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DI PROVINCIA DI

AUTORITA' DI BACINO AGENZIA REGIONALE DEL DISTRETTO IDROGRAFICO DELLA REGIONE SARDEGNA

PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE

ELABORATO RELAZIONE GEOLOGICA E2 data: __/02/2016 aggiornamento: scala:

I PROGETTISTI: Dott. Ing. ALESSANDRO LAI Dott. Geol. FAUSTO ALESSANDRO PANI

I COLLABORATORI: Dott. Ing. FABRIZIO CASU

Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE INDICE 1 PREMESSA ...... 4 2 IL CONTESTO ...... 4 3 IL PAI E LE LINEE GUIDA ...... 5 4 MODALITA DI DEFINIZIONE DELLA CLASSE DI PERICOLOSITA’ DI FRANA ...... 6 4.1 INDIVIDUAZIONE E PERIMETRAZIONE DELLE AREE A RISCHIO DI FRANA ...... 6 4.2 INDIVIDUAZIONE DELLE AREE A RISCHIO DI FRANA (FASE I ) ...... 6 4.2.1 CARTA DEI FENOMENI FRANOSI ...... 7 4.2.2 CARTA DELL'INSTABILITÀ POTENZIALE DEI VERSANTI ...... 8 4.2.3 ATTRIBUZIONE DEI PESI ...... 9 4.2.3.1 Pendenza dei versanti ...... 9 4.2.3.2 Litologia ...... 9 4.2.3.3 Uso del suolo ...... 10 4.2.3.4 Classi di instabilità potenziale ...... 10 4.2.4 ALTRI TEMATISMI DI VERIFICA ...... 11 4.2.4.1 Esposizione dei versanti ...... 11 4.2.4.2 Fattori climatici ...... 11 4.2.5 LA CARTA DI SINTESI DI PERICOLOSITA’ DA FRANA ...... 12 5 INDAGINE STORICA SUI FENOMENI DI DISSESTO ...... 14 5.1 LA VARIANTE PAI CMT 2014 E CONSIDERAZIONI DISCENDENTI ...... 14 6 INTRODUZIONE ...... 18 7 DESCRIZIONE DELLE AREE DI STUDIO ...... 19 8 STUDI GEOLOGICI PRECEDENTI ...... 20 8.1 BASAMENTO METAMORFICO PALEOZOICO ...... 22 8.2 BASAMENTO METAMORFICO PALEOZOICO ...... 24 8.2.1 ATTRIBUZIONI BIOSTRATIGRAFICHE ...... 24 8.2.2 UNITÀ TETTONICA DEL SARRABUS ...... 25 8.2.2.1 Arenarie di (SVI) ...... 26 8.2.2.2 Metaconglomerati di Muravera (MRV) ...... 26 8.2.2.3 Formazione di Monte Santa Vittoria (MSV) ...... 27 8.2.2.4 Porfidi grigi del Sarrabus (PGS) ...... 27 8.2.2.5 Formazione di Punta Serpeddì (PSR) ...... 27 8.2.2.6 Formazione di Tuviois (TUV) ...... 28 8.2.2.7 Filoni idrotermali di quarzo (fq) ...... 28 9 SCHEMA GEOLOGICO DELL’AREA RISTRETTA ...... 29 9.1 LE UNITÀ LITOSTRATIGRAFICHE ...... 32 10 LA MORFOLOGIA DELL’AREA ...... 33 10.1 A. UNITÀ DI BRUNCU MONTE NIEDDU (METAMORFITI PALEOZOICHE) ...... 36 10.2 G. FASCIA PEDEMONTANA DEL MASSICCIO DEL BRUNCU MONTE NIEDDU (DEPOSITI ELUVIO-COLLUVIALI E ALLUVIONALI ANTICHI.) ...... 36 10.3 I PROBLEMI D’IMPATTO AMBIENTALE LEGATI ALL’ATTIVITÀ ESTRATTIVA PREGRESSA ED ATTUALE ...... 39 10.3.1 Impatto sul paesaggio ...... 39 10.3.2 Impatto sull’idrografia superficiale...... 39

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE 10.4 LA DEFINIZIONE DELLA PERICOLOSITÀ DI FRANA ...... 40 10.4.1 CARTA DELLA INSTABILITA’ POTENZIALE DEI VERSANTI ...... 40 10.4.2 VALUTAZIONE DELLA PROPENSIONE AL DISSESTO IDROGEOLOGICO DI FRANA ...... 41 10.4.3 I TEMI E LE CARTOGRAFIE: ATTRIBUZIONE DEI PESI ...... 42 11 LE AREE FRANOSE O POTENZIALMENTE FRANOSE NEL SETTORE STUDIATO ...... 45 12 LA PERICOLOSITÀ DI FRANA DEL SETTORE STUDIATO ...... 49

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE 1 PREMESSA

Questo elaborato costituisce una proposta di variante al Piano di Assetto Idrogeologico esistente per la perimetrazione di pericolosità geologica, ai sensi dell’Art. 37 delle NTA PAI, per avvenuta esecuzione e collaudo di opere miranti alla mitigazione del pericolo.

Tale attività è finalizzata a rendere operativa la zonizzazione urbanistica esistente e consentire l’uso delle superfici attualmente vincolate dal pericolo geologico e dal pericolo idraulico.

In tale ambito, l’attività è supportata dal proprietario di un’area inclusa nella zona artigianaleed attualmente inibita alla trasformazione: la Pressteck S.p.A..

La società Pressteck S.p.A. è un’azienda a gestione familiare, fondata nel 1993, che impiega attualmente oltre circa 100 collaboratori nella sua sede di Muravera (Italia). La società leader nel mondo, effettua consegna in diversi continenti e lavora annualmente oltre 2.000 tonnellate di acciaio inox e 500 tonnellate di metalli non ferrosi. La produzione viene esportata nei paesi dell’Unione europea, in America del Nord e del Sud, in Asia, Australia e Nuova Zelanda, è operante sul mercato con esperienza ultra ventennale, possiede la certificazione ISO 9001. È in possesso della certificazione ambientale ISO 14001.

Le macchine usate per la produzione sono delle presse transfert ad altissima precisione (2/100 di mm), tali presse per effetto di passaggi successivi creano, grazie a particolari stampi forniti di matrici e punzoni, l’articolo desiderato dal progettista. L’attività è svolta con ciclo produttivo a freddo e lubrificazione delle parti soggette ad attrito. Per i corrispondenti prodotti non è prevista la verniciatura e le lavorazioni non comportano produzione di vapori. Non sono presenti durante le fasi di processo sostanze pericolose, non vi sono aree a rischio specifico.

Questa raffinata e precisa tecnologia pongono l’azienda Pressteck S.p.A. tra le poche in Europa a poter produrre articoli esclusivamente metallici (acciaio e alluminio) di alta tecnologia e innovazione nel settore metalmeccanico e farmaceutico, di piccolissime dimensioni e tolleranze non superiori ai 2/100 di millimetro. Vengono inoltre eseguiti trattamenti termici speciali sui metalli, assemblaggio di componenti e realizzazione di contenitori metallici per l’industria farmaceutica mondiale, nelle aziende TTS S.r.l. e Pressteck farmaceutica S.p.a., facenti entrambe parte del gruppo Pressteck S.p.A..

L’intervento in progetto è fondamentale per la Società Pressteck S.p.A. per poter onorare i contratti già acquisiti con diverse Società farmaceutiche a livello Europeo, Asiatico e America del Nord e del Sud. Tale ampliamento consiste in un consistente aumento occupazionale di diverse decine di unità nel settore specialistico suindicato.

La Società per poter realizzare in tempi ragionevoli l’intervento edilizio e impiantistico, previsti diversi milioni di euro tra costruzione, impianti e attrezzature, si fa carico della variante al P.A.I. per ridurre i tempi del completamento del complesso farmaceutico. Si precisa che il progetto architettonico è stato redatto e si è in attesa di richiedere il permesso di costruire in tempi rapidi.

2 IL CONTESTO

Il settore di intervento è posto nella zona artigianale D posta tra la ex SS 125 ed il canale delle acque alte, in un settore adiacente il Rio Matta.

La zona artigianale, dal punto di vista idraulico risulta “circoscritta” a nord dal canale delle acque

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE alte, tributario delle acque della maggior parte dei bacini montani gravanti sull’abitato (difatti solo i due torrenti situati all’estremo ovest del paese non “utilizzano” tale colatore), ad ovest viene lambito da due ridottissimi compluvi (i quali non appartengono al reticolo idrografico regionale) di cui uno situato a tergo del campo sportivo comunale di cui ne attraversa una parte limitata di superficie (data l’orografia della zona), ed uno, di dimensioni simili al precedente, situato immediatamente ad est rispetto a quest’ultimo, nominati rispettivamente nella variante al P.A.I. del 2010 quali: Compluvio campo sportivo e Compluvio S.S. 125.

Il rio che maggiormente potrebbe creare preoccupazioni a tale area risulta il Riu Matta (così identificato nel reticolo idrografico regionale), corso d’acqua che attraversa e divide in due aree la zona oggetto di studio e che tra l’altro è il torrente di maggiori dimensioni tra i bacini montani gravanti sul centro abitato; questo risulta formato da due rami, il rio Niu’e Crobu ed il rio individuato come Fiume 244213, tale rio va a riversarsi sul canale delle acque alte.

Le franosità mappate nel piano attuale erano legate al principio che il trasporto solido trascinato dalle acque del Rio Matta, al pari delle acque, si spandessero nelle stesse aree di piana mappata.

Simulazione su Earth-Google con sovrapposta la geologia col sito di interesse in viola

3 IL PAI E LE LINEE GUIDA Nelle more della redazione di un Piano di Bacino unitario, la RAS, in ossequio al D.L. 180 (Sarno) convertito in legge con il n° 267, ha richiesto l’operatività per stralci operativi per la pianificazione tematica dei bacini idrografici, definendo nell’immediato la necessità della mappatura delle aree pericolose sulle quali impostare interventi di urgenza finalizzati alla messa in sicurezza e riduzione del rischio e interventi strutturali finalizzati alla riduzione del pericolo.

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE Parallelamente definisce la trasformabilità del territorio evitando di istituire nuovo rischio con l’attivazione di nuovi insediamenti e nuove infrastrutture in zone definite pericolose. Il Piano Stralcio di Bacino per l'Assetto Idrogeologico, redatto dal coordinamento unificato e basato sulle perimetrazioni di pericolosità operate da un diverso gruppo di lavoro per ogni singolo sottobacino regionale, approvato dall’Amministrazione Regionale con Decreto della Giunta Regionale del 30.12.2004 n° 54/33e reso esecutivo con Decreto Assessoriale n° 3 del 21.02.2005, è stato pubblicato sul BURAS n° 8 del 11.03.2005. Associate al PAI e peraltro costituenti le Linee Guida su cui è stato redatto il PAI stesso, sono state redatte delle Linee Guida di supporto all’attività di perimetrazione delle Aree di pericolosità di Frana (Hg) e di Inondazione (Hi), di definizione degli Elementi a rischio (E), nonché delle aree a conseguente Rischio di Frana (Rg) e di Inondazione (Ri). Tali Linee Guida, costituiscono altresì fonte di definizione delle Linee Guida di Adeguamento dei Piani Urbanistici al PAI, redatte e diffuse dall’Assessorato dell’Urbanistica e degli Enti Locai della Regione Autonoma della Sardegna. Il presente documento utilizza come riferimento le Norme Tecniche di Attuazione del PAI aggiornate con Decreto del Presidente della Regione Sardegna n°148 del 26.10.2012, e ulteriormente integrate a gennaio 2014, pubblicate il 26.02.2014.

4 MODALITA DI DEFINIZIONE DELLA CLASSE DI PERICOLOSITA’ DI FRANA (da LINEE GUIDA per l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idraulico e geomorfologico e delle relative misure di salvaguardia - PAI – RAS)

4.1 INDIVIDUAZIONE E PERIMETRAZIONE DELLE AREE A RISCHIO DI FRANA Le attività da prevedere sono le seguenti:

 Individuazione delle aree a rischio di frana (Fase I)  Perimetrazione delle aree a rischio e definizione delle misure di salvaguardia (Fase II)  Programmazione della mitigazione del rischio (Fase III)

4.2 INDIVIDUAZIONE DELLE AREE A RISCHIO DI FRANA (FASE I ) Conformemente alle disposizioni del DPCM 29/09/98, per l'attività da svolgersi nell'ambito della fase I occorre avvalersi di un'analisi territoriale svolta in scala adeguata , almeno 1:25.000, in base ad elementi noti e a dati già disponibili. I risultati saranno quindi riportati nel Sistema cartografico in uso presso la Regione Sardegna. A tale scopo dovrà essere redatta una serie di cartografie tematiche, associate ad un database, che contengano i principali elementi necessari a tale valutazione; questi documenti dovranno poi essere elaborati, mediante procedure di seguito descritte, per ottenere una carta di sintesi della pericolosità da frana, per la quale si ritiene necessaria l’elaborazione delle seguenti carte, che a loro volta sono il risultato di una serie di elaborazioni precedenti.

 carta dei fenomeni di instabilità dei versanti - scala di analisi 1:10.000; scala di restituzione 1: 25.000 - che mira a rappresentare i fenomeni franosi di cui si hanno informazioni a vari livelli;

 carta dell’instabilità potenziale dei versanti (fattori della franosità) - scala di analisi e di restituzione 1: 25.000 - che vuole rappresentare , attraverso procedimenti induttivi, la propensione al dissesto del territorio.

La metodologia proposta per la realizzazione della Carta della pericolosità da frana, si basa su una serie di esperienze, disponibili nella documentazione bibliografica tecnica, ampiamente

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE documentate. Il principio comune su cui si basano le diverse metodologie, volte alla definizione di aree caratterizzate da una diversa propensione al dissesto, è l’analisi dei dissesti, al fine di individuare le condizioni in cui essi si verificano, e la valutazione dell’influenza che tali condizioni rivestono. Saranno inoltre considerati anche altri tematismi, se disponibili, al fine di completare la definizione della pericolosità del territorio esaminato dal punto di vista della stabilità dei versanti; questi ulteriori elementi di giudizio sono legati all’esposizione dei versanti e alle caratteristiche climatiche generali dell’area di indagine. Le conoscenze acquisite vengono poi utilizzate per individuare se le condizioni riscontrate sussistano nelle aree non interessate da fenomeni di instabilità, al fine di prevenirne il manifestarsi. La metodologia è semplice nella sua impostazione generale, ma è completa perché, come già anticipato, considera i fattori principali che hanno influenza diretta o indiretta sulle condizioni di stabilità. Consiste nella predisposizione di alcune carte tematiche che rappresentano, rispettivamente i fenomeni geomorfologici esistenti sul territorio e i singoli fattori predisponenti alla franosità; e nella verifica attraverso l’incrocio e la sovrapposizione (overlay) di queste carte, secondo il diagramma di flusso schematizzato in Figura 8

4.2.1 CARTA DEI FENOMENI FRANOSI I fenomeni inclusi nel termine movimenti franosi sono elencati nell’allegato A del citato DPCM 29/09/98. Si potranno utilizzare - a corredo delle informazioni disponibili - le informazioni archiviate dal Gruppo Nazionale per la Difesa delle Catastrofi Idrogeologiche del Consiglio Nazionale delle Ricerche (GNDCI- CNR), nell'ambito del progetto Aree vulnerate italiane (AVI). Ulteriori informazioni sulle caratteristiche dei singoli fenomeni franosi dovranno essere acquisite mediante la documentazione elaborata dal Servizio Geologico Nazionale (Miscellanea VII, 1996). Per quanto riguarda la carta dei fenomeni di instabilità dei versanti , in particolare, di dovrà procedere a:

 Raccogliere tutti gli elementi necessari per la caratterizzazione geologica e geomorfologica del territorio dei singoli sub-bacini rilevare, alla scala 1:10.000 e restituire, nella versione definitiva in scala 1:25.000, i dissesti e i fenomeni morfologici esistenti distinti e descritti in base alla genesi e allo stato di attività;  valutare l’evoluzione temporale dei fenomeni censiti e rilevati mediante analisi fontointerpretativa;  considerare gli interventi di stabilizzazione realizzati o in via di progettazione e/o realizzazione.

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La Carta dei fenomeni di instabilità dei versanti dovrà, pertanto, essere realizzata sulla base di uno studio approfondito dell’intero territorio dei singoli sub-bacini in scala 1:10.000; la scala di restituzione potrà essere 1:25.000. In essa, oltre alle forme legate all'orografia e strutturali, all'idrografia superficiale, all'azione delle acque correnti superficiali (fluviali e di versante) e all'azione antropica, verranno rappresentate le forme legate all'azione della gravità. La legenda di riferimento è quella proposta dal Servizio Geologico Nazionale, di seguito, a titolo di esempio, si riporta un breve elenco delle forme di versante dovute alla gravità (colore rosso- Stabilo 40; Stabilo 54). I risultati di questa fase condurranno alla realizzazione di una Carta Inventario dei fenomeni Franosi, utile per la definizione delle zone a differente pericolosità e, quindi, alla perimetrazione delle aree a rischio.

4.2.2 CARTA DELL'INSTABILITÀ POTENZIALE DEI VERSANTI Per quanto riguarda la Carta dell’instabilità potenziale dei versanti, che rappresenta le condizioni di franosità e di instabilità potenziale dei versanti, si deve disporre di alcune caratteristiche generali dei versanti (litologia, pendenza, uso del suolo, etc.). L’elaborazione e l'analisi dei dati, secondo la metodologia descritta nel seguito, può essere agevolmente effettuata attraverso l'utilizzando un sistema informativo geografico (GIS) ovvero mediante altre tecniche semiautomatiche o manuali; la rappresentazione dei risultati potrà essere effettuata alla scala 1:25.000. La metodologia di riferimento, condotta su base puramente qualitativa, si fonda sull’individuazione dei principali elementi descrittivi che giocano un ruolo fondamentale nella propensione al dissesto dei versanti; si tratta dei caratteri morfologici, della composizione litologica, delle condizioni di copertura vegetale e di esposizione dei versanti, delle caratteristiche geomorfologiche e dei fattori climatici. La metodologia, alla scala di indagine del presente lavoro, è semplificata; non possono essere, infatti, considerati i fattori “scatenanti” (quale, ad esempio, la piovosità) né vengono presi in considerazione le condizioni idrogeologiche locali (circolazione idrica nel versante); i parametri

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE geotecnici dei terreni e delle rocce che costituiscono il pendio; la giacitura degli strati; il grado di fratturazione e di alterazione delle rocce. Ciò trova giustificazione da un lato nella scala delle approssimazioni e nei caratteri di speditezza delle analisi previste per la redazione dei PSB; dall'altro la mancanza di dati omogenei e affidabili, relativi a questi elementi, per un territorio vasto, quale quello di una intera regione, comporta una necessità di semplificazione dei fattori di valutazione, che, ovviamente, ad una scala di maggior dettaglio, ad esempio comunale, dovrebbe essere evitata. Dapprima gli elementi dei singoli tematismi sono raggruppati in classi, per ottenere una rappresentazione aggregata del territorio; ad ogni classe viene attribuito un valore (peso) in funzione del ruolo esercitato nella produzione di un dissesto. Nelle successive operazioni di sovrapposizione, si effettua una combinazione (somma algebrica) dei valori assegnati, fino ad ottenere un punteggio finale, che rappresenta l’influenza complessiva che i fattori considerati hanno sulla stabilità del versante. Questo valore ricade in un intervallo definito cui corrisponde una classe di instabilità potenziale. Sulla base della documentazione esistente e che verrà resa disponibile, vengono considerati i seguenti fattori di analisi 1. pendenza dei versanti 2. litologia 3. uso del suolo. La prima operazione avviene effettuando l’incrocio tra due elementi naturali che possono essere ritenuti costanti e non modificabili in tempi brevi, cioè la pendenza dei versanti e la litologia. La seconda operazione prevede l’incrocio tra il risultato della prima (somma algebrica dei pesi) e un elemento che invece può essere variato e può variare nel breve periodo sia dal punto di vista della copertura vegetale che dell’intervento antropico: l’uso del suolo.

4.2.3 ATTRIBUZIONE DEI PESI

4.2.3.1 Pendenza dei versanti La pendenza dei versanti è un fattore molto importante in quanto maggiore è l’inclinazione di un pendio, maggiore è la tendenza al dissesto per effetto della gravità, dell’azione degli agenti atmosferici, senza la protezione della vegetazione che non riesce a insediarsi. A titolo di esempio si può ritenere che le classi di pendenza presenti siano cinque; si attribuiscono i seguenti pesi, compresi tra -2 e +2.

4.2.3.2 Litologia Per litologia, non si intendono unicamente le caratteristiche della natura dei terreni (sedimentari, vulcanici, metamorfici) ma anche le caratteristiche fisico-meccaniche ad essi relative (compattezza, grado di cementazione, stratificazione, scistosità).

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE Per l’attribuzione dei pesi si farà riferimento alle principali esperienze metodologiche riportate in bibliografia e alla conoscenza diretta delle caratteristiche dei litotipi affioranti nel territorio di studio. La scala dei valori da applicare va da 1 e 10; i valori più alti corrispondono ai termini litologici più resistenti, compatti, poco alterati, mentre quelli più bassi ai termini più fragili e sciolti. In tabella sono indicati, a titolo di esempio, i pesi relativi ad alcune classi litologiche individuabili nel territorio regionale sardo.

4.2.3.3 Uso del suolo La presenza di una copertura vegetale costituisce una protezione della superficie del terreno all’azione degli agenti atmosferici e un’azione di consolidamento esercitata dall’apparato radicale. Un bosco ad alto fusto è, generalmente, un impedimento al dissesto idrogeologico (massima impedenza), mentre un terreno lavorato stagionalmente, arato con sistemazione ad esempio a “ritocchino” è uno scarso impedimento all’erosione e all’instabilità del pendio (impedenza minima o nulla). In Tabella 13 si riportano, a titolo di esempio, alcune classi di uso del suolo18 che si ritengono presenti sul territorio regionale sardo; ad ogni classe è stato attribuito un peso, secondo le principali esperienze metodologiche riportate in bibliografia. Le classi relative all’uso antropico (tessuto urbano e aree industriali) sono state genericamente valutate con peso “0”, in relazione alla scala dello studio senza poter considerare particolari situazioni locali; alle aree estrattive è stato riconosciuto un ruolo di degrado (in quanto modificano le condizioni di stabilità); alle reti stradali è stato attribuito un valore di impedenza minima, in quanto l’intaglio stradale è comunque un fattore di disturbo delle condizioni naturali. Nella stessa tabella sono indicati i valori di impendenza e i pesi ad esse corrispondenti.

4.2.3.4 Classi di instabilità potenziale Sulla base della considerazione dei fattori descritti nelle pagine precedenti e delle esperienze metodologiche, si definiscono le classi di instabilità potenziale dei versanti a cui corrispondono intervalli di valori (pesi) derivati dalle operazioni di sovrapposizione previste. Si propongono 5 classi di instabilità potenziale, con valore decrescente di gravità; la classe di maggiore instabilità è quella corrispondente a valori più bassi dei pesi (ridotte quindi sono le qualità dei fattori considerati) mentre un pendio stabile è rappresentato dai valori più alti (i fattori che contribuiscono hanno buone caratteristiche di tenuta). Sono riportate nella seguente Tabella 14.

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4.2.4 ALTRI TEMATISMI DI VERIFICA

4.2.4.1 Esposizione dei versanti L’esposizione influisce sui processi di trasformazione dei versanti, in quanto i versanti esposti a nord sono quelli più freddi e umidi (con cicli giornalieri, non solo stagionali), mentre quelli esposti a sud hanno condizioni più miti. Nella Tabella 15 che segue si riporta a titolo di esempio una classificazione in base all’esposizione dei versanti; sono indicate 16 classi più una classe speciale per le aree di pianura.

4.2.4.2 Fattori climatici Le variazioni climatiche, gli effetti della temperatura combinata alle precipitazioni, provocano il degrado e il disfacimento delle rocce e la conseguente produzioni di detriti sciolti e instabili. Dati bibliografici19, indicano la piovosità media annua come fattore predisponente al dissesto, secondo la seguente Tabella 16.

Nell’ambito di studio, il fattore ”precipitazioni” ha indubbiamente una notevole influenza sulla stabilità dei versanti, a causa dei valori elevati e dell’intensità dei fenomeni registrati.

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4.2.5 LA CARTA DI SINTESI DI PERICOLOSITA’ DA FRANA

La Carta di sintesi della pericolosità deriva dalla verifica dei risultati dell’analisi geomorfologica di terreno aggiornata all'anno 2000 (fenomeni effettivamente presenti sul territorio - vedi “Carta dei fenomeni franosi”) e dell’analisi delle condizioni di potenziale instabilità (vedi “Carta dell’instabilità potenziale dei versanti”).

La “Carta di sintesi di pericolosità20 da frana” fornisce pertanto il quadro delle condizioni di stabilità del territorio dei singoli sub-bacini; essa si limita alla rappresentazione dei fenomeni di dissesto in atto e dei fattori che determinano la suscettibilità dei versanti al verificarsi di movimenti gravitativi e di massa . La “Carta di sintesi di pericolosità da frana”, dovrà rappresentare la condizione di pericolosità del territorio, indicata attraverso il parametro Hg, secondo quattro livelli indicati nella Tabella 17, a ciascuno dei quali si è attribuito un "peso" su base puramente empirica:

L'attribuzione del livello (ovvero del peso) di pericolosità ad un'area discenderà dal confronto tra lo stato di fatto attuale dei fenomeni franosi e le condizioni generali di instabilità potenziale sulla base di alcuni criteri generali quali:

 prevalenza di classe di instabilità potenziale  presenza di indizi geomorfologici  presenza di fenomeni di dissesto in atto e di indizi di movimento  presenza di fattori tettonici (presenza di faglie o lineazioni riconosciute)  presenza di copertura boschiva  presenza di fattori altimetrici  orientazione del versante.

In particolare, qui di seguito si specificano in dettaglio i quattro livelli di pericolosità al fine di una omogenea attribuzione.

H1 - Aree a pericolosità moderata Le aree che ricadono in questa classe sono caratterizzate da condizioni generali di stabilità dei versanti, ovvero presentano i seguenti caratteri:

 classi di instabilità potenziale limitata o assente (classe 2 e classe 1)  presenza di copertura boschiva  esposizione prevalente dei versanti: Nord  litologia prevalente: depositi alluvionali sabbiosi, calcari, dolomie e calcari dolomitici, etc.

H2 - Aree a pericolosità media Le aree che ricadono in questa classe sono caratterizzate da prevalenti condizioni di media pericolosità, in particolare da:

 classe di instabilità potenziale media (classe 3)  fenomeni di soliflusso

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 fenomeni di dilavamento diffuso  frane di crollo non attive/stabilizzate  frane di scorrimento attive/stabilizzate  aree di conoidi non attivatisi recentemente o completamente protette da opere di difesa  superfici degradate per pascolamento  presenza di copertura boschiva  esposizione prevalente dei versanti: Nord  litologia prevalente: depositi alluvionali depositi sabbiosi, porfidi, marmi saccaroidi e dolomitici, graniti massicci

H3 - Aree a pericolosità elevata Le aree che ricadono in questa classe sono prevalentemente caratterizzate da fenomeni quiescenti e potenziali tali da condizionare l’uso del territorio; in particolare da:

 classe di instabilità potenziale forte (classe 4)  presenza di lineamenti tettonici  pareti in roccia  orlo di scarpata o di terrazzo  falde e coni di detrito colonizzati  fenomeni di erosione delle incisioni vallive  frane di crollo quiescenti  frane di scorrimento quiescenti  deformazioni gravitative profonde di versante non attive  aree di conoidi attivi o potenzialmente attivi parzialmente protette da opere di difesa e di sistemazione a monte  fenomeni di fluidificazione dei suoli  fenomeni di soliflusso  fenomeni di dilavamento diffuso e concentrato  litologia prevalente: depositi detritici; depositi alluvionali antichi, recenti, attuali; depositi argillosi e marnosi; calcescisti, micascisti, argilloscisti; filladi; anfiboliti, gneiss fratturati; graniti alterati con copertura di sabbioni.  H4 - Aree a pericolosità molto elevata Le aree che ricadono in questa classe sono, in prevalenza, caratterizzate da una concentrazione di fenomeni in atto tali da condizionare fortemente l’uso del territorio; in particolare da

 classe di instabilità potenziale massima (classe 5)  falde e coni di detrito attivi, in particolare posizionati in quota e su versanti esposti a sud  aree di conoidi attivi o potenzialmente attivi non protette da opere di difesa e di sistemazione a  monte  canaloni in roccia (e non) con scarico di detrito  frane di crollo attive  frane di scorrimento attive  scivolamenti rapidi in roccia, detrito, fluidificazione di terreni sciolti superficiali  piccole frane  deformazioni gravitative profonde di versante attive  crolli e fenomeni di instabilità lungo l’intaglio stradale.  litologia prevalente: detrito di falda, coni detritici e conoidi di deiezione, alluvioni ghiaiose, antiche e terrazzate, sabbie eoliche, sabbie, anche grossolane con livelli ghiaiosi ed intercalazioni di arenarie, tufi, tufi conglomeratici, graniti, granodioriti alterati con potenti coperture di sabbioni arcosici

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE 5 INDAGINE STORICA SUI FENOMENI DI DISSESTO

Nell’ambito del lavoro è stata attivata un’analisi conoscitiva dei fenomeni di dissesto e delle condizioni di pericolosità e rischio sul territorio studiato. L’indagine svolta è consistita nell’esame della bibliografia presente che ha consentito l’identificazione delle aree storicamente soggette a dissesto idrogeologico. Sono state consultate numerose fonti, analizzate e sintetizzate, che vengono elencate di seguito, utilizzate per le valutazioni sulla instabilità. In particolare, sono state consultate : Progetto Aree vulnerate Italiane (AVI) - Gruppo Nazionale Difesa Catastrofi Idrogeologiche del CNR (GNDCICNR), si tratta di una raccolta di dati storici di piene e frane messe a disposizione per la consultazione al sito internet www.gndci.cnr.it;

Progetto SCAI - Studio sui Centri Abitati Instabili – Gruppo Nazionale Difesa Catastrofi Idrogeologiche del CNR G.N.D.C.I.

Progetto Naz. M.P.I. – C.N.R. “Dinamica, dissesti e tutela delle spiagge”

Servizio Geologico Nazionale (SGN) in collaborazione con le Regioni e le Provincie Autonome, Progetto IFFI, Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia, messo a disposizione nel sito dell’APAT;

Le frane della Sardegna – Sebastiano Crinò – da “L’ingegnere” – Roma, 1930;

Censimenti e catalogazioni o raccolta di notizie effettuati presso Province, Comunità Montane, Comuni limitrofi;

Progetto VAPI – Valutazione delle Piene in Sardegna – Pubblicazione CNR 1418;

Memorie e testimonianze storiche di particolari eventi di piena e di frana storica;

Studio ex Art. 8 c. 2 prodotto dal Comune di Muravera ed in itinere presso l’ADIS.

Le informazioni raccolte e successivamente mappate sono state verificate a campione per la verifica dello stato attuale dei luoghi che sono stati interessati da fenomeni di dissesto, l’eventuale persistere di situazioni di pericolo e la valutazione dello stato e dell’efficacia delle opere di messa in sicurezza adottate. Il materiale informativo raccolto ha costituito la base di partenza per la conoscenza della vulnerabilità del territorio e della sua sensibilità nei confronti dei fenomeni di dissesto idrogeologico ed ha rappresentato un ulteriore supporto alla definizione delle aree di pericolosità.

5.1 La variante PAI CMT 2014 e considerazioni discendenti Sulla base delle considerazioni adottate dall’ATI e dal Gruppo di Valutazione, sono state introdotte nelle modalità di riconoscimento una serie di nuove considerazioni. Dal paragrafo 2.2 della Relazione tecnica che accompagna la Proposta di Variante:

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE “La carta della pericolosità rappresenta una sintesi della carta dell’instabilità potenziale dei versanti e della carta geomorfologica o dei fenomeni franosi. Anche in questo caso si ravvisa un’evoluzione tra quanto previsto inizialmente dalle Linee Guida del PAI, rispetto alla metodologia effettivamente applicata nella redazione del PAI vigente, così come emerge dalla relazione generale del 2004, ove era prevista la classe Hg0 non considerata dalle Linee Guida del PAI. Si ricorda, per altro, che nella più recente revisione del PAI del Sub bacino 5 Posada – Cedrino (2006), è stata riproposta la suddivisione a sole 4 classi (da Hg1 a Hg4). In accordo con il Gruppo di Valutazione tale impostazione è stata confermata, ovvero non è stata inserita la classe Hg0; semplicemente le aree con pericolosità assente non sono state perimetrate (aree studiate non soggette a potenziali fenomeni franosi). Sempre in accordo con il Gruppo di Valutazione le indicazione derivanti dalla carta dell’instabilità potenziale sono state verificate ed incrociate con l’analisi geomorfologica esplicitata nell’omonima carta tematica. Quindi l’attribuzione alle classi Hg2, Hg3 e Hg4 è legata comunque alla presenza di riscontri, sia pure indiretti, di carattere geomorfologico, tutto ciò al fine di correggere quelle sopravvalutazioni dell’instabilità potenziale insite nella metodologia della prima versione del PAI. In effetti vi sarebbero i margini per migliorare tale metodologia, ma questo non era l’oggetto del presente studio, pertanto non è restato che assoggettare gli esiti dell’instabilità potenziale a riscontri di tipo geomorfologico. Tale approccio tuttavia tende a togliere significato alla classe Hg1, per la quale non è possibile una verifica di carattere geomorfologico in quanto la presenza di indizi, anche indiretti, di dissesti e di instabilità, anche quiescenti o stabilizzate, implica necessariamente l’attribuzione ad una classe superiore di pericolosità. In pratica tale classe è stata adottata nei casi in cui all’indicazione d’instabilità potenziali significative o di classi del PAI vigenti elevate corrispondono condizioni geomorfologiche che tenderebbero ad escludere la possibilità di dissesto; in altre parole si tratta di aree in cui è comunque necessario un approfondimento, sia pure a livello comunale. Per quanto riguarda le Varianti dei Piani Urbanistici Comunali di adeguamento al PAI e gli studi di compatibilità geologica e geotecnici presentati dai Comuni ai sensi dell’art.8 comma 2 delle N.A. del PAI, presentate, l’approccio adottato è stato quello di confermale, salvo nei casi in cui si è ritenuto di rilevare incongruenze significative, sia di tipo metodologico (per lo più eccessiva frammentazione delle fasce di pericolosità) che di contenuti rispetto a criteri di ragionevole cautela. Una sintesi delle motivazioni che hanno portato a proporre correzioni alle varianti al PAI sono state riportate nei paragrafi dedicati alla caratterizzazione dei singoli comuni. Le modifiche alla prima versione del PAI sono state invece decisamente più estese e sono legate sia al fatto che il presente studio di aggiornamento è stato condotto ad un maggiore livello di dettaglio e sull’intero territorio del sub bacino, invece che su aree limitate, sia in quanto dalla stesura della prima versione la documentazione si è arricchita e, in minor misura, si sono sviluppati o riattivati nuovi dissesti (si veda ad esempio la frana di Florinas sulla SS 131). Poste tali premesse, va rilevato che la prima versione del PAI non prevedeva la restituzione di carte tematiche o intermedie, compresa quella di analisi geomorfologica, né erano chiariti i criteri specifici e locali di delimitazione delle aree a differente pericolosità. Ne deriva che sono stati esaminati non pochi casi in cui, a fronte di territori apparentemente senza problemi in termini di potenziale sviluppo di dissesti sulla base dell’analisi geomorfologica, dei riscontri documentali e dei sopralluoghi in sito, si avevano classificazioni corrispondenti a pericolosità elevata o anche molto elevata. In tali casi si è proceduto alla riperimetrazione e declassamento, anche solo parziale, della pericolosità, sintetizzando le ragioni della scelta nei paragrafi dedicati ai singoli comuni, in modo di lasciar traccia delle motivazioni delle scelte tecniche adottate. Ovviamente vi sono stati anche casi inversi, in cui a fronte di riscontri oggettivi di potenziale sviluppo di dissesti si hanno, nella prima versione del PAI, classi di pericolosità non adeguate; in questi casi la scelta tuttavia è stata più agevole, tenendo conto che il presente studio è stato più approfondito e sulla base di criteri di cautela. Nella tabella seguente vengono descritti i criteri di attribuzione alle singole classi, proponendo una sintesi di quanto previsto dalla Relazione Generale del PAI del 2004 (in nero), dalle Linee

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE Guida del PAI del 2000 (in rosso), con eventuali integrazioni e precisazioni proposte nell’ambito del presente lavoro (in grassetto blu). omesse in quanto si ritiene non siano applicabili o, per contro, siano ridondanti. In particolare non sono state riportate le indicazioni relative a fattori predisponenti già considerati per il calcolo delle aree potenzialmente instabili, ovvero la litologia (riportata nelle Linee Guida del PAI), l’uso suolo (aree boscate o non boscate) e la pendenza. Queste indicazioni sono in effetti ribadite più volte nella Relazione Generale del PAI ma, si ritiene, siano piuttosto da interpretarsi come una descrizione delle caratteristiche prevalenti dei territori che ricadono nelle singole classi piuttosto che dei caratteri vincolanti nella definizione della pericolosità. Non è stato ripreso il termine di soliflusso, citato nelle Linee Guida del PAI ma non nella Relazione Generale del PAI 2004, intendendo con questo movimenti lenti e superficiali che per lo più si sviluppano in suoli con comportamento plastico. In effetti si ritiene che si tratti di dissesti a cui è connesso un rischio molto basso, essendo molto lenti e superficiali. Diversamente possono essere classificati, a seconda dei casi, come colamenti lenti o come frane per saturazione e fluidificazione dei terreni superficiali. Si rileva inoltre che, in estrema sintesi e fermo restando il fatto che non sono gli unici fattori considerati, nella classe Hg4 sono riportati i dissesti attivi, ovvero quelli per cui vi sono elementi effettivi tali da poter ritenere che vi siano stati movimenti recenti (segnalazioni, studi sulla pericolosità, evidenze in sito o visibili da fotointerpretazione) mentre alla classe Hg3 vengono assegnate le aree interessate da dissesti quiescenti, ovvero per i quali non sussistono informazioni che portino a affermare che vi siano stati, ragionevolmente, movimenti recenti. Pur non essendo espressamente previsto, si intende che nell’intorno dei dissesti attivi o quiescenti e degli elementi morfologici ad essi connessi è, non solo prassi ma, si ritiene, pratica necessaria, prevedere una fascia di rispetto in estensione alle aree in dissesto in senso stretto. Per i dissesti descritti con i tematismi areali, tale fascia è opportuno sia individuata tenendo conto dell’area coinvolta verso valle, della morfologia, e dell’eventuale possibile sviluppo dei processi di arretramento delle scarpate stesse. Spesso, soprattutto per le frane per crollo, è opportuno portare il limite verso monte sullo spartiacque (se prossimo) e verso valle fino all’incisione valliva o alla prima vera rottura di pendenza del versante interessato. Per quanto riguarda i temi lineari, ovvero le scarpate rocciose e di terrazzo, è stata definita una fascia di riferimento di 15 m, per lo più da realizzarsi per via automatica con metodi GIS costruendo un buffer avente detti raggi, fatta salva la loro revisione manuale al fine, per lo più, di incrementare l’estensione dell’area di pericolosità verso valle, portandola, come si è già detto sopra, alla prima evidente rottura di pendenza. Tale fascia potrà inoltre essere ridotta in ragione della modesta altezza delle scarpate o corone esaminate e/o della presenza di barriere naturali (ad esempio contropendenze). Le aree di pericolosità legate alla presenza di cavità sotterranee sono state tracciate in modo da avere, indicativamente, un raggio o buffer di 30 m; nel caso frequente di cavità orizzontali impostate su versanti o pareti rocciose, le fasce di pericolosità sono state corrette in modo da escludere i settori di territorio che fisicamente non possono essere coinvolti da eventuali dissesti, costituite essenzialmente dalle aree pianeggianti prospicienti l’imbocco della cavità stessa. Alle falesie costiere è stata generalmente attribuita la classe Hg4, essendo per lo più evidenti e diffusi i riscontri diretti di dissesti recenti, ed in ragione della forte azione erosiva e destabilizzate operata dal moto ondoso ai piedi delle falesie stesse. Tale impostazione di carattere generale, per altro in accordo con la prima versione del PAI e numerose recenti Varianti del PUC al PAI (cfr. Comuni di Sorso, Stintino, Sassari, Villanova Monteleone e Magomadas), è stata confermata anche in presenza di frane classificate quiescenti nell’IFFI, proprio in considerazione del particolare contesto morfologico. Per quanto riguarda la caratterizzazione della pericolosità nelle aree percorse dal fuoco negli ultimi 5 anni con una pendenza superiore al 20% l’intento è stato quello di incrementare di una classe di pericolo le aree in pendenza percorse da incendio al fine di permettere alla vegetazione di ricostituire condizioni di stabilità pari a quelle attuali. In altre parole il passaggio di un incendio può determinare un aumento della pericolosità in condizioni di pendenza superiore al 20% in aree boscate o a vegetazione

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE rada arborea per un periodo limitato, legato al tempo necessario al ripristino del sottobosco e della copertura vegetale. Per queste ragioni si è determinato che le condizioni di ripristino possano essere quantificate in cinque anni dal passaggio del fuoco e quindi sono stati valutati soltanto gli incendi scoppiati nel quinquennio precedente. La scelta di non far entrare nel modello di calcolo della pericolosità gli incendi è dovuto alla temporaneità dell’incremento di pericolosità determinata da questi fenomeni. Per tale ragione la sovrapposizione a valle del calcolo della pericolosità delle aree percorse da incendio permette un aggiornamento continuo della cartografia senza però dover rielaborare tutti gli strati inseriti nel modello. Nel complesso prevalgono nettamente le aree a pericolosità Hg2 e Hg3, pari rispettivamente ad una superficie di 576 Km2 (10% del totale del territorio) e 375 Km2 (7% del territorio), mentre decisamente minore è l’incidenza della classe Hg4, concentrata soprattutto sulle coste (complessivamente 38 Km2 pari a poco meno dell’1% del territorio complessivo). Resta comunque il dato che oltre il 7% del territorio del sub bacino n° 3 Coghinas-Mannu-Temo ricade in aree a pericolosità elevata o molto elevata.”

A seguire si riporta la tabella derivante dalle considerazioni nuove, opportunamente considerate e riprese nell’effettuazione della riperimetrazione operata nello studio.

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE 6 INTRODUZIONE Il territorio del Comune di Muravera con una superficie pari 93,51 km2, è parte integrante del settore del Sarrabus.

Nel presente studio sono stati esaminati gli aspetti di maggiore interesse ai fini della del processo di pianificazione territoriale nell’ambito dell’adeguamento del PUC al PPR.

Modello del rilievo – La posizione del territorio di Muravera nella Sardegna

Il sottoscritto professionista è stato incaricato dal comune di Muravera di effettuare l’analisi del territorio comunale per la verifica e la eventuale riperimetrazione delle aree di pericolosità geomorfologica.

Il presente lavoro, steso in forma coerente con le N.T.A. del P.A.I., Art. 37, riguarda l’analisi del settore di progetto, per il quale si propone anche Variante alla Perimetrazione idraulica a seguito di opere di mitigazione:

a. valuta la puntuale definizione dei dissesti attivi e potenziali ad una scala di dettaglio; b. analizza le relazioni tra le variazioni delle condizioni derivanti dall’attuazione del progetto di mitigazione eseguito; c. definisce le situazioni di pericolo residue e le eventuali mitigazioni: ed in particolare pone attenzione alla:  edificabilità dei suoli;  realizzazioni previste;  eventuali ulteriori interventi da porre in atto per la messa in sicurezza dell’area; proponendo alfine una più realistica classificazione della pericolosità e del rischio dell’area.

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7 DESCRIZIONE DELLE AREE DI STUDIO L’area di riferimento è quella del territorio del Comune di Muravera, ricadente nel bacino idrografico del Flumendosa adducente lo Stagno di San Giovanni, del Corr’e Pruna – Picocca adducente lo Stagno di Colostrai-Feraxi e di alcuni piccoli bacini costieri con foce a mare.

Il territorio comunale di Muravera è costituito da un'area molto varia distribuita sulle formazioni che vanno dal Paleozoico al Quaternario.

Lo studio geologico e geotecnico è composto di una relazione analitica, di tavole grafiche al 1:10.000 ed al 1:2.000.

1 COROGRAFIA CON INDIVIDUAZIONEAREA DI STUDIO 2 CARTA DELLA PERICOLOSITA’ GEOLOGICA P.A.I. VIGENTE 1:2.000 3 CARTA DEL RISCHIO GEOLOGICO P.A.I. VIGENTE 1:2.000 4 CARTA DEGLI ELEMENTI A RISCHIO 1:2.000 5 CARTA DELL’ACCLIVITÀ 1:2.000 6 CARTA DELL’USO ATTUALE DEL SUOLO 1:2.000 7 CARTA GEOLITOLOGICA 1:2.000 8 CARTA DELLA INSTABILITÀ POTENZIALE 1:2.000 9 CARTA DELLA PERICOLOSITA’ GEOLOGICA 1:2.000 10 CARTA DEL RISCHIO GEOLOGICO 1:2.000

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE 8 STUDI GEOLOGICI PRECEDENTI

Le prime conoscenze geologiche sulla Sardegna meridionale risalgono alla seconda metà del secolo scorso, a partire dal poliedrico lavoro di LA MARMORA (1857), seguito poi da numerosi studi di carattere sia stratigrafico (LOVISATO, 1894; TESTA, 1914, 1920; GORTANI, 1923c; CAVINATO, 1933), sia geominerario, con particolare riferimento alle mineralizzazioni del “filone argentifero del Sarrabus” (TRAVERSO, 1890; DE C ASTRO 1890; TEICHMÜLLER, 1931; VALERA, 1966; 1974). Una prima sintesi geologica a carattere regionale viene pubblicata nel Foglio 1:100.000 n° 234 “Cagliari” (REGIO UFFICIO GEOLOGICO, 1943), dove il basamento paleozoico a nord di Sinnai è attribuito genericamente all’Ordoviciano, con sovrimpronta di metamorfismo indotto dai corpi intrusivi granitici (indistinti) iniettati da imponenti filoni. La successione miocenica è ripartita in tre facies: una argilloso-marnosa, una calcarea organogena costituente la sommità delle colline di Cagliari, ed una marnoso-sabbiosa e conglomeratica. Viene attribuita genericamente al Pliocene una formazione di conglomerati sabbiosi sottostanti le alluvioni terrazzate “antiche”. Nel Quaternario sono distinti depositi diluviali (comprendenti la facies marina di “panchina” tirreniana e le terre rosse e brecce ossifere würmiane) e alluviali (comprendenti le attuali sabbie e dune costiere). CALVINO (1956; 1959; 1960; 1963; 1972) traccia le prime linee fondamentali sull’assetto geologico del basamento paleozoico della Sardegna sud-orientale e del Sarrabus in particolare. Egli riconosce una fase tettonica (“fase sarrabese”) che correla alla “fase sarda” caledoniana dell’Iglesiente, distingue la Formazione delle Arenarie di S. Vito (che riferisce al Cambriano e/o Ordoviciano inferiore) dalla sovrastante e discordante successione paleozoica, precisa l’età caledoniana del magmatismo acido (“Porfidi bianchi” e “Porfidi grigi”), prima ritenuto ercinico, definendone il carattere prevalentemente effusivo e subaereo. Una svolta nella definizione dell’assetto stratigrafico e strutturale del basamento della Sardegna meridionale si ha tra gli anni ’70 e ’80, con lo sviluppo degli studi sulla catena ercinica europea e sul segmento sardo in particolare. BOSELLINI & OGNIBEN (1968) per primi riconoscono una struttura a falde di ricoprimento in Sardegna centrale (Barbagia). VAI & COCOZZA (1974) interpretano le potenti successioni del “Postgotlandiano” Auct. come depositi sinorogenici ercinici, e prospettano per questi un’età carbonifera. CARMIGNANI & PERTUSATI (1977) e NAUD & TEMPIER (1977) documentano nella Sardegna centroorientale una tettonica polifasica ercinica associata a importanti raccorciamenti, con pieghe coricate chilometriche e raddoppi tettonici di importanza regionale. I lavori successivi di CARMIGNANI et alii (1978, 1982), NAUD (1979a; 1981), DESSAU et alii (1982), dimostrano che tutta la Sardegna centro-orientale è costituita da una pila di falde di ricoprimento, con senso di trasporto verso SW e W, mentre BARCA et alii (1982a) estendono all’Arburese-Iglesiente orientale il fronte delle falde più esterne. ARTHAUD & SAUNIAC (1981) offrono un quadro sintetico dell’evoluzione tettono-metamorfica di tutta la catena ercinica della Sardegna. Negli stessi anni interessanti contributi integrano le conoscenze sulla stratigrafia paleozoica della Sardegna meridionale. Così BARCA & DI GREGORIO (1979) forniscono una prima definizione della successione delle formazioni cambro-devoniane del Sarrabus e ritengono che la fase tettonica pre- caradociana (“fase sarrabese”) sia responsabile di blandi piegamenti, con emersione ed erosione delle “Arenarie di San Vito” ed associata attività vulcanica subaerea. NAUD (1979b) individua, nell’Ordoviciano superiore della Sardegna sud-orientale (Rio Canoni), una formazione-guida fossilifera a brachiopodi, briozoi, trilobiti, etc., importante per la ricostruzione stratigrafica e strutturale del basamento paleozoico dell’area. BARCA et alii (1982b) segnalano per la prima volta la presenza di acritarchi cambriani nelle “Arenarie di San Vito” ed evidenziano le implicazioni geologiche che ne derivano, confermando su base paleontologica le intuizioni di CALVINO (1960). BARCA & MAXIA (1982) puntualizzano

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE l’assetto stratigrafico e tettonico del Sarrabus occidentale, concludendo che la successione paleozoica del Sarrabus può essere riferita a due principali cicli sedimentari marini separati da una fase di continentalità durante l’Ordoviciano inferiore-medio. SPALLETTA & VAI (1982) descrivono il contatto tra la successione carbonatica pelagica del Devoniano ed i depositi del flysch ercinico presso (Gerrei). MAXIA (1984) segnala la presenza di potenti successioni carbonifere marine nella Sardegna meridionale. BARCA & SPALLETTA (1985) puntualizzano il significato degli affiora menti flyscioidi del Carbonifero inferiore-medio presso Villasalto. BARCA (1991) segnala la presenza di grandi olistoliti di varia litologia ed età entro i depositi sinorogenici ercinici del Sarrabus. BARCA & OLIVIERI (1991) precisano mediante i conodonti l’età degli olistoliti carbonatici inclusi nel flysch ercinico del Sarrabus. Successivamente CARMIGNANI et alii (1992) propongono un completo modello geodinamico dell’evoluzione del basamento ercinico della Sardegna che prevede una fase di subduzione di crosta oceanica dall’Ordoviciano inferiore, con sviluppo di vulcanismo di tipo orogenico nell’Ordoviciano medio e successiva collisione continente-continente (Carbonifero inferiore), con sovrascorrimento dello zoccolo armoricano e impilamento di elementi del margine del continente di Gondwana; segue, infine, il collasso gravitativo del cuneo orogenico ercinico. LOI et alii (1992a,b,c) riconoscono depositi di tempesta nei livelli a placers e ritmiti dell’Ordoviciano superiore della Sardegna sud-orientale. CONTI & PATTA (1998) segnalano la presenza di piegamenti ercinici a larga scala ovest-vergenti nel Sarrabus orientale. Inoltre, CONTI et alii (1999), nella Sardegna sud-orientale evidenziano un generale sollevamento durante le fasi finali dell’orogenesi ercinica, con sviluppo di faglie normali a basso angolo e di pieghe a piano assiale suborizzontale. Gli studi paleontologici hanno contribuito notevolmente alle attribuzioni stratigrafiche nel Paleozoico della Sardegna meridionale. I primi riferimenti sui fossili paleozoici si devono a MENEGHINI (in LA MARMORA, 1857), la cui raccolta, in particolare sui fossili siluriani, venne successivamente documentata da GNOLI & SERPAGLI (1977). LOVISATO (1894) descrive per primo i fossili (in particolare Clymenie) del Devoniano del Gerrei; TARICCO (1915) segnala diverse località fossilifere nel Sarrabus; GORTANI (1923a) fornisce la prima monografia sui graptoliti di Goni. In seguito anche ALBERTI (1963) descrive le faune presenti nelle formazioni devoniane della Sardegna meridionale. POMESANO CHERCHI (1963) riconosce i primi conodonti nel Gerrei, poi ulteriormente studiati da OLIVIERI (1970). DEBRENNE & NAUD (1981) ipotizzano un’età precambriana per le “Arenarie di San Vito” affioranti nell’area di Punta Serpeddì in base ad impronte di meduse e piste. Nella stessa zona ed in altre località del Sarrabus-Gerrei BARCA et alii (1982b, 1984, 1988) segnalano l’importanza dei ritrovamenti di acritarchi cambro-ordoviciani nelle Arenarie di San Vito per una ricostruzione più puntuale della successione paleozoica inferiore della Sardegna. BARCA & JÄEGER (1990) descrivono le associazioni a graptoliti rinvenute in vari affioramenti del Siluriano-Devoniano inferiore del Sarrabus-Gerrei. Una rassegna completa dei dati sulle conoscenze paleontologiche del Paleozoico sardo si deve a SERPAGLI (1982) e a SERPAGLI & GNOLI (1984). Tra i lavori più recenti si segnalano gli studi sui conodonti del Siluriano e Devoniano eseguiti da CORRADINI & OLIVIERI (1996) e da CORRADINI (1998). Inoltre, BARCA et alii (2000) documentano con sicurezza (con i conodonti) il Carbonifero inferiore (Tournaisiano inferiore-medio) nei calcari di M. Taccu (S. Nicolò Gerrei), per cui si conferma l’età del Carbonifero inf. del sovrastante flysch del Gerrei, mentre il riesame della sezione di Corona Mizziu (Villasalto) esclude la presenza del Tournaisiano segnalata da OLIVIERI (1970). Gli studi geopetrografici sul batolite sardo-corso hanno permesso di inquadrare anche il plutonismo della Sardegna meridionale nell’attività magmatica tardo-post-ercinica ad affinità calcalcalina (DI SIMPLICIO et alii, 1974; BRALIA et alii, 1981; GHEZZO & ORSINI, 1982), e di riconoscere nel corteo filoniano litotipi calcoalcalini, tholeiitici e transizionali, alcalini e peralluminosi (BROTZU et alii, 1978; TRAVERSA, 1979a, b ; ATZORI & TRAVERSA, 1986). Nel Sarrabus predominano i leucograniti biotitici (BRALIA et alii, 1981), con associati ammassi e dicchi di microleucograniti

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE rossastri. Nel Sarrabus meridionale sono stati riconosciuti tipi granodioritici-monzogranitici (BROTZU & MORBIDELLI, 1974; BRALIA et alii, 1981), dove sono intrusi piccoli ammassi e dicchi di sieniti sodiche (BROTZU et alii, 1978), la cui età di 294 ± 9 Ma (PIRINU et alii, 1996) indica la quasi contemporaneità con l’intrusione dei corpi granodioritici circostanti, datati 301 ÷ 298 Ma (NICOLETTI et alii, 1982). Nel complesso intrusivo di BROTZU et alii (1994) individuano due distinti corpi basici a composizione gabbro-tonalitica e ad affinità calcalcalina alta in potassio, con età di intrusione 311 ± 9 Ma. Le coperture sedimentarie e vulcaniche cenozoiche diffusamente affioranti nell’entroterra cagliaritano (porzione meridionale della “fossa sarda”: VARDABASSO, 1962) sono state oggetto di studio da parte di diversi ricercatori. PECORINI & POMESANO CHERCHI (1969) forniscono i risultati di uno studio stratigrafico sul Campidano che ha tra l’altro consentito di definire la Formazione del Cixerri e la Formazione di , confermando per la prima un’età eocenica ed ascrivendo la seconda all’intervallo Oligocene sup.-Aquitaniano inf.. Il sistema vulcanico del settore di Monte Ferru, viene compresa da DERIU (1962) nel ciclo “andesitoide inferiore” (α1) e da PECORINI (1966) attribuita all’Oligocene superiore. SAVELLI et alii (1979) ne confermano poi l’inquadramento nel ciclo andesitico inferiore (α1) di DERIU (1962), indicando un’età (K/Ar) di 22.6±0.9 ÷ 24.9±1 Ma. ASSORGIA et alii (1993; 1994) descrivono la successione delle vulcaniti del settore di Monastir, indicando un’età compresa fra l’Oligocene superiore ed il Miocene inferiore.

8.1 BASAMENTO METAMORFICO PALEOZOICO

Il basamento paleozoico sardo è considerato un tratto della Catena ercinica sud-europea (fig.2); in origine esso doveva proseguire nel Massiccio Centrale Francese, nei Mauri e nella Montagna Nera (ARTHAUD & MATTE, 1977), prima del distacco e della deriva del Blocco sardo-corso nel Miocene inferiore. La Catena ercinica, secondo gran parte degli Autori, si sarebbe evoluta attraverso subduzione di crosta oceanica e metamorfismo di alta pressione a partire dal Siluriano e collisione continentale, con importante ispessimento crostale, metamorfismo e magmatismo, durante il Devoniano e il Carbonifero (MATTE, 1986a; 1986b; CARMIGNANI et alii, 1994b e bibliografia). La geometria collisionale della Catena è ancora ben riconoscibile nel segmento sardo. Secondo CARMIGNANI et alii (1992; 1994b), il Complesso Metamorfico di Alto Grado che affiora nella Sardegna settentrionale rappresenta il margine armoricano sovrascorso (fig.1), mentre il Complesso Metamorfico di Basso e Medio Grado, a sua volta suddiviso in Falde interne e Falde esterne ed affiorante nella Sardegna centrale e sud-orientale, rappresenta il margine di Gondwana subdotto. I due complessi metamorfici risultano separati dalla Linea di sutura Posada- Asinara, lungo la quale affiorano relitti di crosta oceanica (CAPPELLI, 1991). La fase di collisione e ispessimento crostale è associata ad un metamorfismo progrado di pressione intermedia e grado variabile da sud verso nord dalla facies degli scisti verdi a quella anfibolitica, quest’ultima sviluppata solo in prossimità della Linea Posada-Asinara. Il basamento paleozoico del Foglio Cagliari fa parte delle Falde esterne (vedi figura), che affiorano tra la Barbagia e l’Iglesiente- e sono costituite da originarie successioni sedimentarie e vulcaniche di età compresa tra il Cambriano e il Carbonifero inferiore. Queste falde si sono messe in posto con traslazione da NE verso SW nell’avanfossa della Catena durante il Dinantiano. Il metamorfismo sincinematico delle Falde esterne varia dall’anchizona alla facies degli scisti verdi; metamorfismo e deformazione aumentano di intensità dalle unità geometricamente superiori a quelle inferiori. Nelle Falde esterne, rocce metamorfiche in facies anfibolitica affiorano solo al M. Grighini (Oristanese), in corrispondenza della culminazione assiale di una pronunciata antiforme di falde (Antiforme del Flumendosa) diretta NW-SE, che si può riconoscere per una lunghezza di circa 100 km dal M. Grighini alla foce del F. Flumendosa (Sarrabus).

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE La sezione più completa nelle Falde esterne è descritta nella bassa valle del Flumendosa (CARMIGNANI & PERTUSATI, 1977; CARMIGNANI et alii, 1978), dove affiora l’unità tettonica più profonda, l’Unità di Riu Gruppa, sottostante all’Unità del Gerrei, la quale a sua volta è sormontata, sul fianco settentrionale dell’antiforme, dall’Unità di Meana Sardo e, su quello meridionale, dall’Unità del Sarrabus. Queste unità tettoniche mostrano significative differenze nella successione stratigrafica, in particolare per quanto riguarda la successione vulcanica e vulcano clastica dell’Ordoviciano medio (fig.4). Esse sono state impilate e deformate in un cuneo di accrezione radicato sotto le Falde interne durante le fasi collisionali e di ispessimento crostale dell’Orogenesi ercinica. Nel Carbonifero superiore e nel Permiano, un’importante tettonica distensiva post-collisionale si sovrappone alle strutture collisionali, portando all’esumazione delle metamorfiti ed alla messa in posto del complesso magmatico calcalcalino tardo-ercinico. La fase distensiva è testimoniata da: - sviluppo generalizzato nel basamento di strutture indicanti raccorciamento verticale ed estensione orizzontale a tutte le scale. Ciò si manifesta con zone di taglio con movimento diretto, cui sono associate drag folds a scistosità localmente molto penetrativa, con faglie normali a basso angolo che spesso riattivano sovrascorrimenti della fase collisionale e, infine, con faglie ad alto angolo che sistematicamente tagliano tutte le strutture precedenti; - sviluppo di alti strutturali bordati da faglie normali o trastensive che portano ad affiorare le unità più profonde e metamorfiche dell’edificio a falde e che possono essere interpretati come finestre tettoniche tipo core-complex; - sviluppo di bacini molassici intracontinentali stefano-permiani sul basamento eroso e tettonicamente denudato, in parte contemporanei alle intrusioni dei granitoidi e spesso interessati da attività vulcanica effusiva ed esplosiva. Il basamento metamorfico affiorante nel settore di Muravera appartiene all’Unità tettonica del Sarrabus, che più a nord si sovrappone tettonicamente, mediante l’accavallamento di Villasalto (CARMIGNANI & PERTUSATI, 1977) sull’Unità tettonica del Gerrei. In seno alla successione stratigrafica che caratterizza il Paleozoico del Sarrabus e della Sardegna sud-orientale sono presenti importanti discordanze. La più antica è una discordanza angolare che separa la successione del Cambriano-Ordoviciano inferiore dal sovrastante complesso vulcanico dell’Ordoviciano medio; essa è nota in letteratura come “Discordanza sarrabese” (CALVINO, 1959) e attribuita (BARCA et alii, 1987; 1988) alla “Fase sarda” (STILLE, 1939) dell’Iglesiente. La seconda è una non-conformity tra il complesso vulcanico subaereo ordoviciano e la successione trasgressiva dell’Ordoviciano superiore (“Trasgressione caradociana” Auct.). La terza è una discordanza alla base della successione terrigena sinorogenica del Carbonifero inferiore. Questo contatto è quasi sempre tettonizzato e sulla sua originaria natura stratigrafica e/o tettonica mancano ancora dati certi. Le sequenze comprese tra queste discordanze sono classificabili come “Unconformity Bounded Stratigraphic Units” (UBSU) o “Sintemi” (ISSC, 1987; 1994), e sono state informalmente così definite: - Successione terrigena del Cambriano-Ordoviciano inferiore pre-Discordanza sarrabese; - Successione vulcano-sedimentaria dell’Ordoviciano medio; - Successione terrigena e carbonatica dell’Ordoviciano superiore-Devoniano-Carbonifero inferiore; - Depositi sintettonici tipo Culm (Carbonifero inferiore). La “Successione terrigena del Cambriano-Ordoviciano inferiore pre-Discordanza sarrabese” è una potente successione di originari depositi arenacei e siltosi, nota in letteratura con il nome di Arenarie di San Vito nel Sarrabus e nel Gerrei (CALVINO, 1963) e formazione di Solanas in Barbagia e Sarcidano (MINZONI, 1975). Tali depositi avrebbero subito una debole deformazione nell’Ordoviciano inferiore (”Fase sarda” o “Fase sarrabese” Auct.).

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE Si tratta di depositi di conoidi sottomarine che rappresentano facies nettamente più distali rispetto ai depositi misti terrigeni e carbonatici coevi della Sardegna SW. La transizione da SW a NE, da un ambiente di piattaforma terrigeno-carbonatica (Sulcis-Iglesiente) ad un ambiente di scarpata continentale distale (Sardegna sudorientale), consente di ipotizzare il profilo di un margine continentale passivo persistente per tutto il Cambriano fino all’Ordoviciano inferiore, che potrebbe essere riferito al margine settentrionale del continente di Gondwana (CARMIGNANI et alii, 1992). La “Successione vulcano-sedimentaria dell’Ordoviciano medio” caratterizza tutte le Falde esterne ed è costituita da grandi spessori di metavulcaniti e metaepiclastiti discordanti sulle metarenarie cambro-ordoviciane. I prodotti magmatici, di composizione da andesitica a riolitica, sono attribuiti ad un’attività di arco vulcanico su crosta continentale, riferita ad una fase di subduzione dell’Oceano Sudarmoricano al di sotto del Gondwana. Un’originaria zonazione dell’arco vulcanico (CARMIGNANI et alii, 1994b) spiegherebbe le sensibili variazioni di composizione tra le diverse unità tettoniche. La “Successione terrigena e carbonatica dell’Ordoviciano superiore-Devoniano-Carbonifero inferiore” nella sua porzione iniziale testimonia la trasgressione marina sugli apparati vulcanici dell’Ordoviciano medio (“Trasgressione caradociana” Auct.) ed è rappresentata da depositi detritici anche grossolani, di ambiente costiero (Caradoc), seguiti da depositi pelitico-arenacei con intercalazioni carbonatiche di ambiente neritico (Caradoc-Ashgill). Le successioni dell’Ordoviciano superiore mostrano una grande variabilità di facies: i prodotti dello smantellamento degli apparati vulcanici subaerei sono infatti fortemente dipendenti sia dalla locale morfologia della superficie di trasgressione, che dalla natura del litotipo trasgredito. Con l’Ordoviciano superiore si realizza anche una importante variazione dell’ambientazione geodinamica. Al diffuso e importante vulcanismo calcalcalino dell’Ordoviciano medio segue infatti nel Caradoc-Ashgill una più modesta attività vulcanica, caratterizzata nella Sardegna meridionale da basalti intraplacca che testimoniano una tettonica distensiva a cui è da riferire il collasso dell’arco vulcanico calcalcalino e la trasgressione caradociana. Nel dominio marino instauratosi alla fine dell’Ordoviciano si stabilisce sempre più una uniformità di sedimentazione che perdura anche nel Siluriano, Devoniano e Carbonifero inferiore. L’ambiente della sedimentazione è, come provano le faune pelagiche (tentaculiti, conodonti, cefalopodi, etc.), di mare aperto relativamente poco profondo con apporti da terre emerse scarsi o assenti e frequenti condizioni riducenti sul fondo, soprattutto nel Siluriano. Nel settore studiato questa successione non comprende i termini carbonatici del Devoniano medio- superiore presenti invece nel Gerrei. I “depositi sintettonici tipo Culm” ricoprono nel Carbonifero inferiore l’intera successione e vengono rapidamente coinvolti nell’Orogenesi ercinica. Questi depositi, noti come Formazione di Pala Manna (BARCA, 1981; 1991; BARCA et alii, 1992), affiorano oltre che nel Sarrabus anche nelle unità tettoniche del Gerrei e nel Sulcis. Generalmente sono costituiti da alternanze di metarenarie, metasiltiti e metapeliti con frequenti intercalazioni di metaconglomerati, metabrecce ed olistoliti, e metavulcaniti. Questi depositi di avanfossa molto probabilmente derivano dallo smantellamento delle porzioni più interne, precocemente deformate ed emerse, della Catena ercinica.

8.2 BASAMENTO METAMORFICO PALEOZOICO

8.2.1 ATTRIBUZIONI BIOSTRATIGRAFICHE Le conoscenze stratigrafiche sul basamento della Sardegna sud-orientale, sono sempre progredite con grandi difficoltà sia a causa della complessa struttura a falde riconosciuta solo da una ventina di anni, sia a causa del metamorfismo e che delle intense deformazioni subite dalle rocce. Solo in tempi recenti è stata documentata una dettagliata biostratigrafia, ed i dati paleontologici oggi disponibili, qui di seguito sintetizzati, garantiscono una buona definizione delle successioni stratigrafiche:

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE - nella formazione delle Arenarie di San Vito dell’Unità tettonica del Sarrabus, è stato documentato con acritarchi il Cambriano medio, il Cambriano superiore e l’Ordoviciano inferiore (BARCA et alii, 1982b; 1988). Nell’Unità tettonica del Gerrei, NAUD & PITTAU DEMELIA (1985) e BARCA et alii (1984) hanno documentato, sempre con acritarchi, il Cambriano superiore e l’Ordoviciano inferiore. Trilobiti dell’Ordoviciano inferiore (Arenig) ed altri fossili sono stati segnalati da PILLOLA & LEONE (1997) nel Sarrabus (Valle del Rio Ollastu) a SO del Foglio Muravera; - la Successione vulcano-sedimentaria dell’Ordoviciano medio viene datata in base all’età delle formazioni sottostanti (Cambriano medio-Ordoviciano inferiore) e dei sedimenti dell’Ordoviciano superiore (Caradoc-Ashgill) trasgressivi sugli apparati vulcanici; - la Successione terrigena e carbonatica dell’Ordoviciano superiore-Devoniano è l’intervallo paleontologicamente meglio documentato di tutto il Paleozoico della Sardegna sud-orientale. In particolare: - i livelli fossiliferi entro i metasedimenti della Trasgressione caradociana Auct. (formazioni di Punta Serpeddì e di Orroeledu, Argilloscisti del Riu Canoni) in vari settori della Zona a falde (Sarrabus, Gerrei, Sarcidano, Barbagia, Arburese) vengono assegnati al Caradoc-Ashgill in base ai numerosi studi sulla ricca associazione bentonica presente, in particolare sui brachiopodi (VINASSA DE REGNY, 1927, 1941; TEICHMÜLLER, 1931; HELMCKE, 1973; GIOVANNONI & ZANFRÀ, 1979; NAUD, 1979b), briozoi (TEICHMÜLLER, 1931; CONTI, 1990), cistoidi (MACCAGNO, 1965), trilobiti (HAMMAN & LEONE, 1997); - il Siluriano è ben documentato negli “Scisti a Graptoliti” Auct. in numerose, alcune ormai classiche, località (Goni, , , , Gadoni, etc.) sulla base di graptoliti (GORTANI, 1923a; 1923b; TEICHMÜLLER, 1931; HELMCKE, 1973; HELMCKE & KOCH, 1974; BARCA & JÄEGER, 1990), conodonti studiati negli orizzonti carbonatici intercalati (BARCA et alii, 1992; CORRADINI & OLIVIERI, 1996; FERRETTI & SERPAGLI, 1996), nautiloidei (GNOLI, 1993); - il Devoniano è documentato nel complesso degli argilloscisti, calcari stratificati e calcari massivi, sulla base di conodonti (ALBERTI, 1963; OLIVIERI, 1970; MURRU, 1975; SPALLETTA & VAI, 1982; BARCA et alii, 1986b; BARCA et alii, 2000), tentaculiti (ALBERTI, 1963; GESSA, 1993), ma anche graptoliti (HELMCKE, 1973; JÄEGER, 1977), trilobiti, cefalopodi ammonoidei (Clymenia e Goniatites nei Calcari di Villasalto: LOVISATO, 1894; GORTANI, 1923b); - il Carbonifero inferiore (Tournaisiano) marino è documentato con sicurezza nei Calcari di Villasalto a M.Taccu (S. Nicolò Gerrei) sulla base dei conodonti (BARCA et alii, 2000), mentre il riesame (CORRADINI, 1998) della sezione stratigrafica di Corona Mizziu, presso Villasalto, ha escluso la presenza del Carbonifero inferiore (OLIVIERI, 1970). I depositi sintettonici tipo Culm (formazione di Pala Manna: BARCA, 1981; 1991) sono riferiti al Carbonifero inferiore e/o medio sulla base di conodonti del Devoniano superiore (Frasniano, Famenniano) rinvenuti nei ciottoli (BARCA & SPALLETTA, 1985) e nei grandi olistoliti calcarei inclusi nel flysch del Sarrabus (BARCA, 1991; BARCA & OLIVIERI, 1991).

8.2.2 UNITÀ TETTONICA DEL SARRABUS Questa unità tettonica occupa gran parte dell’area rilevata a S dell’accavallamento di Villasalto. È l’unità strutturalmente più elevata nell’edificio a falde del basamento della Sardegna sud-orientale, ed è quella con minore deformazione e più basso grado metamorfico. I rilevamenti hanno confermato che il contatto di base dell’Unità del Sarrabus (accavallamento di Villasalto) è stato riattivato come faglia diretta e forse trascorrente; quindi le originarie relazioni di sovrapposizione tra le unità potrebbero essere state localmente modificate. Inoltre, la direzione di trasporto dell’Unità del Sarrabus (da E verso W) è sensibilmente diversa da quella delle altre Falde esterne (da NE verso SW) durante la fase collisionale ercinica (CARMIGNANI & PERTUSATI, 1977; CARMIGNANI et alii, 1978c; CONTI & PATTA, 1998; CONTI et alii, 2001).

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8.2.2.1 Arenarie di San Vito (SVI) Le arenarie di San Vito rappresentano la formazione che affiora di gran lunga più estesamente nell’area di studio. A S di San Basilio, la loro continuità di affioramento è in pratica interrotta solamente dalle finestre tettoniche in cui affiora la successione vulcano-sedimentaria dell’Unità tettonica del Gerrei, e dalle coperture terziarie e quaternarie. Altri affioramenti di arenarie di San Vito sono presenti a M. Picciu e a M. Aresti, rispettivamente a NE e a SW di , e a M. Assorgia a SE di ; nel primo caso i metasedimenti sono intrusi dai graniti, risultando quindi molto frammentati e mal conservati. Affioramenti minori si trovano poi a N di Nuraminis, poco a N di Villagreca ed all’uscita meridionale dell’abitato di , nelle vicinanze del cimitero. Si tratta di una potente successione terrigena costituita da metarenarie micacee, quarziti e, più raramente, metarenarie feldspatiche, di colore variabile dal grigio-verdastro chiaro al grigio scuro, debolmente metamorfiche. Le metareniti formano irregolari alternanze, da decimetriche a metriche, con metasiltiti e metapeliti grigio-verdastre e nere; gli spessori delle due litologie non sono mai uguali, rinvenendosi le metarenarie in strati che possono arrivare anche al metro e le metasiltiti in livelli che non superano mai i 20-30 cm. Le quarziti grossolane grigio-chiare, massive o in spesse bancate, sono talvolta associate a metaconglomerati minuti, più raramente grossolani, in livelli di pochi metri di spessore ed in lenti, costituiti prevalentemente da clasti di quarzo e di originarie quarzoareniti e arenarie, come si può ben osservare nelle località di M. Niu Crobu e Bruncu Muscadroxiu, sull’altopiano che da Villasalto conduce a M. Genis. Potenti bancate di quarziti biancastre si possono osservare inoltre sulla dorsale che da Gillu Mannu porta a S’Enna Manna, quasi al contatto con i porfidi grigi del Sarrabus. La base della formazione non affiora mai, poggiando sempre tettonicamente sopra l’Unità tettonica del Gerrei (accavallamento di Villasalto). Il contatto stratigrafico al tetto è invece ben osservabile a SW del M. Genis dove è presente una netta discordanza angolare (NAUD, 1981). Negli intervalli a granulometria fine sono più frequenti laminazioni piano-parallele, incrociate (fig.16) concave e gibbose tipiche sia di ripple unidirezionali sia di hummocky cross stratification. Alla base degli intervalli a granulometria arenacea talvolta sono conservati ripple mark, flute-cast e load cast, come ad esempio lungo la S.S. 387 al km 41,5 e presso la valle del Riu Flumini Basili. Le strutture sedimentarie più diffuse suggeriscono un ambiente di sedimentazione litorale, che risentiva degli effetti delle onde di tempesta. Secondo alcuni autori (BARCA & MAXIA, 1982) l’ambiente di sedimentazione corrisponderebbe ad un vasto sistema deltizio sottomarino con sedimentazione anche di tipo torbiditico. I litotipi della parte alta della formazione indicano una tendenza regressiva del bacino, probabilmente connessa con l’inizio dei movimenti dell’Ordoviciano Inferiore (Fase sarda Auct.). In questa unità tettonica, in base alle associazioni di acritarchi, nelle arenarie di San Vito è documentato il Cambriano medio, il Cambriano superiore e l’Ordoviciano Inferiore (Tremadoc) (BARCA et alii, 1982a; 1982b; 1988; TONGIORGI et alii, 1984).

8.2.2.2 Metaconglomerati di Muravera (MRV) In precedenza gli autori BARCA & MASCIA (1982) avevano nominato questa unità litostratigrafica come “conglomerato di Riu Ceraxa”, ma i rilevamenti eseguiti hanno dimostrato che in tale località affiorano depositi conglomeratici interni alla successione vulcanica ordoviciana (cartografati all’interno del foglio come litofacies MSVb nella zona di M. Genis). Affiorano in maniera discontinua nel rilievo di M. Acutzu, dove costituiscono delle lenti al di sotto della formazione dei porfidi grigi del Sarrabus. Sono conglomerati eterometrici e poligenici, con prevalenza di clasti fatti a spese di originarie arenarie quarzose e che raggiungono massimo i 10 cm.

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE Il contatto di base è discordante sulle arenarie di San Vito, mentre a tetto sono ricoperti dalle metavulcaniti riodacitiche dei porfidi grigi. Lo spessore non raggiunge i 10 m. Ordoviciano Inferiore-?Medio

8.2.2.3 Formazione di Monte Santa Vittoria (MSV) Questa formazione corrisponde ai “Porfidi bianchi” di CALVINO (1963) e comprende sia originari prodotti lavici riolitici di colore chiaro, sia prodotti epiclastici di rimaneggiamento delle stesse vulcaniti. Affiora solamente, in maniera discontinua, a S di M. Genis, lungo il corso del Riu Leonaxi e del suo affluente, Su Arcu de is Placidus, dove si associa a metaconglomerati di spessore metrico con ciottoli di dimensioni da centimetriche a decimetriche di quarzoareniti e di vulcaniti acide con un buon grado di elaborazione (MSVa). Questi depositi grossolani non vanno confusi con il “conglomerato basale” di CALVINO (1959) e i Metaconglomerati di Muravera (CARMIGNANI et alii, 2001a), che marcano la “discordanza sarrabase” dell’Ordoviciano Inferiore, ma indicano condizioni deposizionali di ambiente continentale coeve alla messa in posto delle vulcaniti. Verso l’alto passano in maniera brusca alla successiva formazione dei porfidi grigi. Ordoviciano ?Medio

8.2.2.4 Porfidi grigi del Sarrabus (PGS) Questa formazione affiora in due distinti settori, a S di M. Genis e più ad W in corrispondenza del rilievo di M. Acutzu; un piccolo affioramento è presente inoltre in località Sedda is Cardias, dove è sormontato tettonicamente dalle arenarie di San Vito. Si tratta di originarie vulcaniti acide caratterizzate da giacitura massiva, messe in posto come domi e colate e probabili flussi piroclastici (MEMMI et alii, 1982). Al taglio fresco mostrano un colore grigio scuro ed un evidente struttura porfirica. Le analisi degli elementi in tracce (vedi ISPRA - CARG - Note Illustrative Foglio 548) confermano quanto emerso negli studi precedenti (MEMMI et alii, 1983) e cioè che si tratta prevalentemente di metariodaciti dove in sezione sottile si distinguono abbondanti porfiroclasti millimetrici di quarzo globulare, feldspato alcalino, plagioclasio e biotite in una pasta di fondo microcristallina. Talvolta sono presenti frammenti litici generalmente costituiti da originarie epiclastiti ed arenarie. Lo spessore di questa formazione è variabile, a S di M. Genis e a M. Acutzu supera in affioramento i 100 m. Il contatto di base è netto e discordante, quello di tetto è ugualmente discordante ed avviene con il passaggio ai metasedimenti microconglomeratici della formazione di Punta Serpeddì dell’Ordoviciano Superiore. Come già messo in evidenza da CALVINO (1972) si conferma che questa formazione è correlabile con i porfiroidi dell’Unità tettonica del Gerrei, dai quali si differenzia sostanzialmente solo per una minore deformazione. Ordoviciano ?Medio

8.2.2.5 Formazione di Punta Serpeddì (PSR) Affiora ampiamente nei rilievi del settore a S di Muravera fino a sovrapporsi al plutone granitico di Maruleris e Acque 'e i Seccis, che hanno indotto un sensibile metamorfismo di contatto che ha reso problematico un sicuro riconoscimento dei tre membri in cui è divisa la formazione (LOI, 1993). La base della formazione è rappresentata dal membro di Bruncu Spollittu (PSR1) costituito da metarcose, metarenarie e metaconglomerati minuti con clasti ben classati di quarzo e più rari feldspati di dimensioni millimetriche. Gli strati arenacei contengono talvolta lamine sedimentarie di minerali pesanti. Verso l’alto si passa al membro di Sa Murta, limitato a pochi metri di spessore di metasiltiti alternate a metarenarie fini (PSR2), e al membro di Bruncu is Mallorus (PSR3), costituito da metarenarie fini e metasiltiti che in altre aree sono riccamente fossilifere, con un’associazione a

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE trilobiti, crinoidi, brachiopodi, gasteropodi, cistoidi (CALVINO, 1959; BARCA & DI GREGORIO, 1979; GIOVANNONI & ZANFRÀ, 1979). Lo spessore è variabile, probabilmente a causa delle irregolarità morfologiche degli apparati vulcanici su cui la formazione trasgredisce, ma dovrebbe raggiungere al massimo i 70 m di spessore (LOI, 1993). A S di M. Acutzu, quasi al contatto con i sottostanti porfidi grigi, in prossimità di una cava abbandonata sono stati rinvenuti articoli di crinoidi in metarenarie grossolane grigie. La formazione di Punta Serpeddì ha carattere trasgressivo alla base (Trasgressione caradociana Auct.), mentre la sua parte superiore testimonia l’instaurarsi di ambienti litorali e di piattaforma neritica a sedimentazione terrigena. Ordoviciano Superiore

8.2.2.6 Formazione di Tuviois (TUV) La formazione si estende in maniera significativa nell'area di Muravera e nell'adiacente Foglio 557 “Cagliari”. L’affioramento non permette una completa osservazione della litologia originaria. Si tratta di metasiltiti a grana medio-fine, ricche in carbonato di calcio, di colore grigio bruno, in genere silicizzate. Non si riconoscono strutture sedimentarie o resti fossili a causa del termometamorfismo di contatto legato alla messa in posto dei leucograniti di Monte Genis. Insieme alla formazione di Punta Serpeddì anche la formazione di Tuviois, per il suo contenuto fossilifero, è attribuita all’Ordoviciano Superiore. Ordoviciano Superiore

8.2.2.7 Filoni idrotermali di quarzo (fq) Questi filoni, rari nell’area del foglio, costituiscono manifestazioni legate a fenomenologie idrotermali. Presentano spessori solitamente ridotti, da alcuni decimetri fino ad un massimo (rari) di 1,50 m; sono spesso associati a brecce di faglia in zone di taglio entro i metasedimenti dell’Ordoviciano superiore (PSR, TUV). Filoni idrotermali a prevalente quarzo, spesso mineralizzati a barite e fluorite, talora anche con solfuri metallici (Pb, Zn, Cu, Fe, etc e localmente Ag). CARBONIFERO SUP. – PERMIANO

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE 9 SCHEMA GEOLOGICO DELL’AREA RISTRETTA

La sequenza stratigrafica complessiva dell’area nella quale si inserisce il settore è rappresentata dal basso in alto da:  Metamorfiti paleozoiche;  Sedimenti continentali pliocenci;  Depositi alluvionali quaternari;  Depositi eluvio-colluviali olocenici-attuali;  Detriti di falda;

Mappa – Geologia dell’area sul DTM

Le metamorfiti paleozoiche costituiscono il termine più antico che affiora nell’area. Esse costituiscono il margine della gran parte del limite occidentale della fossa. Le rocce paleozoiche sono rappresentate da un complesso metamorfico, costituito da filladi e filladi carboniose del Silurico, da metavulcaniti da intermedie ad acide dell’Ordoviciano (?) e presumibilmente metarenarie e filladi del Cambro-Ordoviciano (?). Il complesso metamorfico, secondo la ricostruzione di Carmignani et alii (1987) costituisce un lembo della cosiddetta Unità dell’Arburese, interpretata come una delle unità intermedie della zona a falde della catena ercinica. Le formazioni metamorfiche paleozoiche presenti nell’area fanno capo all'Unità alloctona del "Post- Gotlandiano AA.". Si tratta di una sequenza sedimentaria, generalmente priva di resti fossili, di genesi e caratteristiche eterogenee costituita prevalentemente da metasiltiti e metarenarie.

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE Alla sua sommità stratigrafica giace una serie di livelli a vulcanoclastiti sormontanti un complesso di depositi sedimentari con caratteristiche granulometriche varianti dalle siltiti alle arenarie ed ai conglomerati.

Mappa – Schema strutturale con evidenza della presenza delle unità a falde dell’Arburese, del Sarrabus e del Gerrei

Le metavulcaniti hanno età ordoviciana mentre le sottostanti formazioni sedimentarie hanno età cambro-ordoviciana. Le formazioni suddette sono state successivamente metamorfosate e si presentano attualmente in veste di formazioni scistose di colore variabile dal verdastro al verde-nocciola, al grigio, in funzione del contenuto in ossidi di Fe e del loro stato di alterazione. In alcuni casi le rocce sono fortemente silicizzate per impregnazione di SiO2, e talvolta intimamente percorse da venuzze di quarzo, iniettatosi lungo i piani di discontinuità (fratturazione e scistosità).

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Rapporti stratigrafici tra le unità metamorfiche paleozoiche

Sulla grande scala, le iniezioni di fluidi iuvenili caratterizzano il margine del batolite e, ricche di mineralizzazioni, quanto tangenziali e generalmente povere quando radiali, hanno costituito il sistema filoniano sfruttato per circa 300 anni. Tali formazioni sono generalmente molto resistenti e mostrano buona consistenza lapidea. La scistosità è localmente molto marcata e costituisce, soprattutto nella facies più alterate della massa rocciosa, la guida all’avanzamento della disgregazione della massa rocciosa.

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9.1 LE UNITÀ LITOSTRATIGRAFICHE

Le unità presenti nell’area, dall’alto verso il basso sono le seguenti:

SIGLA UNITA' ha Depositi antropici. Manufatti antropici. OLOCENE h1m Depositi antropici. Discariche minerarie. OLOCENE h1r Depositi antropici. Materiali di riporto e aree bonificate. OLOCENE Coltri eluvio‐colluviali. Detriti immersi in matrice fine, talora con intercalazioni di suoli pi¨ o meno b2 evoluti, arricchiti in frazione organica. OLOCENE a Depositi di versante. Detriti con clasti angolosi, talora parzialmente cementati. OLOCENE ba Depositi alluvionali. Ghiaie da grossolane a medie. OLOCENE bb Depositi alluvionali. Sabbie con subordinati limi e argille. OLOCENE bc Depositi alluvionali. Limi ed argille. OLOCENE bna Depositi alluvionali terrazzati. Ghiaie con subordinate sabbie. OLOCENE d Depositi eolici. Sabbie di duna ben classate. OLOCENE g2 Depositi di spiaggia. Sabbie e ghiaie, talvolta con molluschi, etc. OLOCENE Depositi di spiaggia antichi. Sabbie, arenarie, calciruditi, ghiaie con bivalvi, gasteropodi, con g subordinati depositi sabbioso‐limosi e calcilutiti di stagno costiero. Spessore: fino a 3‐4 m. ?PLEISTOCENE SUP. ‐ ?OLOCENE Litofacies nel Subsintema di (SINTEMA DI PORTOVESME). Ghiaie alluvionali terrazzate PVM2a da medie a grossolane, con subordinate sabbie. PLEISTOCENE SUP. Subsintema di Calamosca (ôPanchina Tirrenianaö Auct.) (SINTEMA DI PORTOVESME). Conglomerati PVM1 e arenarie litorali a cemento carbonatico, con malacofaune a molluschi (Strombus bubonius) e coralli (Cladocora coespitosa). PLEISTOCENE SUP. FORMAZIONE DI PALA MANNA. Metasiltiti talvolta alternate a metarenarie micacee, PMN metaquarzoareniti; frequenti olistostromi. CARBONIFERO ?INF. Litofacies nella FORMAZIONE DI PALA MANNA. Olistoliti di liditi e metapeliti carboniose. sg CARBONIFERO INF. Olistoliti nella FORMAZIONE DI PALA MANNA. Olistoliti di calcari nodulari fossiliferi. CARBONIFERO vl INF. SCISTI A GRAPTOLITI AUCT. Argilloscisti neri, pi¨ o meno carboniosi con liditi nere e talora SGA metacalcari grigio‐scuri pi¨ o meno nodulari. SILURIANO ‐ DEVONIANO MEDIO Litofacies nella FORMAZIONE DI TUVIOIS. "Calcari silicizzati" Auct. Metacalcari grigio‐scuri, TUVa generalmente silicizzati, fossiliferi ("Quarziti del Sarrabus" Auct.). ORDOVICIANO SUP. (ASHGILL) FORMAZIONE DI PUNTA SERPEDD╠. Metarcose, metarenarie e metaconglomerati poligenici; al PSR tetto quarziti, metarenarie a grana fine e metasiltiti con livelli fossiliferi. ORDOVICIANO SUP. (CARADOC‐ASHGILL) Porfidi riodacitici. Derivati metamorfici di rocce magmatiche acide in filoni e in piccoli ammassi mr nelle Arenarie di San Vito. ORDOVICIANO ?MEDIO PORFIDI GRIGI DEL SARRABUS. Metarioliti e metariodaciti grigio‐scure porfiriche, metatufi e PGS metaepiclastiti con vario grado di alterazione. ORDOVICIANO MEDIO METACONGLOMERATI DI MURAVERA. Metaconglomerati eterometrici poligenici, con ciottoli da MRV arrotondati a subarrotondati di metarenarie listate, metaquarzoareniti e subordinatamente metavulcaniti; la matrice Þ generalmente filladica. ORDOVICIANO ?MEDIO ARENARIE DI SAN VITO. Alternanze irregolari, da decimetriche a metriche, di metarenarie micacee, SVI quarziti e metasiltiti con laminazioni piano‐parallele ed incrociate. CAMBRIANO MEDIO û ORDOVICIANO INF.

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE 10 LA MORFOLOGIA DELL’AREA

In questo paragrafo vengono evidenziati gli insiemi dei processi morfogenetici che hanno portato all’attuale assetto territoriale del settore di studio e che ne condizionano strettamente l’evoluzione. Il territorio in esame, costituito dal settore a cavallo tra Sarrabus e l’Ogliastra meridionale, è caratterizzato dal sistema delle metamorfiti e dei graniti del Sarrabus, dal rilievo vulcanico del Monte Ferru e degli stagni costieri di San Giovanni e Colostrai-Feraxi. L’area presenta una considerevole variabilità di aspetti geomorfologici interessanti, frutto dell’interazione fra i caratteri geostrutturali dell’area, i processi esogeni, le condizioni climatiche, la presenza e lo stato della copertura vegetale e, non ultima, l’attività antropica. Le strutture tettoniche, in prevalenza faglie dirette, hanno un ruolo significativo nel modellamento del territorio.

Mappa - L’area del Campidano dalla Carta geomorfologica della Sardegna da Ulzega et alii

Giocano un ruolo attivo anche le condizioni climatiche, la presenza e lo stato di copertura vegetale e non ultima l’attività antropica. Il territorio di Muravera mostra invece una considerevole variabilità di forme e processi morfogenetici, che creano paesaggi morfologici assai vari, di interesse didattico–scientifico e paesaggistico e talvolta di rilevanza idrogeologica. Un’analisi morfologica preliminare trova le prime evidenze nell’andamento dell’acclività. Ogni unità mostra infatti un andamento delle pendenze. Analizzando infatti l’andamento dell’acclività si possono distinguere i diversi settori, che coincidono con i 5 macro domini principali, ognuno dei quali mostra un andamento delle pendenze tipico.

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE 1) Il settore del rilievo metamorfico di Bruncu Riu Molas e Bruncu Nieddu Mannu; 2) Il settore del Senni e la sua fascia pedemontana; 3) Il settore del Monte Ciuru e Monte Nai e le fasce pedemontane; 4) Le vulcaniti del Monte Ferru; 5) Il settore della piana del Flumendosa e le aree stagnali costiere del San Giovanni; Il settore 1 si presenta da mediamente acclive ad acclive, con pendenze comprese tra il 10% ed il 100% in corrispondenza dei versanti che raccordano le cime delle colline con le vallecole. Solo lungo i fondovalle dei fiumi principali le pendenze sono modeste. L’area ricadente nel settore del Senni a mostra in genere un rilievo modellato per l’alterabilità della unità intrusiva interessata. Il settore del Monte Ciuru e del Monte Nai presenta una asprezza maggiore del precedente anche in conseguenza del chimismo della unità intrusiva che ne costituisce l’ossatura. Il settore delle vulcaniti del Ferru mostra pendenze molto variabili, legate alle modalità di messa in posto delle rocce vulcaniche, della loro litofacies e dello stato di alterazione, ma conduce sovente a versanti anche sub verticali con abbondanza di materiale di crollo accumulato e di materiali disponibili al crollo. Le acclività nel settore vallivo del Flumendosa, e delle aree stagnali connesse, sono generalmente comprese tra il 5% ed 2%, con vasti tratti di pianura che raggiungono anche valori di pendenza inferiori al 2%. Solo in corrispondenza delle ripe fluviali attive ed inattive, le pendenze superano il 5%. Il settore vallivo del Picocca e dell’area stagnale del Colostrai-Feraxi ha caratteri morfologici del tutto simili alla precedente ma con prevalente presenza dei depositi alluvionali antichi ed una scarsa presenza di materiali fini a monte del settore stagnale. Questa differenza nell’andamento delle morfologie e delle pendenze è legata essenzialmente ai caratteri litologici dei diversi ambiti territoriali ed alla loro genesi, nonché al significativo il ruolo delle strutture tettoniche, in prevalenza faglie dirette, nel modellamento del territorio. L’analisi poi approfondita ha permesso una ulteriore suddivisione del territorio in esame in aree con caratteri geomorfologici omogenei, le cosiddette unità geomorfologiche principali, a partire dalle delle quali è stato possibile riconoscere una serie di subunità, che concorrono alla definizione dell’unità principale. Questi ambiti geomorfologici sono: A. Unità di Bruncu Monte Nieddu (Metamorfiti paleozoiche); B. Sistema del Senni (Intrusioni granitiche); C. Rilievi di Monte Ciuru e Monte Nai (Intrusioni granitiche); D. Rilievo vulcanico del Monte Ferru (trachiti e latiti); E. Piana del Flumendosa (Depositi alluvionali olocenici-attuali); F. Piana del Picocca Corr’e Pruna (Depositi alluvionali olocenici-attuali); G. Fascia pedemontana del Massiccio del Bruncu Monte Nieddu (Depositi eluvio-colluviali e alluvionali antichi); H. Fascia pedemontana dei rilievi intrusivi meridionali (Depositi eluvio-colluviali e alluvionali antichi); I. Complessi dunari e di spiaggia; J. Sistemi focivi e stagnali del Flumendosa – San Giovanni (Limi palustri); K. Sistemi focivi e stagnali del Picocca – Colostrai-Feraxi (Limi palustri).

Ognuna di esse ha caratteri tipici e diversi dalle altre, come conseguenza diretta della natura geostrutturale e dei processi morfogenetici in essa prevalenti. Le aree di nostro interesse sono la A e la G.

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Mappa – Il sistema delle unità morfologiche dell’area di studio

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10.1 A. Unità di Bruncu Monte Nieddu (Metamorfiti paleozoiche)

Il sistema delle metamorfiti, del settore che dal margine del batolite sarrabese prosegue verso nord fino al Gennargentu ed oltre, è costituito da una sequenza di falde di ricoprimento che parte da formazioni riconducibili alla Formazione di San Vito per arrivare fino al Devoniano. Il complesso, dominato dalle presenza delle falde di ricoprimento, mostra nell’area, la sola unità tettonica del Sarrabus. La sequenza presenta parte dalle più antiche arenarie di San Vito risalenti al Cambro-Ordoviciano, (CALVINO, 1959) per arrivare agli scisti neri devoniani. Le formazioni, caratterizzate sempre da una marcata scistosità, aggravata dalla presenza di zone cataclasitiche e fasce milonitiche, mostrano una sensibilità dei versanti elevata, non sempre sufficientemente descritta dalla carta della instabilità potenziale. In tale settore altresì rilevanti i canaloni di detrito esposti alla movimentazione al mutare delle condizioni al loro contorno.

10.2 G. Fascia pedemontana del Massiccio del Bruncu Monte Nieddu (Depositi eluvio- colluviali e alluvionali antichi.)

Questa unità geomorfologica è costituita da una porzione rilevante del territorio comunale ed è in particolare quella che ospita la gran parte dell’abitato di Muravera. Nonostante l’apparente monotonia, la pianura presenta aspetti morfologici assai vari. I terrazzi rappresentano vecchie superfici di origine fluviale, messe in risalto dall’erosione operata dai fiumi, successivamente all’evento alluvionale. Queste superfici, generalmente pianeggianti o debolmente inclinate verso valle, sono delimitate da scarpate fluviali, più o meno nette, che raccordano la superficie sommitale con depositi alluvionali più recenti, o con l’alveo dei fiumi. Un altro tratto caratteristico è costituito dai corsi d’acqua che la solcano, con alvei generalmente incisi e progressivamente meno pronunciati verso la costa. La descrizione, approfondita per l’unità H , vale anche per la presente unità fatta salva la particolare condizione costituita dalla presenza dell’insediamento urbano che ha progressivamente intasato le incisioni torrentizie e si è andato a inerpicare talvolta anche sul versante in roccia soprastante i glacis.

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Il territorio di Muravera nella carta del Traverso (1890)

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Il territorio di Muravera nella carta del De Castro (1890)

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10.3 I PROBLEMI D’IMPATTO AMBIENTALE LEGATI ALL’ATTIVITÀ ESTRATTIVA PREGRESSA ED ATTUALE

In sintesi i maggiori problemi legati alla attività estrattiva nel territorio di Muravera, possono essere riassunti nei seguenti punti:

10.3.1 Impatto sul paesaggio Gli scavi, in generale, sono di dimensione limitata e quelli minerari sono ormai in gran parte rinaturalizzati.

Le aree di cava presenti sono in numero limitato e di piccole dimensioni. Alcune di esse sono totalmente ripristinate mentre altre pur non essendolo, sono ricoperte in gran parte di vegetazione.

10.3.2 Impatto sull’idrografia superficiale L’impatto sul sistema idrografico è legato sostanzialmente al sistema delle discariche minerarie, concentrate prevalentemente nella valle di Bacu Arrodas e nella valle di s’Arrexini.

Gli altri cantieri minerari minori e le ricerche presenti nel territorio di Muravera non hanno volumi come discarica singola e non costituiscono concentrazione di materiale esposto, tali da essere di una qualche importanza per la possibile interferenza con il sistema idrografico.

L’impatto maggiore è dovuto al trasporto solido derivante dalla ablazione per erosione al piede o dalla creazione di debris-flow a carico dei residui dell’attività mineraria.

Una parte limitata dei residui è costituita dai prodotti di sfrido della piccola laveria (L) posta alla base del sistema di gallerie per poter essere più facilmente alimentata.

Il volume dei materiali presenti nelle discariche e disponibili alla fluitazione è stato stimato geometricamente. Per tale stima sono stati utilizzati la superficie della discarica, della superficie del piazzale della stessa, la sua larghezza, la sua lunghezza sul versante e la pendenza dello stesso.

Tali elementi sono estranei all’area della proposta Variante.

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE 10.4 LA DEFINIZIONE DELLA PERICOLOSITÀ DI FRANA Nel quadro delle attività di adeguamento delle definizioni e delle metodologia di valutazione della potenziale instabilità dei versanti, lo scrivente, in ossequio ai dettami del PAI, e sulla scorta di analisi operate su numerosi altro Piani di Assetto Idrogeologico coerentemente con alcune pubblicazioni che hanno reso conto di ricerche ed approfondimenti sulle metodologie in oggetto, anche in considerazione del fatto che le Linee Guida propongono solamente esempi di approccio e non sono in alcun modo prescrittive, si è ritenuto procedere ad una integrazione in dettaglio della metodologia proposta. Al fine di poter operare in modo analitico e comunque migliorare il dettaglio, sono stati meglio definiti pesi delle componenti cartografiche tematiche utilizzate, attraverso l’overlay mapping, per la definizione della Instabilità Potenziale dei Versanti dalla quale scaturire la Carta della Pericolosità degli stessi.

10.4.1 CARTA DELLA INSTABILITA’ POTENZIALE DEI VERSANTI

Rispondendo al Decreto Legge 11 giugno 1998 n. 180, convertito il 3 agosto 1998 nella Legge n.267, la Regione Sardegna ha incaricato un Gruppo di Coordinamento e alcuni gruppi di singoli professionisti, perché svolgessero quanto indicato nell'Atto di Indirizzo e Coordinamento di cui al DPCM del 29 settembre 1998: ossia elaborassero il Piano di Assetto Idrogeologico [PAI., 2003] per il territorio regionale. Tra i risultati prodotti è stata definita in maniera distinta la perimetrazione delle aree a rischio di piena e/o frana e di quelle potenzialmente pericolose. L'elaborato del PAI è nato in seguito al Decreto Legge 11 giugno 1998 n. 180, convertito il 3 agosto 1998 nella Legge n.267, per il quale la Regione Sardegna ha incaricato un Gruppo di Coordinamento e alcuni gruppi di singoli professionisti, perché svolgessero quanto indicato nell'Atto di Indirizzo e Coordinamento di cui al DPCM del 29 settembre 1998 ed elaborassero quindi il Piano di Assetto Idrogeologico [PAI., 2003]. Il PAI, pur essendo uno studio a scala regionale, è l'unico documento tecnico ufficiale recepito dalla Regione Sardegna, ma che data la scala di redazione produce la necessità di avere a disposizione una valutazione a scala di maggior dettaglio. Ulteriori problematiche sono introdotte dalle modalità di uso del territorio, ad esempio l'uso di tecniche agronomiche inadeguate, le urbanizzazioni, l'abbandono o l'inadeguata realizzazione di sistemazioni idraulico-forestali, gli incendi boschivi, etc.. Tali fattori, in situazioni già predisposte al rischio da fattori geomorfologici, tendono ad accentuare la suscettibilità ai fenomeni di dissesto. Al fine di operare una analitica ed estensiva valutazione della potenziale instabilità dei versanti de rilievi costituenti il territorio investigato, si è ritenuto opportuno, adottare una procedura sistematica di valutazione che contemperasse quelle messe a punto o testate in varie pubblicazioni. In particolare è stata considerata come esempio di riferimento la procedura testata da Ghiglieri et alii nel fascicolo 3-4 2006 della rivista Geologia tecnica & ambientale, trimestrale dell’Ordine Nazionale dei Geologi. Il lavoro in oggetto ha testato la procedura nel settore dei bacini idrografici del Rio Badde Manna e del Rio di Banari, compresi nel sub-bacino n. 3 Coghinas-Mannu-Temo secondo la suddivisione in 7 sub-bacini prevista dal PAl, sono state periodicamente interessate da fenomeni di instabilità, che hanno generato danni al territorio ed alle infrastrutture. Altresì sono considerate da conto le Linee Guida per la redazione della Variante PAI su sub- bacino 3 “Temo-Mannu-Coghinas”.

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE 10.4.2 VALUTAZIONE DELLA PROPENSIONE AL DISSESTO IDROGEOLOGICO DI FRANA

L'elaborazione della carta della instabilità potenziale da frana è costruita sulla base delle Linee Guida Pai, considerando altresì le procedure proposte, dalla "Guida alla realizzazione di una carta dello stabilità dei versanti" pubblicata dalla Regione Emilia Romagna [RER, 1977], e da quanto indicato dal Servizio Geologico d'Italia nelle "Linee guida per lo realizzazione della cartografia dello pericolosità geologica connesso ai fenomeni d'instabilità dei versanti" [CARG, 1992]. La metodica utilizzata in nel lavoro prescelto è altresì verificata per confronto attraverso altre numerose ricerche [ARDAU et 01., 2002, 2003; BARBIERI & GHIGLIERI, 2003; GHIGLIERI et 01., 2004] per essere resa maggiormente coerente con le peculiarità ambientali e territoriali della Sardegna. La metodica considera i principali fattori, ad influenza diretta e indiretta, che influenzano l'instabilità dei versanti. I fattori sono stati classificati in due categorie: invarianti, ovvero fissi nel tempo (litologia, morfologia e pedologia) e varianti, ovvero a rapido mutamento e modificabili dall'uomo (uso reale del suolo). Questi sono resi omogenei e classificati attraverso l'attribuzione di "pesi" numerici, in relazione alla maggiore o minore propensione a favorire o ad ostacolare il dissesto. Nel primo caso il peso assegnato corrisponde ad un valore più basso; nel secondo caso si attribuisce un valore più alto. Le Linee Guida Pai sono insufficienti nella fattorizzazione della estesa serie di unità geolitologiche e dell’uso del suolo o della vegetazione. L'attribuzione dei pesi, per le litologie ed usi non considerati dalle Linee Guida PAI, è stata una delle operazioni più delicate per la applicazione della metodica. Infatti, il modello di valutazione è corretto se i parametri considerati vengono sperimentalmente misurati e se vengono riconosciute le loro possibili interazioni. Pur se valutata opportuna una maggiore discriminazione nelle classi di acclività, in quando maggior generatore di instabilità a pari caratteristiche geologiche e di uso del suolo, sono state utilizzate le classi di acclività suggerite dalle Linee Guida PAI. I pesi attribuiti ad ogni fattore sono quindi sommati algebricamente per successivi incroci o sovrapposizioni (overlay) dei diversi strati informativi (pendenza, esposizione, etc.) al fine di ottenere gli elaborati finali restituiti attraverso la "Carta della Instabilità Potenziale dei Versanti" e la successiva "Carta della Pericolosità di Frana'.

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10.4.3 I TEMI E LE CARTOGRAFIE: ATTRIBUZIONE DEI PESI La fase più delicate, nell'elaborazione delle carte di sintesi, costituita dall'attribuzione dei pesi ai fattori considerati in funzione dell'influenza che i fattori stessi si pensa esercitino sull'accadimento dei fenomeni di dissesto, è stata assolta con il riutilizzo delle tabelle pubblicate in tale studio, integrate in funzione elle litologie, dell’uso del suolo e dei suoli non tabellati in tale lavoro perché non presenti nell’area dello studio. L'analisi delle cause predisponenti i dissesti ha preso in considerazione tutti i molteplici fattori dell'instabilità quantificandoli in classi in funzione della loro importanza relativa attraverso l'attribuzione di "pesi" numerici, proporzionati al grado di pericolosità relativa, e visualizzandoli in una serie di elaborati di base. I pesi attribuiti sono stati definiti sulla base delle tabelle del PAI, integrandole per le voci mancanti o in caso di incongruenza. I pesi dell’acclività sono stati conservati identicamente alle Linee Guida salvo che per le litologie non ricomprese nelle tabelle delle stesse.

Tabella Attribuzioni pesi Uso del suolo

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Tabella Attribuzioni pesi geolitologia

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La geolitologia di Muravera, ampiamente descritta nel capitolo relativo è caratterizzata dalla presenza di 4 domini principali: - Il settore delle metamorfiti; - Il settore della piana del Flumendosa;

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE 11 LE AREE FRANOSE O POTENZIALMENTE FRANOSE NEL SETTORE STUDIATO

La carta della pericolosità connessa ai fenomeni franosi costituisce una valutazione della pericolosità da frana finalizzata alla zonazione del territorio in aree suscettibili di innesco.

Mappa – L’attuale pericolosità di frana

Per i fenomeni franosi in genere, quindi, i modelli predittivi si limitano a definire dove un determinato fenomeno è possibile che accada e con quale probabilità, senza determinare in modo esplicito i tempi di ritorno e le intensità.

Le aree individuate nella carta prodotta sono state definite di massima attraverso le metodologie illustrate e verificate con sopralluoghi.

Il territorio di Muravera, per motivi morfologici, è povero di condizioni che facilitino l’avviarsi di fenomeni di instabilità nel suo settore orientale e ricco di situazioni sensibili in quelle occidentale.

Le condizioni che evidenziano possibili pericolosità sono determinate dalla presenza di pendenze superiori al 40% che in genere sono dovute alla presenza di versanti o scarpate fortemente acclivi di origine naturale.

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Mappa - La carta della pericolosità reale del territorio di Muravera

Mappa – L’area è caratterizzata dalle metamorfiti paleozoiche incombenti sull’abitato e da alcune incisioni ripide insistenti su impluvi localmente tombati

Gli elementi a rischio tratti dai files messi a disposizione dalla RAS sono realistici e sono riportati nella tavola relativa, rappresentata a seguire.

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La pericolosità, estratta dalle mappature prodotte, e valutata sull’area di dettaglio, è relativa alle condizioni derivanti dai fattori di origine geologica, in quanto il fattore idraulico risulta mitigato.

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Il rischio derivante da pericolosità ed elementi a rischio è confinato alle aree di pericolosità geologica significativa, e comunque fuori dall’area in oggetto.

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Comune di Muravera - PROPOSTA DI VARIANTE AL PIANO DI ASSETTO IDROGEOLOGICO DEL COMUNE DI MURAVERA NELLA ZONA OMOGENEA "D" ARTIGIANALE 12 LA PERICOLOSITÀ DI FRANA DEL SETTORE STUDIATO

Il settore era interessato da una pericolosità derivante dalla presenza dell’inondabilità del corso d’acqua presente e dal trasporto solido conseguente. Conseguentemente, con l’esecuzione delle opere di sistemazione idraulica, il motivo scatenante il trasporto solido in oggetto, viene a mancare. L’indagine di dettaglio svolta secondo le direttive dell’ADIS consente di definire le nuove caratteristiche di pericolosità del settore studiato, nonchè il rischio derivante da esso.

Geologo Fausto Alessandro Pani

Collaboratore: Geologo Roberta Maria Sanna

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