Collaboratori E Collaborazionisti a Salo'. I

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Collaboratori E Collaborazionisti a Salo'. I UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA Scuola di dottorato in Storia, Orientalistica e Storia delle Arti Tesi di dottorato in Storia Contemporanea COLLABORATORI E COLLABORAZIONISTI A SALO’. I PROCESSI PER COLLABORAZIONISMO NELLE SENTENZE DELLA CORTE D’ASSISE STRAORDINARIA DI MILANO (1945-1947) RELATORE Prof. Luca BALDISSARA 1 INDICE INTRODUZIONE 3 PROLOGO. LA GIUSTIZIA DI TRANSIZIONE COME POLITICA DEL PASSATO 6 CAP. I) TRANSITIONAL JUSTICE NELL’ITALIA POSTBELLICA 13 1.1 IL CONTESTO 13 1.1/2 Il difficile accordo sulla “ratio” delle sanzioni 14 1.2 LA PUNIZIONE DEL COLLABORAZIONISMO 23 1.2/1 I principali provvedimenti legislativi 23 1.2/2 “Caccia al nemico” 28 CAP. II) L’UNIVERSO DEL COLLABORAZIONISMO ATTRAVERSO L’IDENTITA’ E IL PROFILO DEGLI IMPUTATI 36 2.1 QUALCHE CONSIDERAZIONE STORIOGRAFICA 36 2.2 ANAGRAFICA 40 2.3 PROFILI 51 CAP. III) DAVANTI ALLA CORTE STRAORDINARIA D’ASSISE 71 3.1 ESITI DEI PROCESSI 71 3.2 PRESUNZIONE DI RESPONSABILITA’ 78 3.2/1 Il caso degli ufficiali superiori 87 3.3 IL REATO DI COLLABORAZIONISMO: ESTREMI E RESPONSABILITA’ 91 3.3/1 L’elemento materiale 92 3.3/2 Azione volontaria... 99 3.3/3 … e cosciente 102 3.4 SCELTA DEGLI ARTICOLI 109 CAP. IV) IL GIUDIZIO: CRITERI E PRINCÌPI DEI COLLEGI 116 4.1 LA QUALIFICA DEGLI IMPUTATI 116 4.2 LA TIPOLOGIA DI REATO COMMESSA 120 4.3 LA VARIABILE TEMPORALE 133 2 CAP. V) DOPO LA SENTENZA 140 5.1 AMNISTIE E CONDONI 140 5.2 RICORSI E ANNULLAMENTI 144 5.2/1 Motivi generalmente respinti 147 5.2/2 Elemento materiale e dolo specifico 151 5.2/3 Motivi tendenzialmente accolti 157 CONCLUSIONE 167 FONTI E BIBLIOGRAFIA 180 3 INTRODUZIONE Uno dei temi più in auge nell’odierno panorama storiografico internazionale riguarda la natura e l’efficacia della “giustizia di transizione”, la regolamentazione, cioè, per via giuridica dell’esito di un conflitto armato, in una dimensione sia nazionale che internazionale. Non solo gli storici, ma anche esperti di politica e sociologia del mondo attuale hanno dimostrato un considerevole interesse per queste problematiche. Il presente lavoro si inserisce in tale contesto di studi prendendo in considerazione, all’interno dei provvedimenti sanzionatori contro il fascismo elaborati in Italia dopo il secondo conflitto mondiale, la punizione del reato di collaborazionismo attuata dalle Corti d’Assise Straordinarie. Allo scopo di raggiungere un adeguato grado di completezza della ricerca, si è selezionato il caso della Corte istituita a Milano sul quale soffermare l’attenzione. Fu, questa, una delle sedi più operative tra quelle attivate nei capoluoghi italiani, davanti alla quale si svolsero anche processi a Ministri e personalità di rilievo nazionale. La consistenza delle fonti archivistiche ad essa relative, fino ad oggi non ancora esaminate nella loro completezza, ha permesso di ricostruire l’attività giudiziaria qui svoltasi e di valutarne i reali esiti rispetto alle disposizioni legislative. Nell’arco di tempo che ci separa dal conflitto, la storiografia non ha mancato di confrontarsi con il tema della “resa dei conti”, soffermandosi, nel corso dei decenni, su diversi aspetti. In Italia, i primi tentativi di una ricostruzione critica di questo tema, realizzati già nell’immediato dopoguerra, hanno sottolineato soprattutto la presenza di ostacoli frapposti dalla magistratura a un’applicazione in senso antifascista delle leggi varate fin dal primo governo Badoglio1. Il tema dell’epurazione è stato oggetto di un rinnovato interesse in occasione del trentennale della liberazione. Gli studi prodotti in questo periodo si sono orientati prevalentemente sulla tematica della continuità dello Stato e dei corpi istituzionali, sottolineando come a fronte di un effettivo ricambio della classe dirigente, non vi sia stata una netta frattura tra fascismo e post- fascismo al livello degli apparati burocratici dello Stato. Il fallimento dell’epurazione nell’amministrazione è stato a lungo ricondotto ad una carenza di volontà politica, avvalorando la tesi della continuità dello Stato nonostante il passaggio dal regime fascista a quello repubblicano e democratico2. Più recentemente, il caso della giustizia di transizione nel secondo dopoguerra italiano è stato investito da nuove prospettive di ricerca. Da un lato, i lavori dell’inglese Roy Palmer Domenico e del tedesco Hans Woller3 hanno contribuito, attraverso l’indagine anche su fonti archivistiche inglesi e americane, a dettagliare l’influenza degli atteggiamenti dei governi, delle scelte dei partiti e delle decisioni delle potenze occupanti sulla produzione e l’applicazione delle diposizioni legislative punitive. Dall’altro, sono stati proposti alcuni lavori sul concreto 1 Il volume di Achille Battaglia pubblicato nel 1955, offre una sistematica sintesi di questi argomenti. A. Battaglia, Giustizia e politica nella giurisprudenza, in AA.VV., Dieci anni dopo 1945-1955. Saggi sulla vita democratica italiana, Roma-Bari, Laterza, 1955, pp.317-408. 2 M. Flores, L’epurazione, in L’Italia dalla liberazione alla repubblica, Atti del convegno internazionale organizzato a Firenze il 26-28 marzo 1976 con il concorso della regione toscana/INSMLI, Istituto Storico della Resistenza in Piemonte; G. Rossini, L’epurazione e la “continuità” dello Stato, in Id. (a cura di), Democrazia cristiana e Costituente nella società del dopoguerra. Bilancio storiografico e prospettive di ricerca, vol. II, Il progetto democratico cristiano e le altre proposte, Edizioni Cinque Lune, Roma, 1980; L. Mercuri, L’epurazione in Italia. 1943-1948, Cuneo, L’Arciere, 1988; C. Pavone, Alle origini della repubblica. Scritti su fascismo, antifascismo e continuità dello Stato, Torino, Bollati Boringhieri, 1995. 3 Roy Palmer Domenico, Processo ai fascisti 1943-1948. Storia di un’epurazione che non c’è stata, Milano, Rizzoli, 1996; Hans Woller, I conti con il fascismo, Bologna, Il Mulino,1997. 4 svolgimento dell’attività sanzionatoria da parte degli organi tecnici chiamati ad occuparsene (Corti giudiziarie e Commissioni di epurazione)4. E’ in questa seconda prospettiva che si colloca la presente ricerca sulla punizione del collaborazionismo nel capoluogo lombardo, nella consapevolezza che un’analisi dettagliata dell’operato dell’organo che se ne occupò, che metta in luce i fattori e le variabili che la guidarono nell’applicazione dei decreti sanzionatori, possa offrire un contributo per rispondere ad alcuni interrogativi ancora aperti – Ci fu una vera resa dei conti? Vi sono state differenze di trattamento nei confronti dei diversi settori dello Stato (classe politica, amministrazione pubblica, esercito, magistratura,..)? E quali le cause? Quali intenzioni hanno animato i protagonisti della transizione e quali istanze sono state attese dall’effettiva applicazione della legislazione giudiziaria? Come la giustizia ha favorito o ostacolato la transizione verso istituzioni democratiche e perché si è spesso affermata l’impressione di essere di fronte ad una “giustizia mancata”? – e poter elaborare più circostanziate considerazioni sull’efficacia dello strumento giuridico come possibile strada per chiudere i conti con il fascismo. Nella sua prima parte, il lavoro si propone di illustrare i contenuti dei provvedimenti adottati per la punizione del collaborazionismo alla luce del difficile contesto in cui furono elaborati e di descrivere la reazione del capoluogo lombardo di fronte all’instaurazione della Corte e all’avvio dei lavori. A tal fine si sono consultate fonti di natura bibliografica, sia di carattere storiografico che giuridico, alcune testate giornalistiche dell’epoca5 che restituissero la cronaca di quei giorni e permettessero di cogliere l’“umore” dei cittadini e fonti di natura archivistica6, attraverso le quali si è potuto ricostruire il ruolo che ebbe il Clnai nella designazione dei giudici popolari chiamati a partecipare alla giuria della Corte e nell’individuazione dei colpevoli. Il secondo capitolo offre uno scorcio sulla fisionomia degli individui giudicati dalla Corte d’Assise Straordinaria di Milano. Le informazioni contenute nella documentazione giudiziaria consultata hanno permesso di tracciare un “identikit” degli imputati, delineato a partire dai dati relativi alla situazione anagrafica, alla professione, all’iscrizione o meno al Pnf o al Pfr, all’eventuale appartenenza a formazioni armate o al rivestimento di incarichi di natura politica e, infine, alla tipologia di azione commessa che valse la denuncia per reato di collaborazionismo. Alla raccolta dei dati ha fatto seguito la realizzazione di alcuni grafici, che traducendo visivamente le informazioni accumulate, hanno facilitato l’elaborazione di osservazioni e deduzioni in merito. I successivi due capitoli sono dedicati al comportamento delle varie sezioni della Cas nello svolgersi della sua attività giudiziaria. L’indagine ha voluto approfondire criteri ed esiti dei processi istruiti, con il duplice scopo di mettere in luce i risultati dei processi da un punto di vista quantitativo e di cercare di 4 L. Bernardi, G. Neppi Modona, S. Testori (a cura di Guido Neppi Modena), Giustizia penale e guerra di liberazione, Milano, Franco Angeli, 1984; R. Anni, I processi per collaborazionismo presso la Corte d’Assise straordinaria di Brescia (1945-46), in “La Resistenza bresciana. Rassegna di studi e documenti”, n. 15, 1984; P. Macchione, La punizione dei delitti fascisti in provincia di Varese, in AA.VV. Momenti di storia varesina tra Unità e Seconda Guerra Mondiale, Istituto Varesino per la Storia della Resistenza e dell’Italia Contemporanea, Varese, 1991, p. 108; G. Sparapan (a cura di), Fascisti
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