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Il volume è stato pubblicato con il contributo della © 2010 Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli Varallo, via D’Adda, 6 Sito web: http://www.storia900bivc.it E-mail: [email protected] Vietata la riproduzione anche parziale non autorizzata “Tra i costruttori dello stato democratico” Vercellesi, biellesi e valsesiani all’Assemblea costituente Atti dei convegni Vercelli, Piccolo Studio, 15 marzo 2008 Biella, Museo del Territorio, 29 marzo 2008 Varallo, Palazzo D’Adda, 10 maggio 2008 a cura di Enrico Pagano Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli “Cino Moscatelli” In copertina: Comizio del presidente del Consiglio dei ministri Alcide De Gasperi a Vercelli © Archivio fotografico Luciano Giachetti - Fotocronisti Baita (Vercelli). Riproduzione vietata. Prefazione La Costituzione è il fondamento della Repubblica. Se cade dal cuore del popolo, se non è rispettata dalle autorità politiche, se non è difesa dal Parlamento, se è manomessa dai partiti verrà a mancare il terreno sodo sul quale sono fabbricate le nostre istituzioni e ancorate le nostre libertà. Luigi Sturzo L’Istituto ha celebrato la ricorrenza del sessantesimo anniversario dell’entrata in vi- gore della Costituzione italiana con varie iniziative, tra cui l’organizzazione di tre con- vegni svoltisi tra la metà di marzo e la prima decade di maggio del 2008 a Vercelli, Biella e Varallo e dedicati alle figure dei deputati vercellesi, biellesi e valsesiani eletti all’As- semblea costituente, le cui esperienze sono state raccontate con l’obiettivo di ricostrui- re il clima politico del tempo, a forte caratterizzazione unitaria sulle questioni fondamen- tali, espressa anche dall’alleanza di governo fra i principali partiti, che si interruppe senza che venisse meno l’intenzione di dotare il Paese di un testo costituzionale condiviso. Una serie di occasioni per ripercorrere le tappe della formazione umana e politica dei protagonisti di un’esperienza istituzionale in cui fu progettata e resa attuabile una democrazia che invertì la rotta anche esistenziale degli abitanti del Paese, avviandoli dalla dimensione secolare di “sudditi” prevista dallo Statuto albertino al cammino verso la libertà della cittadinanza nella consapevolezza dei diritti e dei doveri sanciti dal testo costituzionale, prospettiva su cui ha insistito Bruno Ziglioli nelle relazioni introduttive ai convegni di Vercelli e Biella. Il cambiamento in atto fra il 1945 e il 1948, che oggi con- sideriamo come processo genetico della democrazia, come sottolinea Marco Neiretti nell’introduzione ai lavori del convegno di Varallo, riguardò oltre ai profili istituzionali e costituzionali, il sistema politico, con il passaggio dal partito unico alle forme democra- tiche basate sui partiti di massa, e il sistema di governo, con la graduale rottura dello spirito ciellenistico e l’affermarsi della conflittualità fra partiti di riferimento moderato e cattolico e partiti della sinistra. In questo contesto le elezioni per l’Assemblea costi- tuente furono il primo momento di misurazione del gradimento della popolazione verso la novità della partecipazione democratica e dell’orientamento politico generale dell’elet- torato italiano, più di quanto avevano potuto essere le elezioni amministrative svoltesi tra marzo e aprile del 1946, prima storica occasione di esercizio del suffragio universale nel nostro Paese, che, in varia misura, permisero il ricambio della classe dirigente loca- le rispetto al passato remoto del periodo liberale e a quello prossimo del regime fascista. I risultati delle elezioni politiche del 2 giugno 1946 sono noti. Prima ancora di riesa- minarne in sintesi le caratteristiche, è da sottolineare il dato dell’affluenza alle urne, raf- forzata indubbiamente dalla concomitanza del voto per il referendum istituzionale, co- munque indicativa di una diffusa volontà di esprimersi con gli strumenti democratici, che fu pari all’89,08 per cento degli aventi diritto, valore che sale al 91,12 per cento nella circoscrizione Torino-Novara-Vercelli. Per quanto riguarda gli esiti elettorali, la tendenza evidente a livello nazionale fu la polarizzazione del voto verso i partiti di mas- sa, che complessivamente ebbero il 74,87 per cento dei consensi, ancor più accentuata a livello della circoscrizione Torino-Novara-Vercelli, dove la somma dei voti dei tre principali partiti si attestò all’86,72 per cento, e a livello della provincia di Vercelli, al- l’epoca comprensiva del Biellese, in cui la somma dei risultati percentuali di Dc, Psiup 5 e Pci raggiunse quota 90,20. La concentrazione del voto nell’ambito del collegio eletto- rale interprovinciale ebbe come conseguenza l’attribuzione ai tre partiti di 24 seggi su 25, di cui 9 alla Dc, 9 al Psiup e 6 al Pci; l’unico seggio attribuito ai partiti minori andò all’Udn. Fra gli eletti del territorio locale Cino Moscatelli (Pci) riportò un notevole con- senso in termini di voti di preferenza, 45.282, terzo risultato in assoluto sul territorio regionale e secondo del collegio dietro soltanto a Giovanni Roveda (Pci), che fu il pri- mo sindaco di Torino dopo la Liberazione; Francesco Leone (Pci) ebbe 36.275 prefe- renze, Virgilio Luisetti (Psiup) 27.509, Ernesto Carpano Maglioli (Psiup) 27.207, Er- menegildo Bertola (Dc) 26.543, Giuseppe Pella (Dc) 25.632, Vittorio Flecchia (Pci) 13.423 e Francesco Moranino (Pci) 11.009. Furono inoltre eletti nel collegio unico nazionale Giulio Pastore (Dc) e Pietro Secchia (Pci). L’appuntamento elettorale del 2 giugno ’46 aveva decisamente gratificato la provin- cia di Vercelli in termini di rappresentanza, con particolare riferimento all’area biellese, che poteva contare su sei deputati; per la natura delle funzioni dell’assemblea, essi espri- mevano più la partecipazione del territorio alla costruzione dei fondamenti dello Stato, contribuendo a indirizzare il testo costituzionale verso un’ampia articolazione ammini- strativa decentrata che in prospettiva avrebbe avvantaggiato la dimensione locale, che non la tutela immediata di interessi particolaristici, benché non sia stata irrilevante l’azione dei deputati espressa in forma di interrogazioni su questioni territoriali specifiche. La dimensione quantitativa della rappresentanza politica locale stimola inevitabilmente una riflessione comparativa con l’attualità, in cui si delinea un processo di significativo affievolimento della presenza delle periferie provinciali nei luoghi decisionali istituzionali della politica; pur con tutte le distinzioni necessarie a proposito della diversa legislazione elettorale, che attualmente consente scelte non necessariamente vincolate al territorio, e considerato anche che nel frattempo sono state attivate province e regioni, per cui si sono consolidati i livelli intermedi della rappresentatività territoriale e sono cambiati pure gli equilibri demografici, con una più forte concentrazione di popolazione negli ambiti urbani, che ha determinato nuovi criteri di distribuzione della rappresentanza, spicca l’obiettiva circostanza che all’epoca della Costituente il territorio era rappresentato da 10 deputati sui 556 presenti in Assemblea, l’1,79 per cento dell’insieme, mentre oggi lo stesso territorio esprime 6 parlamentari, di cui 4 deputati e 2 senatori, sui 915 eletti nel- la XVI legislatura, rappresentanza pari allo 0,65 per cento. Permane invece come ele- mento di continuità l’assenza di rappresentanti femminili, caratteristica che appare oggi come il sintomo più rilevante dell’incompiutezza del cammino della democrazia e costi- tuisce l’espressione più marcata dell’arretratezza delle culture politiche nel territorio locale. Sul piano delle storie politiche personali il gruppo di deputati locali eletti all’Assem- blea costituente rappresenta una selezione ottimale delle risorse umane presenti nei partiti riorganizzatisi dopo la guerra. Nessuno tra i deputati locali fu chiamato a far parte della Commissione dei settantacinque, incaricata di istruire la proposta del testo costituzio- nale, né della sottocommissione di diciotto membri che provvide alla stesura materiale di detta proposta, ma ben tre di loro ricoprirono l’incarico di sottosegretario di Stato nel terzo governo De Gasperi: Ernesto Carpano Maglioli all’Interno, Cino Moscatelli alla presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’assistenza ai reduci e ai partigia- ni, Francesco Moranino alla Difesa, con delega all’esercito. Per i due deputati comuni- sti, come rilevato nelle relazioni a loro dedicate, la nomina era stata caldeggiata da Pie- tro Secchia superando alcune perplessità di Togliatti riferite alle possibili obiezioni di 6 De Gasperi; sul piano politico l’attribuzione a due ex comandanti partigiani di incarichi così delicati, per quanto breve sia stata la loro durata, costituì il momento di massima saldatura dell’esperienza resistenziale nella sua versione popolare con uno dei profili istituzionali più elevati, cioè la partecipazione al governo. A conferma della buona qualità degli esponenti della classe politica locale vi è la cir- costanza che tutti proseguirono il loro impegno parlamentare, alla Camera dei deputati o in Senato, oltre l’esperienza dell’Assemblea costituente, in una o più legislature, co- niugando in genere l’attività politica centrale con quella amministrativa locale. Contri- buì a favorire tale sviluppo delle carriere politiche la relativamente giovane età media degli eletti. Al momento dell’ingresso nel mondo politico istituzionale i più