La storia raccontata - 1 DINO BARATTIN TITO ZANIBONI e il complotto friulano per uccidere MUSSOLINI

LIBRARIA Indice

Presentazione 7 Introduzione 11 Roma, 4 novembre 1925, hotel Dragoni 13 Buja, un paese nel primo dopoguerra 18 Con il sostegno di: Storia di un’amicizia 21 Un gerarca friulano 26 L’osteria di Lucia 31 Tito Zaniboni 34 Il delitto Matteotti. Un punto di svolta 40

Comune di Buja Il complotto 51 Le reazioni 61 Edito da: Il segreto di Pulcinella 65 Libraria Via Sopracastello 3 Il delatore 67 San Daniele Del Friuli(Ud) Le indagini 73 Tel. +39 0432 940083 Intanto in Friuli… 76 Email: libraria @alice.it Il retrobottega di un processo 82 Progetto grafico ed impaginazione: Il processo 91 ciccìecoccò graphic design Le molte storie personali 99 Stampa: L’isola del destino 108 Grafika Soča - Nova Gorica, Slovenia Dagli atti del processo contro Tito Zaniboni 116 ©2011 Libraria Note 135 Ringraziamenti Presentazione

Ringrazio la dott.ssa Loredana Bortolotti per la cortese segnala- Il libro in esame ricostruisce la complessa vicenda storica zione della presenza nella Biblioteca Civica Glemonense del dat- del primo attentato al Capo del Governo, . tiloscritto Il processo Zaniboni. Il dottor Stefano Bergagna per Una vicenda che ha visto coinvolti diversi cittadini friulani avermi fornito in forma digitale una gran mole di documenti ed in particolare numerosi bujesi. L’idea dell’attentato matu- presenti presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma inerenti a ra in una Buja reduce dagli enormi danni causati dalla prima questa vicenda, nonché fotografie e informazioni utili alla stesura guerra mondiale, in un clima ideologico che, contemporane- del testo. Inoltre per aver reso possibile la stampa di questo libro, amente all’affermarsi del fascismo, genera anche una reazione nelle sue funzioni di Sindaco di Buja. Un doveroso ringraziamen- antifascista. Queste divisioni si riscontrano spesso all’interno to agli amici di Buja: Rudi Fasiolo per le sue osservazioni e Valter delle medesime famiglie dove maturano le forti tensioni che Nicoloso, per avermi messo a disposizione alcuni documenti ri- poi porteranno la popolazione al tragico epilogo della guerra guardanti suo nonno Luigi Calligaro. Infine il professor Giuseppe civile, successivamente all’8 settembre 1943. Per una curiosa Marini per le sue osservazioni dopo la lettura della prima stesu- ironia della storia, a Buja il 4 novembre 1925, giorno previsto ra. Un riconoscimento al personale della Biblioteca “V. Joppi” e per l’attentato, festeggiava la ricorrenza della vittoria anche il dell’Archivio di Stato di Udine. Interpretazioni e giudizi espressi soldato bujese che aveva salvato la vita a Mussolini sul cam- in questo lavoro sono da attribuirsi solo all’autore. po di battaglia, durante la Grande Guerra. Altri bujesi invece quel giorno erano determinati a porre fine alla vita del . Insomma, potremmo pensare ad un “regolamento di conti” tra concittadini visto che, il Consiglio Comunale di Buja, nella seduta del 20 maggio 1924 aveva conferito, su proposta

6 7 del Sindaco Cav. Umberto Barnaba, la cittadinanza onoraria lo Stato sapevano tutto: un segreto di Pulcinella appunto! a Mussolini con queste parole: “Questo Comunale Consesso Tuttavia è anche la storia di donne ed uomini coraggiosi, che interprete fedele del sentimento dell’intero Popolo di Buia, be- si trovarono a vivere in un momento particolarmente diffici- nedicendo l’opera di salvezza e di ricostruzione portata da S.E. le della storia nazionale e che decisero di ribellarsi allo Stato BENITO MUSSOLINI si sente orgoglioso di conferirgli la fascista e ad un potere costituito oppressivo che non lasciava Cittadinanza Onoraria di Buia, presentando nel contempo i spazio a chi pensava in modo diverso. Pagarono la loro scel- sensi della più profonda fede, devozione e disciplina”. In quel ta a caro prezzo, con enormi sofferenze personali e dei loro periodo a Buja spirava forte il vento fascista, tanto che l’ on. famigliari, spesso ridotti in miseria. Alcuni di loro, come ad Pier Arrigo Barnaba faceva parte del Direttorio nazionale del esempio Luigi Calligaro o il capitano Ferruccio Nicoloso, eroe partito fascista con ampia possibilità di contatti diretti con il della Grande Guerra, dopo il carcere dovettero abbandonare Capo del Governo. Sul palcoscenico della grande storia tut- l’Italia perché di fatto il regime non gli consentì di sopravvive- tavia i personaggi bujesi assumono il semplice ruolo di com- re. Per queste ragioni la loro storia merita la nostra attenzione parse, per l’opinione pubblica i protagonisti principali sono e il nostro rispetto. altri. Non importa se il fornaciaio, Angelo Ursella riceverà la medesima condanna dell’on. Tito Zaniboni, l’uomo che mate- rialmente doveva eseguire il delitto. Al fine di un efficacie uso politico dell’attentato, i centri di potere governativi pretesero Buja, novembre 2011. Stefano Bergagna nomi illustri: onorevoli, esponenti della massoneria, generali Sindaco di Buja che, probabilmente, in realtà ebbero responsabilità inferiori di quelle del gruppo bujese, costituito da donne ed uomini del popolo, che certamente agevolarono l’attentatore Zaniboni in quella che però, di fatto, fu un’azione quasi individuale del medesimo. Come si evince dal racconto dell’autore di questo splendido libro, non vi era alcuna possibilità che l’attentato venisse por- tato a termine, in quanto i personaggi coinvolti, molto prima del 4 novembre 1925, venivano costantemente controllati da spie, carabinieri, uomini della Questura in borghese e quindi, senza ombra di dubbio, le Autorità preposte alla sicurezza del-

8 9 Introduzione

Vignetta satirica

Un dattiloscritto, presente nella Biblioteca civica glemo- nense di Gemona del Friuli1, mi ha portato sulle tracce di una storia che ebbe a suo tempo grande risonanza nazionale e che vide coinvolti alcuni antifascisti friulani, in una cospirazione non priva di elementi ancora in parte da risolvere. Si tratta del primo di uno dei tanti falliti attentati che Benito Mussolini, Presidente del Consiglio dei ministri e duce del fascismo, subì nel corso della ventennale dittatura: il cosiddetto «attentato Zaniboni», avvenuto il 4 novembre 1925, settimo anniversa- rio della vittoria italiana nella Grande Guerra. Il documento in questione riguarda l’indagine condotta dal giudice Rosario Marciano preliminare al processo, che si svolse a Roma nell’aprile del 1927 da parte del Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato appena costituito a seguito delle cosiddet- te «leggi fascistissime», contro Tito Zaniboni, Luigi Capello ed altre personalità politiche dell’epoca, nonché contro i presunti

11 cospiratori friulani. Il fascicolo era appartenuto all’avvocato Roma, 4 novembre 1925, Hotel Dragoni Giuseppe Nais, difensore in quel processo di Ferruccio Nico- loso. In esso sono riportate le modalità delle indagini e le te- stimonianze di quanti, direttamente o indirettamente, furono coinvolti. La gran parte di queste deposizioni legate alla situa- Benito Mussolini zione friulana e al territorio di Buja in particolare, ci permette di indagare sui rapporti personali e politici all’interno della comunità locale o, più in generale, su alcuni aspetti dell’anti- fascismo friulano. È anche l’occasione per considerare le complesse vicende di alcune importanti personalità, che caratterizzarono quell’in- quieto dopoguerra, come il deputato riformista Tito Zaniboni e Pier Arrigo Barnaba, esponente del fascismo locale ed eroe di guerra, sui quali a tutt’oggi mancano delle biografie compiute. Un documento particolare quindi, da utilizzarsi con estre- La mattina del 4 novembre 1925 un uomo distinto, vestito ma cautela in quanto di parte, dato il carattere totalitario del impeccabilmente con l’alta uniforme da maggiore degli alpini regime e del Tribunale giudicante. con tanto di medaglie al petto e avvolto in una vecchia pellic- Attraverso le pagine del documento ho cercato di ricostruire cia nera foderata di volpe, si presentò alla reception dell’Hotel l’intera vicenda, mettendo a fuoco gli intrecci tra la situazione Dragoni di largo Chigi 9 a Roma, angolo via del Tritone. Ave- nazionale e quella locale. È in sostanza la storia di come Musso- va l’aspetto di un fervente patriota desideroso di assistere alla lini e il fascismo riuscirono ad utilizzare strategicamente gli at- grande parata in occasione del settimo anniversario dalla vitto- tentati o i falliti atti terroristici per sconfiggere gli avversari, per ria. Si qualificò come maggiore Domenico Silvestrini. Alcuni togliere ogni tipo di libertà politica ed instaurare la dittatura. giorni prima una persona aveva prenotato a suo nome una Fu quindi un attentato pilotato in cui Zaniboni e i congiu- stanza. Romano Dragoni, il proprietario dell’albergo, gli aveva rati di Buja si prestarono ad essere, in assoluta buonafede, gli riservato una stanza un po’ laterale, ma una seconda persona, ignari strumenti della svolta autoritaria del regime. più giovane, aveva insistito che fosse più centrale così l’alber- In ogni caso essi meritano rispetto e la loro vicenda va sicura- gatore finì per accettare e prenotare la camera 90, nella quale mente raccontata2. qualche tempo prima era morto suo padre. L’Hotel Dragoni era un edificio un po’ vecchiotto che ormai non esiste più, venne demolito per far posto ad alcuni edifici di pertinenza del

12 13 Senato. A quel tempo disponeva di 140 camere, molte delle sando a cosa sarebbe successo di lì a poco a sé stesso e all’Italia quali dotate di un terrazzino con ringhiera in ferro battuto ed intera. Sicuramente ripensò all’assassinio di Matteotti e a tutte alte persiane verdi a stecche orizzontali. Era lo stesso albergo le vittime di quella funesta stagione politica. La storia avrebbe che solo poco più di un anno prima aveva ospitato la banda di sicuramente subito una svolta decisiva e, senza il suo capo, il squadristi che rapì e uccise l’onorevole Giacomo Matteotti. fascismo si sarebbe liquefatto come neve al sole. Il giovane aiu- Dall’altro lato della piazza, a una distanza di circa ottanta tante sembrava invece ansioso, camminava nervosamente nella metri, vi era Palazzo Chigi, sede del Governo. Da un suo balco- stanza, guardando attraverso gli scuri la piazza che, a poco a ne d’angolo, verso le dieci, si sarebbe affacciato il Presidente del poco, si stava riempiendo. Consiglio e duce del fascismo, Benito Mussolini, per risponde- Subito dopo le 9 i due sentirono bussare alla porta, era un re con un breve discorso ai saluti dei fascisti e della folla conve- cameriere dell’albergo il quale annunziò che un conoscente nuta in Piazza Colonna, durante la sosta di un affollato corteo voleva vedere il maggiore Silvestrini. La porta venne aperta e che da Piazza del Popolo era diretto all’Altare della Patria3. gli uomini della Questura di Roma, guidati dal vice questore Il maggiore Silvestrini era accompagnato da un giovane Errico Belloni, irruppero nella camera qualificandosi. Silve- poco più che ventenne, lo stesso che il giorno prima si era pre- strini alla vista di quelle persone rimase sorpreso e sconcertato, sentato all’albergo per verificare l’avvenuta prenotazione della ma non reagì, capì subito che il suo piano era fallito, mentre il camera. Vennero introdotti nell’albergo i bagagli, tra cui uno suo aiutante appariva sollevato, covando, nello stesso tempo, strano astuccio di tela. un profondo senso di colpa. I due furono immediatamente L’intento dei due non era quello di assistere alla cerimonia arrestati e tradotti nel carcere di Regina Coeli. ma di uccidere Mussolini, non appena questi si fosse affaccia- Gli uomini della Questura iniziarono subito la perquisizione to al balcone. Il duce era, a loro avviso, il maggior responsabile della camera, dentro un armadio vennero rinvenuti: un mici- dell’uccisione di Matteotti e della fine di ogni libertà politica in diale fucile di precisione austriaco «Steyer»4 a doppio cannoc- Italia. Poi, approfittando della confusione e del panico tra la fol- chiale, usato dai cecchini durante la Grande Guerra, con due la, essi si sarebbero dileguati a bordo di una potente Lancia Lam- pallottole blindate in canna che presentava una limatura sul nu- bda, parcheggiata in un garage non lontano da Piazza Colonna. mero di matricola; una pistola automatica, anch’essa «Steyer», Aspettavano, perciò, nella penombra della camera, che il caricata con nove colpi; un involucro con chiodi e rampini, una corteo confluisse nella grande piazza e, soprattutto, che il duce limetta triangolare, un martello e un rotolo di spago. uscisse sul terrazzino d’angolo del palazzo prospiciente. La polizia constatò che dalla finestra, la quale dava su un Il tempo sembrava non passare mai. Il maggiore Silvestrini terrazzino prospiciente alla Galleria Colonna, era stato sfilato appariva calmo e deciso. Si distese sul letto ascoltando il cre- un balcone ed appoggiato all’interno della camera mentre la scente rumoreggiare della folla nella piazza sottostante, pen- metà sinistra della vetrata della finestra era stata fermata, per

14 15 immobilizzarla, con un pezzetto di carta piegata in quattro. La il passo perché in esso vi è tutto il personaggio e la sua innata persiana destra era disposta in modo da lasciare uno spazio, la moralità: «Sai – riprende Zaniboni – quale è stato il mio pri- cui visuale corrispondeva al balcone di Palazzo Chigi, angolo mo sentimento allorché accerchiato, sospinto, mi trovai fuori Piazza Colonna con il corso Umberto I°. dell’albergo Dragoni? Un senso di sollievo, di benessere, come I poliziotti erano perfettamente al corrente delle vere identi- se l’immenso peso che mi gravava, sul cuore, nella mente, in tà dei due arrestati: Silvestrini non era altro che Tito Zaniboni, ogni fibra, da settimane e settimane, si fosse all’improvviso nato a Monzambano in provincia di Mantova il 1 febbraio volatilizzato. Quegli uomini mi proibivano di accoppare un 1883, agronomo, maggiore degli alpini durante la Grande uomo. Non poter odiare! Consideravo Mussolini come un in- Guerra ed ex deputato al Parlamento, antifascista, socialista grediente pernicioso conflitto nell’ingranaggio della vita italia- nonché aderente alla Massoneria. Il giovane aiutante era Car- na. Dovevo dimenticare che fosse stato un figlio, uno sposo, un lo Quaglia, nato a Roma il 17 maggio 1903, giornalista del padre, un essere umano, in una parola, con il cumulo dei suoi periodico del Partito popolare «Il Popolo» e studente in giuri- affetti ricevuti e dati, con la vita delle sue passioni, con l’impe- sprudenza. rativo, per me sacro, della sua esistenza in quanto fatto di carne Nella stessa giornata del 4 novembre 1925 venne arrestato a e di ossa, come me, e di questo peso dentro: l’anima! Per me Torino, per complicità nell’attentato, un famoso generale pro- sarebbe stata una morte civile, un’ombra nerissima lungo tutta tagonista di primo piano delle battaglie sul fronte dell’Isonzo, la mia esistenza. Sono incapace di uccidere un gatto»5. in quanto comandante della Seconda Armata, Luigi Capel- lo. Era l’eroe della presa di Gorizia, ma veniva anche additato come uno dei responsabili del disastro di Caporetto. Egli aveva aderito al fascismo, ma, dopo il delitto Matteotti, si era po- sto in netta contrapposizione con esso. Anch’egli aderiva alla Massoneria di Palazzo Giustiniani. Capello si era fermato a Roma fino al 3 novembre, per poi raggiungere il capoluogo piemontese. La polizia gli trovò addosso una discreta somma di denaro e il passaporto, probabilmente da utilizzare in previ- sione di un espatrio verso la Francia. Zaniboni, molti anni dopo, nel 1945, in un opuscolo cu- rato da Guido Grimaldi, dal titolo Zaniboni racconta…perché non partì la pallottola fatale e liberatrice…, rievocò le sensazioni provate al momento del suo arresto. Vale la pena di rileggere

16 17 Buja, un paese nel primo dopoguerra Per molti non rimaneva altro che stringersi attorno alla parroc- chia, retta all’epoca da monsignor Giuseppe Bulfoni, nell’ambito della quale erano sorte tutta una serie di iniziative di stampo co- operativistico e solidaristico. Ben presto Buja divenne il centro di Santo Stefano, benedizione una vivace sezione del Partito popolare. Vicino alla chiesa sorgeva delle campane della Pieve un edificio che ospitava molti di questi sodalizi, sul quale cam- – 1919 peggiava una evidente scritta «Organizzazioni bianche di Buia»7. A contrapporsi ai militanti cattolici erano soprattutto gli ex combattenti. Essi reagivano allo spregio di socialisti e popolari verso i loro sentimenti patriottici e nazionalisti. Le loro orga- nizzazioni esprimevano l’ambizione, a fronte del loro sacrificio in guerra, a ricoprire un ruolo dirigente sia a livello nazionale che all’interno delle singole comunità locali, manifestando tali aspirazioni in maniera fragorosa e a volte violenta. Questa storia ha in qualche modo inizio a Buja, un comune L’Italia dopo la guerra non era più la stessa e il regime libera- in provincia di Udine. Situato sulle colline moreniche, a ridos- le mostrava tutti i suoi limiti di fronte all’irrompere sulla scena so delle Prealpi, era ed è formato da un gruppo di borgate, con politica delle masse, che esprimevano in maniera estremistica Santo Stefano quale capoluogo. All’epoca dei fatti, era molto oltre ai propri bisogni un profondo malessere e la necessità di più popolato di oggi, raggiungendo gli undicimila abitanti. radicali cambiamenti. Gli ex combattenti, in particolare, era- Tuttavia fu sempre terra di emigranti: quasi un quarto della no l’espressione di quella piccola borghesia locale che mostrava popolazione maschile, prima della Grande Guerra, emigrava apertamente una certa paura di un sovvertimento sociale rap- stagionalmente verso gli Imperi centrali trovando occupazione presentato dalle organizzazioni di popolari e socialisti che gesti- soprattutto nel settore edilizio. Uniche attività in loco, oltre ad vano, attraverso soprattutto la cooperazione, importanti settori una povera agricoltura di sostentamento, erano alcune fornaci dell’economia nazionale e locale. Da qui la reiterata accusa di per la produzione di laterizi6. svolgere una politica antinazionale ai primi perché legati alla Come tutti i territori friulani, anche Buja aveva sofferto i Chiesa cattolica, ai secondi in quanto propugnatori di un in- danni dell’occupazione austriaca dopo Caporetto. Disoccupa- ternazionalismo proletario, seppur vago e puramente teorico. zione, fame e miseria erano gli elementi caratterizzanti quel Il punto di ritrovo locale a Buja era il caffè e sala da ballo Tabe- primo dopoguerra. Interrotti i tradizionali flussi migratori la acco a Santo Stefano, qui si svolgevano animate riunioni e veni- gran parte degli abitanti visse quei mesi in grande indigenza. vano messe a punto strategie ed iniziative. Vi era poi uno sparuto

18 19 gruppo di socialisti che si concentrava soprattutto nella frazione Storia di un’amicizia di Madonna, definita per questo motivo il focolare rosso8. Le elezioni amministrative dell’ottobre del 1920 furono ca- ratterizzate anche a Buja da una campagna elettorale molto vi- Pier Arrigo Barnaba e Ferruccio Nicoloso insieme vace e non priva di atti intimidatori e violenti. Gazzarre venne- ad Alessandro Tandura ro inscenate durante i comizi degli avversari mentre fischi, urla e chiassate cercavano di interrompere l’oratore. Erano soprat- tutto gli ex combattenti che utilizzavano questo tipo di tattica, i popolari risposero, in funzione difensiva, con la costituzione di un nucleo di «Arditi bianchi». Questo era, non solo a Buja ovviamente, il clima che si respirava in quel primo dopoguerra. Il territorio comunale elettoralmente era diviso in tre “repar- ti”: Santo Stefano, comprendente il centro e i borghi a sud; Ma- donna con gli abitati della parte nord, infine Avilla-San Floreano con quelli posti ad occidente. I popolari, raccogliendo i frutti A guidare gli ex combattenti di Buja erano due giovani di del loro radicamento nel tessuto economico e sociale, su tren- spicco come Pier Arrigo Barnaba e Ferruccio Nicoloso. Legati ta membri del consiglio ne elessero 19, al Blocco Nazionale dei da una profonda amicizia e da una comune avventurosa im- combattenti andarono 10 consiglieri e 1 al Partito Socialista. I presa militare che aveva dato loro prestigio e riconoscimenti, consigli comunali che ne seguirono furono occasione per accese entrambi erano eroi di guerra pluridecorati per essersi paraca- discussioni in cui non mancavano ingiurie e minacce, alcuni dei dutati oltre le linee austriache nell’ottobre 1918, al fine di for- membri più esagitati arrivarono a partecipare armati di rivoltella. nire notizie ai Comandi italiani pronti a scatenare l’offensiva Intolleranze e atti di vandalismo erano all’ordine del giorno: finale10. Una foto li ritrae insieme, vestiti con modesti panni nel marzo del 1921 la sede delle associazioni dei popolari una borghesi, durante la loro azione di spionaggio e sabotaggio: fac- notte venne imbrattata con i colori rosso e verde sovrapposti al cia da guascone Nicoloso, più austero Barnaba. Appartenevano bianco degli intonaci, a questa provocazione gli «Arditi bian- alle famiglie più benestanti e in vista del paese. chi» risposero con un ironico manifesto. Pier Arrigo era nato il 25 febbraio 1891 ad Avilla di Buja ed La vittoria dei popolari, anche se di misura, venne confermata alle era discendente da una famiglia di patrioti che si era distinta politiche del 1921. Nel frattempo a Urbignacco si era costituito anche nell’epopea risorgimentale, ricoprendo sempre cariche poli- un piccolo gruppo di comunisti che, seppur nella clandestinità e con tiche all’interno della comunità locale11. Suo padre Barnaba povertà di mezzi, riusciva a svolgere una certa attività di propaganda9. Barnaba partecipò con l’esercito piemontese alla battaglia di

20 21 San Martino e poi fu con Garibaldi nella prodigiosa impresa Con il sorgere e l’affermarsi del fascismo al potere anche dei Mille, combattendo a Milazzo, a Maddaloni e sul Voltur- Ferruccio Nicoloso e Pier Arrigo Barnaba aderirono in ma- no. Lo zio Domenico lasciò delle vivide memorie sul 1848 niera entusiastica, però in tempi diversi. Ferruccio per primo, in Friuli12, mentre l’altro zio, Pietro, si distinse nella difesa di probabilmente già tra il 1919 e il ‘20, partecipando a varie Palmanova e Venezia. Il marchese di Colloredo definì i Bar- spedizioni oltre alla marcia su Roma e contribuendo a fondare naba come i «Cairoli del Friuli». Pier Arrigo era l’ultimo di a Buja la sezione del Fascio. Pier Arrigo si iscrisse al Partito na- sei fratelli: Nino Ermanno, Adolfo Pietro, Attilio, Francesca e zionale fascista soltanto nei primi mesi del 1923 a causa di un Maria Orsola. grave incidente motociclistico, avvenuto nell’agosto del 1922 Anche Ferruccio Angelo Nicoloso, detto Angjelin, nato a in Carnia, che lo costrinse ad un lungo ricovero ospedaliero e Santo Stefano il 28 maggio 1890, proveniva da una famiglia a diversi interventi chirurgici, lasciandogli una vistosa cicatrice agiata, conosciuta come i Nicoloso Cavalét. Suo padre Gio sul volto15 che lui asseriva essersi procurato in guerra per accre- Batta (Giovan Battista) aveva fatto una certa fortuna nel set- scere il proprio mito di eroe. Malgrado l’infortunio non volle tore dei laterizi e in altre redditizie attività economiche tra cui mancare al discorso che Benito Mussolini tenne a Udine il 20 una banca privata13. Il benessere acquisito era testimoniato settembre 1922, tanto che si fece portare in barella. dalla edificazione di una splendida villa progettata dall’archi- Nel corso del 1923 tra Barnaba e Nicoloso intervenne im- tetto Girolamo D’Aronco nel capoluogo. Pier Arrigo si era di- provvisamente una grave rottura personale e politica. Pare plomato geometra, Ferruccio ragioniere. che vi fossero dei dissidi nella gestione della cooperativa degli A Buja passavano molto tempo assieme e sembra che Ni- ex combattenti. Si mormorò inoltre che alla base ci fosse il coloso fosse l’amante di una delle sorelle di Barnaba, tanto contendersi di una donna, amata da entrambi, forse Luigia che qualcuno in paese lo chiamava già «il cognato». Furono Calligaro che troveremo più avanti in questa storia. Più pro- i protagonisti del coraggioso salvataggio, con una zattera im- babilmente pesarono tra i due gelosie e reciproche invidie in provvisata, di un’intera famiglia di Majano che aveva rischiato relazione ai riconoscimenti ed alle benemerenze acquisite in di affogare nel canale Ledra, in occasione della disastrosa allu- guerra: Nicoloso aveva ottenuto una Croce al merito di guerra, vione del 20 settembre 1920. Ferruccio era più estroverso ed una Medaglia d’argento, una Croce di guerra al Valor Militare espansivo, attirava su di sé l’attenzione di chi gli stava vicino ed era stato nominato Cavaliere dell’Ordine Militare dei Sa- e godeva di un discreto successo con le donne. Pier Arrigo voia. Barnaba l’8 gennaio 1922, tra le varie onorificenze, vide invece era più taciturno e riflessivo, «Pier Arrigo Barnaba è un tramutare la Medaglia d’argento da lui ottenuta in Medaglia silenziario»14 scriverà Mariano de Fraja Frangipane in un pane- d’oro, cosa che probabilmente indispettì Nicoloso tanto che girico facente parte di una collana di opuscoli dedicati agli eroi egli non partecipò alla cerimonia pubblica organizzata in ono- della Grande Guerra. re di Pier Arrigo dal fratello Nino Ermanno16. A poco a poco

22 23 le loro strade si divisero su fronti opposti ed inconciliabili e il da sospetti e rivalità. Quanto ai comunisti essi combattevano dissidio, dapprima malcelato, si tramutò in una lotta aperta una solitaria battaglia per manifestare la loro presenza tra i ceti senza esclusione di colpi. Come conseguenza il gruppo di op- popolari, indicando nella rivoluzione sovietica l’unica strada posizione degli ex combattenti in consiglio comunale si spez- da seguire. zò in due: Nicoloso assunse sempre più posizioni critiche nei Nei più prevaleva una diffusa rassegnazione e un senso di confronti del fascismo, mente Barnaba divenne, di lì a breve, sconfitta. Molti lavoratori e dirigenti del movimento operaio e uno dei leaders più prestigiosi a livello locale e poi nazionale. contadino erano dovuti emigrare per necessità, o per sfuggire Un piccolo nucleo di fascisti, a dir il vero, era già comparso alla violenza, in Francia, negli Stati Uniti e in Argentina. Gli sulla scena politica locale presentandosi alle urne per le ele- ideali politici rimanevano confinati in ristretti circoli o nelle zioni nazionali del 1919 e raccogliendo 21 voti. Dal luglio del parrocchie, le riunioni si facevano sempre più clandestine, con 1922 il fascismo costituì una sezione anche a Buja. una crescente paura di delazioni. Con l’aiuto di squadre, provenienti dai paesi contermini, L’amministrazione comunale retta dai popolari di Buja iniziò anche qui una sistematica opera di intimidazione nei nell’estate del 1923 venne costretta a dimettersi per presunte confronti di popolari e socialisti. Nel corso del 1923 vennero irregolarità nella gestione di una cooperativa, in seguito la pre- incendiati fienili e stalle di oppositori a Madonna, a Sottoco- fettura nominò, l’8 agosto, commissario prefettizio Pier Arrigo stoia, ad Andreuzza, ad Ursinis Grande e a Santo Stefano. L’e- Barnaba. pisodio che però rimase più impresso nella memoria popolare fu quando un manipolo di squadristi, comandati dal segretario del Fascio locale, entrò nell’osteria di «Scoi» gestita da Anna Pauluzzi e Giuseppe Piemonte quindi, dopo aver ordinato del vino, malmenò un noto «sovversivo» che stava consumando da solo la sua cena. Nel frattempo un altro gruppo di fascisti rimasti all’esterno diede fuoco alla stalla del proprietario, espo- nente dei popolari, in quanto reo di aver sottoscritto, durante l’invasione austro-tedesca dopo Caporetto, delle banconote emesse dal Comune17. In questa situazione, il dato è generale, i socialisti e i popola- ri videro senza sostanzialmente reagire, in Friuli come in tutta Italia, la distruzione sistematica di tutte le loro organizzazioni. Il fronte antifascista era infatti frammentato, diviso e minato

24 25 Un gerarca friulano zione completamente diversa, si svolsero le elezioni politiche ed amministrative. Barnaba venne inserito nelle liste dei can- didati del Fascio littorio, fu eletto deputato e un suo cugino, Pier Arrigo Barnaba Umberto, divenne sindaco di Buja. Pier Arrigo Barnaba aveva condotto una dura battaglia per- sonale affinché nelle liste elettorali non fossero presenti i per- sonaggi della classe dirigente liberale legata ai vecchi ceti domi- nanti18. In questo senso si era contrapposto alla personalità più di spicco che il fascismo friulano avesse fin a quel momento espresso, l’avvocato pordenonese Pietro Pisenti, rappresentan- te dei cosiddetti «normalizzatori» ossia di coloro che miravano ad un graduale abbandono della violenza squadrista e, attra- verso un’alleanza con gli esponenti moderati, all’inserimento del fascismo nei gangli direzionali della vita amministrativa ed Da quel momento, precisamente dal 1923, la carriera po- economica della regione19. Si era creato un asse di potere i cui litica di Pier Arrigo Barnaba fu in vorticosa ascesa. Barnaba maggiori esponenti erano l’avvocato Pisenti e l’imprenditore aveva conosciuto durante la guerra in Val Racco- udinese e già sindaco di Udine Luigi Spezzotti. Lo scontro lana, mentre tentavano di arginare l’avanzata degli austriaci tra Barnaba e i «normalizzatori» fu durissimo. Era in gioco dopo Caporetto, e doveva averlo ritrovato nel 1919 quando, l’egemonia sul partito in Friuli. Schematicamente si può affer- presente in Friuli come responsabile del periodico «L’Alpino», mare che Barnaba rappresentava l’anima piccolo borghese del frequentava nella vicina San Daniele la contessa Emanuella fascismo friulano, quella delle squadre che avevano sconfitto le Florio che, dopo la morte del padre contrario alla relazione, organizzazioni socialiste e popolari, che si contrapponeva alla diverrà sua moglie. Inoltre Balbo aveva accettato sempre in componente legata agli agrari e ai tradizionali ceti dominanti. quell’anno, proprio per stare vicino alla ragazza, di svolgere In maniera strumentale gli «intransigenti» accusarono Pisenti le funzioni di commissario prefettizio nel comune di Pinzano di essersi imboscato durante la Grande Guerra. al Tagliamento. Balbo fu uno dei «quadrumviri» della mar- Una volta eletto Barnaba, in segno di protesta, presentò a cia su Roma e Mussolini gli affidò di organizzare la Milizia Mussolini le sue dimissioni da parlamentare per la presenza tra Volontaria di Sicurezza Nazionale. Attraverso tale conoscenza gli eletti del conte Francesco Tullio, grande possidente agrario Barnaba, alla fine del 1923 passò da Centurione a Luogote- friulano20. Il duce, nella sua perenne opera di equilibrismo tra nente generale della Milizia. Nell’aprile 1924, in una situa- le due anime del fascismo, ovviamente le respinse. Successiva-

26 27 mente Pier Arrigo entrò addirittura in polemica con Arnaldo i componenti maschi della famiglia. Pier Arrigo era all’apice Mussolini che giudicava le sue posizioni puramente demago- del successo, tutto il territorio circostante divenne una sorta giche21, a cui replicò che al fascismo friulano non servivano di feudo personale e familiare in cui venivano elargiti favori «persone dotte, ma uomini politici di fede»22. Il riferimento e raccolte benemerenze. Fu nominato cittadino onorario di era a Pisenti e Spezzotti, accusati di essere degli ex-liberali. Osoppo e di Majano. Una scuola elementare di Ospedaletto Barnaba iniziò proprio in quel periodo un’ascesa che lo por- di Gemona venne intitolata a suo nome. Barnaba ormai viveva tò a ricoprire prestigiose cariche a livello nazionale. Una volta quasi stabilmente a Roma dove si era sposato con la ventenne approdato a Roma fece fruttare la fama di Medaglia d’oro e le Maria Cristina Massa, che nel 1927 gli darà la figlia Simonet- sue conoscenze politiche tanto da essere cooptato nel Diretto- ta Perusina, ma non mancava di ritornare al suo paese dove rio del Partito e ricoprire la carica di Segretario amministrati- acquistò all’asta una villa requisita ad una ricca famiglia di vo23. Buja che si era fermata in Austria durante la guerra, facendola Pier Arrigo, pur non essendo di carattere un estremista, ade- ristrutturare dall’architetto Provino Valle. Da questa dimora rì, probabilmente per opportunità politica, alla corrente degli poteva dominare un ampio territorio. I Barnaba rappresen- «intransigenti» che faceva capo a livello nazionale al «ras» di tavano a Buja e nelle zone circostanti un vero e proprio clan Cremona Roberto Farinacci, diventandone il maggior refe- di potere. È del 1927 un documento sottoscritto dai maschi rente nella provincia di Udine. Partecipò con un intervento a della famiglia, che al motto «Per tutti gli ardimenti» giuravano Palermo, ai primi di luglio del 1924, ad una grande adunata di tra l’altro «di mai consentire che venga recata offesa al Nome fascisti inneggianti a Farinacci24. Nostro e di svolgere ogni sforzo ad accrescere lustro e decoro Il fascismo friulano si caratterizzò per un’estrema litigiosi- alla Nostra Casata»27. Tra i firmatari non compare il nome di tà interna, infatti fu dilaniato da feroci conflitti personali ed Pier Arrigo, ma è chiaro che era lui il punto di riferimento. accese lotte tra le diverse fazioni, sintomi questi di una so- Declinarono invece le fortune di Pisenti. Anch’esso eletto stanziale debolezza politica25. A seguito della nomina nel nel 1924, dopo aver ricoperto le cariche di prefetto di Udine e febbraio 1925 di Roberto Farinacci a segretario politico del nel contempo di capo del fascismo friulano, venne in seguito Partito nazionale fascista, Barnaba, dopo aver svolto le fun- espulso dal Partito nazionale fascista nel 1926. zioni di segretario amministrativo del partito, nel giugno del Ferruccio Nicoloso fu invece letteralmente emarginato dal- 1925 venne riconfermato personalmente dal «ras» a far parte la vita politica locale. Non si presentò alle elezioni ammini- del direttorio nazionale26. In quell’anno Barnaba fece nomina- strative continuando a ricoprire la carica di presidente della re, post mortem, suo padre Barnaba Antonio Barnaba «Signore Cooperativa di ex combattenti di Buja, ma ben presto que- di Buja» con un provvedimento firmato da Vittorio Emanale sta ebbe gravi difficoltà economiche che la portarono al fal- III e controfirmato da Benito Mussolini, titolo esteso a tutti limento. Gestiva inoltre con Angelo Ursella una fabbrica di

28 29 mattoni a Fiumicello ed era impegnato in una serie di altre L’osteria di Lucia attività economiche. La sua ostilità al fascismo si accentuò nei mesi successivi al delitto Matteotti. Era un percorso comu- ne a molti ex combattenti che maturarono un atteggiamento apertamente contrario al nascente regime. Essi si trovarono a Lucia Pauluzzi fare i conti con una situazione di grande malessere personale e sociale, in cui la violenza era l’elemento dominante. Questi gruppi rifiutavano inoltre il tentativo arrogante dei fascisti di voler egemonizzare ad ogni costo le organizzazioni di base di chi aveva combattuto in guerra. Di conseguenza nacque un’as- sociazione indipendente che si contrappose a quella fascista. I conflitti tra queste aggregazioni contrapposte erano anche in Friuli all’ordine del giorno. Nei mesi dopo il delitto Matteotti gli ex combattenti ripresero vigore credendo che a loro fosse concesso uno spazio politico tale da poter contrastare il fasci- Nella borgata di Urbignacco, in via Belvedere 121, esisteva smo ed impedirne la dittatura. un’osteria con alloggio conosciuta come des Luziis (delle Lucie) Nicoloso aderì sicuramente a «Italia Libera», un movimento gestita da Lucia Pauluzzi, da sua figlia ventenne Teresina e da sorto nell’estate del 1924 per raccogliere quel variegato mondo sua madre Caterina Piemonte. Era un locale molto modesto a fatto, oltre che da ex combattenti, anche da socialisti riformi- cui si accedeva da un portone posto sulla strada che conduce- sti, repubblicani, ex legionari fiumani e fascisti delusi che non va ad Artegna. Al piano terra vi era la cucina, una stanza con si riconoscevano più nella deriva violenta e dittatoriale impo- un banco adibita ad osteria e un salottino «discretamente ben sta da Mussolini. tenuto ma poverissimo di mobilio: un tavolino centrale, qual- che sedia, qualche quadro, un armadietto, un orologio murale, due tende»28. Al piano superiore si trovavano delle camerette «anch’esse senza nessuna pretesa di eleganza; anzi. Vi si sale per una sconnessa scala esterna di pietra che dà su di un lungo bal- latoio malandato alquanto».29 La frequentava assiduamente un personaggio molto noto in quei tempi: Tito Zaniboni, deputato socialista ed eroe della Grande Guerra. Con Lucia, una bella donna di quarantacin-

30 31 que anni «che a detta dei compaesani può ancora destare qual- incontrarsi o recapitare i messaggi da diramare poi ai membri che interesse nel sesso mascolino»30, benché lei fosse sposata di un’organizzazione politica che, pian piano, fin dall’estate con un emigrante, Giacinto Savonitti, aveva da tempo una del 1924 stava prendendo i suoi contorni. I biglietti venivano relazione amorosa, iniziata nel 1917 ai tempi della sua presen- nascosti nell’intercapedine dei quadri appesi alle pareti dell’oste- za sul fronte carnico. L’osteria era allora stata adibita a mensa ria, nello spazio intercorrente tra l’immagine e il contenitore. ufficiali e qui si erano conosciuti. «Tra i due – come si trova La locanda era infatti diventata un punto di riferimento di scritto in un rapporto di polizia – incorsero rapporti intimi, «Italia Libera», così il gruppo di Buja si allargò coinvolgendo divenuti in paese notori, e la Pauluzzi, che vive da anni lontana altre personalità politiche legate da un variegato sentimento dal marito, ricambiò l’amante con ogni premura, benché dedi- antifascista. A tenere i collegamenti in tutto il Friuli erano il ta talvolta ad altre relazioni amorose occasionali»31. colonnello Pier Giuseppe Piccin di Sacile, Renato Della Torre, L’osteria di Lucia, per la costante e carismatica presenza Presidente della Banca Agricola di Udine, Ettore Zanuttini, di Tito Zaniboni, divenne il luogo di ritrovo di un gruppo Direttore della filiale di Cividale e Presidente della Società di persone che avevano in comune la passione per la caccia e di Mutuo Soccorso ed Istruzione di Cividale, Pietro Costan- l’avversione per il fascismo. Del gruppo, pur provenendo da zi sempre di Cividale, Renato Moro di Sutrio. A conoscenza disparate esperienze politiche, facevano parte tra gli altri lo dell’organizzazione erano l’avvocato Alberto Mini, il dottor stesso Ferruccio Nicoloso, Angelo e Luigi Calligaro, quest’ulti- Samuele Cesan-Benoni, Presidente dell’Associazione mutilati mo (detto Vigjut) era un fornaciaio di orientamento socialista di Udine, l’onorevole Giovanni Cosattini e Carlo Pignat, se- forse con qualche simpatia comunista, che in una violenta lite gretario friulano del Partito socialista unitario. in osteria aveva picchiato e ferito con una coltellata suo cugino Tra gli avventori c’era però sempre qualcuno che avendo le Giobatta Calligaro, Titute, invece fervente fascista, poi c’era il orecchie particolarmente lunghe e tese, puntualmente riporta- già citato Angelo Ursella, ex tenente degli alpini e già aiutante va alle autorità locali discorsi, invettive, confidenze che, qual- maggiore di Zaniboni a Brescia ed Ezio Celotti, che da poco che volta tra i fumi dell’alcool, dai meno prudenti venivano era tornato dalla Francia, terra di emigrazione e d’esilio per fatte. Quando le riunioni diventarono più delicate e segrete un gran numero di operai friulani. Erano tutti espressamente il gruppo preferì incontrarsi a casa di Ursella, nella borgata di contrari al fascismo e si opponevano strenuamente alle fami- Monte, lontano dagli occhi indiscreti di fascisti e delatori. glie e ai gruppi di interesse presenti nel piccolo centro friulano apertamente schierati con il nascente regime. Nell’osteria di Urbignacco si discuteva di politica, si cova- vano i malumori nei confronti del fascismo locale e nazionale, si progettavano i modi per sconfiggerlo. Era un luogo dove

32 33 Tito Zaniboni coli, al periodico «Nuova Terra» in cui fece presente le conse- guenze nefaste di un conflitto sul proletariato, incitandolo a combattere per la propria battaglia. Nel maggio del 1915 fu chiamato alle armi con il grado di Tito Zaniboni e Giovanni sottotenente ed assegnato all’8° reggimento alpino di stanza Acerbo firmatari del patto a Udine. Il pacifista si trasformò in un prode soldato com- di pacificazione fra socialisti battendo sul fronte montano della Carnia nei pressi del passo e fascisti di Monte Croce. Guadagnò una medaglia d’argento al valore per una prima azione svoltasi nella zona del Pal Grande, una seconda sul Freikofel ed una terza sul Pal Piccolo. Per il suo va- loroso comportamento venne promosso capitano sul campo. Nel marzo 1916 nel corso di una nuova impresa, sempre sul Pal Piccolo, ottenne un’altra medaglia d’argento, ma durante la stessa venne ferito gravemente alla gola.34 Su Tito Zaniboni non esiste una biografia compiuta32. Nac- Ripresosi, il 16 dicembre 1917, fu nominato maggiore. que, come si è già detto, il 1 febbraio 1883 a Monzambano, Zaniboni era diventato un provetto tiratore di carabina e un in provincia di Mantova, un piccolo centro posto sulle colline grande organizzatore di reparti di montagna. Nei mesi dopo che diradano verso il lago di Garda, sul confine tra la Lombar- Caporetto egli offrì il suo contributo di esperienza ad un corso dia e il Veneto, segnato dal fiume Mincio. per allievi ufficiali che si teneva a Brescia. Angelo Ursella, che Frequentò la Scuola Agraria di Brescia e, dopo un breve troveremo più avanti in questa storia, era il suo aiutante.35 periodo di emigrazione a Boston negli Stati Uniti tra il 1906 Zaniboni per la sua esperienza, il suo glorioso passato di e il 1908, ritornò in Italia. Aderì nel 1908 al Partito socialista militare, il suo carattere espansivo e gioviale divenne un mito impegnandosi già nel 1911 in una decisa campagna pacifista, nei primi anni del dopoguerra tra i socialisti di orientamento in occasione della guerra libica e, nei mesi che precedettero il riformista e gli ex combattenti non legati al fascismo. Rimase conflitto mondiale, a favore della neutralità italiana. Nel 1914 legato alla terra friulana e soprattutto alla popolazione che più venne eletto consigliere provinciale nel mandamento di Volta di ogni altra aveva sofferto i drammi e le conseguenze della Mantovana. La sua militanza si orientò verso la corrente ri- guerra: qui allacciò solidi rapporti di amicizia con le più im- formista impegnandosi nel mondo della cooperazione, tra il portanti personalità politiche del tempo e non solo nell’am- 1913 e il 1915, ricoprì la carica di segretario della Federazione bito socialista. Seguì con particolare interesse l’attività delle delle cooperative mantovane33. Collaborò, con numerosi arti- Cooperative Carniche stabilendo un rapporto molto stretto

34 35 con il direttore delle stesse, Vittorio Cella36. Collaborò con i ca e sociale, che ben presto sarebbe stato riassorbito nell’ambi- socialisti di Udine e Pordenone, in particolare con Giovanni to della democrazia liberale. Cosattini e Giuseppe Ellero. Zaniboni si presentò alle elezioni Zaniboni fu uno dei protagonisti, il 3 agosto del 1921, del politiche del 1919 nel collegio di Udine-Belluno, ma, nono- patto di pacificazione tra socialisti e fascisti auspicato dal Pre- stante un gran numero di voti di preferenza, risultò secondo sidente del Consiglio e dal Presidente della tra i non eletti37, invece nel 1920 venne riconfermato consi- Camera, Enrico De Nicola, con la tacita approvazione di Mus- gliere provinciale a Mantova. Nello stesso anno divenne sinda- solini. Il patto venne firmato per i socialisti da Zaniboni stesso co del suo paese di nascita, Monzambano. e da Ellero, per i fascisti da Acerbo e Giuriati, ma venne subito Fu di questo periodo la sua adesione alla Massoneria di Palaz- disatteso40. Infatti il congresso dei Fasci emiliani e romagnoli, zo Giustiniani, guidata dal Gran Maestro Domizio Torrigiani. radunatosi il 16 agosto a Bologna, respinse l’accordo e chiese Nelle elezioni per il Parlamento dell’estate del 1921 si pre- la convocazione di un congresso nazionale. I «ras» locali, a cui sentò nelle liste socialiste sempre per la circoscrizione Udine- si aggiunsero quelli di Firenze, Venezia e dell’Umbria, temen- Belluno e venne eletto assieme a Giovanni Cosattini, Erne- do di perdere la loro influenza, fecero affiggere un manifesto sto Piemonte, Giuseppe Ellero e al bellunese Luigi Basso con di dura protesta in cui non mancarono allusivi e non troppo 60.655 preferenze, raccolte soprattutto tra gli ex combattenti velati toni antimussoliniani: «Chi ha tradito, tradirà». e i socialisti riformisti38. L’«Avanti!» lo presentò come «un me- Zaniboni, coerentemente con le sue idee politiche, nel 1922 dagliatissimo…maggiore degli alpini, bel giovane, ardito, eroe aderì al Partito socialista unitario, nato a seguito dell’espulsio- di guerra», ma si preoccupò anche di avvertirlo che «la Camera ne della corrente riformista da parte di quella massimalista, in è una trincea assai più difficile e pericolosa di quelle del Carso quel momento maggioritaria nel partito. I suoi leaders furono e del Cadore»39. Filippo Turati, Claudio Treves, Giuseppe Emanuele Modi- Quelli dell’immediato dopoguerra furono, come si è già gliani e un deputato originario del Polesine che ne divenne detto, anni di uno scontro politico molto aspro e violento. Alla il segretario politico: Giacomo Matteotti. Verso quest’ultimo stagione di agitazioni e scioperi di operai e contadini seguì in Zaniboni provava un sentimento di profonda ammirazione e tutto il paese la reazione dello squadrismo fascista. Avversario amicizia. I socialisti erano quanto mai deboli e divisi al loro in- di Mussolini Zaniboni lo fu da sempre, non potendo perdona- terno. Alla loro sinistra si era formato, nel febbraio del 1921, il re al duce il tradimento del socialismo lavorò per combattere il Partito comunista d’Italia, all’epoca guidato da Amadeo Bor- suo movimento. diga, che propugnava la rivoluzione dei soviet sull’esempio di Egli era però convinto che l’estremismo non avrebbe porta- quanto era avvenuto in Russia. to vantaggi alla causa soprattutto delle classi più umili e che il Il successo della marcia su Roma, con la nomina da parte fascismo fosse un fenomeno transitorio, legato alla crisi politi- di Vittorio Emanuele III di Benito Mussolini a Presidente del

36 37 Consiglio, fu un punto di svolta decisivo e di non ritorno. ti Zaniboni ed Ernesto Piemonte accusandoli di ordire trame Ulteriori violenze ed arresti scompaginarono le organizzazioni sovversive, in contatto con molti lavoratori emigrati e fuoriu- politiche ed economiche del movimento operaio e contadino sciti in Francia. Quest’ultimo sarà costretto ad emigrare in per tutto il 1923. Furono organizzate forme di autodifesa po- quel paese. Zaniboni invece non si sottrasse alla lotta politica e polare come gli «Arditi del popolo» che ben presto vennero si presentò alle elezioni nelle liste del Partito socialista unitario sconfessati dagli stessi socialisti per i loro metodi violenti. sempre nel collegio friulano, arrivando a sfidare, in piena cam- Il 17 febbraio del 1923 il Gran consiglio del fascismo de- pagna elettorale, a duello uno dei fascisti più importanti in cretò l’incompatibilità tra l’adesione al partito e l’affiliazione Carnia, Isodoro Sillani, perché costui lo aveva gravemente in- alle logge massoniche. Se in un primo momento la Massoneria sultato in un comizio42. La campagna elettorale anche in Friuli italiana aveva appoggiato il nuovo movimento, questo, una si svolse in un clima di grande tensione e violenza. Zaniboni volta preso il potere, si era avvicinato alla Chiesa cattolica. Da non venne eletto e la rappresentanza socialista locale si ridusse qui molti massoni che si riconoscevano nelle logge che faceva- al solo Cosattini. no capo a Palazzo Giustiniani, diventarono irriducibili nemici del regime. Alla loggia di Palazzo Giustiniani si contrapponeva quella di Piazza del Gesù, il cui Gran Maestro era Raul Palermi che appoggiava apertamente il nascente regime. Molti «ras» come Balbo, Farinacci e Starace, nonostante il divieto erano affiliati a quest’ultima. L’ex maggiore degli alpini era, dopo la marcia su Roma, an- cora disponibile a trattare con il fascismo in tema di libertà sindacali. Il 2 dicembre del 1922 ci fu un incontro tra Tito Zaniboni, Gino Baldesi, un dirigente riformista, e Mussolini durante il quale venne trattato il tema di un’unificazione di tutte le forze sindacali su una base apolitica, argomento che fu oggetto di un successivo colloquio con D’Annunzio avvenuto il 5 dicembre. Ma tutte queste iniziative fallirono probabilmente per l’opposizione dei gruppi più intransigenti del fascismo41. In Friuli, l’astro emergente del fascismo locale, l’avvocato pordenonese Piero Pisenti attraverso le pagine del «Il Giornale di Udine» scatenò una campagna di stampa contro i deputa-

38 39 Il delitto Matteotti. Un punto di svolta te irregolarità del bilancio dello stato e avrebbe svelato i mec- canismi attraverso i quali la Standard Oil Company servendosi della Sinclair Oil Company, una compagnia da lei occulta- mente controllata, avrebbe offerto forti tangenti a Mussolini Giacomo Matteotti e ai suoi più stretti collaboratori a seguito della firma di un contratto di dieci anni che le assicurava lo sfruttamento di gia- cimenti di petrolio in Italia. Ottenuto il contratto, la Sinclair si sarebbe astenuta dal trovare petrolio nella penisola, permet- tendo alla Standard Oil di continuare a controllare il mercato italiano. Alla notizia della scomparsa di Matteotti le opposizioni in- sorsero e abbandonarono la Camera per ritirarsi sull’Aventino. Rimasero in aula i deputati del blocco nazionale e, successiva- mente, anche la sparuta pattuglia di deputati comunisti che Nell’aprile del 1924 i membri della nuova Camera erano fece ritorno tra i banchi della Camera dopo aver constatato stati eletti con la legge che aveva preso il nome dal suo promo- l’immobilismo dei partiti che avevano aderito al movimento tore, il sottosegretario . Fu un provvedimento di protesta. Tra essi spiccava la figura, piccola ed esile, di Anto- fortemente maggioritario e antiproporzionale, che garantiva i nio Gramsci. due terzi dei seggi come premio alla lista che avesse raggiun- Zaniboni si mise personalmente a fare delle indagini, parte- to la maggioranza relativa dei voti. Era noto il dispregio che cipò attivamente alle ricerche del corpo del deputato socialista, Mussolini aveva per il Parlamento quando aveva insultato la denunciando apertamente le connivenze delle autorità fasciste Camera definendola «un’aula sorda e grigia» che si sarebbe con i rapitori. In quei giorni conobbe, tramite Giuseppe Do- potuta trasformare in un «bivacco per i manipoli» fascisti. La nati, direttore de «Il Popolo», un giovane redattore del quo- campagna elettorale venne turbata da illegalità, intimidazioni tidiano, Carlo Quaglia, che divenne da quel momento il suo e violenze di ogni tipo. Giacomo Matteotti in un famoso di- inseparabile collaboratore. scorso tenuto il 30 maggio, tra interruzioni e minacce dei de- Il governo Mussolini sotto la spinta emotiva dell’opinione putati fascisti, denunciò con forza l’irregolarità delle elezioni, i pubblica, scossa dalla scomparsa del deputato socialista, sem- brogli, i soprusi e le limitazioni della libertà politica. brò vacillare. I colpevoli del delitto Matteotti furono scoperti. Il 10 giugno il deputato socialista scomparve. Due giorni Si trattava della famigerata Ceka fascista, composta da uomini dopo avrebbe dovuto pronunciare un altro discorso su presun- legati al peggior squadrismo e all’apparato vicino al Viminale,

40 41 guidata dal famigerato Amerigo Dùmini. Il duce il 14 giugno lo nutriva per un intervento della Corona. Lui mi ascoltava sacrificò, facendoli dimettere, alcuni dei suoi collaboratori più guardandomi con un’aria da cane frustrato. A un certo punto, vicini come Cesare Rossi, capo dell’ufficio-stampa della presi- accennò un gesto come per dire che ne aveva fin sopra i capel- denza del Consiglio, e Aldo Finzi, sottosegretario agli Interni. li. Lo rivedo ancora, piccolo, sparuto, poveramente perplesso, Il 16 Mussolini sostituì De Bono, nella carica di direttore ge- dinanzi a me. Gli dissi che mettevo a sua disposizione, per nerale della P.S., con il prefetto Francesco Crispo Moncada. Il un eventuale colpo di stato, il fior fiore dei miei ufficiali e gli 18 giugno l’autorità giudiziaria elevò contro Amerigo Dùmi- alpini più risoluti. Abbozzò un sorriso, ma non mi rispose. Poi ni, Albino Volpi, Giuseppe Viola, Amleto Poveromo e Augu- sempre in silenzio, mi congedò. Ne riportai una impressione sto Malacria, l’imputazione di omicidio premeditato. di sovrana impotenza. Questa scena, nelle parole, nei gesti, Il cadavere di Matteotti fu infatti ritrovato il 16 agosto se- nelle espressioni, si riprodusse due volte con la fedeltà di una polto in un bosco di querce nei pressi di Roma, denominato ripresa cinematografica»44. della Quartarella. Zaniboni pensò addirittura di rapire e forse sopprimere il Il fascismo stava vivendo una profonda crisi e Zaniboni, capo del fascismo, ma il progetto a cui in un primo momen- nonostante l’inerzia dell’Aventino, capì che quello era il mo- to avevano partecipato anche Carlo Sforza, Alfredo Morea, mento propizio per un’insurrezione che riportasse il paese Romano Cocchi, Enrico Tulli, Riccardo Lombardi e Guido nell’ambito di una rinnovata democrazia parlamentare. Grimaldi non trovò, per evidenti difficoltà o per consiglio dei L’ ex maggiore degli alpini cercò contatti e appoggi con tut- più moderati, soprattutto di , alcuna pos- te le personalità politiche dell’epoca non del tutto compro- sibilità di realizzazione45. messe. Si incontrò più volte con D’Annunzio, nel suo rifugio Cominciò a farsi strada in lui l’idea della soppressione fisica di Gardone, chiedendo un suo intervento: «Perché non chiudi del Capo del Governo come atto estremo e solitario per ferma- la tua accidentata esistenza con un gesto che può avere una re il fascismo. L’illegalità dell’antifascismo si doveva contrap- risonanza storica?»43. D’Annunzio non si mosse. porre all’illegalità del fascismo, ormai accettata dalla monar- Chiese ed ottenne un colloquio con Vittorio Emanuele III, chia: «Alla violenza, - scriverà Zaniboni - se c’era ancora in noi chiedendo al re di dimissionare Mussolini.: «Cosa mi disse? – un po’ di fiero sangue antico, bisognava opporre la violenza»46. ricorderà Zaniboni – Mi colmò di silenzio, un melanconico Zaniboni era un bell’uomo e aveva molte amanti. Durante silenzio di chi s’è impigliato in una rete e non sa più come il 1924 ebbe una breve ma intensa relazione con la scrittrice uscirne. Io gli esposi la situazione morale in cui s’era posto Sibilla Aleramo. Nelle sue permanenze romane frequentava Mussolini considerato un assassino dalla maggioranza degli ambienti dove il pettegolezzo era costume normale. In quel italiani, l’avversione spontanea del paese verso il regime ormai periodo aveva conosciuto una tale contessa Noli da Costa, con screditatosi con il delitto Matteotti, le speranze che il popo- la quale era entrato in intimità. La contessa era contempo-

42 43 raneamente una presenza costante nel tetro appartamento di no cecoslovacco del vecchio democratico Tomáš Masaryk. Le via Rasella che ospitava Benito Mussolini, avendovi accesso ad «Legioni» erano composte da esponenti di vari partiti, per lo ogni ora del giorno e della notte. Il duce, tra un amplesso e più repubblicani, anarchici ed ex combattenti, alla cui testa si l’altro si esibiva al violino avvolto da un tabarro di velluto ros- erano posti Peppino e Ricciotti Garibaldi, nipoti dell’eroe dei so, soddisfatto di possedere una donna di nobili discendenze. due mondi. I centri più attivi delle Legioni erano Parigi, Mar- Zaniboni, «favorito della favorita», in maniera imprudente siglia, Nizza e altre località della Costa Azzurra e della Savoia. le aveva confidato le sue intenzioni tirannicide47. Si era illu- «Per l’organizzazione rapida, – scriverà Zaniboni – dividemmo so di poter utilizzare la contessa per avere delle informazioni l’Italia in tre parti: la settentrionale venne affidata a me; la cen- e questa, a sua volta, gli aveva fatto credere, nel suo doppio trale l’ebbe Sante Garibaldi; da Roma in giù pensava Peppino gioco, che anche lei covava il proposito di uccidere il duce. Garibaldi. Ricciotti Garibaldi: Ricciotti Garibaldi in Francia, La incaricò, quindi, «di depositare distrattamente una bom- organizzava i garibaldini italiani, con il sotterraneo appoggio boletta di gas asfissiante, non più grande di un uovo ai piedi di Herriot, allora capo del Governo di là»50. della privilegiata alcova»48. Mussolini intuita l’infedeltà della A Parigi, grazie alla mediazione del massone Umberto Bellini sua amante se ne sbarazzò, «non omettendo di far visitare il collegato alle «Legioni», Zaniboni conobbe il dottor Gustav suo appartamento da “ignoti ladri”, più preoccupati di recupe- Winter rappresentante del Partito socialista cecoslovacco, il rare comunicazioni scritte che di carpire gioielli: lettere di un quale gli fece avere 300.000 lire, in due assegni, che in gran acceso amore espresso puerilmente, grossolanamente, lettere parte vennero girati per sostenere l’attività insurrezionale ga- come si suol dire, di un caporale, e fotografie con dediche ap- ribaldina. La parte restante Zaniboni l’adoperò per acquistare passionate, di un uomo che per la prima volta in vita sua, vede una potente Lancia Lambda con cui spostarsi in tutta l’Italia scivolare nel suo letto una donna profumata, tutta leggerezza e del Nord per organizzare il suo piano di rovesciamento del fruscio di sete leggiadre»49. Anche Zaniboni ruppe il rapporto governo. con la contessa, non essendo più funzionale al suo piano, con- La Francia pullulava di fuoriusciti, di molti intellettuali e vinto però che non fosse stata una spia. lavoratori fuggiti dall’oppressione fascista, ma anche di infor- Fin da quell’estate del 1924 Zaniboni aveva preso contat- matori, spie e agenti provocatori al soldo della polizia politica to con le cosiddette «Legioni garibaldine», conosciute anche italiana. come «Avanguardie garibaldine», un’organizzazione con sede L’attività delle «Legioni» e degli stessi fratelli Garibaldi era in Francia avente lo scopo di promuovere una spedizione ar- strettamente sorvegliata. Ricciotti Garibaldi era un avventu- mata per liberare l’Italia dal fascismo. Godevano dell’appoggio riero, sempre alle prese con difficoltà finanziarie, che aveva del governo francese presieduto dal radicale Édouard Herriot, spillato enormi quantitativi di denaro in nome dei suoi pre- che aveva promesso ai garibaldini 40.000 fucili e del gover- sunti propositi antifascisti e, con mille pretesti, continuava a

44 45 rinviare un’azione insurrezionale allacciando, nel contempo, menti fissati a ogni passaggio. Era una specie di martellamento torbidi rapporti con i servizi segreti italiani, tramite l’amba- ideale che Zaniboni effettuava con una meticolosità che spesso sciatore Romano e l’ispettore Francesco La Polla inviato appo- ci rubava le ore del pasto e quelle del consueto riposo, trascorse sitamente da Roma. Anche Peppino seguirà successivamente invece a bordo della macchina, spinta al massimo della veloci- le orme del fratello mettendosi a servizio dell’apparato della tà, per giungere in tempo ad una riunione»51. polizia fascista. Zaniboni era inoltre attento a cogliere tutte le forme di dis- Gli anarchici denunciarono Ricciotti Garibaldi come un senso, anche all’interno del fascismo stesso, ad esempio quel- personaggio ambiguo e opportunista, rivelando in un giornale la di Alfredo Misuri, il «coraggiosissimo Misuri», che aveva pubblicato a Marsiglia, «Il Picconiere», i nomi di molti com- auspicato un governo aperto a tutti i partiti non sovversivi. ponenti delle Legioni garibaldine, tra gli altri trapelò anche Misuri fondò il movimento «Patria e Libertà», di tendenza quello del generale Luigi Capello, nonché i loro stretti rappor- monarchica e nazionalista, a cui aderirono Ottavio Corgini, ti con la Massoneria italiana. Raimondo Sala sindaco di Alessandria e Cesare Forni. Tutti In Francia Zaniboni non mancò di cercare contatti con i subirono la violenza dei fascisti, in particolare Forni venne ag- fuoriusciti del Partito socialista unitario, con Filippo Turati in gredito selvaggiamente alla stazione di Milano, di ritorno da primo luogo, per sollecitare un’azione di forza, ma l’accoglien- Biella dove aveva tenuto un comizio, da una squadra di venti za fu fredda per non dire ostile. Solo la compagna di Turati, elementi al comando di Dùmini. Nonostante ciò Forni venne Anna Kuliscioff, gli manifestò una certa simpatia e sostegno. eletto deputato nel 1924 con una lista, avente come simbolo Una volta rientrato in Italia Zaniboni, a bordo della sua un’aquila e una stella a cinque punte, che si era potuta presen- Lancia Lambda, percorse per tutti gli ultimi mesi del 1924, tare solo in alcuni collegi in Piemonte e in Lombardia. Si pre- in lungo e in largo, il Nord Italia per organizzare le «Squadre sentò però in camicia nera alla prima seduta del Parlamento. d’azione» che avrebbero dovuto fomentare un’insurrezione. Al Le carte di polizia ci danno l’idea del vorticoso peregrinare suo fianco vi era Guido Grimaldi, un redattore de «Il Popolo», di Zaniboni. A seguirne tutte le mosse era un dirigente della che fu sostituito successivamente da Carlo Quaglia, essendo polizia politica, l’ispettore Augusto Battioni. Venne rilevato un egli stato costretto all’esilio, come il direttore di quel giornale incontro tra Peppino Garibaldi e Zaniboni a Udine il 4 dicem- Donati. Scriverà Grimaldi: «Questo primo itinerario che com- bre 1924, a cui era presente anche il repubblicano avvocato prendeva nuclei sparsi sul tragitto Genova-Fiume, attraverso Piccin. La stampa locale segnalò successivamente la presenza Torino, Milano, Brescia, Padova, Venezia, Treviso, Udine, di Zaniboni e del nipote dell’Eroe dei due mondi anche a Por- Trieste, per non menzionare, diciamo così, che i soli capisaldi, denone. Cenarono all’Hotel Centrale. Nel frattempo alcuni si ripeté poi in seguito, settimana per settimana, con una pun- fascisti del luogo avevano adocchiato, sull’auto con cui era- tualità ferroviaria, secondo un rigido programma di appunta- no arrivati, una valigia che venne prelevata e nascosta sotto

46 47 un piccolo ponte li vicino. Zaniboni, sicuramente avvisato da Consiglio53. Il «Mondo» di Giovanni Amendola aveva da poco qualcuno, la recuperò e la ripose nell’auto. Gli autori del trafu- pubblicato il Memoriale in cui Cesare Rossi accusava aperta- gamento si chiesero se la pesante valigia contenesse oro o armi. mente il duce di essere il mandante dell’omicidio di Matteotti. Informatori e infiltrati poi annotarono gli incontri con i Il 31 dicembre 1924 un gruppo di consoli della Milizia, capi dell’opposizione non comunista: Giovanni Amendo- ricevuti da un apatico e depresso Mussolini, pose al duce l’al- la, Giovanni Conti, Roberto Bencivenga, Luigi Capello, poi ternativa fra l’abbandono della politica, incerta fin a quel mo- quelli con i fascisti dissidenti Forni, Sala, Corgini e Misuri. mento, o la sconfessione pubblica da parte loro, invitandolo a «Alla prima riunione, - ricorderà Zaniboni – che facemmo reagire. Infatti, il 3 gennaio 1925 davanti alla Camera, il duce nella casa di Capello, in via delle Botteghe Oscure, dichiarai pronunciò un discorso in cui, in un primo momento, respinse che con entusiasmo avrei ripreso il mio posto in battaglia, ma l’accusa di un suo coinvolgimento nell’omicidio Matteotti e occorreva definire presto per non fare il gioco degli altri. E, sfidò gli oppositori a tradurlo davanti alla Suprema corte. Poi ormai lanciato, al momento che il Gen. Capello avesse cre- improvvisamente si addossò tutta la responsabilità in un passo duto conveniente, io mi sarei battuto con i moltissimi, con i rimasto famoso: pochi, con i pochissimi; e se i pochissimi , per ragioni che non «Dichiaro qui al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di si potevano prevedere e anche perché dal dire al fare c’è un tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabi- abisso di mezzo, fossero mancati; al fine di rispondere come lità politica morale, storica di tutto quanto è avvenuto […] Se si conveniva a un uomo di fede e di battaglia al cospetto delle il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non ormai gravi responsabilità […] assunte verso gli altri e verso invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me stesso, sarei andato da solo»52. me la colpa! Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, A Genova ebbe un incontro con il capitano Giuseppe Giu- io sono il capo di questa associazione a delinquere! […] Quan- lietti, dirigente della Federazione italiana lavoratori del mare, a do due elementi sono in lotta e sono irriducibili, la soluzione Torino con Filippo Naldi e nello stesso giorno, sempre a Ge- è la forza». nova, con il conte Carlo Sforza. Naturalmente Zaniboni cercò Infine Mussolini denunciò l’Aventino come sedizioso e con- aiuto e consensi presso la Massoneria di Palazzo Giustiniani, in cluse con una dichiarazione minacciosa verso l’opposizione: primo luogo interpellando Ulisse Ducci, segretario del Gran «State certi che entro quarantott’ore la situazione sarà chiarita Maestro Domizio Torrigiani e responsabile di «Italia Libera». su tutta l’area». Un disorientato Mussolini, per risolvere la crisi e rimanere L’affare Matteotti si concluse così con la sconfitta del Parla- al potere, cercò di prendere tempo e pensò ad un governo più mento e l’annuncio della sua fine. ampio con la partecipazione di un socialista, offrendo addirit- Nella notte , ministro dell’Interno, inviò ai tura a Zaniboni l’incarico di sottosegretario alla Presidenza del prefetti due telegrammi riservati che traducevano in pratica i

48 49 propositi autoritari di Mussolini. Le disposizioni invitavano, Il complotto in particolare, le autorità ad esercitare la sorveglianza più vigile su circoli, associazioni, esercizi pubblici che potessero costitu- ire pericolo per l’ordine pubblico e, se del caso, ad attuarne Ferruccio Nicoloso la chiusura forzata. Esse erano inoltre autorizzate ad avvalersi senza scrupoli del fermo temporaneo nei confronti degli op- positori politici. I prefetti venivano invitati ad applicare con rigore assoluto il decreto legge atto a «reprimere gli abusi della stampa periodica», approvato durante il Consiglio dei mini- stri del 7 luglio 1924, ma fino a questo momento usato quasi esclusivamente nei confronti della stampa di ispirazione comu- nista. Il decreto conferì ai prefetti, ossia al governo, il potere di diffidare o addirittura sequestrare, il giornale che diffondesse «notizie false e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico». Era evidente, pertanto, lo scopo illiberale e dittatorio che il Dopo aver constatato che il fascismo non aveva dato alcun provvedimento doveva raggiungere: l’annientamento, grazie ai segnale di voler abbandonare la sua carica eversiva ed anti- continui sequestri, di tutta la stampa d’opposizione. democratica, come testimoniato dalla nomina di Roberto Nell’arco di una settimana il Ministro dell’Interno Feder- Farinacci a segretario del Partito nazionale fascista, che il re zoni poté illustrare in sede di Consiglio dei ministri i risulta- non era intervenuto per riportarlo nell’alveo della Costituzio- ti raggiunti dai provvedimenti adottati nella notte fra il 3 ed ne albertina e che la protesta dell’Aventino si era dimostrata il 4 gennaio del 1925: i prefetti si avvalsero senza esitazione sterile ed inconcludente, Zaniboni, sconvolto dalla perdita di dei poteri che gli erano stati attribuiti, vennero chiusi circoli, un punto di riferimento ideale e di un amico fraterno qual’era ritrovi, esercizi pubblici sospetti, furono sciolte associazioni Matteotti, diventò sempre più un frenetico organizzatore di considerate sovversive tra cui anche «Italia Libera», centinaia possibili azioni insurrezionali. di sovversivi furono arrestati e si effettuarono svariate perqui- Lo scioglimento di tutte le associazioni, a seguito del di- sizioni domiciliari. Il 14 gennaio la Camera approvò in blocco scorso di Mussolini del 3 gennaio 1925, ebbe dei contraccolpi e senza discussione migliaia di decreti legge emanati dal gover- molto pesanti sulla fragile organizzazione che Zaniboni si era no. Il discorso di Mussolini costituì quindi un atto di forza, sino a questo momento adoperato a costruire. Le opposizioni con cui convenzionalmente si fa iniziare la fase dittatoriale del sembravano annichilite. fascismo. Sull’esempio di quanto fatto dai comunisti vennero impar-

50 51 tite delle precise misure di sicurezza, come la distruzione di in maniera vaga, sostenendo che il denaro del partito socia- tutti gli atti relativi alle sezioni di «Italia Libera», di «Patria e lista cecoslovacco era stato versato, come aveva scritto nella Libertà» e infine di «Goliardi della Libertà». La rete clande- ricevuta, «come aiuto di detto partito al Comitato di Azione stina si rivelò però debole e mal organizzata. Venne costituito Antifascista di cui il Partito socialista unitario è parte premi- un Comitato esecutivo per dirigere l’intero movimento che si nente» e facendo presente che «io conduco una battaglia dalla riunì, assente Zaniboni, a Roma in via Monte Farina 50. Nel quale assai probabilmente non uscirò vivo». Dopo un incontro corso della discussione si decise di chiedere una forte somma inconcludente e insoddisfacente, a Milano, con Treves in rap- di denaro alla Massoneria. Erano presenti il generale Capello e presentanza della Direzione del partito questa decretò l’espul- Ulisse Ducci con alcuni rappresentanti delle varie realtà locali, sione di Zaniboni, si trovò così isolato politicamente, potendo tra cui emergeva la personalità del giovane repubblicano Ran- contare unicamente sulle proprie forze. dolfo Pacciardi che comanderà durante la guerra civile spagno- Nelle sue peregrinazioni egli venne continuamente minac- la il battaglione poi denominato brigata Garibaldi. La polizia ciato dagli squadristi a cui rispondeva in modo vigoroso, come politica riuscì ad infiltrare anche in quel consesso propri agenti era nel suo stile. Il 21 giugno 1925 si recò ad una festa con mu- ed a ricostruire l’organigramma dell’intera organizzazione. sica e fuochi d’artificio in piazza Virgiliana a Mantova. Pagò Intanto Zaniboni cercò aiuto negli ambienti degli industria- un regolare biglietto e scortato da tre agenti di P. S. si mise li. Ebbe un colloquio con l’onorevole Alfredo Frassati direttore tranquillamente a godersi lo spettacolo, quando un gruppo di de «La Stampa» di Torino, senza ottenere alcun risultato. fascisti locali, riconosciutolo, cominciarono ad insultarlo e a Continuò a tenere le fila con i fascisti dissidenti di «Patria minacciarlo. Uno di questi estrasse la rivoltella e gli intimò di e libertà», con gli ex combattenti di «Italia Libera», con gli lasciare la piazza. Zaniboni non si fece intimidire e fece valere attivisti del Partito repubblicano o con quei socialisti che si le sue ragioni di libero cittadino. Il gruppo di fascisti si era a muovevano ormai a titolo personale, ma aveva sempre più la mano a mano ingrossato fino a raggiungere duecento persone. sensazione che il passare del tempo rafforzasse la dittatura. A quel punto, Zaniboni, anche perché consigliato dagli agenti, Le delusioni continuarono: nel giugno del 1925 Claudio abbandonò la festa per non creare pericolosi incidenti. Treves, esponente di primo piano del Partito socialista unita- Le autorità di polizia delle province toccate nei suoi viaggi rio, giunto a Parigi per una riunione del Comitato esecutivo segnalavano puntualmente a questori e prefetti tutti gli sposta- della Seconda Internazionale venne a sapere dei denari che il menti e gli incontri. Seguiamo attraverso una lunga relazione dottor Winter aveva consegnato a Zaniboni. Winter aveva im- della polizia i suoi movimenti e le modalità del pedinamento: maginato che il finanziamento fosse arrivato al Partito, inve- «Le frequenti visite effettuate ad Alessandria non erano sfuggi- ce questo era all’oscuro di tutto. Alla richiesta di chiarimenti, te alla vigile attenzione della polizia: il 24 agosto 1925 furono da parte della Segreteria politica del Partito, Zaniboni rispose notati numerosi segreti abboccamenti fra lo Zaniboni e il Sala;

52 53 il 26 Zaniboni riparte pel Friuli – dopo breve sosta a Manto- ne con una lettera anonima spedita da Roma. La missiva lo va – dove ha frequenti colloqui con il cav. Nicoloso, col Rag. invitava ad allontanarsi dal Friuli e lo avvertiva che era noto Agnoli e con altri. Il 14 settembre ritorna ad Alessandria e ri- che egli volesse compiere un attentato alla vita del duce. Zani- vede il Sala; il giorno successivo era a Torino dove fu raggiunto boni non ci pensò due volte e portò la lettera alla stazione dei da quest’ultimo […] Il 19 settembre si trasferisce a Urbignac- Carabinieri di Buja, dimostrando che essa in realtà era stata co ove permane fino al 29, inviando però in questo intervallo scritta in quel paese, in quanto aveva riconosciuto i caratteri di tempo, e precisamente il 24 ed il 28 settembre il Quaglia ad della macchina da scrivere della Cooperativa di Santo Stefa- Alessandria. Dal 29 settembre al 10 ottobre lo Zaniboni riesce no di Buja e per il fatto che essa era indirizzata alla «Signora a far perdere ogni traccia di sé»54. Savonitti», il cognome di Lucia Pauluzzi da sposata, cosa che La sera del 28 settembre uomini della Questura di Udine sicuramente a Roma non potevano conoscere. Il tono della si recarono ad Urbignacco in cerca di Zaniboni per invitarlo lettera suonava come una palese minaccia: «Egregio Zaniboni, ad abbandonare la provincia, o forse per arrestarlo. Ma egli non credere che le tue prolungate permanenze nell’attraente e il suo fido collaboratore Carlo Quaglia, avvertiti in tempo, Friuli e dintorni sfugga al nostro vigile sguardo. Sappiamo di riuscirono a fuggire tra i campi e raggiungere l’automobile, quale ardore vendicativo sei animato e sappiamo ancora degli sottraendosi così alla polizia: «A quel segnale, Zaniboni e Qua- sforzi tuoi, finora poco felici per accendere gli animi di sacri glia sono già fuori: hanno scavalcato il parapetto della finestra sdegni ed armare la mano di incandescenti al fine di colpire chi e, adesso, attraverso muretti e recinti, filano per i campi, ten- è sacro davvero all’Italia = il Duce. Comunque ricordati che sei toni. Quaglia zoppica: s’è storto un piede saltando un fosso. individuato, e qualunque cosa, nonché lievissima sarà fatta al Zaniboni preme con una mano il sangue che gli sgorga da un nostro Presidente, tu, i tuoi amici, colpevoli e innocenti sarete braccio lacerato da un filo spinato»55. scannati senza misericordia e vi raggiungeremo dovunque pos- I due partirono in automobile alla volta di Bagni di Lusniz- siate riparare implacabilmente inesorabilmente»57. za, ove sotto falsi nomi pernottarono fino all’8 ottobre all’Ho- Chi compose la lettera? Chi la spedì da Roma? Forse Barnaba, tel Omana, poi si trasferirono in Austria ad Arnoldstein e a preoccupato da una presenza così ingombrante e pericolosa pro- Villach. Da qui il nostro scrisse una lettera alla Pauluzzi chie- prio in quello che era diventato un suo feudo personale? dendole perdono per le noie arrecatele a seguito dell’irruzione Tornata la calma Zaniboni si rifugiò ancora una volta a casa della polizia, e anche di perdonare chi «nonostante aver dato di Lucia per organizzare l’ultima fase del suo progetto. «Lucia tutto me stesso al mio paese, mi compensa con la persecuzio- Pauluzzi, affatto allarmata, è fiera di averlo. È una forte don- ne e con l’odio, compendio di invidia e di folle malvagità»56. na friulana, dallo sguardo acuto e aperto, dalla capigliatura di A chi si riferiva? A Mussolini o, più, semplicemente, a Pier un pagano ardire, ove le canizie incipienti prendono i riflessi Arrigo Barnaba. Questa frase sibillina è da mettersi in relazio- dell’acciaio»58. In questo luogo pensò che il 28 ottobre, anni-

54 55 versario della marcia su Roma, fosse il giorno giusto per tra- settennale della vittoria. durre in fatti i suoi proponimenti. Al momento dell’attentato, Non rimaneva altro che organizzare nei minimi dettagli il duecento dei suoi seguaci avrebbero creato panico tra la folla colpo di mano solitario: «L’ultima volta (cioè alla fine di ot- radunatasi in piazza Colonna, dando il via all’abbattimento tobre) lo Zaniboni si dolse con il Nicoloso perché con i com- del regime. battenti non si poteva combinare nulla e disse che quello che L’ottobre del 1925 fu per Zaniboni un mese frenetico. A avrebbe dovuto fare lo avrebbe fatto da solo»60. bordo della sua automobile percorse migliaia di chilometri in Come abbiamo visto aveva cercato appoggi dappertutto, cerca di finanziamenti e per assicurarsi l’appoggio di gruppi negli ambienti antifascisti, all’estero, presso la Massoneria di armati in vista di un’insurrezione a seguito di ciò che egli in- Palazzo Giustiniani, ma in un clima caratterizzato dallo scon- tendeva compiere. forto e dalla rassegnazione, erano oramai in pochi a credere «La notte sul 18 - continua la relazione della polizia - la sua che quella fosse la soluzione giusta e, soprattutto, praticabile. automobile Lancia Lambda è ricoverata in un garage di Manto- Ormai era rimasto solo il gruppo friulano a fornirgli ancora un va e la mattina del 18 lo Zaniboni, insieme con la Signora Graf- solido appoggio logistico. figna, parte passando per Forlì. Disposto opportuno servizio Zaniboni, per attuare i suoi propositi, aveva bisogno di un’ar- alle porte della capitale, verso le ore 12 del 19, viene segnalato ma di precisione. Nascosto a casa di Lucia incaricò la stessa di l’arrivo ad una fermata davanti al posto telefonico della barriera chiedere a un suo parente, noto cacciatore, di vendergli un fucile di Ponte Milvio. A questo punto si perdono nuovamente le con cannocchiale. Questi lo informò che tale tipo di arma si po- tracce dello Zaniboni che non risulta sia entrato in città quella teva trovare a Udine in una nota armeria del centro. sera né da quella barriera. Si accerta che la Lancia è ricoverata, Non c’era più tempo da perdere, dopo tanti incontri, tante sotto il nome di Quaglia al “Garage Lancia” e che il 22 partì parole al vento, bisognava passare all’azione. L’unico modo per facendo sosta ad Orvieto. Il 24 ottobre lo Zaniboni è a Milano, fermare il fascismo trionfante era eliminare il suo capo. Nessun ove sotto falso nome, alloggia all’Hotel Concordia lasciando altra soluzione era possibile. Il 28 ottobre convocò, in una loca- l’automobile, visibilissima, nel giardino che è davanti all’alber- lità segreta un’ultima riunione con i suoi fedeli accoliti friulani. go, il 26 riparte giungendo, nella stessa sera, ad Udine»59. La mattina del 29 Quaglia andò da una certa signora Graf- Il ritorno in Friuli fu amaro: non ci sarebbe stata alcuna in- figna, una delle tante amanti di Zaniboni, per recuperare la surrezione, i gruppi armati che gli erano stati promessi si erano divisa di maggiore degli alpini che l’ex deputato intendeva in- dissolti come neve al sole e a Roma non ci sarà che Quaglia. dossare il giorno dell’attentato. Zaniboni lo raggiunse in treno Inoltre Mussolini non sarebbe stato presente nella capitale il il giorno successivo e insieme, con Quaglia al volante, parti- 28 ottobre, bensì il 4 novembre ove alle ore 12 si sarebbe af- rono alla volta di Roma: «Mi fermai a Spoleto una notte. La facciato da Palazzo Chigi per celebrare con un breve discorso il mattina, in prossimità di Terni, provai il moschetto, che aveva

56 57 un difetto nello scatto»61. Una volta giunti presero alloggio in stra dell’Hotel Dragoni non partì nessun colpo. Quinto Navar- una pensione in Borgo Pio 195. ra, cameriere personale di Mussolini ricordò nelle sue memorie Anche Angelo Ursella partì alla volta di Roma. Venne ac- dello strano favore che un commissario di pubblica sicurezza gli compagnato da Ferruccio Nicoloso con la sua automobile alla aveva chiesto, ossia di affacciarsi di tanto in tanto dal balcone stazione di Udine. Emilio Fava, un suo conoscente lo incontrò di Palazzo Chigi da cui il duce avrebbe dovuto parlare: «Non sul diretto Udine-Venezia ed alla domanda dove fosse diretto compresi subito il significato di quel desiderio, ma ubbidii e Ursella rispose, secondo il testimone, che «si recava a Roma per mi affacciai al balcone sei o sette volte, guardando con la coda vistare alcuni passaporti riguardanti operai da lui arruolati per dell’occhio il commissario che, da dentro, mi pregava di sostare andare a lavorare in Austria» . Secondo la dichiarazione di Fava: e sporgermi il più possibile a guardare la folla. Seppi dopo che, «Egli vestiva di chiaro, aveva un impermeabile di tela cerata co- in quel preciso momento, senza assolutamente rendermene lor oliva, portava una fascia bianca al collo e stivali di cuoio»63. conto, ero stato fatto uscire sul balcone per continuare a far Il giorno 2 novembre Zaniboni mandò il suo aiutante a casa credere, fino all’ultimo momento, ai congiurati, asserragliati del generale Capello, in via delle Botteghe Oscure 43, con un nell’albergo Dragoni, che Mussolini avrebbe parlato proprio da biglietto in cui probabilmente c’era una richiesta di denaro. quel balcone e che nulla era trapelato circa il complotto. Si cal- Il giorno seguente, verso le ore 16, Quaglia si incontrò an- colava anche sulla mia persona, che Zaniboni potesse prendere cora una volta con il generale nei pressi del Ponte Cavour sul con esattezza l’ultima mira con la sua arma e potesse quindi lungotevere Mellini. Capello si dichiarò dolente di non poter venire colto sul fatto»64. soddisfare le richieste di Zaniboni, consegnando a Quaglia un Benito Mussolini dal balcone di Palazzo Chigi pronunciò involucro contenente dei biglietti da cento lire, per una som- tra una folla plaudente, come da programma, il breve discorso ma totale attorno alle mille lire. previsto. Fu un intervento ben diverso da quelli così perentori La mattina del 4 novembre, alle ore sei, Zaniboni e Quaglia e coreografici che pronunzierà da palazzo Venezia: «Voi siete si recarono in taxi all’Hotel Dragoni, dove l’ex maggiore prese qui raccolti, o cittadini, per celebrare la data più memorabile possesso della stanza numero 90. Si era rasato i baffi per non della storia Italiana, la data della nostra vittoria, di quella vitto- essere riconosciuto. Quaglia uscì portando con sé le valigie e la ria che non è tesoro da tenere chiuso in uno scrigno prezioso, pelliccia per depositarle nella Lancia Lambda custodita in un ma una conquista da rinnovare ogni giorno. Solo così i sacrifi- garage in via dei Cerchi 99, con il serbatoio pieno di benzina e ci innumerevoli di vite che il popolo italiano ha sostenuto non cinque chili d’olio, pronta per fare un lungo viaggio. Successi- andranno perduti. Oggi tutto il popolo italiano, quello che vamente egli ritornò all’albergo. lavora, si è riconciliato con la patria, e per la patria è pronto La manifestazione del 4 novembre 1925 si svolse regolar- ancora a combattere. Elevate le vostre bandiere e le anime vo- mente, senza che nessuno si fosse accorto di nulla. Dalla fine- stre. Viva il re! Viva l’Italia! Viva il fascismo! »65.

58 59 Era un Mussolini rinfrancato per il superamento della cri- Le reazioni si Matteotti, che si stava preparando a dare l’ultimo colpo ai residui di quella che era la democrazia liberale. Era stato ov- viamente informato di quello che era accaduto pochi minuti prima nel prospiciente Hotel Dragoni. Nel pomeriggio Mussolini tenne un discorso al teatro Co- stanzi, in occasione di una manifestazione promossa dall’As- sociazione nazionale mutilati di guerra. Il discorso in un clima di grande esaltazione si concluse con l’incitamento retorico a completare la vittoria della Grande Guerra: «No! La Patria non è un’illusione, la Patria è la più dolce la più grande, la più uma- na delle realtà, la più divina delle realtà! No! L’Italia non si è esaurita nella prima e nella seconda civiltà, ma sta creando una terza. Commilitoni! La creeremo nel nome del re, nel nome dell’Italia, col braccio, con lo spirito, con il sangue e con la I giornali del mattino del giorno 5 novembre non riportaro- vita»66. no alcunché dell’accaduto, se non la cronaca altisonante delle Nulla aveva turbato lo svolgersi delle celebrazioni. Mussolini manifestazioni romane. Solo attraverso le edizioni straordina- era più che mai saldo al suo potere. rie del pomeriggio ma, soprattutto, quelle del giorno seguente gli italiani appresero la notizia del mancato attentato a Musso- lini e, con ampio risalto, degli arresti eccellenti dell’onorevole Tito Zaniboni e del generale Luigi Capello. La risonanza in tutta Italia fu enorme. Naturalmente venne dato ampio risalto alle fasi dell’irruzione della polizia nella ca- mera dell’Hotel Dragoni, ma ovviamente nessun cenno sulle modalità che portarono alla scoperta del complotto. Il fascismo nei giorni seguenti colse la palla al balzo per oc- cupare tutte le logge massoniche di Palazzo Giustiniani, da cui pareva avere avuto origine il complotto. Quindi venne sciolto d’autorità il Partito socialista unitario, chiuse le sue sezioni, sospeso il suo quotidiano «La Giustizia»

60 61 anche se, come abbiamo detto, Zaniboni di fatto non ne fa- re lo scampato pericolo da parte di Mussolini e per deprecare ceva più parte, in quanto espulso nei mesi precedenti. Tele- gli autori di un simile proponimento. Nei giorni successivi la grammi a Mussolini per congratularsi dello scampato pericolo stampa di opposizione fu sottoposta ad ulteriori misure restrit- giunsero a migliaia, tra gli altri quello di Roberto Farinacci, tive, furono moltiplicate le sospensioni e i sequestri: furono capo riconosciuto del fascismo «intransigente» e segretario del particolarmente colpiti l’«Avanti!», «La voce repubblicana», Partito, pronto a chiudere tutti i conti con l’opposizione. Il «L’Unità», «Il mondo», «Il Risorgimento» e «La rivoluzione testo venne pubblicato a lettere cubitali sulle prime pagine di liberale». tutti i giornali fascisti e fiancheggiatori del fascismo: «Duce, Molti chiesero a gran voce la reintroduzione della pena di se la massa dei fascisti volesse seguire il suo spontaneo impul- morte. so avrebbe voluto fare giustizia sommaria di tutti coloro che Tra le reazioni di parte antifascista vi è da segnalare un articolo nei tempi del tragicomico quarterellismo67 scelsero a proprio di Gaetano Salvemini, Il “complotto” contro Mussolini, apparso leader l’on. Zaniboni, ma abituati come sempre ad ubbidire si sulle pagine del quotidiano londinese «The Labour Magazi- limiterà quest’oggi con imponenti manifestazioni di giubilo ne» del 25 dicembre 192569. Con la solita arguzia l’esule an- per la tua immunità, che è immunità dell’Italia, a dimostrarti tifascista, attento osservatore dall’estero della realtà italiana, ancora una volta il suo affetto e la sua devozione. Ho dato dava una interpretazione «strumentale» del mancato attenta- ordini a tutti i dipendenti fascisti perché ogni rappresaglia sia to ironizzando su come la polizia aveva organizzato e diretto scongiurata e ciò per non svalutare le imponenti cerimonie di il tutto: «Dopo aver causato per parecchi giorni grandissimo questi ultimi giorni e per non dare soverchia importanza alle trambusto, l’attentato alla vita di Mussolini si è oramai ridotto opposizioni che con vile tentativo hanno riaffermato la loro a proporzioni così modeste che il governo fascista ha ritenu- impotenza»68. Più truculento fu il telegramma inviato dal capo to opportuno pubblicare un ukaze che proibisce ai giornali delle squadre bolognesi, il famigerato Arcovaldo Bonaccorsi, di fornire qualsiasi informazione “non ufficiale”. Tutti sanno che telegrafò a Mussolini: «Criminalità avversari fascismo et però che Mussolini non ha mai corso il minimo pericolo, dato traditori patria impone esemplare punizione colpevoli. Offro- che le vaghe intenzioni di Zaniboni erano già state denunciate mi come boja per decapitare arrestati». Gli fa eco l’onorevole dalla sorella alcuni mesi prima e, più tardi dal suo falso com- Balbino Giuliano, ex sottosegretario alla Pubblica Istruzione: plice Quaglia. Inoltre, la posizione della finestra, che si dice «Sono d’accordo con te: mi offro anch’io come boja!». sia stata scelta da Zaniboni per sistemare il suo fucile, avrebbe Nonostante l’invito del Ministro degli Interni Luigi Feder- reso impossibile la mira. E proprio il giornale fascista L’Epoca zoni e dello stesso Farinacci alla calma, le squadre si scatenaro- di Roma ha riportato che, sulla finestra dell’Hotel Dragoni, no contro socialisti e massoni in molte città italiane. non c’era nessun fucile. Si dice che la polizia abbia scoperto In tutt’Italia si svolsero manifestazioni di massa per celebra- l’arma micidiale, smontata e nascosta in una valigia di Zanibo-

62 63 ni. Forse un bel giorno sapremo che anche il fucile è stato un Il segreto di Pulcinella parto della fantasia! Uno strano tentativo di “assassinio” che la polizia ha seguito giornalmente, per scoprirlo proprio il 4 novembre, giorno delle celebrazioni della vittoria, nella quale tutte le “Camicie Nere” erano mobilitate». Carlo Tresca In effetti dopo i primi giorni i quotidiani smisero di dare notizie sulle indagini. Infatti una circolare del Ministro Fe- derzoni indirizzata a tutte le prefetture d’Italia intimava alla stampa, da un certo momento in poi, di non scrivere più del mancato attentato70. Davvero fu un attentato inventato? Dav- vero fu la sorella di Zaniboni a mettere la polizia sulle tracce dell’intero complotto? Di certo il mancato attentato divenne un momento funzionale alla definitiva presa del potere da par- te del fascismo. Mussolini lo utilizzò per schiacciare ogni tipo di opposizione e conquistare definitivamente il potere. Egli Dall’altra parte dell’oceano l’anarchico Carlo Tresca, esule sapeva benissimo che l’attentato non corrispondeva ad una ri- negli Stati Uniti, scrisse in quei giorni su questa vicenda una presa dell’antifascismo, era l’atto di un uomo ardimentoso ma farsa teatrale dai contorni esilaranti e boccacceschi, L’attentato sostanzialmente isolato e sfiduciato e suonava non solo come a Mussolini ovvero il segreto di Pulcinella, che venne di seguito una protesta contro il fascismo, ma anche contro il re e l’iner- più volte rappresentata tra i molti lavoratori italiani emigrati zia di tutte le opposizioni aventiniane. Era il tentativo estremo negli Stati Uniti e successivamente pubblicata. In essa, accanto di risolvere la crisi non attraverso le armi della politica ma con alla «contessa del Viminale», comparivano un duce che faceva un’ultima disperata azione individuale. Un attentato di questo finta di voler offrire la sua vita per il bene dell’Italia, un subdo- genere non poteva preoccupare Mussolini, anzi, poteva solo lo Farinacci, un insignificante Rossoni e un ambiguo e furbo essere usato in suo favore. cardinal Gasparri, il tutto per sostenere la tesi che l’attentato fosse stato costruito dalla polizia per giustificare le ulteriori mi- sure repressive da parte del fascismo71. Il movimento socialista e anarchico vide da sempre il teatro come un fondamentale strumento di educazione e propaganda per i lavoratori.

64 65 Il bozzetto venne messo in scena per la prima volta, alla pre- Il delatore senza dell’autore, presso la Music Hall di New Haven nello stato del Connnecticut, in una fredda serata del 30 gennaio 1926. Non tutti poterono assistere alla rappresentazione, in quanto almeno mille persone rimasero fuori della sala destan- La Lancia Lamda su cui do la preoccupazione della polizia. Gli stessi poliziotti ameri- viaggiavano Zaniboni e cani, pur non comprendendo una parola, ridevano di un buffo Quaglia Mussolini che gesticolava e faceva le moine alla contessa. Dato l’enorme successo una seconda serata fu preannunciata per la serata del 20 febbraio, ma questa volta le autorità locali proi- birono la rappresentazione della pièce teatrale, probabilmente per non provocare un incidente diplomatico con i consolati italiani, divenuti ormai covi dello spionaggio fascista. Erano gli anni del processo nei confronti di Sacco e Vanzetti e, anche negli Stati Uniti, la repressione gravava su anarchici e socialisti. Come fece la polizia politica ad andare a colpo sicuro? Sicu- L’attentato a Mussolini ovvero il segreto di Pulcinella venne ramente dietro a tanta tempestiva determinazione ci furono in- pubblicato in quell’anno e troverà modo di essere più volte formazioni di confidenti certe e verificate. Da mesi essa era sulle replicato72. tracce dell’intera organizzazione cospirativa. Erano stati seguiti tutti i movimenti dei congiurati, segnalati gli incontri, indivi- duati il luogo e le modalità della realizzazione dell’attentato. La fonte più sicura e attendibile, da cui la polizia ricavò tutte le informazioni sulle ultime fasi della cospirazione, fu Carlo Quaglia, proprio colui con cui Zaniboni aveva condivi- so tutte le fasi del complotto, l’amico su cui aveva riposto tanta fiducia. Si erano conosciuti in occasione della crisi Matteotti, nell’estate dell’anno precedente, cercando attivamente il ca- davere del deputato riformista. Con Quaglia l’ex deputato si confidò apertamente, gli prospettò la possibilità di un atto che avrebbe mutato il corso della storia. Così il giovane divenne l’uomo di fiducia dell’ex parlamentare, il più stretto sodale,

66 67 segretario, autista, consigliere, collaborando con lui in tutte le Quaglia non precisò ovviamente il momento in cui decise fasi della congiura. Egli risulta effettivamente essere un gior- di tradire Zaniboni. Ecco come motivò la scelta: «Giungem- nalista presso la redazione del quotidiano del Partito popolare mo così il 1 novembre a Roma, e, vedendo approssimarsi il «Il Popolo», non ci sono prove che tale attività sia in realtà solo 4 novembre, giorno stabilito, dallo Zaniboni per mandare in una copertura per un lavoro di spia o infiltrato. Semplicemen- esecuzione i suoi propositi […], mi resi sempre di più conto te si trovò coinvolto in una storia più grande di lui, alla quale della necessità che a me, cattolico e popolare, non restava pos- reagì con la peggiore delle soluzioni: la delazione. Attraverso sibilità di scelta in simile frangente, e che a me, a costo di qua- lui tutta l’attività cospirativa venne sapientemente orchestrata lunque sacrificio personale, si imponeva di fare quanto era or- e gestita dall’apparato della polizia politica. La prova di tutto mai solamente possibile per salvare una vita umana, per evitare ciò fu che Quaglia venne scarcerato pochi giorni dopo l’arre- al mio paese tutte le conseguenze disastrose che un atto di tale sto. Egli rilasciò agli inquirenti una lunga dichiarazione volta a genere non avrebbe mancato di portare, ed ancora nella con- giustificare il suo atto delatorio: «Non essendo io fascista come vinzione di impedire più gravi spargimenti di sangue e le rap- è notorio non è fascista lo Zaniboni, entrammo in dimesti- presaglie che i fascisti esasperati avrebbero compiuto contro i chezza, specie durante le ricerche del cadavere dell’on. Matte- capi dell’opposizione. Decisi quindi di informare l’autorità per otti, e da quell’epoca continuai in relazione di amicizia con lo sventare il fatto, nella speranza che un criterio politico, a mio Zaniboni stesso. Fui frequentemente con lui in gite per l’Italia avviso il più saggio, avrebbe consigliato a soffocare la cosa nel settentrionale come per esempio a Mantova, Verona, Udine senso che sarebbero stati evitati processi di qualunque genere, ecc. sapendo che in tali gite egli faceva azione di propaganda ma che la minaccia dell’arresto avrebbe permesso all’autorità antifascista, azione nella quale perfettamente concordavo»73. stessa di costringere lo Zaniboni ad allontanarsi dall’Italia»76. Quaglia raccontò di aver ritenuto Zaniboni incapace, per il Gli scrupoli morali e politici ovviamente furono solamente suo temperamento idealista, di attuare «attentati di carattere una motivazione grossolana per giustificare il proprio compor- individuali», ma che si era accorto che «il di lui stato d’animo tamento. Dietro c’erano le pressioni della polizia politica che, era arrivato ad un parossismo di esasperazione che lo portava a a fronte di assicurazioni e ricompense, manovrava il tutto con prendere decisioni estreme»74. assoluta e spregiudicata efficienza repressiva. «Ciò fatto, – con- Quaglia decise di non abbandonare il suo amico, ma di as- clude Quaglia – continuai a stare insieme con lo Zaniboni: secondarlo nei suoi propositi: «Lo trovai così recisamente de- perché nell’ipotesi sia che la polizia facesse un conto relativo ciso e disposto ad agire anche da solo, che sul momento non delle mie informazioni sia che il suo intervento fosse frustra- pensai a altro che il meglio che mi restava a fare era lo stargli to da circostanze impreviste io personalmente avrei cercato di vicino in modo di poter cogliere tutte le opportunità per man- impedire ad ogni costo l’attentato»77. dare a monte i suoi propositi»75. Il rapporto tra Quaglia e Zaniboni fu successivamente così

68 69 inquadrato dalla stampa antifascista: «I due strinsero una vera delle Ceka fascista. Riuscì a circuire il giovane Quaglia, dal propria amicizia nella quale non erano estranee da parte del quale ottenne importanti rivelazioni sul progettato attentato. Quaglia un senso di ammirazione e di superiorità nei riguardi Marisa Romano, grazie alle sue conoscenze, si muoveva con dell’ex valorosissimo maggiore degli alpini. Questi fu preso da disinvoltura negli ambienti della polizia politica e divenne questa fedeltà e devozione del giovane che si prodigava a corpo confidente dell’ispettore generale della Pubblica sicurezza Au- morto, come un cagnolino, e in ogni genere di servizi e prove gusto Battioni e, dopo la morte del funzionario, avvenuta nel di amicizia. Però il Quaglia, ripetiamo era una povera animel- luglio del 1925, direttamene del capo della polizia Francesco lula pavida e timida, cui piaceva, per una ragione giustificatis- Crispo Moncada. Uno dei suoi amanti era un certo Giusep- sima di vanità fanciullesca, ostentare l’amicizia di una persona pe Mascioli, un ambiguo personaggio dell’entourage politico più grande e importante di lui»78. La stampa comunista andò romano, che nell’estate del 1924 era riuscito a frequentare gli al sodo e denunciò subito la vera natura dell’operato del giova- ambienti degli aventiniani, collaborando al giornale «Mondo» ne studente: era la spia che aveva tradito Zaniboni. di Giovanni Amendola e millantando di possedere notizie sen- Solo il povero ex maggiore degli alpini non si rese conto di sazionali sulle modalità dell’assassinio di Matteotti. Sorpreso ciò che effettivamente era successo e, dal carcere in cui era rin- a trafugare manoscritti nella redazione del giornale venne al- chiuso, probabilmente per scagionare Quaglia da ogni accusa, lontanato. Screditato per il suo comportamento inaffidabile scrisse che egli non sapeva nulla dei suoi progetti. ed equivoco, cambiò bandiera, sposando la causa fascista e Per quale motivo Quaglia tradì? È opinione di Cesare Ros- su suggerimento della Romano pedinò Quaglia in tutti i suoi si, ex capo dell’Ufficio stampa di Mussolini, che Quaglia «era movimenti, divenendo anch’egli un tramite con la polizia. Da allora realmente antifascista, ma insieme all’odio contro Mus- lì in poi la attività spionistica della Romano per conto dell’O- solini nutriva un grande amore per i giochi di Borsa e quindi vra si estenderà fino agli ambienti vaticani con grande effica- anche per le carte da mille; per cui fu facilmente instradato cia81. Morirà in giovane età consunta da una febbre misteriosa. sulla via della provocazione quando gli si affiancarono alcuni Carlo Quaglia subì a sua volta un maldestro tentativo di at- spioni d’ambo i sessi, spioni primogeniti ed un’avventurosa tentato, perpetrato da uno strano anarchico individualista, tale femmina di lusso»79. L’«avventurosa femmina di lusso» era una Enrico Anderson, affetto fin dalla nascita da paralisi infantile e giovane donna di origine siciliana Maria Luisa Scala, meglio per questo motivo ricoverato in manicomio. Egli aggirandosi conosciuta nel mondo del cinema a cui aspirava come attrice presso l’abitazione di Quaglia, dove si trovavano la madre e la con il nome di «Marisa Romano»80, che intuì di poter usa- moglie, fece un tentativo per introdurvisi. Queste terrorizzate, re l’affare Zaniboni come trampolino di lancio per una più si affacciarono gridando dalla finestra e attirando l’attenzione redditizia carriera spionistica. Pare che frequentasse il generale dei carabinieri che piantonavano l’edificio. Anderson sparò , quadrumviro della marcia su Roma e capo due colpi di rivoltella contro i militi, di cui uno andò a vuoto

70 71 e il secondo «fece cilecca». L’anarchico venne arrestato e con- Le indagini fessò «di avere da vari giorni deciso l’uccisione del Quaglia ritenuto da lui una spia»82. Quaglia visse gli anni subito dopo il fallito attentato con l’incubo della sua notorietà di delatore, additato dagli antifasci- Notizie sull’indagine sulla sti ma anche dai fascisti stessi: «Lo si vedeva in giro per Roma, stampa d’epoca sempre solo, forse in preda all’incubo che lettere e telefonate anonime, minacciatigli la suprema vendetta, gli rinnovavano, con assidua periodicità, come un veleno lento ed implacabi- le»83. Il fascismo lo ricompensò con un posto e una carriera di prestigio presso le colonie italiane nell’Africa orientale.

Se la cospirazione era sufficientemente nota agli inquirenti, era necessario trovare quante più prove possibili per elimina- re non tanto i partiti d’opposizione, già ampiamente sconfitti, quanto quegli elementi della Massoneria e del combattentismo che non avevano accettato il tramutarsi del fascismo in dittatura. Gli inquirenti erano inoltre a conoscenza che, oltre alla ca- mera dell’Hotel Dragoni, erano state prenotate da un sedicen- te avvocato Mario Piccoli altre due camere, rispettivamente all’Hotel Corso a nome del maggiore Tommaso Cherubini e all’Hotel Moderno a nome del tenente colonnello Anto- nio Angeli, entrambi gli alberghi erano molto vicini a piazza Colonna. Le irruzioni della polizia, contemporanee a quella fatta all’Hotel Dragoni diedero esito negativo, se non per il fatto che all’Hotel Moderno venne trovata una cassetta nuova di tipo militare su cui era attaccata un’etichetta con la scritta “Hotel Moderno, Maggiore Angeli Antonio, Roma”. All’in-

72 73 terno un impermeabile da uomo molto usato. Per chi erano Perquisizioni vennero eseguite anche nelle abitazioni di altri destinate le due camere? Forse per Ursella e per Nicoloso? Op- massoni come Alberto Pavoni e del generale Roberto Bencivenga. pure, semplicemente, Zaniboni voleva scegliere la migliore? In casa di quest’ultimo vennero rinvenuti documenti che Perquisizioni vennero effettuate in tutte le sedi massoniche la polizia definì «compromettenti o comunque interessanti» . aderenti a Palazzo Giustiniani e furono sequestrati vari docu- La polizia trovò una cartolina con l’effige di Matteotti e con menti. La casa del Gran Maestro Domizio Torrigiani fu se- un’iscrizione: «Viva L’Italia, Viva il Re, Viva Matteotti, Giorno tacciata, così come quella del generale Capello. La ricerca di fatidico della vittoria e della giustizia: 4 novembre 1925»86. In prove contro la Massoneria diventò spasmodica. un primo momento Bencivenga dichiarò di aver ricevuto la Dopo due giorni dal fallito attentato, il 6 novembre, venne ar- cartolina da una persona che non voleva nominare, poi, una restato nella sua abitazione Ulisse Ducci, figura di primo pia- volta in Questura, ammise che gli era stata inviata dal profes- no della disciolta associazione «Italia Libera» ed affiliato anche sor Giuseppe Gatteschi un noto archeologo romano, ma di a «Patria e Libertà». non sapere del perché del riferimento a quella data. Ovvia- Sull’arresto pesò una dichiarazione delatoria di un certo mente anche la casa del professore venne perquisita. Nulla di Fernando Tamburelli, che dichiarò di conoscere Ducci dal compromettente venne trovato. Interrogato il professor Gatte- febbraio 1924 e che questi gli aveva confidato di essere a co- schi, nato nel 1866 ad Alessandia d’Egitto, ammise di essere noscenza di un complotto previsto nel settembre dello stesso un ammiratore di Giacomo Matteotti e di aver acquistato la anno, per rovesciare il regime fascista: «Mi aggiunse il Ducci cartolina da un venditore ambulante, ma non volle dare alcun che intenzione dei partecipanti al complotto era quello di fare significato alla data indicata, se non quello di voler celebrare la entrare a Palazzo Chigi, simulando servizio d’ordine pubblico, vittoria italiana. Negò poi ogni rapporto con Zaniboni. un gruppo di rivoluzionari vestiti da soldati e da ufficiali. Pe- Il Gran Maestro della Massoneria, Domizio Torrigiani, in- netrati nel palazzo e raggiunti gli Uffici, essi avrebbero avuto viò a due quotidiani una lettera di smentita nei confronti del facilmente ragione, nella prima confusione, di liberarsi e sop- giornale romano «Epoca», che accusava apertamente Palazzo primersi del Presidente del Consiglio. Contemporaneamente Giustiniani di aver finanziato Zaniboni con cinquantamila lire sarebbero stati tagliati i fili telegrafici e telefonici e la popo- per promuovere una sommossa o per preparare un complotto lazione avrebbe compiuto il resto, instaurandosi un governo contro Mussolini, chiedendo di essere interrogato al più presto militare»84. Il testimone fece anche riferimento alla partecipa- per potersi difendere da ciò che lui considerava una grave ca- zione di Ducci a «Italia Libera» ed al fatto che egli fosse uno lunnia. Le lettere non vennero mai pubblicate. dei capi del Quadrato della Società dei Carbonari e di «Stella Subito dopo il mancato attentato venne fermata anche la d’Italia», ossia di un’associazione di ex combattenti, mutilati scrittrice Sibilla Aleramo, che passò una notte in carcere per la dissidenti che aveva come scopo l’abbattimento del fascismo. sua amicizia con Zaniboni.

74 75 Intanto in Friuli… l’inchiesta. Luigi Calligaro, Angelo Calligaro e Ezio Celotti ven- nero subito arrestati. Vennero inoltre fermati l’impiegato Otta- vio Baracchini, Pietro Aita, Domenico Ragagnin e suo nipote che al momento dell’arresto avrebbe gridato «Abbasso il re!». Santo Stefano di Buja, L’osteria di Lucia Pauluzzi fu perquisita da cima a fondo e ven- via Roma nero sequestrati dei documenti, tra cui alcune lettere amorose che Zaniboni le aveva scritto. La donna venne tradotta nelle carceri di Udine l’8 novembre. Il vero obiettivo dei fascisti locali era però Ferruccio Nico- loso, l’irriducibile esponente degli ex combattenti. Contro di lui intervennero i capi del fascismo locale, primo fra questi il centurione della Milizia e sindaco del comune di Magnano in Riviera, Ermacora Zuliani, il quale si recò personalmente alla Questura di Udine dichiarando che Nicoloso «dopo la marcia Indiscrezioni giornalistiche nei giorni seguenti informarono su Roma è sempre stato avverso al fascismo e al Governo na- l’opinione pubblica che le indagini si stavano inaspettatamen- zionale» inoltre questi, un mese prima dell’attentato al duce, te concentrando in Friuli e precisamente nel comune di Buja. in un’osteria di Udine lo aveva minacciato dicendo: «fra un Appena la notizia del fallito attentato venne resa pubblica, mese […] vi appiccheremo ai fanali»87. Nicoloso con l’aiuto nella osteria di Lucia Pauluzzi nonna Caterina bruciò tutti i di Cesan-Benoni, Cesare Padovani e Alessandro Tomada si era biglietti nascosti dietro i quadri, prima che questi fossero rin- nascosto durante le ricerche della polizia, però poi, su consi- venuti dalla polizia. glio di Cesan-Benoni, si costituì nella giornata dell’8 novem- I fascisti di Buja, presi da furore attivistico, cominciarono bre e fu tradotto nelle carceri di Udine. subito a segnalare ai Carabinieri tutti i nomi delle persone che I fermi e le perquisizioni a Buja non sembravano cessare: in quei mesi avevano gravitato attorno alla figura di Zaniboni così l’impiegato Ottorino Baracchini, Domenico Ragagnin e o che, occasionalmente, frequentavano l’osteria. Era l’occasione Pietro Aita finirono in carcere. per far piazza pulita una volta per tutte di tutti coloro che nel Anche in Friuli vi furono moltissime cerimonie religiose e paese avevano manifestato avversione al regime. I nomi di Nico- civili di ringraziamento per lo scampato pericolo del duce al loso, Calligaro, Ursella, Celotti e di altre persone vennero pron- fallito attentato ma, nel contempo, vi era anche incredulità tamente trasmessi alla Questura di Udine ed al commissario di per ciò che andava emergendo attraverso la stampa. Proprio P.S. Giuseppe Dosi, inviato appositamente da Roma per seguire tali manifestazioni divennero l’occasione per denunciare alle

76 77 prefetture esponenti politici o intere associazioni assenti alle presto rilasciate per mancanza di prove. Perciò a livello locale cerimonie. Si coglieva in alcuni un certo scetticismo nel rite- vi furono delle rimostranze da parte dei fascisti nei confronti nere Zaniboni responsabile di un gesto così estremo, in altri del Vicequestore Giannitrapani, reo di aver disposto la scarce- addirittura apprezzamento. Nelle osterie del Friuli il caso te- razione, tra gli altri, di Calligaro, Celotti e Riva. neva banco. Tra i fumi dell’alcool c’era chi si lasciava andare a Gli inquirenti, spinti da delazioni e lettere confidenziali, commenti o a vanterie. È il caso di Pietro Battrio, un giovane arrivarono fino a Vittorio Cella, noto direttore delle Coope- di Treppo Grande, che in un’osteria del paese aveva esclama- rative carniche, socialista e massone. Egli era riuscito a rima- to: «Volevano Uccidere Mussolini! Se lo uccidevano facevano nere al suo posto grazie ad un accordo stipulato nel 1923 con bene»88. Venne immediatamente denunciato in base all’art. l’avvocato Pisenti, che aveva portato le Carniche nell’ambito 247 del codice penale L’occhiuta polizia politica infatti, at- del movimento cooperativo fascista, salvando da una possibile traverso l’azione di alcuni delatori, captò prontamente queste epurazione tutti i dirigenti socialisti. Anche in Carnia era at- manifestazioni di dissenso, da qui numerosi arresti e perqui- tivo un gruppo di oppositori, che si collegava all’associazione sizioni. Sono tutti segnali di una certa debolezza del fascismo clandestina «Italia Libera», ostili alla sottomissione al fascismo che faceva fatica a penetrare e attecchire nella società friulana. a cui le associazioni erano costrette. L’indagine sul fallito attentato si allargò sempre più, assu- Il mondo degli antifascisti friulani continuò, nei giorni mendo le sembianze di una resa dei conti in ambito locale. dopo l’attentato, ad essere setacciato. I fascisti di Buja si scatenarono nella loro ricerca di prove Due fascisti di Udine il veterinario Oreste Pezzali ed Arnaldo contro il gruppo degli antifascisti del comune. Arrivarono ad Mercuri, comandante delle guardie notturne della città, indica- intercettare all’ufficio postale di Majano persino un telegramma rono al commissario Michele Marotta un insolito andare e venire datato 5 novembre e firmato «Angelo», proveniente da Roma e di alcune persone nei locali dell’albergo San Marco, in piazzetta indirizzato ad un piccolo industriale, Ugo Enzo Riva, che ven- Valentinis: erano Alessandro Tomada, Cesare Padovani e il dot- ne immediatamente arrestato. L’«Angelo» in questione venne tor Samuele Cesan-Benoni che si incontravano con il direttore identificato in Angelo Ursella. Il testo del telegramma era il se- delle carceri giudiziarie di Udine, dove era rinchiuso Ferruccio guente: «Buona offerta spedisci trecento urgente. Angelo». Nicoloso. Durante questi incontri venivano scambiati dei bi- Si contarono a decine le perquisizioni nelle case di antifasci- glietti che avevano insospettito ancor più i solerti fascisti udinesi. sti, tra cui il ragioniere Mario Agnoli di Udine, massone, il già Il proprietario dell’albergo San Marco, Vittorio Bergamo, ricordato Renato Moro di Sutrio e il maestro Adolfo Madile di interrogato dichiarò che i tre si trovavano lì unicamente per or- Gemona, socialisti. dinare dei pranzi da recapitare a Nicoloso. «Appena il Nicoloso Non tutta la polizia era ancora completamente politicizza- fu arrestato e rinchiuso nelle locali carceri – si legge in un rap- ta e alcune delle persone arrestate in quei giorni vennero ben porto di polizia – i suddetti compagni provvidero, a fornirgli

78 79 il vitto speciale e si misero a di lui disposizione per quanto gli chiarutti, Valentino Fabbro ed Eugenio Gallina testimoniaro- fosse necessario, interessandosi però in maniera assai sospetta no che Calligaro in un’osteria, forse in un momento di altera- della sua sorte, come non avrebbero fatto i più intimi amici o zione alcolica, tre mesi prima dell’attentato aveva pronunciato parenti»89. Il giorno 16 novembre Nicoloso e la Pauluzzi ven- imprudentemente queste frasi :«Fra tre mesi o fra poco voi altri nero trasferiti a Roma, a disposizione dei giudici inquirenti. […] non comanderete più. Avete poco altro tempo di vita, per- In relazione ai fatti di cui sopra Cesan-Benoni e Padovani ché presto la vedrete bene! Non voi, ma più in alto»92. vennero arrestati, mentre Tomada riuscì a fuggire, ma qualche Calligaro si rese per molti giorni irreperibile finché la po- tempo dopo si consegnò alle autorità. Il direttore del carcere, lizia lo trovò, il 2 dicembre, chiuso in una cassa, dove si era il capo delle guardie e una guardia furono trasferiti. nascosto per sfuggire all’arresto. Gli venne trovata addosso una Nell’opinione pubblica udinese l’arresto di Cesan-Benoni creò lettera in cui professava la sua innocenza. Era indirizzata al un certo sconcerto. Egli era il presidente dell’Associazione nazionale personaggio fascista di maggiore prestigio a Buja e in Friuli: mutilati di Udine, considerato persona mite e amante della patria. l’onorevole Pier Arrigo Barnaba. Altri indizi portarono di nuovo in carcere Enzo Ugo Riva La questione legata al fallito attentato Zaniboni si complicò e Luigi Calligaro. Su Riva gravava ancora il già menzionato ulteriormente. Il 21 dicembre venne arrestata Luigia Calligaro, telegramma inviatogli da Roma da Angelo Ursella, che nel sempre di Buia. «Il Piccolo della Sera» di Trieste svelò incre- frattempo si era reso irreperibile. «È bene premettere – si legge dibilmente l’esistenza di un progetto per attentare alla vita di in una nota di polizia – che entrambi militano notoriamente Pier Arrigo Barnaba che doveva avvenire contemporaneamen- nel campo avverso nell’attuale regime: il Calligaro più ostinato te a quello di Mussolini. A trovarsi al centro del complotto, avversario, malgrado abbia tutti i suoi fratelli inscritti al fascio secondo l’articolo, era ancora una volta Ferruccio Nicoloso, di di Buia, si legò a filo doppio col Zaniboni, il quale, durante i cui Luigia pare fosse l’amante. La donna si era allontanata da frequenti soggiorni a Urbignacco, disponeva di lui come del Buja già dall’8 novembre per recarsi a Roma, con il pretesto più fido amico, anche per la tutela della propria persona e per dell’Anno Santo che si celebrava proprio allora, in una località potersi tenere in continuo contatto con tutti i compagni di ove erano presenti alcuni suoi paesani che lavoravano presso fede residenti a Buia e nei comuni limitrofi»90. Secondo la po- alcune fornaci della capitale. Aveva chiesto informazioni su lizia Calligaro oltre ad essere l’uomo addetto alla sicurezza di dove fosse Angelo Ursella, del quale era amica. Zaniboni aveva avuto l’incarico di formare una squadra d’azio- Lo voleva avvisare dell’ondata di arresti a Buja? ne, «la quale certamente doveva agire nel progettato movimen- Probabilmente l’articolo de «Il Piccolo della Sera» era una to insurrezionale dopo l’attentato: della quale egli medesimo trappola studiata ad arte dai fascisti locali per obbligare la doveva essere il capo»91. Questura ad intervenire nei confronti di Luigia, ma soprattut- I fascisti di Buia, tra i quali Celestino Miani, Vittorio Ven- to, aggravare la posizione di Nicoloso.

80 81 Il retrobottega di un processo seppe Alberto Mascioli, voleva acquisire benemerenze verso un incurante e non preoccupato Mussolini e proporre, attraverso il Sottosegretario agli interni, Attilio Teruzzi un’alleanza con la Mas- Luigi Calligaro e la moglie soneria di Piazza del Gesù in funzione anti Palazzo Giustiniani. Mascioli confermò al giudice questo contatto con Farinacci. In uno dei pedinamenti, il 3 novembre, Mascioli vide Qua- glia consegnare al generale Luigi Capello un biglietto di Za- niboni e nel contempo ritirare un involucro contenente del denaro. Ovviamente Quaglia sapeva di essere pedinato, in quanto aveva da tempo esternato i suoi propositi di disso- ciazione e di delazione. Quell’involucro conteneva l’irrisoria somma di 1000 lire e costituirà la prova per condannare il generale Capello, con l’accusa di aver finanziato la preparazio- ne delle ultime fasi dell’attentato. In realtà il generale si era da La fase dell’istruttoria processuale fu affidata al giudice Ro- tempo dissociato dagli intenti di Zaniboni, pur rimanendo in sario Marciano che ricostruì in base alle testimonianze, tutte le contatto con lui e ammirando la sua risoluta azione. fasi della preparazione dell’attentato. Egli si premurò di sentire Il giudice Marciano raccolse anche la testimonianza di Mus- tutti coloro che in qualche modo erano stati parte in causa. Il solini. Il capo del fascismo confermava di essere stato informa- capo della polizia politica, Crispo Moncada, informò il giudi- to di un possibile attentato sia da Farinacci che dalla Direzione ce che gli inquirenti erano sulle tracce di un complotto contro Generale di pubblica sicurezza, ma a queste voci non aveva il capo del Governo fin dall’estate del 1924. Organi di polizia dato grande peso, sapendo che sicuramente non avrebbe corso e confidenti indagavano da tempo su ciò che stava maturan- alcun rischio. Il duce era perfettamente al corrente dell’esisten- do all’interno delle Legioni garibaldine, «Italia Libera» e «Pa- za di un contatto tra Quaglia e alcuni fiduciari che agivano per tria e libertà». Concetti analoghi vennero espressi dal Ministro conto del «ras» di Cremona. «Del resto – precisò Mussolini - dell’Interno, Luigi Federzoni, che sminuì il contributo delatorio l’autorità di P.S. era a conoscenza minuta e quotidiana di tutte di Carlo Quaglia il quale solo negli ultimi giorni, probabilmente le mosse, comunicazioni, viaggi di tutti gli aderenti al grup- per liberarsi dall’enorme senso di responsabilità che quell’atto po Zaniboni. Nulla di ciò che il Quaglia vedeva o riferiva era gli avrebbe procurato, aveva contribuito a sventare l’attentato. ignoto alla P.S., la quale attraverso le sue indagini particolari In realtà Quaglia si rivelò essere una pedina in mano a Rober- ed alla sua sorveglianza era al corrente di tutto»93. to Farinacci che, attraverso le informazioni pervenutegli da Giu- Il giudice Marciano chiese al duce quali fossero i suoi rap-

82 83 porti con il generale Capello e se questi avesse avuto sussidi dal un duplicato del partito repubblicano. Sciolta dal governo nel Governo. Mussolini così rispose: «Ho conosciuto il Generale gennaio 1925 non ha dato più segni di vita»96. Capello quando io ero direttore del “Popolo d’Italia” precisa- Il duce affermò di aver conosciuto Tito Zaniboni nel 1921, mente nel 1918. L’ho incontrato qualche altra volta negli anni di averlo rivisto nel 1922 e nei primi mesi del 1923 quando gli successivi, e lo vidi in camicia nera in occasione della marcia sollecitò a voce e per iscritto l’evasione di una pratica riguardan- su Roma. Era anzi alla testa del corteo con altri Generali nel te la linea ferroviaria Mantova-Peschiera.« La sua attività politi- giorno della sfilata dinanzi a S. M. Nella prima metà del 1924 ca – aggiunse Mussolini - cominciò ad avere un rilievo dopo il io, sollecitato dal Generale De Bono, affidai al Generale Ca- delitto Matteotti in vicende che la cronaca ha registrato»97. pello una missione di studio all’estero per la quale gli diedi una Il giudice Marciano chiese infine al duce se negli obiettivi somma credo non superiore a L. 10.000. Tornato dall’estero il del complotto vi fosse oltre all’abbattimento del Governo an- Generale Capello mi riferì verbalmente sui risultati della sua che quello della monarchia: «L’atteggiamento dell’Aventino ha inchiesta. Poi non ho avuto più contatti con lui di alcuna spe- avuto due fasi: la prima di azione intimidatrice sulla Corona cie; ero però informato della sua attività di oppositore e di per costringerla ad intervenire dimissionando il Governo. Que- organizzatore di affari»94. sta fase si chiuse il 3 gennaio 1925, e d’allora si è iniziata la se- Mussolini si dichiarava poi convinto dell’aiuto economico conda fase nell’accusare la Corona di complicità con il Gover- della Massoneria e del coinvolgimento di Peppino e Ricciotti no Fascista ed a seguirne le sorti»98. Mussolini astutamente non Garibaldi nell’attentato, tra i due quest’ultimo gli sembrava faceva differenze tra quelle che erano le posizioni aventiniane e essere il più attivo contro il fascismo: «il quale – precisa il duce il tentativo di Zaniboni che si muoveva al di fuori delle logiche - soprattutto nella seconda metà del 1924 costituì delle legioni dei partiti tradizionali, avversati da lui per il loro immobilismo garibaldine allo scopo di rovesciare con una invasione armata e la loro concezione legalitaria della lotta politica. il Governo Fascista. Questa organizzazione veniva apparente- Dal carcere Zaniboni, dopo un primo momento in cui ri- mente finanziata, da titoli di un prestito della libertà. Tutta fiutò di collaborare con le autorità inquirenti, concentrò su di questa organizzazione più fittizia che reale, venne liquidata i sé ogni responsabilità, premurandosi di scagionare ogni perso- primi mesi di quest’anno. Aggiungo per la verità storica che na che era stata arrestata. Infatti contro queste i giudici dispo- io non l’ho mai presa sul serio anche perché il Governo aveva nevano di prove labili e contraddittorie. mezzi e spirito per fronteggiare e reprimere sul nascere qual- Gli inquirenti cercarono di capire dove Tito Zaniboni si fos- siasi tentativo sedizioso del genere»95. Quanto al movimento se procurato il micidiale fucile austriaco. Le indagini, attraverso «Italia Libera» Mussolini così lo definì: «L’Italia Libera fu un gli informatori, riferirono che l’ex deputato si era rivolto, con tentativo per raccogliere ed inquadrare a scopo di rivolta ar- la mediazione di Ezio Celotti, al direttore della Cooperativa mata antifascista i combattenti. In realtà si ridusse ad essere carnica per cercare un’arma di precisione. Vittorio Cella negò

84 85 ogni contatto con l’emissario di Zaniboni, dichiarando che nefici economici che l’allora deputato aveva portato a Nicolo- l’arma con cui era stato a caccia nel 1921 era stata venduta da so stesso, in qualità di presidente della Cooperativa di ex com- oltre due anni e che non avrebbe potuto soddisfare la richie- battenti. E, a proposito del presunto attentato che lo avrebbe sta dell’amico. Gli inquirenti abbandonarono la pista carnica visto coinvolto, Barnaba minimizzò dichiarando: «Certo Fer- e scoprirono che un fucile di quel tipo era stato effettivamente razzuti mi riferì di sapere che anche contro di me si sarebbe venduto da un’armeria di Udine in piazza Vittorio Veneto, ge- dovuto commettere un attentato. Non diedi importanza alla stita da Attilio De Franceschi. Questi si ricordò di un uomo cosa perché mi preoccupai non della vita mia ma del misfatto con un impermeabile verdognolo, che però non assomigliava a che si voleva compiere contro il capo del Governo»99. nessuno degli arrestati. Si avanzò l’ipotesi che quell’uomo fosse A proposito del contrasto che divideva Barnaba e Nicoloso Angelo Ursella, che era riuscito a far perdere le sue tracce. Maria Marussig, amica di entrambe le famiglie, ne confermò Successivamente la polizia si mise ad indagare sui canali di l’esistenza ma dichiarò di non conoscerne il motivo. finanziamento del complotto. La Sottoprefettura di Cividale Ismaele Barnaba, Decurione della Milizia, interrogato a Tolmezzo segnalò un versamento di diecimila lire effettuato dalla Banca puntò il dito accusatorio verso Luigi Calligaro, vera e propria guardia Agricola di Cividale, i cui gerenti erano Ettore Zanuttini e il del corpo di Zaniboni quando questi si fermava a Buia. Ismaele infor- conte Renato della Torre. Zanuttini era un socialista unitario, mò che Calligaro aveva dichiarato di aspettare 5000 lire da Quaglia in rapporto sicuramente con Zaniboni, ma il finanziamento che dovevano servire «per costituire una squadra d’azione, lui a capo, era stato effettuato a beneficio di un agricoltore assolutamente che doveva agire contro persone in vista, ma non specificò né queste estraneo ai fatti. Un finanziamento sicuramente era provenuto né coloro che avrebbero dovuto comporre la squadra d’azione»100. dalla Massoneria di Palazzo Giustiniani, ma la cifra era talmente Confermò infine l’esistenza del telegramma inviato a Enzo Riva da irrisoria che gli inquirenti non diedero eccessivo peso alla cosa. Roma con una richiesta di denaro. Telegramma che lui aveva pronta- Infine scoprirono che a prenotare le camere dell’Hotel Dra- mente segnalato ai Carabinieri di Buja. goni e degli altri alberghi risultava essere stato un ufficiale al- Francesca Barnaba, sorella di Pier Arrigo, fu ancora più decisa pino, friulano di nascita e conoscente di Zaniboni, Umberto nell’individuare in Luigi Calligaro la persona più determinata Macoratti, ma Quaglia si premurerà di scagionarlo, sostenen- nell’organizzazione del complotto: «Ho saputo dalla voce pub- do che il suo era stato solo un atto di cortesia. blica che Luigi Calligaro, un mese prima dell’attentato, non fa- L’istruttoria fu scrupolosa e vennero raccolte e vagliate ogni ceva mistero con alcuno nel dichiarare che entro un mese i capi tipo di informazioni e testimonianze. del fascismo sarebbero abbattuti e la baracca sarebbe affonda- Fu sentito anche Pier Arrigo Barnaba. Nella sua deposizio- ta»101. Ricordò le coltellate di Calligaro al cugino Titela e invitò ne alluse che l’amicizia tra Zaniboni e Nicoloso era motivata gli inquirenti a sentire la signora Magistris, ossia Giuseppina dall’avversione al fascismo, ma insinuò sospetti anche sui be- Marussig, vedova Magistris, che una sera aveva ascoltato sen-

86 87 za essere vista una conversazione «fra giovanotti che parlavano di Udine, raccogliendo informative e voci da certi ambienti, di friulano», nel corso della quale qualcuno aveva promesso di dare un convegno che si era svolto nella trattoria «Al passo Monte «tante botte» a Pier Arrigo da non farlo più uscire dall’ospedale. Croce» in comune di Attimis. I fascisti locali come Vittorio Venchiarutti e Valentino Fabbro I primi riscontri risultarono negativi. Vennero interrogate riportarono anch’essi le continue minacce di Calligaro: «Fra poco varie persone ma la pista apparve sbagliata. non comanderete più. Non voi, ma più in alto miriamo»102. Su Gli inquirenti intuirono che il «Passo di Monte Croce» non Celotti i riscontri sembravano essere ancora più deboli. Secondo era quello di Attimis ma quello carnico, il Plokenpass, il valico gli accusatori egli si sarebbe vantato in osteria di una sua disponi- confinario tra Italia e Austria.104 bilità di denaro proveniente dall’estero per finanziare l’attentato. Quaglia in un primo momento negò, confermando solo di co- Vennero addirittura interrogati due minorenni che erano presen- noscere gli imputati friulani per le frequentazioni che Zaniboni ti al momento: Carlo Rottaro, di dieci anni, e Tarcisio Cragnoli- aveva con loro e riaffermò la tesi del complotto solitario. Da lì ni di sedici, entrambi di San Floriano di Buja. a poco, probabilmente per promesse ricevute, cambiò versione Su Ferruccio Nicoloso pesò la sua grande amicizia con Za- confermando che l’incontro a Passo Monte Croce Carnico si era niboni e la minaccia fatta al centurione della Milizia, Ermacora veramente svolto il 28 ottobre. Vi avevano partecipato, oltre a Za- Zuliani: «Fra un mese vi appenderemo ai fanali». Inoltre vi era niboni e Quaglia, Nicoloso, Calligaro, Celotti, Ursella e Riva. Era l’accusa del presunto attentato alla vita di Pier Arrigo Barnaba. la prova decisiva che gli inquirenti volevano trovare per definire Un fornaciaio di Buia, Federico Cantarutti che lavorava nel- con precisione i contorni del complotto e che confermava quanto la zona di Valle Inferno, interrogato dalla Questura di Roma, la polizia e i circoli fascisti locali andavano da tempo sostenendo. confermò la presenza di Luigia Calligaro a Roma alla ricerca di In quella riunione Ursella ricevette l’incarico di procurarsi il fucile, Ursella. Con Ursella aveva parlato di affari e tra l’altro questi dopo che tutti i precedenti tentativi non erano andati a buon fine. gli aveva fatto un riferimento all’attentato: «Il giorno stesso Il 28 luglio l’istruttoria ebbe termine e la Sezione d’Accusa l’Ursella parlando del recente arresto dello Zaniboni, mi disse ordinò il rinvio a processo di Tito Zaniboni, Luigi Capello, che pochi giorni prima l’aveva visto a Buia, Borgo Urbignacco, Ulisse Ducci, Ferruccio Nicoloso, Luigi Calligaro, Angelo Osteria Pauluzzi – aggiunse che la Pauluzzi aveva provveduto Calligaro, Ugo Enzo Riva, Ezio Celotti ed Angelo Ursella, a il fucile a cannocchiale. Avendogli io domandato perché lo processo da celebrarsi davanti alla Corte d’Assise di Roma. Zaniboni si fosse indotto a compiere l’attentato, dichiarò che Dichiarò invece di non doversi procedere per insufficienza di doveva esservi un complotto a cui aveva partecipato anche il prove contro le due donne, Lucia Pauluzzi e Luigia Calligaro, Nicoloso e non mi aggiunse altro»103. ed i tre personaggi che avevano mantenuto i contatti con Ni- Dichiarazioni che peseranno nel processo. coloso nel periodo in cui era incarcerato ad Udine, ovvero Ce- La sottoprefettura di Cividale aveva informato la Questura sare Padovani, Samuele Cesan Benoni e Alessandro Tomada.

88 89 Tutti gli imputati erano già in carcere, meno Angelo Ursella. Il processo Dove era finito? Lo abbiamo lasciato a Roma nei giorni seguen- ti il mancato attentato. Da qui egli ritornò in Friuli e riuscì con l’aiuto di un certo Giovanni Comoretto, a nascondersi a Pontebba all’Albergo Internazionale e poi in una casupola della Udienza del Tribunale frazione di San Leopoldo. Venne raggiunto da Luigia Calligaro Speciale per la Difesa che gli portò dei soldi per favorirne l’espatrio. Ursella andò in dello Stato un primo momento in Boemia, poi riparò in Austria.

Nel corso del 1926 Mussolini sfuggì per miracolo ad altri tre attentati: il 7 aprile venne ferito di striscio al naso da un colpo di pistola sparato da un’anziana signora irlandese, Vio- let Gibson,105 sicuramente l’atto che andò più vicino al bersa- glio; l’11 settembre un anarchico, Gino Lucetti106, scagliò una bomba contro la sua auto, ma il duce rimase illeso; il 31 ot- tobre, infine, gli fu sparato contro un altro colpo di pistola da un sedicenne, Anteo Zamboni, che venne linciato sul posto, ma sulla dinamica di quest’ultimo attentato resteranno molte ombre107. Tutte le volte Mussolini sembrò protetto dal cielo e, da buon politico, balzò sull’occasione offertagli approfittandone per una nuova stretta repressiva. Venne infatti approvata la legge n. 2008 «per la difesa dello Stato», la quale prevedeva tra l’altro il ripristino della pena di morte contro coloro che avessero at- tentato alla vita del Re o del Capo del Governo ed istituiva un

90 91 Tribunale Speciale contro questo e altri tipi di reati. posizioni di alcuni imputati. L’avvocato abilmente tenne defi- Il processo Zaniboni venne assoggettato alla nuova proce- lata la figura del Quaglia per conferire credibilità ad un proce- dura e pertanto trasferito al neonato Tribunale Speciale per la dimento giudiziario che presentava varie lacune. Difesa dello Stato. Il fatto che nel 1925 fosse ancora in vigore La difesa del generale Luigi Capello venne assunta da Giu- il codice del 1889, evitò a Zaniboni la pena capitale che fu seppe Romualdi e Ottorino Pittoni, che la polizia sospettava comminata in seguito ad altri, veri o presunti attentatori. essere in contatto con la Massoneria francese. Ulisse Ducci Il processo ebbe luogo nella primavera del 1927. Il fascismo venne difeso dall’ex deputato del Partito popolare Miceli-Pic- ormai consolidato voleva che non si facesse molto clamore e, cardi. Ferruccio Nicoloso venne difeso dal friulano Giuseppe soprattutto, che il dibattimento non venisse usato come un Nais, dal passato di socialista ed ex combattente. In difesa di pretesto per mettere sotto accusa il regime. Ezio Celotti ed Enzo Ugo Riva fu nominato il giovane avvo- Nell’anno precedente si era svolto a Chieti il processo con- cato Enzo Ferrara. Risultò un gruppo di avvocati agguerrito tro i rapitori e gli assassini dell’onorevole Matteotti. La scan- e preparato capeggiato da Giuseppe Romualdi, che aveva di- dalosa sentenza dimostrò quanto la magistratura fosse ormai feso Cesare Rossi al processo Matteotti ed era in possesso di in balia del potere politico: solo Dùmini, Volpi e Poveruomo documenti scottanti su vari gerarchi del fascismo. Romualdi furono riconosciuti responsabili, Viola e Malacria assolti per era deciso a provocare degli incidenti procedurali in modo da non aver commesso il fatto. La condanna ai tre, con la con- costringere testimoni e accusati ad addentrarsi in considera- cessione delle attenuanti generiche, fu di cinque anni, undici zioni che avrebbero leso l’immagine del fascismo. Cassinelli mesi e venti giorni di reclusione. Per effetto di un’amnistia si trovò spiazzato su questa linea di difesa e subito si dimostrò vennero scarcerati due mesi dopo. Ovviamente vi era stato più avvocato del fascismo che di Zaniboni. In stretto contat- il proscioglimento di tutti i collaboratori di Mussolini come to con Federzoni, ministro degli Interni, Cassinelli cercò di Rossi, Marinelli, Filippelli e degli altri componenti della Ceka: smorzare i toni impedendo agli altri difensori di chiedere nuo- Putato, Panzeri e Thierschwald108. ve testimonianze che avrebbero potuto aprire degli spiragli sul Zaniboni nominò come suo difensore, su suggerimento contesto in cui era venuto a maturare il fallito attentato. Riuscì della moglie Serafina Palmieri, l’avvocato Bruno Cassinelli. inoltre a convincere Zaniboni che ulteriori testimoni sarebbe- Erano note la militanza di quest’ultimo nei socialisti rivolu- ro andati incontro alle violenze squadriste. Zaniboni accettò zionari prima della Grande Guerra e la difesa di personaggi di questo «consiglio» tra lo sconcerto di tutto il gruppo difensivo. spicco dell’antifascismo come il segretario del Pcd’I Amadeo Cassinelli si limitò a far rilevare che l’arma non era puntata Bordiga. Cassinelli però era segretamente in contatto con la contro l’obiettivo ma, al momento dell’irruzione della poli- polizia politica, come confidente, già nel processo di Chieti zia, chiusa in un armadio. Zaniboni si rese conto che la difesa aveva fatto in modo, con le sue dichiarazioni, di alleggerire le era impostata in maniera riduttiva e iniziò a perdere la fiducia

92 93 nell’avvocato. Sfogandosi con il comandante delle guardie del al processo. Personaggio controverso, Miani era stato emargi- carcere di Regina Coeli, colloquio ovviamente riportato alle nato dagli stessi fascisti locali per alcune malversazioni nella autorità dai soliti confidenti, egli cosi descrive la situazione: gestione della casa di riposo, di cui era segretario, a causa delle «Ho ragione di dubitare fondamentalmente della lealtà del quali perse il posto. Nei confronti di Ferruccio Nicoloso aveva mio avvocato. Sono un disgraziato, segregato dal mondo, non un astio particolare: una testimonianza racconta che quando il so cosa viene attorno a me, ma sento di essere tradito – non Ministero delle Forze Armate assegnò a Nicoloso l’alta onori- posso più fidarmi di Cassinelli, […] Intanto seguo la tattica di ficenza di Cavaliere dell’ordine Militare di Savoia, Miani, una non dirgli nulla o di dirgli il contrario di quello che penso e volta ricevuto il decreto dal sindaco per consegnarlo al titolare che farò. Fingo anche di accettare i consigli che egli mi dà, ma con una solenne cerimonia, lo trattenne nel suo cassetto per al processo seguirò la linea di condotta mia personale che mi molto tempo, dopo di che incaricò lo stradino comunale di sto sforzando di tracciare e che tengo solo per me, in modo da recapitarlo. Cosa mai avrebbe potuto raccontare di tanto grave disorientare anche l’avvocato»109. nei confronti dell’ex combattente? Il processo si aprì il 10 aprile 1927 ed occupò le prime pagi- I difensori insistettero nelle loro arringhe che non c’erano ne di numerosi giornali nazionali ed internazionali. Mussolini elementi per comprovare, sulla base di chiacchiere da osteria seguì con molta attenzione l’evolversi del dibattimento. Nel che ci fosse un collegamento cospirativo tra Riva, Celotti e corso del processo vennero risentiti tutti i testimoni dell’inda- Zaniboni e «tutto si ridurrebbe per il primo ad aver ricevuto gine che ripeterono più o meno le stesse cose riferite in sede un telegramma da Ursella» e per il secondo ad aver partecipato preliminare. Solo Quaglia disse qualcosa di nuovo, ossia del- al convegno di Monte Croce, a proposito del quale l’avvocato la presenza di Zanuttini al convegno di Monte Croce del 28 Ferrara rileva «che la compartecipazione dei suoi difesi al Con- ottobre 1925. Egli affermò di aver saputo da Nicoloso che il vegno di Monte Croce emerge solo dopo 18 mesi e dalla de- direttore della Banca Agricola di Cividale aveva finanziato con posizione resa dal Quaglia in dibattimento e che della presenza diecimila lire il complotto. Vennero subito arrestati e tradotti di essi in detta località non si parla neanche nei vari rapporti davanti al Tribunale speciale Della Torre e Zanuttini. compilati dai funzionari di P.S.». Una serie di controlli, per molti aspetti contraddittori, per- Cassinelli, pur nel suo doppio gioco, pose il problema cru- misero ai giudici di condannare Zanuttini a otto anni e due ciale: su quale base si poteva condannare Zaniboni di aver at- mesi, comminati nel luglio del 1927. I testimoni confermaro- tentato alla vita del Presidente del Consiglio se il fucile era no quanto già detto nella fase istruttoria, solo Celestino Miani, stato trovato in un armadio ancora scarico? È possibile – si ex segretario del Fascio di Buja e già impiegato allo stato civile, chiese Cassinelli – scambiare la premeditazione di un fatto con non poté essere sentito in quando la morte lo colse «improvvi- la sua esecuzione? samente e misteriosamente»110 prima della sua testimonianza La sentenza arrivò il 22 aprile 1927 e fu durissima: Zani-

94 95 boni fu condannato a trent’anni, più tre anni di vigilanza da erano stati individuati dai giudici i canali di finanziamento parte della P.S. una volta uscito dal carcere, per i reati «d’insur- dell’intero movimento e puntavano il dito verso Samuele Ce- rezione contro i Poteri dello Stato, di tentato omicidio qualifi- san-Benoni e Alessandro Tomada, prosciolti per insufficienza cato e di porto abusivo di fucile non denunziato». Capello fu di prove, che avrebbero sovvenzionato l’attività di proselitismo a sua volta condannato a trent’anni, «colpevole di complicità attraverso le casse della Federazione friulana dei mutilati. An- necessaria nei reati d’insurrezione e di tentato omicidio quali- che Ferruccio Nicoloso avrebbe distolto dei fondi dal «Sin- ficato ascritti allo Zaniboni», senza che nulla di concreto po- dacato cooperative friulane fra ex combattenti», nonché dalle tesse essere provato a suo carico, trent’anni anche ad Ursella, aziende di appalto dei dazi comunali nei comuni «allogeni» che risultava latitante. Ulisse Ducci fu condannato a dodici di Plezzo, Tolmino, Malborghetto, Camporosso e molti altri. anni e un mese, Ferruccio Nicoloso a dieci anni, dieci mesi e In effetti ci furono delle irregolarità amministrative ma non venti giorni, per «complicità non necessaria». Dieci anni, dieci venne dimostrato che la mancanza di fondi fosse dovuta al mesi e venti giorni fu anche la condanna a Luigi Calligaro, finanziamento del movimento. Mentre su Ettore Zanuttini, nonostante la sua colpa non fosse stata mai provata. Ad Enzo direttore della Banca Agricola di Cividale, si era abbattuta la Riva vennero comminati sette anni, unicamente per aver rice- scure della condanna, rimaneva ancora libero Renato Del- vuto il telegramma da Roma. Venne confermata l’estraneità di la Torre, già direttore della fallita Banca Agricola del Friuli e Angelo Calligaro, condannato a quattro mesi per oltraggio alla membro della sezione cividalese della «Federazione combat- forza pubblica al momento del suo arresto. Infine Ezio Celotti tenti del Friuli», che si contrapponeva alla «Federazione friula- venne a sorpresa assolto. na combattenti» egemonizzata dai fascisti. Su di lui covavano i I giornali antifascisti, ormai clandestini, contestarono il sospetti di un’intensa attività contraria al regime. La sua asso- verdetto definito dall’ «L’Unità» come «l’ultimo atto di una ciazione era stata sciolta d’autorità il 20 novembre del 1925. mostruosa montatura poliziesca» ovvero del «tranello teso a Furono soprattutto i fascisti «intransigenti» che, attraverso Zaniboni e in cui questi è caduto per le sue condizioni psicolo- illazioni, vollero dimostrare l’esistenza di alcune coperture di giche dovute alla disfatta dell’Aventino, nessun pericolo reale cui gli antifascisti avrebbero goduto anche all’interno della P.S. minacciava il duce perché tutto era stato montato dalla polizia, di Udine, attraverso una rete di alleanze che portava dritto alla e il fatto doveva aprire la serie dei falsi attentati destinati a giu- massoneria friulana. In realtà essi volevano colpire indiretta- stificare una più violenta reazione e la soppressione anche del mente l’onorevole Pier Silverio Leicht e il segretario provin- più piccolo residuo di libertà dei lavoratori italiani». ciale fascista, il generale Quintino Ronchi, affiliati alla setta. Neanche i fascisti friulani furono molto soddisfatti della sen- Quest’ultimo nominato nel congresso del 25 gennaio 1926, tenza. Essi ritenevano che non fosse stato colpito fino in fon- segretario del Partito Nazionale Fascista provinciale di Udine, do il movimento antifascista. In particolare a loro avviso non aveva tentato di riavvicinare gli ex combattenti al fascismo e

96 97 operato un’azione di pacificazione tra le posizioni di Barnaba Le molte storie personali e quelle di Pisenti. In una relazione sullo stato del Partito Na- zional Fascista in provincia di Udine, probabilmente ispirata da Pier Arrigo Barnaba, oltre alla consueta invettiva contro l’onorevole Pisenti sospettato di aver fatto devastare lo studio dell’avvocato Rosso, ex sindaco socialista di Pordenone, per eliminare alcune lettere compromettenti circa il suo «imbo- scamento» durante la Grande Guerra, si fa accenno alla poca propensione del Generale Ronchi a prendere delle decisioni radicali per stanare Zaniboni dal «covo di Urbignacco». Inoltre veniva lanciata la pesante accusa secondo la quale le riunioni clandestine degli antifascisti si erano svolte presso la trattoria «Al Monte», devastata dopo il fallito attentato, gestita da una Angelo Ursella parente del Generale111. Si tratta del locale presente a Monte di Buja? Tito Zaniboni passò quasi tutto il ventennio fascista in car- Il Generale Quintino Ronchi venne subito dopo sostitui- cere tra Santo Stefano, nelle isole pontine, dove subì la se- to nella carica di Segretario Federale dall’onorevole Giuseppe gregazione cellulare, e Alessandria. Nel marzo del 1941 venne Moretti, diretta emanazione di Farinacci. mandato, come diremo, al confino sull’isola di Ponza. Isolato da tutti, soprattutto dai suoi compagni di fede politica, visse con grande dignità la pena detentiva. Clandestinamente gli alpini della Carnia andavano a salutare la moglie come atto di riconoscenza verso il loro non dimenticato ufficiale. Leggeva molto e scriveva poesie e un diario su cui, ad ogni pagina, il direttore del carcere apponeva la sua firma. Mussolini, all’apice del potere, non dimenticò Zaniboni e con un aiuto in denaro consenti a sua figlia di proseguire gli studi. Egli lo ringraziò ma non sottoscrisse mai una lettera di pentimento, che più volte le autorità carcerarie gli avevano, dietro sollecitazione, proposto: «Ho fatto il galantuomo – disse loro – per cinquanta e più anni. Ora che sono vecchio, non mi sento di diventare una

98 99 canaglia»112. molizione della figura di Barnaba, finché questi, nel febbraio Il generale Luigi Capello dopo una serie di penosi trasferi- 1934, fu costretto a dimettersi. L’accanimento del prefetto nei menti in varie carceri, a seguito del peggiorare delle sue con- confronti di Pier Arrigo proseguì in maniera sistematica. La dizioni di salute, venne destinato ad una clinica di Formia, famiglia Barnaba venne sconvolta nella notte tra il 22 e il 23 sempre sotto stretta sorveglianza. Nel 1935 venne trasferito a aprile di quell’anno dal «presunto» suicidio di Nino Barnaba, Roma e chiese invano di essere inviato in Africa Orientale. Gli podestà di Buja e fratello di Pier Arrigo. Una morte misterio- ultimi anni furono amareggiati dall’impossibilità di riavere la sa che qualcuno collegò all’accusa di un ammanco di 60.000 divisa e i gradi. Morì nel 1941 nella sua casa di Roma, ormai lire dal bilancio comunale. Un’ ispezione verificò che non vi ottantaduenne. era stato alcun dolo, ma rimase il sospetto che vi fosse stata La carriera politica di Pier Arrigo Barnaba nel 1929 sembrò una copertura dall’alto. Il prefetto Testa in una lunga lettera interrompersi. Non venne riconfermato deputato. All’interno al Ministero degli Interni non mancò di gettare ancora fango del partito aveva molti nemici che non gli avevano perdonato sul gerarca friulano. La vecchia lotta personale con Pisenti, a l’adesione alla corrente di Farinacci. Barnaba fece un defini- cui Testa era legato, aveva ancora i suoi strascichi. A proposito tivo ritorno alla natia Buja. Alla perdita del potere seguì una dell’ispezione scrisse: «Allo scopo di non dare la sensazione di crisi coniugale e la necessità di cercare un lavoro di prestigio una ispezione fatta appositamente a Buia quale atto di ostilità che gli permettesse di condurre una vita all’altezza della sua a Pier Arrigo Barnaba al quale non volevo lasciare per alcuna fama. Vennero meno anche alcuni incarichi come quello di ragione la possibilità di atteggiarsi, come è nel suo tempera- Vice presidente della società immobiliare Vittorio Emanuele mento, a vittima, disposi, come è mio sistema e dovere di fare, e dell’Istituto Federale di Credito delle Venezie, rimanendo- saltuariamente, in tutti gli altri comuni, che essa avesse luogo gli la carica di Presidente della Banca Popolare Fiumana, assai in tutti i comuni del Mandamento di Gemona». Nella stessa poco remunerativa. Anche la situazione familiare entrò in crisi lettera informò che «[…]la famiglia Barnaba, da gran parte e la moglie, non sopportando la perdita la perdita di ruolo del della popolazione, mal vista e tanto diffamata che qualsiasi marito, abbandonò il tetto coniugale tornando a vivere con i accusa venga messa in giro contro i suoi appartenenti, acquista genitori ad Imperia. subito presso l’opinione pubblica, carattere di verosimiglian- Ottenne, tramite Osvaldo Sebastiani segretario particolare za»113. I nodi della vicenda locale tornarono nuovamente al del duce, vari colloqui con Mussolini, che agli inizi del 1933 pettine e nell’ultima parte dello scritto Testa affrontò decisa- lo fece nominare Segretario Federale per la provincia di Udi- mente il tasto dolente dei dissidi locali: il rapporto di Pier Ar- ne. La carriera sembrò riprendere quota, ma sulla sua strada rigo con Ferruccio Nicoloso. trovò un altro irriducibile nemico, il prefetto Temistocle Testa, Questi, rimesso in libertà nel 1932 avendo beneficiato di legato a Italo Balbo. Testa attuò una continua opera di de- un indulto nel decennale della marcia su Roma, dopo aver

100 101 scontato quasi tutta la pena nelle carceri di Volterra e Firenze, ciò è notorio specie in Buia dove le antipatie per il Barnaba e le per un breve periodo visse a Parma, presso la sorella e la ma- simpatie per il Nicoloso sono forse anche per questo aumenta- dre rimasta vedova per la morte del marito. Infatti Gio Batta te». Di contro la lettera insinuava che la medaglia d’oro di Pier Nicoloso, padre di Ferruccio, si era in quell’anno suicidato a Arrigo fosse un’iniziativa presa all’epoca dai popolari. seguito di un grave dissesto finanziario provocato da investi- Un’altra lettera anonima dello stesso periodo, spedita sicu- menti sbagliati nella sua azienda di laterizi e dalle ingenti spese ramente da Buja a Mussolini e firmata «chi fida in Te» metteva giudiziarie affrontate per la difesa del figlio sul quale gravava- ulteriormente in cattiva luce Barnaba e l’intera sua famiglia no anche alcuni debiti personali. arrivando malignamente ad affermare: «Ma duolmi non con- Ferruccio si trasferì di nuovo in Friuli, a Majano non distan- cepisca orrore per la condotta dei Barnaba che profondamente te dal paese natale, presso suo cugino Nino farmacista in quel avversi al Regime hanno parlato del Duce con sommo disprez- comune. Anche Nino subì avvertimenti e minacce. La sua don- zo usando al suo indirizzo termini inqualificabili senza subire na, Luigia Calligaro, che abbiamo già trovato in questa storia sanzione alcuna», mentre tesseva l’elogio di Nicoloso facendo e con cui era rimasto in corrispondenza per tutti gli anni della presente la persecuzione che era costretto a subire, ma egli: detenzione, era morta di tubercolosi nel 1931 all’età di 31 anni. «[…] corazzato di pazienza, calmo in mezzo a continue pro- In questo periodo fu costretto a subire l’ostracismo del vocazioni, senza un lagno per le sue condizioni finanziarie, sta clan dominante: attorno a lui i Barnaba crearono un cordone vivendo la sua odissea morale con una dignità superiore ad di isolamento che non gli permetteva di frequentare amici e ogni elogio»116. conoscenti. «Infatti – scrive ancora il prefetto - era diventato Aldilà del valore che può avere una lettera anonima, dai quasi un incubo in Buia; guai da parte del Barnaba a chi si av- toni esasperati e dalle evidenti interessate maldicenze questi vicinasse o salutasse il Nicoloso. Sotto la ragione del patriotti- due documenti rendono bene il clima che si era creato attorno smo e del fascismo è impressione generale che il Barnaba desse ai due personaggi. libero sfogo come suo costume al suo rancore personale. Infat- Nicoloso venne ritenuto dai più vittima di un errore giudi- ti sono note le segnalazioni e le richieste di provvedimenti che ziario. Questi addirittura chiese, ma non ottenne, la revisione egli anche da Segretario Federale promuoveva contro i fascisti del processo. In questa penosa situazione personale Nicoloso che avvicinavano anche per un momento il Nicoloso[…]»114. non trovò altra soluzione, anche su consiglio del prefetto Testa, Alcuni fascisti locali vennero infatti sospesi dal partito solo per che partire per l’Africa orientale. Un noto storico che si è occu- aver rivolto una parola a Ferruccio115. pato della storia del colonialismo italiana segnala la costituzio- Il prefetto Testa dimostrava di conoscere bene la situazione ne a Mogadiscio da parte di Ferruccio Nicoloso, nel marzo del e, dopo aver ricordato le benemerenze che Nicoloso aveva ac- 1941, di un gruppo antifascista denominato «Libera Italia»117. quisito in guerra e la sua militanza fascista, affermava: «Tutto La memoria familiare ci racconta che la storia di Ferruccio

102 103 ebbe un tragico epilogo: rimasto in Somalia fino al 1945 dove campo di concentramento ove trovò la morte il 1 agosto del gestiva una mensa ufficiali, si imbarcò per tornare in Italia ma 1944. Anche per Pier Arrigo si parlò di un avvicinamento alle fu costretto a fermarsi a Massaua a causa dell’aggravarsi di una forze che si opponevano ai nazifascisti. Egli coprì l’attività di malattia tropicale che lo affliggeva da tempo. Morì poco tempo alcuni partigiani e fornì alcuni documenti falsi a dei ricercati dopo e le sue spoglie vennero sepolte nel cimitero italiano di soprattutto a degli ebrei udinesi. L’insostenibile situazione e le quella località, cimitero che venne profanato dalle popolazioni sue precarie condizioni di salute lo portarono a chiedere di es- locali, rendendo impossibile il rientro in patria dei suoi resti118. sere sostituito: le sue dimissioni vennero accettate il 24 maggio Anche Pier Arrigo all’età di 44 anni, come molti altri ge- 1944. Fu l’ultimo podestà di Udine. Ironia della storia Piero rarchi, si imbarcò, nel 1935, per la campagna d’Etiopia di- Pisenti divenne invece Ministro della Giustizia della Repub- stinguendosi ancora una volta in azioni militari che gli valsero blica di Salò, giustificando la scelta per la Repubblica sociale una medaglia d’argento. Dopo sette mesi di guerra Barnaba italiana come una scelta necessaria. tornò in Friuli e, grazie anche all’interessamento di Musso- Barnaba negli anni del dopoguerra rimase un uomo legato lini, ottenne la gestione della concessionaria FIAT di Udine, alla destra: fu candidato prima per il Partito monarchico e poi poi il 22 novembre del 1937 venne nominato Podestà di Udi- per il Movimento sociale italiano, ricoprendo la carica di con- ne, carica che mantenne fino al 1944. Ottenne cospicui fi- sigliere comunale ad Udine. Morì il 26 febbraio 1967 e Bruno nanziamenti per l’adozione di un nuovo piano regolatore e Cadetto, sindaco democristiano di quella città, espresse al suo un nuovo acquedotto. Accolse il 20 settembre 1938, con una funerale parole di elogio per la sua attività di amministratore. pomposa scenografia, Mussolini che ritornava nella «capitale Quale fu il destino degli altri personaggi di questa storia? della guerra» dopo sedici anni esatti dal famoso discorso in Angelo Ursella era, come detto, riuscito a riparare in Au- cui aveva annunciato la marcia su Roma e il riconoscimento stria. Raccontò di sé, a liberazione avvenuta, di essersi messo in della funzione storica dei Savoia. Del Barnaba degli anni della contatto, attraverso il segretario del Partito socialista austriaco, Seconda guerra mondiale è stato tramandato lo spirito anti- con Angelica Balabanoff e con l’ex deputato socialista Giu- tedesco che si accentuò dopo l’8 settembre quando il Friuli, seppe Emanuele Modigliani, anch’egli esule in quel paese. In con la Venezia Giulia, venne annesso al Litorale Adriatico per seguito le autorità politiche austriache gli concessero l’asilo po- essere amministrato direttamente nell’ambito del Terzo Reich. litico sistemandolo presso il castello Schönbrunn nelle stanze Barnaba rimase al suo posto per spirito di servizio La guerra riservate alla servitù. In realtà Ursella era persona sorvegliatissi- colpì pesantemente anche la sua famiglia: il nipote, Ermanno ma, la polizia attraverso il consolato austriaco controllava ogni Barnaba, figlio di Nino, venne fucilato dai tedeschi ad Atene sua mossa. Egli lavorava come capo operaio in una fabbrica di nel dicembre del 1943 e suo fratello Adolfo, che aveva aderi- laterizi a Wundschuh nei dintorni di Graz. Ottenne il permes- to alla Resistenza a Bergamo, venne arrestato e inviato in un so di soggiorno e visse indisturbato, sino all’Anschluss, quando

104 105 le autorità germaniche il 24 novembre 1938 lo consegnaro- libertà, dopo cinque anni, varcai la frontiera per riparare in no, al confine di Tarvisio, a quelle italiane affinché scontasse Francia e trovare una pacifica esistenza, aggravando così la mia la pena. Pochi mesi prima aveva scritto una lettera a Mussolini situazione nei confronti del regime con l’emigrazione clande- per invocare clemenza, dichiarandosi pentito dei suoi trascorsi stina e relativi sospetti politici»120. antifascisti. La cosa non ebbe alcun seguito. Dopo la liberazione ritornò in patria, nonostante le sue non Nel 1943 venne liberato a Parma dai partigiani mediante buone condizioni di salute ed economiche. Non smise di in- uno scambio di prigionieri. Ritornò in Friuli ed entrò nel CLN teressarsi alla politica iscrivendosi alla locale sezione del PCI. di Buja, riprendendo successivamente la residenza in Austria. Morì nel gennaio del 1960. Il suo fu il primo funerale civile a Lucia Pauluzzi venne, dopo alcuni mesi di carcerazione, Buja. Non abbiamo informazioni su Celotti e Riva. Probabil- messa in libertà. Pare che l’attentatrice irlandese che ferì il naso mente, una volta scarcerati, si ritirarono a vita privata. di Mussolini, Violet Gibson, abbia chiesto che la donna friu- La condanna, con un procedimento e processo a parte coin- lana diventasse la sua compagna di cella. Una volta in libertà volse anche, come abbiamo detto, Ettore Zanuttini. Molto le venne ritirata la licenza per la gestione dell’osteria che fu conosciuto e stimato a Cividale non nascondeva la sua avver- definitivamente chiusa119. sione al fascismo. Le fonti fasciste lo descrivevano come «di Ben più complessa e travagliata la storia di Luigi Calligaro: carattere calmo e riflessivo, intelligente; ha buona educazione dopo il secondo arresto del 2 novembre, in attesa del giudizio e molta capacità professionale»121. In quanto direttore della venne rinchiuso al Regina Coeli di Roma. Poi passò 13 mesi a Banca Agricola di Cividale aveva probabilmente finanziato Fossombrone, 4 mesi all’infermeria del carcere di Padova, 24 con 10.000 lire Zaniboni per la realizzazione dell’attentato. mesi a Castelfranco Emilia e 26 mesi nella «Casa di Cura» di Egli aveva in effetti partecipato alla riunione di Passo Monte Turi di Bari. Scarcerato il 2 dicembre del 1932 è lui stesso in Croce del 28 ottobre 1925 e sulla strada del ritorno accom- una lettera al Ministero del Tesoro, inviata nel luglio 1955 a pagnò Carlo Quaglia con la sua automobile fino a Udine. I raccontarci la sua situazione: «Ritornato a casa, spogliato di fascisti di Cividale imbrattarono con del catrame la sua casa tutti i miei beni, casa di abitazione, un campo di terra, due scrivendo a caratteri cubitali «Qui abita un traditore della Pa- cavalli, un’ormenta, carro e calesse e conseguente perdita della tria». Anche Zanuttini venne scarcerato nel 1932, ma rimase mia attività in società con Nicoloso, anch’esso detenuto per la un sorvegliato speciale «iscritto nel 2° elenco delle persone pe- medesima causa,in una industria di latterizi (sic!) di proprietà ricolose di questa provincia da arrestarsi in determinate con- del di lui padre, che crollò in conseguenza del figlio in un fal- tingenze». Mantenne negli anni a seguire un atteggiamento limento disastroso. Diffidato in pubblico ed in privato, perchè prudente ed appartato, non rinnegando mai le sue idee. No- pregiudicato politico, assoggettato a lunghe prolungate cure nostante ciò venne arrestato in forma precauzionale durante la per un forte deperimento organico in un clima di apparente visita di Mussolini in Friuli nel settembre del 1938.

106 107 L’isola del destino perché era corsa subito voce che sulla nave ci fosse un reparto tedesco, incaricato di catturarli. Sull’isola si trovava anche il socialista Pietro Nenni, dopo che era stato arresto dai tedeschi in Francia nella primavera del L’isola di Ponza 1943. Questi scrisse nelle sue memorie: «Verso le dieci la corvetta G. 40 ha fatto il suo ingresso nel porto e ha gettato l’ancora a centro metri dal molo. Un gene- rale e alcuni ufficiali sono scesi a terra. Grande curiosità nel paese e al campo. Andirivieni di ufficiali attorno alla capita- neria. L’unica automobile è stata mobilitata dal direttore del campo per una corsa all’interno in direzione di Santa Maria. […]. Sono le undici quando una barca si stacca dai fianchi del- la corvetta e prende la direzione di Santa Maia, una frazione a un tiro di schioppo da Ponza. Sono a bordo un civile (che ap- Gli ultimi anni di detenzione Tito Zaniboni li passò al con- prendo essere Mussolini e che sul momento non riconosco) e fino sull’isola di Ponza. Alla notizia della caduta del fascismo sei carabinieri. La prima notizia sull’ospite che ci “onora” della esplose la gioia: le locande furono prese d’assalto: abitanti, sua inaspettata presenza mi è data qualche minuto più tardi da internati e militari brindarono al generale Badoglio convinti Zaniboni e mi è confermata da maresciallo Lambiase. Dopo che la guerra fosse finita. Un pellegrinaggio di varie persone, poco essa corre sulle labbra di tutti i confinati e degli isolani tra cui il direttore del campo Salvatore Vassallo, raggiunse la sollevando più stupore delle “dimissioni” del 25»123. casa di Zaniboni. Il direttore lo abbracciò e baciò e un mili- Un affranto Mussolini venne alloggiato in una casa nel te che era con lui commentò: «E pensare che se quest’uomo borgo isolano di Santa Maria, la stessa che aveva ospitato il avesse avuto un minuto di più per sparare, non sarebbe suc- ras Immerù, uno dei capi della resistenza etiope. Sull’isola si cesso niente» . Gli abitanti dell’isola erano ancora scossi per trovarono contemporaneamente quindi tre uomini Zaniboni, l’affondamento del piroscafo Santa Lucia avvenuto due giorni Nenni e Mussolini, i cui destini si erano più volte incrociati prima, in cui erano perite 105 persone, quasi tutti isolani, tra nel corso del Novecento, così per ironia della storia, carceriere cui molti bambini. e carcerati si erano trovati improvvisamente nella stessa situa- Ma le emozioni non erano ancora finite: la mattina del 28 zione. Tutti e tre avevano condiviso la militanza socialista: Za- luglio 1943 comparve al largo di Ponza una nave da guerra ita- niboni era stato il suo primo attentatore, Nenni addirittura il liana, la corvetta “Persefone”. I confinati divennero inquieti, compagno di lotta nell’insurrezione forlivese contro la guerra

108 109 in Libia e nel 1914 in occasione della cosiddetta «settimana beratori e per il suo passato di amministratore nel suo comune rossa» in terra di Romagna. di nascita, Monzambano. Mussolini conosceva Ponza soltanto perché era stata una Tito Zaniboni dopo quasi vent’anni tra prigionia e confino delle prime colonie confinarie istituite dal fascismo e perché ritornava alla vita politica. Venne nominato nella seduta del aveva ospitato, a più riprese, diverse migliaia di oppositori po- 23 febbraio 1944, dal secondo governo Badoglio Presidente litici del regime. dell’Alto Commissariato per l’epurazione, ma il suo carattere Zaniboni, canuto e leggermente curvo nonostante i suoi irruento e spigoloso lo portò a scontrarsi con vari esponenti sessant’anni, secondo la descrizione che ne ha fatto don Luigi antifascisti: fu sollevato dall’incarico il 23 maggio dello stes- Maria Dies parroco dell’isola, badava a fare il «Cincinnato», so anno. Successivamente ricopri l’incarico di Presidente del coltivando un orticello vicino alla casa di una famiglia isolana Comitato d’assistenza post bellica. Nel luglio del 1945 fondò che lo ospitava124. l’Unione socialdemocratica italiana (USDI) che confluì nel Alla notizia dell’arrivo del duce i confinati incitarono Za- Partito Socialdemocratico italiano. Fondò una rivista dal titolo niboni ad avvicinarlo, in una sorta di rivincita contro il duce «Guerra e Pace» che uscì dal 1946 al 1947 con 14 numeri. Nel ormai ridotto l’ombra di sé stesso; ma lui, con un lungo pas- 1948 venne segnalato come possibile comandante di squadre sato di recluso nelle galere fasciste, sempre secondo don Dies d’azione anticomuniste, finanziate da alcuni industriali, da at- avrebbe detto: «Non andrò a Santa Maria dove si trova Mus- tivare in caso di vittoria del Fronte popolare. solini. Perché quando un nemico è caduto io non ho più in Nelle elezioni di quell’anno si presentò nella circoscrizione animo di combatterlo». di Cuneo-Alessandria-Asti, per la lista di Unità socialista, con- Dopo dieci giorni per precauzione e per il timore che i tede- tendendo i voti delle sinistre al candidato frontista alla Came- schi, individuando il nascondiglio, lo liberassero il duce lasciò ra, Walter Audisio, così, sempre per ironia della storia, il pre- l’isola e fu trasferito, la mattina del 7 agosto, prima sull’arcipe- sunto giustiziere di Dongo doveva misurarsi contro il primo lago di La Maddalena in Sardegna e successivamente sul Gran attentatore di Mussolini125. Sasso dove effettivamente venne liberato da alcuni paracadu- Ritiratosi a vita privata scrisse un libro di riflessioni storico- tisti tedeschi. La guerra non era finita. Altre sciagure attende- filosofiche, Testamento spirituale. Ricominciamo a vivere (se vi vano il popolo italiano: l’8 settembre, la formazione della Re- pare), dove solo nelle prime pagine rievocava i momenti del pubblica sociale italiana, una guerra civile dura e sanguinosa, fallito attentato. fino alla soppressione del capo del fascismo sulle sponde del Il 2 dicembre 1960 Tito Zaniboni prese un autobus a Roma lago di Como. e alla fermata di via Nomentana indugiò dallo scendere per Una volta occupata Ponza dagli inglesi Zaniboni venne no- consentire a due signore di prendere posto. Quando infilò la minato sindaco provvisorio perchè conosceva la lingua dei li- porta il gradino automatico dell’autobus si ritrasse e Zanibo-

110 111 ni precipitò sull’asfalto. Venne trasferito all’ospedale militare stretti a mansioni inferiori. «Non si deve ripetere – ribadì Nasi del Celio, dove gli riscontarono una grave frattura del bacino. tra gli applausi proveniente dai banchi della sinistra – che la Successivamente sopravvennero complicazioni circolatorie. Repubblica italiana porti danno a chi ha servito onoratamente Mori il 26 dicembre di quell’anno, alle ore 23126. la Patria e premi i traditori, peggio ancora, i relitti del regime Il nome di Carlo Quaglia riemerse nel corso di una seduta fascista e le spie di professione»129. della Camera dei Deputati il 15 luglio 1950. Gli onorevoli Il dibattito fu alquanto lungo e vivace, in cui l’esponente di Nasi, Cecconi, Longhena e Cornea, in tre distinte interroga- governo si appellò alle sentenze e alle leggi vigenti per chiude- zioni, chiesero al Sottosegretario per gli affari esteri Domenidò re il caso, impegnandosi a svolgere ulteriori indagini sul caso. se fosse vera la notizia che il delatore avesse ricevuto un alto Erano gli anni della guerra fredda e anche un ex delatore del fa- incarico nel Segretariato genere della Somalia. Con un certo scismo era più affidabile di chi aveva combattuto per la libertà. imbarazzo il Sottosegretario smentì la notizia, precisando che nei confronti di Quaglia «il Consiglio di Stato, con decisione *** del 20 marzo 1948, accogliendo il ricorso dell’interessato, di- Il nome di Tito Zaniboni rimase per sempre legato all’epi- chiarava estinto il provvedimento di epurazione nei suoi con- sodio di quel 4 novembre 1925, che venne ricordato in tutti fronti, onde, a termine di legge, egli venne riassunto in servizio gli studi su quel periodo come il primo di una lunga serie di in data 23 giugno 1948, ed assegnato, tuttora, ad un ufficio di falliti attentati al duce. Rappresentò sicuramente il fallimento ordinaria amministrazione, che considero di rilevanza tecnica di un certo tipo di opposizione al fascismo L’arresto dell’ex de- circoscritta, come quello relativo all’assistenza»127. I deputati putato socialista costituì un momento cruciale per il suo desti- dell’opposizione si dichiararono insoddisfatti della risposta, in no e quello di molte altre persone che in un modo o nell’altro particolare Virgilio Nasi tracciò le principali tappe della car- erano state coinvolte. Le conseguenze di ciò che avvenne, o riera di Quaglia, ampiamente ricompensato per i suoi servigi: meglio non avvenne, in quella camera dell’Hotel Dragoni si «Fu mandato in Somalia con abbondante denaro; ritornò nel rovesciarono come un uragano sulla piccola e lontana comuni- 1939 in Italia, col grado di direttore di Governo. Il Consi- tà di Buja la quale si trovò, all’improvviso, al centro di una sto- glio di Stato, che lo rimise in servizio, nell’emettere la senten- ria i cui personaggi forse non avevano valutato pienamente gli za, certamente non tra le più felici di quel consesso, avrebbe effetti dirompenti che si sarebbero abbattuti sulle loro vicende dovuto sapere che il Quaglia fu capo di gabinetto di Barracu personali e familiari. I grandi fatti nazionali si mescolarono nella repubblica di Salò»128. La questione che più indignava i con quelli locali, dove però, seppur in scala ridotta, i mecca- deputati fu che Quaglia, nell’Italia repubblicana, aveva scaval- nismi della gestione del potere e della sopraffazione erano gli cato in carriera nove funzionari più meritevoli, di maggiore stessi. anzianità e di orientamento autenticamente antifascista, co- La presenza a Buja di un personaggio così particolare come

112 113 Tito Zaniboni, che assunse su di sé il compito di mutare il Indiscrezioni da osteria, testimonianze interessate e di parte, corso degli eventi, trascinò nel suo progetto una serie di perso- supposizioni senza prove bastarono per incriminare delle per- ne che in lui videro la possibilità di cambiare le sorti del pro- sone a cui si può rimproverare solo una grandissima ingenuità prio paese e dell’intera nazione. L’impressione generale è che ed imprudenza. Era una delle prime sentenze del Tribunale la simpatia e la solidarietà verso un uomo generoso, coraggioso Speciale per la Difesa dello Stato e doveva essere esemplare. e determinato venne fatta passare ad arte per un vero com- Questo contributo, assolutamente incompleto e non esau- plotto, quanto al fascismo, in quel momento, quando gli echi stivo, ha voluto riproporre a grandi linee questa vicenda e i del dramma di Matteotti erano seppur affievoliti ancora vivi, suoi personaggi principali, affinché altri possano approfondir- serviva un Mussolini vittima anch’egli della perfidia politica e la e ampliarla alla luce di nuovi documenti. La memoria di omicida di stampo socialista e massonico. quei fatti si è a poco a poco diradata. È un episodio che in Gli ingredienti e i personaggi c’erano tutti per costruire una fondo, in qualche modo, il Friuli ha voluto rimuovere come se congiura funzionale alla propaganda: un socialista isolato, un non appartenesse alla propria tradizione e alla propria cultura. generale accusato del disastro di Caporetto, un delatore, un Eppure apre degli squarci che andrebbero approfonditi, come piccolo gerarca di provincia, una comunità lontana dai grandi la difficoltà del fascismo ad affermarsi nella società friulana, le centri urbani, una serie di personaggi minori su cui far ricade- caratteristiche del regime in sede locale e, infine, le variegate e re l’intera accusa. Così le rivalità e le beghe di paese vennero non completamente studiate forme di opposizione e di dissen- amplificate divenendo sulla stampa e negli incartamenti pro- so. Se qualcuno approfondirà questi temi questa pubblicazio- cessuali l’unico elemento su cui concentrare l’attenzione, per ne avrà raggiunto in qualche modo il suo scopo. una vicenda che già nel 1927, anno della sentenza da parte del Tribunale Speciale, aveva perso tutto il suo interesse e soprat- tutto l’utilità per un fascismo ormai consolidato e diventato pienamente regime. I protagonisti sembrarono appartenere ad un dramma già scritto, il tutto guidato da un attento regista che utilizzò il finto segreto per perseguire il proprio scopo,un segreto di Pulcinella, appunto. Le responsabilità degli imputati non furono mai determina- te con precisione. Oltre a Zaniboni, ovviamente reo confesso, servivano altri colpevoli affinché si potesse parlare di complot- to. Sicuramente le responsabilità degli imputati friulani furo- no davvero minime rispetto all’entità delle pene comminate.

114 115 Dagli Atti del processo contro Tito Zaniboni, Deposizione di Tito Zaniboni Luigi Capello e gli altri imputati friulani nelle sedute del Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato. ZANIBONI – Senz’altro dichiaro che il giorno 4 novembre 1925 era mia intenzione di sopprimere il capo del fascismo, Roma, aprile 1927. (Archivio Centrale dello Stato-Roma) On. Benito Mussolini. Dichiaro ancora che se la pubblica si- curezza invece che raggiungermi alle ore 8,30 fosse giunta al tramonto, dopo le ore 12,30, io avrei senz’alcun dubbio ese- guito il mio gesto. Si riportano alcuni brevi stralci delle deposizioni rese dagli impu- Siccome però giudicare un fatto non significa contestarlo, io tati nel processo in cui erano accusati di complotto contro i poteri mi affretterò, in relazione al poco tempo, messo a mia disposi- dello Stato. Ovviamente solo Zaniboni, in un appassionato di- zione, a riassumere gli elementi che concorsero alla formazio- scorso, si assunse tutte le responsabilità del tentativo di uccidere il ne del mio stato d’animo. capo del fascismo per imprimere alla politica italiana una svolta. L’esposizione sarà senz’altro monca, saltuaria, troppo schema- Gli imputati friulani cercarono di minimizzare, secondo un’ovvia tica, per riuscire a informare convenientemente i signori del linea difensiva, il loro rapporto con l’ex deputato socialista. Una Tribunale Speciale e perciò rivolgo sin d’ora la preghiera, al lunga serie di “non so”, non ricordo” costellò le varie deposizioni. mio signor avvocato, che nel momento che riterrà opportu- In effetti i giudici non riuscirono a dimostrare fino in fondo la tesi no, consegni al Tribunale copia del mio memoriale completo. del complotto. Si nota una certa abilità difensiva soprattutto da Qualche critico ha voluto definire viltà la mia relativa reti- parte di Luigi Calligaro, per nulla intimorito dalla severa cornice cenza, durante i miei primi interrogatori. I miei primi giudici del Tribunale Speciale. Anche Ferruccio Nicoloso riesce a dissimu- istruttori sanno che non ebbi mai nessun momento di viltà, né lare lo strettissimo legame che aveva con Zaniboni. un momento di debolezza. Sicuramente tra gli imputati il più compromesso fu Angelo Ursel- Fra gli altri, mi era vicino un amico, un uomo che credevo la, colui che probabilmente procurò il fucile di precisione a Za- amico, fratello. Che credevo di salvare ad ogni costo. niboni si sottrasse al processo attraverso una lunga latitanza in Tali sentimenti non albergano nell’anima dei vili! Questo spie- Austria, che si concluse con la sua consegna da parte delle autorità ga la mia condotta. tedesche, dopo l’Anschluss del 1938. Le condanne furono ecces- Si è voluto ad ogni costo, malgrado evidentissime contraddi- sivamente sproporzionate rispetto all’entità dei fatti ascritti agli zioni di tutto e di tutti, mantenere in vita una accusa di com- imputati. Il fascismo non intendeva dare grande peso all’evento, plotto contro i poteri dello Stato. ma nel contempo voleva una punizione esemplare, che fosse un I testimoni che verranno qui a deporre hanno già dichiarato monito per ogni tipo di opposizione. essere stata mia precisa intenzione rimettere il potere dello Sta-

116 117 to, nelle mani di S. M. il Re, attraverso la dittatura Militare manda ed ha tradito il suo pensiero: io ho detto che relazione del Re, che è il Capo effettivo dello Stato, ed io non ho mai in c’era fra le 100 mila lire ed i fornaciai? nessun modo agito contro di Lui. Avevo domandato se la relazione fra le 100 mila lire e le forna- A parte quindi ogni funzione, io sono qui accusato di aver ci era nel senso che questi pellegrini fossero costituiti da tutti voluto attentare alla vita del Capo del Fascismo. quei fornaciai di Buia. […] ZANIBONI – Io credo che Buia non abbia il monopolio della PRESIDENTE – In quel telegramma quando aspettava le gente di fegato; per trovare 200 uomini che abbiano il fegato di 100.000 lire, dal Generale Capello, firmato “fornaci”, che va- esporre la vita ad ogni costo bisogna gran parte delle Province lore aveva quella parola fornaci? dell’Italia Settentrionale. Quindi, se avessi messo gli occhi su ZANIBONI – È una lettera e non un telegramma e non è una qualcuno di Buia non avrei mai fatto niente. Se sono stato un firma. Dice: in materia di fornaci non c’è nulla da fare. tempo lusingato, è perché ho avuto promesse da persone serie. PRESIDENTE – Perché ha adoperato la parola “fornaci”? PRESIDENTE – Chi erano queste persone serie? ZANIBONI – Perché Buia è un paese eminentemente fornaciaio. ZANIBONI – Non lo so, non me ne ricordo più. Ora a Buia PRESIDENTE – Perché, a Roma le fornaci non ci sono? Qua- era materialmente impossibile che potessi pescare 200 uomini li relazioni ci sono fra i fornaciai di Buia e quelli di Roma e disposti a venire a Roma; non si può neanche pensare. quali relazioni con i pellegrini? Lei è stato sempre così franco, […] perciò la prego di rispondere a questo argomento. GIUDICE CALMINI – Nella lettera nella quale si trattava di ZANIBONI – Buia non ha che magrissima agricoltura. Nes- fornaci quella parola è convenzionale? E gli era venuta nella sun’ industria, ha semplicemente fornaci. Gli operai di Buia mente pensando a Buia? fanno i fornaciai nel sito ed emigrano anche fuori; quindi, se ZANIBONI – Si, come parlando di Gorgonzola si pensa al si deve parlare di Buia vengono in mente le fornaci invece che formaggio. i cavoli i porci e compagnia bella. GIUDICE CAU – A cosa dovevano servire le 100 mila lire del PRESIDENTE – Nessuna relazione fra la sua idea e la forma- Generale Capello? Lui ha detto 100 non 200 uomini. zione di quei gruppi? ZANIBONI – Non 100 ma 200 uomini sarebbero stati neces- ZANIBONI – Sissignore, c’era relazione completa, assolu- sari; infatti anche nel fascicolo dico questo: questi sarebbero ta matematica. Il colloquio col Generale Capello io lo chiesi stati necessari ma quando vedo 4 o 5 diavoli là, preferisco ri- per vedere se potevo avere le 100 mila lire; l’ho scritto nel mio manere solo perché quelli non servono proprio niente. Io vole- esposto, allora venni a Roma e fra l’altro chiesi un colloquio col vo far questo: con un fucile sparare al Presidente del Consiglio, Generale Capello per vedere se era possibile avere questi denari. al capo del Fascismo, specifichiamo e precisiamo, perché io PRESIDENTE – Guardi che lei ha risposto così alla mia do- tratto sempre del Capo del Fascismo e mai del Presidente del

118 119 Consiglio. IMPUTATO – Tendenti contro il Fascismo. PROCURATORE GENERALE – Che è la stessa parola. PRESIDENTE – Che impressione facevano a lei questi discorsi? PRESIDENTE – Parli umanamente e lo sentiremo. IMPUTATO – Quando mi faceva questi discorsi, rispondevo ZANIBONI – Il mio colpo doveva essere accompagnato da che, date le mie occupazioni non avevo tempo e perché non un’azione di piazza la quale doveva essere esercitata, fatta da avevo fiducia in questo movimento. circa 200 uomini, i quali al segnale del mio colpo si buttavano PRESIDENTE – “…avevo paura che compromettesse tutti addosso ai fascisti che erano inquadrati sotto il poggiuolo di noi che stavamo insieme…” è vero? Palazzo Chigi e li mettevano in rotta. IMPUTATO - Non ricordo. Certo che la presenza dello Zani- PRESIDENTE – Questo tentativo aveva la possibilità di fare boni nel Friuli era seguita attentamente dalla P. S. e di conse- delle vittime e nient’altro. guenza non si poteva stare tranquilli. ZANIBONI – Niente far vittime. I 200 uomini non dovevano PRESIDENTE – Che impressione si era fatta lei di questa essere armati, dovevano andare avanti a colpi di spalle e a colpi azione dello Zaniboni? Perché, lei non ha saputo qualche cosa di pugni. Se li avessi armati lo direi. Credevo che bastasse quel di quel che voleva fare? fatto per determinare una nuova situazione politica; la presa IMPUTATO – Non ho creduto a quel che diceva. del possesso del Governo e costituzione del Governo Militare. PRESIDENTE – Perchè? Lei ha detto nella sua deposizione PRESIDENTE – Occorreva un fatto più imponente. “ lo credevo millantatore”. Lei gli ha fatto fare perfino delle […] conoscenze. IMPUTATO – Non so. Certo che i miei incontri con l’on. Zaniboni ammontano a 6-7. L’ho conosciuto la prima volta Deposizione di Ferruccio Nicoloso nel ’16 quando ero a Buia per una ferita riportata al fronte e poi durante il periodo elettorale del ’19. PRESIDENTE – Nicoloso, lei ha sentito di che cosa è stato PRESIDENTE – Lei ha accompagnato l’Ursella ad Udine… imputato? IMPUTATO – Cioè, lui è venuto con me a Udine. Mentre io IMPUTATO – (accenna affermativamente) scendevo tutti i giorni in automobile da Buia a Udine, l’Ursel- PRESIDENTE – Mi dica: che discorsi le faceva lo Zaniboni la approfittava sempre della mia automobile. quando veniva a Buia…” più volte mi ha parlato di cose di PRESIDENTE – Era amicissimo. carattere politico”. IMPUTATO – Non amicissimo, ma amico mio: amicizie che IMPUTATO – Di questioni politiche, nel caso, di organizzare si fanno in paese. i combattenti. PRESIDENTE – Era amicissimo di Zaniboni. PRESIDENTE – E di abbattere il Fascismo… IMPUTATO – Non lo so.

120 121 PRESIDENTE – Lei non ha saputo da…. L’1 il due e il tre, IMPUTATO – Il Maresciallo Bitonti mi trovò un giorno a lei è stato insieme. Udine, - mi trovavo vicino alla macchina dello Zaniboni che IMPUTATO – No, uno e due, perché il giorno due ero a Buia. aveva il vetro del parabrise rotto dai fascisti di Verona – e mi PRESIDENTE – Non sapeva che l’Ursella aveva comperato chiese se quella era la macchina di Zaniboni. Io gli dissi di si; un fucile per ordine di Zaniboni? da quello capii che Zaniboni era pedinato. Il Maresciallo disse: IMPUTATO – No. Io l’ho saputo in carcere dagli atti. “ la presenza a Buia dello Zaniboni me la segnali sempre”. La PRESIDENTE Lei ha accompagnato l’Ursella a Udine, cioè, lei presenza dello Zaniboni a Buia non è un mistero, se ha biso- dice: “L’Ursella è venuto nella mia automobile”, per che cosa? gno di sapere qualche cosa gliela dico subito… IMPUTATO – Doveva andare a Oderzo per un affare che ave- […] vamo in comune. PRESIDENTE – Voglio ammettere che sia esatto. Però, quan- PRESIDENTE – Non sapeva che doveva andare a Roma? do lei ha fornito l’automobile allo Zaniboni per andare a … IMPUTATO – No. Almeno, dal vestito non si vedeva. non lo ha mica detto al Maresciallo, mentre sapeva che la Poli- […] zia lo cercava! Ecco che trovo la sua amicizia. Lei al Maresciallo PRSIDENTE – Lei non sapeva della partenza dell’Ursella per ha detto tutto quello che poteva sapere da tutti. Roma? IMPUTATO – Permetta… IMPUTATO – No. IMPUTATO – Quando l’on. Zaniboni è partito per…io non PRESIDENTE – Non sapeva dove andava, in quale albergo? ero a Buia e non è andato con la mia automobile, ma con la sua. IMPUTATO – Nossignore, non lo so. PRESIDENTE – Lei sapeva ch’era andato a …ed il Maresciallo?... PRESIDENTE – E allora quella sua frase sibillina che diceva IMPUTATO – Si vede che non l’ho visto. “certi amici” come la spiega? Per essere detta a Zuliani? PRESIDENTE – Lei dice: “ la presenza di Zaniboni a Buia era IMPUTATO – Spetta a lui Zuliani perché dica meglio di me. da me segnalata al Maresciallo…” o una cosa o l’altra. Può darsi benissimo che io abbia rivolto a Zuliani questa frase IMPUTATO – In quel periodo non ho rivisto il Maresciallo di minaccia in tono scherzoso, come egli le rivolgeva a me, in Bitonti. confidenza…come amico mio. PRESIDENTE – Per 11-12 giorni non l’ha mai visto… PRESIDENTE – Come spiega la sua amicizia per lo Zaniboni IMPUTATO – Anche per 20; in considerazione anche della mentre raccontava al Maresciallo Bitonti… presenza della Questura …non avrò creduto… IMPUTATO – Io non incontravo il Maresciallo, ma era questi PRESIDENTE – Lei aveva un’amica ch’era la Luisa Calligaro che si rivolgeva a me. la quale ha anche un altro uomo nel marito. È venuta a Roma PRESIDENTE – Lei ha detto: “La presenza dello Zaniboni a il giorno 8 dopo aver parlato con lei verso mezzogiorno. Buia era da me segnalata a Bitonti” (Risulta dagli atti) IMPUTATO – Io l’ho vista, l’ho salutata e mi ha detto che

122 123 veniva a Roma in pellegrinaggio. ragione pensai di chiarire l’equivoco all’ufficio postale essendo PRESIDENTE – Lei non ha notizia di quel telegramma in cui il Riva cognome comune a….Non avendo trovato l’ufficiale si chiedevano 3 mila lire. postale, gliene parlai la sera al caffè, ma questi mi confermò IMPUTATO – No. l’esattezza dell’indirizzo e non mancai di parlarne agli altri PRESIDENTE – In che albergo andava a Roma? amici di questa mia sorpresa, tra cui il Segretario del Fascio IMPUTATO – Non ricordo di aver parlato di albergo. di…..Ripeto che se avessi saputo che lo spiegassero in questo PRESIDENTE – Però. Stranezza! La Luisa, sua amante, è modo, mi sarei recato in Questura ad Udine per citare il fatto. andata all’Albergo dei Portoghesi, combinazione ove l’Ursella Due giorni dopo seppi dalla voce pubblica che l’Ursella si tro- …?! Lei non ne sapeva niente… vava a Roma e per il suo nome di Angelo credetti fosse il suo. IMPUTATO – Niente. Però scartai l’ipotesi perché non avevo con lui affari e non lo PRESIDENTE – Allora è da escludersi che anche la Calligaro vedevo dal 15 settembre. sapesse del telegramma riflettente le 3 mila lire che l’Ursella PRESIDENTE – Ma Nicoloso lo conosceva? chiedeva?... IMPUTATO – Sì, perché sono stato alle sue dipendenze due IMPUTATO – No anni e trattava tutti gli impiegati come amici. PRESIDENTE – Il fatto è che, l’Ursella, il giorno stesso dell’ar- PRESIDENTE – Si capisce che doveva fare così e quindi a rivo della Calligaro all’Albergo dei Portoghesi, scompare. mezzo del Nicoloso non c’è stata possibilità di sapere chi fosse IMPUTATO – Non ne so niente affatto. Angelo. PRESIDENTE – Vorrei spiegarmi la ragione per cui la Luisa IMPUTATO – No, non c’entra Nicoloso. Calligaro in pellegrinaggio a Roma ci stà un giorno e mezzo e PRESIDENTE – E la Calligaro? poi ritorna su per cercare dell’Ursella IMPUTATO – Io la conosco ma non ho nessun rapporto con lei. IMPUTATO – Io non ne so proprio niente. PRESIDENTE – E com’è che è andata a finire all’Albergo dei […] Portoghesi? IMPUTATO – Questo lo devono sapere loro. Che sia venuta la Calligaro a Roma l’ho saputo dopo da altri; non è esatto Deposizione di Enzo Ugo Riva come dice la sezione di accusa che il telegramma sia rimasto senza risposta perché mi trovavo detenuto nelle carceri di Udi- IMPUTATO – Il giorno 6 novembre mi recapitarono un tele- ne. Il telegramma è stato ricevuto il giorno 6. Quando seppi gramma proveniente da Roma così concepito: “ Buone notizie che ero ricercato, spontaneamente, l’8 a sera, mi presentai. spedisci 300 urgenti – Angelo”. Stranezza del telegramma… […] che mi fece pensare subito ad un errore di recapito. Per tale PRESIDENTE – Una volta, lei è andato a prendere lo Za-

124 125 niboni a Lusniza. Com’è stato combinato quel viaggio? Non Dunque voi ditemi un po’! Quando avete conosciuto l’On. sapeva che Zaniboni dovesse… Conosceva Zaniboni da molto Zaniboni? tempo? IMPUTATO – L’ho visto la prima volta nel 1919 nei comizi IMPUTATO – Conoscevo lo Zaniboni soltanto di vista che lui faceva; poi nel ’21. per averlo casualmente incontrato tre volte. La prima volta PRESIDENTE – E vi siete andato molto? ad Udine nel marzo-febbraio 24 nella trattoria dell’” Aquila IMPUTATO – Sissignore Nera”, però, in piedi, in compagnia di varie persone che parla- PRESIDENTE Vi siete, dopo quell’epoca, andato molto, con vano di motori e della bontà della sua macchina. Io che sono lui, perché eravate sempre insieme, no? appassionato di automobilismo mi permisi di fare alcune os- IMPUTATO – No, no: nel ’24. servazioni avendo riscontrato alcune inesattezze tecniche nella PRESIDENTE – Eppure mangiavate, bevevate insieme… discussione. IMPUTATO – Nel ’25… PRESIDENTE – Il viaggio di Lusniza? PRESIDENTE – A me interessa dal ’25 in poi. Allora facevate IMPUTATO – Trovandomi nella prima quindicina di ottobre la partita insieme, sentivate i discorsi di Zaniboni… ad Udine, mi incontrai col cav. Nicoloso il quale mi pregò di IMPUTATO – Sentivo cantare il Zaniboni. mandare per conto suo una macchina a Lusniza per rilevare PRESIDENTE – Cantava bene? lo Zaniboni. Io ed alcuni amici approfittammo per fare una IMPUTATO – Sissignore. scappata sù perché quella è una bella gita. All’Albergo, feci PRESIDENTE – Che discorsi facevate? Sentivate anche di- avvertire lo Zaniboni che ero arrivato lì ad attenderlo con la scorsi tra Zaniboni ed altri? macchina inviato appositamente dal Nicoloso per rilevarlo. IMPUTATO – No… Ho sentito una volta parlare il Quaglia Infatti lui e il suo amico presero posto nella vettura. Noi li di milioni. accompagnammo fino a Lugnacco (?). PRESIDENTE – Con chi parlava? PRESIDENTE – A che ora arrivaste? IMPUTATO – Con Zaniboni, ma Zaniboni giuocava al solitario. IMPUTATO – Al crepuscolo. Dopo quella volta escludo in PRESIDENTE – Rispondeva? modo assoluto di aver visto lo Zaniboni. IMPUTATO – Faceva qualche moto con la testa. PRESIDENTE – E questi discorsi di milioni, che cosa aveva- no per scopo? Deposizione di Luigi Calligaro Erano milioni di frottole? IMPUTATO – Non so se erano milioni di frottole o no. PRESIDENTE – Dunque anche voi avete sentito di che cosa […] siete imputato e che cosa è saltato fuori nei vostri riguardi. PRESIDENTE – Ma in paese passavate come un uomo di

126 127 fiducia, perciò ho domandato. PRESIDENTE – E quel giorno che vi hanno arrestato, com’è IMPUTATO – Ma con i paesani si ha sempre fiducia. che eravate sotto una cassa? PRESIDENTE – Non capisco il valore di questa espressione; IMPUTATO – Io la prima volta mi sono presentato da solo, vi ho domandato precisamente di questo: che passavate per alla questura di Udine; mi hanno tenuto due giorni, e visto l’uomo di fiducia di Zaniboni. che non c’era niente a mio carico mi hanno lasciato andare. IMPUTATO – È la prima volta che lo sento adesso. Poi il 27 o il 28 Novembre mi ricercano. PRESIDENTE – Non è la prima volta, perché ve lo hanno già PRESIDENTE – In questi giorni che cosa avevano saputo, detto ed avete risposto: non sono l’uomo di fiducia. bisogna vedere… IMPUTATO – Andavo lì e bevevo se aveva del vino, perché IMPUTATO – E sempre per il primo fatto, per la deposizione Zaniboni e Quaglia bevevano poco. di prima. Ad ogni modo, mi cercano; io vado su in piazza e PRESIDENTE – Bere del vino non è questione di uomo di vedo un amico al quale dico: sai, mi cercano di nuovo i cara- fiducia. Uomo di fiducia è questo: un uomo al quale un indi- binieri. Mi rispose: è pronto l’automobile, lì: e ti conducono a viduo si rivolge in determinate circostanze, tutte le volte che Roma. E, rispondo io, proprio con l’automobile? – Con l’au- ha bisogno di favori, che fa delle commissioni, che adempie tomobile. incarichi ecc. ed in cui l’individuo che ha fiducia si rivolge a lui PRESIDENTE – È un bel viaggio… piuttosto che ad un altro. Questo vuol dire uomo di fiducia, IMPUTATO – Trovo mio fratello che mi dice: Ha detto Cele- così sulle generali. stino Miani che ti nascondi per 4 o 5 giorni intanto che le cose IMPUTATO – Si vede, Eccellenza, che non ha avuto fiducia in me. si mettono a posto e poi saprà lui che cosa fare. PRESIDENTE – Perché? PRESIDENTE – Chi è Celestino Miani? IMPUTATO – Perché non mi ha detto mai di queste cose che IMPUTATO – Quello famoso… doveva fare, mai ha detto nulla di questo, Eccellenza. ( Un avvocato) – Un bancarottiere PRESIDENTE – Su quella questione di cui avete parlato, del capo PRESIDENTE – Ma cos’è, un avvocato, un propagandista, squadra e delle 50.000 lire che sembra siano state promesse… un procuratore, un proprietario? IMPUTATO – Promesse? IMPUTATO – Era tutto e niente: adesso non è niente. Quello PRESIDENTE – Non c’è niente di vero? Come è saltato fuori. lì lo hanno odiato tutti. IMPUTATO – Ho detto che se mi davano 50 o 100.000 lire PRESIDENTE – Ma chi è? per le elezioni…. IMPUTATO – Celestino Miani. PRESIDENTE – ….Me le tenevo in tasca… PRESIDENTE – Ma è un contadino? IMPUTATO – Certamente IMPUTATO – Scrive nel municipio […] PRESIDENTE – Oh, è impiegato al municipio! Dunque lui

128 129 dice scappa e nasconditi… Nicoloso a fare la perquisizione ed ho sentito dire dalla gente IMPUTATO – Ha detto a mio fratello: Fa silenzio ma digli a che non dovevano andare loro due perché avevano ricevuto del tuo fratello che scappi. Ed allora io sono andato via. bene nel passato del Nicoloso, perché se non fosse stato per il PRESIDENTE – In casa di una bella donnina, nascosto in padre del Nicoloso non si sarebbe lavorato alle fornaci durante una cassa. la guerra. Infatti la gente diceva molto male di questi due; di IMPUTATO – Non ho potuto, mi hanno trovato. mio fratello e di quell’altro. PRESIDENTE – Naturale, l’avervi trovato dipende dalla fur- PRESIDENTE – I vostri fratelli erano ambedue fascisti? beria di chi vi ha trovato. IMPUTATO – Sì, Sono tre. IMPUTATO – Un momento: se avevo proprio la volontà di PRESIDENTE – Erano combattenti? scappare, di andar via, avevo il passaporto, ero già stato poco IMPUTATO – Sì, tutti combattenti. tempo prima a Villaco, dunque potevo andare. PRESIDENTE – Dunque loro erano combattenti e fascisti e PRESIDENTE – Allora perché vi siete nascosto in una cassa? voi solo combattente. IMPUTATO – Stavo lì per aspettare la risposta dell’on. Barnaba. IMPUTATO – Sì. PRESIDENTE – Nascosto in una cassa? PRESIDENTE – Dunque? IMPUTATO – No, andavo nel letto io non dentro la cassa! IMPUTATO – Dunque mio fratello tace. PRESIDENTE –E com’è che vi siete nascosto allora? PRESIDENTE – Naturalmente IMPUTATO – Ho visto che venivano a trovarmi ed allora mi IMPUTATO – Perché non l’ho nemmeno maltrattato, e l’al- sono nascosto. tro diceva… […] PRESIDENTE – Chi l’altro? Il cugino? PRESIDENTE – Allora andiamo con ordine, passo passo. Vo- IMPUTATO – Sì, il cugino. Dunque, non era per il fatto della stro cugino è andato a fare insieme con i militi della Milizia Vo- perquisizione; era un giorno di festa, credo il 12. Si cantava lontaria una perquisizione in casa del Nicoloso vostro amico; voi un coro o qualche cosa ed anch’io cantavo. Arrivano lì pieni lo avete saputo e gli avete fatto delle rimostranze severe e gravi. di vino, questo cugino, questo fratello e questo Guerra, poi IMPUTATO – Nessuna hanno cominciato a gridare nell’osteria. Io ero con la moglie PRESIDENTE – Tanto da venire anche alle mani, perché lui si e mi sono portato in disparte un cinquanta passi, poi mi sono era prestato…dico questo e poi so anche il resto: perché si era pre- mosso per andare a casa, mi hanno trovato, mi hanno visto ed stato ad andare in aiuto agli agenti per fare questa perquisizione. è avvenuta una colluttazione “d’ordine” ma né un pugno né IMPUTATO – Non è per quello. una coltellata; siamo cascati a terra… PRESIDENTE – Ed allora? PRESIDENTE – Ma in che maniera cascaste a terra? IMPUTATO – Ho visto andare mio cugino ed un fratello dal IMPUTATO – Con gli spintoni

130 131 PRESIDENTE – Avevate bevuto parecchio!.. IMPUTATO – E poi, a quale partito appartenevo. Risposi: a UN AVVOCATO – Ed anche cantato. nessun partito IMUTATO – Si beveva purtroppo. PRESIDENTE – E poi? Lo scopo…. (il Presidente cerca di […] vincere il timore e l’imbarazzo dell’imputato) IMPUTATO – Se ero capace di portare le armi, se ero cacciatore. PRESIDENTE – E poi? Deposizione di Ezio Celotti IMPUTATO – Nient’altro.

[…] PRESIDENTE – Perché cosa sono venuti a chiamarvi? Deposizione di Angelo Calligaro IMPUTATO – Voleva portarmi all’osteria della Pauluzzi Ceci- lia, disse che un signore voleva parlarmi ed allora sono andato PRESIDENTE – Voi sapete perché siete qua? là. Mentre ero lì nell’osteria, abbiamo chiesto mezzo litro, e IMPUTATO – Avevo bevuto… poi dopo mi condusse in una stanzetta dove era il Calligaro. PRESIDENTE – Ed avendo bevuto che cosa avete detto? PRESIDENTE – Come vi hanno introdotto nella stanza, chi IMPUTATO – Non lo so vi ha introdotto? PRESIDENTE – Dunque, quel che avete detto ve lo leggerò IMPUTATO – La Pauluzzi Lucia. ora qui dallo interrogatorio (legge) PRESIDENTE – È esatto questo? Dunque, nell’osteria della stazione che cosa avete detto? IMPUTATO – Signorsì IMPUTATO – Non lo so di questa osteria. PRESIDENTE – Non mi pare… Vi ha introdotto Calligaro PRESIDENTE – Raccontatemi i fatti come li sapete voi. Per- Luigi.- Ecco il sig. Celotti, ha detto: è vero? Dunque, dite di ché siete qua? Perché vi hanno arrestato? che cosa avete chiacchierato?... IMPUTATO – L’ho saputo dopo. IMPUTATO – Mi disse Zaniboni a quale partito appartenevo. PRESIDENTE – Già, dopo smaltita la sbornia! Dunque che PRESIDENTE – Era la prima estate che venivate a fare una cosa avete saputo? “rimpatriata”? IMPUTATO – Ero nell’osteria della Lucia, ho visto lo Zani- IMPUTATO – Non era la prima. boni che era dentro… PRESIDENTE – Già, la seconda, dopo 4 anni che eravate in […] Francia…Insomma, vi disse altro? PRESIDENTE – E quello che avete detto voi, che vi avrebbe- IMPUTATO – Mi disse se ero pratico di fucili. ro promesso 1000 lire se stavate con loro: questo lo avete detto PRESIDENTE – Vi disse se eravate pratico di armi; e poi? voi fra un bicchiere e l’altro, dopo averne smaltiti parecchi.

132 133 Note

IMPUTATO – Il Calligaro Luigi, non nell’osteria ma quando 1. Biblioteca civica Glemonense, Il Processo Zaniboni, Vol 1°, Parte prima, andavo alla fornace: per vedere se stavo nel suo partito. Atti generici, (d’ora in poi citato come Il Processo Zaniboni). Purtroppo […] non sono state rinvenute le parti successive. 2. La vicenda è stata trattata da M. PUPPINI, Il processo Zaniboni, in M. IMPUTATO Me l’ha promesso ma dopo è andato a casa. PUPPINI, M. VERGINELLA, A. VERROCCHIO, Dal Processo Zaniboni […] al processo Tomažič. Il tribunale di Mussolini e il confine orientale (1927- PRESIDENTE – (Rivolgendosi al Calligaro Luigi) Cosa dia- 1941), Gaspari editore, Udine 2003, pp. 13-58. Lo studio di Marco Pup- volo avete detto a vostro cugino quel giorno che gli avete of- pini ha potuto avvalersi dei documenti inerenti al dibattimento processuale conservati presso l’Archivio Centrale dello Stato (ACS). Di tali fonti ho ferto mille lire se faceva parte del vostro partito? potuto consultare una abbondante selezione fornitami in forma digitalizza- CALLIGARO L. – Se avessi avuta quella intenzione non oc- ta dal dott. Stefano Bergagna. correvano mille lire; a questo qui basterebbe mezzo quarto di 3. Il Processo Zaniboni, pp. 6-7. vino per portarlo dove voglio io. (rivolgendosi al cugino) Of- 4. Nelle carte di polizia l’arma viene denominata “Stayer” o “Stayer”, in realtà frire mille lire io a te? il modello di fucile è uno “Steyr-Mannlicher”in dotazione dell’esercito austro-ungarico durante la Prima Guerra Mondiale. CALLIGARO A – Me l’hai offerte. 5. G. A. GRIMALDI, Zaniboni racconta…perché non parti la pallottola fatale CALLIGARO L. – Quando? e liberatrice…, Periodici Epoca, Roma 1945. pp. 29-30. CALLIGARO A. – Andando alla fornace. 6. Sulla situazione economica ed amministrativa del comune di Buja si veda CALLIGARO L. – Erano due anni che non parlavo con que- una relazione del 1934 presente all’ Archivio di Stato di Udine (ASU) sto individuo. Verranno i testi e diranno che sono due anni Fondo della Prefettura di Udine, Archivio di Gabinetto, b. 073 f. 238, “20 Buia” « Il paese prima della guerra aveva una grande risorsa nell’emigrazio- che non parlavo con questo qui. ne ed anche ora l’esodo è accentuato assai. Mentre nel 1914 si contavano PRESIDENTE – Quando vi ha offerto le mille lire? Quanto 13.700 abitanti, questi si ridussero a 9.320 e con il censimento 1936 a tempo fa, press’a poco? 7.826; attualmente in A.O. attraverso L’Ufficio di collocamento figurano CALLIGARO A. – Nel mese di Settembre. inviati 109 operai, è particolarmente attiva l’emigrazione in Francia (circa 2.500). Nell’agricoltura predomina la piccola proprietà e quindi le condi- PRESIDENTE – Nello stesso anno 25, quando vi hanno ar- zioni in genere sono passabili; per quanto modeste. Poche e trascurabili le restato? industrie locali. Scarpettifici (occupate 25 persone), due fornaci (20 operai) CALLIGARO A. – (Si confonde): Nel ’26… molini a cilindri 6 (uno a carattere industriale) in tutto (18 operai)». PRESIDENTE – Nel ’25! …Insomma, un po’ prima che vi 7. Per la situazione politica di Buja nel primo dopoguerra P. MENIS, Dal arrestassero. Partito popolare italiano alla Democrazia cristiana.1919/1964. Memorie di un politico di Paese, La Nuova Base, Udine 1977, pp. 9-67. UN AVVOCATO – Un mese prima che lo arrestassero. 8. P. MENIS, Dal Partito popolare italiano alla Democrazia cristiana, op. cit. p.25. CALLIGARO A. – Sì. 9. G. DONATO, Sovversivi. Cospirazione comunista e ceti subalterni in Friuli fra le due guerre, Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Libera- zione, Udine 2008, p.100.

134 135 10. L’impresa è narrata in P.A. BARNABA, Un lancio con paracadute nel 1918 18. Barnaba era contrario che nelle liste del Fascio fossero incluse personalità in territorio invaso dal nemico, Pellegrini, Udine 1966 e A. TANDURA, Tre politiche legate alla vecchia classe dirigente liberale come Luigi Spezzotti, mesi di spionaggio oltre Piave: agosto-ottobre 1918, prefazione di Giovanni il conte FrancescoTullio, Pier Silverio Leicht, Francesco Marani, e Michele Giuriati, Kellermann, Vittorio Veneto 1993, ristampa anastatica dell’edi- Gortani. zione Longo & Zoppelli, Treviso 1934. 19. Sulla figura di Piero Pisenti e l’origine del fascismo in Friuli, A.M. PRE- 11. Per un profilo biografico diPier Arrigo Barnaba di veda l’interessante studio ZIOSI, Borghesia e fascismo in Friuli negli anni 1920-1922, Bonacci, Roma di S. BERGAGNA, Pier Arrigo Barnaba. Fascismo e antifascismo a Buja, in 1980. «Buje pore nuje!», Numar unic pe sagre di Sant Josef, Buja 2011. 20. S. BERGAGNA, Pier Arrigo Barnaba. Fascismo e antifascismo a Buja, op. Si veda inoltre la scheda biografica presente in C. RINALDI, I deputati cit. p. 39. del Friuli-Venezia Giulia a Montecitorio dal 19191 alla Costituente, Vol I, 21. Chiusura. Una vivace risposta di Arnaldo Mussolini, in «Giornale del Friuli», Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, Trieste 1983, pp. 143-149. 6 marzo 1926. 12. Sul 1848 in Friuli G. MARINI, Il primo risorgimento in Friuli, Gaspari edi- 22. «Giornale del Friuli», 6 marzo 1926. tore, Udine 2009. Nello stesso cofanetto sono pubblicate le memorie di D. 23. Il dato biografico è confermato in R. DE FELICE,Mussolini il fascista. La BARNABA, Da 17 marzo a 14 ottobre 1848. Ricordi, a cura di Giuseppe conquista del potere. 1922 -1925, Einaudi, Torino 1966, p. 656. Il diretto- Marini, con un contributo di Stefano Bergagna, Gaspari editore, Udine rio era formato da: Barnaba, Belloni, Cucco, Farinacci, Forges-Davanzati, 2009. Foschi, Grandi, Maraviglia, Melchiori, Panunzio. 13. Sulla figura di Gio Batta Nicoloso e sull’attività produttiva a Buja si veda 24. R. CANOSA, Farinacci. Il superfascista, Mondadori, Milano 2010, p. 92. il bel volume L. NICOLOSO PITZALIS, A. CATTARINO, Fâ madon a 25. Sul fascismo friulano si veda l’opera complessiva più recente A. M. VINCI, Buje. Creps fors grices, Associazion culturâl “el tomât”, Buja 2011, special- Il Friuli. Storia e Società. 1925-1943. Il regime fascista. Istituto Friulano mente alle pp. 99-105 per la Storia del Movimento di Liberazione, Udine 2006, su Pier Arrigo 14. M. DE FRAJA FRANGIPANE, Pier Arrigo Barnaba, Presso la società Barnaba le pp.33-34 e ID., Il fascismo al confine orientale, in Storia d’Italia. tipografica editoriale, Piacenza 1925, p. 7. Le regioni dall’Unità a oggi. Il Friuli-Venezia Giulia, a cura di Roberto 15. Lo storico Mimmo Franzinelli fornisce un’altra versione dell’incidente Finzi, Claudio Magris e Giovanni Miccoli, Einaudi, Torino 2002, pp. automobilistico. Nella cronologia delle azioni squadristiche alla data del 378-513, nonché l’ancor valido studio di M. FABBRO, Fascismo e lotta 22 agosto 1922 scrive: «L’occupazione del municipio di Muzzana del politica in Friuli (1920-26), Marsilio editori, Padova-Venezia, 1974. Sul Turgnano (UD) è funestata da un grave incidente automobilistico di cui è carattere del fascismo friulano A. LEONARDUZZI, Storiografia e fascismo vittima il caposquadra Pier Arrigo Barnaba». Si veda M. FRANZINELLI, in Friuli. Partito, gruppi dirigenti e società, in «Italia contemporanea», n. Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista. 1919-1922. Mon- 177, dicembre 1989. dadori, Milano 2003, p. 390. 26. R. DE FELICE, Mussolini il fascista. L’organizzazione della Stato fascista. 16. N. E. BARNABA, La famiglia Barnaba dei signori di Buja attraverso le 1925-1929., Enaudi, Torino 1968, p. 57. Il direttorio era formato da: guerre dell’indipendenza d’Italia, Tipografia mutilati, Udine 1923. Il nome Forges-Davanzati, Masi, Barnaba, Maraviglia, Mazzolini, Melchiori, Tura- dell’Autore è ricavato dal testo. All’interno della pubblicazione compa- ti, Ricci. re la nota: «A mio padre…nel giorno che al figlio suo Pier Arrigo viene 27. Il documento è pubblicato sul sito: www.barnabadibuja.it. consegnata la medaglia d’oro al valor militare, Buja 8 dicembre 1922». In 28. Zaniboni a Buia. Nella casa della Pauluzzi, «Giornale del Friuli», 8 novem- appendice è pubblicato l’albero genealogico della famiglia Barnaba. bre 1925. 17. P. MENIS, Dal Partito popolare Italiano, op. cit., pp. 58-59. 29. Ivi.

136 137 30. Ivi. il fascista. La conquista del potere. 1921-1925, Einaudi, Torino 1966, pp. 31. Il Processo Zaniboni, p. 114. 133-134. 32. L’unico scritto con elementi biografici è C. RINALDI,I deputati del Friuli- 41. R. DEFELICE, Mussolini il fascista. La conquista del potere, op. cit., p. 605. Venezia Giulia a Montecitorio dal 1919 alla Costituente, vol. II, Regione 42. L. PUPPINI e M. PUPPINI, Socialisti, Popolari, Fascisti nella Tolmezzo Autonoma Friuli-Venezia Giulia, Trieste 1993, pp.771-777. Molto impor- del primo dopoguerra, in G. Ferigo, L. Zanier (a cura di), Tumieç, Società tante per la ricostruzione del fallito attentato il già citato opuscolo: G. A. Friulana, Udine 1998, pp. 219–232. GRIMALDI, Zaniboni racconta…perché non partì la pallottola fatale e libe- 43. T. ZANIBONI, Testamento spirituale, op. cit., p.14. ratrice…, Periodici Epoca, Roma 1945. Si veda inoltre alcune annotazioni 44. G. A. GRIMALDI, Zaniboni racconta, op. cit., pp. 12-13. autobiografiche in T. ZANIBONI,Testamento spirituale. Ricominciamo a 45. R. DE FELICE, Mussolini, il fascista. La conquista del potere, op. cit., p. vivere (se vi pare), Baldini e Castoldi, Milano 1949, pp. 8-17. 635. 33. T. ZANIBONI, Cooperazione agricola: relazione per il congresso provinciale 46. T. ZANIBONI, Testamento spirituale, op. cit., p. 16. dei lavoratori della terra tenuto in Mantova il 9 marzo 1914, Tip. La provin- 47. Il fatto è riportato da M. FRANZINELLI, I tentacoli dell’Ovra. Agenti, ciale, Mantova 1914. collaboratori e vittime della polizia politica fascista, Bollati e Boringhieri, 34. Tito Zaniboni narrò quelle vicende militari in un articolo La difesa del Torino 1999, p. 19. Pal Piccolo, in «La Panarie», a. I, n. 2, marzo-aprile 1924, pp. 76-80. Lo 48. G. A. GRIMALDI, Zaniboni racconta, op. cit., p. 21 si veda anche G. scritto si conclude con queste parole: «Per la prima volta, dopo l’azione, ho LETO, Ovra, Fascismo, Antifascismo, Cappelli, Bologna 1952, p. 19. consentito di tener parola d’un fatto che, come tanti altri, sarebbe meglio Della vicenda vi sono altre versioni , si veda ad esempio, quanto scrive P. conservare nel profondo dÈpropri ricordi. Il pubblico e forse con ragio- TOMPKINS, Dalle carte segrete del Duce. Momenti e protagonisti dell’Italia ne, non mostra soverchio interesse (quando non s’annoia addirittura) per fascista nei National Archives di Washington, Marco Tropea Editore, Milano questo genere di ricordi. Oggi maiora premunt…Ho scritto queste note 2001. p. 136 che individua nella contessa Martini la protagonista dell’episo- pensando ad un cimitero silenzioso, bianco di neve, vegliato dalle monta- dio: «Un’amante di Zaniboni – la contessa Martini – era riuscita ad entrare gne del sacrificio. Ivi dormono in pace i cari compagni, i buoni fratelli che in intimità anche con il Duce ed era pronta ad ucciderlo se avesse avuto a caddero per dare sicurtà e pace alla Patria, tregua alla stanca Umanità». disposizione un veleno che non lasciasse tracce. La sua motivazione poteva 35. T. ZANIBONI, Corso di fortificazione campale e difese accessorie agli allievi essere in parte motivata dalle abitudini sessuali di Mussolini, da lei descritto ufficiali mitraglieri “Fiat”, Unione Tipo-litografica bresciana, Brescia 1917. come “particolarmente esigente”, con richieste di amplessi frequenti durante 36. Su Vittorio Cella e la cooperazione carnica L. PUPPINI, Cooperare per vi- i quali si comportava quasi brutalmente. Il piano della contessa per elimina- vere. Vittorio Cella e le Cooperative Carniche 1906-1938, Edizioni “Gruppo re Mussolini era abbastanza strano: disse che il duce si alzava regolarmente gli Ultimi”, Tolmezzo 1988. alle sette del mattino per suonare il violino, dopodiché tuffava il viso in un 37. Si vedano i risultati elettorali in C. RINALDI, I deputati del Friuli-Venezia mazzo di rose per aspirarne il profumo. Era possibile trovare un veleno – Giulia a Montecitorio dal 1919 alla Costituente, op. cit., p. 31. chiese la contessa – che potesse essere aspirato dalle rose? In caso contrario, 38. Sui dati elettorali delle politiche del 1921 anche S. ZILLI, Geografia elettora- esisteva una tale sostanza da mettere nel cappuccino?». le del Friuli-Venezia Giulia. Consenso, territorio e società, Istituto Friulano per 49. A. GRIMALDI, Zaniboni racconta, op. cit., pp. 21-22. la Storia del Movimento di Liberazione, Udine 2000, pp. 51-55. 50. T. ZANIBONI, Testamento spirituale, op. cit., p. 16. 39. Riportato da G. RINALDI, I deputati del Friuli-Venezia Giulia a Monteci- 51. G. A. GRIMALDI, Zaniboni racconta, op. cit., p.10. torio dal 1919 alla Costituente, op. cit., p. 773. 52. T. ZANIBONI, Testamento spirituale, op. cit., pp.16-17. 40. Sul patto di pacificazione e il ruolo di Zaniboni R. DE FELICE,Mussolini 53. Si veda a proposito R. DE FELICE, Mussolini il fascista. La conquista del

138 139 potere, op. cit., p. 600. York, Casa editrice “il Martello”, s.d. 54. Il documento è pubblicato in appendice in R. DE FELICE, Mussolini il 72. Il testo viene ripubblicato in appendice in forma anastatica. fascista. L’organizzazzione dello stato fascista. 1925-1929. Einaudi, Torino 73. Il Processo Zaniboni, pp. 12-13. 1968, p. 508-509. 74. Ivi, p. 13. 55. G.A. GRIMALDI, Zaniboni racconta, op. cit., pp. 24. 75. Ivi, p. 14. 56. Il Processo Zaniboni, p. 118. 76. Ivi, p. 15. 57. Il Processo Zaniboni, pp.129-130. 77. Ivi, p. 16. 58. G.A. GRIMALDI, Zaniboni racconta, op cit, p. 25. 78. Entra in scena una spia autentica del regime, in «Il Corriere degli Italiani» 2 59. R. DE FELICE, Mussolini il fascista. L’organizzazione dello stato totalitario, luglio 1926, riportato da M. FRANZINELLI, I tentacoli dell’Ovra, op. cit., op.cit. p. 509. pp. 19-20. 60. Il Processo Zaniboni, p. 120. 79. C. ROSSI, Il tribunale Speciale. Storia documentata, Ceschina, Milano 61. G. A GRIMALDI, Zaniboni racconta, op. cit., p. 27. 1952, p. 52. 62. Il processo Zaniboni, p. 210 80. Sulla figura di Marisa Romano (Palermo 1903), confidente della polizia 63. Ivi. politica poi dell’Ovra M. FRANZINELLI, I tentacoli dell’Ovra, op. cit., p 64. Q. NAVARRA, Memorie del cameriere di Mussolini, preceduto da Stefano 19 e M. CANALI, Le spie del regime, Il Mulino, Bologna, 2004, p. 725. Benni sull’arte del servire, L’ancora del Mediterraneo, [Napoli] 2004. pp. 81. Su questo argomento e sull’attività spionistica della Romano: C. FIOREN- 28-29. TINO, Spie di Mussolini all’ombra di S. Pietro, in “Nuova Storia Contem- 65. B. MUSSOLINI, Opera Omnia, Dal delitto Matteotti all’attentato Zanibo- poranea”, a. II, n.4, luglio-agosto 1998. ni, (14 giugno 1924-4 novembre 1925), vol. 21 a cura di Edorardo e Duilio 82. Il processo Zaniboni, p. 193. Susmel, Vol. 21, , La Fenice, Firenze, 1956, p. 439. 83. G. A. GRIMALDI, Zaniboni, op. cit., p. 19. 66. Ivi, p. 444. 84. Il processo Zaniboni, pp. 66-67. 67. Fa riferimento a bosco della Quartarella, luogo dove venne rinvenuto il 85. Il processo Zaniboni, p. 87. cadavere dell’onorevole Giacomo Matteotti. 86. Ivi, p.24. 68. L’Italia salvata da una immane sventura, in «Il Giornale del Friuli», 5 87. Riportato da M. PUPPINI, Il processo Zaniboni, op. cit. p. 17. novembre 1925. 88. ASU, Prefettura, Ufficio di Gabinetto, B.001 f. 005 “Attentato contro S.E. 69. Ora in G. SALVEMINI, Scritti sul fascismo, vol. II, a cura di N. Valeri e A. il Presidente del Consiglio”. Merola, Feltrinelli, Milano 1966, pp. 239-243. 89. Il Processo Zaniboni, p. 195. 70. ASU, Prefettura, Ufficio di Gabinetto, B.001 f. 005 “Attentato contro S.E. 90. Ivi, p. 238. il Presidente del Consiglio”: «È indispensabile troncare gara informazioni 91. Ivi, p. 239. giornalistiche più o meno fondate intorno attentato Zaniboni et soprattutto 92. Il Processo Zaniboni, pp. 239-240. circa indagini polizia istruttoria giudiziaria stop Su tale argomento tutti 93. Il Processo Zaniboni, p. 230. giornali, cominciando da fascisti si limiteranno pubblicare notizie Stefani 94. Il Processo Zaniboni, p. 231. stop Naturalmente nessuno ostacolo alla discussione forme convenienti 95. Ivi, p. 234 causa et ripercussioni politiche dell’attentato et alla cronaca manifestazioni 96. Ivi, p. 235 che esso va determinando. Attendo assicurazioni Federzoni». 97. Ivi, p. 236 71. C. TRESCA, L’attentato a Mussolini ovvero il Segreto di Pulcinella, New 98. Ivi, pp. 236-237.

140 141 99. Riportato da M. PUPPINI, Il processo Zaniboni, op. cit., p. 36. 117. A. DEL BOCA, Gli italiani in Africa Orientale. La caduta dell’impero, vol. 100. Ivi. 3, Mondadori, Milano 1992, p. 547. 101. Ivi, p. 37. 118. Desumo questa informazione da S. BERGAGNA, Pier Arrigo Barnaba. 102. Ivi Fascismo e antifascismo a Buja Sulla morte di Nicoloso si deve registrare 103. Riportato da M. PUPPINI, Il Processo Zaniboni, op. cit, p. 38. una versione differente che lo vede coinvolto nell’eccidio di Mogadiscio 104. Una suggestiva ipotesi individua invece come la borgata di Monte di Buja dell’ 11 gennaio 1948. Si veda a proposito A. DEL BOCA, Gli italiani in la località ove si svolse il convegno. Sulla sommità della collina era ed Africa Orientale. Nostalgia delle colonie, vol. 4, Laterza, Roma-Bari, 1984, tuttora presente una croce. ripubblicato Mondatori, Milano 1992, p. 184. 105. R. O. COLLIN, La donna che sparò a Mussolini, Rusconi, Milano 1988. 119. G. ANGELI, La resistenza unica di Buja, Associazione partigiani «Osoppo 106. L. DEL BOCA, Il dito dell’anarchico. Storia dell’uomo che sognava di uccide- Friuli», Udine 2006, p. 30. re Mussolini, Piemme, Casale Monferrato 2000. 120. Documento in possesso del nipote Valter Nicoloso, che ringrazio sentita- 107. B. DELLA CASA, Attentato al duce. Le molte storie del caso Zamboni, Il mente per la collaborazione. Mulino, Bologna 2000. 121. I documenti da cui sono tratte le citazioni sono pubblicati in A. PELLE- 108. Sul processo di Chieti e la figura di Dùmini G. MAYDA, Il pugnale di GRINO SCAFATI, La Società Operaia di Mutuo Soccorso ed Istruzione Mussolini. Storia di Amerigo Dùmini, sicario di Matteotti, Il Mulino, Bolo- di Cividale del Friuli. 1915-1940, SOSMI, CIvidale del Friuli 2002, pp. gna 2004. 62-63, p. 66. 109. Riportato da M. FRANZINELLI, I tentacoli dell’Ovra, op. cit, p. 21. 122. Sulla cronaca di quei giorni S. CORVISIERI, La villeggiatura di Mussolini, 110. P.MENIS, Dal Partito popolare alla Democrazia cristiana, op. cit. p. 55. Il confino da Bocchini a Berlusconi, Baldini Castoldi Dalai editore, Milano 111. Devo la segnalazione di questo documento al dott. Stefano Bergagna. L’ori- 2004, pp. 279-280. ginale si trova presso l’Archivio Centrale dello Stato, Segreteria Particolare 123. P. NENNI, Tempo di guerra fredda. Diari 1943-1956, a cura di Giuliana del Duce CR b.79. Nenni e Domenico Zucàro, Sugarco edizioni, Milano 1981, pp. 23-24. 112. G.A. GRIMALDI, Zaniboni racconta, pp. 36-37. L. M. DIES, Istantanea mussoliniana a Ponza.Rivelazione di un documento 113. ASU, B. 073 f. 238 “20 Buia” 124. storico ponziano, Tip. Athena, Roma 1949. 114. Archivio di Stato di Udine (ASU) Fondo della Prefettura di Udine, Archi- S. LUZZATTO, Il corpo del duce, Einaudi Torino, p. 167. vio di Gabinetto, b. 073 f. 238, “20 Buia”. 125. Il fatto è riportato da C. RINALDI, I deputati del Friuli-Venezia Giulia a 115. Ivi, Da una lettera al Prefetto della Legione Territoriale dei Carabinie- 126. Montecitorio dal 1919 alla Costituente, vol. II, Regione Autonoma Friuli- ri reali di Padova – Divisione di Udine. 26 luglio 1934 si trova scritto: Venezia Giulia, Trieste 1993, p. 777. «Dopo l’amnistia del decennale (1932) e conseguente liberazione del noto 127. ATTI PARLAMENTARI, Camera dei Deputati, Seduta di sabato 15 Nicoloso Ferruccio, gli aderenti della corrente Barnaba provocarono in luglio 1950, p. 20948. Buia una vera e propria guerra: il cugino Dott. Nicoloso di Maiano venne 128. Ivi, p. 20949 diffidato a ospitarlo anche temporaneamente; vari fascisti, vecchi amici del 129. Ivi, p. 20950 Nicoloso con il quale avevano avuto in passato rapporti di affari, vennero pedinati ; i fascisti Troiani Mario, Tessaro Valentino, Buzzi Carlo, Ridolfo Cirillo, Persello Ranieri, sospesi dal partito per mesi 6 per avere avvicinato il Nicoloso». 116. Ivi.

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