in modo da fare cadere l’occhio dell’osservatore su punti precisi. Secondo Alessandra è una caratteristica di chi ha studiato all’Istituto d’Arte. Le forme sono costruite minutamente con tratti orizzontali, verticali, incrociati, con puntinature che rimandano all’eleganza liberty di Klimt, alla pittura divisionista e ai pannelli decorativi di Galileo Chini e del veneziano Vittorio Zecchin. Con quest’ultimo si trovano numerose concordanze sia nei paesaggi collinari e notturni, sia nei minuti motivi decorativi a carattere geometrico, nonché nel marcato apprezzamento delle arti decorative. Alessandra D’Este, inoltre, accoppia sempre con esattezza gli animali agli alberi e ai fiori delle stagioni illustrate, In una delle tante avventure di Una fiaba nel bosco, l’uccellino protagonista dimostrando competenza anche condivide il riposo notturno con due tenere civette, madre e piccolo. Le civette in materia di scienze naturali e sono spesso rappresentate da Alessandra e sono eseguite a tempera con piccoli ambientali. tratti che rendono la sofficità delle piume. Sono animali notturni, simboli del Quando ha ritenuto che la sapere, sacri a Minerva, seppure godano cattiva fama nelle credenze popolari. tempera divenisse maniacale nella ricerca dei particolari e “non un lavoro minuzioso, sulla base padroneggia e fa quello che vuole avevo più niente da scoprire, di un esatto disegno progettuale. sulla carta”. sono tornata all’acquerello, il L’acquerello è esattamente Un ricordo evidente della tradizione mio primo amore di gioventù, l’opposto, devi avere le idee chiare veneziana rimane nel colore spesso poiché bisogna sempre cambiare in testa, devi vederlo nella testa simbolico nell’accostamento di toni e fare ricerca. Cercavo la libertà e poi si passa all’esecuzione, caldi e freddi, o nella scelta di una e l’ho trovata nell’acquerello. La le mani lo mettono sulla carta unica tonalità, declinata in tutte le tempera è coprente e permette senza disegno. L’acqua non si sue sfumature. 14 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

…all’acquerello al bosco tra malvagi e pericoli, i barbagianni guida verso la casa Con la tecnica ad acquerello, che protagonisti si trasformano e nel della speranza. In quello sulla lascia sempre un margine al caso, cambiamento trovano le capacità Cooperazione, anche i diversi ha pubblicato Compare gallo per aprirsi al futuro. devono andare d’accordo e e la sua storia, una riedizione Per Alessandra D’Este il libro è il quindi l’artista (ma Alessandra della favola I musicanti di prodotto principale, lavora dunque preferirebbe essere chiamata Brema, scritta da Ivan Trinko. sul testo e sull’illustrazione che artigiana) disegna un elefante che Qui l’acquerello esprime dei deve raccontare qualcosa di più non ha paura, ma aiuta i topolini e significati simbolici attraverso il della parola scritta. Il testo deve la lepre che collabora con l’orso. colore: il verde del rinnovamento interagire con l’immagine ed è e l’azzurro della ricerca interiore. molto attenta a dare alle tavole Tavole per David L’intellettuale sloveno trasforma significati simbolici, attraverso Maria Turoldo con nuovi significati la favola i colori caldi e freddi o i simboli Alessandra D’Este da sempre dei Grimm: narra una alleanza animali. Nel Manifesto sulla ama la poesia poiché, come scrive di diversi per fronteggiare le paura dei bambini Pinocchio Emily Dickinson “È il poeta che difficoltà, nel viaggio in mezzo è il simbolo dell’uomo, che il rivela / le immagini… Egli è per se stesso un tesoro / inviolabile dal tempo”. Non meraviglia, dunque, che nel suo cassetto, in attesa di editore, ci siano le illustrazioni per alcune poesie di padre David Maria Turoldo, molto amato dalla D’Este che lo leggeva, appena quindicenne, nella raffinata edizione di Giovanni Scheiwiller. Dal punto di vista tecnico sono delle prove che mescolano l’acquerello molto liquido con una struttura grafica a pastello, costituendo “una rivisitazione di Turoldo mescolando le sue parole con l’acquerello”. Le illustrazioni inedite mostrano il motivo simbolico del nido nei campi di grano della cappellaccia, parente dell’allodola, il cibo frugale, uova e lidric cul poc della tradizione, ma emerge anche con inusitata importanza la raffigurazione del paesaggio friulano. Qui compare Eleganza grafica astratta e sofisticata, di gusto minimalista giapponese, per la la prospettiva e la profondità di storia di due cinciarelle. Disegno e testo si interpolano strettamente come deve campo. Lo si può vedere nella essere nel libro “…Vera si sente chiamare: - Non rimanere sola,/ questo albero ha prova d’autore che rappresenta cibo per tutti e due./ Io sono Mattia, ti ho notata alcuni giorni fa”. La lettura, scrive Alessandra, “è dedicata alle mamme, ai papà, ai nonni, che decidono di spegnere un paesaggio invernale dai colori la televisione per regalare il suono della loro voce ai bambini”. lividi in cui la casa sulla linea TIERE FURLANE • 15 17 | TERRA FRIULANA

dell’orizzonte, simbolicamente rappresentata dal fumo del focolare, è preceduta da un’ampia distesa di neve in cui si legge una traccia di sentiero. Gli stessi motivi sono ripresi in una immagine notturna ed estiva in cui la profondità del cielo evoca il silenzio e domina “le pallide strade del mondo” illuminate dalla luce che svanisce. Un’altra tavola raffigura invece il Friuli collinare con la strada di scorcio fiancheggiata dal gelso e i campi coltivati che, con le loro campiture di colore, costruiscono la profondità prospettica. Bene interpreta la pianura e le vigne feconde della poesia di Turoldo, cui rimanda anche la raffigurazione degli alberi della foresta fluviale scossi dal vento. Nei paesaggi precedenti domina invece la visione a volo d’uccello, che tende ad appiattire, per meglio distinguere le minute geometrie secessioniste che definiscono corpuscolarmente alberi, animali, campi. Sono paesaggi che stimolano la fantasia, surreali nella rappresentazione, come Tavola di atmosfera campagnola friulana per l’illustrazione del Dislèelenghis di nella favola dell’orso Baldo, sia di Dino Virgili, Società filologica friulana, 1985. La pagina è accompagnata dallo scioglilingua (dislèelenghe) ... li dal mai dal batifiâr di Rizzot, cul mai di mai su la ciò che cresce sopra il terreno sia puarte. delle tane sotterranee, mentre i tronchi suggeriscono la profondità Bella. Alessandra ama come Mario per la manifestazione Il colore mescolando ricordi tiepoleschi De Maria la notte e le stelle, dice del sacro, si rievocano alcune e klimtiani. I paesaggi, spesso infatti “ho una finestra sempre architetture friulane, come il notturni, permettono di interpolare aperta e di notte guardo le stelle”. Duomo di Gemona. in modo divisionista tutte le I paesaggi sono popolati in gran Per Alessandra è naturale pennellate dal blu al celeste. In parte da animali, ma compaiono raffigurare il territorio friulano uno di questi, sul tetto di una casa anche piccole figure umane e attraverso i suoi riti e lo illuminata dalle finestre e dalle qualche segno dell’attività umana, testimoniano, come spiega Tiziana faville che escono dal camino, paesi sui cocuzzoli, un treno che Ribezzi, le tavole sul Pignarûl un uomo e una donna rievocano corre nella notte, un mulino. Nelle e sulle tradizioni friulane ora al l’amore stralunato di Chagall per Tavole per il Fuoco, composte Museo Etnografico del Friuli. 16 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

con l’album sottobraccio. Come contemporaneo. Nel 1982 ha mostrano gli schizzi, predominano infatti illustrato un libro sul le visioni di una Venezia segreta riordino fondiario in Friuli, scritto e non turistica: gli Alberoni, le da Enos Costantini ed Emilio reti da pesca sui canali, l’oasi Gottardo. Quando un tema la della LIPU, il Faro di Pellestrina, interessa, lo disegna d’istinto, “è la Misericordia, Malamocco, San importante fare” e non cerca il Nicolò al Lido di Venezia. Sono guadagno, tanto che spesso opera presenti anche i paesaggi romani nel volontariato ed è impegnata con l’Isola Tiberina, ma anche una nei corsi di illustrazione del Centro bicicletta poiché “mi serviva per di Formazione professionale LAB. capire come è fatta”. I suoi disegni sono eseguiti ad Bisogna avere tempo di Nelle sue passeggiate nella inchiostro, con una cannuccia perdere tempo campagne sulle colline del Friuli di bambù, per fissare i dettagli e Il paesaggio è il protagonista “una terra ricca e bellissima”, tenere in allenamento la mano e il degli schizzi dell’illustratrice, Alessandra D’Este ha colto cervello. Predominano i paesaggi miniera inesauribile da cui anche il paesaggio attuale, lagunari che ricordano il suo trarre spunto. Per anni ha usato grande amore per il mare, anche la macchina fotografica, una perché “Venezia assorbe, Udine Nikon, per mettere da parte è il posto dove tirare fuori, mi forme, sensazioni da rielaborare, chiudo in casa e disegno Venezia. però spiega “ho scoperto che Perché questa differenza? A con il disegno si raccolgono, nel Venezia è la città protagonista, a cervello e nell’anima, informazioni Udine sei tu la protagonista”. che permangono molto di più. Gli schizzi hanno recentemente Rispetto alla fotografia, il filtro trovato sbocco anche nella grafica del cervello fa passare qualcosa di nella cartella sulla Genesi che diverso e ci vuole più tempo per Alessandra D’Este ha realizzato filtrare l’informazione. Bisogna con Corrado Albicocco, una tavola avere il tempo di perdere tempo. delle quali è stata esposta nella Lavorando con l’illustrazione ho recente mostra di Passariano. scoperto che bisogna esercitare Dal momento che l’autrice voleva le mani, non per niente vengo da La tavola appartiene all’ultima fase mantenere il segno corposo e una famiglia di falegnami. Da 25 dell’opera di Alessandra D’Este immediato del pennino, ha scelto anni giro con il mio album, e i miei che, lasciata la tempera, è tornata la maniera a zucchero in sei tavole all’acquerello. Il bozzetto illustra schizzi servono come esercizio in cui racconta la creazione del una poesia di padre David Maria ginnastico della mano, sono Turoldo “Almeno ti potessi cantare/ mondo. Un tocco di raffinatezza memoria fotografica che passa inconsapevole come gli uccelli,/ è dato dai fondini delle stampe, dal cervello, che ti ridà ciò che si essere la loro coscienza felice.// Ma costituiti da pagine di antichi libri più il giorno si approssima/ più la fissa”. notte s’addensa,/ pietà chiedo di ogni del Settecento e dell’Ottocento. Il disegno è “una ricerca di pensiero”. Raffigura una cappellaccia, Un ulteriore omaggio alla ordine che nasce dal disordine un volatile parente stretto dell’allodola, tradizione del libro veneziana e che simbolicamente rappresenta che si vive quotidianamente” ed l’unione del terrestre e del divino. Infatti alla natura, una prova della sua ecco allora che anche in Friuli vola in alto cantando e fa il nido per indomita vena di sperimentazione gira per la campagna e le colline terra con fili d’erba secca. e ricerca. TIERE FURLANE • 17 17 | TERRA FRIULANA

Tiziana RIBEZZI Esseri mitici della tradizione orale friulana Le illustrazioni di Alessandra D’Este per il Museo etnografico del Friuli

I racconti e le leggende popolari creature femminili (Agane, Fade, si sono dedicati a lungo con rigo- della tradizione friulana costi- Mora, Orcule, Krivapeta, Torka, re filologico, cercandone origini, tuiscono un patrimonio ricco e Varvuola), gli animali e i mostri ascendenze, aree di diffusione, variegato che riflette la peculiarità zoomorfi (Magne, Basilisc, Gjate assonanze, spiegazioni e radici del Friuli, una terra di confine, di marangule, Drac di Timau), il storiche. Il patrimonio raccolto da passaggio e di scambio fra popoli. diavolo e la sua compagnia di stre- generazioni di etnografi offre una Le culture che si incontrano hanno ghe e benandanti, gli esseri alter- classificazione articolata e una trasmesso credenze che, legate nativi, uguali/diversi, dei Pagans/ documentazione ampia e rispet- alle caratteristiche del territorio e Silvans e quindi le credenze legate tosa delle peculiarità geografiche alla sua storia, hanno portato alla agli spiriti inquieti dell’oltretomba. sempre nell’accortezza della diffi- costruzione di figure mitiche che Le caratteristiche di questi perso- popolano un universo immaginario naggi, con denominazioni diverse, contraddistinto da personaggi, da sono spesso morfologicamente Ianimali e da fenomeni meravigliosi simili, ma arricchite nei molteplici che stupiscono e sono nella loro repertori da singolarità che li lega- estrosità lontani dalla logica uma- no all’ambiente e quindi ridisegnati na. Le categorie dei personaggi con diverse sfumature che variano che animano i racconti includono da area ad area, ma anche da valle esseri mostruosi e imponenti, o a valle. Se il censimento dei mol- minuscoli e dispettosi, ammaliatori tissimi nomi è lungo, esiste una so- o malvagi, sono esseri mai comple- stanziale “parentela” fra le figure; tamente “buoni o cattivi”, ma in un gli eventuali elementi contradditori alterno rapporto con l’umano che nell’aspetto e nelle caratteristiche talvolta aiutano o invece fanno og- nascono da una sedimentazione getto di malefatte e stanno sul con- che, a caratteristiche selvagge di fine dell’ambivalenza fra positivo età remota, aggiungono elementi di e negativo, domestico e selvaggio, epoca posteriore di cultura classi- sacro e profano. ca, o legati a eventi relativamente Ci sono i demoni e gli spiriti folletti recenti. (che comprendono Cjalcjut, Gu- Il quadro delle credenze e delle riut, Vencul, Sbilfon, Maçarot, narrazioni relative a questi esse- Omenut, Skrat, Skarfic’, Orcul, ri è ampio e stratificato e anche Dujàk, Pamarindo, Bràul), le nella nostra regione i folkloristi vi Lis Aganis 18 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

Il Maçarot L'Orcul Il Diaul coltà a delineare le origini di molti sapevoli della varietà all’interno del lavano i panni. Nei racconti della narrazioni. territorio regionale. pianura friulana hanno le caratte- I racconti offrono storie che per Le tavole elaborate riguardano le ristiche di ninfe acquatiche e sono generazioni hanno ripreso e ri- agane, l’orco, il folletto detto Maça- rappresentate come creature buo- elaborato antiche e profonde ròt, l’uomo selvatico e il diavolo. ne che talvolta aiutano gli uomini, memorie collettive che hanno avvertendoli dei pericoli incomben- radici in vicende o luoghi o eventi, Lis Aganis, le creature ti legati alle inondazioni; verso la riplasmandoli sul piano dell’imma- dell’acqua montagna sono invece più malevoli ginazione in trame e personaggi Le agane (con un nome che deri- o anche mostruose e assimilate alle che sottintendono insegnamenti va da acqua, aquana) sono fra gli streghe (Striis) anche nell’aspet- morali, valori, paure e aspettative. esseri mitici più inquietanti. Sono to; vivono nelle spelonche dove Nella narrativa orale il racconto è associate all’elemento acqueo e, attirano gli uomini recando danno. sempre stato un’esigenza non solo per Ostermann (La vita in Friuli, Racconti intorno alle agane, il cui di evasione dal quotidiano, ma an- 1894) sono simili a sirene; vivono nome varia nelle diverse culture, che tesa a spiegare e interpretare nel mondo delle acque dolci, pres- costituiscono un patrimonio molto fatti e fenomeni. so le sorgenti, le anse dei fiumi, diffuso fra Alpi e pedemontana; i laghi. Vengono descritte come molti nomi di luoghi informano Ad Alessandra D’Este è stato belle fanciulle avvolte dai lunghi della loro antica presenza un po’ chiesto di tradurre figurativamen- capelli, vestite di abiti leggeri, dappertutto a partire dalla fontana te alcune delle figure che hanno talvolta con la straordinarietà Aguana di . alimentato le storie e i racconti, di piedi caprini, palmati o rivolti nel rispetto di una raffigurazione all’indietro, oppure sono ricordate Il Maçarot di bosc, il “folletto che individui l’habitat, l’aspetto e come brutti esseri che vivono nelle della mazza” alcune caratteristiche comuni. L’in- grotte. Possono avere la capacità di È una piccola creatura vestita di tenzione è stata di proporre, come trasformarsi in salamandra o biscia rosso – colore della fertilità – con strumento nei laboratori didattici d’acqua e comunque di modificare un cappello a punta che si aggira presso il Museo Etnografico, una il proprio aspetto. Sono figure fug- nei boschi portando sempre con sé pagina illustrata utile a “visualizza- gevoli dell’alba o del tramonto, si una mazza che gli serve per battere re” l’argomento del racconto, con- fanno vedere presso le fonti dove tronchi, piante, pietre o il suolo, TIERE FURLANE • 19 17 | TERRA FRIULANA

ovvero spaventare e far rumore, classiche dove è descritto nei suoi racconti è descritto come essere ma anche risvegliare la natura; tratti diabolici e divoratore di car- bene accetto perché legato al ciclo sembra che il nome derivi proprio ne umana. Fa comunque dispetti, agricolo annuale e apportatore di dall’attrezzo che porta con sé: il scherzi soprattutto a donne, e si conoscenze sulla vita e sui lavori mazzapicchio. trasforma in animale, oppure di- del bosco. Agisce di notte quando crea scom- venta piccolo piccolo; vive un po’ piglio e strepita. La sua natura è ovunque e per questo se ne parla Il Diaul, il diavolo ambivalente: si trasforma – anche diffusamente ed è tanto popolare, I molti nomi con cui in Friuli in un gomitolo di lana o prende ma si nasconde nelle caverne sot- viene definito lo spirito infernale altre forme – e disturba, fa scherzi to i monti e si aggira di notte e si (Berlichite, Biric’, Cruchiti, o dispetti o diversamente ruba, avvicina agli stagni dei paesi per Curnicjo, Resìe,Tàifil), sottoli- fa scappare gli animali, ovvero li dissetarsi. Le caratteristiche fisi- neano l’onnipresente angosciosa incanta, attira le persone che cal- che sono rimaste ancora nei detti consapevolezza del Maligno che pestano la sua orma e fa perdere comuni: di un uomo grande e brut- ha profonde radici, rendeva con- loro la strada. Storie sul folletto to si dice al è un orcolat. crete le sue apparizioni e fondate dei boschi ricorrono ampiamente le paure, in quanto Lucifero era in Europa; in Friuli sono più ricor- Il Salvàn, Om Salvadi, riconosciuto come cattivo maestro renti in Carnia e nella parte occi- l’uomo selvatico degli uomini, capace di entrare nei dentale della regione. Esseri simili L’uomo selvatico è presente in di- loro corpi e quindi andava evitato con nomi diversi ricorrono nelle verse culture fin da quelle arcaiche e temuto perché apportatore di valli del (Skrat) e nel in quanto riconduce a persistenze male. Il diavolo è un essere di dif- Canal del Ferro (Skarific), mentre dell’Homo sapiens neandertaliano ficile definizione nelle credenze nel vicino Veneto mantiene tanto preistorico, o al “diverso” emargi- popolari, non è tanto lo spirito del le caratteristiche quanto il nome nato dalla società o volontariamen- male portatore di disordine morale (Massariòl). te ritiratosi in un mondo “altro”, e fisico, quanto una entità molesta lontano dai suoi simili e per motivi con cui è necessario convivere L’Orcul (Orcolàt), l’orco diversi. È stato spesso effigiato nelle difficoltà quotidiane. Prende Questo essere gigantesco che met- nell’iconografia, soprattutto medie- le sembianze più diverse, di molti te i piedi sulle cime di due monti è vale, nelle caratteristiche di essere animali, ad es. del caprone o del il più delle volte un buontempone, non civile, e come tale spesso pre- gatto nero, oppure assume un quando si muove o si risveglia fa sente nelle mascherate del carne- aspetto umanizzato, conservando rumore e fa rotolare i massi (il vale. Le credenze popolari hanno però corna, coda e artigli. Prefe- terremoto del 1976 era definito spesso visto nei resti presso luoghi risce i luoghi impervi e pericolosi appunto l’Orcolàt), guarda dall’al- selvaggi o grotte i segni della sua o impraticabili e si aggira di notte to della sua possanza e spaventa, antica presenza. Il suo ambiente sfidando gli uomini per poi fuggire ma senza generalmente far del sono la foresta e i luoghi selvatici, davanti a oggetti, preghiere o gesti male, a meno che una persona non dove vive come nume solitario, connessi con il sacro. Ricorrenti calpesti l’orma che ha lasciato. Le perché ne conosce tutti i segreti. sono le leggende intorno all’orma leggende lo descrivono ritto su al- L’aspetto è mutevole, ma in mimesi incisa dal diavolo sulle pietre, mol- tissimi edifici, un piede sul castello con la natura e gli animali, quindi te le varianti sul tema che parla di Gemona e l’altro sul campanile coperto di foglie, o peloso; come il della contesa fra la Madonna e il di per posarli passo passo Maçarot porta una clava o lunghe demonio per la costruzione del su altre sommità. È pertanto di- frasche di betulla per percuotere santuario di Castelmonte o del verso dall’orco malefico delle fiabe o disturbare le donne. In alcuni Ponte del Diavolo di Cividale.

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Laura DI BIDINO Il consumo del suolo in Friuli Mancul tiere par ducj, e come fregarsi l’avvenire

Redigere un articolo sul consumo Che cos’è la risorsa suolo? di suolo impone innanzitutto una Il suolo può essere considerato puntuale ricerca di dati, ed è qui come una sottile pellicola che che iniziano le prime difficoltà. Il riveste le terre emerse originata tema è quanto mai attuale e recen- dalla trasformazione delle rocce te, ma a fronte di un problema in che subiscono l’azione di agenti crescita esponenziale i dati, le in- fisici, chimici e biologici. La for- dagini, le analisi, risultano, almeno mazione del suolo è un processo per quanto riguarda il caso italiano, estremamente lento (secoli se quantomeno frammentate e lacu- non millenni), ma il suo degrado nose. Ma partiamo con ordine, di può essere rapido e la sua di- Rcosa stiamo parlando? Parliamo struzione di fronte ad una ruspa della riduzione, del consumo della può essere repentina. Quando il risorsa suolo. E questa risorsa co- suolo è “terreno agrario” in molti me definirla? E come riguarda la casi, ad esempio lungo l’asta del nostra quotidianità? Tagliamento, è stato “costruito” direttamente dall’uomo portan- do terricci e letame a coprire le ghiaie, con un’incessante azione che poteva avere come obiettivo Friuli che cambia. solo la fede nel futuro delle nuove Fotografia di Stefano Zanini. generazioni. 22 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

alla sua distruzione che alla sua valorizzazione. Mario Panizza definisce l’uomo “un agente geomorfologico azona- le che trasforma, corregge modifi- ca i processi naturali, provocando comunque la rottura di certi equilibri, che la natura cercherà di ricostruire in modo diverso”. In termini geomorfologici l’attività dell’uomo nelle aree urbane de- termina la cessazione dei processi Pian di Pan, località dal nome delizioso, descrittivo com’è di un’antica ruralità. naturali di formazione del suolo e Oggi Pian di Pan è sinonimo di una controversa viabilità. La zona a ridosso della l’introduzione di un nuovo “suolo SS 13 è ampiamente cementificata, su di essa insistono una rotonda, sormontata dal raccordo autostradale 16 Cimpello-Pian di Pan (RA 16), collegamento tra umano” costituito da asfalto, giar- SS13 e l’uscita Cimpello dell’autostrada A28, e dal 23 dicembre 2009 è stato dini, costruzioni (Panizza 1988, aperto il sottopasso per smistare parte del traffico della SS13. La viabilità si 271). Tra gli effetti della sigillatu- completa con i raccordi di ingresso alle zone commerciali recentemente insediate. ra del suolo con asfalto e cemento Gli ampi parcheggi tappezzati da betonelle e asfalto denotano l’ennesimo danno al suolo, appare insufficiente la destinazione a verde, seppur sulla carta siamo i più caratteristici sono un’infiltra- sicuri che gli standard siano stati rispettati, manca un filtro fra la strada e gli zione di acque molto ridotta e un ambiti commerciali: davanti a noi il deserto grigio, inqualificato. Questo perchè conseguente maggiore rischio di negli standard di destinazione a verde vengono conteggiati anche i parcheggi qualora siano costituiti con materiale drenante. Da notare che questa zona è inondazioni. Il caso del rio Trese- particolarmente strategica in quanto il raccordo autostradale (RA 16) è parte mane è emblematico, anche come del progetto di una nuova autostrada di connessione con la A23 nei pressi di costo di pubblico denaro per met- Gemona, autostrada che traccerebbe un pesante solco in una delle parti più belle della Regione attraversando, fra l’altro, ambiti delicati come il Campo di . tere una pezza a miopi eccessi di cementificazione e asfaltatura. Si Il suolo condiziona la funzione un prodotto della nostra cultura, tratta(va) di un poco appariscen- produttiva primaria (agroalimen- che ha incorporato lavoro e tecnica te corso d’acqua a nord di Udine tare), la regolazione idrica, i cicli agricola nell’arco di interi millenni, a fianco dell’importante via di vitali (carbonio, azoto, ecc.), la e che perciò è un bene che non comunicazione che dal capoluogo degradazione di sostanze tossiche può essere lasciato alla disponibi- friulano conduce a . (è il più importante, efficace e lità di una singola generazione di La sua presenza è stata a lungo finora inimitato “depuratore” esi- speculatori immobiliari e finanziari, ignorata dalla febbrile attività stente), la biodiversità, il clima. Il di costruttori d’autostrade e di edificatoria che si è dispiegata valore del suolo si configura anche spalmatori di centri commerciali. negli ultimi lustri all’interno del come patrimonio archiviato da Ogni campo cancellato, abbando- suo incerto bacino, convogliando secoli di buone pratiche colturali nato, coperto di cemento o asfalto, nell’alveo montagne d’acqua ed che lo hanno mantenuto fertile è umanità persa...” (Di Simine esso ha reagito con esondazioni, e disponibile anche per le future 2009). e conseguenti danni, ad ogni pio- generazioni. Così ne parla Damiano L’uomo trasforma e altera il suolo vasco (Mario Pezzetta, 2004, in Di Simine nel rapporto Le dimen- per i propri scopi, storicamente www.comune.tavagnacco.ud.it). sioni del suolo, risorsa naturale soprattutto per finalità agricole, Cosicché è stato deviato, sotter- e bene comune: “La terra su cui ma recentemente le pratiche che rato e incassato nel cemento per vengono coltivate le specie vegetali agiscono su questa risorsa sono più essere condotto sulla riva destra che nutrono il pianeta è (anche) rivolte al suo depauperamento e del fiume Torre. Paga Pantalone, TIERE FURLANE • 23 17 | TERRA FRIULANA

senza contare il non monetizzabile Si rende necessario uno stru- niche in materia di salvaguardia danno naturalistico e paesaggistico. mento super partes utile alla dei suoli dal degrado (www.arpa. pianificazione poichè sul suolo in- fvg.it). Il suolo è ricchezza sistono interessi pubblici e privati paesaggistica fortemente strutturati. “Sebbene Misurare il consumo di suolo Con il consumo del suolo si assiste il suolo rappresenti, insieme ad Così come non esiste una rego- nel contempo alla frammentazione aria e acqua, una delle compo- lamentazione nazionale atta a del paesaggio. La risorsa suolo è nenti fondamentali dell’ambiente, frenare nello specifico il consumo intrinsecamente legata alla risorsa la legislazione italiana appare in di suolo, così l’Italia non dispone paesaggio, unità identificativa di un notevole ritardo rispetto alla tute- al momento di un registro nazio- territorio, apparecchiato da secoli la di tale matrice, a differenza di nale dei consumi di suolo. “Non di pratiche agricole tradizionali. quanto avviene per le acque e per è possibile accedere ad alcuna Con la distribuzione sparsa e ato- l’aria. Nella legislazione italiana, fonte sufficientemente accurata mistica che ogni Comune riserva infatti, si parla per lo più di difesa che informi circa il dato, attuale all’ampliamento del proprio com- del suolo (dissesto idrogeologico) e retrospettivo, di consumo di parto edificatorio si assiste alla e di tutela generica di territorio, suolo. Semplicemente, nessun frammentazione di ambiti rurali paesaggio e infrastrutture; in re- Ministero o istituzione se ne è che perdono indubbiamente valore altà il suolo non viene mai consi- mai occupato e dunque questi paesaggistico trasformandosi in ar- derato in senso pedologico quale dati non sono mai stati raccolti cipelaghi di isole rurali in un mare elemento naturale che assicura ed elaborati con sistematicità e di cemento, ma anche il proprio funzioni chiave a livello ambien- criteri univoci, a partire dalla de- intrinseco valore produttivo e la va- tale, produttivo, sociale ed eco- finizione di cosa debba intendersi lenza ambientale. nomico, ma soprattutto non viene per ‘consumo’ di suolo. Gli unici mai considerato quale espres- dati ufficiali disponibili su base Vuoto legislativo e mancanza sione della vita in esso presente nazionale sono quelli elaborati di rilevazioni sul territorio e generatore esso stesso di vita” nell’ambito del progetto europeo Che ruolo occupa il suolo nella pia- (Floccia e Iacomini 2012). Corine Land Cover (CLC). Da nificazione? Come viene definito e La parte III, sezione I del D.lgs tali dati risulta una superficie ur- tutelato dalla legislazione italiana? 152/2006, espone agli articoli 53 banizzata in Italia pari a 1 milione Dall’art. 9 della Costituzione ita- e 54 alcuni concetti di ordine ge- e 474 mila ettari, con un tasso di liana al Codice dei Beni culturali e nerale, delinea compiti coordinati crescita di 8.400 ettari all’anno del Paesaggio (2004, 2006, 2008), tra Enti regionali ed Organismi (il doppio della media europea) passando per la Legge Galasso del nazionali ai fini dello svolgimento e un valore pro capite di 255 mq/ 1985, si arriva al D.lgs 3 aprile 2006, di attività conoscitive e di risa- abitante di superfici urbanizzate” n. 152 art. 54 Parte III “Norme in namento riguardanti lo stato dei (dal Dossier Legambiente 2010). materia di difesa del suolo e lotta suoli (art. 55), demanda l’ope- Questi dati hanno però il limite di alla desertificazione”: “Ai fini della ratività in materia di difesa del essere sicuramente sottostimati a presente sezione si intende per: suolo alle Regioni e ad altri Orga- causa dell’alta scala di risoluzione a) suolo: il territorio, il suolo, il ni amministrativi e tecnici locali utilizzata dal sistema, scala che sottosuolo, gli abitati e le opere in- (artt. 61 e 62); tuttavia, tranne si avvale di celle poligonali di 100 frastrutturali” dove tuttavia il suolo che per alcune ‘minacce’, quali ad m di base, così grandi da trascu- non è specificamente definito come esempio la contaminazione locale/ rare elementi significativi, ma risorsa ambientale. Da ciò si evince diffusa e inondazioni/smottamen- di dimensioni inferiori alla cella, una lacuna normativa e strumen- ti, la norma italiana non traccia quali strade, piazzole, rotonde, tale. linee tecniche specifiche ed orga- insomma gran parte del sistema 24 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

infrastrutturale asfaltato. Il primo rapporto, datato 2009, è rilevati su scala nazionale nell’arco Le uniche Regioni che dispongono stato realizzato in collaborazione temporale 1996/2005 sulle vo- di serie storiche di dati affidabili con il Dipartimento di Architettura lumetrie realizzate a seguito del riguardanti la copertura del suolo e Pianificazione del Politecnico di rilascio di concessioni edilizie per sono Lombardia, Friuli-Venezia Milano. Dai dati risulterebbe un costruzioni residenziali e per ma- Giulia, Emilia-Romagna e Piemon- consumo del suolo a livello nazio- nufatti produttivi; aggiungendovi te. Si osserva come i dati rilevati nale pari a 2 milioni di ettari, con una stima del consumo di suolo per per le quattro Regioni dal Centro un incremento annuo nell’ultimo grandi opere infrastrutturali, egli di Ricerca sul Consumo di Suolo decennio di 50.000 ettari, corri- rileva un consumo di 187 ettari al (CRCS) siano in media più elevati spondente a 3 volte la superficie giorno per un totale di superficie, del 2-3% rispetto ai dati del CLC, dell’intero Comune di Milano. nel periodo considerato, pari all’e- in quanto nella valutazione delle Per il Friuli-Venezia Giulia i dati stensione dell’Umbria. stime si è considerata la superficie relativi all’anno 2000 mostrano un Di fronte ad un fenomeno così occupata dalla viabilità e dalla ur- consumo di suolo secondo CRCS dilagante appare anacronistica la banizzazione diffusa, legale e abu- di 8,9% rispetto al 6,7% del 1980, scarsa disponibilità dei dati e il siva, che non trovano riscontro con inzio del periodo di riferimento loro lento aggiornamento. Sarebbe le elaborazioni CLC. per le analisi (+2,2%), percentuale auspicabile che gli Enti locali si Legambiente e INU (Istituto na- calcolata sul totale di superficie dotassero di misure atte a realiz- zionale di Urbanistica) hanno pro- territoriale regionale zare banche dati georeferenziate, mosso un Centro per le Ricerche Un altro studio recente di Paolo attuate con sistemi di misurazione sul Consumo di Suolo (CRCS). Berdini (2009) utilizza i dati ISTAT e classificazione omogenei che consentano di analizzare periodi- camente le coperture dei suoli ed i cambiamenti d’uso, in modo da ri- cavare un database indispensabile per la pianificazione. Questa sarebbe la tendenza che emerge dai lavori della Commis- sione europea in due documenti guida recentemente pubblicati (Overview of best practices for li- miting soil sealing or mitigating its effects in EU-27, European Commission, DG Environment – Final Report, 2011; “Orientamenti Centro commerciale nei pressi di Carnia. Le ampie superfici asfaltate e in materia di buone pratiche per impermeabilizzate sono uno spreco di suolo. Questi antesignani del centro commerciale odierno sorsero negli anni Ottanta in Carnia, nel tentativo di condurre limitare, mitigare e compensare un ammodernamento in chiave anche commerciale degli ambiti montani. Oggi l’impermeabilizzazione del suolo”, sono in gran parte dismessi e stanno a testimoniare i diversi errori strategici Bruxelles, 2012). compiuti negli anni nel tentativo di vivificare i centri montani della nostra regione. Il valore strategico-culturale, unico Un errore di valutazione che avrebbe dovuto portare invece a valorizzare da subito i reali centri urbani presenti sul territorio salvaguardandone la tipicità ed e non riproducibile del paesaggio agevolandone lo sviluppo. Oggi la tendenza a creare nei fondovalle ampie zone italiano, è stato tuttavia riconosciu- commerciali del tutto simili a quelle che si generano alla periferia di Udine non to dal Piano strategico nazionale è stata invertita, perseverando in una pericolosa utopia. Tali centri commerciali, seppur più moderni, più grandi e più attrezzati dei precedenti soffrono la crisi del per lo Sviluppo rurale 2007-2013 settore. (Psn), istituito dal Ministero per TIERE FURLANE • 25 17 | TERRA FRIULANA

Plus quam satis est Abbiamo distrutto le aree umide della Bassa, abbiamo to ai valori dell’ambiente, della cultura e del patrimonio distrutto lo splendido bocage dell’Alta. Ora ce la prendia- identitario), quel passaggio dal “turismo” ai “turismi” di mo con il terreno agrario, quel sottile strato della crosta cui tanto si vagheggia? terrestre che agenti biotici ed abiotici hanno impiegato Con le zone industriali senza industrie? Con le zone arti- millenni a formare e che i nostri avi hanno impiegato secoli gianali senza artigiani? Con i parchi commerciali che non a perfezionare: poche ore di ruspa, una colata di cemento sono né parco né commercio? Col mais energetico che e asfalto ed è fatta. I motivi ci sfuggono perchè non si ha un rendimento energetico negativo? tratta di case, chiese, ospedali, scuole, stalle, attività Abbiamo città e cittadelle medievali che sono di richiamo manifatturiere. e potrebbero esserlo assai di più. Le giudico dai loro din- Ho usato la prima persona plurale non per nos maiestatis, torni, non dai tesori d’arte che, immeritatamente, abbiamo ma perchè anche io sono stato complice, e succube, di ereditato. Una sola chiesa di Venezia può contenere tutta tutto ciò: imprinting dell’infanzia ed adolescenza quando l’arte del Friuli, e anche più. Abbiamo (o avevamo) quel tutti parlavano di “progresso”. paesaggio che nessuna Venezia potrà mai avere e che Né voglio dare colpe: finora è andata così, ma ora basta. era la corona in cui incastonare la perla racchiusa da Il friulano avonde viene dal latino abunde che non vuole antiche mura. dire ‘basta’, vuol dire ‘più che basta’. Non chiediamo né processi né capestri, non demonizzia- Il Friuli è, amministrativamente e culturalmente, una en- mo nessuno e, augurandoci che scritti come questo non tità unica: con che cosa farà quel turismo “intelligente”, siano più necessari, diciamo semplicemente cumò avonde! “sostenibile” ed “ecosostenibile”, “responsabile” (atten- EC

le Politiche agricole, alimentari e e di risparmio-rifugio. Questo mo- Nel Mezzogiorno, valori superiori forestali, con la finalità di tutelare dello è stato ulteriormente incre- alla media si riscontrano solo in la biodiversità e l’ambiente dei pae- mentato in anni recenti anche da Campania, col 9,5%, mentre valori saggi rurali tradizionali. Alle Regio- interessi finanziari e pubblici di più inferiori al 2% si registrano in Valle ni rimane il compito di attuare gli ampia portata. d’Aosta e Basilicata. indirizzi di piano, istituendo oppor- Dai dati accennati nel paragrafo L’espansione si è attuata nella tuni Programmi di Sviluppo rurale precedente si deduce come l’Italia maggior parte dei casi a danno del regionale (Psr). C’è da notare che abbia vissuto negli ultimi anni il più suolo agricolo, con la comparsa di all’interno dello studio ministeriale, lungo boom edilizio dal dopoguer- periferie solitamente subordinate predisposto a verifica dell’efficacia ra, con un aumento del 500% del ai servizi delle aree urbane centra- potenziale delle misure messe in patrimonio edilizio, e 4 milioni di li, raramente integrate tramite la atto dalle Regioni, Umbria, Veneto, abitazioni costruite tra il 1995 e il rete pubblica di trasporto ai centri Valle d’Aosta e Friuli-Venezia Giu- 2009, per oltre 3 miliardi di metri e quindi assoggettate obbligato- lia, hanno ottenuto le valutazioni cubi di edifici. La sottrazione di riamente all’uso dei mezzi di tra- più positive per l’attenzione alla territorio paesaggistico è stimata sporto privati. In mancanza di una tutela. in media 500 kmq all’anno. La normativa nazionale che obblighi distribuzione della superficie ur- gli Enti locali ad una pianificazione Che cosa succede in Italia? banizzata è più elevata nel Centro- virtuosa o in sinergia, si è assistito L’urbanizzazione diffusa sotto for- Nord, dove sfiora il 13% del totale allo sviluppo monocellulare di ogni ma di case unifamiliari viene da un regionale in Veneto e Lombardia, singola entità comunale, dotata modello americano, propagatosi in è intorno al 10% nel Lazio e in Li- ciascuna di un proprio comparto Italia come parametro di benessere guria, e pari a quasi il 9% in Friuli. residenziale così come di un com- 26 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

le Salari (la Repubblica on line, 2012) definisce “padanizzazione” l’edificato continuo che salda i centri abitati fra loro lungo le zone pianeggianti extraurbane, aree predilette per l’espansione edilizia in quanto soggette a minori vincoli urbanistici: “il diffondersi di gran- di centri commerciali periferici incentiva ulteriormente la nascita di lottizzazioni extraurbane e l’uso dell’automobile. Più case isolate e più centri commerciali portano alla necessità di più strade e quindi a una crescita esponenziale del con- sumo di suolo”. Questo edificio è un colosso fuori scala nella vallata alluvionale del Tagliamento nei Un rapporto dell’Agenzia europea pressi del casello sulla A23. dell’Ambiente, uscito nel 2006, reca un titolo significativo: “Lo sprawl urbano in Europa: una sfi- da ignorata”. “Nel Rapporto si sot- tolinea come negli ultimi vent’anni si sia registrato un consumo di suolo per insediamenti urbani am- piamente superiore al tasso di cre- scita demografica, mediamente in un rapporto 3:1...” (Gibelli 2012). A dare una decisiva spinta a questo fenomeno, è stata la legge Tremon- ti bis. La riflessione in merito viene da Lorenzo Salvia in un interessan- te articolo apparso su Il Corriere on line, il 30 maggio 2012, all’in- domani delle scosse sismiche che SS 13 km 195 VII. L’impatto dei pesanti piloni in calcestruzzo del viadotto sul sgretolarono decine di capannoni paesaggio montano fa riflettere sul consumo di suolo legato alle infrastrutture nell’Emilia “...approvata nel 2001 e e sulle possibilità non sufficientemente esplorate di realizzare viadotti con una proposta dall’allora ministro dell’E- tecnologia costruttiva meno dirompente sul territorio, tipo ponti ad arco e strutture in acciaio. conomia, assegnava incentivi fiscali alle imprese che reinvestivano i parto produttivo-artigianale del un concreto e monetizzabile costo loro utili in «beni strumentali». tutto indipendente dalle realtà sociale, dato dai maggiori costi Capannoni, sostanzialmente. In limitrofe. L’esito del fenomeno non necessari per garantire i servizi soli cinque anni, e solo in Veneto, è solo un paesaggio agro-periferico a tutti i cittadini e, in definitiva, sono stati costruiti edifici indu- inqualificabile, questione su cui limitando l’accessibilità individuale striali pari a un capannone alto 10 si potrebbe dibattere, ma è anche agli stessi dalle periferie. Gabrie- metri, largo 28 metri e lungo più di TIERE FURLANE • 27 17 | TERRA FRIULANA

200 chilometri... I capannoni sono (IMU) le cedono... In tal modo gli polazione, per giustificare una ne- troppi, nel 2009 le compravendite immobili divengono rubinetti per cessità di espansione dell’edificato sono crollate del 15,9%, il prezzo è l’erogazione o l’emungimento di di nuova costruzione, ignorando sceso a 546 euro al metro quadro. risorse finanziarie... La crisi reale le possibilità di recupero di volu- Non li vuole più nessuno, molti partita nel 2001 e curata con una metrie all’interno del patrimonio sono vuoti, sfitti, abbandonati. Solo impressionante espansione dei edilizio esistente in disuso. nella provincia di Treviso sono uno mezzi finanziari a livello globale, ha su cinque”. prodotto la crisi finanziaria inne- Comuni poveri scatasi negli USA all’inizio del 2008 o poveri Comuni? Dietro il consumo del suolo le per l’eccessiva quantità di collate- La necessità di “fare cassa” da grandi scorpacciate finanziarie rali accettati sull’immobiliare... La parte dei Comuni, spesso impo- Ma quali dinamiche sono interve- crisi finanziaria si è rapidamente veriti dai continui tagli alla spesa nute nel consumo del suolo degli diffusa nei Paesi ad economia pubblica, fa sì che la negoziazione anni recenti? Da una parte un in- sviluppata con criticità di finan- con gli immobiliaristi si traduca in contro tra interessi pubblici e pri- za pubblica o con altre fragilità permessi a urbanizzare pressoché vati, dove il pubblico a fronte degli strutturali, ed è andata a colpire indiscriminati e frettolosi, a fronte oneri di urbanizzazione ha trovato anzitutto i settori dell’immobiliare di un cospicuo introito rappresen- più conveniente espandere la cit- e del credito, con un aumento della tato dagli oneri di urbanizzazione, tà piuttosto che riprogrammarla. avversità al rischio che si è intera- e in seguito dalla tassazione or- Un altro fattore è stato l’aumento mente trasformato in sovraccosti dinaria (IMU, TARSU, ecc.). Un della dotazione pro capite di patri- finanziari ed in un crollo dei mutui meccanismo capzioso di gestione monio edilizio come espressione immobiliari.” (Ombuen 2013). della cosa pubblica che certo porta di benessere. “Ma la più recente L’interessante articolo di Gabriele vantaggi immediati (disponibilità e impattante causa di consumo di Salari comparso sul sito di Repub- finanziaria), ma che non comporta suolo per usi edilizi deriva dalla blica nell’agosto 2012 fa riflettere alcuna strategia a lungo termine ed necessità del sistema finanziario su un’economia totalmente dipen- alcun bene per le generazioni futu- globale di costituire consistenze dente da fenomeni speculativi: “La re, dato che una volta urbanizzato patrimoniali che diano riscontro nostra economia incentrata sul Pil il territorio o occupato di costru- reale alle gigantesche dimensioni ha visto nel settore delle costruzio- zioni, siano essere residenziali o oggi raggiunte dall’economia di ni un suo punto di forza e l’ultimo produttive, queste rimangono inat- carta, di un ordine di grandezza decennio non ha fatto eccezione, tive o invendute per anni in attesa superiore allo stesso Pil mondiale. anzi: il 2007 è stato il nono anno della crescita economica, che non La progressiva finanziarizzazione consecutivo di sviluppo del settore c’è, e della ripresa del mercato im- del settore immobiliare edilizio, in Italia, qualificandosi come l’anno mobiliare. Il suolo, tuttavia, è perso un tempo tipicamente anticiclico, in cui i volumi produttivi hanno irrimediabilmente. lo sta trasformando in strumento raggiunto i livelli più alti dal 1970 Il bisogno di abitazioni ad un costo principe di patrimonializzazione ad oggi”. sostenibile, inoltre, rimane irrisolto delle rendite finanziarie... Nei paesi Questa analisi ci aiuta a compren- come chiarisce questo passaggio a più elevata finanziarizzazione la dere il fenomeno della continua del Dossier di Legambiente del rinegoziazione dei mutui immobi- immissione sul mercato di nuove 2010: “... si è continuato a costru- liari è divenuta un sistema di di- aree edificabili, anche in fasi de- ire senza soluzione di continuità stribuzione della ricchezza, andato mografiche di stallo, dovuta ad migliaia di abitazioni, che con una ad alimentare i consumi. Per via una pianificazione che spesso va a dinamica di prezzi che prescinde finanziaria i proprietari immobiliari sopradimensionare notevolmente totalmente dai costi di costruzione ricevono risorse, e per via fiscale le previsioni di crescita della po- (nell’ordine di 4 a 1) hanno per- 28 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

messo di far guadagnare moltis- simo proprio da una fame di case che non trova risposta. Ma c’è un’altra questione da affrontare che riguarda la pessima qualità dell’edilizia costruita negli ultimi 15 anni. Una delle ragioni della quota crescente di nuovi alloggi invenduti sta anche qui, proprio nelle dinamiche dei prezzi che consentivano di rendere vantag- gioso per l’imprenditore qualsiasi tipo di intervento e di qualsiasi qualità edilizia, tanto nel tempo i Città Fiera alle porte di Udine. Il più grande centro commerciale della Regione, prezzi sarebbero saliti. L’attenzio- in continua espansione, rappresenta una progressiva gemmazione di spazi ne alla qualità del progetto, all’uso coperti e asfaltati, senza una strategia progettuale che unifichi o ottimizzi i corpi architettonici esistenti. di materiali e tecnologie viene a pesare talmente poco nel deter- minare il prezzo finale dell’edificio che è stata di fatto trascurata”.

È nuovo, eppure già cade a pezzi! Sempre l’illuminato Dossier di Le- gambiente ci fa riflettere sull’arre- tratezza del nostro settore edilizio: “Il problema italiano è che mentre in tutta Europa si guarda a come innovare questo settore, da noi si continua a costruire brutti edi- fici arretrati da un punto di vista tecnologico, in un dibattito che prescinde dai problemi. C’è una ragione precisa dietro i dati sui Strada SS 13 km 195 VI. L’immagine rappresenta un evidente stato di livelli di insoddisfazione dei citta- fatto: la statale trafficata da camion e auto, e l’autostrada vuota, dimostrano come perlomeno per il tratto - l’autostrada sia attualmente dini italiani rispetto alle abitazioni sottoutilizzata. Ciò dovrebbe far riflettere sugli attuali progetti di potenziamento di in cui vivono, e sta nell’assenza di tale arteria, previsti con il proseguimento della Cimpello- fino a Gemona. una vera strategia di riqualifica- zione del patrimonio esistente, di come quello delle detrazioni sulle “nero” rimane imbattibile e i con- demolizione e ricostruzione per ristrutturazioni edilizie (il cosid- trolli mancano), e riguarda singoli ripensare anche gli spazi urbani. detto “36%”), che ha permesso di interventi di privati che hanno un È su questo tipo di interventi il realizzare interventi su ben 4 mi- certo livello di reddito”. ritardo più rilevante rispetto agli lioni e 100 mila abitazioni. Ma che altri Paesi europei. Di positivo ad esempio non ha mosso nulla nel Intanto all’ estero... c’è il successo di uno strumento Mezzogiorno (dove il prezzo del I vicini francesi dispongono di un TIERE FURLANE • 29 17 | TERRA FRIULANA

registro nazionale dei consumi di dello condizionale chiamato SCOT giungere un accordo e approvare suolo aggiornato annualmente. (Schéma de la Cohérence Ter- il piano d’inquadramento terri- Per il contenimento dell’espansio- ritoriale), vincolando i comuni di toriale, altrimenti quelli situati a ne urbana hanno attuato un mo- una agglomerazione urbana a rag- meno di 15 km da centri urbani di almeno 50.000 abitanti o dai litorali, non potranno realizzare interventi rilevanti di urbanizza- zione di nuovi territori di frangia, o realizzare grandi superfici com- merciali. L’intento di queste re- gole è anche quello di indirizzare verso una progettazione accurata del fronte urbano col compatta- mento delle nuove urbanizzazioni, dedicando attenzione particolare alle “linee di contatto” fra spazi urbani e spazi naturali e agricoli, trattate come “limiti” all’urbaniz- zazione, come spazi di transizione e di valorizzazione reciproca fra Branco-, lottizzazione commerciale-direzionale. Esempio tipico di città e natura, da progettare ac- realizzazione per la “messa a reddito”. L’edificio sorge in un area paesaggistica curatamente. (Gibelli 2011). La a sud dell’abitato di Pagnacco, lungo la strada che porta al raccordo Udine Legge Chevènement del 1999, Nord. Il lungo fronte continuo e la planimetria dell’edificio fanno pensare ad una progettazione volta a massimizzare la capacità insediativa del lotto. Gli elementi impone sostanzialmente di piani- architettonici di facciata, che richiamano forme vagamente storiche o feudali, non ficare attraverso l’intercomunalità cercano alcun dialogo con il territorio circostante. volontaria, attuando un modello cooperativo, creando organismi superiori di governo del territorio intercomunale per realizzare pro- getti integrati e solidarietà fiscale. L’obiettivo di progettare con cura e compattezza il fronte urbano è stato perseguito anche in Olanda con il Quarto documento strate- gico nazionale di Inquadramento delle Politiche spaziali (Fourth Report on Spatial Planning Extra), approvato nel 1993, che individua 25 aree metropolitane prive di competenze in pianifica- zione dove, tramite accordi multi- livello tra stato e municipalità, si L’obiettivo del fotografo poeta ha voluto cogliere l’effimero rosso dei confenons, mira alla definizione del margine inefficace baluardo alla difesa di un prezioso paesaggio. Malgrado il noto detto, dopo il passaggio di Attila l’erba riprese a crescere, dopo l’asfalto e il cemento urbano compattato in continuità non sarà più possibile... Fotografia di Claudio Mattaloni. con il tessuto cittadino esistente. 30 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

Reale e percepito

C’è una temperatura reale, oggettiva, quella misurata dal ciò sparisce dietro una cortina di scatoloni in cemento. termometro e c’è una temperatura “percepita”: il vento, Ti hanno tolto un pezzo di quella che si chiama “qualità ad esempio, incide sulla nostra sensibilità, indipenden- della vita”, e senza alcun risarcimento. E sacrificando un temente dai gradi che segna il mercurio. ambiente, anche visivo, che avrebbe potuto avere ben Così c’è un consumo di suolo reale, quello misurato in altre potenzialità. ettari distrutti (per sempre!), e c’è un consumo di suo- Il bello di stare in Friuli, e non in periferia di Milano, era lo percepito. Il secondo è di ordine più qualitativo che tutto lì. Quei quattro capannoni sono pochi metri quadrati quantitativo, ma è quello che più colpisce il cittadino, rispetto alla superficie della nostra pianura, ma ti hanno l’uomo della strada. cambiato la vita. Il consumo reale, numeri alla mano (è quantificabile) ri- Si può vivere senza la corona delle Prealpi negli occhi? sulta perlomeno preoccupante, ma il consumo percepito Senza poter vedere prati, boschetti, siepi, ruscelli, pioppi è quello che ha maggior impatto visivo, oltre che sulla e querce? Certo che si può, ma è una vita diversa, da psiche di chi perde i punti di riferimento nel paesaggio tutti considerata di qualità inferiore. quotidiano. Vogliamo trarne una morale? Per anni, andando al lavoro vedi la splendida corona delle nostre Prealpi e un giorno, di punto in bianco, tutto EC

Il progetto VINEX attuato tra il coppie con figli. Ulteriori elementi capoluoghi di provincia e dai di- 1995 e il 2005 vede la partecipa- prescrittivi riguardano le funzioni stretti industriali si è sovrapposto, zione statale nei costi di acquisi- insediabili e le quote rispettive, le nel corso degli anni, un tessuto zione delle aree, come nel finan- cessioni gratuite al comune, i cri- edificato sparso attestato lungo ziamento di bonifiche e trasporti, teri di fattibilità economico-finan- le principali vie di collegamento. con la sinergia di sei ministeri, ed ziaria, le garanzie di trasparenza Questo tipo di urbanizzazione, uno standard di alloggi sociali fis- per bandi e procedure di assegna- distribuita soprattutto nelle vaste sato al 30%. Fra il 1995 e il 2004 zione... modello molto virtuoso, aree di pianura, si è sviluppato nelle aree VINEX sono state rea- poiché premia gli operatori privati rapidamente con un massimo nel lizzate 828.145 nuove abitazioni portatori di interessi produttivi trentennio del boom economico in quartieri compatti, misti, ben (le imprese di costruzione) anzi- (anni Cinquanta-Ottanta), mentre accessibili al trasporto pubblico e ché gli interessi patrimoniali dei nelle aree montane si è assistito ad immediatamente adiacenti al tes- grandi gruppi immobiliari; e per- uno spopolamento, anche a seguito suto della città. ché garantisce alla ‘città pubblica’ degli eventi sismici, ed una minore In Germania, a Monaco, già dagli mediamente il 30-33% del valore intensità insediativa. anni Novanta si è attuato un mo- realizzato attraverso il processo di Le informazioni disponibili confer- dello partenariale a forte regia trasformazione...” (Gibelli 2012). mano una crescita delle superfici pubblica; questo prevede che impermeabilizzate. I dati dell’Istitu- almeno il 40% delle abitazioni re- Mentre in Friuli... to superiore per la Protezione e la alizzate dal privato sia di “... edi- Nella nostra Regione il consumo Ricerca ambientale (ISPRA), sulla lizia sociale o di edilizia ‘modello di suolo si può sintetizzare come base delle analisi di Corine Land Monaco’, dedicata cioè a locatari un modello di urbanizzazione Cover, concludono che l’incremen- o acquirenti a reddito medio o estensivo, per cui alle grandi po- to di superficie artificiale nei tre medio basso: priorità alle giovani larità insediative costituite dai periodi di rilevamento,1990, 2000 e TIERE FURLANE • 31 17 | TERRA FRIULANA

Strada-mercato tra Udine e Tricesimo, meglio nota come Tresemane. Una strada che è cresciuta esponenzialmente grazie al commercio, ma che ora è in sofferenza proprio a causa della crisi che ha colpito questo comparto. Nei dieci chilometri presi in esame in un recente studio dell’Università di Trento sono stati rilevati 2.362.000 metri cubi di capannoni produttivi o commerciali e 47.260 metri lineari di recinti e 1.127.000 metri quadrati di superfici impermeabili e 952.000 metri quadrati di frammenti inedificati interclusi (Messaggero Veneto 25 maggio 2013). Si veda anche il contributo, dal significativo titolo, di Paola Cigalotto e Mariagrazia Santoro Il Paese dei Balocchi, Tiere furlane, n. 11, 2011.

2006, è pari al 6,73% del totale. tura territoriale regionale, che per tale; si veda la tabella n. 1), vanno Al tempo stesso le superfici con- il 42,5% è costituita da aree alpine a confermare lo stato di emergenza cesse per nuove costruzioni ed e prealpine (con popolazione resi- già evidenziato in altre Regioni ed ampliamenti è pari, tra il 1995 ed dente esigua, pari al 5,83% del to- in generale a livello nazionale. il 2006, a 21 kmq, con il dato per le nuove edificazioni residenziali estremamente elevato: quasi 10 Montagna Collina Pianura milioni di metri quadrati. Popolazione per area 5,83 36,26 57,91 La stima effettuata da Legam- altimetrica % biente, correggendo i dati di CLC, mostra come nel 2010 si Superfi cie territoriale per 42,5 19,3 38,1 sia arrivati verosimilmente ad un zona altimetrica % consumo di suolo pari al 9,4%. Tabella n. 1. Popolazione e struttura territoriale del Friuli-Venezia Giulia (2005). Ela- Questi dati rapportati alla strut- borazione Legambiente su dati ISTAT. 32 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

È recentissima inoltre una pesante novità riguardante la delicata area del Campo di Osoppo già occupata da 2.316.125 mq di costruzioni in- dustriali. Citando Vittorio Battigel- li, in un recente articolo comparso su il Fatto Quotidiano on line, Pa- olo Berdini mette in guardia sull’i- nutilità di ulteriori ampliamenti ex novo. Afferma l’architetto Battigelli nell’articolo: “... con l’ampliamento previsto di 815.000 mq si raggiun- gerà una estensione di 3.131.125 Area degradata all’ingresso di ; si trova ai margini della zona mq. Attualmente la zona è sottouti- industriale e di un’ampia superficie perfettamente urbanizzata che, negli lizzata con una superficie edificata intendimenti, avrebbe dovuto diventare una zona artigianale di 345.000 metri di 441.841 mq, la nuova estensione quadrati (Messaggero Veneto, 15 maggio 2013). Il posto era occupato da terreni prevista permetterebbe la costru- agricoli di non spregevole estetica che ben si sarebbero prestati ad accogliere il visitatore della Città Ducale. zione di capannoni per 1.292.457 mq, triplicando così la superficie Più in dettaglio vediamo che il nizzazione sulle città di Trieste ed coperta realizzabile rispetto a territorio regionale è pari a circa Udine, che presentano un notevole quella esistente. Adottando un 785mila ettari; di questi, nel 2000, incremento delle superfici comu- rapporto di un occupato ogni 200 le aree agricole ammontavano ad nali impermeabili raggiungendo e mq si avrebbe la possibilità di inse- oltre 271mila di ettari, le aree na- superando un terzo della superficie diare attività per una occupazione turali classificate in boschi, vegeta- totale. di 6.400 unità sui 1.700 occupati zione arbustiva ed erbacea, vege- Riassumendo dalle tabelle del rap- oggi presenti: una dimensione del tazione rada, a oltre 423mila ettari, porto ISPRA 2009 si evince che il tutto insostenibile e sovradimen- mentre le superfici urbanizzate a suolo urbanizzato tra 1980 e 2000 sionata per il territorio in cui la zo- quasi 70mila ettari (Catalogo dei è aumentato, con un incremento na industriale è collocata. Questo dati ambientali – progetto Moland; percentuale da 8,1% a 8,9%, di senza considerare il recupero delle www.irdat.regione.fvg.it). 5.776 ettari, una superficie pari a strutture e infrastrutture che la Nel ventennio 1980-2000, le aree due volte la città di Udine. Gior- recessione economica lascia inuti- agricole sono state quelle che nalmente nel ventennio esaminato lizzate! Si sostiene, verso l’opinione maggiormente hanno subito una l’incremento urbano è stato di 8.000 pubblica, che l’ampliamento porte- diminuzione di superficie con una mq, equivalente a circa 3 volte rà nuova occupazione, ma se questi riduzione del 1,9%, pari a 5.400 piazza Unità d’Italia a Trieste ogni sono i numeri c’è una sproporzione ettari di superfici irreversibilmente settimana, ed una velocità di ur- tra la sostenibilità occupazionale e urbanizzata. banizzazione pro capite di 2,5 mq/ la tutela della salute e dell’ambien- Il danno è avvenuto anche a carico abitante/anno. Conseguentemente te”. Mentre nel 2009 la Regione di 474 ettari di superfici naturali, il suolo agricolo consumato nello aveva sospeso l’approvazione della delle quali oltre 247 erano boschi, stesso ventennio è pari a 6.482 etta- Variante urbanistica presentata e oltre 2.200 ettari naturali sono ri passando dal 35,4% al 34,5% (pa- dal Comune di Osoppo chiedendo divenuti agricoli. ri a -2,2 città come Udine) ed una maggiori motivazioni, poche setti- I dati ISPRA del 2009 mettono in diminuzione pro capite delle aree mane fa [scriviamo nell’aprile 2013, luce anche un forte carico di urba- agricole di 2,8 mq/abitante/anno. NdA] è giunta la notizia di questa TIERE FURLANE • 33 17 | TERRA FRIULANA

inversione di tendenza che getta di ogni singolo cittadino, la sua co- una luce preoccupante sul futuro modità e accessibilità ai servizi, alla BIBLIOGRAFIA e sulla salubrità di quest’area, cultura, nonché il diritto ad avere prossima agli abitati, già pesante- una casa dignitosa in uno spazio Berdini 2009 = Paolo Berdini, Il consumo di suolo in Italia 1995 - 2006, http://www. mente compromessa. urbano vitalizzante. In Italia sem- ambientebrescia.it/SuoloItalia2009.pdf bra impensabile il superamento dei Di Simine 2009 = Damiano Di Simine, Le di- Conclusioni microegoismi dettati da ogni picco- mensioni del suolo, risorsa naturale e bene comune, in Osservatorio Nazionale Da questa riassuntiva indagine sul la realtà comunale, laddove per un sui Consumi di Suolo - PRIMO RAPPORTO territorio è emersa una alta vulne- feudale senso di campanilismo cia- 2009, a cura di INU, Legambiente, Dipar- timento di Architettura e Pianificazione rabilità del nostro patrimonio pa- scun Comune in competizione, mai Politecnico di Milano. esaggistico, messo in discussione in sinergia con i vicini, provvede da Dossier Legambiente 2010 = Un’altra casa?, da interessi pubblici e privati volti sè e per sè alla solita zonizzazione Dossier Legambiente, 15 luglio 2010. Floccia e Iacomini 2012 = Floccia F., Iacomini non al soddisfacimento strategico a macchia di leopardo; ciascuno C. (a cura di), Programma RE MO. Rete a lungo termine dei bisogni della con orgoglio definisce la propria nazionale monitoraggio della biodiver- sità e del degrado dei suoli, Roma, ISPRA, collettività, ma spesso indirizzati area produttiva, la propria espan- Quaderni – Natura e biodiversità n. 4/2012. verso progetti di immediato utile sione, ecc., ed ora financo i “Parchi Gibelli 2011 = Maria Cristina Gibelli, Il conte- finanziario, e tuttavia incapaci commerciali”, stolido eufemismo nimento del consumo di suolo in Europa: buone pratiche, da L’Italia mangiata, di sostenere il confronto con un alla moda. Sembra impensabile Convegno di Italia Nostra, Roma, 25 no- sistema globale in cambiamento consorziarsi o unificare il soddi- vembre 2011. Gibelli 2012 = Maria Cristina Gibelli, Governa- costante, caratterizzato da trasfor- sfacimento dei propri standard di re l’esodo urbano e il consumo di suolo. mazioni economiche più rapide di sviluppo creando, ad esempio, una Perché ? Come? in Bonora P. (a cura di), Visioni e politiche del territorio. Per una quanto il nostro territorio possa zona industriale intercomunale, nuova alleanza fra urbano e rurale, Qua- evolversi nell’assorbirle. Occorre meglio se situata vicino ad uno derni del Territorio n. 2, 2012. quindi pensare a tutti i livelli ad snodo di transito ferroviario, fon- Ombuen 2013 = Simone Ombuen, Per bilanci dell’uso del suolo, in Atti del Convegno Il una regolamentazione del pa- damentale per alleggerire il territo- consumo di suolo, lo stato, le cause e gli trimonio delicato e unico di cui rio dall’intasamento del traffico su impatti, Roma 5 febbraio 2013. Panizza 1988 = Mario Panizza, Geomorfolo- disponiamo, ad una fondamentale gomma, e meglio ancora se servita gia applicata, Metodi di applicazione regia inter-comunale di piani- da una rete di trasporto pubblica alla Pianificazione territoriale e alla Valutazione d’Impatto Ambientale, NIS, ficazione sull’esempio di ormai intercomunale efficiente, che con- Roma, 1988. consolidati e validi modelli esteri. senta ai lavoratori la mobilità verso Si consigliano, inoltre, gli Atti del Convegno Il Dal confronto con questi ultimi, il luogo di lavoro senza ricorrere al consumo di suolo, lo stato, le cause e gli im- patti, Roma 5 febbraio 2013. In Tiere furlane, infatti, emerge che negli Stati a mezzo privato. La crisi immobiliare n. 11, 2011 si veda Il Paese dei Balocchi di forte coesione nazionale il senso che ha lasciato vuote recentissime Paola Cigalotto e Mariagrazia Santoro. del patrimonio indivisibile del Pa- realizzazioni tanto residenziali che ese rende pensabile una strategia produttive rende lampante l’inso- SITI WEB CONSULTATI: coordinata fra le singole municipa- stenibilità del modello di sviluppo lità; laddove l’interesse per la cosa finora perseguito. www.arpa.fvg.it pubblica coinvolge tutti si guar- www.fondoambiente.it da oltre il limitato recinto delle Ringraziamento www.inchieste.repubblica.it competenze comunali per creare Ringrazio con riconoscenza l’arch. www.corriere.it sovrastrutture strategiche che Paolo Martina per l’aiuto nella ri- www.irdat.regione.fvg.it mettono in primo piano l’interesse cerca delle fonti utilizzate. www.ilfattoquotidiano.it

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Enos COSTANTINI Place-Names in Friûl Dedicât ai Furlans di Toronto Dedicated to the Friulians of Toronto

Place-names are used to identify once past Selvate, you can see dian place-names (e.g. Ontario, a place (if I go to the market Surisins; to get there more Ottawa, Québec, Toronto and of Maniago I do not go to the quickly you take the path called itself) are those that the market of ) and Traversagn that begins at the settlers learnt from the Native to establish landmarks in the Fontane Rosse (Red Spring…). Americans, who were content to landscape (if you want to go to These are traditional place simply adapt the pronunciation to the village of Surisins through names; today one would have the sounds of their own language. the Riul di Marcuç, you go up to cope with names of streets When the Romans occupied Friuli the Stentaria and reach Pecol and squares, but also of super- they kept the names that had dai Cjarpins, then you go markets, flyovers, petrol sta- been created by the populations down through Cjastenêt and, tions, etc. that, before them, had inhabited People have had to “invent” these places, e.g. Udine, Osoppo, place-names for practical Gemona, Tagliamento, Isonzo are This photograph by Dario Di Gallo reasons and have, obviously, certainly not names. Poffers a lovely picturesque glimpse done so in their own language. Since the Romans widely colo- of the Friulian . The name Thus ancient Romans, who nized the territory they, in turn, Dolomites is recent and can be traced back to the end of the 18th century, spoke Latin, called a junction had to create many place-names when the French geologist Déodat of four roads a Quadruvium, and we can say that in Friuli a Gratet de Dolomieu (1750 - 1801) the place that for us today number of small towns, rural studied the rock formations of the Tyrol and of the Trentino. He described, is / Codroip, while centres and villages have Latin particularly, the ones that were to be Tricesimum is the thirtieth names that, in most cases, are named after him, that is, the dolomite mile (from ) and is now those of the Roman settlers. rock. It is from this rock that the mountains later got their name. known to us as Tricesimo / Tre- Obviously, the populations who In the foreground you can see a larch, sesin. arrived after the Romans and in Friulian làris, a tree after which many It must also be said that in who spoke Germanic and Slavic places in our mountain areas have many cases a ‘ready-made’ languages also left place-names: been named, such as, Pala dai Làris “The Slope of the Larches” in Avasinis, place-name has been adopted there is thus a ‘stratification’ Crete dai Làris “The Rock of the and this, for the most part al- which comes from a very distant Larches” in , Cuesta dai Làris though not only, with important past down to our times. ‘’The Mountain slope of the Larches” in Cavazzo, Laraséit ‘The Place of the names such as important towns It is therefore better to go in or- Larches” in , etc. and big rivers. So many Cana- der starting from earlier times. 36 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

The fog clears up a little The fog clears up a little, but just a very little bit, when we deal with the place-names created by the Celtic populations who lived here before the arrival of the Romans. We know absolutely nothing of the Celtic language spoken in Friuli, but scholars, thanks to the knowl- edge of the languages of the same language group, have managed to establish that names like Vendog- lio / Vendòi in the municipality of , Vendasio / Vendâs As far as Osoppo is concerned, a scholar has said that the name is not Celtic, nor in the municipality of Tricesimo, Latin, nor German, nor Slavic and so it is easier to say what it is not rather than Tagliamento, Gemona / Glemone what it is... could be of Celtic origin. Both Vendoglio and Vendasio con- Mysteries word aur that meant ‘water’ but, tain the vindos ‘white’, Nothing is known of the languages quite frankly, we prefer it to re- Tagliamento means ‘river that spoken in Friuli before the arrival main a mystery rather than explain swells with water’ and Gemona of the Romans. Some place-names it like this: mysteries are more fas- ‘rounded crown or hilltop’. like Udine and Osoppo / Osôf will cinating. probably always remain a mystery. As far as Osoppo is concerned, there is a scholar who has made a serious statement: the name is neither Celtic, nor Latin, nor Ger- manic, nor Slavic and so it is easier to say what it is not rather than what it is... Only assumptions can be made, too, for names like Venzone / Vençon and Aurava / Dogràva: scholars have tried to explain them with words that perhaps belonged to languages so far back in time as to be virtually unknown. For ex- ample Venzone, once spelt Aven- tione, could come from av- that meant ‘water’, but it is not known in which language, nor when this language was spoken in Friuli. The same can be said for Aurava: it is Some Celtic names seem to offer a glimpse of a possible toponymic meaning and said to derive from the ancient the fog begins to clear... TIERE FURLANE • 37 17 | TERRA FRIULANA

Carnia The historical name of the Alpine area of Friuli clearly derives from the name of the population Galli Carni documented many times by classical sources. On the Celtic ori- gin of this ethnic group the ancient people had no doubts and even the name seems to be ancient, as proved by comparisons with other Celtic regions or regions under Celtic influence in : the Carnutes or Carnuntes popula- tion of central Gaul (with the cen- tre Carnunti, now Chartres) and the name of the town of Carnun- tum near Vienna. Two assumptions can be made on the meaning of this population’s name. The Gallic term carnu ‘horn’ could have determined the name of ethnic groups whose war- The landscape of the Roman centuration at the time of the ancient Romans. The scattered houses that we can see in the drawing were inhabited by colonisers riors (also in non-Celtic popula- who gave their names to the place once it became a village. For example, tions) often used to wear such indicates that there lived a certain Flavius. In the foreground we can see emblems on their headdress. the lands, collectively owned, used for grazing: from their Latin name we have the Friulian name Comugne that still remains in many place-names. Settis S. (editor), Another term that is established Misurare la terra, Panini, 1993. in all Celtic groups is carn(o) ‘heap of stones’: this is certainly territory. These have been ‘ration- however, a simple ‘trick’ that one of the many loans from pre- al’ modifications, aimed at using helps us to understand, with a Indo-European languages such as the land for agricultural purposes probability of 90%, if a name was Basque or Ligurian. The semantics to its full potential, without reck- generated in Roman times: when of this second hypothetical basis less destruction and with a real a place-name ends in of the name will inevitably remain mastery in tracing roads, ditches, -àn (-ano in Italian) we can be uncertain: it may indicate those rows of trees. Traces of Roman almost sure that it was created in who live ‘among the rocks’ (in the roads and of the same Centuriation Roman times. mountains), those who are ‘as hard can still be seen. There are many such names: Avi- as rocks’ or could be explained, It is thanks to place-names, how- ano, Azzano, Barbeano, Borgna- as it often was, with ancient and ever, that we can understand how no, Brazzano, , Cusano, unknown myths concerning origin strong the impact of Roman civili- , Flaibano, Magnano, Ma- and foundation. zation has been in Friuli. jano, Manzano, Mariano, Morsano, We have already spoken about , Pasiano, Papariano, The Flavius Farm Latin names such as Codroipo and Pinzano, Ranzano, Rodeano, Sa- The Romans are the people who, Tricesimo, but we could add other vorgnano, , Sedrano, because of very intense land use, names such as Coderno, Concordia Sevegliano, Togliano, , have mostly modified the Friulian Sagittaria, etc. We will explain, Valeriano, etc. 38 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

Each one of them carries the Other names of people has become Martignà, Breçà, name of a Roman colonizer. Not all Latin names of people gave Cussignà, Cjaurià, Cjargnà, Ancient Romans were greatly names that end in -àn (in Italian Cjarvà, Cjassà, Dedeà, Deveà, tied to the land and their highest -ano). For example Plasencis, in Faugnà, Fraelà, Laibà, Leçà, aspiration was to have a farm of the municipality of Mereto di Tom- Lipà, Luvinà, Lumignà, Luse- their own. Thus, when a Roman ba, could derive from the woman’s rià, Montegnà, Nanarià, Pagnà, finished his military service he name of Placentia, like the more Poperià, Primulà, Roscjà, Segnà, received a farm, in a conquered well-known town of Piacenza in Sià, Tavagnà, Urbignà, Vergnà, land, from the State. The farm the Region of Emilia. Zeà, Zerà, etc. took the farmer’s name, for ex- Martinazzo, in the municipality of Is it not lovely music? ample, Flavius’ farm was called Cassacco, comes from the name , who love double conso- fundus Flavianus and from Martino, but we cannot know in nants and at the end of Flavianus comes the name Flai- what period the name was formed words, make them end in -acco. bano. The place where Mursius because this first-name has been in Also Manià / Maniago belongs to lived has become Morsano; where continuous use from Roman times this series, but its written form Malius lived has become Maiano to the present day; we can only say is influenced by Venetian, thus it and it is easy to understand that that it is previous to the fourteenth ends in -ago and not in -acco. the name Valeriano comes from century because the first evidence In general, these place-names are Valerius. We could continue with of its use is dated 1342. formed by the Latin name of a per- a number of other names, but it son, but they could also be names would be a boring list, instead, A drop of Cognac of “indigenous” people that have we shall leave you with the town Cognac is a liqueur known to eve- been Latinized. signs along our roads that show rybody that takes its name from Consequently, what does Maniago the names of towns and villages: a small French town. There were mean? Maniago means “the place now they can give you informa- Celtic populations living in where Manilius lives” and the tion that, before, was unexpect- who, to indicate a place where original pronunciation was prob- ed. someone lived, used the suffix -àc. ably Maniliac, later becoming Thus Cognac is the place in which Manià and “formalized” in the a certain Connius lived. Venetian form of Maniago. There were Celtic populations also Also Istrago / Distrà, ends like living in Friuli who, to indicate a Maniago / Manià, thus its written place where a certain Martinius form is influenced by Venetian (it lived, pronounced it Martiniac, was probably originally the propri- from which the name of the village ety of a certain Histrius). of . Place-names with Let us not forget that Friuli was the Celtic suffix -àc are very fre- under the rule of from 1420 quent in central Friuli (Brazzacco, to 1797. Caporiacco, Cargnacco, Carvacco, Cassacco, Fraelacco, Laipacco, Many names from trees Leonacco, Loneriacco, Lumignac- What’s the Friulian for “a place co, Montegnacco, Pagnacco, Ta- where there are a lot of stones”? vagnacco, Urbignacco, Ziracco, Clapêt, from clap “stone” with etc.). Friulians, who do not like to the addition of the suffix -êt that The small church of San Martino in Martinazzo in the Municipality of waste their breath, have shortened is used when we want to indicate Cassacco. the sound and the pronunciation an abundance of something. So, a TIERE FURLANE • 39 17 | TERRA FRIULANA

place where there are many reeds Vencjarêt / Venchiaredo. will be called cjanêt (from cjane We can add that also Merêt / ‘reed’) and this corresponds to the Mereto was often written Meredo. Italian “canneto” and to the Eng- Italians, as we have said, like lish reed thicket. Hence we can double consonants and like to understand that the Friulian -êt make words end with a , so becomes -eto in Italian. here is a list of names that end in In effect Merêt, a town in the -etto, while in correct Italian they centre of Friuli, in Italian is called should end in -eto: Mereto. What does this mean? Paulêt / ; It means “the place of the apple Naiarêt / Noiaretto; In this 1702 drawing that concerns trees”, from Melarêt, which, in Frassenêt / Frassenetto; Mereto the name of the village is turn derives from melâr ‘apple Modolêt / Modoletto; written Meredo: the end of the word -edo is a clear spy of the Venetian tree’, later abbreviated in Merêt. Sarsêt / Ceresetto; influence in the written forms of many Evidently there were many apple Valpicêt / Valpicetto place-names. trees in this area when someone, Most of these names were gen- we will never know who, went to erated in the , and Noiaretto ‘walnut’; live there and wanting to give a maybe even earlier, so not all of Ornedo ‘flowering ash’ name to the place, drew inspira- them can be explained with the Povoletto ‘poplar’; tion from the vegetation. Friulian language. If for Cjar- Rauscedo ‘reed’ There are other towns that are panêt / Carpeneto and Gnespolêt ‘bramble’ named after trees or shrubs: / Nespoledo the explanation is Roveredo ‘oak’; Cjarpenêt, Colorêt, Frassenêt, easy for a Friulian (the first from Ruscletto ‘bramble’ Gnespolêt, Lavorêt, Modolêt, cjarpin ‘hornbeam’, the second Taiedo ‘lime’; Nearêt / Naiarêt, Paulêt, Sarsêt, one from gnespul ‘medlar’) for Talponedo ‘black poplar’ Taiêt, Talponêt, (Val)picêt, Colloredo we need to turn to the Valpicetto ‘fir’; Vencjarêt... Latin word colurus ‘hazelnut Venchiaredo ‘willow’. Here, too, there is a complication tree’, a plant that in current Fri- If you happen to tour Friuli with due to the influence of Venice. For ulian is called noglâr. Thus if this an interest for curiosities you will example, from Colorêt we expect small town had taken shape only find many names that end in -êt in an Italian form like “Colloreto”, 100 years ago it would have been the countryside and in the moun- because the collective names of named Noglarêt. tain areas. Here are only some ex- plants in Italian end in -eto (meleto Here is yet another list (no more amples: Cjastenêt from cjastenâr ‘apple orchard’, pereto ‘pear or- lists after this) that puts the name ‘chestnut’, Faêt from fau ‘beech’, chard’, noccioleto ‘hazel orchard’, of a place next to the plant it de- Bedoêt from bedòi ‘birch’ and, for vigneto ‘vineyard’, etc.), instead, rives from (we will write the name the rest, it is up to you to enjoy the written form is typically Vene- of the place in its “official” form, such name games. tian, that is, Colloredo. the one that is found in identity There is only one more small com- So we can draw up the following documents and in maps): plication, this time completely Fri- list: Barazzetto ‘bramble’ ulian. The suffix -êt in some parts Gnespolêt / Nespoledo; Ceresetto ‘cherry tree’; of Friuli becomes -éit, in other Lavorêt / Roveredo; Frassinetto ‘ash’; parts -ìat, -ìet, -ìot, so train your Nearêt / Nogaredo; Modoletto ‘Turkey oak’; listening comprehension because Taiêt / Taiedo; Muscletto ‘moss’ you will hear Faéit, Naiaréit, Talponêt / Talponedo; Nogaredo ‘walnut’; Colorìat, Valpicìot, etc. 40 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

In Friuli there are three villages called Colloredo: Colloredo di Montalbano, Colloredo di Soffumbergo and Colloredo di Prato. Their name comes from the Latin colurus ‘hazelnut tree’.

Germanic peoples We know that when the Roman Empire fell many Germanic peo- ples arrived here and something of their names has remained if, near Udine, there are two villages called Godia (from Goti / Goths) and Beivars (from the Baiuvari / Bavarians, a people who gave their name to Bavaria). The Lombards, who arrived here in 568, settled permanently and made Cividale the capital of their first Duchy in , but they did Glimpse of Valvasone. not leave many place-names. In fact they did not create new set- because it could mean ‘the field of Germanic nobility... tlements and therefore did not Arichis’, where Arichis stands for In the Middle Ages the Friulian have to invent toponyms in their the Lombard name of a person. nobility was of Germanic origin language. Perhaps there are excep- Valvasone is not easy to explain, and, as a consequence, we are left tions such as Farra ‘settlement but it is surely of Germanic origin, with names of castles that end in of a family’, Gaio and Giais, both according to some scholar it could -berg, a word that originally meant with the meaning of ‘enclosed derive from two ancient German ‘mountain’ and that later took the place’. words: wal ‘high ground, mound meaning of ‘castle’. Here we would According to some scholars also of earth’ and waso ‘meadow or like to remember Gronumbergo the vast area that lies to the west green’. The meaning could there- ‘the green castle’, Guspergo ‘the of San Giorgio, known as Richin- fore be that of a ‘meadow with auroch (the ancestor of domestic velda, probably has a Lombard mounds of earth’, or that of a cattle) castle’, Soffumbergo ‘the origin or in any case Germanic, ‘meadow on a high ground’. castle on a sharp rise’, Pramper(g) TIERE FURLANE • 41 17 | TERRA FRIULANA

o ‘the castle in a deforested place’, many forts from the When all the Saints... Solimbergo ‘the beautiful castle’ that can be found in Friuli and that Place-names deriving from saints and, obviously, Spilimbergo ‘the in Friulian are called cjastelîrs. go as far back as Medieval times lookout’. Speaking of these cjastelîrs, when and, in some cases, as far as Early the arrived in Friuli they Christianity. They are quite nu- ... and Slavic peasantry referred to them in their language merous because it was quite com- The nobles of German origin (gradišcˇe) and this is how many mon that a village took the name owned lands in areas of present- of the names of the settlements the church around which it was day Austria where Slavic idioms were created: Gradisca di Sedegli- usually built and that when it is were spoken and it is from these ano, Gradisca sul Cosa, Gradisca being built is dedicated to a saint. places that they sent farmers to d’Isonzo, Gradiscutta di , Sometimes, some of these villages work the land they owned in Friuli. Gradiscutta di , Gradischiut- have maintained medieval aspects This explains why in the plains of ta di Faedis. (San Daniele, San Vito al Taglia- Friuli there are villages that have Sometimes the transposition of mento). Slavic names, for example, Belgra- Slavic terms in Friulian or in Italian do ‘the white castle’, Gradisca ‘for- can lead be misleading. For exam- Sanctifications tified place’, Iutizzo ‘desolate area, ple in the name of Santa Maria la The name of San Vito, that we wild’, ‘small land owner- Longa we find the adjective ‘longa’ have quoted, could disguise a pre- ship’, Glaunicco ‘source’, Sclaunic- (long) which brings to mind a vil- vious Latin name, that is, vicus co ‘straw-stack’, Sammardenchia lage that is particularly “stretched that meant ‘village’. There are also ‘foul-smelling (water)’, etc. out” along the road, but this is not other examples of “sanctification” It is, however, in the country that the case. That “longa” disguises that are due to the resemblance of most of the Slavic names are found the Slavic logu ‘wood’. a place-name with that of a saint. (names of meadows, fields, woods, streams, etc.) because the Slavic people arrived as labourers. Within just a few generations they aban- doned their language and passed to Friulian, but they managed to leave many place-names. Logically Slavic names can be found on the border with Slove- nia and among these the one that stands out most is Gorizia, from gorica ‘hill’. The same root is perhaps the source for the names of Goricizza in the municipality of Codroipo and of Gorizzo in the municipality of Camino al Taglia- mento. A more well-known name is Redipuglia that comes from the Lovaria, whose name we start to find in documents starting from the 13th century, and means ‘dry means ‘the place of the wolves’ even though these animals disappeared centuries land’, while comes from ago: place-names persist over time even when the reasons that generated them no longer exist. This is why they are so important for our history. The photograph za gradec ‘behind the fortifica- dates back to the 1950s and portrays a picture of quiet country life: the jaws of tion’, and here it means one of the the wolves are no longer even a memory. Courtesy Cartolnova, Udine. 42 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

What can place-names grove) and I remember the deli- vagnacco and Felettis in the Mu- tell us? cious chestnuts that I used to go nicipality of come from You have understood that place- and pick. The chestnut trees have felét ‘fern’. names can be an interesting disappeared because of a disease Tesis in the Municipality of Vi- journey in the history of Friuli. that nobody has tried to cure varo could come from tese ‘place Since they have the characteristic because the territory has been where birds are captured with of preserving themselves over abandoned. The name, however, nets’. time, even when the landscape remains also on the maps to bear Many place-names are based on and land use change, they can witness to the past of the place. ronc that means ‘place cleared provide information about the means ‘the place of the for crops’ (Ronche di Fontana- changes that have taken place in beech trees’, but there are no fredda, Ronchi di Terzo di Aq- a particular area. For example, more beech trees in the pleasant uileia, Ronchi di , when I was a child, I used to go surroundings of this town, unless Ronchiettis di Santa Maria la with my aunt to the Selva (from they have been planted in recent Longa, in many places a Latin word that means ‘wood’). times for ornamental purposes. and other similar ones). The first time I expected to find The landscape in Friuli has Passons in the Municipality of Pa- big trees and, I must say, also changed drastically in the last 50 sian di Prato is the plural of pas- wolves because nearby there was years and hundreds of similar ex- son ‘pasture/grazing’. a place, my aunt told me, called amples could be made. This is not There are many places called Cjasa dal Lôf ‘wolf’s house’. In only true for the mountain areas. Marsure: the name comes from actual fact I saw only meadows, When I park in a tarmac parking the Friulian adjective mars, a vineyards and irrigation canals. lot of a supermarket I remember term used to indicate very poor The wood and the wolves had that this area used to be called soil, unproductive land. given way to human activities. La Cjaranduce ‘the nice little Savalons in the Municipality of Another example could also ex- hedge’ and there flowed a small is the plural of emplify recent changes in the river known as Riul dal Mulin savalon ‘sand’. landscape. The hill behind my ‘millbrook’ because a little further We want to close this brief review house is called I Prâts ‘the mead- upstream it turned the wheels with Magredo, a Venetian form of ows’ and, in fact, there used to be of the Mulin di Cec ‘Cec’s mill’. Magrêt that comes from the Fri- lovely emerald green fields. Now Hedge, brook and mill have disap- ulian magri ‘lean’, in the sense of there are only bushes and bram- peared, but their names are still ‘poor soil, unproductive land’. bles left because for many years alive among the people and will there have not been any cows in remain so for a long time on the Salét our village and nobody is inter- maps. The word salét / selét in Friulian ested in keeping the green. Just indicates the areas along river- as there is no longer any interest Friulian Words banks where willows grow. Riv- in other kinds of agriculture and Some place-names derive from ers, however, can change course the brambles have invaded the characteristic Friulian terms. So but the name then remains that territory unhindered. But the will be linked to çaup of the farmlands or can become name I Prâts brings to mind a re- ‘trough’ that, in a figurative sense, the name of a village and so we cent past, when my grandmother may have given the name to a find Saletti in the Municipality of used to go there with her sickle stream and then from the stream , Saletto in the Municipality and basket. it may have been passed on to the of and of Morsano A little higher up there is a small village. and Selet in the Municipality of hill called Cjastenêt (chestnut Feletto in the Municipality of Ta- Vito d’Asio. TIERE FURLANE • 43 17 | TERRA FRIULANA

asola ‘isolated house’, the name of at least three villages, respective- ly in the Municipalities of Majano, of and of Chiusaforte. A new house, too, must have left a mark on the landscape and the name remained when the house became old and from this a small settlement was born, for example Casanova of Martignacco and Casanova of Tolmezzo.

Landscape features Not only the houses, obviously, can generate place-names. All The Friulian word grave is of Celtic origin and means ‘gravel’. It has generated the elements of the landscape, many place names and so has glerie which has a similar meaning. be they natural or man-made, can generate place-names. The knowledge of Italian is enough to understand the etymology of Fiume ‘river’. In the case of Fi- ume Veneto the curious adjective “Veneto” was added in 1911, a period in which Friuli was con- sidered to be only an appendix of the Veneto Region. Bureaucratic mistakes. In Friulian Fiume Vene- to is called Vile di Flum ‘river town’. Among the works of men who left place-names we can include Torre ‘tower’ in the Municipality of .

Forgotten Words The word salét / selét in Friulian indicates the areas along riverbanks where Some place-names derive from willows grow. Friulian words that are no longer used. For example Sequals comes The Burnt House and why it was burnt down, from Sot i Cuals ‘under the hills’, Place-names can call to mind it must certainly also have but the word cual is not used past events that have not been marked the landscape and anymore and it has been substi- recorded as history, but that this is probably the reason for tuted by cuel. certainly impressed the locals. which it also became a place- The same can be said for Qualso Casarsa means ‘burnt house’ name. / Cuals that is in the Municipality and we will never know when The same can be said for Cas- of Reana. 44 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

Qualso / Cuals in the Municipality of .

Be Careful hill’, but can I explain the name planation. Rather than say some- There are some practical jokers of Udine like this? Obviously not. thing stupid they prefer to say “I T who like to find the most extrava- There have never been either don’t know”, and they have our full gant origins for our place names. Turanian or Anglo-Saxon popula- approval. They open the dictionary of an tions here. ancient language, for example Old Do not be fooled by these explana- English, they find a word that re- tions, this can be done for fun but sembles a Friulian place name and for something serious trust only Per la traduzione si ringrazia so a place name that is either Lat- the experts. In this difficult field, sentitamente la dottoressa in, or Friulian, or Slavic becomes moreover, not even the greatest Irma Magda Battistuzzi dell’Uf- Anglo-Saxon! experts are the custodians of abso- ficio relazioni pubbliche, Re- If I open the vocabulary of a Tura- lute truth and many names make gione autonoma Friuli-Venezia nian language I can find that ud them give up because they do not Giulia, Udine. in means ‘the town under the have elements for a plausible ex- TIERE FURLANE • 45 17 | TERRA FRIULANA

Emma GUSTAFSON Tales from The Kingdom of Gjave Stropui

Toni Bataino wasn’t used to obey- pebbles, he met his friends who looking from one to the other. ing rules, that you could certainly were playing a new ball game “It’s just that we cannot swim”, say. they had just invented. Gianni said Gianni. However, what one could not say is and Pierino were two brothers of “And I’m afraid of water”, added that he was not a very, very intel- respectively10 and 8; Noni, aged Pierino. ligent boy. 12 was his best friend. Pierino was “What are you not afraid of?” Being only a little boy of 12, he en- the youngest of them all, therefore laughed Noni. joyed playing with his friends until it was only right that he should Toni thought it through and said: late in the evening and especially be the one who carried the bags. “Well, I shall teach you how to swimming in the little lake situated You may think, dear reader, that swim. Jump in”. on the border between his home this was an explicit act of bullying, The little blond boy then consid- town Battaglia and the one right but, in fact, it was not: it was only ered and took a look at the water, next to it. part of the growing process in the full of small waves that came from TIt was a warm summer afternoon small kingdom of Gjave Stropui, the movements of his friends, and and the sun shoned from the high- the reign created by the Battaglia finally dived in without even strip- est point in the sky. The land upon youth, of which Corrado, a boy of ping. In a moment, Toni was right which it beamed was so hot, you 14, was the king. next to Pierino and was holding could bake an egg on it. A perfect After a 15-minute walk under the him by the elbow. Pierino was day for a jump in the Battaglia boiling sun, the four boys reached furiously splashing his hands on Springs. the lake. Toni and Noni quickly the surface with fear, making his He rushed out of his simple stone took off their baggy shirts and instructor back up because of the house with a piece of bread in one jumped into the crystal water. How spray hitting his eyes. hand, his mother hurrying after refreshing was the gentle touch of “Hey, calm down!” Toni yelled. him yelling: “Toni, Toni, make sure the cold liquid on the skin. “Jump “Don’t be a chicken, stop moving you come back at sunset!”. But the in guys!” Noni said to Pierino and your hands!”. And Pierino finally boy was already too far away to Gianni. But the two children said gave himself a break. “So, what hear her. nothing and looked at each other you’ve got to do is, first of all, Walking up the main road, made with suspicion. move your legs one after another up of white dirt and small grey “What’s the matter?” Toni asked and then you can start using your 46 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

hands”. The little boy followed the the child set off, his limbs moving Toni jumped into the water. instructions, his friend still holding uncertainly in the fresh water, to- “Help, I’m drowning!”, Pierino his elbow. wards the bushes. screamed. “Now, put yourself slightly more The sun was setting in the far, far Toni had reached the bushes. He horizontally and draw a big circle west and Toni was slowly heading realised that, in order to free his with your right arm”. Pietrino did home, his wet shirt on one shoul- friend from the trap, he had to go as he was told and drew a half der, old leather shoes in his right under water. So there he took a circle as you would do while swim- hand and a straw in his mouth. It deep breath and went under. His ming. He soon did the same move- had been a long day and Toni was eyes were wide open but he could ment with his left arm. Ad he was so tired, he didn’t even remember barely see. He sprang his arms in amazed by the simplicity of what to go to Sunte’s house to play front of him and, half blinded by he was doing. He felt relieved; now cards like he used to do every the water, grabbed Pierino’s arm he too knew how to swim. And it evening. He was about to cross and pulled him straight out of the was an incredibile feeling. the road when, at a certain point, branches and bushes. Pierino had After more than an hour, Pietrino he heard a distant calling his passed out and poor Toni found was confident enough to let go of name. He suddenly stopped and himself swimming away from the Toni and set off on his first swim- looked around. Yes it was defi- spot with only one arm and with ming adventure. nitely his name and the one call- extreme difficulty. He swam and “I’m out. Noni you look after ing was none other than his friend swam over to the shore and, after Pierino, alright?” Toni told his best Noni. “Toni, what a disaster! Little a minute that seemed like five, friend. What a wreckless thing to Pierino is trapped in the bushes Toni’s hands grasped a handful of do. Leaving little Pietrino in the and cannot get out! That pip- blades of grass right on the shore hands of Noni was like telling a cat squeak just destroyed half of the and he breathed a sigh of relief. to look after a mouse. And, any- corn plants by the end of the lake. Pierino started coughing water way, Noni didn’t seem to have paid You must help!” What a misfor- out of his lungs and, lying on the any attention to his friend’s words, tune, Toni thought. And, irritated humid ground, slowly came back being too busy laughing with Gian- with Noni and Pierino for having to breathing regularly. Lifting up ni who had determinately decided ruined his peaceful walk home, he his head, Toni noticed that there not to enter the water. hurried over the hill towards the were no longer only Gianni and Meanwhile, little Pierino was still lake, with Noni right after him. Noni looking at him, but half of in the middle of the pond. “Well, I Once they had arrived at the the small town of Battaglia was wonder what is down there?” Pieri- pond, the dark night sky, filled there. The priest, the milkmaid, no thought to himself, staring at with white, sparkling stars, had the bar tender (who was also the opposite side of the lake where already taken the place of the Noni’s father) and, God help him, the crops ended in a big ticket by golden lights of a summer dusk. Toni’s mother right in front row. the water. In those places, in fact it Toni and Noni couldn’t see very “Toni, you are a mess! What was not uncommon to find old ru- well. And in the quiet night they should I do with you, always caus- ins of houses, pits and ancient ob- could only hear the squeaky voice ing trouble? Look at what you’ve jects that had once belonged to the of Pierino, trapped in the bushes, done. You destroyed half of the Celts that inhabited Friuli during “Help, I need help!”. He was crops!” Toni looked at her. He Roman times and that were now scared and did not know what to had the peculiar habit of grinning hidden by the mysterious bushes. do. every time someone reproached Naturally, a curious eight-year old Toni jumped into the water that him. However, this time he had to could not but be attracted by hol- had now become quite cold and resist the temptation for his own low places rich in adventures. So had taken on more of a coal color. sake. “Mother, don’t get angry!” TIERE FURLANE • 47 17 | TERRA FRIULANA

Toni started explaining. and his friend did destroy a great Pierino’s house, he would always “No dinner for you tonight, my lit- quantity of crops on the lake bank, be offered a simple grain cookie; tle one. You’re going straight to I think there is no need to punish the milkmaid would no longer ac- bed without one piece of polenta.” them”. Mother looked at the man cuse him of stealing an entire form “Mother, it was not my fault!”. But and then at her son. In the end, of Montasio, the local cheese, and mother would not pay any atten- she hugged her little Toni and said the town girls seemed to have tion to his explanations and took while smiling: “You are going to started noticing him. But the most him by the ear. drive me crazy, you do know that, important achievement was his “It’s true, ma’am!” said little Pieri- right?”. giving weekly swimming lessons no. “It was me who entered the And so that was the day in which and receiving fifty lire from prior bushes and made all the crops fall Antonio Bataino, simple soldier Felice for his efforts. In a month or down. Actually, Toni saved me”. of the majestic Kingdom of Gjave two, Toni had taught all of the kids At that point, the town priest, who Stropui, in the glorious land of of Battaglia how to swim. And they knew Toni was a trouble maker, Battaglia, became the ultimate never forgot it. even though a good child, and was hero among the town’s inhabit- At the end of the day, lying in his aware that Pierino always told the ants. He was now proclaimed First straw bed in his humble house, truth, immediately said: “Well, Knight by king Corrado himself Toni thought to himself: “Will I the boy is a hero! He should be and everything changed. From that ever, ever have a normal day?” And praised! Talie, although your son moment on, every time he went to he fell happily asleep.

TIERE FURLANE • 49 17 | TERRA FRIULANA

Enos COSTANTINI, Sandro MENEGON Palmipedi made in Friûl Oche e razze della nostra tradizione

Se gli avicoli in generale per la loro Le anatre, dette razze nostra regione di questo alleva- capacità di procurarsi gran parte L’anatra, un animale rustico più mento c’è anche la formazione di degli alimenti nelle aie, nei cortili, carnivoro che erbivoro, trovava una razza locale, detta “Friulana” nelle concimaie e nei campi limi- le migliori condizioni ambientali che, pur con alcune varianti, ave- trofi alle dimore rurali, riuscivano a nelle aree umide, lungo i corsi va delle comuni caratteristiche di fornire a buon prezzo uova, carne e d’acqua e i fossi con cigli erbosi, base; svariate erano le tinte del piume, i palmipedi esaltavano mag- nelle zone incolte e nei prati sta- piumaggio che dal bianco, attra- giormente questa peculiarità se al- bili, tutti luoghi (oggi si direbbe verso il lilla e l’azzurro, arrivavano levati nell’ambiente più idoneo alle “biotopi”) dove si nutriva di larve sino al bruno nero, ma costante loro caratteristiche: l’anatra e l’oca di insetti acquatici e terrestri, di era la presenza di una larga mac- sono animali “organizzati per la vi- molluschi, di rane, di piccoli pe- chia bianca sulla gola. In un’ottica ta acquatica e ne fanno prova i loro sci, di erba e di semi. piedi palmati e il portamento goffo In Friuli la zona al di sotto della Sin terra e sì grazioso sull’acqua” linea delle risorgive era ideale per (Pitotti 1886). L’attività venatoria, l’allevamento brado o semibrado naturalmente, aggiungeva il suo di questo volatile: “Per le nostre contributo all’approvvigionamento Basse, l’anitra è uno dei volatili delle mense: una precoce testi- del cortile più generalmente dif- monianza pittorica di ciò si ha nel fuso e pregiato” (Anonimo 1908), quattrocentesco ciclo dei mesi che e ciò è anticamente testimoniato si può ammirare nella chiesa di San perchè in un documento del 1353 Pietro in Magredis di Povoletto. relativo alla chiesa di Concordia possiamo leggere Aquis et rivu- lis in quibus capiunt race seu anatre. L’allevamento delle anatre a li- Alessandro Bimbatti, I Quadri di vello familiare era considerato, in Fagagna, acquerello/tempera su carta questi ambienti, “facile, pronto, di cotone, 50x70 cm. Una artistica economico” (ibidem). rappresentazione di una coppia di Maschio e femmina di anatre di razza masurins. A testimoniare la diffusione nella Friulana (da Taibell 1926). 50 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

scientifica Taibell 1926 fa notare danti la specie: L’anitra; Ingras- introdotte andarono via via estin- come il comportamento del co- samento dell’anitra; La piuma guendosi, incrociate e sostituite lore azzurro dell’anatra Friulana dell’anitra; Malattie dell’anitra soprattutto con l’anatra Muschia- sia del tutto analogo a quello del (Anonimo 1924 a, b, c, d), scritti ta denominata anatra muta (in pollo Andaluso. Comunque, forse che portano a considerare le quanto afona), animale rustico, a causa della sua non uniforme nuove razze forse più produttive, tranquillo e che ingrassava con presenza sul nostro territorio e ma meno rustiche, quindi, tali facilità. del suo ridotto sviluppo corpo- da richiedere il passaggio da un Dopo il secondo conflitto mondia- reo, l’anatra entra, a differenza allevamento brado o semibrado le il miglioramento sociale ed eco- della sua “cugina” l’oca, in ma- a uno confinato e condotto con nomico portò ad una più razionale niera più ridotta nel novero dei criteri più razionali. conduzione dell’allevamento avi- prodotti della tradizione. La diffusione di nuove razze è colo, concentrandosi però quasi Dopo la Grande Guerra la neces- confermata dalla presenza di esclusivamente sull’allevamento sità di ripopolare, come per le esemplari in esposizioni locali e dei polli. Il Ministero dell’Agricol- altre specie allevate, anche i pol- internazionali. tura, infatti, elargì fondi tramite lai (Menegon 2010, 2011, 2012) L’allevamento Mangilli, con sedi gli Ispettorati provinciali, che portò all’utilizzo di nuove razze in Flumignano e Planis di Udine, caldeggiarono la costruzione o il come la Muschiata, la Pechino e determinante già dall’inizio del riattamento dei pollai, l’utilizzo di la Rouen. Novecento per quanto compor- attrezzature razionali e l’acquisto In quegli anni sul periodico L’A- tava i settori suinicolo ed avicolo di riproduttori di razze pregiate. gricoltura Friulana vennero in Friuli, conseguì numerosi e Le industrie mangimistiche, dal pubblicati articoli tecnici riguar- prestigiosi premi a Torino nel canto loro, misero in commercio 1928 e, tra questi, anche il Pre- miscele alimentari per pulcini e mio d’onore nella Categoria 4 per ovaiole. aver ottenuto il maggior numero A partire dagli anni Sessanta l’al- di punti nella Sezione 2 “Anitre”. levamento familiare dei polli si All’esposizione mondiale di polli- ridusse progressivamente, sosti- coltura di Roma del 1933 furono tuito da quello intensivo; l’alleva- esposte anatre Rouen, Friulana mento dell’anatra rimase invece grigio perla e Friulana bianca. La quasi esclusivamente familiare e popolazione di anatre a piumag- come tale si è ridotto attualmente gio bianco deve essersi diffusa a ben poca cosa. notevolmente in quegli anni, se si L’anatra era cucinata lessa o in era meritata l’appellativo di Friu- tegame con pazienti rosolature e lana bianca. Già nel 1909 sul pe- prolungatissime cotture “in bian- riodico L’Agricoltore Goriziano, co” o, eventualmente, “in rosso” organo dell’i. r. Società Agraria dopo la diffusione della conserva di Gorizia, comparivano notizie di pomodoro prima e della colti- commerciali su uova fecondate vazione del pomodoro nell’orto di di anitre di Pechino giganti bian- casa poi. Citiamo un insuperato che. maestro di cucina: “Quando l’a- Nel 1932 si ritenevano presenti, natra avrà preso colore bagnatela in provincia di Udine, 17.500 con sugo di pomodoro o conserva Corte rurale con mamma anatra in primo piano, particolare di un dipinto di capi. e tiratela a cottura con acqua o Otto D’Angelo. La varietà Friulana e le altre brodo” (Artusi 1919, 198). TIERE FURLANE • 51 17 | TERRA FRIULANA

Viri-viri...

L’anatra, in friulano, è detta razze o, a seconda dei luoghi, Per quello che il predetto Francesco già giorno otto in razza, rasse, rassa. Le anatroccole son dette razzutis e circa havendo presa una anera di Domenego Menotto il maschio è noto come razzàt. La parola, con ogni pro- et amazzandola. Menega moglie di Colau figlia d’esso babilità, è stata mutuata dallo sloveno raca (si pronunci Domenego, veduto questo disseli: “Non fare”, et esso pressapoco razza); è in uso anche nei dialetti veneti parlati rispose: “Io non l’amazzo per esser tua ma perché è di in Friuli ed è penetrata fin nel dialetto trevigiano di Sini- Battista et di Maria sua moglie”. Gettandola così morta nel stra Piave: qui si pronuncia ratha col -th- all’inglese, le cortivo di detto Battista dicendo: “Le voglio, al cospetto anatroccole son dette rathète e il maschio è noto come di Dio, ammazzar tutte”. rathòt. A quella simpatica parlata appartiene il detto le Infine, da un accuratissimo inventario stilato a Piancada rathe no le va su pai talpon [pioppi], ma le core drìo l’aqua nel 1732, dove entrano anche gli animali di bassa corte, (una revisione del sutor nec ultra crepidam, in parallelo sappiamo delle cure volte alla riproduzione dei medesimi: col friulano no sta meti la bocje là che no ti tocje). Vi è vi comapiono dindie de covo n. 4 più due razze et un pure un’erba detta rathèra, il crescione d’acqua, che “sta maschio per fare samenza. lungo i fossi ed è divorato dalle anatre” (Pianca 2000). Quanto alle manifestazioni dedicate a questo palmipede L’uso alimentare dell’anatra è documentato almeno dal possiamo citare la Sagra della Rassa di Gruaro, giunta Trecento, come testimonia un quaderno di esercizi di alla quarantaquattresima edizione (nel suo ambito anche versione dal friulano al latino in uso presso una scuola simpatiche iniziative quali La rassa in bici e La rassa in notarile cividalese di quel secolo. Ecco la parte friulana: moto), affiancata dalla omonima che si tiene a Basedo di Achesto raço, graso e grando com tu non divedes uyan e dalla quasi omonima Sagra de le Raze, ormai uno altro, la savares tu smenbrà denant un signò y[n] sum centenaria, che si tiene a Staranzano. Su quest’ultima un taglì, usat d’aver di divyarsis inbandisons in un past? così scrisse Chino Ermacora nell’almanacco Avanti cul Vi facciamo grazia della versione latina (Istam anatem, brun! del 1942: “Staranzano vanta la sua sagra delle pinguem et magnam...) per offrire ai lettori ultraliventini la razze. Ottime, cucinate al forno; ma la morte migliore più trasparente traduzione italiana: “Questa anatra, grassa delle anitre consiste nel seppellirle in un tegame colmo e grande come tu non ne vedesti quest’anno un’altra, di rape tagliuzzate”. la sapresti smembrare davanti a un signore sopra un Appartengono alla nostra infanzia i ricordi dei messaggi tagliere, abituato ad avere diverse portate in un pasto?”. vocali, così caratteristici, che le massaie rurali modula- L’anatra è raramente presente nei documenti antichi, vano nelle aie per richiamare anatroccole (lis rassutis) dove prevalgono testimonianze relative a bovini, suini ed e paperette (i ocatùs); soprattutto a sera risuonavano ovini come fornitori di carne. Riusciamo, nondimeno, a i viri-viri, talora prolungantisi in viri-viri ài o viri-viri ôc o spigolare qualche notizia nell’ottima ricerca che Giuliano ancora viri-viri cjoc e, tanto per confermare la ricchezza Bini ha svolto nella Bassa. Sappiamo, così, che i ladri di linguistica della nostra regione, ecco che in altro villaggio polli, all’occasione (che fa l’uomo ladro) non disdegnavano si poteva udire suri-suri, o il meno gorgheggiante pudi- le anatre: si ha notizia che verso la metà del Cinque- pudi-pudi-pudi! cento uno chiamato Grassero venne messo alla gogna EC a Muzzana per haver rubato galline e rasse. Fra i tributi appanaggio dell’Illustrissimo et reverendissimo monsignor Mario Montagnacco nel 1592 figuravano Annadre grosse BIBLIOGRAFIA 2 e Anadre doi per dei beni in Muzzana. I poveri pennuti Benincà P., Vanelli L. (a cura di), Esercizi di versione dal friulano in possono anche fare le spese di liti tra paesani; come ci latino in una scuola notarile cividalese (sec. XIV), Forum, Udin, 1998). racconta Giuliano Bini un’anitra fu oggetto della denun- Bini G., Castellarin B., 1000 anni di cibi e bevande, la bassa, , 2010. cia di Battista Battistutta di Ariis contro il compaesano Pianca L., Dizionario del dialetto trevigiano di Sinistra Piave, Canova, Francesco Battistutta: Die veneris 3 september 1627... Treviso, 2000. 52 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

L’oca: rustica, non affatto esigente... L’allevamento dell’oca si perde nella notte dei tempi e ne sono testimonianza resti ossei, pitture, decorazioni, lodi in prosa e in po- esia, proverbi, modi di dire, fiabe, giochi, trattati di agricoltura, di cucina, ecc. Questa specie, pur prediligendo ambienti con specchi d’acqua, si adatta ad essere allevata un po’ ovunque: “Rustica, non affatto esigente, refrattaria alle principali malattie, si adatta a tutti i climi conservando ovunque le sue buo- ne doti” (Taibell 1926). Le buone caratteristiche di rusti- cità, adattabilità, frugalità e pro- duttività dell’oca, come nel caso dell’anitra, portarono l’Associazio- ne agraria friulana a dedicare po- co spazio al suo allevamento nelle pagine del Bullettino, il periodico di divulgazione da essa diffuso (Anonimo 1886). La produzione di grasso, di carne facilmente conservabile (sotto sale, affumicata, insaccata con aggiunta di lardo, cotta nel suo grasso e riposta con lo stesso in Questa bella immagine, scattata a Tricesimo nel 1943, traduce l’atmosfera di recipienti di terracotta, vetro, familiarità che si instaurava nelle nostre famiglie contadine nei confronti degli ecc.) e di piume giustificavano, animali allevati. Archivio Berlam. in passato, il suo allevamento in gran parte delle famiglie rurali. poco variati, specialmente durante incrementa di circa 100 grammi al A ciò si aggiungevano le uova di il periodo invernale. giorno. Per unità di peso vivo alla grande pezzatura che, seppur macellazione, l’oca registra una utilizzate prevalentemente per la Allevamento dell’oca velocità di accrescimento che è riproduzione, potevano contribu- L’allevamento dell’oca non presen- sette volte maggiore di quella di un ire alla mensa quando erano in ta grandi difficoltà poichè, come si vitellone. Tale rapporto cresce ul- esubero, o al di fuori dei periodi è detto, la specie è molto rustica, teriormente se si tiene conto della di cova. La conservabilità delle poco esigente e difficilmente va resa in carcassa, che è superiore sue carni permetteva di diversifi- soggetta a malattie. Il suo accresci- nell’oca. care i pasti, generalmente scarsi mento è molto rapido: dalle 3 setti- L’oca è relativamente poco feconda e troppo spesso qualitativamente mane di età fino alle 10 settimane rispetto ad altre specie avicole, TIERE FURLANE • 53 17 | TERRA FRIULANA

cioè produce meno uova. Ciò, però, non costituiva un grande svantaggio quando la cova era naturale. Dall’uovo fecondato, dopo un’incubazione di 31 gior- ni, schiude il papero che già nel secondo giorno si procura da solo il cibo. Il piccolo comincia a rivestirsi di penne intorno al me- se, rendendosi così indipendente anche dal calore materno. In modo un po’ scherzoso così ce la racconta Nelso Tracanelli: “Qui nella Bassa le ochette non nasce- vano certo dalle “anatife” come ritenevano quei creduloni del ‘600, ma dalle uova bianche che La villa Manin di Passariano fa da sfondo a questo consueto quadretto di vita rurale. La storia di una grande famiglia si incrocia con quella delle nostre operose si schiudevano dopo una cova di donne e con quella dei rustici palmipedi che s’accontentavano di pascolare su un mese, cova cui erano chiamati esigui ritagli d’erba. Archivio Berlam, 1935. alternativamente oca femmina e oca maschio, e qualche contadi- e portava a casa questi simpatici canelli 1988, 350). na approfittava della tollerante paperi gialli, malfermi sulle zampe La maturità sessuale viene rag- tacchina che rischiava l’infarto palmate e che subito allungavano il giunta solo nei primi mesi dell’an- quando vedeva le ochette, che becco a mangiare radicchio tagliuz- no successivo alla nascita, che di lei considerava sue figlie, vararsi zato mescolato a farina di mais, o norma si verifica all’inizio della nel fossato o nel fiume. Chi non a far amicizia con animali e cose primavera. L’oca compie due ra- aveva la possibilità di farle nasce- emettendo un leggero viri-viri, ed pide mute annuali, una in prima- re in casa ricorreva al mercato evacuando in continuazione” (Tra- vera inoltrata, l’altra in autunno. Siccome è ben coperta di penne, nei nostri climi può vivere all’a- perto tutto l’anno. Un ricovero, anche di fortuna, si rendeva comunque necessario per la protezione dai nocivi e per avere un’indicazione precisa sul luogo di deposizione delle uova, che altrimenti poteva essere scelto in posti appartati e difficilmente individuabili. Anche per la cova vi era bisogno di un apposito riparo.

A passon cui ôcs Nell’allevamento familiare la mag- Famiglia di oche selvatiche; Riserva naturale della Foce dell’Isonzo, Isola della gior risorsa alimentare, dopo il Cona. periodo di “svezzamento” con ra- 54 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

dicchi e farina sopra menzionato, era costituita dal pascolo. L’oca è un’ottima pascolatrice, ghiotta in particolare del giovane trifoglio: con il becco lamellato rade facil- mente a tappeto le essenze forag- gere. Mentre si muove sull’erba divora anche gli insetti che le capitano a tiro. La conduzione al pascolo, anche in grande numero di esemplari, è favorita dalla sua spiccata attitudine gregaria. Di questa pratica abbiamo nume- rose testimonianze storiche; ad esempio nel Medio Evo “era detto aucarius chi badava alle oche e Due passeôcs conservati presso il Museo della Vita contadina di Cjase Cocel questo compito era generalmente a Fagagna. Se quello sopra appartiene ad un artigianato povero, tanto come demandato ai bambini” (Del Zan materiali che come tecniche costruttive, quello sotto è fatto “in casa” con materiali 2010, 53) o alle donne. Al rientro di recupero: come si può notare la coppa dell’imbuto deriva da un contenitore metallico per conserva di pomodoro. gli animali ricevevano di solito una integrazione in granaglie. “Al pascolo veniva accompagnata lontane dal paese, nei pochi incolti, “Purcitâ” i ôcs da bambini o bambine, sino a non nei crocicchi, sui cigli stradali, ecc. “Come l’uccisione del maiale, an- molto tempo fa i soli e veri guar- che quella dell’oca aveva un suo diani d’oche” (Tracanelli 1988, Imboconâ i ôcs rito: stretto il becco perché non 350). Dopo il periodo del pascolamento emettesse alcun lamento e non Indubbiamente la presenza di pa- (lâ a passon cui ôcs) seguiva impaurisse le altre, le si strappava scoli, prati e boschi nella pianura l’ingrasso vero e proprio effettuato il piumino; quindi le venivano in- friulana, come è dimostrato tra con l’alimentazione forzata ingoz- crociate le ali, legate le zampe e, l’altro dai toponimi Pasc, Passòn, zando l’animale con pastoni di fari- compito di un ragazzetto o di una Prâts, Selve, Ronc, ecc., permet- na di cereali o con boli alimentari a ragazzetta, era quello di sedersi teva di saziare i voraci animali con forma di grosse pillole (in qualche a cavalcioni di una sedia e tenere facilità e tempestività. luogo detti macarons). Le metodi- ben salde le zampe dell’animale La divisione o la vendita dei beni che dell’ingozzamento (imboconâ appoggiato allo schienale. Una comunali a partire dal Seicento, i ôcs o passi i ôcs) erano varie, donna, levato il piumino attorno ad l’introduzione dei prati artificiali, più o meno razionali, non sempre un orecchio nascosto, stringendo il l’utilizzo di aratri perfezionati, rispettose, diremmo oggi, del be- becco con una mano, penetrava nel delle concimazioni chimiche, l’ir- nessere animale. Lo strumento a cervello dell’animale con una lama rigazione nelle zone aride e le bo- tal uopo impiegato era il passeôcs di forbice: il sangue che usciva a nifiche in quelle umide favorirono dal verbo passi ‘pascere’. fiotti veniva raccolto in un piatto o la messa a coltura di molti terreni. “[le oche], compiuta la loro crescita in una scodella. Le oche, quindi, con l’andar del fisiologica, erano costrette all’in- Ciò capitava ai Santi, San Martino, tempo, potevano venir condotte al grasso e un imbuto a macinino co- la Madonna della Salute, quando la pascolo solo sulle superfici a pra- stituiva l’arnese della loro tortura” prima brina era già apparsa a bene- to naturale, sempre più ridotte e (ibidem). dire le verze” (ibidem 350, 352). TIERE FURLANE • 55 17 | TERRA FRIULANA

Oca friulana 1:10. Le Terziarie francescane di (Bini e Castellarin 2010). L’allevamento dell’oca in Friuli è Latisana, nel 1779, spesero in oche L’oca non è assente nell’onoma- ben documentato nel Medio Evo; £ 14:11; non siamo in grado di stica personale: nel 1562 un certo nel sec. XII la voce anseres figura capire l’entità della spesa, se non Iosef delle Hocche è fittuale in più volte nei censi del Capitolo di paragonarla al costo di tre din- Gagliano in Su li Ronchi, nel Aquileja (Biasutti 1956). dioti che era di £ 12 (il tutto pare 1599 si ha memoria di una donna Dal catapan di Cavalicco abbiamo ben sborfato con Malvasia per £ 9 detta l’occa a Flambruzzo e nel una notizia curiosa: il 18 maggio del 1401 i fratelli Driotto e Anto- nio, figli di Ser Galioto de Galde- riis de Andriottis abitante a Udine Borgo di Sopra, vendono per una marca il livello di un’oca sul prato dell’Oca. Oltre che nei censi il palmipede si può trovare in altre forme di pagamento; così il 5 feb- braio del 1565 don Pietro Bernar- dis, diacono da Lavariano, fa suo procuratore il causidico ser Pietro de Calderari in tutte le sue cause promettendogli in salario 2 oche, 2 colombini e 20 uova all’anno. Nel 1567 una donna che haveva nome Margarita venne messa alla gogna a Muzzana perchè ma- gnava una occha risultata ruba- ta; un paio di secoli dopo le pene per simili furti erano pecuniarie, così a Talmassons per dindi et oche soldi quattro il giorno et soldi otto la notte, insomma il ladro notturno, qualora beccato, pagava il doppio del ladro diurno. Nel 1705 un tale di Teor, in segui- to ad una disputa per successione, fu condannato a restituir sorgo turco stara tre, galline d’india due, un oca, due galline. In un inventario stilato ad Ariis nel 1736 figurano oche di semenza [da riproduzione] n. 2. Nel 1778 quelli di Driolassa, per accogliere l’arci- vescovo, spesero un sacco di soldi in vino di Cipro, capponi, chiac- colatta, ecc. e in grasso d’oca £ Famigliola con oca spennata. Archivio Egidio Tessaro, Buja. 56 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17 TIERE FURLANE • 57 17 | TERRA FRIULANA

Particolari di una pittura murale a 1618 è documentata una Donna del 1894: “Al suo grasso si attribu- Ruda in Borc da Brichis. Maria dell’Occha del q. Zuan- iscono molte virtù medicinali; coi ne della Braida. Il pennuto non siccioli che rimangono dopo levato ha mancato di lasciare dei nomi lo strutto i nostri contadini fanno la Questo simpatico “fumetto” di luogo: un Borgo delle Oche si pinze (focaccia) ritenuta una lec- medievale si trova presso la biblioteca trova(va) a Valvasone (nel 1577 cornia prelibata”. Secondo l’anoni- civica “Vincenzo Joppi” di Udine. È probabile che la scenetta faccia in capite Burgi Anserum; nel mo autore di uno scritterello in Pa- dell’ironia sulla persona di destra, 1587 Borgo delle ocche) e cor- gine friulane, n. 3, 1901 il fiât di Martinum amicum vini, un nome risponde all’attuale Borgo Alpi; a ocje avrebbe fatto parte del ban- che la dice lunga, il quale presenta l’attuale via Luigi Nono era chetto offerto dai Cividalesi al papa due oche al patriarca Raimondo Torriani dicendo toite queste oche la Contrada dell’Oca; a Pasiano di Gregorio XII recatosi nella Città e il patriarca risponde Ben es ocha. Pordenone c’è il Ponte delle Oche, Il tutto è inquadrato in un castello a Porcia il Campo dell’Occha, e e sopra l’unica torre si nota una cicogna. potremmo continuare a lungo, fino Il documento (ms. Joppi 97) risale al notissimo Morsan des Ocjis, co- alla fine del Trecento, quindi il me è popolarmente noto Morsano Martino rappresentato non può al Tagliamento (Fadelli 2009, 63) essere, contrariamente a quanto è stato scritto, quel maestro Martino e al Borc des Ocjis che si trova a o Martino da Como, in realtà Borgnano di Cormòns. originario del Canton Ticino, che Un proverbio nostrano vuole che fu un famoso cuoco e gastronomo del Quattrocento, tra l’altro per un A Sant Antoni (17 gennaio) l’ocje decennio al servizio del patriarca dal bon paron scomence a po- Ludovico Trevisan. gni, e a San Valentin ancje chê Si è ipotizzato che questa vignetta sia una satira nei confronti del papa dal puarin. Meno legato ai cicli Martino IV che “purga per digiuno, naturali, ma emblematico della l’anguille di Bolsena e la Vernaccia”. Dominante, è il detto veneziano Si ringraziano per le informazioni e la Quatro oche fa un cortivo, qua- disponibilità il dott. Romano Vecchiet, direttore della bibioteca civica “V. tro putane fa un bordelo (da una Joppi” di Udine e la dott. Francesca Lettera di Andrea Calmo datata Tamburlini, responsabile della Sezione 1547). Manoscritti e rari della medesima biblioteca. Autorizzazione prot. n. L’oca è ricordata anche da Valenti- PG/U 0070604 del 15.05.2013. no Ostermann in La vita in Friuli 58 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

Ducale nel 1409. È una leggenda accennato, molti allevamenti avi- il cui unico fondamento storico coli familiari, tendevano a diven- è quella visita papale, realmente tare mono-specie: i polli, infatti, avvenuta, tuttavia ci dice quanto più che in passato prevalevano nell’Ottocento fosse ritenuto pre- nel pollaio. libato, degno di un papa, il fegato I sempre più limitati spazi incolti, d’oca di produzione locale. il traffico di mezzi motorizzati A conferma della diffusione in genere, l’indirizzo verso altre dell’allevamento dell’oca in Friuli attività dei potenziali giovani pa- vi è anche il fatto che tra le razze storelli contribuirono a ridurre italiane veniva annoverata quella in modo drastico la possibilità di Friulana, a mantello grigio e di di- pascolare le oche. screta mole, potendo raggiungere Inoltre la demonizzazione dei i 5 kg e oltre (Taibell 1926). grassi animali (Varutti, nel 1922, Nel territorio di Gorizia si censi- forse aveva visto lontano: “Se si vano 7.392 capi nel 1902, e negli vuole ottenere un’oca più carnosa anni Trenta si ritenevano presen- che grassa il regime di ingras- ti, in provincia di Udine, 10.000 samento lo si faccia durare solo capi. quindici giorni”), il diffondersi del L’autore della summa gastrono- Come per tutti gli avicoli dopo la frigo e del freezer e le mutate abi- mico-culinaria dell’oca è Germano Grande Guerra si auspicava per tudini alimentari ridussero ulte- Pontoni, il dean dei cuochi friulani. l’oca una maggiore diffusione e riormente l’allevamento dell’oca. Il libro di cui qui si vede la bella un allevamento più razionale (Va- Attualmente è allevata da alcuni copertina, uscito nel 1991 e da rutti 1922). appassionati e la trasformazione tempo introvabile, è un’enciclo- Anche per questa specie risultò e preparazione delle carni in for- pedia dedicata al pennuto così importante il contributo dell’al- ma artigianale offre una buona diffuso nelle nostre campagne fi- levamento Mangilli, che a Torino gamma di prodotti, tanto che il no a qualche decennio addietro. nel 1928 totalizzò 12 prestigiosi Nuovo Cibario dell’ERSA dedica Larga parte della pubblicazione è, premi e, tra questi, anche il Pre- un intero capitolo alle delizie a evidentemente, dedicata all’arte mio d’Onore nella Categoria 4 per base di oca: salame, prosciuttino culinaria, ma sarà interessante aver ottenuto il maggior punteg- crudo, cotto d’oca, porcaloca, sapere che buona parte dei 130 gio nella Sezione 1 “Oche” (Ano- speck, petto affumicato... (Cor- modi di cucinare e servire l’oca so- nimo 1928). radini e Innocente 2008). Sono no desunti da informazioni raccolte L’allevamento Mangilli e la na- leccornie da buongustai che, in Friuli, o nel Veneto più prossimo, scita, nel 1932, del Consorzio grazie a sapienti trasformatori, presso ristoratori, albergatori, trat- provinciale Allevamenti di Bassa sono ormai internazionalmente tori e, soprattutto, donne di casa. Corte favorirono l’introduzione di conosciute. Si è conclusa in tempi Una seconda edizione, ancor più nuove razze, tant’è che a mostre recenti, anche se ormai sembrano incentrata sulla cucina, ha visto la ed esposizioni, come quelle di lontani anni luce, l’epoca in cui luce nel 2003 (L’oca un animale Tricesimo e , e quella dell’oca domestica “non si buttava che sa di antico..., in collaborazio- internazionale di Roma del 1933, niente”; a testimonianza riportia- ne con Bertilla Prevedel), e anche si presentarono, oltre alle oche di mo un modo di cucinare, frutto questa, ormai, appartiene alla pic- razza Friulana, quelle del Nilo, di della tradizione empirica, una cola ma saporita storia della nostra Tolosa e Cignoidi. parte dell’animale che non inco- editoria gastronomica. Negli anni Cinquanta, come già raggerebbe all’assaggio i figli della TIERE FURLANE • 59 17 | TERRA FRIULANA

play station: i bugjéi di àucja, Il nome dell’oca come li chiama Franca Spagnolo da Barbeano in Un piatto per ogni In friulano il termine generico per “oca” è il maschile ôc: lâ a passon cui stagione (Spilimberc, Società fi- ôcs, imboconâ i ôcs, passi i ôcs, ecc. I due generi sono detti rispetti- lologica friulana, 1988): “Pulire ac- vamente ocje per la femmina e ocàt per il maschio. Gli individui giovani curatamente le budella delle oche, vanno normalmente sotto il nome di ocatùt (pl. ocatùts), ma si puo’ sen- tagliandole a metà ed asportando tire anche ocjùte (pl. ocjùtis) e in documenti quattrocenteschi abbiamo completamente la pellicina che le riscontrato la forma ochulino. Un’interessante variante locale è quella riveste internamente, grattando che si riscontra nel Friuli occidentale (anche a Morsano!) dove l’oca è delicatamente con un coltello. detta àucja, nome che viene direttamente dal latino tardo a-uca(m) che Risciacquarle a lungo in acqua ed altrove si è evoluto in oca (italiano, veneto) e in ocje (friulano). I lettori che aceto. Friggerle nel loro grasso con hanno fatto il classico potranno obiettare che in latino (il latino classico l’aggiunta di qualche uovo o ag- dei liceali) il nome dell’oca era anser; giusto, ma non tutte le parole latine giungerle al brodo preparato con le sono passate con naturale evoluzione nelle lingue neolatine. ali e il ventriglio. Alcuni preferiva- Oca/ocje/àucja viene da a˘ vica(m), diminutivo di a˘ ve(m) ‘uccello’; ciò po- no invece con le budella preparare trebbe significare che, nella tarda latinità, l’oca era considerata l’uccello il sugo per la pastasciutta, aggiun- per eccellenza, per antonomasia e, sicuramente, era quello da cui le plebi gendo, dopo averle rosolate con dell’epoca riuscivano a trarre il maggior sostentamento. cipolla, il rosmarino e la conserva EC di pomodoro”.

BIBLIOGRAFIA

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Piera RIZZOLATTI L’oca a Morsano delle Oche

Una circostanziata descrizione anche condita con farinacci (radìc perdono l’uso delle zampe (... se a dell’allevamento tradizionale cunsàt cu la farina di polenta): si ingotàvin, ghi vigniva l’aga dell’oca, con attenzione agli aspetti si teava il radìc fin fin, si mete- tai ‘sinoi. Bisugnava tignili ta linguistici, ci è offerta da Piera Riz- va aga e farina... (Bo). Ai tacchi- la paia e metili a durmì ta la zolatti nel volume Morsan al Ti- notti si somministravano ortiche sinìsa... Bo). liment, e dove sennò?, edito dalla cotte, uova e latte (a si fasevin L’oca è migliore se consumata gio- Società filologica friulana nel 1988. murì li urtiis ta l’aga cjalda, si vane e fresca, di circa tre mesi. A Avvertenze: a Morsano al Taglia- ghi meteva un ouf cuet e si pe- Morsano v’è anche un proverbio mento, popolarmente noto come stava cul lat... Bo). che recita cui ch’a voul mangjà Morsàn da lis Ocjis, l’oca è detta Quando hanno 20 giorni si portano un bon bocòn ch’al mangji àucja, quindi localmente diventa oche e tacchini al pascolo, nei prati l’àucja cul scjatòn. Morsàn da li Àucjis. incolti oltre l’argine del Taglia- Prima della macellazione autun- Il friulano parlato nelle frazioni può mento (... li molavin a passòn; si nale l’oca va sottoposta ad ingras- Uvariare dall’una all’altra, perciò nel ‘seva a menà i dindis e i ocàs a so ed imboccata con gnocchi di testo viene indicata, con un’abbre- passòn. A ‘sevin li feminis a pas- polenta per una ventina di giorni viazione, quella in cui l’informazio- sòn cun lour e a stavin via dut il (macronà, macaronà l’àucja): ... ne è stata raccolta: Mo = Morsano; dì... Mo). cuant ch’a era ora di imboconà Bo = Bolzano; SP = San Paolo. Non di rado il contatto con la l’àucja, si faseva i macaròns rugiada e l’erba bagnata può cu la polenta e si ghi parava Ogni famiglia sia del capoluogo che provocare malattie ai paperi che ‘sù [giù] (Mo); ... Si macronava delle frazioni alleva oltre al polàn (galline, polli, ecc.) oche, anatre (ràssis) e tacchini (dìndis) in gran quantità per disporre della carne conservata l’anno successivo, nella stagione dei lavori agricoli. Si tengono le oche da riproduzione (àucjis di samìnsa Mo) e il mese di marzo si mettono in cova le uo- va (meti in couf Mo), cova che si protrae per 31 giorni. I pulcini dell’oca (ocùs), ancora coperti dalla loro morbida peluria (plumìn) vengono nutriti con erba Monumento alle oche a Morsano. TIERE FURLANE • 61 17 | TERRA FRIULANA

migliori: le cosce (cuéssis), il pet- to (piturìna), la parte più car- nosa dell’ala (poc da li alis); il prelibatissimo fegato è destinato al medico o ai notabili del paese (... il fiàt al era pal paròn, pal miedi... Mo); dalla pelle si rica- vano i ciccioli (... si ghi tirava via la piél, si taiava a tocùs e si meteva a boli. Si mangjava li frissis cu la polenta cjalda o freda... Mo), con il catriosso (corbàn), la testa e il becco si fa il brodo, con le interiora (budièi) la zuppa (sopa). Per qust’ultima si tagliano a pezzi le interiora, si ripuliscono del contenuto e del grasso (lusùm SP) insieme col ventriglio (duriòn), con parte delle zampe e la punta delle ali e si soffriggono da ultimo con ab- bondante cipolla. Macaronà l’àucja in un dipinto di Otto D’Angelo (particolare). La stessa operazione Per il brodo (brôt di budiel) si in altri luoghi è nota come passi i ôcs o imboconâ i ôcs. legano le interiora alle zampe dell’oca (... a curavin la gjamba, l’àucja cu la plera e a deventa- gjavava la pluma buna par fà a curavin il budièl, a li leavin va madura... (Mo); ... Fasevin plumins... Mo). L’animale sbollen- ta li gjambi e a fasevin il brout macaròns cu la polenta, li ba- tato viene appeso per una notte e la sopa cul pan... Mo). gnavin ta l’aga e ghi ‘n paravin perché i tessuti si irrigidiscano Il grasso (pònga), soprattutto ‘sù deis o dodis e ancja blava (... si li sbrovava; si ghi leava quello del maschio (ocàt) è anche cueta pa la gosa, cu la plera... li gjambis in crous e una cuar- un buon rimedio per costipazioni (Mo). da tal cuel. Si picjava tal sufit e raffreddori (... il gras da l’ocàt e cuant ch’a si li sventrava a li tignivin cont; li rodolavin La resa dell’oca macellata è pa- vigniva four il balon dal gras... e cuant che ai frus ghi vigne- ragonabile a quella del maiale, di Mo), quindi si sala e si procede, il va una gran costipassion ghi cui non si sciupa nessuna parte. giorno seguente, alla conservazio- onsevin il stomi; metevin una Anche il sangue dell’oca va rac- ne delle carni (... si faseve bolì tal cjarta velina, una cjossola di colto ed entra in preparazioni siò gras, ta la sò sonse. Si lassa- lana e a ghi ‘sovava... Mo). alimentari (ghi gjavavin il sanc. ve disfridà, si meteve lis frissis Analogo a quello dell’oca è il pro- Si li tigniva cont; si cueeva ta in che bielis burnîs, si cuiarsève cedimento per la conservazione l’aga il sanc e si li frideva cu la cul so gras apene disfàt e si me- del tacchino e le carni di entram- sevola ta la farsora... Mo). teve sore il tapon di bree cu la bi gli animali vengono consumate La piuma si conserva per far piu- cjarte veline... SP). d’estate, una volta esaurite le mini (... vignùt four il sanc, si Si preparano in conserva le parti carni porcine. 62 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

Enos COSTANTINI Jo soi stât grant timp paissant... Anatre selvatiche e affini nella storia e nella cucina

Le anatre selvatiche hanno sempre che intermedie, ma certo ancora di dato un apporto di cibo alle men- buon livello, hanno Masurìn e Pi- se. Essendo noi profani in fatto di gnòl, quindi un meritato “due stel- caccia ci siamo rivolti per saperne le”; di valore inferiore, comunque di più a chi pratica questa attività tutt’altro che disprezzabile, quindi nelle valli del Friuli portogruarese “una stella”, si possono considerare e, non senza meraviglia, abbiamo Cjos, Palòt e Magàsso. scoperto che le specie concupi- Simpatiche presenze sono anche te, e appetite, dai continuatori quelle del Penacjìn (Aythya fu- di Nembrotte non si riducono al ligula) e della congenere Aythya solo Masurìn (nome scientifico nyroca (Maiassèt), rara e non Anas platyrhynchos), l’antena- cacciabile, nonchè dell’Asiâl to dell’anatra domestica. Esse (Anas acuta). Quest’ultimo nome Lcomprendono la Crècola (Anas corrisponde al veneziano Asiào querquedula), la Sarsègna (Anas che troviamo, in buona compagnia, crecca), il Pignòl (Anas sterpe- in una delle Lettere di messer ra), il Palòt (Anas clypeata), il Andrea Calmo datata 1552: El Cjos (Anas penelope) e il Magàs- se vien [ogni homo] hora con so (Aythya ferina). Il nostro in- el schiopo, hora con la balestra formatore, Alessandro Marcorin, e hora con la lume de note, che oltre che cacciatore è anche un i orba i poveri anemali, ... ma- fine gourmet e classifica le carni zorini, chiossi, seroli, pizzagoi, delle specie suddette in funzione ligoni, asiai... Ritorno dalla caccia alle anatre in delle loro attitudini culinarie e Gli stessi ambienti acquatici sono novembre, particolare di un affresco qualità gastronomiche: il punteggio frequentati da due specie cacciabi- quattrocentesco che raffigura il ciclo dei mesi. Chiesa di San Pietro in migliore, facciamo “tre stelle”, va a li, e commestibili, non imparentate Magredis di Povoletto. Fotografia di Sarsègna e Crècola; caratteristi- con le anatre: la Fòlaga (Fulica Claudio Mattaloni. TIERE FURLANE • 63 17 | TERRA FRIULANA

Bella immagine di un maschio di Anas penelope. “La sua voce è un vero fischio” scrisse nel 1871 il nostro naturalista Giulio Andrea Pirona e, in effetti, in friulano questa specie è nota, oltre che come Cjos, anche come Masurìn sivilot e, in italiano, come Fischione. Il francese non è da meno con Canard siffleur e l’inglese Wigeon è onomatopeico. Fotografia di Stefano Zanini. atra) e lo Sfòio (Gallinula chlo- vino rosso, un mazzo di erbe aro- I nomi friulani sono documenta- ropus) detto Sfògio nel parlare matiche e foglie di alloro”. ti, forse per la prima volta, nel più venezianeggiante. Queste Non chiedeteci perchè i prelibati Vocabolario zoologico friulano hanno le carni che sanno un po’ pennuti summentovati abbiano che Giulio Andrea Pirona allegò al di freschìn, ma la tradizione dei nomi scientifici talvolta così Vocabolario friulano di Jacopo culinaria del Portogruarese le sa poco appetibili; possiamo solo Pirona dato alle stampe a Venezia proporre come autentici mani- dirvi che i nomi volgari sopra nel 1871. Nelle voci del Vocabo- caretti. L’accorgimento è quello riportati sono quasi tutti simili, lario zoologico possiamo trovare di togliere la pelle e di lasciare o uguali, a quelli impiegati in talvolta delle descrizioni dell’a- le carni sotto vino o sotto aceto; altre parti del Friuli (Masurìn, nimale; così per la Cercègne: “è saranno poi preparate in umido Crècule, Cercègne, Pignòle, lunga 14 pollici, ed il maschio ha o potranno entrare in splendidi Palòte, Cjos, Penacjìn, Fòlighe la testa, le guancie e il collo di risotti. Ne troviamo conferma e Magàs, quest’ultimo forse me- color rosso-marrone, la gola ne- nel classico Mangiare e ber glio noto come Cauròs). Quanto ra, una larga fascia verde che si friulano di Giuseppina Perusini a Sfòio/ Sfògio vi è da dire che estende dagli occhi fino alla nuca, Antonini: “la folaga disprezzata è nell’area bassotilaventina è detto il dorso a macchie biancastre e commestibilissima purchè venga Sfuéi, quindi concorda con Sfòio nere, il ventre bianco giallastro”. spellata; con la pelle si toglie ogni e Sfògio, ma altrove in Friuli è Altre volte, accanto alla descrizio- emanazione palustre. Si lava con conosciuto col curioso nome di ne vi possono essere notizie rela- aceto, si taglia a quarti e, dopo Re di Gjirìule o Gjarìgule, oltre tive al comportamento; così i Cjos la rosolatura in olio e burro, si fa che come Polece di Aghe o Gjali- “passano l’inverno nelle nostre cuocere con un bicchiere di buon ne di Aghe. valli, ove si trovano in grandissi- 64 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

Maschio di Spatula clypeata che, a causa del grande becco, ha assunto la denominazione di Palòte. Il nome italiano, Mestolone, è altrettanto efficace nel descrivere questa caratteristica, così come lo è l’inglese Shoveler che potremmo tradurre con ‘spalatore’. Fotografia di Stefano Zanini. mo numero; si riconoscono subito Una testimonianza più diretta Non mi zovo plui stentâ dalla voce, ch’è un vero fischio”. della caccia risale al Quattro- in daûr zî curint. Non mancano notiziole relative alla cento, secolo nel quale venne cu di me va plui fuìnt caccia, per esempio il Cauròs, o scritta una “frottola”, attribuita ed ogni oro plui vuardant. Magàs, “va a grandi stormi e si uc- al nobile Nicolò de Portis, nel cide per lo più collo schioppone”. friulano cividalese del tempo. Si Facciamo senz’altro seguire la Per il Masurìn abbiamo notizie tratta, con ogni evidenza, di una traduzione per i nostri tanti let- precedenti: nel Rotolo della chiesa allegoria amorosa, ma è valida, tori d’Oltrelivenza: di Muzzana, datato 1768, troviamo ai nostri fini, come testimonian- questa nota spese: a Marano in za storica e linguistica. La ri- “Io sono stato gran tempo cac- fra osei è pese [pesce] è formagio, proponiamo con la grafia un po’ ciando un’anitra col falcone, che pei spinei [un tipo di pesce] e modernizzata: per poco non l’abbandono dubi- do mazurini lire una e quattro tando assai dell’uccello. soldi. Fra le centinaia di voci che Jo soi stât grant timp paissant Lungamente ho cacciato per si trovano nel Mensuale di Spese uno razzo cul falcon: prendere quell’anitra: poco o Cibarie in Monte del monastero cuasi ch’jo no l’abandon nulla mi è giovato tanto è veloce delle Terziarie francescane di La- dal uziel furz dubitant. il suo volo. tisana, nel mese di Febraro 1784 Non mi giova più penare nell’an- si può leggere Spesi in polame Lungjamentri ài paissât darle dietro correndo chè da e masorini lire 31 (Bini G., Ca- achê razzo par pijâ: me va [sempre] più fuggendo e stellarin B., Mille anni di cibi e pôc e nujo m’à zovât ognora più guardandosi”. bevande, 2010). tant è snel lu so svolâ. TIERE FURLANE • 65 17 | TERRA FRIULANA

Franca SPAGNOLO Un piatto per ogni stagione Il ciclo dell’anno sulla mensa contadina

Franca Spagnolo (1934-1992) di Barbeano di Spilimbergo, maestra elementare, fu attiva nella cultura locale. Fra i tanti scritti che ci ha lasciato abbiamo scelto per i lettori di Tiere furlane questo contributo sull’alimentazione tradizionale di una famiglia contadina che ci pare uno dei più completi sull’argomen- to (da Spilimberc, volume edito dalla Società filologica friulana nel 1984). Ora più che mai dietologi, guru Fed esperti vari di alimentazione consigliano di seguire l’andamento stagionale anche a tavola: ciò che Un “modernissimo” negozio di generi alimentari nel 1957. I biscotti Guglielmone un tempo era sante scugne ora si venivano venduti “sciolti”, cioè sfusi, a peso. Si nota la pubblicità per la carne in scatola Simmenthal; la dotazione in affettati ed in formaggi è più che discreta rivela perlomeno un coadiuvante per l’epoca; sotto gli affettati, nella vetrinetta del banco, ci sono tre bei pezzi di per la nostra salute. lardo; nell’altra vetrinetta del banco ci sono i liquori: Ferro China, Elixir China, Rhum e altri che non riusciamo ad identificare; sul banco ci sono dei vasi di vetro, probabilmente per olive e frutta sotto spirito, e due fiaschi di vino, forse Fino al 1950 l’economia dello Spi- Chianti, ma all’epoca anche altri vini erano venduti in questo contenitore; un’intera limberghese, come del resto quella mensola della scaffalatura è dedicata all’olio Sasso. Fotografia di Tarcisio Baldassi. di gran parte del nostro Friuli, era prevalentemente agricola. C’e- locali, fatta eccezione per pochi tutto, fra capoluogo e frazioni, mo- rano sì artigiani e commercianti, generi di assoluta necessità, non destamente arredati e parcamente specie nel capoluogo, ma anche i reperibili sul posto, come ad esem- riforniti. Gli acquisti del resto veni- loro guadagni erano condizionati pio l’olio, il pesce fresco o secco, lo vano fatti con estrema parsimonia, dall’abbondanza o dalla penuria dei zucchero, il sale, il caffè, le spezie, a chili o a mezzi chili se non addi- raccolti. Inoltre tanto i contadini, il riso e certi tipi di pasta alimen- rittura a etti. Tutte le merci veni- quanto i cittadini, si alimentavano tare. A rifornire gli abitanti basta- vano vendute sfuse, avvolte in fogli durante l’intero anno con i prodotti vano pochi negozi, una decina in di carta velina, se sardine, aringhe 66 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

o conserva, di carta più spessa e terminato il pasto, mangiavano a o da mietere il grano, prima a ma- azzurra se zucchero, paglierina loro volta. I bambini venivano sfa- no, poi con la falciatrice meccani- invece se riso o pasta, trasformati mati prima dell’arrivo degli uomini ca trainata dai buoi o dai cavalli: con destrezza in cartocci dalle abili affinché non turbassero la loro bisognava allora cercare di soppe- mani dei negozianti. conversazione che verteva sui lavo- rire con un’adeguata alimentazio- ri della giornata. ne al dispendio di energie. Gerarchie in tavola Più tardi le grandi famiglie pa- Così la padrona di casa cuoceva Al resto dell’alimentazione provve- triarcali si divisero e così bambini una buona frittata col salame e la devano i campi, coltivati in proprio e adulti si sedettero tutti assieme cipolla, abbrustoliva alquante fette o affidati a mezzadria: i prodotti attorno al desco; la madre però era di polenta rimaste dalla sera pri- venivano consumati in parte dai sempre l’ultima a prendere posto, ma; sistemava il tutto in una cesta, proprietari e dai coloni, in parte dopo aver distribuito le varie por- accanto ad un fiasco di vino ed ceduti agli altri membri della co- zioni. incaricava una ragazza di casa o munità e variavano a seconda delle una nuora di recare la marinda in stagioni; così la cucina ed i piatti Colazione campagna. Per una mezz’ora si so- serviti sulle mense seguivano un Gli alimenti consumati durante il spendeva l’attività e si consumava ritmo e un andamento costanti che giorno variavano a seconda delle il primo pasto di una lunga giorna- si ripeteva di anno in anno. stagioni ed erano strettamente ta sulla zerada, o capezzagna, ac- Anche se i pasti erano semplici proporzionati al maggiore o mino- covacciati nell’erba ancora umida e frugali venivano preparati con re fabbisogno di calorie. D’estate, di rugiada, circondati dal chiarore grande cura e continua attenzione, ad esempio, la prima colazione ai luminoso del mattino. generalmente dalla madre, coa- lavoratori della terra veniva servita Le donne a casa invece si accon- diuvata dalle figlie e dalle nuore. dopo le otto nei campi. In questa tentavano di una scodella di po- Alla madre o, in sua mancanza, stagione il lavoro era continuo e fa- lenta e latte, e i più anziani di una alla donna più anziana, spettava ticoso: c’era infatti da falciare prati mistura chiamata caffè, ottenuta infatti l’onore, e l’onere, di gestire ed erbe mediche, o da sarchiare, con semi di orzo, di frumento e di l’economia domestica. Soltanto la zappare e rincalzare il granoturco, vinaccioli, tostati in casa, nell’ap- morte o una grave infermità toglie- va alla padrona di casa la ciassa [la cjace nel friulano standard], cioè il mestolo. I pasti erano tre: la marinda o prima colazione, il gustà o pranzo e la cena. Il loro orario seguiva il corso del sole: d’inverno si cenava verso le diciassette e d’estate verso le venti. L’orario della colazione variava dalle sette alle otto del mattino. Al momento dei pasti erano pun- tualmente presenti tutti i membri della famiglia: fino al primo conflit- to mondiale solo gli uomini sede- vano a tavola, mentre le donne li servivano; quando questi avevano Il giornale come tovaglia per la merenda sull’erba. Fotografia di Tarcisio Baldassi. TIERE FURLANE • 67 17 | TERRA FRIULANA

posito brustulìn, a forma di tega- me, fornito di un manico girevole e di coperchio, o di palla.

Il pranzo Terminata la colazione cominciava per la padrona di casa la fatica di preparare il pranzo. Fino al primo conflitto mondiale si cuci- nava esclusivamente sul fogolâr, appendendo le pentole all’uncino che pendeva da una catena colle- gata agli alari o sistemando i tega- mi su appositi treppiedi. Più tardi entrarono in funzione gli spolèr o cucine a mattoni e questi a lo- ro volta furono soppiantati dalle cucine economiche in ghisa o in lamiera. Per pranzo, come primo piatto, si preparava più spesso una mine- Fino alla prima guerra mondiale si cucinava sul fogolâr. Dall’almanacco Stele di stra, specie di fagioli. Questi erano Nadâl del 1962. già stati mondati la sera prece- dente e messi poi a gonfiare in un lasagne, ottenute impastando fari- ricordo quello di Ostoldi a Baseglia. pentolino colmo d’acqua. Veniva- na di grano tenero e acqua. In mancanza di orzo si poteva ri- no scolati e versati nell’apposito Prima che subentrasse l’uso del- correre anche al frumento, però pentolone con un pezzo di lardo, a la pasta nella minestra di fagioli, questo si gonfiava a dismisura e volte con una crodia o cotenna, e mezz’ora prima della cottura defi- trasformava il minestrone in una un muset, una cipolla, un mazzet- nitiva, si univa invece l’orzo pilato, densa poltiglia. Io ricordo di aver to di prezzemolo e diverse patate, l’orzu pilât o uardi pilât. Questo mangiato, dietro suggerimento infine bolliti a lungo. C’era bisogno consisteva in grani di orzo ai quali della nonna, frumento nell’inverno di un assiduo fuochista, perchè la erano state tolte, al mulino, con un del 1945, ma nonostante le diffi- minestra cuoceva sulla fiamma ali- apposito dispositivo, le glumelle. coltà di quel periodo e la penuria mentata a fascine, di vite, o di gel- Per cuocerlo ci voleva più tempo, di alimenti, tutti lo trovammo poco so o di robinia e, quindi, bisognava ma in compenso possedeva la vir- appetibile. aggiungere sempre nuovi stecchi. tù di non scuocere mai e di poter Per la preparazione della mine- Verso le undici si toglievano il mu- essere gustato inalterato anche il stra di uardi, finché era in auge il set e la crodia e si schiacciavano giorno dopo. Inoltre era molto rin- fogolâr, erano adibiti i bronzìns, le patate; poi si aggiungeva la pa- frescante e neutralizzava in parte i cioè le pentole di bronzo, ottenute sta che alle volte veniva acquistata danni che poteva arrecare alla sa- mediante fusione del metallo den- al negozio di alimentari o ritirata lute l’abuso di grassi animali. tro una forma precedentemente in cambio di frumento dal pastifi- Molti mulini dello Spilimberghese preparata con impasto di argilla e cio di Monreale, mugnaio a Gradi- erano attrezzati per la pilatura sterco di asino. I bronzins con il sca, oppure fatta in casa: in questo dell’orzo: accanto a quello già minestrone venivano sistemati, per caso si trattava di larghe e spesse menzionato di Monreale a Gradisca tutto il tempo richiesto dalla cottu- 68 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

ra, sugli appositi treppiedi. co, il vino e qualche volta il pane, Di queste, nella buona stagione, La pasta invece, qualunque essa sospesi al buinç o arconcello. c’era grande abbondanza e si pas- fosse, doveva cuocere lentamente La minestra, il muset e la crodia sava dalla lattuga al radicchio, ai e abbastanza a lungo. La mia non- e qualche volta le parti nobili piselli, alle cipolle, ai cetrioli, alle na, Angela Cimarosti, soleva dire della carne di oca conservate zucchine, ai pomodori, ai fagiolini, che per essere cotta al punto giu- sotto grasso, consumate nei pra- per tornare di nuovo e definitiva- sto la minestra doveva fare la ca- ti, all’ombra di un albero o di un mente al solo radicchio col soprag- pa, cioè addensarsi fino a formare covone di fieno, assumevano un giungere dell’autunno. una tela che, di tanto in tanto, il bollore squarciava. La nonna Anzula si intendeva bene di minestre e di fagioli; in- fatti la nostra famiglia di cinque persone, più gli eventuali parenti che venivano a dare una mano, consumava oltre un quintale di fa- gioli all’anno. Per lei la mignestra di fasoi era diventata quasi un rito quotidiano; solo qualche volta sostituiva ad essa una minestra con il pesto di lardo e la conserva, meno appetitosa di quella di fagio- li, a mio giudizio, proprio per quei minutissimi frammenti di lardo che dopo la cottura continuavano ad affiorare in superficie. Nell’uniforme d’ordinanza per l’orto non potevano mancare il cesto e il grimâl. Alla festa preparava la pastasciut- Quando l’orto, come in questo caso, era circondato da una siepe vi si accedeva attraverso un cancelletto. Fotografia di Tarcisio Baldassi. ta, di solito condita con un sugo a base di strutto e salame, con l’ag- giunta di acqua in cui veniva sciol- sapore nuovo, molto simile all’a- La cena ta una palanca di conserva. Con roma delle erbe che appassivano Dopo aver pensato alle verdure quel tipo di sugo preparava a volte al sole. la brava massaia preparava il pai- anche il risotto. Solo nelle grandi uolo per la polenta, vi aggiungeva festività compariva a pranzo il bro- Tal ort l’acqua e lo metteva sul fuoco; do con il lesso di gallina. Intanto che uomini, donne e quando principiava a bollire ag- Di solito gli uomini rientravano bambini, per tutto il pomeriggio, giungeva una manciata di sale e per il pranzo. Quando però erano dopo la breve siesta, erano impe- poi gettava la farina tutta assie- impegnati nella fienagione, che si gnati nella raccolta del fieno, la me, per poter tracciarvi sopra un svolgeva nelle praterie verso il Me- padrona di casa, dopo aver rigo- segno di croce; quindi rimestava duna, bisognava recarsi a portare vernato la cucina e lavato i piatti energicamente con il menadôr il gustà con la cjama, cioè con la nel seglâr, recuperando l’acqua affinché non si formassero grumi pentola della minestra e la sporta della sgrassatura per il maiale, si e continuava a rivoltare l’impasto di cartoccio o un cesto di vimini recava nell’orto, a mondarlo dalle ottenuto per una buona mezz’o- contenente le scodelle, le posate, i erbacce e a raccogliere le verdure ra, finché la crosta cominciava a bicchieri, la polenta, il companati- che dovevano servire per la cena. staccarsi e cucina e cortile odora- TIERE FURLANE • 69 17 | TERRA FRIULANA

vano di polenta fragrante. Quando la polenta era stata rove- sciata sul taulîr e tagliata a fette con il filo, veniva servita nei piatti la verdura e poi come compana- tico il formaggio, o il salame, o la frittata, o le uova sode; nelle grandi ricorrenze le carni di pollo, cotta nel tegame; finché le botti non erano asciutte, in mezzo al desco troneggiava sempre il boc- cale di vino.

Il zuf Intanto, lentamente, intessuta di sudore e di fatica, scivolava Alcune varietà tradizionali di zucca esposte a Il gno Ort, una manifestazione che giorno dopo giorno l’estate dentro si tiene ogni anno a settembre presso Villa Sulis di Castelnovo (mostra di ortaggi l’autunno e le giornate comin- di vecchie varietà, convegni sull’argomento, ecc.). La zucca così gropolôse che si nota sulla sinistra è, come indicato dal biglietto, la cavocie baruche. Nel testo si ciavano ad accorciarsi. Già si era trova, al plurale, come sucis barucis. In Friuli il nome della zucca ha molte varianti: provveduto a vendemmiare e la côce, çucje, sucje, zucje, cavòç, cavòce, cagòç, cogòç... Quanto a barùche, o vigna languiva spoglia. Veniva barùcje, viene dal veneziano zuca barùca, nome che è probabile eredità della cucina ebraica del Ghetto (baruch, in ebraico, significa ‘benedetto, santo’, ma era San Michele (29 settembre) e la anche cognome). nonna cominciava a ripetere uno dei suoi innumerevoli proverbi: te di Nizza e venivano chiamate degli uccellatori che li attiravano a San Michêl la marinda a va sucis barucis: avevano la buccia con i richiami e li imprigionavano in siêl. Infatti gli uomini non dura, quasi legnosa e la polpa gial- con il vischio. consumavano più le sostanziose la e zuccherina. Si lessavano e si Purtroppo il protagonista della colazioni sulla zerada. Bastava schiacciavano in acqua leggermen- storia raccontata da nonna Anzu- adesso lo scugjelin del cosiddet- te salata; quando questa giungeva la era stato poco accorto e aveva to caffè, possibilmente corretto ad ebollizione si lasciava cadere lasciato cadere alcune gocce di con un po’ di vino. Per i bambini e a pioggia una certa quantità di zuf sul petto, sicché gli veniva per le donne si preparava invece farina di mais fino a quando il zuf maliziosamente replicato dagli il zuf. Servivano a tale scopo le raggiungeva una consistenza cre- ascoltatori che anch’essi lo ave- zucche, cresciute rigogliose in file mosa. Allora si versava nei piatti vano dedotto, dal momento che trasversali, alternate ai fagioli, in e si copriva con un velo di latte aveva ancora la piuma dello sfor- mezzo al granoturco, ai cui stoc- appena munto. Grazie allo zuf si tunato volatile sul gilè. chi si arrampicavano vigorose. riempiva la pancia a tanti bambini Questo era ancora possibile per- con pochissimo latte, destinandolo Maiale e oche ché nei campi non veniva sparso invece alla produzione del formag- Esaurita la provvista di zucche come adesso il diserbante e le gio. A volte anche gli uomini non si ripiegava per la colazione di erbacce venivano strappate con disdegnavano a colazione lo zuf, grandi e piccini sul latte bollito i sulcits (sarchiatori) e la zappa salvo poi pavoneggiarsi con gli per una decina di minuti coi resti era azionata dall’alba al tramonto. amici di aver fatto invece marin- della polenta della sera prima: Le zucche per il zuf erano una da con quei succulenti uccelletti risultava una gradevole colazione varietà assai affine alle zucchet- che in autunno cadevano vittime poiché il gusto del latte si amal- 70 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

con grande soddisfazione degli adulti, ai quali non sembrava vero di gustarla finalmente assieme al nuovo muset. I bambini “delicati” come me, invece, si guadagnavano sempre qualche poderosa sberla perchè si rifiutavano di trangu- giare quel cibo troppo robusto. Per quanto mi riguarda io avrei mangiato volentieri la brovada cruda, condita con un po’ d’olio, ma non mi era permesso di farlo perché non rientrava nei canoni culinari di Anzula Simarosta. Mi era semplicemente concesso di ro- sicchiare i rimasugli che la nonna Si purcite: ordinaria scena di norcineria. Archivio Egidio Tessaro. non riusciva a tagliuzzare nell’ap- posito grat. Le cose non andavano gamava perfettamente con quello ta del collo e, soprattutto, i brodi troppo bene nemmeno davanti della polenta, senza bisogno di di ossa di maiale con l’aggiunta alle verze, non tanto per il sapore, aggiunta di zucchero o di surrogati di riso o di pasta, oppure il brodo essendomi sempre rifiutata di as- vari. ottenuto con il corbàn, cioè con saggiarle, quanto per l’odore acuto Intanto, con l’autunno inoltrato, lo schienale delle oche. E a cena e penetrante che aggrediva tutta variavano in parte anche i pasti compariva il fegato dell’oca frit- la casa. Non appena lo sentivo, già del mezzogiorno e della sera. Da to con la cipolla o i gustosissimi mi preoccupavo per i rimbrotti Sant’Andrea in poi si cominciava figadèi di purcit, o le verze con serali e per la prospettiva di finire ad ammazzare i maiali, ad ingras- la costa di maiale, o la prelibata a letto senza cena. sare ed uccidere le oche che ave- salsiccia, la luiania, o il radicchio Nonostante i guai serali che mi vano pascolato, sotto la guida dei condito con il lardo, cioè cu li procuravano non giunsi mai a ragazzi, sui cigli delle strade per frissis. odiarle, perché talvolta si pre- tutta l’estate. Tanta ricchezza do- sentavano in veste più gradita a veva essere custodita gelosamente Brovada e verze mezzogiorno, mescolate al riso, o nei camarins, assieme al vino e al Ormai il freddo si era fatto sempre mi fornivano una vera leccornia, burro fuso e riposta nei pignats più intenso e la campagna spoglia. almeno a mio parere, attraverso di terracotta. Invece le parti più La famiglia si raccoglieva nel tepo- lo stelo centrale, il tor di verza, scadenti e deteriorabili del maiale re della stalla; nelle grandi cucine mondato della scorza e divorato e delle oche, come ossa, fegati e si rientrava solo nelle ore dei pa- crudo. Gusti simili ai miei doveva- sanguinacci, venivano man mano sti. Anche se il gelo mordeva e ina- no essere comuni a buona parte consumate. Così nelle minestre a ridiva l’orto, c’erano sempre tante dei barbeanesi se il mio paese era mezzogiorno facevano la loro com- verze riposte sotto la meda di soprannominato Barbean dal tor! parsa i sanganei, cioè il sangue canne di granoturco; nel foladôr, del maiale cotto e insaccato con la stanza dove si pigiava l’uva e si Erbutis l’aggiunta di una parte di grasso e faceva fermentare il vino, troneg- Per fortuna, trascorso gennaio e li polmonis, insaccati di polmone giava una botte colma di brovada oltrepassato Sant’Antoni, un’ora mescolato alla carne sanguinolen- a cui si poneva mano a Natale, di demoni, a causa del freddo in- TIERE FURLANE • 71 17 | TERRA FRIULANA

tenso, si scivolava lentamente ver- vano e si lessavano i broccoli, che l’acquisto di un carciofo a testa: so febbraio. Dopo Sant’Apollonia, venivano conditi in insalata con questa verdura piaceva tanto alla la protettrice dei denti e di conse- abbondante aglio: essi erano, con mamma ed ella potè permettersi guenza di un’accurata masticazione la renga, l’aringa femmina ripiena di accontentare i suoi gusti quan- a tavola, la morsa del ghiaccio co- di uova, e il cospeton, l’aringa do divenne finalmente parona da minciava ad allentarsi. maschio fornito invece di latte e la ciassa (= cjace). Però il pas- Prima di tutto rinverdivano in meno succulento, il piatto tipico saggio, come ogni successione che mezzo alle stoppie del mais li er- delle cene di Quaresima, alternati si rispetti, non fu del tutto indolo- butis ed erano scovetis o sonchi, a tarassaco lessato e condito in re. Ci furono musi lunghi e risen- cesaruta o specchio di Venere, insalata, a cicoria selvatica (radic timenti che covarono a lungo fra confenon o papavero, radicessa di zerada) e ai nuovi germogli di le parti in causa. Io mi mantenevo o tarassaco, mari di viola o viola radic cul poc affiorati in mezzo apparentemente neutrale, ma in tricolore. Venivano raccolte e me- ai campi di erba medica, dove realtà preferivo la nuova cucina: scolate in parti uguali e fornivano erano stati seminati in primavera, finalmente sparirono le odiate mi- una verdura deliziosa, prima lessa- come contorno ad un uovo sodo. nestre col pesto di lardo, sostitui- ta e poi passata in tegame, con un Tutte queste verdure avevano to dal burro; fecero la comparsa di soffritto di lardo, burro e cipolla. una duplice funzione: prima di tanto in tanto gli gnocchi, i risi e Più avanti, verso marzo, si recide- tutto purificare il sangue dalle bisi, i risi e patatis e molte sere scorie dopo il lungo torpore in- il purè, specialità che la mamma vernale e sopperire alla penuria di aveva imparato a preparare in verdure dell’orto, essendo termi- Francia, dove era stata emigrata nate anche le verze e la brovada. fino al 1933. Per avere abbondan- In attesa di raccogliere gli aspa- za di burro, essendo sopraggiunta ragi e la prima insalata novella, nel frattempo la seconda guerra ci si arrangiava coi urtiçons, i mondiale, toglievamo ogni mattina germogli del luppolo, cui sparcs la panna al latte della sera e due di rùssul, i nuovi germogli di volte alla settimana preparavamo pungitopo, e cul sclopìt, la silene con questa il burro, battendolo inflata, che veniva consumato o nella pigna (zangola). Il latticello a pranzo assieme al riso o a cena che avanzava (batùda) veniva in padella, spesso mescolato alla poi bevuto dalla mamma e dalla Fiore della cesaruta, i cui germogli frittata. nonna, per rinfrescarsi. La nonna, coi bocci fiorali entravano nella inoltre, sempre a fini terapeutici, composizione delle erbutis primaverili. Suo sinonimo è brucuncèsare e La cjace, simbolo del potere usava preparare la zonglada, cioè si trova “nei campi, fra le biade Le uova in primavera facevano la giuncata. Sistemava accanto comunissima” come scriveva Giulio da padrone, sia perché le galline al fuoco una scodella di latte e lo Andrea Pirona nel suo Vocabolario botanico friulano del 1862. In entrambi erano entrate in piena deposi- lasciava cagliare per un paio di i nomi friulani si trova la base cèsare, zione, sia perché in tal modo era giorni; a questo punto aggiungeva che in alcuni luoghi indica i piselli, ma possibile risparmiare per giugno, mezzo bicchiere di vino rosso e che qui sta ad indicare un antico uso mese di grande attività agricola, una fetta di polenta e la cena era culinario di questa campanulacea (Legousia speculum-veneris per i i salami, l’ossocollo e i pezzi di bell’e pronta. Non so se fu in virtù botanici). Cèsare, in effetti, viene carne d’oca conservati nel grasso della batuda o della zonglada, dritto dal latino cicera, nome di una dell’animale. ma ad ogni modo ebbe la fortuna varietà di cicerchia, leguminosa la cui coltivazione è documentata dagli scritti Una volta o due nel corso del- di oltrepassare in ottima salute i di Columella. la primavera ci si permetteva novant’anni. 72 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

Pesci, rane (e i cais pai la bisàta, ottima in umido con la le quali trafiggevano le povere bassarôi) polenta. ranocchie acquattate nel fango e Durante il regno di mia madre Ogni tanto, durante l’inverno, la poi, spettacolo orribile a vedersi, mangiavamo spesso anche il bac- mamma comprava anche le sar- le infilzavano, una dipo l’altra, calà alla siciliana, con aglio, olio, dine o la frittura da una donna di in un filo di ferro piegato ad sardine e prezzemolo e non solo Marano, che girava ogni venerdì un’estremità, formando un lungo il venerdì santo come succedeva i nostri paesi in sella alla sua bi- spêc. Mi facevano tanta pena, prima. cicletta, col sole e con la pioggia, con quei grandi occhi imploranti Per quanto concerne il pesce senza ombrello, con la sola pro- e le manine contorte nel vuoto, fresco facevamo le nostre solenni tezione dello scialle di lana nero, che mi passava tutta la voglia scorpacciate ad ottobre, quando come neri erano i suoi vestiti, di mangiarle, anche se in realtà il Comune chiudeva per una set- perché in lutto perpetuo dopo la erano buonissime, una volta che timana l’acqua della roggia e dei morte del marito perito in mare. venivano scuoiate, ripulite, in- ruscelli: raccoglievamo allora i A primavera, invece, tutti i ra- farinate e fritte. Di notte a rane pesciolini rimasti a secco e, ripu- gazzi, specie quelli del paese, andavano anche gli adulti, con lendo il fango dei fossati, cattu- battevano i fossi armati di fiocine il faro a carburo, e la messe era ravamo qualche grossa anguilla, speciali chiamate pirons con sempre copiosa.

C’è sempre chi sta peggio

Nei nostri paesi non regnava l’abbondanza, ma la so- in una giornata di ricerca si riusciva a catturarne uno pravvivenza era garantita in modo decoroso come si solo; altre volte invece la fortuna arrideva e si ritornava può evincere da questo scritto. Vi erano, però, delle a casa con una decina di palle spinose. Alla sera ci si famiglie decisamente più povere delle altre, affrettava a far bobollire un pentolone d’acqua e a tuf- come quelle dei gravarôi di Gradiscaca farvi senza pietà le infelici bestiole, ancora vive, che tentavano di sbarcare il lunario affinchèaffinchè si srotolassero. Si provvedeva poi a raccogliendo le radici dell’erba detta toglieretoglier con un coltello i peli del ventre ed cuadri (Crysopogon gryllus) destinata a strapparestra con le tenaglie i pungiglioni. alla produzione di spazzole (si veda an-n- L’animalettoL veniva dopo passato alla che Tiere furlane n. 10, 2011). Francaa fiamma per bruciare i peli residui ed Spagnolo, in uno scritto intitolato ap-- infine sventrato. Si riusciva così a punto I gravarôi di Gradisca (nel perio-- recuperare da cinque a sette etto- dico spilimberghese Il Barbacian, dicembre grammi di carne. Il riccio poteva essere 1986), oltre a descrivere le vicende di queste persone, cucinato a guisa di spezzatino, rosolato in un si sofferma sulla loro alimentazione. Nella quale giocava po’ di strutto con cipolla ed erbe aromatiche e cotto in un grosso ruolo il riccio, che era “alimento base per tutti seguito a fuoco lento, aggiungendo di tanto in tanto un gli abitanti di Gradisca che non potevano permettersi di goccino d’acqua. A metà cottura venivano introdotte allevare un maiale”. Ed ecco i particolari: alcune fettine di patata. Una polenta fumante completava “I ricci, questi timidi ed innocui animaletti, venivano cat- poi la gustosissima cena. turati da novembre a gennaio, cioè appena essi hanno Se la caccia era stata abbondante, alcuni ricci venivano iniziato il letargo e sono perciò più ben nutriti. Per scovar- conservati per i giorni di magra, previa salatura: avreb- ne il rifugio bisognava individuare la traccia lasciata dagli bero così occupato nel camerìn il posto degli inesistenti animali sul terreno nel loro andirivieni per far provvista salami e sarebbero stati un ottimo condimento per zuppe di fieno e di foglie necessari a rivestire la tana. A volte e brodi durante l’intera invernata”. TIERE FURLANE • 73 17 | TERRA FRIULANA

cure: clitocibe, igrofori e prataioli. Ogni tanto, a novembre, avveni- vano casi di intossicazioni leggere a causa degli igrofori delle nebbie chiamati batocine, ma si risolveva- no in breve, con una buona colica e tanta paura. Di solito i funghi veni- vano preparati in padella, con olio, aglio e prezzemolo.

Bassa corte Galline e polli comparivano di rado sulla mensa. Una famiglia di modesti agricoltori come la nostra metteva a covare due chiocce in primavera ed una in agosto per ottenere, se possibile, alcune polla- stre da uova. Si poteva calcolare una schiusa di trenta pulcini in tutto; togliendo quelli che finivano affogati in cio- tole o in secchi colmi d’acqua nei quali non erano stati introdotti alcuni sassi per sostenere gli im- plumi imprudenti, quelli carpiti dalle poiane e quelli morti per pi- vida, la pipita, cioè l’ispessimento della lingua, ne restavano sì e no una ventina; perciò mangiavamo carne di pollo e di gallina soltanto nelle festività più solenni. Le gal- line poi venivano sacrificate solo se troppo vecchie per deporre le Pescatori di rane nel 1930. Fotografia di Tarciso Baldassi. uova, che erano considerate un insostituibile mezzo di scambio al Durante la mia infanzia i cais, le alcuni si azzardavano a raccoglierli negozio di alimentari per procurar- chiocciole, erano poco ricercati; a e a sfidare la morte. Prima di man- si zucchero, pasta, riso, conserva e mangiarli erano soprattutto i bas- giarli c’era chi li offriva al gatto; al- sapone. Quando finivano in pentola sarôi, cioè i contadini provenienti tri invece giuravano che si poteva- garantivano un brodo veramente dalle province venete, in modo par- no gustare con tranquillità quando eccezionale, tanto che si avvertiva ticolare da Venezia e Treviso. un anello d’oro aggiunto ai funghi il profumo a notevole distanza. durante la cottura non si era anne- L’allevamento dei conigli, inizial- Foncs rito. Grazie al cielo non avvenivano mente poco diffuso, fu incremen- Nei prati attorno a Spilimbergo disgrazie per il semplice fatto che tato durante il secondo conflitto crescevano molti funghi, ma solo le specie raccolte erano le più si- mondiale, a causa della crescente 74 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

vano venduti sotto le feste di Nata- mai carne bovina perchè il suo prez- le per rinnovare il modesto guarda- zo era considerato proibitivo. roba invernale; finivano così sulla Abbondante era invece il consumo mensa dai siôrs, o dai artiscj, di formaggio, in un primo tempo assieme a qualche cappone, o gal- fatto in casa e più tardi nelle latterie letto, o infelice gallinella, nei giorni turnarie; a volte veniva anche fritto di sabato, quando a Spilimbergo si in padella: si otteneva così il frico, teneva mercato in un apposito trat- ottimo con la polenta. to di Corso Roma, davanti al forno di Lovison, il così detto Marcjât da Dolci li Gjalinis. I dolci consumati durante l’anno A trattare gli acquisti, sempre piut- erano pochi: grande concessione tosto impegnativi, per le famiglie a Carnevale i crostoli e le frittelle, Galline e polli comparivano di rado sulle borghesi erano le donne di servizio; ottenuti spesso dopo un’intermi- mense contadine (grandi occasioni, festività importanti...). Archivio Egidio invece le mogli degli artigiani prov- nabile sequela di suppliche perché Tessaro. vedevano di persona ed erano sem- le massaie previdenti temevano di sciupare troppo strutto di maiale per friggerli. Durante l’inverno masticavamo in continuazione pan suturc, il pane di segala e farina di cinquantino [si veda Tiere furlane n. 12, 2012], con aggiunta di semi di finocchio. Era molto duro, ma assai saporito e mol- to serbevole: durava anche un mese. I più fortunati potevano contare su qualche profumata fuiassa primave- rile, specie a Pasqua. Fra i dolci poteva essere inclusa anche la mula che si preparava con sangue di maiale raccolto al momen- to della macellazione e mescolato in continuazione fino a quando diven- L’allevamento dei conigli fu incrementato durante il secondo conflitto mondiale, tava freddo: si evitava in tal modo a causa della crescente penuria di alimenti. Fotografia Cattedra ambulante per che coagulasse. A un litro di sangue l’Agricoltura della Provincia di Udine - Archivio Storico Cjase Cocel, Fagagna. si aggiungevano poi 600 grammi di penuria di alimenti. pre le più difficili ed incontentabili, farina di fiore, 800 grammi di zuc- Di solito chi aveva a disposizio- trovando il pollame o troppo magro chero, 400 grammi di cacao, 400 ne un fosso con acqua stagnante o troppo grasso. grammi di uvetta, due bustine di cresceva una covata di anatre che vaniglia, la parte gialla grattugiata sacrificava nel periodo delle ven- Prodotti dell’allevamento di quattro limoni, quattro mele grat- demmie o della spannocchiatura bovino tugiate, quattro litri di latte ed un per onorare il raccolto e i parenti Privilegio delle famiglie più ab- pizzico di sale. Si mescolava il tutto solleciti nel prestare aiuto. bienti era anche il brodo di manzo: che veniva poi cotto a fuoco lento, Gli eventuali tacchini allevati veni- i contadini non mangiavano quasi fino a quando diventava denso. Que- TIERE FURLANE • 75 17 | TERRA FRIULANA

sta ricetta mi è stata fornita dalla va. La marmellata ottenuta aveva o i fichi, a seconda della stagione e signora Maria Martina in Venier, un profumo penetrante di fragola e poi tirava malinconicamente per la residente a Gradisca, che soleva un sapore assai delicato. sua strada. preparare la mula fino al 1974. Io La frutta più attesa erano le cilie- ebbi la ventura di assaggiarla ed Per gli ammalati gie: non tutti però possedevano era assai gradevole, più di quanto C’erano anche i piatti speciali per una pianta e allora, o si tentava lo possa essere un comune budino. gli ammalati e i convalescenti: la l’assalto a quella del vicino, a volte sopa di brodo, il brodo col vino con spiacevoli conseguenze, o si Pane e succedanei rosso, la panada con l’olio di oliva aspettava pazientemente che ve- Il pane veniva consumato con e i semi di finocchio, la minestra nisse raccolta la galeta, cioè i boz- parsimonia; ai tempi della nonna di latte e riso, lo zabaglione col zoli dei bachi da seta, per recarsi a addirittura quando si incontrava vino e, per risolvere raffreddori e venderla con il nonno o con i geni- qualcuno di ritorno dal forno o tossi, un buon brulé o il latte con tori e farsene pagare un cartoccet- dal negozio con una bina di pane la grappa, la sgnapa o aga di vita, to. Si gustavano con estrema len- in mano, gli si chiedeva se avesse spesso distillata clandestinamente tezza, per farle durare più a lungo qualche ammalato in famiglia. Es- nei fossi. e se ne riponeva due appaiate per so era tanto pregiato che quando ornarsene poi a guisa di orecchini. una sposa partoriva i parenti le Frutta Però il periodo più generoso per la recavano in dono una gallina, pos- Generalmente a tavola non si man- frutta era settembre, allora matu- sibilmente nera, per il brodo e una giava mai frutta. Questa si consu- rava in campagna ogni ben di Dio: cesta di pane per la sopa. mava quando si presentava l’occa- pesche, baracòcui (le moderne Anche quando io ero già grandicel- sione, raccogliendola direttamente nettarine), uva, fichi e susine, c’era la il pane veniva trattato con gran- dalle piante o acquistandola dai solo l’imbarazzo della scelta. de rispetto e mangiato soprattutto rivenditori ambulanti, nei mercati, Per quanto riguarda l’uva gli anzia- a pranzo e d’estate, quando le gior- nelle sagre o in particolari periodi ni la sorvegliavano con attenzione nate erano particolarmente lunghe, dell’anno. e tentavano invano di tenere lon- verso le quattro o le cinque del po- A Spilimbergo, ad esempio, da giu- tano le grinfie dei ragazzi, insupe- meriggio, per un semplice spuntino gno a tutto settembre e a volte fino rabili nell’accorgersi che qualche assieme al salame, al formaggio, o a ottobre, attorno alla piera dal grappolo di Bacò stava arrossando, inzuppato nel vino. Ma in tempo di pés e più tardi lungo il Corso Ro- ingrisînt si diceva allora, e avanti guerra, quando in casa c’erano tan- ma, davanti alla libreria Menini, si a becotâ. Restavano però i segni ti amici e parenti con cui dividere disponevano le venditrici di frutta degli acini mancanti, così si veni- il cibo, succedeva che il pane non di Castelnovo, li rivindiculis, con va accusati di avere commesso il bastasse. Così mangiavamo polenta uno o più cestelli ricolmi di frutta crimine. Io avevo un metodo più fredda anche fôr di ora, come si di stagione e la bilancia. Invitavano discreto: toglievo al grappolo l’in- diceva allora invece di merenda; con insistente cortesia ad acquista- tero racimoletto, il raschèt, e così la nonna la spalmava con la mar- re la loro merce, offrendo genero- nessuno poteva accorgersi dell’am- mellata di more di gelso, autentico samente un assaggio. manco. Secondo gli adulti c’era miracolo dell’autarchia: infatti era Chi era più fornito di pecunia com- licenza di mangiare uva soltanto la sola ottenibile in quegli anni di perava senza farsi troppo pregare, durante le vendemmie, ma alcuni, carestia di zucchero. chi invece era in difficoltà si ac- i più crumiri, consigliavano sempre A giugno raccoglievamo, mediante contentava di guardare le ciliegie, di fischiare o di cantare durante il scuotimento, le more in larghi teli. o le pere moscatelle, o le mele di lavoro per impedire ai vendemmia- Venivano poi spremute e il succo San Pietro, o i cuargnui cioè le tori di avere la bocca piena. messo a bollire finché si addensa- corniole, o li siespis cioè le susine, Per quanto riguarda le mele e le 76 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

nove febbraio, sagra a Barbeano di Sant’Apollonia, e penso che nessuno fosse allora più felice di me: quei frutti d’oro mi appaga- vano completamente saziando occhi, odorato e gola.

Gli scaffali si riempiono Dopo il secondo conflitto mondia- le la situazione alimentare comin- ciò gradatamente a modificarsi. Uomini e donne ripresero con la valigia la strada dell’estero, così ci furono maggiori disponibilità di denaro e quindi la possibilità di allargare le spese. Perfino sulle mense più modeste fece dempre più spesso la sua comparsa la carne vaccina, bistecca compresa. Gli scaffali dei negozi andarono La frutta più attesa erano le ciliegie. Fotografia Cattedra ambulante per via via riempiendosi di generi di l’Agricoltura di Udine - Archivio storico di Cjase Cocel, Fagagna. consumo e di prodotti nuovi, con- fezionati dalle industrie alimenta- castagne si faceva provvista dalle pur non potendo gareggiare ades- ri in costante ascesa. Restarono montagnolis sempre di Castelno- so con le Golden in bellezza, le un ricordo i surrogati del caffè di vo o di , che scendevano batterebbero senz’altro in bontà. derivazione casalinga: finalmen- trainando il carretto carico di Si era soliti riporre anche alcuni te si poteva gustare l’aromatica frutta e la cedevano in cambio di rôs, cioè tralci di uva con i grap- bevanda genuina, con zucchero a granoturco: un chilo di mele o di poli attaccati, per mangiare l’uva volontà, e avere pane e biscotti e castagne per un chilo di pannoc- nell’autunno inoltrato e nei primi frutta sempre a portata di borsa. chie. giorni dell’inverno. A tale scopo si Ma l’incredibile benessere mutò Il padrone di casa, il patriarca, da- prestava bene la Palomba, un’uva a poco a poco abitudini e costu- va licenza alle donne di barattare rossa e carnosa, quasi scomparsa, mi sociali antichissimi: in primo per tali acquisti i sions, cioè le il Fruntignan, un’uva nera, pic- luogo le famiglie cominciarono a pannocchie rimaste indietro du- cola di acino e con la buccia dura, dividersi, a sfaldarsi; molti nuclei rante la raccolta e che venivano dal sapore astringente, simile al familiari abbandonarono la terra recuperate al momento di tagliare Lambrusco, e la Fraula, cioè l’u- per trasferirsi in città dove c’era- le canne, di roncjâ. Così, per au- va Isabella. no maggiori possibilità di lavoro mentare la disponibilità di sions, Alcuni grappoli d’uva venivano e di guadagno. Anche coloro che alcuni lasciavano appositamente benedetti assieme alle mele, al rimasero legati al loro ambiente indietro qualche pannocchia in sale e all’acqua la vigilia dell’Epi- furono a poco a poco influenzati più. fania e poi consumati con devo- dai mutamenti verificatisi ed i Le mele prodotte a Castelnovo e zione. gusti alimentari cambiarono e si dintorni erano piccoline, ma mol- Gli agrumi venivano mangiati di uniformarono. Molte tradizioni to profumate e assai sebevoli e, rado: la mamma me li comprava il del passato furono dimenticate TIERE FURLANE • 77 17 | TERRA FRIULANA

definitivamente, quelle sopravis- sute persero di continuità e di originalità. Dalle nostre mense non sono del tutto scomparsi i piatti tradizionali, solo che invece di es- sere una necessità sono diventati un diversivo per le grandi occasioni e le riunioni di amici, quando al posto della carne ormai divenuta una consuetudine, ricompaiono la polenta, la brovada col muset, il minestrone e altri cibi poveri, ma tanto gustosi. Grazie ai notevoli miglioramenti economici una larga fascia sociale nell’ultimo trentennio ha potuto finalmente saziare la fame atavi- ca: quasi più nessuno rammenta il cospeton appeso alla cappa del camino e fatto sgocciolare per mesi in un piatto onde intingervi la po- lenta, e questo è stato senz’altro un notevole successo. Però ci siamo lasciati spesso tra- volgere dall’euforia consumistica, Questa fotografia è stata scattata a Spilimbergo negli anni Sessanta del passando dai cibi economici e na- secolo scorso da un funzionario della Cattedra ambulante per l’Agricoltura turali a quelli molto più sofisticati, della Provincia di Udine (Archivio storico Cjase Cocel, Fagagna). rimpinzandoci così con alimenti Alla fine del contributo di Franca Spagnolo Un piatto per ogni stagione pubblicato nel 1984, e qui ripreso, vi è anche la descrizione di una costosi e spesso anche dannosi per quarantina (!) di piatti rustici friulani che, per motivi di spazio, non possiamo la salute. Ora che gli anni di abbon- riportare. Non si tratta di personali elaborazioni dell’autrice ma, come il danza sfrenata vanno fatalmente metodo vuole, di notizie raccolte dalla viva voce del popolo e fedelmente esaurendosi, invece di lasciarci riportate. Per quanto concerne il mais vi sono due preparazioni che, pur ancillari rispetto alla polenta quotidiana, possiamo rammentare in quanto sgomentare dalla cosiddetta crisi completamente uscite dalle nostre abitudini alimentari. [l’autrice scriveva nel 1983!!! NdR], è bene ricordare come in anni tan- Blava cueta (granoturco bollito) Le pannocchie a maturazione cerosa possono essere bollite in acqua to, ma tanto, più difficili dei nostri, salata e mangiate calde. Ai Santi c’era l’abitudine di bollire anche i chicchi si riusciva a mangiare discretamen- di mais secco con qualche grano di sale, dopo averli tenuti in ammollo, per te senza dover dissestare il bilancio poi mangiarli durante la veglia dei morti. familiare e quello nazionale. Panolis rostidis (granoturco arrostito) Riandando con la memoria ai tempi Quando le pannocchie sono ancora fresche, cioè contengono il cosiddetto della nostra infanzia forse potrem- latte, si possono arrostire sulle braci, dopo aver infilato nel tutolo uno mo trovare la soluzione a molti stecco per poterle rigirare con tranquillità. Bisogna prestare attenzione a non farle abbrustolire troppo altrimenti rischiano di bruciarsi. Se cotte al problemi che travagliano questi punto giusto sono molto gustose e profumano l’aria di un piacevole aroma. anni di transizione e riacquistare fiducia nel futuro. 78 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

Giovanni PUPPATTI Alle origini dell’aratro in Friuli Vuàrzine e vuarzenón: introduzione alla storia del più importante attrezzo agricolo

Lo studio dell’aratro in Friuli non ro, quindi testimonianza di una trica”, a un’ala (vuàrzine), fino al può che partire dall’esame di re- cerimonia religiosa più che di un secolo scorso. perti archeologici e dai testi clas- uso agricolo) e altri, in posizione Nella sua forma di base esso è ca- sici che ne fanno cenno, nonché arretrata, che assistono al traccia- ratterizzato, oltre che dall’essere dalle opere di pittura e scultura mento del solco di delimitazione tutto in legno, ad esclusione del che non hanno mancato di raffigu- dell’area su cui sarebbe sorta la vomere che è in ferro, dal posse- rare questo importante strumento città di Aquileia. Questo rito in uso dere un vistoso ceppo (dentâl) della civiltà contadina nel corso dei presso i Romani accompagnava la nel quale si innestano le altre parti secoli. Gli aspetti linguistici relativi fondazione di una città: tutti ricor- che lo compongono, vale a dire alla nomenclatura dell’aratro e del- diamo dai libri di scuola la fonda- lo stesso vomere (fiar, versôr), le sue parti sono appena sfiorati in zione di Roma da parte di Romolo. la bure ricurva (bôt, pièrtie) e la questo scritto: uno studio lessicale Da un esame di quell’aratro si stiva che si è evoluta in due stegole meriterebbe un contributo ad hoc nota subito che è del tipo detto “di (màntiis). data l’importanza che riveste e le Trittòlemo”, l’aratro classico che i Vale la pena di ricordare che il vo- Lsuggestioni che può offrire (si veda Romani avevano ereditato dai Gre- mere, introdotto dagli Etruschi nei Pellegrini e Marcato 1988, Puppatti ci attraverso gli Etruschi. Si tratta secoli V-III e adottato dai Romani, 2010, Puppatti 2012). di un aratro simmetrico semplice è il vero fautore del grande succes- (senza carrello) particolarmente so che l’agricoltura ha avuto presso Dai primordi all’anno Mille idoneo ad operare in terreni leg- questi ultimi. Troviamo la rappresentazione geri, possibilmente già da tempo Sempre al periodo della domina- più antica dell’aratro in Friuli in messi a cultura e quindi liberi da zione romana va fatta risalire l’in- una lapide conservata nel museo pietrame e radici. Questo tipo di troduzione dell’aratro con ruotino archeologico di Aquileia. Si tratta attrezzo, incorporando modifiche anteriore (I secolo a.C), e di quello della raffigurazione di alcuni magi- migliorative, è rimasto in uso nella a carrello (I secolo d.C), entrambi strati, di cui uno intento a reggere nostra regione con le due varianti, provenienti dell’area alpina (ne l’aratro, un altro a guidare un paio quella detta “simmetrica”, a due ali parlano rispettivamente Virgilio di bovini (una giumenta e un to- (vuarzenón), e quella “asimme- e Plinio). Queste due invenzioni TIERE FURLANE • 79 17 | TERRA FRIULANA

sono state delle pietre miliari nella rosi di quelli trovati in tutte le altre Miniatura nel salterio di S. Elisabetta storia dell’agricoltura ma, come Regioni d’Italia (Forni 1989). I più (prima metà del XIII sec.) che si trova vedremo, la loro diffusione si avrà numerosi sono quelli “a ferro di nel Museo archeologico nazionale di Cividale. Si tratta di un libro di solo dopo il Mille. In particolare vanga”, mentre meno rappresentati preghiere giunto al Capitolo di Aquileia quella dell’aratro con carrello, vera sono quelli “a ferro di pugnale”: i dalla Turingia-Sassonia, attraverso lo gloria degli Anauni (Forni 1998), primi sono caratteristici dell’area zio della santa, Bertoldo di Andechs, patriarca di Aquileia dal 1218 al 1251. una popolazione della Valle di Non mediterranea, i secondi di quella Questa raffigurazione dell’aratro in Trentino, è stata alla base di alpina. Mancano quelli “a ferro di non trova riscontri con le analoghe ogni ulteriore sviluppo dell’attrezzo lancia” di provenienza germani- attrezzature presenti all’epoca in Friuli, mentre potrebbe essere il precursore agricolo. Che l’agricoltura abbia ri- ca, più diffusi in Lombardia. Una dell’aratro detto “germanico” che cevuto in Friuli un notevole impul- presenza così massiccia, attestata si sarebbe sviluppato nei secoli so con l’arrivo dei Romani (si pensi dai reperti conservati nei musei di successivi. all’introduzione della cerealicoltura Aquileia, Gorizia, Udine, Cividale, Cividale del Friuli, Museo archeologico nazionale, Archivio e Biblioteca, Codice mediterranea basata su grano e or- Tesis di , Codroipo, ecc., può CXXXVII, “Psalterium” f. 4r. JPG. Su zo, alla coltura dell’olivo, della vite, essere attribuita alla disponibilità autorizzazione della Soprintendenza del castagno, ecc.) ce lo conferma- sul posto del ferro proveniente per i beni storici, artistici ed etnoantropologici del Friuli Venezia no i vomeri in ferro trovati nell’a- dal vicino Norico (ibidem) ed alle Giulia - MiBAC. gro aquileiese che sono più nume- conoscenze tecniche di lavorazione 80 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

cui andare fieri. mantiis bût L’importante ritrovamento archeo- (stegole) mondadôr (raschiatoio) (bure) logico a Salgareda di Treviso di un vomere asimmetrico e di un coltro di età traianea confermano poi de- finitivamente l’uso in area veneto- friulana dell’aratro asimmetrico munito di versoio (ale). Quest’ul- timo, che è un’altra grande inven- coltri, curtìs bree, ale (coltro) zione applicata all’aratro, è detto in (versoio) dialetto veneto versòr, termine che figura nel noto indovinello verone- se che si fa risalire ad un periodo versôr, fiâr situato a cavallo tra VIII e IX secolo (vomere) (Se pareba boves, alba pratalia In questo disegno è riportata la nomenclatura bilingue friulano/italiano delle araba, albo versorio teneba, ne- principali parti dell’aratro asimmetrico (a un’ala) detto in friulano (v)uàrzine. Questo nome discende direttamente dal latino, risultando un traslato di o˘rga˘num che gro semen seminaba). In area ve- aveva il significato di ‘arnese’. L’aratro era perciò considerato lo strumento per neta il versòr è passato ad indicare eccellenza dell’agricoltore. La parola è interessante anche perchè non ha riscontri tout court l’aratro asimmetrico nei finitimi dialetti veneti, nè in altre parlate italiane; ciò significa, evidentemente, che non è un attrezzo “d’importazione”. Nei dialetti veneti l’aratro è detto versòr con carrello, fornendo indicazioni (da verso˘rium) che in origine indicava il vomere o, meglio, le “orecchie” (aures) o incontrovertibili sulla provenienza tabellae versoriae ad esso collegate che voltavano la terra. Poi, per sineddoche, è locale di questa tipologia di aratro. passato ad indicare l’intero attrezzo. Anche qui il friulano si discosta in quanto ha Il veneto varsòr/versòr è pene- mantenuto versôr nel senso di vomere. trato in alcune località del Friuli occidentale dove si incontrano le del medesimo da parte dell’ele- particolare in Friuli si è trovato un forme varsòr, varsuòr, varsòra... mento celtico presente in regione. vomere, risalente sempre al perio- (Pellegrini e Marcato 1988, 16). In merito va ricordato l’importante do romano, dall’incipiente forma Pertanto possiamo dire che l’aratro contributo dato da Ahumada Silva asimmetrica, che testimonierebbe, con carrello si è evoluto diventan- (1999), riordinatrice del materiale se non altro, l’avvio di una aratura do asimmetrico, munendosi di un archeologico conservato nel Mu- asimmetrica tenendo inclinato l’a- versoio (come i moderni aratri) in seo provinciale di Gorizia, là dove ratro simmetrico. area veneto-friulana già in epoca fa discendere i vomeri a lama di Un altro dispositivo molto impor- romana anche se, come vedremo, pugnale dalla tradizione celtica e tante di epoca romana trovato si svilupperà e diffonderà solo in colloca la loro diffusione in tempi nell’agro aquileiese è la catena- secoli successivi. precedenti al periodo di espansio- gancio (purcitàrie) facente parte ne dello Stato romano in area cel- del carrello (cjarugjél). Ciò ci Rinascita dell’agricoltura tica. La stessa studiosa giustifica la induce a ritenere, in accordo con dopo il Mille presenza contemporanea nell’area Forni (1990), che il Friuli appar- Nell’Europa occidentale, dopo il friulana dei due tipi di vomeri, tenga a quella area geografica che periodo delle invasioni barbariche, quello a lama di pugnale e quello va dalla Britannia, all’Alto Reno e a partire dal secolo XI si hanno a ferro di vanga, dai loro impieghi all’, in cui prima che altrove testimonianze della reintroduzione diversificati: in suoli ricchi di radici si è diffuso l’aratro asimmetrico, e diffusione dell’aratro con il car- e di pietre il primo, in suoli privi l’aratro base dell’aratura moderna. rello. Il Friuli farebbe eccezione de detti materiali i secondi. In Un vero primato, noto a pochi, di perché, almeno per quanto si sa TIERE FURLANE • 81 17 | TERRA FRIULANA

al momento, bisogna arrivare agli mina con una biforcazione a cui il pieno controllo del dispositivo inizi del XVI secolo per avere la sono applicate le stegole. aratorio (ceppo-vomere, dentâl- rappresentazione di un aratro con Va ricordato che l’aratro asimme- versôr) e quindi di evitare quegli carrello. Risalente al secolo pre- trico con una delle due stegole, ostacoli (grosse pietre e radici) cedente è l’aratro semplice (senza la bure ed il coltro collocati sullo che comprometterebbero l’integri- carrello) raffigurato nella chiesetta stesso piano troverà una notevole tà dell’attrezzo. In queste situazio- di S. Pietro di Magredis (Povolet- diffusione in Friuli anche nelle sue ni di difficoltà l’aratro di Trittòlemo to), nell’unico ciclo dei mesi intero forme successive più avanzate. andrebbe incontro ad inevitabili e ben conservato (un altro, ma Anche se nel caso raffigurato si rotture. incompleto, si trova nella chiesa di tratta di una usuale preparazione Di questo quattrocentesco aratro S. Biagio di Cividale), che si trovi del letto di semina per il frumento, va pure notata la lunga stegola in Friuli. L’aratro qui rappresenta- sappiamo che l’aratro rappresen- (questa, essendo singola, andreb- to, nel mese di ottobre, è del tipo tato risulta essere particolarmente be correttamente chiamata stiva) a struttura radiale, formato cioè idoneo ad operare in terreni semi che lo assimila in parte ad un da stegola-ceppo (màntie-dentâl) preparati, se non addirittura vergi- aratro tipico dell’area lombardo- obliqui costituenti un solo pezzo e ni, da dissodare, dove c’è la neces- piemontese (siloria) con il quale dotato di coltro (il coltellaccio det- sità di far emergere le pietre e le potrebbe vantare una certa pa- to còltri in friulano): ciò è inusuale radici rimaste dopo l’escavazione rentela. Tale derivazione potrebbe per quel tipo di aratro e starebbe delle ceppaie. La caratteristica di essere avvalorata dagli stretti rap- a testimoniare una certa familia- questo aratro a struttura radiale, porti che in Friuli, in quei secoli, rità con l’aratro asimmetrico cui grazie al suo alto baricentro, è si strinsero con l’area lombarda, in normalmente il coltro non manca quella di consentire all’operatore considerazione dell’origine milane- e, quindi, anche col carrello cui normalmente viene associato l’a- ratro asimmetrico. Il vomere, che è a ferro di vanga, è del tipo sim- metrico con le alette laterali molto accentuate. La stegola (màntie) principale giacente sullo stesso piano della bure è affiancata da una ausiliaria che viene utilizzata solo saltuariamente, ad esempio al momento dell’inversione del Diagramma delle forze riguardante l’aratro a struttura radiale (stiva-ceppo obliquo) senso di aratura, quando l’aratro e quello cosiddetto di Trittòlemo. L’analisi meccanica dell’aratro simmetrico, va sollevato da terra. Si puo’ ragio- come risulta dal grafico delle forze durante il tracciamento del solco, permette nevolmente supporre che questa di individuare due tipi fondamentali di strumenti: quello di sinistra (1), con stiva- ceppo-vomere (a) in posizione obliqua (è il caso dell’aratro raffigurato nel ciclo seconda stegola servisse anche a dei mesi di Magredis), e quello di destra (2), a ceppo-vomere orizzontale (tipo fare una aratura asimmetrica con cosiddetto di Trittòlemo) che rappresenta la normalità degli aratri diffusi in Friuli. un aratro simmetrico tenendo pie- Nel primo tipo il centro di gravità C è tanto più alto (quindi l’aratro è più instabile e di più difficile guida) quanto più la stiva-ceppo si avvicina alla vericalità: è uno gato l’aratro! L’operatore, come si strumento adatto ai terreni in fase di disboscamento ricchi di ostacoli (sassi vede dalla figura, tiene afferrata la e radici) e ai terreni argillosi-umidi. Nel secondo tipo l’attrito del vomere (a) si stegola principale con entrambe aggiunge alla pressione P dell’aratore sulla stiva, ma la posizione bassa del centro le mani per uno stretto controllo di gravità C agevola il tracciamento del solco; la posizione orizzontale del vomere ne riduce l’attrito, cui però si aggiunge quella del lungo ceppo. Non è adatto a dell’attrezzo. La bure (bôt), nella terreni argillosi-umidi. In entrambi i tipi, la forza di traino T è applicata alla bure. parte prossima all’operatore, ter- (Tratto da Forni 1990). 82 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

cioè con carrello, è documentato fin dal XII secolo). La diffusione di questo aratro a carrello, è oppor- tuno ripeterlo, ha rappresentato dopo il Mille un vero salto di qua- lità nell’agricoltura, consentendo, sotto la spinta dell’aumento della popolazione, un esteso utilizzo di terre fino ad allora rimaste vergi- ni ed il passaggio dalla rotazione biennale a quella triennale, con il conseguente aumento della produ- zione agricola. Tale aumento, fino alla fine dell’Ottocento continuerà Aratro romano raffigurato nella lapide pila di acquasanta (ora adibita a ad essere dovuto soprattutto alle conservata al museo di Aquileia. Si fonte battesimale) che si trova a nuove terre lavorate, molto meno tratta del classico aratro di Trittòlemo con la stiva infissa nella bure, o S. Lorenzo di Sedegliano (UD), all’incremento di produttività per comunque a ridosso di questa, quindi di un aratro con carrello. Si tratta unità di superficie, a causa della più avanzato, tecnologicamente di un’opera del lapicida ticinese nulla o poca concimazione in uso. parlando, del tipo primitivo in cui la Giovanni Antonio Pilacorte, in cui Come si può dedurre osservando stiva e la bure sono entrambe infisse nel ceppo e distanziate fra loro. La l’artista ha voluto rappresentare i due aratri, quello di S. Pietro scena non raffigura un’aratura a fini in graffito, oltre all’aratro, altri di Magredis (del tipo a struttura agricoli, ma la cerimonia di fondazione attrezzi (ascia/manàrie, piccone radiale, stiva-ceppo) e quello di di una città: il sacerdote-aratore pianta nel terreno il vomere per segnare il ad ascia/sapòn a as, erpice/grape, S. Lorenzo di Sedegliano (con il perimetro su cui saranno costruite le contenitore dell’acqua/coce de carrello che conferisce stabilità e mura. aghe, cesto/ zei dal gustâ, rastrel- manovrabilità all’aratro del tipo di Museo Archeologico Nazionale di Aquileia - Raccolta archeologica. lo/ristiel di fiar, badile (?)/pale di Trittòlemo), pur essendo profon- Riproduzione su concessione del raspe che si aggiungono al bue/bo) damente diversi tra loro, sono en- Ministero per i Beni e le Attività usati in lavori di disboscamento e trambi particolarmente idonei, per Culturali, Soprintendenza per i Beni di messa a coltura del terreno che, le modalità con cui operano, ad es- Archeologici del Friuli-Venezia Giulia, 12 giugno 2013, prt. N° 1707/19. evidentemente, in quel frangente sere impiegati in terreni vergini e, Riproduzione vietata. erano in atto nella località inte- quindi, bene fotografano le attività ressata. Quivi viene raffigurato un agricole di quel periodo (disbo- se di alcuni suoi patriarchi, i quali aratro munito di coltro e versoio, scamento, dissodamento, scasso, non mancarono di portare con sé significando con ciò molto proba- aratura dei terreni). maestranze ed esponenti della no- bilmente che si tratta di un aratro biltà e quindi anche usi e costumi asimmetrico del tipo di Trittòlemo Dal Rinascimento di quella regione (si pensi solo ai (solitamente, come si è detto so- agâr e cumiérie lapicidi ticinesi che allora operaro- pra, l’aratro simmetrico non usa il Con il Rinascimento prende avvio no in Friuli e ai signori Della Torre coltro). Siamo davanti ad una gran- in forma generalizzata la tecnica che tanta parte ebbero nella nostra de innovazione in campo agricolo, di aratura “a porche” (cumiériis) storia). ripresa, purtroppo, come sembre- tanto in Italia che in Friuli. Di con- Degli inizi del secolo successivo rebbe da questa attestazione, assai seguenza si diffonde l’uso dell’ara- (1503), come già accennato, è tardivamente in Friuli (in Lom- tro simmetrico che durerà fino alla la raffigurazione, alla base della bardia l’uso dell’aratro composto, fine dell’Ottocento, finendo per TIERE FURLANE • 83 17 | TERRA FRIULANA

essere gradualmente abbandonato fondo, richiedeva un minor numero a favore dell’aratro asimmetrico. di buoi per il tiro: i solchi preesi- Le ragioni del plurisecolare succes- stenti facilitavano il mantenimento so dell’aratro simmetrico o vuar- della direzione di avanzamento zenón (formazione di agâr e cu- e l’aratura avveniva con passaggi miérie), non sempre ottimale per successivi, uno accanto all’altro, le funzioni che doveva svolgere, evitando così quei tempi morti lun- vanno attribuite anche al risparmio go le capezzagne (cjaveçâi) all’at- di letame che consentiva: il prezio- to di invertire il senso di marcia so fertilizzante, allora unico, pote- che sarebbero stati inevitabili con va essere distribuito lungo i solchi l’impiego della vuarzine (il voltao- (agârs) e non a spaglio sull’intera recchio era ancora di là da venire). superficie. Un esempio di questo tipo di aratu- Va pure fatto notare che l’aratura ra si ritiene possa essere ravvisato Aratro pesante con carrello del fonte a porche favoriva lo sgrondo delle nel seicentesco affresco di Villa battesimale, già pila dell’acqua santa, acque nei terreni soggetti a rista- Totis di Faugnacco di Martignac- di San Lorenzo di Sedegliano. La raffigurazione risale al 1503 ed è gno, riduceva i tempi di lavoro e, in co, andato perso con il terremoto opera di Giovanni Antonio Pilacorte. Per quanto ci consta è la prima del genere in Friuli. Come può essere osservato, si tratta di un tipico aratro di Trittòlemo con carrello (cjarugjél), caratterizzato dall’avere il vomere in ferro, la bure ricurva e le stegole fissate al ceppo. Inoltre, fatto molto importante, sono ben rappresentati il versore ed il coltro: questi due elementi (soprattutto il coltro) lo farebbero assegnare alla categoria degli aratri asimmetrici (vuàrzine). La rappresentazione è veramente interessante in quanto non solo ci raffigura una particolare tipologia di aratro, ma col corredo di attrezzi ed oggetti che l’accompagnano (erpice/ grape, malimpeggio/sapon a as, accetta/manàrie, cesto/zei di gustâ, recipiente per l’acqua/coce di bevi, ecc.), ci dice in maniera inequivocabile che la comunità del luogo in quel periodo era intenta a lavori di disboscamento e di dissodamento (spezzâ) di nuove terre Raffigurazione di ottobre nel quattrocentesco ciclo dei mesi che si può ammirare che richiedevano il trasferimento della nella chiesa di San Pietro in Magredis di Povoletto. Aratro semplice (non dotato famiglia sul luogo di lavoro per l’intera di carrello/cjarugjél), simmetrico, senza ali, con due stegole, a struttura radiale. giornata. Per operare in terreni vergini Questo aratro è adatto anche alle lavorazioni di terreni accidentati o con ostacoli; del genere, dove sassi e grosse radici era, quindi, perfettamente funzionale alla località dove è stato raffigurato, sia per i creavano ostacoli meccanici, gli disboscamenti in atto all’epoca, sia a causa della ricchezza di scheletro dei terreni aratri più indicati erano due: questo (grave, glerie). La principale delle due stegole è posta sullo stesso piano della bure asimmetrico con carrello qui illustrato (bôt) e del coltro (fiâr) e viene afferrata, come si vede nell’immagine, con entrambe e quello semplice (senza carrello), del le mani per trasmettere la maggior forza e stabilità possibili all’organo lavorante. tipo a struttura radiale, presente nella L’altra serve solo in determinati momenti, soprattutto per sollevare l’aratro quando raffigurazione della chiesetta di S. si tratta di invertire la direzione di marcia (sui cjaveçâi). Foto Claudio Mattaloni. Pietro di Magredis-Povoletto. 84 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

Aratro simmetrico, cioè a due ali (vuarzenón), riprodotto in un seicentesco affresco della Villa Totis di Faugnacco (Martignacco) andato perso in seguito al terremoto del 1976. Si nota un robusto ceppo privo di orecchie con stegole quasi verticali e bure dritta. Anche le righe di fondo dell’affresco, simulando le porche (cumieriis), ci dicono, se ce ne fosse bisogno, che si tratta di un aratro simmetrico. Da qui ci viene la conferma che anche in Friuli, come nel resto dell’Italia, nel periodo che va all’incirca dal Quattrocento all’Ottocento, l’aratro simmetrico è stato quello più usato nella preparazione alla semina del terreno, nonostante che la qualità del lavoro risultasse notevolmente inferiore a quella ottenuta con l’aratro asimmetrico. Si poteva d’altro canto sopperire a questa deficienza attuando più arature. Una delle ragioni della preferenza data all’aratro simmetrico va ricercata nel migliore sfruttamento del letame che veniva distribuito soltanto lungo i solchi (agârs) che questo tipo di lavorazione lasciava aperti. Solo nel corso dell’Ottocento si prese coscienza delle insufficienze di questo tipo di aratro, passando all’utilizzo di quello asimmetrico. (Per gentile concessione del prof. Gaetano Forni che a sua volta ebbe questa immagine dalla prof. Andreina Nicoloso Ciceri).

del 1976, dove appare un aratro a dante la semina del grano/forment Se dei miglioramenti ci furono in carrello senza coltro (quest’ultimo che si ripeteva da secoli e che per- agricoltura per quanto riguarda la tipico dell’aratro asimmetrico) con durò fino a quando venne introdot- preparazione del terreno, questi versoi praticamente assenti, forse ta la seminatrice meccanica. riguardarono essenzialmente il del tipo delle Alpi orientali, mentre Possiamo dire che fino al Sette- numero delle arature che, oltre ad sta tracciando piccoli solchi. Si cento/Ottocento non ci furono essere per porche (cumiériis), tratta della classica scena riguar- particolari novità in fatto di aratri. potevano essere ripetute più volte. TIERE FURLANE • 85 17 | TERRA FRIULANA

Nel periodo che va dal Cinquecen- to al Settecento l’aratro asimmetri- Presso il Museo di Storia contadina di Fontanabona (Pagnac- co venne, per così dire, messo da co) è stata allestita a cura dell’Amministrazione comunale di parte nei lavori ordinari (sostan- Pagnacco una mostra sulla storia dell’aratro in Friuli (Collezio- zialmente preparazione del letto ne Giovanni Puppatti). Pannelli descrittivi e circa trenta aratri, di semina). Venne invece sicura- ciascuno dei quali corredato da una illustrazione tecnico-stori- mente usato nei lavori straordinari ca, accompagnano il visitatore lungo un percorso che va dalle come il dissodamento e rimase in origini ai tempi nostri e che ha visto questo importante attrezzo auge fino agli anni Sessanta del della civiltà contadina conseguire nella sua evoluzione in Friuli Novecento per la rottura dei prati, posizioni da primato che pochi conoscono. dove risultava più efficace, sia per- ché raggiungeva maggiori profon- dità, sia perché interrava meglio la vegetazione di superficie. BIBLIOGRAFIA

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Nel museo “vivente” di Cjase Cocel a Fagagna si possono ancora osservare gli arnesi (imprescj) della stalla tradizionale: scope, forche, una museruola appesa e, in basso a destra, una concje per il sale pastorizio o gli sfarinati; il tutto allietato dalla presenza, spesso musicale, delle gallinelle dette “americane” o chèchis/ checùtis. TIERE FURLANE • 87 17 | TERRA FRIULANA

Giosuè CHIARADIA

Un universo dimenticato Gli arnesi della stalla Nomenclatura e usi nel Friuli Occidentale

Anche nelle tradizioni popolari del quanto meno anche il fienile (so- Friuli Occidentale, cui si riferisce vrastante la stalla), la concimaia, la presente indagine, fino a pochi il pozzo nero dei liquami, il porti- decenni fa la stalla, piccola o gran- co, il porcile, il pollaio, il cesso, la de, era il centro – assieme alla casa conigliera, l’orto e naturalmente e talora in competizione vincente il cortile, importante momento di con essa – della vita dell’unità fa- coesione del tutto. miliare; che era un tempo un’unità È per noi oggi incomprensibile di affetti, di volontà, di interessi, quanta storia di secoli sia passata di produzioni e di consumi difficil- in quello spazio ristretto, soprat- mente intaccabile pur nelle diver- tutto nella stalla dove, tra il po- genze generazionali. La vicenda meriggio e la notte, da ottobre a A delle famiglie contadine – cioè del- marzo, ogni giorno si riunivano le la grande maggioranza della socie- generazioni di quella società di cui Atà friulana fino alla metà del secolo tutti in vario modo siamo nipoti o scorso – aveva come punti focali la pronipoti. Qui, tra sguardi non vi- casa e la stalla, solitamente affian- sti, storie di lacrime soffocate, risa- cate sullo stesso asse, nell’ambito te di giochi, fatiche mai raccontate della stessa struttura abitativa, sic- di donne, rabbie e imprecazioni de- ché molti paesi erano fatti di case gli uomini tagliate tra i denti, circo- e di stalle, in successione seriale lavano sottovoce le idee, si alimen- o sparse e isolate nella campagna. tavano le proteste, si elaboravano Solitamente l’insieme era rivolto progetti sull’avvenire dei figli, si a sud (o a sud-est, o a sud-ovest, trasmetteva la sapienza popolare, in modo da utilizzare comunque nascevano e morivano amori, pas- anche gli ultimi raggi del sole) con sava di generazione in generazione una certa predilezione per la stalla quell’immenso patrimonio mitolo- collocata a sera e la casa a mattina gico che – fortunatamente – non del complesso: il quale, oltre alla ha trovato cantori capaci di rubarlo stalla e alla casa, comprendeva all’umiltà delle sue origini. 88 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

Ora quel mondo non c’è più. Prima apparteneva strettamente alla come la pulizia del pavimento al la massiccia emigrazione, poi la stalla. posto della scopa: per il governo cosiddetta rivoluzione industriale, delle mucche e il cambio della let- la fuga dai campi, il rovesciamento Il badile tiera, l’arnese da usare era quasi dei rapporti di proprietà, di con- Un badile, a lama ovviamente esclusivamente la forca. duzione, di produzione, e quindi quadrata e più piccolo di quello della compagine sociale che su di da orto o da campo, c’era in tutte La brusca essi si reggeva, hanno determinato le stalle, per la raccolta del pre- È un piccolo arnese ancora in uso la scomparsa delle case contadine zioso sterco delle mucche (deno- per altre necessità, una grossa e delle stalle. Scopo della presente minato buassa nel vicino Veneto spazzola di forma solitamente indagine – che rientra in un più e nella parte venetizzata del Por- ovale, di legno, in cui sono inca- ampio progetto di documentazione denonese; buatha nell’isoglossa strate delle radici vegetali dissec- e studio dell’agricoltura e della liventina, da -Polcenigo a cate, dal forte potere abrasivo: zootecnica tradizionali – è quello Pravisdomini; bujazze/bujace/ serviva per la prima pulitura della di passare in rassegna quanto un boazze nella parte friulanofona bestia, soprattutto dalla polvere tempo si trovava nelle stalle: per- della provincia: ovviamente da incrostata dal sudore. Qualcuno ché ne resti memoria anche così, un latino medioevale bovacea) e la chiama semplicemente spasso- oltre che nei musei etnografici dei caricarlo sulla carriola. Non veni- la (Castelnovo) o spasseta (Me- quali anche il Friuli Occidentale va mai chiamato badile come in duno, Sequals, Toppo di , è dotato. Son cose che possono italiano: il termine qui usato, dal Borgomeduna di Pordenone), provocare reazioni diverse: il disin- Livenza al Tagliamento, era ed è con un termine probabilmente teresse, il sorriso di compassione, badhil o badhil da grassa, qual- di recente importazione, ma il la curiosità, la commozione, una che volta pala da grassa. Pur termine più diffuso è brusca, con sottile angoscia della mente. L’ul- esistendo in tutte le stalle, il suo il suo diminutivo bruschìn, usati tima è forse la più comprensibile: uso era limitato a casi eccezionali, soprattutto nella parte centrome- perché queste sono reliquie d’un ridionale della provincia; discussa immenso naufragio nel buco nero l’etimologia, che alcuni ricondu- del silenzio. cono a ruscus/bruscus riferito al C’erano oggetti che potevano stare pungitopo; altri a un brucus, che su una mensola o sul davanza- sarebbe un’erica, o a un bruscum le d’una finestra (come striglie, che significa groppo, radice nodo- spazzole, collari, museruole); altri sa; e altri infine a un brusk, rite- che stavano per terra, accostati nuto termine gotico per spazzola; o appoggiati a un angolo di muro e forse un po’ di tutto questo. (come forche, pale, scope, fruste, Diffuso nel Friuli Occidentale è zoccoli, panche, recipienti e altro) anche il termine sborf/sbolf repe- o appesi a qualche chiodo della ribile da Sclavons di Cordenons parete (come catene e cavezze); e a Spilimbergo, che vien ritenuto altri infine che stavano fuori, sotto più vicino all’origine della bru- la tettoia che era l’indispensabile sca stessa. In ogni caso, si tratti corredo di ogni stalla (falci, car- di brusca/bruschìn o di sborf/ ri, carriole, gerle, recipienti e via sbolf, con l’uno e con l’altro ci si dicendo). Per avere un criterio vuole riferire alla natura vegeta- Il badile si trovava in tutte le stalle per la operativo, devo tralasciare, nella raccolta della preziosa buàtha/bujàce le delle “setole”, che sono in tal rassegna che segue, ciò che non (da Penzi 1983, 158). caso radici disseccate di un’er- TIERE FURLANE • 89 17 | TERRA FRIULANA

ba, il Chrysopogon gryllus (in friulano cuadri o scuadri) che le donne andavano a raccogliere nelle praterie magre e assolate dei magredi.

La carriola Era un attrezzo tutt’altro che esclusivo della stalla, dal momen- to che si prestava a mille usi: ma era indispensabile alla vita della stalla almeno una volta al giorno, più spesso due, per il cambio del- la lettiera degli animali. In mon- tagna, soprattutto d’inverno, per lo stesso scopo si poteva o doveva usare la slitta, la sloitha a Mezzo- monte di Polcenigo, la mussa a Cimolais (e in quest’ultimo posto La catena, fermata al bordo della mangiatoia da un anello, passa attorno al collo delle bovine per tenerle legate. Qui delle manze alle prese con la farina nella c’era anche la tradizione di met- mangiatoia (trasêf/grèpie); sullo sfondo la “tromba” dalla quale si faceva scendere terci sotto un paio di ruote (lo il foraggio dal fienile. Stalla della famiglia Mattaloni, Grupignano di Cividale, 1978. scjaridel)). Per trasportare poi il letame a maturare sul campo, a Le catene Le cavezze si usava una speciale gerla I bovini adulti venivano legati alla Chiamata in italiano anche testiera, chiamata thestòn, analoga al cos greppia con una speciale catena, la cavezza (dal plurale latino capi- da ledàn di Vivaro. congegnata appositamente per tia) era un tratto di corda annoda- non danneggiare la bestia senza to attorno alla testa della bestia, in consentirne la fuga: le denomina- modo da poterla comandare age- zioni vanno da cadena/cadene volmente quando la si portava fuori (sing./plur.) e cadhena/cadhene dalla stalla. Qui si chiama cavessa nella parte occidentale venetizza- nella Bassa venetizzata, cavetha ta e nella Bassa, a ciadena/cia- lungo il Livenza, ciavetha nella dene/ciadenis nella fascia di transizione, cjavecia/cja- fascia della transi- vece/ciavezze nella parte orientale zione, a cjadene/ friulanofona. Occorre però ricorda- cjadenis nell’alto re che alcuni con questo termine Pedemonte e lun- intendono – credo impropriamente go il Tagliamento. – il collare di legno dei vitellini, di Ovviamente per i cui più avanti. bovini più piccoli, La cavezza era d’importanza vitale, La carriola, attrezzo milleusi indispensabile nella stalla per asportare finita l’età del collare di legno, oltre che per ogni spostamento la lettiera “usata” fino alla concimaia; occorreva una catena di dimen- della bestia aggiogata o libera, an- era completamente di legno, con il sioni ridotte detta ciadenela o che e soprattutto durante i lavori, cerchio della ruota in ferro ed emetteva un caratteristico cigolio (da Penzi 1983, cjadenuta a seconda delle zone il traino di pesanti carri di fieno, 105). linguistiche. l’aratura: normalmente con una 90 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

scjàneve; invece nella parte nordoccidentale della provincia si usano termini derivanti dal latino canabula, che vanno dalla canàgola di Casso all’a- vianese cianàul/canàule, dalla canàola di Caneva alla canàvo- la di Prata.

La conca La conca di Ronche di Sacile, la concia di , la conche di Due bei torelli di razza Pezzata rossa tenuti pa cjavèce ‘alla cavezza’. Questa è Chions, la bancjadora di Ma- così definita dal Vocabolario friulano dell’abate Jacopo Pirona uscito nel 1871: niagolibero, le saleris di Corde- “Sorta di museruola di fune o di cuojo con cui tiensi legato alla mangiatoja il nons, pare dicano la stessa co- cavallo o altra bestia da soma”, mentre il cjaveçón è una “cavezza di grossa fune o cuojo che si pone alla testa dei cavalli indomiti per maneggiarli”. I bovini sono sa, una cassetta di circa 40x40 trattenuti alla mangiatoia (trasêf/grèpie) da una catena che passa loro attorno al centimetri, di forma cioè quadrata collo e portano la cavezza soltanto quando escono dalla stalla. Nella foto i fratelli o rettangolare, utilizzata per da- Valerio e Dorino Sirch di , anno 1949 (cortesia famiglia Sirch). re – secondo i casi – farina, sale, crusca, remoi (cruschello) o altri mano si impugnava la cavezza (con lo da due robuste mani operanti in macinati, misti a patate lesse o po- la destra quella del bo da fora o di coppia. Nella parte nordorientale lenta, a bovini impegnati in grandi sinistra, con la sinistra quella del della provincia, per indicare questo fatiche, in una forte produzione di bo da man o di destra), con l’altra strano arnese si usano termini de- latte, o da ingrassare. E questo si la frusta; più che la frusta, che non rivanti dal latino can(n)aba, come diceva dâ di lensi (Cordenons) o serviva quasi mai, era la cavezza a cjàneva/cjàniva/cjànive/cjàvina/ dâ da lendhe (Chions), precisan- trasmettere la volontà dell’uomo cjàvine raccolti da Diogene Pen- do che in friulano lenzi = leccare. alla bestia, e talora viceversa (per- zi nel Pedemonte tra e ché c’erano talora anche bestie Pinzano, cui si possono affiancare Le forche migliori degli uomini). il barciano cjàvena e il clautano Andando da ovest a est, dal Liven- za al Tagliamento, la forca si diceva Il collare forca (pl. forche), forcia (pl. for- Nel mondo dei piccoli arnesi del cie), forcja (pl. forcjes), forcje (pl. contadino, creati da lui per le forcjs) ed era arnese onnipresente necessità della vita quotidiana, in mille lavori, dalla sistemazione il collare per i vitellini era una della lettiera delle bestie della commovente sintesi di semplicità stalla, alla raccolta e sistemazione e funzionalità, autentico distillato del fieno, all’allestimento del falò la di sapienza contadina: una U, un vigilia dell’Epifania, alle più diverse archetto di legno a fibra lunga (co- forme di protesta, di rivendicazio- me il salés, il salice, o il nocciolo) ne, di difesa o di minaccia: era una chiuso a molla da una chiave dello specie di appendice del contadino. stesso legno e bloccato con una Due esemplari di cjàvine/cjànive, I suoi denti, o rebbi, andavano da collare in uso per bovini e caprini; quelli serratura elementare ma ingegno- nella fotografia sono per vitelli (da Penzi due (non molto diffuse) a cinque sa, tale da poter essere riaperto so- 1983, 91). (il forcòn/forciòn, ancora più ra- TIERE FURLANE • 91 17 | TERRA FRIULANA

Polcenigo, Anduins, e quindi sono porre a una mucca ritenuta malata da considerarsi elementi di tradi- di mangiare certi cibi o bere certi zione, trattandosi di buon senso liquidi (per esempio quando una pratico. mucca non riusciva ad avviare il C’erano anche, piuttosto rare, rumigòn, la ruminazione); o per forche a due-tre denti di legno, insegnare al vitellino di non man- ricavate da rami dotati d’una par- giare nel suo giocoso infantilismo ticolare bi-triforcazione, utilizzate robe strane (come la paglia), ma comunque solo per la fienagione. solo il latte di sua madre; o infine per vietare alle bestie in trasfe- Le museruole rimento di fermarsi a piluccare Ci volevano le museruole ogni volta lungo le siepi, o di far sparire certe che si trattava di impedire o im- rigogliose gambe di giovane mais

La meccanizzazione moderna ha conquistato l’agricoltura, e il trattore ne è l’emblema più appariscente, ma le forche rimangono ancora in auge per caricare il prezioso letame. Il contesto fisico e olfattivo non impedisce ai lavoranti di apprezzare un bicchiere di Bacò. Le musoliere venivano preparate ro), mentre erano frequenti quelle con un intreccio di vimini dagli stessi a quattro e soprattutto tre denti. contadini in modo da ottenere una specie di cesto (non per nulla si chiama Uguali i loro manici: un robusto cos in alcune zone) legato poi con legno a fibra lunghissima, salice o delle ritorte al collo dell’animale. In salice selvatico (saléth a Chions, epoca più recente sono comparse vencjâr salvadi a Meduno), legge- musoliere di filo di ferro parzialmente ancora in uso dove vi sono animali da ro e resistente, che veniva riscalda- stalla. Nella foto due musài di scussa, to e messo in sagoma tra i pioli del- cioè fatti con la scorza di rami flessibili Vacche con museruola metallica (da Penzi 1983, 86). Che l’uso del la scala del fienile. Diverso invece e cjavèstri sulle corna, circa 1940. filo di ferro sia recente è confermato La museruola serviva, tra l’altro, ad era il loro uso: quella a due denti si anche dalla definizione di musolàrie/ impedire che le bestie piluccassero usava – ad esempio – per buttare il musarûl/musarìn/musiâl e simili che dà erba o mais sui campi altrui, o che il Vocabolario friulano del 1871 stilato fieno sul fienile; quella a tre nella facessero degli “spuntini” fuori dall’abate Jacopo Pirona: “Canestrino stalla, per starnìr e guernàr le be- orario, o con materiali non adatti alla di vinchi che si pone al muso de’ bovi loro fisiologia digestiva. Il cjavèstri stie (Chions), rifare la loro lettiera ad impedire che mangino quando si o cjaviéstri viene così definito dal ara, si trebbia, ecc.”. Era in metallo, o foraggiarle; quella a quattro, oltre Vocabolario friulano di Jacopo Pirona invece, la musaròle o musolère del che per rinnovare la lettiera delle del 1871: “Doppia lista lunga e larga cane: “arnese di fili di ferro o di ottone di cuojo o fune che si attorciglia alle bestie, in particolare eliminando lo saldati a guisa di rete, e che si pone al corna de’ buoi per una estremità, e sterco (sbuathar lungo il Livenza, muso de’ cani mordaci”. per l’altra, mediante un largo anello sbuiathàr a Chions e in genere di ferro si fissa all’alto del timone, e nella zona venetofona), anche per serve a sostenere il carro nelle strade durante la sarchiatura (solthitàr/ lavorare la terra. Analoghe distin- declivi”. Nel parlare comune cjavèstri sulcicâ/solsitâ) o la rincalzatura è diventato sinonimo di ‘caparbio, zioni d’uso sono state raccolte a ostinato, testardo’. Cortesia famiglia (solthàr/solsàr/solsâ/solçâ o le- Sclavons di Cordenons, Sequals, Vecchiutti, San Giorgio di Rualis. drâ). Erano fatte a mano dal con- 92 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

tadino stesso, con il filo di ferro, a uno, a tre, a quattro piedi: dico È interessante il fatto che, mentre lavorato a maglie rigorosamente teoricamente, perché la panchetta il termine d’origine longobarda esagonali. a un solo piede era rara, riservata indica indifferentemente i sedili Come in tutto il Friuli e il vicino alle stalle con molte bestie, come a uno o tre o quattro piedi (così Veneto, la serie dei termini deri- quelle di montagna, le malghe, do- ad esempio a Giais di Aviano), i vanti dal latino medievale musum ve era necessario legarsi ai fianchi termini derivanti dal latino sembra- tramite diversi suffissi (-alis, degli sgabelli estremamente essen- no riservati al piccolo sedile a tre -aris, -anus, -inus, -uttus, -eolus, ziali, che consentissero la libertà gambe, che veniva creato dal con- -areolus, ecc.) è molto ricca: al delle mani (ne è stato raccolto – tadino stesso (tre gambe di cassia, folto gruppo raccolto da Diogene nel corso della presente indagine – pianale di forma semilunare di fag- Penzi tra Meduno, Travesio, Ca- il ricordo a Cimolais, Giais di Avia- gio o frassino) espressamente per stelnovo, Pinzano (e cioè musàl/ no, Pozzo di San Giorgio, Sclavons la mungitura. musiàl/ musiûl/ musàn/ musali/ di Cordenons). Da quanto sopra, sembrerebbe che musulàr/ mosolàr/ musularie/ Solitamente le panche avevano o nelle stalle non ci fosse nessun se- musarìn/ musarole/ mosolàn/ tre o quattro piedi, e nel Friuli Oc- dile impagliato. E invece, proprio moselàn/ muselàn) si possono cidentale venivano chiamate con per la faticosa operazione della aggiungere il mosàl di Meduno e termini diversi: sela/siela (dal lati- mungitura, qualcuno faceva uso di Sequals (pl. mosai), il moselàn no sella) è il termine meno diffuso, un sedile impagliato a quattro gam- di Barbeano di Spilimbergo e di raccolto ad esempio a Cimolais be, basso, quasi una sedia senza Arzene, il musiàl di Aviano, Pasia- (dove però indica la panchetta a schienale e con le gambe accorcia- no, Chions (pl. musiai), il musàl un solo piede), Castelnovo e An- te, uso raccolto a Cordenons (ca- di Caneva, Sclavons, Cordenons duins; assai diffusi in tutto il Friuli reguta par molzi) e Pasiano (ca- (e qui s’usa anche il diminutivo Occidentale i termini derivanti regheta/careghìn par moldher). per vitellini musalùt), il musièl dai latini scamnum e scabellum (pl. musiei) di Borgomeduna di (scagn a Barbeano di Spilimbergo I recipienti Pordenone, per concludere con il e a Sclavons di Cordenons; scagnèl È difficile per le generazioni figlie musariòl raccolto a San Martino di nel Canevese; schegnèl a Polce- della plastica e nipoti dell’alluminio Campagna di Aviano e a Cecchini nigo; scaniùt a Sequals) e ugual- immaginare qualche contenitore di Pasiano… Una gran bella fami- mente quelli derivanti dal longo- per liquidi fatto di legno; e invece, glia, che ribadisce la grande risorsa bardo bank (cioè bancia/bancja/ fino a pochi decenni fa, per l’ab- linguistica del Friuli Occidentale e bancjuta/bancje nella parte friu- beverata o si accompagnavano le il pari rispetto che essa esige. lanofona della provincia; banca/ bestie – che spesso andavano da bancheta/banchet nella parte più sole – al fosso o alla vasca del corti- Le panche a contatto con il Veneto). le, fischiettando durante la loro be- È facilmente intuibile che la stal- vuta; o si provvedeva in stalla con la ne avesse viva necessità, non secchi di legno chiamati mastela solo perché nei lunghi inverni (gli (pl. mastele) nella parte sud-ovest inverni erano ontologicamente della provincia, mastiela/mastie- sempre troppo lunghi, specialmen- le (pl. mastiele/mastielis) nella te quando le fonti di calore erano parte nord-est. Non era denomina- molto limitate) ci si fermava al zione esclusiva: a Sarone di Caneva riparo dal freddo, ma anche per le il contenitore si chiamava sel, ad operazioni eccezionali del parto o Aviano sela, lungo il Livenza secia. quotidiane della mungitura. Teori- La bancja da molzi o sièla di molzi (da Per la mungitura – fino a pochi camente c’erano tre tipi di panche: Penzi 1983, 73). decenni fa fatica esclusivamente TIERE FURLANE • 93 17 | TERRA FRIULANA

manuale – si usava un contenitore Le scope diverso, del quale ovviamente si Le scope (scoe/scove) usate nella cercava di avere la massima pulizia stalla erano almeno due. Una – a (ad esempio a Meduno lo si lavava dire il vero poco usata – era la li- con acqua molto calda e cenere, ventina scoa de scoàt, di saggina, detta sbrovâs, sistemandolo poi a di sorgo, di soròs/seròs o sorc o scolare su un apposito trespolo di soriàl di scove: era scopa di no- legno appena fuori della stalla): lo bili ascendenze, sei o sette secoli si chiamava sela ad Aviano, Medu- di storia, ma di breve consumo, no, Castelnovo; stagnàc a Sequals; sicchè alla stalla era solitamente podhìn a Giais di Aviano; sedèl destinato il residuo della scopa già lungo il Livenza da Caneva a Pa- consumata nella grande cucina di siano; gamela del lat o mastiela casa. L’altra, la scoa de legno, ple- del lat a Sclavons di Cordenons. bea ma estremamente più resisten- Il recipiente era solitamente mu- te alle grosse pulizie della stalla, Scopa di saggina. Poteva essere usata nito d’una sporgenza laterale, un del carro, del cortile, era quella co- nella stalla, ma soprattutto per pulire il cortile, in particolare le parti di codolât, beccuccio che facilitava il travaso stituita dai rami minuti d’una pian- cioè quelle rivestite da sassi detti còdui/ in altri recipienti per la casa o la ta arbustiva assai dura, la sangui- còncui/cògui. Archivio E. Tessaro. latteria. nella (Cornus sanguinea) delle Per il trasporto del latte dalla casa Cornacee, detta len da scovi a Me- la sanguinella e il zempedòn, l’ar- alla latteria, si usava un contenito- duno, odiosamente infestante della concello per trasportare canestri e re apposito, chiudibile a garanzia siepaglia, figlia di nessuno, incapa- secchi)… della sicurezza e dell’igiene: talora ce di produrre legna da ardere, ma la denominazione era generica utilissima per preparare forcelle da La striglia (come bidon del lat a Polcenigo, fionda, archi e frecce per giocare, Si tratta, com’è risaputo ma non o pignata a Meduno o a Corde- gabbie e trappole per uccellini, e proprio da tutti – d’una serie di nons), ma lo strano è il femminile soprattutto robuste scope da stalla. otto lamine dentellate fissate a vasa (pl. vase o vasis, secondo le Il suo nome più diffuso nella parte una piastra immanicata: un piccolo zone) usato solo per indicare que- friulanofona è sànzit (Spilimber- arnese rettangolare di 10x13 cen- sto specifico contenitore. Le vase go), sànseta (Arzene), sànsera timetri circa, destinato a ripulire del latte – è appena il caso di ricor- (Sedrano di ), sànsena (raschiando) il pelo delle bestie darlo – ebbero tanta importanza (Sclavons di Cordenons); ma nella dallo sporco più grossolano e re- nell’evoluzione della società tra il Bassa di Azzano e di Chions si dice sistente, soprattutto dai residui XIX e il XX secolo, perché andare a sandinela (che ricorda il termine secchi dello sterco. Era chiamato portare il latte in latteria fu per gli italiano) e nella fascia liventina dovunque striga verso il Livenza, adulti un mezzo di partecipazione conastrela (che, come il carnico da Aviano e Polcenigo a Pasiano democratica all’insegna del coope- corgnaline, ricorda il nome latino e verso Pordenone e Chions, e rativismo, e per i giovani occasione e più ancora la stretta parentela stringhia/strighia/strighie da di liberi seppur brevi incontri tra con il corniolo. Cordenons al Pedemonte spilim- sessi diversi, dai quali spesso dipe- A proposito di quest’arbusto, c’è berghese al Tagliamento. Fanno se la loro vita. Poi il latte prisma- un curioso modo di dire raccolto eccezione i termini rafia di Erto tico in tetrapak ha spazzato via le da un’informatrice di Cordenons: ci (riportato dal vocabolario Friulano vase, i bidoni (anche quelli con gli sono tre santi che non hanno mai Nuovo Pirona) e il grat di Anduins spallacci da zaino, o adattati alla avuto battesimo, san Buc, san Se- (da collegare con il friulano grati = motoretta), le pignatte e le latterie. na e san Pedòn (cioè il sambuco, grattugia). 94 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

REFERENZE BIBLIOGRAFICHE

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EAD., Stagioni, lavori e parole del conta- Fotografia scattata negli anni Quaranta. Le vacche portano il cjaviéstri o cjavèstri dino, Padova-Rovigo 1991; ‘capestro’. Questo può essere formato da una corda, o da una lista di cuoio G.B. PELLEGRINI, C. MARCATO, Terminologia (come in questo caso) oppure da una catena che, dopo essere state attorcigliate agricola friulana, 2 voll., Società filologica alle corna dei duei buoi (o vacche) del carro, vengono fissate ad un foro del timone friulana, Udine 1992; mediante una cavicchia. Il cjavèstri era usato generalmente nelle discese con una certa pendenza, quando il carro veniva trascinato per inerzia; il lento procedere dei D. PENZI, Vandi e regolà. Una cultura buoi legati ad esso, trattenendo il timone, facevano così da freno a tutto il carro contadina dimenticata, Maniago 1983; col suo carico (da Penzi 1983, 85). Cortesia famiglia Genero, Tricesimo. T. RIBEZZI, Immagini di vita paesana, me- moria di popolo, in Vivaro, Basaldella, Tesis. Memoria per immagini, a cura di P. GOI, Maniago 1990;

Gli zoccoli ducendo di dimensioni fino a una P. RIZZOLATTI, Maniagolibero. Ricerche Per il lavoro della stalla, il contadi- semplice striscia: allora si chiama- etnografiche e linguistiche, in Maniago- libero. Un paese, la sua gente, Maniago no calzava un paio di zoccoli, che vano socui/thocui o supiei/sum- 1989, 293-334; erano di tipi ben diversi. C’erano piei, da cui son derivati i nostri P. SCHEUERMEIER, Il lavoro dei contadini. anzitutto le dalmine/dalmide/ zoccoli. Cultura materiale e artigianato rurale dalmenes/dalminis (ma tamides in Italia e nella Svizzera italiana e re- toromanza, Milano 1980; a Sequals e Travesio e tamades SCUOLA ELEMENTARE DI GRADISCA DI SPILIMBERGO, a Castelnovo) che erano comple- Da Atti dell’Accademia San Animali in Friuli, ciclostilato in proprio, tamente di legno, con due punte Marco di Pordenone, 12/2010, con una presentazione di G. COLLEDANI, Spi- limbergo 1982; – davanti e dietro – rialzate, diffuse Pordenone 2011, 663-680. in tutta la montagna, il Pedemonte Per gentile concessione dell’Ac- F. SPAGNOLO, Caparentri. Uomini e tempi della civiltà contadina nel Friuli Occi- e lungo il Tagliamento. Scendendo cademia San Marco di Porde- dentale, a cura di G. COLLEDANI, Spilimbergo nella pianura verso sud, la tomaia none 1982; diventava di cuoio e si andava ri- A. TOMÈ, La sbrinsia, Maniago 1982. TIERE FURLANE • 95 17 | TERRA FRIULANA

Chiara CONTE Il Museo di Documentazione della Civiltà Contadina friulana di Farra d’Isonzo

Visione parziale della struttura museale; il vecchio gelso, caratteristico dei cortili friulani è stato conservato come elemento vivo della cultura del territorio.

Il Museo di Documentazione della Colonìa degli Strassoldo del Novecento quando cominciaro- Civiltà Contadina Friulana di Farra Sul finire del XVIII secolo la fami- no lentamente a trasferirsi altrove. d’Isonzo affonda le proprie radici glia degli Strassoldo, all’epoca ric- L’insieme degli edifici andò così nel ricco, indimenticabile ed indi- chi possidenti di Villanova, nell’at- incontro ad un rapido degrado. menticato passato di questa terra. tuale Comune di Farra d’Isonzo, L’Amministrazione comunale capì Vorrei iniziare questo piccolo con- fece costruire un luogo di residen- ben presto l’enorme valore di quel tributo con il raccontarvi come sia za e di lavoro per una decina di luogo e le sue potenzialità. Decise nata questa struttura museale ed famiglie legate ad essa da contratti così di realizzare un museo etno- ancor prima l’insediamento a corte di colonato. Queste vi dimorarono grafico, grazie anche alle condizio- Ichiusa che oggi lo ospita. fino agli inizi degli anni Sessanta ni particolarmente favorevoli alle 96 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

quali la famiglia Bennati, divenuta (buinz) che servivano per tra- proprietaria della tenuta che fu sportare i secchi colmi di acqua degli Strassoldo, cedette al Co- dopo averli riempiti al pozzo, i mune l’intero fabbricato. contenitori che, una volta appesi Primo ideatore e grande so- alle travi della cucina, serviva- stenitore di tale progetto fu il no per proteggere i salumi ed il compianto prof. Marino Medeot, formaggio dai topi (moscjâr) e all’epoca assessore comunale tanto altro ancora. Ma prima di alla cultura e personalità di spic- rimanere affascinati da questi og- co della scena farrese. L’opera getti che oramai sono scomparsi di ristrutturazione ebbe inizio dalla nostra vita quotidiana, a cat- portando all’antico splendore l’in- turare l’attenzione è sicuramente sieme dei diversi fabbricati che, il fogolâr, elemento principale pur risalendo ad epoche diverse, ed indispensabile della cucina L’angolo dell’acqua: seglâr, cjaldîrs, cops, podine, bree di lavâ. furono costruiti con la medesima friulana. Sì, elemento indispen- tecnica. Lo statuto del Museo sabile perché proprio grazie ad la discrepanza tra l’addobbo del di Documentazione della Civiltà esso la famiglia contadina poteva letto di un possidente e quello del contadina di Farra d’Isonzo venne sopravvivere ed alimentarsi. Gra- contadino. Quest’ultimo si corica- approvato nel 1981 e nel 1993 la zie al fuoco, acceso con i tutoli va sul paion, materasso riempito struttura museale aprì al pubblico delle pannocchie perché capaci di brattee di pannocchia fatte con un allestimento che abbraccia di facile e rapida combustione, si essiccare, mentre il primo dor- diversi ambienti ed aspetti sociali poteva cucinare e si poteva scal- miva su un comodo materasso di per far comprendere al visitatore dare l’acqua per l’igiene personale lana coperto da ricche e sfarzose come e che cosa fosse il mondo per poi lavarsi in grandi tinozze coperte ricamate. Sul materasso contadino. (podina) proprio nelle vicinanze fa bella mostra di sé anche uno Il museo consta di ben tredici del camino. Ricordiamo infatti scaldaletto (scialdêt) e nel como- sezioni: alcune di esse ripropon- che questo ambiente era l’unica dino si trova l’immancabile vaso gono ambienti domestici, altre stanza riscaldata, e proprio per da notte (urinâl). Altro oggetto presentano botteghe artigianali, tale motivo qui si svolgevano la particolarmente interessante è la ad es. quelle del fabbro e del fale- gran parte delle azioni quotidiane, cassa (cassetón), complemento gname, mestieri propri del mondo dall’alba sino al crepuscolo quan- di arredo di ogni camera da letto contadino, altre ancora indagano do, dopo aver cenato, ci si riuniva friulana, che al proprio interno su alcuni aspetti della società del attorno al grande tavolo di legno custodiva il corredo, cioè l’insie- tempo e le ultime si rivolgono alle per ascoltare le storie degli an- me della biancheria personale e attività domestiche. ziani o giocare a carte. Altro pos- quella della casa. Il matrimonio, sibile ambiente dove concludere come ogni rito religioso, aveva La cucina e la camera da letto la giornata poteva essere la stalla grande peso nel mondo conta- La nostra visita comincia dalla riscaldata dagli stessi animali. dino. Come sottolinea la sezione stanza che riproduce il cuore di La visita continua alla scoperta di dedicata alla religiosità popolare, ogni abitazione friulana: la cucina. un altro ambiente domestico: la la vita trascorreva in perfetta sin- Qui l’esposizione è più che mai camera da letto. Qui l’attenzione tonia tra la sfera religiosa e quella ricca, con i diversi secchi di rame è immediatamente catturata dalla del lavoro nei campi, facendole per conservare l’acqua (cjaldîr), diversità esistente tra le due metà procedere di pari passo; la fede i mestoli (cop), i piatti di peltro, dello stesso letto. Tale differenza, permeava la quotidianità ed era le zangole (gesa), gli arconcelli è stata concepita per far capire una presenza costante grazie ad TIERE FURLANE • 97 17 | TERRA FRIULANA

dall’Assemblea costituente france- se, vide finalmente la nascita del sistema metrico decimale. Questo, però, non fu immediatamente ap- plicato nelle nostre terre, tanto che nel 1871 l’imperatore Francesco Giuseppe dovette emanare una legge che lo rendeva obbligatorio. Le unità di misura divennero così il litro, il chilogrammo, il metro e l’ara che, seppur dopo un periodo di convivenza, sostituirono quelle Trasporto del corredo nel Goriziano alla fine del Settecento, da Coronini-Cronberg F., Volksleben in Görz und Gradiska, Wien, 1891. dei sistemi tradizionali (bocâl, pe- senâl, lire, braz, cjamp, ecc.). Le misure per gli aridi erano di immagini votive esposte in ogni ro marito, solo a nozze avvenute. forma cilindrica con il diametro ambiente della casa. Era consue- Altra curiosità è legata al fatto che uguale all’altezza. Potevano essere tudine sposarsi a San Martino o a quando un giovane sposava una fatte di ferro, di ottone, di rame Carnevale poiché questi erano pe- ragazza appartenente ad un altro o, se inferiori al litro, di latta o di riodi in cui il lavoro era meno assil- paese, o ad un borgo differente, stagno. Le misure per liquidi erano lante. La consistenza e soprattutto questi era tenuto al pagamento di di forma cilindrica, con il diametro il pregio del corredo dipendeva na- un pedaggio per riscattare il fatto uguale alla metà dell’altezza. Le turalmente dalla posizione econo- di aver portato via una ragazza in misure inferiori al litro erano di mica occupata dalla famiglia della età da marito. stagno, di latta, di vetro, di porcel- sposa. Ad ogni modo esso doveva lana o di terracotta, mentre quelle rispondere alle normali esigenze La sezione dei pesi maggiori erano di ferro. della coppia, e le ragazze comincia- e delle misure La sezione, il cui allestimento è vano ad occuparsi della realizzazio- Proseguendo con la visita, si in- opera del prof. Giuliano De Biasio, ne del proprio corredo ancora mol- contra un’altra sezione molto autore anche di un importante to giovani, dedicandovi ogni istante interessante: è quella dedicata ai contributo su questo tema (in Fain libero. Interessante è ricordare che pesi ed alle misure. Il fatto che il 1993, 49-77), ospita diverse misu- il trasporto del corredo dalla casa nostro territorio sia stato da sem- re di capacità per liquidi ed aridi della sposa a quella dello sposo pre crocevia di culture, neolatina, accanto a numerosi esemplari di avveniva all’imbrunire del giovedì slava e tedesca, ha influito anche bilance. precedente se la cerimonia era nei sistemi dei pesi e delle misure. stata fissata per il sabato. La bian- Il primo tentativo di uniformare cheria era quindi sistemata nella tali sistemi è da ascriversi a Maria cassa di legno, dove sarebbe rima- Teresa d’Austria che, a metà del sta per tutta la vita, e trasportata XVIII secolo, emanò diversi decreti con un carro. Da questo momento imperiali in tal senso. Cionono- in poi gli sposi non dovevano più stante perdurò per diverso tempo incontrarsi prima della cerimonia: una situazione di ambiguità e di la donna avrebbe potuto varcare la coesistenza tra diverse unità di soglia della sua nuova casa, quella misura. Il 1795, grazie al lavoro Due vecchie misure per liquidi (litro e dove risiedeva la famiglia del futu- di un gruppo di studiosi nominati 1/2 litro) del sistema metrico decimale. 98 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

La sezione dedicata Farra d’Isonzo. zione cattolica austriaca e dal vici- al credito cooperativo A tal proposito però è doveroso no Veneto. Sarà lo stesso Faidutti La sezione dedicata alla nascita del ricordare che il corpus legislativo a promuovere nel 1899 la nascita credito cooperativo in varie realtà austriaco già dal 1873, con la legge della Federazione delle Casse rura- getta una luce sulla grande impor- del 9 aprile, aveva contemplato ed li e dei Sodalizi cooperativi al fine tanza che il fenomeno associativo inserito l’azione cooperativa in tutti di coordinare tutte le sedi. ebbe nel panorama agricolo di fine i settori della vita economica, ma Ottocento ed inizio Novecento. solo nell’ultimo decennio del XIX L’allevamento del baco All’epoca il contratto agrario più secolo si realizzarono le premesse da seta diffuso era quello colonico che pre- ideologiche, legislative ed espe- Una stanza del museo particolar- vedeva, da parte del proprietario, rienziali che permisero la nascita mente interessante è quella dedi- l’affidamento del fondo ad un colo- a Capriva, il 22 marzo 1896, della cata all’allevamento del baco da no per un periodo limitato, Questo, prima cassa rurale della parte ita- seta (cavalîr), attività diffusissima oltre a svariati servizi, doveva ono- liana della Contea. Tale fenomeno nelle nostre zone, e lo si può capire rare la cosiddetta clausola “a ferro si diffuse ben presto ai paesi limi- semplicemente osservando il pa- e fuoco”. Ciò significava che, qua- trofi arrivando a Farra d’Isonzo nel esaggio: ancora oggi i campi sono lunque fossero state le condizioni 1903. Il credito cooperativo svol- disseminati e limitati da alberi di meteorologiche e naturali, il colono geva essenzialmente due funzioni: gelso (morâr). Questo vale tanto era comunque tenuto a corrispon- forniva prestiti a tasso agevolato più a Farra se si pensa che nel dere l’affitto. Come si può ben im- e permetteva la messa a frutto dei 1722, per volere dell’imperatore maginare i coltivatori vivevano una piccoli risparmi dei coloni. Carlo VI, qui si costruì un grande situazione di costante precarietà Grande personalità, a capo della filatoio che sorgeva nel luogo ora dovuta essenzialmente alla riuscita sensibilizzazione dell’opinione pub- occupato da una caserma in disuso più o meno buona dei raccolti; ciò blica e promotore degli organismi lungo lo stradone della Mainizza. li poneva in balìa dei proprietari di credito cooperativo, fu mons. La scelta della sede, dopo aver che li vessavano esigendo conti- Luigi Faidutti che guardava agli escluso Aidussina e Gorizia, ricad- nuamente interessi sui pagamenti ottimi esempi forniti dalla coopera- de su Farra d’Isonzo grazie alla ritardati, e diventavano facile pre- da degli strozzini che offrivano una soluzione transitoria del problema. L’indebitamento progressivo delle famiglie contadine diventava co- sì la causa principale di mancati investimenti riguardanti tanto i fondi che le attrezzature. In questo clima, pur essendo diverse le voci che dichiaravano l’importanza delle associazioni con spirito associativo, banche rurali od istituti coope- rativi, nessuno si mosse per dare risposte concrete al problema. Unico caso ascrivibile al territorio della contea di Gorizia fu nel 1878 la società di mutuo soccorso “La Una vecchia cucina friulana col fogolâr, il graticcio e il bosco per i filugelli accuditi Fratellanza” che nacque proprio a da due ragazze che preparano la foglia di gelso, la madia e qualche pollastrello. TIERE FURLANE • 99 17 | TERRA FRIULANA

sua centralità rispetto alle prime delle truppe francesi. In seguito a Anche se in tono minore il filatoio due e soprattutto perché nelle ciò questa zona fu colpita da una rimarrà comunque un punto di immediate vicinanze scorreva una grave crisi economica che indusse riferimento per la popolazione, la roggia, essenziale per fornire forza i fabbricanti di seta della contea quale svolgeva nella quasi totalità motrice ai macchinari. La costru- a chiudere l’attività e trasferirsi a l’allevamento dei bachi da seta. zione dell’edificio terminò nel 1724 Vienna. Da quel momento il filatoio Questa attività, in effetti, fungeva e nel medesimo anno si avviò la di Farra servirà, fino al primo con- da “paracadute economico”: qua- produzione. Nel 1797 si verificò flitto mondiale, solo come punto lora il raccolto fosse andato male i l’occupazione di Gorizia da parte di raccolta per i bozzoli (galeta). contadini potevano sempre contare

Restituire il senso del fare Nel 1993, a cura di Daniela Lorena Fain, vide la luce il seo, rifacendo gesti legati a tecniche di ieri, può costituire libro Il Museo di Documentazione della Civiltà Contadina per i ragazzi di oggi un’ottima trafila di operazioni buone di Colmello di Grotta (Edizioni della Laguna, Monfalcone). per avviare il contatto con la cultura da cui derivano sia L’introduzione, stilata con la consueta maestria dal prof. pure per rottura; un contatto capace di superare la ge- Gian Paolo Gri, propone diversi passaggi che inducono nericità dei contenuti scolastici. a meditare sulla funzione delle strutture museali e sulla Prendiamo gli oggetti, le botteghe, i gesti di cui si parla in corretta presentazione dei contenuti alle giovani genera- questo libro. Per noi adulti si tratta di oggetti incontrati e zioni (“Ai ragazzi di oggi si può spacciare per vera qualsiasi magari usati per una parte della nostra vita, e poi messi falsificazione della tradizione”; “Quanta responsabilità per da parte. Leggendo di nuovo di loro, la nostra memoria chi si occupa del museo e delle operazioni di contorno è sollecitata: siamo in grado di rivederli in funzione, di alla riproposta museale vera e propria!”) con una parte ricostruire il contesto in cui si inserivano, di circondare le significativa che qui riproponiamo: parole dei glossari che chiudono questi saggi di gesti, di odori, di suoni, di atmosfere, di nostalgie o di repulse. Per “... Risposte non mistificate occorrono tanto più ai ragazzi, i ragazzi si tratta, invece, in larga parte, di cose insolite in quanto si trovano a fare i conti con una scuola che ed estranee. propone una cultura vagamente universalistica, senza Non possono essere “oggetti di memoria”. Possono di- radicamento in alcun luogo e tempo; nemmeno, con ventare, però, “oggetti di conoscenza”, quando oppor- chiarezza, nel tempo e nei luoghi della cultura industriale: tunamente inseriti in percorsi didattici coerenti, quando una cultura che non sta da nessuna parte, e perciò trop- inquadrati entro un sistema di riproposta museale capace po spesso artificiosa. E si trovano a fare i conti, magari di restituire ai ragazzi il senso del fare. Da questo punto di inconsapevolmente, con una frattura nei riguardi della vista, il confronto con manufatti restituiti - attraverso l’ap- tradizione incommensurabilmente più radicale di quanto parato iconografico, la dimostrazione pratica o la pratica non sia stato per noi. Non solo non gli viene detto con del restauro, il sistema di didascalie e le pagine comple- chiarezza da dove vengono, e per quali strade, ma nem- mentari di saggi come questi - alla catena dei gesti tecnici meno dove stanno e verso dove vanno. dell’artigianato e dei gesti pratici del contadino, diventa Allora, non è genericamente alle loro radici (quali?) che esperienza primaria per ragazzi abituati al contatto diretto devono essere portati a guardare. È invece necessario che con oggetti bell’e pronti sul bancone del supermercato, le iniziative di ricerca e di riproposta che ruotano intorno al per ragazzi cresciuti in un ambiente artificiale in cui tutto museo abbiano come obiettivo ultimo la capacità di aiutare si offre già fatto e nulla viene visto nel suo farsi. i ragazzi nella riflessione intorno alla rottura con le forme Questa, connessa al senso del fare, costituisce una ine- e i valori della cultura tradizionale da cui è derivato, e non ludibile esperienza primaria nel processo di crescita della per loro scelta, anche il loro modo di vivere e di essere. coscienza critica; primaria perchè connessa con il fonda- Entrare e lavorare nel museo, intorno agli oggetti del mu- mento stesso della cultura umana”. 100 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

sugli introiti derivanti dalla vendita dei bozzoli.

Le botteghe artigiane Fra le sezioni dedicate alle attività artigianali ricordiamo quella del bottaio-carraio, il quale, come si evince dal nome, si dedicava alla costruzione ed alla manutenzione di botti (caratèl), barili (barîl) e tini (tinèla). La prima fase per la costruzione di una botte prevedeva la scelta del legno più adatto: l’essenza maggiormente usata era il rovere di Slavonia in quanto aveva una Il lavoro del bottaio era altamente specializzato e richiedeva l’uso di una vasta struttura flessibile e compatta al gamma di strumenti e di attrezzi che qui sono stati puntualmente raccolti. tempo stesso, la porosità ottimale ed un gradevole profumo che si za di diverse figure professionali a è stata appositamente voluta in sarebbe poi trasferito al vino. Dopo causa della sua complessità. quanto questi erano mestieri per l’abbattimento e la squadratura Un’altra sezione del museo è stata i quali non si aveva una bottega, dei tronchi, le segherie ricavava- dedicata al fabbro, altra importante ma si svolgevano in ambito dome- no le doghe che erano in seguito figura di artigiano. Qui, come nel stico. Così è possibile ammirare il disposte ad asciugare. Dopo la caso del bottaio-carraio, è stata ri- tavolo da lavoro del ciabattino con dovuta stagionatura i bottai era- prodotta la bottega creando un’at- i suoi attrezzi atti alla produzione e no chiamati a scegliere le doghe mosfera particolarmente suggesti- riparazione delle calzature, le innu- migliori. Queste venivano piallate va. Si possono osservare infatti la merevoli forme di legno e diverse eliminando l’alburno, cioè la parte fucina (fusìne) con le tenaglie da paia di scarpe che si utilizzavano in più giovane del legno, che era più fuoco (tenàiis di fûc) di diverse passato. È risaputo che i contadini facilmente soggetto a fenomeni di grandezze, l’incudine (incuìn), il usavano tutto l’anno gli zoccoli, marcescenza, e rese pieghevoli. martello (marcjèl), il mantice (fol) ma è curioso scoprire che sulla Ciò si poteva ottenere in due modi: che serviva a mantenere le braci suola di legno il calzolaio applicava dopo bagnatura erano passate su sempre ardenti, ma anche tutti i dei chiodi dalle teste semisferiche una fiamma viva, oppure erano la- manufatti del fabbro: lucchetti, onde limitarne l’usura. Ancora più sciate asciugare per più giorni fino portachiavi, catene, tutte le parti curioso è apprendere che molte alla curvatura desiderata (meti in in ferro di ogni attrezzo e ferri di volte gli zoccoli degli uomini ave- dove). Dopodiché la botte veniva cavallo se era anche maniscalco. vano una lamina di ferro applicata assemblata. Il lavoro del bottaio A chiudere questo “microcosmo” nell’incavo che collega la porzione non consisteva solamente nel co- c’è la sezione dedicata al calzolaio della suola che va dal tacco al plan- struire botti, ma anche nel recupe- ed alla impagliatrice di sedie. La tare per evitare che il legno si rom- rare e seguire la manutenzione di rappresentazione di questi due pesse durante lo sforzo richiesto quelle precedentemente costruite. mestieri è ambientata in un stanza dalla vangatura. Egli poteva in alcuni casi dedicarsi che un tempo era adibita a cucina, L’altro lato della stanza è dedicato anche alla costruzione di carri, atti- dove fa bella mostra di sé un gran- all’impagliatrice di sedie. Questa vità che richiedeva però la presen- de spargher. Tale ambientazione attività era svolta dalle donne e TIERE FURLANE • 101 17 | TERRA FRIULANA

vere l’importante e preziosissimo tri, spaziosa e luminosa sala esposi- passato di questa terra cercando tiva, ha ospitato ed ospita, tra gli al- di assumere la connotazione di un tri avvenimenti, numerose personali “museo vivo”. Con ciò si intende e collettive d’arte. Guardando nella dire che la struttura museale non medesima prospettiva ricordiamo è una mera esposizione di oggetti che qui ha sede l’UFI, Unione Fol- caduti in disuso ma, al contrario, clorica Italiana, che si propone, tra ha come obiettivo di far ritrovare e l’altro, di diffondere la musica, la riassaporare il valore delle tradizio- danza ed il canto popolari accanto ni ai visitatori più adulti, e di aprire ad altri aspetti della cultura imma- un mondo antico, affascinante e teriale della nostra gente. quasi magico, agli occhi dei più pic- coli. Accanto a questo importante Benvenuti compito ci si è posti come obiet- Il Museo di Documentazione della tivo, soprattutto negli ultimi anni, Civiltà contadina friulana di Farra Nell sezione dedicata al fabbro il fol di incrementare l’offerta formativa d’Isonzo, visitabile su prenotazione, troneggia nella farie. riguardante i laboratori didattici. con possibilità di visite guidate, può Essi sono infatti un’occasione unica essere il perfetto completamento dai bambini che le aiutavano. Le per conoscere ancor più da vicino culturale per chi vuole scoprire la sedute si ottenevano torcendo più le abitudini delle famiglie contadine provincia di Gorizia nei suoi aspetti steli di una canna palustre, detta ed apprendere così antichi metodi enogastronomici con la curiosità appunto palût, che cresceva nei di lavorazione. È possibile quindi intellettuale di conoscere la tradi- pressi di Monfalcone ed Aquileia, scegliere, tra gli altri, il laboratorio zione da cui provengono. rivestiti con segala precedentemen- del pane, delle bambole di stoffa, te schiacciata grazie ad un attrezzo della terracotta, della pittura su le- Si ringrazia per la collaborazio- chiamato “osso” (ués). Questa gno, della pittura su stoffa e quello ne Linda Fantin. operazione veniva ripetuta più e del miele. più volte, andando così a formare Un ulteriore segno di vitalità e della l’intelaiatura della seduta stessa. validità del lavoro è dato dalla rin- Museo di Documentazione La segala poteva essere colorata di novata istituzione di un comitato della Civiltà Contadina Friulana rosso, di verde o di giallo, abbellen- tecnico-scientifico, team di docenti Strada della Grotta 8, 34072 Farra d’Isonzo (Gorizia) do in tal modo le sedie e formando universitari e personale qualificato, tel. 0481/888567 diversi disegni e decorazioni. che propone temi di approfondi- fax 0481/888609 Infine, a conclusione di questa mento ed excursus su argomenti [email protected] visione di insieme sulle diverse inerenti il mondo agricolo, la cultu- sezioni del museo citeremo anche ra materiale e l’attività del museo la stalla, la cantina, la sezione de- stesso. dicata ai carri è quella dei lavori Ferma nella volontà di far divenire BIBLIOGRAFIA agricoli. questo luogo un “museo vivo”, l’at-

tuale Amministrazione comunale Fain D. L. (a cura di), Il Museo di Docu- L’attività didattica si è posta l’obiettivo di valorizzare mentazione della Civiltà Contadina di Colmello di Grotta, Edizioni della Laguna, e la ricerca scientifica al meglio la struttura, rendendola Monfalcone, 1993. Fin dalla sua apertura il Museo punto nevralgico di tutte le attività Fain D. L. (a cura di), Signôr mandàit la di Documentazione della Civiltà e gli appuntamenti culturali. Pro- ploja… Riti, tradizioni, immagini della devozione popolare, Edizioni della Laguna, contadina friulana cerca di far rivi- prio con questo intento la Sala Ve- Monfalcone, 1999. 102 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17 TIERE FURLANE • 103 17 | TERRA FRIULANA

Gianfranco ELLERO La Regione Veneto ha ricostruito un lembo della Patria del Friuli

Quasi tutti gli automobilisti che da Il paesaggio è quello che si incon- l’impatto con Valle Vecchia è sor- San Michele al Tagliamento scen- tra se da San Michele si scende prendente ed emozionante: dove si dono verso Caorle, attraversando verso Bibione, con una sostanziale può trovare, nell’Italia d’oggi, una il territorio del Mandamento di differenza: la strada rettilinea della spiaggia lunga alcuni chilometri, Portogruaro, non sanno di correre Brussa non ci immette nel retino che non ha per sfondo verso terra su un territorio friulano, staccato viario di una città balneare, bensì una grande città bensì le dune, la da Napoleone nel 1807 e ammini- nell’area di sosta di Valle Vecchia, a pineta, le zone umide e i canali che strato dapprima dal Dipartimento ridosso di un’immensa pineta, per regolano il deflusso delle acque? dell’Adriatico, poi dalla Provincia volontà della Regione difesa dalla Stiamo parlando di un SIC (Sito di Venezia e, da una quarantina speculazione urbanistica e trasfor- di Importanza Comunitaria) che d’anni, anche dalla Regione del mata in oasi naturalistica dotata di è anche una ZPS (Zona di Prote- Veneto: stanno dunque transitando un Museo ambientale, attrezzato zione Speciale), sulla quale, dopo Qsu un’antica terra aquileiese (Dio- come centro di educazione natura- le bonifiche, la Regione Veneto ha cesi di Concordia) diventata Patria listica (per chi vuol saperne di più: attuato un riuscito intervento di del Friuli dopo l’anno Mille. www.vallevecchia.it). riqualificazione ambientale. Orbene, se una volta giunti a Ca- Ne scriviamo su Tiere Furlane Valle Vecchia, infatti, non è stata stello, decidono di deviare a sud, con immenso piacere e con cuore soltanto preservata dall’edilizia verso Brussa (stupendo toponimo grato sia come cittadini che come turistica, e anche dai camper o dai che indica un bosco ceduo e ar- “patrioti”, cioè figli dell’antica Pa- bungalows (cioè da permanenti bustivo) si troveranno in mezzo tria del Friuli. occupazioni di suoli da parte di a un’immensa pianura, per molti case mobili), ma anche tutelata, secoli acquitrinosa, risanata dalle Valle Vecchia in quel di Caorle tramite Veneto Agricoltura, con bonifiche del secolo scorso. “Valle Vecchia natura nuova. La na- un’ecologica coltivazione dei suoli tura ritrovata” recita il dépliant del non occupati dalla pineta, con la Museo; e in effetti, per chi vive nel- creazione di zone umide e con la Lama interdunale verso Porto le grandi città e anche, con stile di ricostruzione delle dune che erano Baseleghe con estesa fioritura di vita urbano, in territori sempre più state spianate: quanti frequentano Limonium serotinum, pianta comune nei suoli salsi periodicamente inondati. invasi da case e fabbriche (molte la spiaggia (rigorosamente libera) Fotografia di Stefano Zanini. delle quali chiuse, al presente) in un giorno di forte vento, pos- 104 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

Caorle nella Kriegskarte 1798 - 1805 di Anton von Zach. TIERE FURLANE • 105 17 | TERRA FRIULANA

sono vedere i granelli di sabbia, La Regione Veneto dimostra così ricostruita e restituita a una natura rallentati da basse e fitte palizzate, che è possibile la convivenza fra la intelligentemente gestita e protetta che si depositano sul rialzo della natura ricostruita (dopo le bonifi- dall’uomo? duna, solidificata e resa stabile che) e l’agricoltura ecologica o, se Valle Vecchia è sostanzialmente dalla presenza di piante alòfile e si preferisce, compatibile con l’am- un’isola di novecento ettari, stac- xeròfile, così chiamate perché tol- biente, non alternativa. cata dalla terraferma dai canali lerano rispettivamente la presenza Se si eccettuano alcuni caratteristi- chiamati Canadare, Cavanella e del cloruro di sodio e l’aridità. ci casoni sulle bocche dei due por- dei Lovi, comunicanti con le acque Alle spalle della pineta litoranea ti, le uniche costruzioni, del Museo lagunari dei porti di Falconera a ci sono campi coltivati, siepi cam- e del Centro dell’Azienda agricola ovest e di Baseleghe a est: a sud ri- pestri, boschi planiziali, barene, sperimentale, sono concentrate a mane soltanto l’affascinante spiag- canneti, zone riallagate con vege- nord-est, lungo il canale Cavanel- gia fra i due porti. tazione palustre, bacini di raccolta la, e i visitatori possono seguire dell’acqua irrigua, vasche per itinerari (ben segnalati) a piedi, Quel lembo della Patria acquacoltura, vasche di fitobiode- in bicicletta e a cavallo, anche per Siamo proprio certi che la Regione purazione, e tre zone umide, dette scoprire l’habitat di alcune caratte- del Veneto abbia ricostruito un di Cavanella, di Canadare e di ristiche specie animali, che a Valle lembo della Patria del Friuli? Falconera: si tratta di un mosaico Vecchia trovano un ambiente che A partire dal 1200, se non da pri- naturalistico ben armonizzato e mi- sembrava perduto. ma, cioè da quando si formò il Par- rabile sotto il profilo estetico. Quali le dimensioni di quella terra lamento della Patria del Friuli (che

Valle Vecchia: serie vegetazionale dalla battigia alla pineta, con accenno di formazioni dunali. Fotografia di Stefano Zanini. 106 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

La pineta della Brussa. Fotografia di Stefano Zanini. negli atti ufficiali si autodefiniva di ecclesiastico e per l’investitura mò e ampliò il diploma precedente, Colloquium Patriae Foriiulii), feudale era il più eminente mem- ribadendo i confini della diocesi: la terra compresa fra il Livenza a bro del Parlamento dopo il Patriar- dai monti al mare fra i due fiumi. ovest e il Timavo a est, fu indicata ca. Non ci possono essere dubbi di dai suoi abitanti con il nome di Pa- A sua volta il Vescovo di Con- fronte a parole così chiare e pre- tria, o di Patrie cordia, concedendo l’investitura cise. (il femminile singolare del Friuli feudale, aveva reso suoi vassalli il centrale), tale essendo allora una Vescovo di Caorle, l’Abate di Sum- La diocesi di Caorle regione che obbediva a un’unica maga, il Capitolo di Concordia e al- Paolo Diacono, nella sua Historia legge, decisa appunto dal Parla- cuni nobili sparsi sul suo territorio. Langobardorum, scrive che il pa- mento. Quali i confini della Diocesi di Con- triarca d’Aquileia Paolo, “temendo L’assemblea legislativa della Patria cordia? le barbarie dei Longobardi fuggì da del Friuli era composta da tre ordi- La prima definizione ufficiale è Aquileia nell’isola di Grado e por- ni: il clero, i nobili e le comunità. contenuta in un diploma del 996, tò con sé tutto il tesoro della sua Concentrando la nostra attenzione rilasciato da Ottone II, che ricono- Chiesa”. sulla parte della Patria compresa sce e afferma il potere vescovile In fotocopia accadde la stessa co- fra Livenza e Tagliamento, e tra- fra i fiumi Livenza e Tagliamento sa a Concordia: fuga del vescovo scurando il resto, osserviamo che il fino al mare. In latino medioevale: Giovanni, del clero e del popolo Vescovo di Concordia, vassallo del ubi oritur fluvius, qui dicitur sull’isola di Caorle, di fronte all’e- Patriarca, era titolare del più este- Tiliamentum et defluit in mare, stuario del Livenza. Similmente so feudo della Patria, feudo che et ubi oritur Liquencie et defluit quelli di Oderzo si rifugiarono a coincideva con il territorio della in mare. Eraclea, quelli di Altino a Torcello, sua diocesi. Per la sua condizione Il 9 ottobre 1028 Corrado II confer- eccetera. TIERE FURLANE • 107 17 | TERRA FRIULANA

E siccome il territorio della dio- zione episcopale come qualcuno fu concordiese, esisteva ed esiste cesi caprulana, che doveva essere pretende anche ai nostri giorni. nel territorio concordiese e poiché provvisoria e divenne definitiva, Ciononostante, quando nel 1818 fu fu eretta in diocesi con l’intenzio- era una piccola isola sabbiosa, soppresso il vescovado di Caorle, ne espressa di ricongiungerla con Ottone I nel 967 riconobbe ai il suo territorio non fu attribuito Concordia, che le aveva portato il “caprisani”, ovvero agli abitanti alla Diocesi di Concordia, bensì al tesoro della fede, non appena lo di Caprulae/Caorle, il diritto di patriarcato di Venezia, che incluse scisma dei vescovi si fosse spento”. far legna in silva Forojuliana, da allora l’isola, La Brussa, Castello Conclusione: il potere del Patriarca situata nei pressi dell’estuario, e Villaviera. d’Aquileia e del Vescovo di Concor- similiter Gradenses in earum Possiamo citare, qui, le parole di dia suo suffraganeo si estendeva silva. mons. Mario Peressin: “Concordia fra Livenza e Tagliamento fino al Si trattava di un diritto reale su rivendica tutto il territorio di cui mare. In senso storico, quindi, selva altrui, come ben si com- Venezia man mano andò imposses- tutto il litorale fra Caorle e Bibione prende, reso necessario dalla sandosi, mentre si sviluppavano le appartiene alla Patria del Friuli e natura spoglia dell’isola di Caorle, bonifiche dal Lugugnana al Liven- alla Diocesi di Concordia-Porde- non di ampliamenti della giurisdi- za, ed anche Caorle stessa, poiché none.

Il nome Brussa

Il nome Brussa, sicuramente interessante dal punto di le parole hanno il senso di ‘boscaglia’ e la francese, in vista storico-linguistico, è considerato antichissimo; c’è realtà provenzale/occitana (brusso, brussa), è stretta- chi dice celtico e chi si mantiene più sulle generali defi- mente imparentata con la nostra friulveneziana. La base nendolo “preromano”. comune è pur sempre il latino, in questo caso il latino L’origine di Brussa, in realtà, è piuttosto banale: si tratta popolare bruscia ‘cespo di virgulti’ (o significati simili). di un nome comune che è diventato nome proprio di Quanto all’origine di bruscia si può anche pensare al luogo, come succede con la maggioranza dei toponimi. celtico, ma non tutti gli esperti ne sono sicuri. La fac- In friulano, e in veneziano, brussa significa ‘boscaglia, cenda, però, non è più di interesse toponimico, bensì fratta, selva’. Ciò è documentato in una carta friulana del lessicale. Esempio: se il pezzo di campagna di fronte a 1480: ... quadam silva sive parte silve seu brusse. Ora casa vostra, ammesso che non sia occupato dall’en- la parola non sembra più vitale, ma lo era certamente nesimo capannone, si chiama(va) Braide di Toni è facile nell’Ottocento se l’udinese Antonio Broili (1796 - 1876) che troviate qualche sprovveduto il quale afferma che è così poetava: un de Basse t’une brusse / tae la mace, e un toponimo longobardo in quanto la parola braide è di cu la scusse / fâs mieç pas di sivilot. E nel Dizionario del origine longobarda, o almeno germanica. Peccato che il dialetto veneziano di Giuseppe Boerio, dato alle stampe toponimo sia stato coniato da vostro bisnonno che era un nel 1856, possiamo trovare questa spiegazione del nostro vicino di Toni, e che sicuramente non era un longobardo; nome: “Macchia o Pruneto, Siepe o cespuglio spinoso non aveva neppure la barba bionda e lunga. Braide, più di pruni e virgulti”. semplicemente, come brusse, appartiene al patrimonio Come toponimo si trova anche a , lessicale friulano e, come tale, ha generato centinaia di Ronchis di Latisana, nel comune di Varmo (più volte), a nomi di luogo, anche in tempi recentissimi. Quanto a Toni Susans, a Zoppola, ecc. è vero che è un nome di origine etrusca, ma dubito che Chi è stato nell’Africa un tempo francese saprà che co- Antonio Colussi detto Toni, il vicino del bisnonno, fosse là, con brousse, si indica quella che noi, grazie a libri e imparentato col lucumone di Tarquinia. documentari, potremmo chiamare savana, e nell’Africa che fu inglese il concetto si esprime con bush: entrambe EC 108 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

Bambina nella cesta, fotografi a scattata da Ugo Pellis a Belvedere di Aquileia il 4 novembre 1925 (dal libro Fondazione Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone Venti Anni 1992-2011). TIERE FURLANE • 109 17 | TERRA FRIULANA

Gabriella BUCCO Se venti anni vi sembran pochi Quattro lustri di attività della Fondazione CRUP illustrati in un prezioso volume

La Fondazione Crup ricorda stabiliti con iniziative di interesse vent’anni di attività con un libro collettivo, affiancandosi, ma non (Fondazione Cassa di Risparmio sostituendosi, agli organismi pub- di Udine e Pordenone Venti An- blici. Come? Con i redditi derivanti ni 1992-2011) curato da Giuseppe dall’investimento del proprio patri- Bergamini e Luciano Padovese. monio costituito da partecipazioni Un bel volume concepito per quel finanziarie, beni mobili e immobili. grande numero di cittadini che In tempi di difficoltà le richieste ignorano che cosa siano e che cosa aumentano e, quindi, anche la facciano le Fondazioni bancarie. Fondazione ha dovuto operare Queste nacquero con la cosiddetta delle scelte per venire incontro alle legge Amato (n. 218 del 30 luglio esigenze di utilità sociale, attuando L1990), che privatizzò le Casse di una programmazione coerente con Risparmio separando l’attività gli obiettivi statutari e attenta alle creditizia da quella filantropica. La esigenze del territorio che com- La copertina del libro che ricorda i prima fu attributa alle Casse di Ri- prende la Provincia di Pordenone e vent’anni di attività della Fondazione sparmio Spa, la seconda rimase alle quella di Udine. Crup. Fondazioni. Per agire in modo più incisivo gli La Fondazione Crup, associata interventi privilegiati sono quelli zione al territorio, un Consiglio di all’ACRI (Associazione di Fonda- pluriennali e strutturali. Per attua- Amministrazione, un Collegio sin- zioni e di Casse di Risparmio) che re queste finalità lo statuto preve- dacale, un Presidente e un Diret- riunisce le 88 fondazioni bancarie de un organo di indirizzo, compo- tore. Alle commissioni tecniche, in presenti in Italia, è dunque un sto da 24 persone designate dagli materia finanziaria e patrimoniale, ente che interviene nei settori enti territoriali, che legano l’istitu- si affiancano quelle consultive, che 110 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

vecchiamento della popolazione, e coinvolge numerose persone non autosufficienti. Un’altra categoria è rappresentata dalle situazioni di disagio, che riguardano i portatori di handicap privi di famiglia o i malati terminali. Per alleviare le situazioni di bisogno si sono ac- quistati automezzi per il trasporto dei disabili, si sono finanziate l’ac- coglienza e la cura dei disabili e si sono creati nuovi punti di aggrega- zione, atti a prevenire il formarsi del disagio giovanile. Nel campo sanitario la Fondazione La viticoltura, ricchezza economica e paesaggistica del Friuli, è sempre stata al ha continuato a sostenere le strut- centro delle attenzioni della Fondazione Crup, così come le chiese, patrimonio artistico e religioso. La fotografia è stata scattata in località Poggiobello nel ture sanitarie fornendo moderne Comune di Manzano; la chiesetta è la Cappella Micheloni, costruita dal apparecchiature medicali al policli- proprietario di una tenuta attigua nel 1711. nico universitario udinese, al CRO di Aviano e alle diverse aziende per esprimono pareri sui contributi e si può usare come un ipertesto gra- i servizi sanitari. riguardano i tre settori in cui opera zie ai colori che, nell’indice delle A questo settore si lega stretta- la fondazione: pagine, si ripetono nelle aperture mente l’aiuto fornito al settore 1) istruzione, formazione e ricerca; dei singoli argomenti. Ognuno può dell’istruzione e della ricerca poi- 2) arte, attività e beni culturali; 3) cercare ciò che lo interessa e l’ap- ché, come scrive L. Padovese “Non salute, medicina, assistenza , vo- pendice, con lo Statuto e la spiega- c’è possibilità di un progresso sia lontariato. zione dell’assetto istituzionale, può sociale che economico senza istru- Sono questi i settori che vengono orientare in modo corretto anche zione e ricerca, vere fonti di inno- trattati nel libro, descrivendo i par- coloro che pensano di chiedere dei vazione”. Il sostegno della ricerca ticolari degli interventi. contributi alla Fondazione. Il volu- attraverso la collaborazione con Attira il lettore la gradevole veste me è anche un oggetto piacevole l’Università di Udine ha toccato il grafica, frutto dello studio Mon- da sfogliare, scoprendo nei detta- campo biomedico, quello agrario tanari: il colore, tono su tono, gli ingranditi aspetti sconosciuti e quello economico, cercando evidenzia la divisione degli argo- delle opere d’arte, parecchie delle di “promuovere il trasferimen- menti, una decina in tutto, accom- quali fanno parte della collezione to dell’innovazione tecnologica pagnata da gradevoli immagini a dell’Istituto e furono esposte nella dal mondo della ricerca a quello tutta pagina e da una fitta rete di mostra Testimonianze d’arte in dell’industria e della produzione ingrandimenti, che permettono di Friuli. Capolavori della Fonda- economica soprattutto a vantaggio avvicinarsi e di osservare le opere zione Crup svoltasi a Udine e Por- di piccole e medie imprese che a distanza di pennello. Sono frut- denone tra il 2008 e il 2009. generalmente non dispongono di to dei servizi di due dei maggiori L’assistenza e l’istruzione sono valide strutture di ricerca”, cercan- esponenti della fotografia friulana: trattati da Luciano Padovese. Nel do, dunque, delle sinergie con il Luca Laureati e Riccardo Viola. campo dell’assistenza è privilegiata territorio. Non vi è l’obbligo di cominciare la l’assistenza agli anziani, problema Negli ultimi anni, in particolare, la lettura dalle prime pagine: il libro che emerge per il progressivo in- Fondazione ha favorito la creazio- TIERE FURLANE • 111 17 | TERRA FRIULANA

ne di nuove professioni, richieste volumi, pubblicati con il contributo una mostra e di un catalogo com- dal tessuto socio-economico friula- della Fondazione, tra cui spicca pleto. 500 opere, non solo quadri, no. In campo agrario molto rilevan- l’ultimo, dedicato al Palazzo d’Oro ma monete d’oro, cantinelle, cioè te è stato il sostegno al progetto di via Manin a Udine, sede dell’I- tavolette dipinte, arredi già di per- pluriennale Vigna per il sequen- stituto (si veda Tiere furlane n. tinenza della Cassa di Risparmio, ziamento e analisi del genoma della 15, 2012). Nel settore editoriale, sottratte a un eventuale allontana- vite, perseguito dall’Ateneo udine- particolare rilevanza assumono il mento dal territorio che le aveva se e da altri importanti gruppi di ri- Nuovo Liruti, Dizionario bio- viste nascere. cerca internazionali nell’ambito del grafico dei Friulani (in nove Una attività, quella della Fonda- Parco scientifico e tecnologico Lui- tomi,vengono presentati ben 2700 zione, scrive il Presidente della gi Danieli. Il progetto ha dei risvolti personaggi dal Medioevo al No- Fondazione Lionello D’Agostini, in anche pratici poiché implementa vecento), i tre volumi di Arte in cui “La nostra millenaria civiltà ci la produzione e il commercio delle Friuli, le guide delle chiese e la impone di guardare con fiducia e barbatelle, in cui i Vivai di Rausce- storia dei comuni, in collaborazio- tenacia al futuro… e di non lascia- do hanno una posizione mondiale ne rispettivamente con Università, re indietro nessuno, di non abban- di assoluta prevalenza. Società filologica friulana, Depu- donare le parti più deboli, indifese Nell’ambito agroalimentare rilevan- tazione di Storia patria del Friuli. e bisognose di sostegno... il compi- te è stato l’appoggio dato al proget- Il sostegno ai musei minori si è to di amministrare la Fondazione... to Ager Agroalimentare e ricerca concretizzato con nuovi allestimen- non può essere ridotto a puro eser- inserito in una rete che coinvolge ti, acquisto di opere e cessione in cizio tecnicistico o burocratico, ma parecchie Fondazioni (si veda Tie- comodato delle stesse. Costante è si identifica nell’abitudine a gestire re furlane n. 11, 2011). stato il supporto alle mostre, anche il dialogo nel vissuto dell’esperien- Nel settore dell’Istruzione sono in concorso con altre fondazioni za quotidiana delle centinaia di state dotate di attrezzature nu- ed enti pubblici tra cui l’Azienda realtà culturali, socio-assistenziali, merose scuole, aiutate anche per speciale di Villa Manin, la Trien- economiche, professionali, scolasti- quanto riguarda l’attuazione di nale europea dell’Incisione, Le che di cui è fortunatamente ricco progetti didattici, ad esempio la Provincie di Udine e di Pordenone, il Friuli”. diffusione dei quotidiani in classe e il Comitato San Floriano, l’IRPAC l’alternanza scuola lavoro. (Istituto regionale di Promozione e La Fondazione è anche intervenuta Animazione culturale) specializza- nel sostegno del volontariato, che to in fotografia. La cultura, intesa riesce a risolvere numerosi pro- nel senso più vasto del termine, blemi sociali con il microcredito, ha riguardato anche il teatro e la il banco alimentare, le mense dei musica, mentre un rilievo partico- poveri. Senza i contributi, anche lare hanno avuto i finanziamenti modesti, molte realtà sarebbero ai restauri. Relativamente a questi ridimensionate con grave perdite Bergamini ha evidenziato gli inter- della comunità. venti più consistenti per le somme Una vera festa per gli occhi e per impiegate e per l’importanza sto- la mente è la sezione, curata da rica dei monumenti, sottolinenado Giuseppe Bergamini, che riguarda come da ciò siano spesso scaturite l’impegno per la cultura. importanti pubblicazioni scienti- Si parte dall’editoria che, con il fiche. L’ultimo settore è dedicato Il Nuovo Liruti, la storia e la cultura del Progetto biblioteche, ha distribu- alle opere della collezione della Friuli attraverso i personaggi che le ito a 750 enti destinatari, 250.000 Fondazione Crup, già oggetto di hanno forgiate. 112 • TIERE FURLANE TERRA FRIULANA | 17

Pubblicità per la Cantina sociale cooperativa di nella rivista Il Vino, n. 1, 1974. RIVISTA DI CULTURA DEL TERRITORIO Ottobre 2011 Anno 3 Numero 3 issn 2036-8283 10 N. 10 10 N. Ottobre 2011 Tiere furlane Tiere

Le facce sono da funerale, eppure si tratta di una Prima Comunione a Bressa di , evento di solito gioioso; l’espressione In copertina: Gianenrico Vendramin, Tiere furlane di sierade, dello stralunato prete sembra un grosso punto di domanda (che cosa Archivio CRAF, Spilimbergo. dobbiamo aspettarci ancora?); il volto di San Domenico Savio, così devotamente esposto, non è tale da imprimere maggiore fi ducia nel futuro. Sopra: Francobollo della serie Italia al lavoro, 1950. La stampigliatura Ed era giorno di festa grande, il Corpus Domini; ma correva l’anno 1919... AMG - FTT signifi ca Allied Military Government - Free Territory of Trieste.