PER RICORDARE 1 Per Luca Canali Tutte le volte che l’ho incontrato, nella sua casa, era in compagnia di un piccolo cane con gli occhi vispi rannicchiato su un tappeto. Cominciava a parlare, Canali, con distacco, quasi misurando i termini come per affrettare la visita e poi si scioglieva e discuteva e chiedeva e giudicava e proponeva. E non si accorgeva del tempo che passava. Dal 2005 aveva una sua rubrica su questa rivista. A ricordarlo nelle pagine che seguono, Maria Pellegrini, per vent’anni assidua collaboratrice di tanti lavori latini e Alessandro Fo, amico “da lontano”. Quello che segue è il suo ultimo contributo preceduto da una lettera del 22 maggio scorso, che porto a conoscenza dei lettori.

Gentile signora D’Oria, ho pronti qui dei brevi racconti inediti, scritti nel mese di marzo scorso, quando cominciavo a riprendermi, ora sono di nuovo in ospedale e non posso inviarle un pezzo per lo spazio che lei mi riserva nella sua rivista. Ho pensato di sottoporle questi racconti. Potrebbe usarli tutti e quattro insieme (ci sono anco- ra i “chicchi”?) oppure singolarmente per la rivista. Per ora non me la sento di preparare qualche altra cosa per lo spazio che Lei mi lascia a di- sposizione. Se vuole può metterli uno alla volta anche là. Nell’impossibilità di utilizzarli, me lo dica francamente, cercherò di rivolgermi altrove. Non scambi queste parole per arroganza, che in questo momento è l’ultima cosa che posso esibire. Con la lunga e profonda amicizia che mi lega a Lei da tanti anni, La saluto caramente

Luca Canali

Luca Canali Pippo, il più coraggioso di noi e forte (era cam- Breve racconto di montagna, pione laziale di lotta greco-romana) fece qual- poi di città che passo verso di loro porgendo un pacchet- to di nazionali come gesto pacifico. Solo allora Era il tramonto d’una gelida giornata di no- il più alto e snello delle ombre, allungò un brac- vembre (3 o 4 gradi sottozero) di quel triste e cio verso il pacchetto, e con destrezza e levità tragico novembre dopo l’armistizio fra l’Italia del gesto ne estrasse tre sigarette smettendo sconfitta e le Potenze Alleate, l’armistizio di di tremare e scoprendo in un sorriso una splen- Cassibile, il re in fuga, l’esercito italiano disfat- dida chiostra di denti, messasi fra le labbra una to. Pippo, Dario ed io, per metterci in salvo dai di esse, porse le altre due ai suoi compagni. tedeschi nascosti lassù nella frazione dei miei Fece poi un passo verso Pippo facendo un ge- avi dal nome strano, Buda, quota 1020 s.l.m., sto che significava richiesta di fiammiferi per sul ciglio montuoso di quell’altipiano chiamato accendere. Pippo lo accontentò traendo fuori in dialetto le prata toste, circondato da altre fra- dalla tasca una scatoletta di prosperi da cuci- zioni – Coronella, Trignano, La Villa, San Gio- na. Anche Dario e io ci avvicinammo ai tre le venale, Pianezza, e infine Terzone, frazione- cui labbra gelate stentavano a trattenere la si- madre, a sua volta frazione di Cascia –, guar- garetta malamente accesa, e anch’essi sorri- davamo infreddoliti, ma curiosi, tre ombre mal- denti e grati come l’uomo più alto, che doveva vestite e tremanti, coperte di sola camicia e essere il loro capo e parlava con difficoltà ma qualche golf slabbrato e consunto, immobili riuscendo a farsi capire con qualche parola sullo sperone del Colle dei Mandorli aggettan- d’italiano. te sul fontanile dove di giorno contadini e car- Pippo approfondì il buon rapporto indicando bonai portavano a bere i loro animali. il viottolo fangoso che immetteva nel povero e Ci avvicinammo. Le ombre non si mossero. ristretto abitato, e fece strada al gruppo. Io sa- 2 PER RICORDARE pevo qualche parola di più della lingua con cui me politico, ma intanto nelle sezioni del PCI e si era espresso l’uomo dalla snella e alta om- in quelle del MSI, allora guidati dallo stesso se- bra: l’inglese. E potemmo ora conoscere la sto- gretario del partito, Almirante, continuarono gli ria delle “ombre”. Bussammo alla porta di una scontri. La conseguenza di ciò per necessità di quelle povere case e ricevemmo accoglienza difesa di entrambi gli schieramenti fu la costitu- (del resto noi tre eravamo rampolli di famiglie zione di piccoli reparti speciali (dalle due alle budane). Sapemmo che erano ufficiali dell’Ar- cinque/sei persone particolarmente attrezzate mata britannica – uno era tenente colonnello, sia fisicamente che ideologicamente) all’inter- uno tenente e uno sergente maggiore di Nottin- no del più vasto e a suo modo potente servizio gham – fuggiti da un campo di concentramen- d’ordine di ogni partito. Per costituire questi to subito dopo l’armistizio e in marcia a piedi piccoli reparti speciali furono designati alcuni verso Ortona sull’Adriatico (dunque una lunga selezionatori. Ovviamente essi erano costituiti marcia) dove si sarebbero potuti ricongiungere soprattutto da volontari tenuti a rappresentare con i commilitoni agli ordini del generale Mon- la parte più appassionata degli schieramenti tgomery, capo dell’VIII Armata britannica, diret- ma con limiti ben precisi che significavano lot- to a Nord secondo gli ordini del quale avrebbe- ta e scontri anche violenti, ma non feroci. Si do- ro cercato di vincere il sanguinoso duello con i veva cioè “picchiare” e difendersi con durezza tedeschi. Seduti intorno a un tavolo zoppicante e passione, ma non morire per un ideale che ma fornito di un’ottima “spianatora” sulla quale prevedeva sempre il miglioramento del rappor- una robusta donna – moglie di uno di quei car- to fra gli uomini e gli ideali politici. bonai che nei boschi sovrastanti facevano il Il mio gruppo era molto forte: Gubini e Can- carbone e quindi più agiati dei contadini e dei fori nel quartiere Trevi-Colonna, l’intera fami- pastori – rovesciò un paiolo di polenta bollente glia dei Franceschi, robusti artigiani del ferro, al sulla quale pose appetitose salsicce fumanti. rione Ponte-Parione, Tarzan e “il Madonna” a Per tutti noi, ma soprattutto per gli inglesi fu un Regola-Campitelli, Zimbo (nomignolo dovuto passare dall’inferno al paradiso. Ricambiarono alle vittorie nelle gare di boogie), Pizzina e Trip- tanta generosità con belle trecce di tabacco pa al Testaccio. Confinavamo con il gruppo te- chissà come e dove ottenute. Rimasero per tre mibile dei gasisti motorizzati della Romana giorni con noi a Buda, in una casa disabitata. Gas, al quartiere Ostiense, capeggiati da “er Facemmo amicizia. Poi essi ripresero la marcia Cocomero”, il famoso Bologna, bodyguard di verso Ortona, dopo averci lasciato un biglietto, Togliatti nei comizi. Paralleli a noi quelli di Edo- scritto dal loro capo, di cui sapemmo il grado ardo D’Onofrio, ex operaio tubista al quale, al- militare e civile: tenente colonnello e lord della la fine dei comizi i popolani di Roma, quasi tut- Camera dei Pari. ti artigiani e operai, che lo avevano ascoltato, In bella scrittura ma pessima grammatica il urlavano in coro: “Edo, dacce er via”; “er via” lord ci offriva ospitalità a Londra, finita la guer- era la licenza a fare la rivoluzione, che invece ra che sicuramente – ci disse – avrebbero vin- non si doveva fare. ta loro. Zimbo del mio gruppo, era stato artigiano, “Good luck”, da parte nostra. Li vedemmo gommista e fidanzato con la ragazza più bella allontanarsi sull’erba mista a neve e fango del- di Testaccio, oltre che scavatore di soldati yan- le prata toste, ben coperti da maglioni qua e là kies, caduti in guerra nella pineta di Tombolo; e stracciati ma pesanti, e persino da una vecchia lì aveva conosciuto, diventandone amico, il pelle di montone che probabilmente avrebbero grande poeta Ezra Pound, fascista ideologico, usato a turno nei luoghi più freddi, tutti indu- segregato nel campo di concentramento pres- menti ottenuti in generoso omaggio da quei so Pisa. Il vecchio Pound gli aveva regalato carbonai. una redazione cartacea e autografa di uno dei suoi famosi Cantos.

Picchiatori Tanti anni dopo incontrai Zimbo a una festa dell’Unità; lui era alto e sempre snello, robusto Subito dopo la guerra, come era prevedibi- e persino elegante a fianco della bellissima le, cominciò una serie di violenti scontri tra cit- moglie, e sempre cordialissimo con me. Al mo- tadini di opposte fazioni o partiti. Il segretario mento di salutarmi, estratto dal portafoglio un generale del PCI, Togliatti, intervenne dura- vecchio e un po’ consunto foglio di carta scritto mente più volte contro tale deplorevole costu- con calligrafia minuta, me lo regalò dicendomi: PER RICORDARE 3

“Tu sei un intellettuale, un grande latinista si di- era ormai a pochi passi da me; poi le fui faccia ce in giro, Ezra Pound è più adatto a te che a a faccia e vidi un volto coperto di fumo e di san- me, umile gommista”. Gli capitò fra le gambe gue, un’espressione selvaggia, un fucile punta- un pallone con cui stavano giocando dei ragaz- to, occhi iniettati di sangue. Erano soldati ame- zi membri d’uno stanco PD. Lui lo calciò con ricani reduci da selvaggi e lunghi scontri – pen- energia, e il pallone volò altissimo fra lo stupo- sai – e fui così ingenuo e imprudente da rivol- re di ragazzotti d’aspetto medio-borghese. germi a quell’uomo e chiedergli: “Are you ame- Senza dire altro, Zimbo e io ci salutammo rican?” E quello rispose “Yeah! ” Mi spaventai e con un abbraccio che quasi mi stritolò la cassa corsi indietro: pensai scioccamente che la ri- toracica. E ci allontanammo, io con quel prezio- sposta di quell’uomo d’aspetto belluino fosse so Canto del vecchio Pound, lui stretto al brac- uno “ja!” tedesco e fantasticai un possibile tra- cio di quella splendida donna che era sua mo- vestimento di soldati tedeschi. Mi salvò dal ter- glie. Ma io non ero allegro. Lui invece sì, anche rore il proseguire sempre agguerrito ma tran- se era indifferente all’alternativa Renzi-Letta- quillo della “serpe” che prese ad allargarsi. Per Cuperlo: gli bastava essere stato un picchiato- di più quello strano cigolio era divenuto più for- re, ma non feroce, di appassionata fede togliat- te, ma non aggressivo: lo emettevano i cingoli tiana, nonché un campione nazionale di boogie di giganteschi carri armati, forse i famosi e amico di Ezra Pound, al fascismo del quale – Scherman, che ora addirittura si fermarono e mi disse – lui non aveva mai creduto. “si aprirono”, cioè si scoperchiarono e i soldati scoprirono la testa anch’essa sporca di sangue e fumo, ma con espressione amichevole e ad- Il bene e il male della Storia dirittura sorridente. Alla gente che si rovesciava felice nelle Per tutto il pomeriggio avevano tuonato, strade cercando di acchiappare a volo i barat- sempre più vicini, colpi di cannone e persino si toli di corned beef e fagioli, ma anche i pac- erano udite raffiche di mitraglia. Evidentemen- chetti di Chesterfield, Marlboro, Philip Morris te erano armi pesanti e di medio calibro messe che i carristi americani gettavano alla folla che in azione da reparti della V Armata americana si era radunata. Le ragazze italiane si fecero comandata dal generale Clark. Sbarcati ad An- audaci, salirono sui tank, familiarizzarono con i zio, e dopo durissimi combattimenti contro re- carristi. Via del Babuino brulicò di gente in fe- parti della Wehrmacht, ma anche di paracadu- sta che si trasferì in Piazza del Popolo, subito tisti tedeschi, e riusciti a penetrare in terrafer- trasformata in immensa sala da ballo. Ma al ma, erano giunti non lontano da Roma ed esat- tempo stesso risuonarono secchi e tragici colpi tamente nella zona di Cisterna e Minturno do- di fucili. Pochi, ma sempre troppi, di quegli uo- ve i tedeschi si erano attestati. Tuttavia Roma mini caddero al suolo morti. Era l’altra faccia sarebbe presto caduta. Alle ore 20 di quel gior- della guerra, erano i “cecchini” che da qualche no di giugno eravamo tutti ansiosi, tutti chiusi in finestra sparavano sulla folla, erano cittadini casa per il coprifuoco. Abitavamo in una traver- italiani fascisti, forse non vili né criminali, ma sa di Via del Babuino, e partendo da Piazza di “fedeli” al Duce. La Storia non può mai mutarsi Spagna cominciò a farsi sentire uno strano ru- in qualcosa di lieto. La sala da ballo non può more, uno strano e ancora lontano cigolio per evitare di trasformarsi in mattatoio. noi inspiegabile. Incuriosito, e contro l’energica proibizione di mia madre, mi precipitai per le scale e atterrai sui sanpietrini di Via di Gesù e Grizly Maria, al numero 25 dove abitavamo. Impru- dentemente raggiunsi il vicinissimo angolo con In Via Gesù e Maria, proprio sotto casa no- Via del Babuino e lì un po’ mi appostai e scor- stra, echeggiarono tre colpi di pistola in rapida si una strana “serpe” buia che strisciava, avan- successione. Mia madre ed io ci affacciammo zando lontana lungo entrambi i muri della via. subito e anche alle finestre degli altri apparta- Non ci misi molto a capire cos’era quella dop- menti contigui al nostro c’era gente incuriosita pia “serpe”: era una doppia fila di soldati che e soprattutto impaurita. A tutti apparve uno lentamente e con somma cautela, e fucili e mi- spettacolo sinistro: davanti a un ambiguo alber- tra spianati, strisciava contro i muri dirigendosi guccio giaceva disteso immobile e certamente verso Piazza del Popolo. senza vita il corpo di un ufficiale tedesco tra La “serpe” che strisciava dalla mia parte, l’ingresso dello stesso alberguccio e un mag- 4 PER RICORDARE giolino bianco con la porta spalancata. La via, mano al berretto nero scattando sull’attenti e ci dopo pochi minuti, fu bloccata da SS che pre- disse: “Non dimenticatevi di me, Grizly, come sero ad arrestare uno dopo l’altro tutti i gestori vedete ho il nome di un orso bruno.” dei negozi e dei laboratori artigiani che costitui- Quel gruppo si allontanò quasi con tristezza vano la popolazione di quella traversa, che por- e lo vedemmo entrare in una nota drogheria di tava da Via del Babuino a Via del Corso, e a Via del Babuino, dove certamente andarono a spingerli in fila tutti contro il muro. L’angolo con dimenticare nell’alcol la loro strana sorte di ter- Via del Babuino era invece presidiato da un ribili repressori bellici e forse di una metaboliz- piccolo gruppo di marò della X flottiglia MAS zata servitù ai tedeschi. con i mitra spianati. Nella via apparvero anche Sollevati e anche un po’ divertiti, mia madre alcuni carabinieri che insieme a un paio di SS e io trasformammo la nostra fuga in una pas- cominciarono a entrare nei portoni e a salire le seggiata fino alla fioriera di Trinità dei Monti, scale delle case e fare altri arresti e soprattutto poi andammo ognuno per la sua strada, io ver- a investigare. so la città universitaria, lei, tornando indietro, Mia madre compì subito un’operazione do- alla nostra cucina dove aveva bruciato i perico- lorosa, ma per lei necessaria per la nostra sal- losi biglietti dei prigionieri inglesi. Subito si de- vezza. Sotto una mattonella, alquanto scon- dicò alla preparazione del nostro pranzo fami- nessa rispetto alle altre del pavimento, avevo liare, pensando forse alla stranezza di quella nascosto alcuni attestati di gratitudine di prigio- splendida giornata di aprile, al povero capitano nieri inglesi evasi dai campi di concentramento Wolf ucciso e all’omicida arrestato dalla polizia e in marcia faticosa verso Ortona a mare, dove militare. speravano di ricongiungersi con i reparti del- I miei genitori ed io ci sedemmo a tavola da- l’Ottava Armata britannica che stava marcian- vanti a un piatto fumante di zuppa di lenticchie, do verso il Nord d’Italia. Insieme a due amici li ma con il pensiero rivolto a Grizly. avevamo intercettati alla frazione di montagna nella quale ci eravamo rifugiati dopo esserci al- lontanati da Roma, dove dopo l’armistizio di Maria Pellegrini Cassibile i tedeschi, infuriati per il tradimento Ritratto di Luca italiano, avevano preso a deportare e a spedi- re verso i forni crematori quanti più ebrei pote- Non sempre la “misura” e il perfetto equili- vano ma anche comuni cittadini che non ave- brio sono caratteri positivi di una vita e di ogni vano “rispettato” la ferma militare anticipata di comportamento umano, come riteneva il poeta un anno, e avevano perciò la sorte segnata. latino Orazio. Forse è più giusto pensare che Noi tre avevamo aiutato e assistito quegli qualche balzo “sopra le righe” sia un comple- inglesi in fuga, che ci avevano lasciato quei fo- mento fecondo dell’abituale compostezza. Lu- glietti che ora mia madre aveva bruciato. Poi ca Canali non riusciva a raggiungere nel vivere mi prese sottobraccio e con la sua consueta quotidiano quell’armonia, quella “misura” che energia, quasi mi trascinò in strada raggiun- ricercava nella scrittura e nello stile dei suoi li- gendo Via del Babuino, dove però i marò della bri pur essendo la sua prosa articolata seguen- X MAS fermavano tutti. Li raggiungemmo, ab- do quella tecnica che i latini definivano climax, bozzando un sorriso. C’era il loro capo, un gi- cioè un martellante crescendo di tono per rap- gante che spostò la canna del mitra dalla no- presentare il materiale eterogeneo di cui è stra traiettoria e sorridendo anche lui ci fece composta l’esistenza umana. Ho sempre am- segno di passare e disse: “Hanno scoperto che mirato le creazioni letterarie o artistiche che na- il capitano Wolf è stato ucciso da un suo pari scono da intelligenze psichicamente ferite ma grado che si stava godendo la sua amante in animate da illuminazioni geniali, per questo ho una di quelle camerette di quell’alberguccio da seguito sempre con interesse Luca Canali che due soldi. Voi siete madre e figlio, no? Brava dall’esperienza del dolore psichico e della sua mamma che non ha avuto paura d’incontrarci, “follia lucida” (titolo di una suo volume di poe- mentre tutti ci ritengono bestie feroci, e anche sie) aveva tratto ispirazione per scrivere versi e lo siamo. In ogni modo tenetevi al riparo da al- romanzi nei quali traspare il senso della preca- tri nostri camerati meno indulgenti di noi.” rietà di ogni esistenza e del dolore del mondo. Evidentemente, malgrado il suo aspetto tru- La scomparsa di questo insigne latinista e culento era stanco pure lui della guerra. studioso, sebbene nel feroce ordine naturale Diventato triste ci salutò militarmente con la delle cose, rappresenta una grave perdita per PER RICORDARE 5 la cultura essendo un raffinato interprete del potere liberatorio e di denuncia contro l’ingiusti- mondo antico latino ed esponente di una colta zia che domina nel mondo, contro la ricchezza e rigorosa classe di autentici scrittori, con una così mal distribuita, contro la violenza degli uo- concezione della letteratura priva di aspirazio- mini e delle istituzioni, contro la numerosa let- ne al facile successo con l’ostentazione di “ef- teratura di consumo e di cassetta, contro la fetti speciali”. Pur se uno spirito “democratico” pratica della vivisezione, contro i tagli indiscri- traspare in tutti i suoi scritti e ha improntato la minati alla cultura, contro la deriva del capitali- sua vita, l’ombra di un gusto “aristocratico” smo trionfante che sta facendo delle nostre cit- aleggia in numerosi suoi articoli che denuncia- tà centri commerciali, contro l’abbandono della no il fastidio – ma non il disprezzo – per ogni cultura umanistica, unico baluardo per fermare forma di grossolanità di comportamento diffusa l’Attila che è in noi; contro gli uomini che do- a tutti i livelli della società. vrebbero essere preposti a rendere il nostro Cosa potrei dire in memoria di Luca Cana- tempo gradevole e invece finiscono per diffon- li? Ricordi e pensieri legati a vent’anni di fre- dere prodotti di un livello spesso così basso da quentazione quotidiana stentano a tramutarsi essere causa del diffondersi di una pseudocul- in parole e rimangono imbavagliati da lacci in- tura di massa e di un sempre maggiore allonta- visibili, ma tenterò di scriverne un ritratto anche namento dal buon gusto o dall’autenticità del riportando alcuni lati del suo carattere nel rap- divertimento. Durissime le sue parole contro la porto con gli altri e con la vita di ogni giorno. rovina del mondo naturale, la trasformazione Luca Canali attribuiva alla parola scritta un del nostro intero mondo in un immenso matta-

Luca Canali nella sua casa, 2011 6 PER RICORDARE toio, luogo di totale carnalità torturata e sop- avvenisse nel mondo culturale e in particolare pressa. Partecipava sempre con sgomento al in quello dell’editoria; aveva l’abitudine di giudi- destino dei vinti e ricordava spesso una frase care con molta severità i libri che gli erano in- dell’Eneide virgiliana, detta da Enea ai suoi viati dalla case editrici, tuttavia ammirava le concittadini in fuga dall’incendio di Troia: Unica acuzie intellettuali e le soluzioni stilistiche origi- salvezza ai vinti, non sperare alcuna salvezza. nali di tanti autori, ma non sapeva trattenersi Come Lucrezio, Canali considerava la sto- dal condannare senza mezzi termini una scrit- ria dell’umanità senza paradisi terrestri né età tura che ritenesse sciatta o volgare tanto da dell’oro, interamente svoltasi sotto il segno del- sfiorare la pornografia. Non amava nelle con- la dura necessità e della brama di ricchezza e versazioni i luoghi comuni e non sopportava di potere, oltre che di un incessante progredire l’esaltazione dei critici per romanzi che consi- della tecnologia troppo spesso messa al servi- derava “stagionali” e le presentazioni in televi- zio delle stragi belliche anziché del benessere sione sognate e inseguite anche da modesti umano. Si lamentava della società dominata scrittori. La sua vis polemica si esprimeva tal- dalla dismisura in tutte le sue forme e riteneva volta con livore, odiava il mercato delle recen- importante che ognuno trovasse la propria mi- sioni e lo sgomitare per entrare nella finale dei sura e il proprio stile anche a costo di essere premi importanti. emarginato e sconfitto, ma poi il suo quotidiano Non era tutto rose e fiori lavorare con lui. Vi- era improntato alla dismisura fino a cedere a veva sotto l’opprimente cappa del presente ne- un eccesso di vitalismo produttivo. La scrittura, gativo. Periodicamente mi ordinava – il tono di nel suo caso, era la droga quotidiana. Aveva voce con il quale mi incaricava di svolgere sempre mille progetti in mente, lettere da scri- qualche incombenza era inequivocabilmente vere, nuovi libri, nuove traduzioni. Il telefono perentorio – di andare in biblioteca a consulta- era il suo contatto con il mondo e attraverso il re pubblicazioni su un argomento o opere di telefono contattava editori, uffici stampa, capo- autori latini che aveva in mente di tradurre. Tor- redattori di giornali per proporre un suo libro, navo con fotocopie o libri presi in prestito alla un’idea, un articolo su eventi o letture che lo Nazionale, ma nel frattempo già aveva deciso, avevano particolarmente interessato. Non ave- aveva parlato con qualche editore – “andava va un buon carattere, credo che molti siano gli dall’editore come si va dal dottor Freud” ha det- editori che avranno ricevuto qualche sua lette- to Roberto Pazzi in una recente intervista –. ra non proprio gentile. Spesso mi rifiutavo di Voleva subito mandare il progetto del libro con copiargli lettere scritte con acrimonia e livore ri- una scheda e l’incipit della prevista pubblica- volte ad amici, colleghi, editori, e allora spedi- zione che doveva essere messa in cantiere im- va l’originale vergato a mano. A questo si deve mediatamente. Il mio compito era di cominciar- il suo vagabondaggio editoriale. ci subito a lavorare, fosse pure Natale o Capo- Le numerose e non sempre dolorose espe- danno. Ogni giorno lo viveva come fosse l’ulti- rienze della vita ne avevano sensibilizzato mo della sua vita. Mi metteva al corrente di co- l’animo, capace di penetrare nella mente e nel me dovevo procedere, ne parlavamo, mi dava cuore altrui e di avere una visione a 360 gradi consigli e già il giorno dopo era in attesa di dell’agire e del pensare umano cogliendo tutta- qualche pagina scritta. Trovavo l’uscio di casa via anche il lato umoristico o grottesco di alcu- aperto per evitare di alzarsi al mio arrivo; en- ne situazioni. Era un uomo pieno di fobie, os- trando fissava l’orologio e mi rimproverava se sessioni, la sua vita era regolata da ritmi quoti- fossi arrivata cinque minuti prima o dopo. Era diani rispettati con rigore. Usciva sempre alla contento di vedermi ma doveva accogliermi in stessa ora, sempre lo stesso percorso, anche il modo burbero per nascondere il piacere della suo pasto era sempre lo stesso da anni. Vive- mia presenza. I primi commenti erano spessi va prigioniero dei suoi tic, del bisogno di sim- anche sul mio aspetto: “Come sei vestita male metria, della sua nevrosi, la Balena Bianca con questa mattina. Sei sciatta.” Oppure se mi ve- la quale ingaggiava ogni giorno un corpo a cor- deva abbigliata in modo più elegante, suppo- po. Tre Tavor al giorno controllavano l’ansia e nendo che dovessi poi incontrare qualcuno al- le tempeste psichiche, spesso senza riuscirvi. la fine dell’ora che mi dedicava, commentava Viveva in solitudine, ma leggeva la stampa e sarcastico: “Oggi ti sei messa un abito d’ordi- aveva contatti telefonici ed epistolari frequenti nanza, dove devi andare, uscendo da qui?” Per con poeti, scrittori, ex colleghi universitari, gio- farmi un dispetto allora mi tratteneva a lungo, vani studiosi, tenendosi al corrente di quanto più a lungo del solito. Lo trovavo sempre sedu- PER RICORDARE 7 to nel suo angolo al bordo estremo del divano mi al telefono sentiva in casa la voce di un ni- poiché non aveva uno studio dove lavorare, potino, chiudeva bruscamente il telefono bo- quell’angolo di divano, illuminato da una lam- fonchiando: “Ti richiamo quando se n’è andato pada, era il suo luogo eletto per scrivere, po- quel marmocchio”. Non voleva che altri distur- nendo sulle ginocchia una rivista che facesse bassero il mio e il suo lavoro. Spesso assume- da supporto ai fogli. Impugnava la penna, una vo un atteggiamento di una madre premurosa bic dall’inchiostro sempre nero ed era pronto con un figlio fragile da proteggere. Mi parlava ad accogliere quanto io portassi di scritto per sempre dei suoi mali, non con tono lamentoso correggerlo con la severità di un purista della ma riferendomi in termini scientifici come un lingua, con l’avidità di un affamato che si getti esperto medico i sintomi e le diagnosi dei suoi su un pasto portatogli in dono. Ero la sua sco- malesseri, mi riferiva l’andamento dei trigliceri- laretta che portava il compito al maestro. A di- di e della bilirubina, del numero dei globuli ros- re il vero era un bravo maestro perché le mie si e bianchi saliti o scesi nelle analisi appena ri- traduzioni diventavano, con pochi ritocchi, poe- tirate. Il sospetto di un peggioramento lo mette- sia e le mie bozze di scrittura dopo i suoi inter- va di cattivo umore. Mi faceva allora telefonare venti prendevano vita come un quadro sotto le e prendere appuntamento con i medici, che mani di un esperto restauratore. Con spirito cri- prontamente accorrevano a visitarlo e subito, tico sentiva il bisogno di analizzare tutto, con acquistati i farmaci prescritti, cominciava a leg- analisi linguistiche e citazioni filosofiche che mi gerne il foglietto accluso. Alla fine decideva lui mettevano in difficoltà. Nella massa aggrovi- se prenderli o no. C’erano a suo avviso “effetti gliata di parole e pensieri che gli portavo sape- indesiderati” per lui non sopportabili. “Buttati al va trovare il bandolo per tentare di districarla. vento i duecento euro dati a quel luminare ac- Voleva anche darmi insegnamenti di vita che corso a visitarmi”, sospirava deluso. Ma presto secondo lui andava vissuta con coerenza. tornava a chiamarne un altro e la diffidenza Coerenza significava per lui – e me lo aveva verso la diagnosi e la cura, era la stessa della appuntato una volta su un foglio – “il logico volta precedente. svolgimento di una ideazione e di un compor- Non c’erano parole che potessi dire per tamento che tengano conto anche delle inevi- tranquillizzarlo. “Non ho bisogno di consigli”, tabili, e talvolta necessarie, varianti che il sem- era la pronta risposta, quando gli suggerivo di plice ‘mestiere di vivere’ comporta, purché que- prepararsi pasti più appetitosi e non soltanto ste non contrastino con il nucleo iniziale ma pasta condita con olio crudo, o nasello conge- centrale della propria moralità, dalla quale di- lato lesso. Si preparava da solo il pranzo e la scendano tutti gli impegni concreti nella propria cena. Qualche volta entrando in casa sentivo vita personale”. Con il suo viso scavato e lo un odore acre di bruciato. Aveva dimenticato sguardo severo era pronto a riprendermi alla sul fuoco qualcosa e sul lavandino giaceva una prima battuta che fosse un’oziosa e inutile ag- pentola annerita. giunta a ogni suo discorso. Non badava ad avere una casa elegante- Ho sempre accettato i suoi rimproveri quan- mente arredata, fino a qualche anno fa circola- do commentava il mio lavoro. Poneva i suoi vano nelle stanze tre gatti e un cane che erano giudizi a lato del foglio con punti interrogativi o la sua compagnia preferita. Il suo amore per gli esclamativi. Se poi scopriva una qualche ine- animali era fortissimo, e non solo per i propri. sattezza, a caratteri cubitali appuntava: “Dove Seguendo l’insegnamento di Gandhi riteneva hai la testa!” Spesso i suoi erano commenti iro- “che tanto più una creatura è impotente, più di- nici che mi mettevano di buon umore, non sop- ritto ha alla protezione dalla crudeltà degli uo- portava l’ovvio, le frasi inutili. Mi sembrava di mini”. Sfamava gatti randagi che incontrava essere tornata a scuola: aspettavo trepidante il nelle passeggiate attraverso il suo quartiere giudizio del professore e i suoi voti. La sua an- scegliendo accuratamente le migliori confezio- sia mi perseguitava, non poteva sopportare di ni variando i gusti perché il cibo fosse ogni gior- non trovarmi a casa per comunicarmi immedia- no diverso, ed era capace di scatti d’ira e ingiu- tamente un qualcosa da aggiungere o esclude- rie plebee se qualcuno si lamentasse di quel re dall’articolo scritto per una rivista, o sapere il suo attirare nei pressi della propria abitazione titolo di un libro che non ricordava, e mi lascia- quelle “bestiacce” sfamandole. Nascevano bat- va alla segreteria dei messaggi intimidatori: tibecchi sull’igiene, il decoro. Si formava un pic- “Se continui ad andartene a spasso, lo finiremo colo circolo di curiosi e gli animi si scaldavano, chissà quando il nostro lavoro!” Se chiamando- ma la severità e il piglio integralista con cui lui 8 PER RICORDARE difendeva il suo operato zoofilo metteva a tace- partamento, arredato da sua madre che lo ave- re le contese. Quando era più in vena di collo- va accolto in casa dopo il fallimento del suo quio aggiungeva “quanto fosse stupida la filo- matrimonio e in preda a una profonda depres- sofia dell’universo antropocentrico smaschera- sione con l’acuirsi del suo male psichico. Non ta ogni giorno dalle pagine dei giornali che do- aveva mai cambiato nulla dell’originario arre- cumentano tutte le abiezioni solitarie o di mas- damento, lo aveva personalizzato aggiungen- sa di cui l’uomo è capace”. dovi solo alcuni quadri, regali di pittori suoi ami- Talvolta lo accompagnavo nella sua pas- ci, e riempito un tavolinetto al centro del salot- seggiata mattutina e lo ascoltavo seguendo to con piccoli soprammobili tenuti in rigorosa l’ariosa trama dei pensieri che lo spingeva al simmetria e nessuno doveva cambiarli di po- racconto di episodi della sua vita crivellata dai sto. Ero investita da un fiume di rimproveri se colpi di un destino non certo felice. Nelle poche per caso spostavo quegli oggetti per far posto frasi, asciutte, semplici, essenziali, che mi rivol- ai fogli che gli portavo. La sua stanza era arre- geva in quelle occasioni, ne ammiravo l’intelli- data con semplicità francescana, una piccola genza, la sicurezza, la tristezza, l’umanità non scaffalatura conteneva pochi libri. Non posse- la pietà, la semplicità non la banalità. Spesso deva le ampie e fitte librerie davanti alle quali rimaneva in silenzio. Ai miei tentativi di iniziare sono ritratti e ripresi nelle interviste tutti gli scrit- una conversazione mi tacciava di non essere tori e uomini di cultura. Dopo averle lette si li- capace di “saper ascoltare il silenzio”. Mi difen- berava, regalandole, delle ultime pubblicazioni devo: “Per capire il tuo silenzio ci vogliono ca- inviate dagli editori. Non possedeva più neppu- pacità magiche come per accordare i colori del- re i molti libri pubblicati nel corso della sua vita, la vita”. Nessuna risposta. E per me tacere in che dava con generosità a chiunque andasse a quel momento diventava un imperativo al qua- trovarlo. Non aveva un archivio della corrispon- le non potevo sottrarmi. denza o manoscritti non pubblicati, né un diario Sulla stampa di questi giorni e anche alla segreto. Aveva lasciato memoria di sé nei suoi radio autorevoli giornalisti e professori universi- romanzi nei quali attraverso i protagonisti si ce- tari ne hanno ricordato le pubblicazioni, elogia- lava sempre qualcosa di se stesso. Voleva la- to la sua vasta cultura, il suo amore per i clas- sciare la “furia del mondo” libero da inutili ba- sici antichi, ma c’è qualcosa della sua genero- gagli e ha lasciato la vita in silenzio volendo in- sità quotidiana che vorrei sottolineare: l’atten- torno a sé solo i suoi cari e gli amici più fedeli. zione per l’umanità più debole, soprattutto gli Con il tempo, durante il lungo rapporto di lavo- extracomunitari che chiedono l’elemosina. Lo ro, scoprii anche i difetti del suo carattere, ma aspettavano all’uscita del supermercato e lui come mi diceva un suo amico : “I cavalli di raz- dispensava a tutti il necessario per poter man- za, scalpitano”. E lui era un cavallo di razza. giare almeno per quel giorno. Non era solo pie- Poliedrico e interessato a quanto si pubblicas- tà la sua, era anche curiosità per quell’umanità se, dalla saggistica alla poesia, dai classici la- derelitta alla quale domandava quali fossero i tini ai romanzi contemporanei, e lui stesso è motivi che li avessero portati nella nostra terra. stato poeta, saggista, romanziere, finissimo Molti erano diventati suoi amici e lo rincorreva- traduttore di classici latini, poeti soprattutto: no chiamandolo “Luca, Luca”. Si fermava a Virgilio, Orazio, Catullo, Lucano, Tibullo, Pro- parlare con loro più a lungo che con qualche perzio, Stazio, Prudenzio, Ausonio, Giovenco. sussiegoso vicino di casa. Chiedeva notizie Gli sarò sempre grata per quanto mi ha inse- delle loro famiglie, e quando una volta un vigi- gnato. le aveva requisito a un giovane africano della È stato fino alla fine un uomo battagliero, merce che vendeva stesa su un tappeto, ave- nonostante la sua logora armatura. Nei suoi ul- va ingaggiato con quell’uomo, così rigoroso nel timi giorni di vita ho cominciato a sentire preoc- suo servizio d’ordine, una discussione tanto cupante la sua improvvisa mitezza, quasi un fervida e convincente che il vigile era capitola- presagio del suo abbandono, del suo arrender- to, travolto dalla dialettica strabiliante di quello si e l’ho visto sempre più scivolare verso la fi- che a lui sembrava un vecchio pensionato, ne- ne. Non gli sarebbe piaciuto vivere senza più anche tanto in buona salute. mète da raggiungere o avvertendo che il suo Da un po’ di tempo non usciva più, cammi- pensiero divenisse confuso. Chi gli ha voluto nava con passo incerto nella sua casa, come bene deve essere contento che il suo viaggio trascinando il peso di una vita intensa trascor- sia finito con la mente lucidissima e ancora pie- sa negli ultimi trent’anni tra le pareti di quell’ap- na di progetti, e immaginarlo approdato in qual- PER RICORDARE 9 che radura luminosa da dove ci osserverà con pena uscita nella BUR, di colui che per me era sorriso sarcastico. stato fino ad allora semplicemente un latinista: La deriva. Luiselli la definì meravigliosa e stra- ziante, e io mi detti subito da fare per trovarla e Alessandro Fo leggerla. Fu in quella circostanza che il “latini- Contro la “regola ferrea di svanire”: sta” cambiò per me identità, e divenne il poeta, occasionalmente latinista. Così anche in segui- Luca Canali e le rovine di Delfi to, quando l’identità prevalente è divenuta agli occhi di tutti quella del romanziere, per me Ca- Maria Pellegrini ha potuto scrivere qui di Lu- nali è rimasto il poeta occasionalmente presta- ca Canali alla luce di “vent’anni di frequentazio- to alla prosa. ne quotidiana”. Nel momento in cui “l’immagi- La narrativa di Canali oscilla fra l’istanza au- nazione” chiede anche a me qualche riga di ri- to-terapeutica di raccontare se stesso e quella cordo, devo cominciare con il riconoscere che di restituire ai suoi autori antichi prediletti una appartengo invece agli amici ‘da lontano’. Ci vita concreta e partecipe della nostra ‘attualità’. siamo sentiti spesso per telefono (“era il suo E sempre il confine fra l’“identikit” del padre an- contatto con il mondo”, scrive la Pellegrini), ma, tico e quello dello scrittore di oggi si dimostra se la memoria non mi inganna, l’ho incontrato labile e anzi intenzionalmente abolito. Il grande di persona un’unica volta. Mi sembra che sia seduttore, vittima però di una fatale vocazione stato quando preparava l’Antologia della poe- all’infelicità amorosa, si rispecchia continua- sia latina per i “Meridiani” Mondadori (pubblica- mente in molte variazioni sul personaggio di ta all’inizio del 1993). Andai a trovarlo a casa Catullo. L’appassionato di politica viene cataliz- sua, per ricevere le consegne relative alla cura zato da Giulio Cesare. Il gusto della vita, delle della sezione tardoantica dell’opera. Genero- sue follie, della libera disinibizione e determina- samente, forse per via del Rutilio einaudiano, zione a goderla – che tuttavia, dalla maturità in forse per qualche traduzione pubblicata su avanti, restano per Canali un’irraggiungibile “Poesia” di Crocetti (una rivista cui entrambi chimera – si trova consegnato per sempre a collaboravamo), mi aveva sentito ‘in concor- Petronio, e dunque “il latinista”-“romanziere” ne danza di fase’ con il suo modo di accostarsi ai rielabora l’opera, costruendo un Satyricon. Se versi antichi. I pochi minuti di quell’incontro re- Petronio l’avesse scritto oggi (Piemme 1999). Il stano scolpiti nella memoria. Per definire il ‘to- materialista disilluso, affascinato dalle meravi- no’ di fondo che li connota, mi viene da rubare glie del mondo, ma incapace di riconoscervi a un amico un efficace commento affioratogli in dietro una mano divina e fieramente battuto da tutt’altro contesto interpersonale: “è stato come raffiche di angoscia, è ‘naturalmente’ il Tito Lu- visitare le rovine di Delfi”. Avevo incontrato una crezio Canali di Nei pleniluni sereni: autobio- persona nobile, in un contesto nobile, fasciato grafia immaginaria di Tito Lucrezio Caro (Lon- di libri e di progetti intesi a valorizzare le più al- ganesi 1995). te (forse divine) espressioni dell’uomo; però Ma, a guardare in filigrana tutte queste tempo e declino avevano impresso ovunque la escursioni di Canali, si scopre che lo sguardo loro impronta: sui mobili come sulla figura ema- sulle cose e sulle loro combinazioni è e resta ciata, che, dietro i modi affabili e gentili, a fati- fondamentalmente quello del poeta di Stilemi ca occultava frane di turbamenti e difficoltà esi- (Società di poesia 1982), Il naufragio (1983), stenziali. E anzi di tanto in tanto, confidenzial- Toccata e fuga (Garzanti 1984: “viviamo per mente e con un’ombra negli occhi, ne confes- approssimazione”), Zapping (Mondadori 1993), sava alcune al giovane appena reclutato fra gli Anticlimax (Orizzonti Meridionali 1999) e Fasi amici. (Empirìa 2002). E sono solo alcune delle sue Mentre scrivo, mi avvedo che forse queste numerose sillogi, fra le quali mi è particolar- righe si sono spontaneamente portate a Delfi mente caro ricordarne due, legate ad altri intel- anche per un altro rispetto, e cioè per l’identità lettuali che amo: Ai rari astanti (1989), che mi profonda che ho sempre assegnato a Luca Ca- fu donata dal suo editore Crocetti; e Borderline, nali, fra le tante che egli ha brillantemente rive- pubblicata All’insegna del pesce d’oro, nel stito: la natura di poeta. A svelarmela fu il mio 1999, da Vanni Scheiwiller, che ne fissò il colo- maestro di studi latini, Bruno Luiselli. Una sera phon a una delle ‘date araldiche’ preferite: del 1979, mentre passeggiavamo insieme per quell’8 febbraio che segnava il proprio comple- Roma, il discorso cadde su di una raccolta, ap- anno (Vanni non poteva sapere che sarebbe 10 PER RICORDARE stato il suo ultimo). Credo che lo stesso Cana- l’Onnipotente non avrà potuto esimersi da un li contasse in prima istanza proprio sulla poesia analogo gesto: come (cito da Ai rari astanti) sulla più “valida eccezione / alla regola ferrea di svanire”. In morte di una soubrette Nel suo bellissimo ricordo personale su queste stesse pagine, Maria Pellegrini annota: Piccolo slam e tilt, “è stato fino alla fine un uomo battagliero, no- tue carte vincenti sul piccolo nostante la sua logora armatura”. E lo immagi- schermo. Capelli na “approdato in qualche radura luminosa da azzurri vibranti nel rock punk, stok dove ci osserverà con sorriso sarcastico”. Mi di letizie e malinconie sembra bello che su questa evocazione con- pie, forse presaghe. verga un’affine rêverie metafisica di Ai rari L’età, nemmeno astanti, con cui Canali salutava una giovane ar- trent’anni; la malattia, tista televisiva prematuramente scomparsa neoplasia. Lasci (Stefania Rotolo), chiudendo la poesia su di una figlia decenne e un disilluso una splendida impennata fantastica. Conside- amore di recitare rando la militanza per gli umili e i vinti, la pro- con Eduardo. È stato crudele il dardo del fato, tettiva tenerezza verso le creature indifese, e ti sia concesso un soave l’ostinato impegno intellettuale per un mondo oblìo, l’applauso di Dio, un impalpabile migliore, anche di fronte al suo personale exit, commiato.

I libri di Luca Canali nel catalogo Manni:

Potresti averli già incontrati Satyricon & Satiricon a una fermata d’autobus 2008 2004 Romanzo Racconti

L’innocenza dei colpevoli 2006

Romanzo Commiato dal tempo delle bandiere 2009 Archivio rosso Racconti Gli anni dell’utopia

2007 Romanzo

Amore e morte Solo un po’ di follia nella letteratura latina 2008 2009 Racconto Antologia PROSA 11

Giovanni Bernardini «Quella d’un Dio buono che, distrutti com- pletamente gli esseri nocivi, facesse morire per Il Vecchio e l’Ombra evaporazione le razze umane, animali, vegeta- (dialoghetto socratico) li, generando immense nuvole percorse da rag- gi luminosi e multicolori. Una soluzione del ge- Il sole al tramonto stava percorrendo l’ulti- nere sarebbe davvero la conferma d’una Prov- mo tratto dopo il quale sarebbe calato dietro videnza divina o naturale. Purtroppo è soltanto l’orizzonte. Il Silenzio, al solito, stendeva le am- un sogno. E noi, esseri pensanti, restiamo av- pie ali lungo pareti e soffitto della camera dove volti dal mistero.» il Vecchio trascorreva la maggior parte delle «Non accetti dunque alcuna fede? Non col- giornate. Oltre la porta-finestra la brezza pro- tivi speranza di un aldilà?» duceva carezzevole mormorio. «Penso che le fedi religiose, che a volte Il buio incipiente indusse il Vecchio ad ac- hanno prodotto capolavori letterari pieni d’uma- cendere la lampada posta alle sue spalle ed nità e nobiltà, abbiano funzione consolatoria e ecco proiettarsi davanti a lui la sua Ombra. Ri- anche morale e sociale, ma siano invenzione mase in piedi a contemplarla poiché appariva dell’uomo, secondo la collocazione geografica, del tutto indipendente dal corpo avendo alzato il periodo storico, il grado di civiltà.» un braccio, ch’egli non aveva mosso, in gesto «Tuttavia, avendo bene operato in vita, non indicativo verso la poltrona. ti attrae la possibile visione salvifica d’un Dio «Potremmo sederci» disse. «Questa è l’ora Padre misericordioso?» delle tue meditazioni. Staremo più comodi, non «A parte il fatto che non presumo d’esser ti pare?» senza peccato, il concetto stesso di paternità Il Vecchio sedette, fissando interrogativa- comporta un’assidua presenza protettiva verso mente l’Ombra accovacciata ai suoi piedi e in i figli, laddove siamo costretti a constatare atto di continuare il discorso. Infatti disse: «Ci un’assenza, una lontananza che abbandona a rifletti un po’ durante l’intero giorno, ma a que- morte per sete, fame, malattie perfino i bambi- st’ora più intensamente». ni più innocenti. Un genitore, davvero tale, si «È vero» ammise il Vecchio. «Sarà la malin- preoccupa, soffre, interviene anche se un figlio conia del tramonto che somiglia alla fine della si produce una piccola ferita.» vita. Ma tu come lo sai?» «Noi giudichiamo troppo, usando strumenti «Ti sono troppo vicina per non conoscere terreni.» quanto ti passa per la mente. Ti appartengo. «Allo stato attuale non ne possediamo altri. Poi, quando parli con te stesso, è come parlas- Soltanto quelli forniti dalla ragione. La fede è si con me. Posso rivolgerti qualche doman- altra cosa. La si considera un dono. Chi l’accet- da?» ta, chi no.» «Rivolgimela pure. Ma mi sorprende questo «Dicono che abbiamo un peccato originale mio sdoppiamento.» da scontare.» «Tutti ci sdoppiamo nel momento in cui ci si «Oh, una bella favola! In quale codice mo- interroga. Tu, da un certo tempo a questa par- rale sta scritto che i figli devono pagare le col- te, t’interroghi sulla morte.» pe dei padri? Addirittura dei progenitori dopo «Credo sia normale, specie adesso che a millenni e millenni?» quel traguardo mi accosto sempre più.» «In nessun codice, credo. Comunque a te «Ebbene, ti convince il pensiero di Epicuro? non piacerebbe la visione di Dio?» Aver paura della morte non ha senso, in quan- «In verità non mi pongo il problema. Sem- to allorché questa arriva noi non ci siamo più e, mai, ammettendo l’esistenza d’un ultramondo viceversa, se noi ci siamo, non c’è la morte.» e d’una sopravvivenza sotto forma di anima o «Non mi convince affatto. Troppo facile. La altro, certo mi piacerebbe ritrovare i miei fami- morte può arrivare portando lunghe sofferenze liari e gli amici più intimi.» e ci tocca subirle. Altro che non esserci!» «Per esempio?» «Allora?» «Mia moglie innanzi tutti, mio padre e mia «Allora non resta che accettare con corag- madre, zii e zie paterni e materni, amici come gio il rischio, anzi le numerose probabilità di Mario C., Vittorio B., Albino P. e altri.» morire dolorosamente. Mi piacerebbe l’ipotesi «E i nonni?» d’un simpatico antichista.» «Non dico di no. Ma, vedi, quando il vincolo «Quale ipotesi?» di sangue...» 12 PROSA

Germana Duca Ruggeri È una farfalla davvero perfetta, con quattro ali occhiate e dentellate, il capino e le antenne L’ala di scorta delicate. Uno splendore di chiaroscuri – avorio, marrone, cannella – intonati con infinita perizia Lia si divaga nel piccolo orto fotografando le e sapienza. cose più durevoli e quelle che presto spariran- La sua vita esile oscilla nel silenzio, ma il no; con la macchinetta digitale, cerca di rubare primo click ha onde sconosciute e, in un istan- tutta la vita possibile. te, la fa scappare via. Dentro il recinto, può fare suo il blu, il bian- Lia è a casa, si riposa davanti al computer: co, il giallo degli iris e, nel variare della luce, il cavetto alla mano, collega la Casio 8.1 mega folto delle fave, punteggiato di papaveri. Oppu- pixel al motore e lascia che ne incorpori il con- re catturare le spighe scarlatte dei lupini e quel- tenuto. Le immagini, una cinquantina, deflui- le di lavanda, cariche di visitatori alati. scono rapide nella cartella foto, dentro un file Anche le insalate, dalla gentilina crespa al- nuovo, chiamato mix orto. È contenta di aver- la canasta variegata, attirano il suo obiettivo, cela fatta. già pronto a inseguire carote, bietole, cicorie, Il resto è facile: basta andare su anteprima tageti, fagiolini, salvia, timo, rosmarino, mag- perché la vita rubata torni a vivere, più vera del giorana… E ciuffi in fiore di erba cipollina. Spo- vero. Cliccando sui tasti giusti, può persino ruo- stamenti brevi, scatti facili, in rapida sequenza. tare le immagini, ordinarle diversamente, can- A Lia occorre più tempo, invece, per mette- cellare quelle insignificanti o venute male, tor- re a fuoco il maggiolino in sosta sulla rosa ros- nare indietro, ingrandirle, indugiare sui partico- sa, l’ape fra i petali azzurri della borracìna, o il lari. volo delle farfalle. Libertà straordinaria, a costo zero, ed entu- Con la massima circospezione, ora ne se- siasmo evidente, proporzionale al vigore del- gue una che sta per posarsi sulle calendule: l’orto fotografato. A ogni nuova presentazione, eccola, finalmente si adagia sopra una corolla esso sembra accrescersi, con un rigoglio di er- grande come un’arancia. be profumate e fiori e verdure e insetti che si

Giovanni Bernardini, Il Vecchio e l’Ombra

«Ho capito, ...si allontana, viene meno il de- «Ecco, è risaputo che nutri dei grandi amo- siderio di rivedere.» ri letterari: Dante, Foscolo, Leopardi. «Non si tratta soltanto di sangue, ma di co- Quest’ultimo specialmente. Vorresti incon- noscenza, di affetto stabilitosi in vita. Quando trarlo in un possibile altro mondo?» le persone quasi non le hai conosciute, come «Non mi sembra una domanda razionale. fai ad amarle e quindi augurarti di rivederle? Bisogna distinguere fra l’opera e l’autore. Io Nonna Margherita sì, ma gli altri? e i bisavo- amo l’opera e indirettamente l’autore. Ma se li? i trisavoli? Cosa vuoi che m’importi degli an- avessi conosciuto o conoscessi l’uomo, non so tenati?» quale sarebbe il rapporto con lui. Suppongo, «Se ho compreso bene, tu la metti con Dio forse sbagliando, che Dante mi sarebbe riusci- allo stesso modo che con gli antenati.» to antipatico, superbo quale si dichiara; mentre «Non è proprio così, ma non sei andata lon- Leopardi mi avrebbe suscitato grande compas- tano. Naturalmente so che milioni di gente la sione per i mali fisici, ma ignoro se potesse na- pensano molto diversamente da me.» scere un vero e proprio affetto, un’amicizia con «E le donne amate?» lui. L’unica certezza per me è che egli, con il «Sicuro, se fosse possibile, anche quelle suo “pensiero poetante” o “poesia pensante”, vorrei ritrovare, specie Eva, alla quale mi avvin- dimostra d’aver compreso a fondo la negatività se una passione breve ma travolgente. In testa del vivere, toccando, a mio avviso, l’apice poe- a chiunque però rimane sempre mia moglie, la tico-filosofico nel Canto notturno di un pastore compagna generosa e discreta di tutta la mia errante dell’Asia.» esistenza.» «Vorrei rivolgerti una domanda alquanto Giovanni Bernardini, nato a Pescara, dal particolare.» dopoguerra vive nel Salento. Ha pubblicato «Avanti, sentiamo cos’ha di particolare.» narrativa, saggistica e poesia. PROSA 13 espandono. Inarrestabili, fino a trasformarsi in L’incastro è riuscito. E, come se non bastas- un flusso di molecole colorate, pronte a strari- se, quella cosina lieve ha molto da raccontare. pare dal monitor. A voce sommessa, ecco, inizia a parlare. Rivoli e cascatelle di varie tonalità, miste a Parla del vuoto, parla della tessera mancante. nuvolette informatiche, già scivolano sulla ta- Lia ascolta, rapita a se stessa, portata lon- stiera, occupano il tavolo, traboccano sul pavi- tano da quel dono inatteso. Ma la vita scorre mento, si muovono verso il soffitto, diramando- rapida, la chiama, deve senz’altro andare. si in ogni direzione. Farà in tempo a scrivere su un foglietto “Pa- Lo strano fenomeno, in breve, raggiunge rarge aegeria – ala di scorta”, appoggiarci la sua persino gli antenati di Lia, che assistono alla reliquia e trovarle riparo fra le pagine di un libro? proiezione da una mensola della libreria, in cor- nice. Ravvivati dalle novità analogiche, sembra Germana Duca Ruggeri è nata ad Ancona, che essi si scambino cenni di stupore. Si av- vive a Urbino. Ha pubblicato raccolte poetiche, verte intanto un brusio di radici contadine, ac- racconti e cronache fra Marche e mondo. compagnato da sorrisi di approvazione: avanti, ancora un giro! D’accordo. Lia procede, rassicurata: ormai sa che dopo l’insalata arriva il tagete, dopo la Novità fava, la rosa col maggiolino; e dopo ancora, la calendula con la farfalla. Così bella, quest’ulti- ma, da meritare l’ingrandimento fisso, a tutto schermo, per goderne i dettagli. Ma, …cosa sta succedendo? No, non è un Romano Luperini fulmine a ciel sereno. Quello che, senza alcun segno premonitore, le si squaderna davanti Insegnare sembra, piuttosto, il dispetto di un hacker. la letteratura oggi Lia è esterrefatta: la farfalla perfetta, l’em- blema di tutte le farfalle dell’orto, la Pararge ae- Quinta edizione accresciuta geria, perfetta non è. Ha l’ala inferiore sinistra stracciata, ridotta a un moncherino. Saggistica Incredula, guarda e riguarda quell’ala tarpa- t ta: come ha potuto non vederla prima? Ha un pp. 256 - 18,00 moto di stizza, lì per lì; la tentazione di cancel- larla. Invece si ferma. Salva e chiude. La crisi della scuola, l’insegnamento della lette- C’è ancora un pieno di luce, fuori. Lia attra- ratura, il problema della storiografia letteraria e del- versa la penombra dell’appartamento e va sul la manualistica costituiscono i temi principali di terrazzo, una nicchia di verde rivolta al tramonto. questo volume, che spazia dalla teoria alla didattica Sta per muovere qualche passo lungo il parapet- della letteratura. to, verso le velature porpora intraviste all’orizzon- te, quando scorge qualcosa ai suoi piedi. Una piccola figura geometrica, di forma in- solita, irregolare, colore bruno-dorato. Vincenzo Prete Lia si china a raccoglierla, la guarda da vici- A volo di gabbiano no, pensa a un abbaglio. Ma non serve stropic- ciarsi gli occhi: è proprio un’ala di farfalla! L’ala posteriore di una Pararge aegeria, li- Poesia scia come la seta, intatta, con il suo cerchietto pp. 200 - t 18,00 scuro, il margine dentellato, le giuste sfumatu- re. Un’ala vera. Lia la fa danzare sul palmo della mano, sba- La poesia di Vincenzo Prete, con il suo vocabola- lordita, affrettandosi verso il computer. Va su rio, con i suoi schemi ritmici, con il riuso di immagi- mix orto, cerca la farfalla mutilata, ingrandisce. ni e forme sottilmente indagate ed abilmente reinter- pretate, si costituisce come una vasta antologia perso- Accosta allo schermo l’aluccia piovuta dal cie- nale che è riassunto di un’esistenza e di un’esperien- lo, restringe, la sovrappone a quella straziata: za assiduamente rivisitate. è proprio identica, della stessa misura, la sua. 14 PROSA

Ivano Mugnaini O forse no. C’era il modo di verificarlo: la più inattendibile delle voci tornava dopo anni a ri- I prati di Rugiada suonare nelle mie orecchie per segnalarmi la più improbabile delle avventure. Accettai. Mi di- Rugiada percorre i prati del parco a passo chiarai disponibile ad aiutare Rugiada nel suo svelto. E io a fianco a lei. progetto di mondo reso parola. Un giardiniere ci invita a non farlo più, l’erba Rugiada mi chiamò una mattina, e non tar- deve crescere e non va calpestata. Rugiada dò a scoprire che la conversazione telefonica sorride e procede veloce, e io a fianco a lei. An- non è il mio forte. Si aspettava entusiasmo e diamo alla villa, a scrivere il libro della sua vita, trovò una miscela di esitazioni e timidezze. un progetto che per lei è certezza, per me ipo- Prese tempo, attese giorni più assolati. tesi, ma non posso permettermi di dirglielo, Fui io a riscriverle. Mi diede appuntamento perché Rugiada è Rugiada, attraversa i prati per il martedì successivo. Mi scrisse poi per ri- della vita a passo di danza, ora, e vede il sole mandare, una, due, tre volte. Apprezzò la mia anche tra le nuvole. pazienza, una dote me la riconobbe. Rugiada Quando il mio amico Alberto mi telefonò per cominciò a sciogliersi, e io a fianco a lei. dirmi che c’era una ragazza bellissima che vole- Un mattino finalmente ci vedemmo. La villa va scrivere un libro sulla famosa dimora storica brulicava di vita, operai, ruspe, camion, sem- di cui era proprietaria e chiedeva di conoscermi brava un cantiere. Mi accompagnò nelle ampie per aiutarla nell’impresa, mi dissi che somigliava e splendide stanze, Rugiada, senza una paro- troppo a una favola per non essere follia. la né un sorriso. Apriva le grandi finestre con Alberto, del resto, è sempre stato esperto di gesto meccanico, lasciando penetrare la luce favole: quando si sposò, una delle tre volte in controvoglia. Non una frase per commentare cui ha giurato amore eterno ed esclusivo ad gli affreschi, non un aneddoto del passato, non una donna, scrisse una lettera in cui descrive- un riferimento alle vicende tragiche e felici ac- va se stesso come un principe che, a bordo di cadute in quegli antichi ambienti. Sembrava mi un cavallo, in realtà era una Volvo metallizzata, stesse accompagnando a visitare una sua pa- raggiungeva il castello dell’amata pulzella sito rente ancora malata, debole e convalescente, in Danimarca, la terra di Amleto. Chiedeva a e non vedesse l’ora di richiudere le finestre noi amici ed ex compagni di liceo, con pochi permettendole di serrare anche le palpebre, giorni di preavviso, di raggiungerlo là, anche per riposare, in attesa di guarire del tutto. senza dono nuziale. Quasi nessuno osò intra- Rimasi sorpreso, ma alla fine capii. Sul di- prendere l’epico viaggio, con l’eccezione di una vano giallo, seduta a debita distanza, rigida e ragazza da sempre innamorata di lui e mai cor- guardinga, Rugiada mi spiegò che il suo pro- risposta. Per lei scoprire che il castello, la pul- getto di libro non riguardava precisamente la zella scandinava e il matrimonio stesso erano villa bensì la sua vita. La villa sarebbe stata una romantica menzogna non sarebbe stato un una presenza costante, un simbolo vasto, incubo ma una gioia. Gli altri, me compreso, si esplicito, ma il racconto avrebbe avuto come limitarono a inviare una lettera di auguri di feli- fulcro gli incontri, le crisi, il dolore e la speran- cità, e restarono prudentemente chiusi nelle za ritrovata nella sua esistenza individuale. proprie case e nei propri uffici. Forse fu un er- Sempre più difficile, pensai tra me e me in rore: il matrimonio ci fu davvero, e memorabile. quel salone splendido e gelido, con Rugiada Si narra che lo stesso Amleto intervenne, e, do- che per il freddo indossava anche il cappuccio po il decimo bicchiere di vino rosso, forte come e si rannicchiava in frasi rare e secche: “Il pro- l’amore e come la pazzia, abbandonò lo sguar- blema è che io non so scrivere”, ripeteva, e in- do sdegnato e rinnegò perfino la meditazione tanto raccontava un groviglio così ricco di sull’essere o non essere. Qualcuno giura che il eventi e mutamenti che avrebbe potuto dar cor- Principe passeggiava avanti e indietro, gridan- po ad almeno una decina di romanzi. do soltanto “Vite! Vite!”. E nessuno era in gra- Aveva già chiaro il titolo del libro, e fu da lì, do di dire se esaltava il mistero dell’esistenza o da quel punto preciso, che acquistò sicurezza la pianta da cui ha origine il liquido di cui si dis- e un primo accenno di sorriso. Aveva deciso di setava generosamente. chiamarlo “Cara Ametista”, immaginando una Forse fu un errore restare nelle lande itali- lettera rivolta alla bambina che avrebbe voluto che di nostrane tasse, pubblicità inesorabil- avere e a cui aveva deciso, con la più sofferta mente cicliche e nullità fisse e consolidate. delle decisioni, di rinunciare. PROSA 15

Ametista era la vita, il sogno ancora dotato Non mentiva. Due giorni più tardi, ormai del di respiro. Racchiudeva in sé gli anni di soffe- tutto sicura di sé, a suo agio, con i capelli rac- renza, e, assieme, la voglia di lottare, strappan- colti e la voce calda, naturale, mi lesse ciò che do le erbacce con le mani per rivedere il verde aveva scritto. e i fiori. Era buono, apriva sprazzi di luce. Mi parla- Rugiada, immobile sul suo lato del divano, va, senza quasi prendere fiato, del suo Champ. con le gambe strette per una forma istintiva di Per un attimo, lo confesso, pensai si trattasse protezione, mi raccontò la sua vita con una sin- del simpatico e docile cane della villa. Poi ricor- cerità cristallina, come se mi avesse conosciu- dai: “Champ” era il nomignolo che Rugiada fin to da sempre. Parlai il meno possibile, cercan- da bambina aveva assegnato al suo ideale di do di accogliere in me più particolari e sugge- uomo, al suo sogno più grande. Lo aveva tro- stioni possibili. Nella diversità di strade e cam- vato. Da qualche tempo il suo ideale si era fat- mini scoprii affinità con il mio percorso, idee e to concreto, aveva assunto le sembianze di un punti di vista condivisi. La stanza restava trop- uomo capace di dare ai suoi giorni l’equilibrio di po fredda e il divano troppo grande, ma il nu- un affresco e i colori accesi di un ritratto realiz- cleo del racconto cominciava a prendere vita ri- zato con immensa e amorevole cura. flettendosi con un bagliore intenso nel grande La mia scarsa fiducia nella realizzazione caminetto che aveva visto mani e visi farsi cal- del “compito” da parte di Rugiada aveva fatto di e frementi e nello specchio che aveva scru- sì che quella mattina non portassi con me tato riso e pianto, quiete e foga. neppure una penna. Sul divano giallo, molto All’incontro successivo Rugiada mi portò le meno ingombrante ed elefantiaco, Rugiada pagine del suo diario: un quaderno blu scuro realizzò una nuova magia: estrasse la penna con la pagine rosa di carta riciclata e un’infinità dai capelli. La usava come fermaglio. Assie- di fogli sparsi. Una sincera, esuberante, intrica- me ai capelli fluirono nell’aria anche le parole, tissima equazione. Momenti di tempo, attese, ri- e, finalmente, un profumo, una traccia, una cordi, rimorsi, delusioni e rinascite, stretti l’uno prospettiva. all’altro in un nodo indistricabile. Bello, ma come Più tardi, con uno sguardo finalmente di- un quadro astratto. Si trattava di trovare un ordi- retto, ci sedemmo di nuovo fianco a fianco, ne, una dimensione. Rugiada cominciò a legge- come le mani pronte a scrivere ancora pagine re qualche pagina, con voce calma, nitida, sen- nuove. za timori e barriere. Per ogni punto che si chiari- Non so se Rugiada vincerà anche la scom- va se ne aprivano altri dieci, in una sovrabbon- messa legata al progetto del libro. danza che esaltava e sgomentava. Sempre Una cosa è certa: chi riesce a estrarre la dentro di me pensai che non saremmo mai riu- penna dai capelli e l’entusiasmo da saloni trop- sciti a dare misura a una vicenda che cresceva po solenni, può realizzare anche questo tipo di al ritmo di una pianta tropicale irrorata da infiniti prodigio. monsoni. Ma Rugiada aveva già generato in sé Alla fine, chissà, magari davvero Lucida il seme della fiducia: non solo era convinta che Mansi, il mitico e fascinoso fantasma della fan- saremmo riusciti a venirne a capo, ma era certa ciulla che si dice abiti da secoli la villa, percor- che il libro sarebbe stato un grande successo. rerà i prati e i giardini vestita di bianco, baciata Vedeva già i prati della villa, allegri, vocianti, af- dal sole e dalle cineprese di qualche regista di follati dalla troupe cinematografica venuta a rea- talento. lizzare il film tratto dal nostro best seller. Ero co- In ogni caso aver potuto pensare a tale epi- sì poco convinto, da parte mia, che il divario nel logo è già una forma di vittoria, i fotogrammi nostro modo di vedere le cose mi rendeva alle- assurdi e sublimi di una tenace allegria. gro. A poco a poco, intanto, l’ottimismo penetra- va goccia a goccia anche in me. Provai a dare a Rugiada il compito di realiz- zare una “scaletta”, un ordine cronologico degli eventi che desiderava raccontare. Ero poco convinto anche in quell’occasione. Un martedì sera ricevetti un SMS trionfante. Mi annunciava con orgoglio che aveva scritto molto e aveva trovato la chiave del tempo, il Ivano Mugnaini è nato a Viareggio. È scrit- prima e il dopo. tore e linguista. 16 POESIA Raffaele Simone Improvviso 2 Tre pezzi per musica Ti spiaceva che le rondini tardassero a tornare e che profumo più non avessero le rose, Suite tu che sapendo il giusto delle cose mi indicavi con un sorriso il peperone nato per caso Non aiutarono gli angeli di terracotta, goffo accanto alla piombaggine azzurrina, con le braccia tese al cielo e la trombetta, proprio lì, nell’angolo del vaso. che fecero folla sul comodino coi termometri, i farmaci e i talismani. Ora che non sei qui so che ho perduto Nulla servì a tenerti con noi, a imprigionarti non solo quei begli occhi stellanti tra le nostre braccia, benché gridassimo: “È ma anche tutti i nomi delle cose. [nostra!” Eppure avevamo pregato, c’eravamo sforzati Raffaele Simone, linguista, filosofo e lessi- di credere (sapendo ch’era finzione), cografo, è autore di studi e saggi editi in varie ma in cielo non c’era nessuno, né in terra, lingue. Nel 2011 ha pubblicato con Garzanti il né in nessun luogo, che sospendesse la guerra, romanzo Le passioni dell’anima, in corso di tra- che soppesasse le tue bellissime virtù duzione in Francia e in Spagna. (generosa, civile, elegante, amante delle cose viventi e rispettosa dei morti) e dicesse: “Questa donna è un vantaggio. Si Novità [ritardi il suo viaggio, la si risparmi per il bene della vita.” Giuseppe Perrone E ora che possiamo solo vederti nei confusi [flash Tra i passi e le strade dell’immaginario o nei lampi di un sogno [improvviso, ci chiediamo dove sono i tuoi pensieri di noi, Poesia i tuoi ricordi, i tuoi saperi benigni, il tuo desiderio pp. 146 - t 18,00 [di vita, dove abita la tua grazia, la voce ombrata, il Questa raccolta contiene, organicamente con- [sorriso, centrate, poesie di viaggio in una vita. la tua cura di tutto e di tutti, e se il tuo sguardo Il fine è aprirsi e coinvolgere il lettore con emo- [spazia zioni che stimolano la riflessione partendo dalla per distese obliose o s’impenna su un precipizio, quotidianità. se il tuo bisogno di pace s’appaga o è lì sospeso [per sempre.

Comunque sei sola (tu che lo odiavi) e, se la [tua presenza Giovanna Bruco aiuta noi in questa plaga, te il nostro affetto Concerto per Wanda [non consola. Romanzo Improvviso 1 pp. 96 - t 12,00

Era la musica, era la pittura, erano le piante e [la natura La storia narrata, che fa perno soprattutto sulla che ti rapivano. Socchiudevi gli occhi come donna, trascina il lettore nei fatti concreti ma anche in [sognando un itinerario intellettuale guidato pedagogicamente attraverso la metafora letteraria. e alzavi lieve il capo, poi mi guardavi un po’ La vita che scorre verso la morte e la morte come [in tralice logica conseguenza della vita apre ai figli destini di- per dire: “È bellissimo”. Il bello era per te senza versi. [parole. POESIA 17 Luigi Paglia I sapienti Cocce pelate, crani lucidi, luminose teste La costellazione degli inchini sotto il sole radioso della televisione, oppure zazzere ondeggianti soavemente Come praterie gli occhi si riempiono al mattino accarezzate da mani affusolate, dei guizzi delle luci, teste d’uovo, teste fosforose trascorre lontano il vento brillanti di luce propria come nell’erba ondulante del risveglio, lucignoli crepitanti di fumosi fuochi: e ci alziamo, proviamo i primi passi sono i sapienti, patentati, accreditati nel caldo avamposto della cucina presso le ambasciate del sapere, mentre il telegiornale ci sospinge mille volte girandole giranti in traiettorie lontane nel villaggio globale, trogloditico, e dietro l’angolo di casa in mille giravolte, traiettorie di gomitoli, mareggiate di disoccupati con i loro esatti pensieri da tutti ruminati, s’arenano sulle ultime spiagge sfarinati nella nebulosa planetaria, e negli alti palazzi assorti personaggi cauti e felini nello scatto arguto, si levano in albali dormiveglia. o lucidi e pungenti Il flusso del sangue tace o appena nell’attenta geometria degli enunciati, sussurra parole impercettibili o oscillanti nel vento Sturm und Drang in raccolte liturgiche atmosfere di romantiche patriottiche passioni, in banche asettiche di vetro e metallo teste arruffate e barbe straripanti mentre in accurati doppiopetto si sciorina di bave velenose o zuccherate, la costellazione degli inchini, onnivori di tutto discettanti, i capi bevono il caffè di tutti gli argomenti palombari profondi, e i cucchiaini appena tintinnano. che direbbero mai se intervistassero, Sussurri e grida si dispongono devotamente, l’eletto cavaliere nella giusta prospettiva, o il chiaro professore? un altro giorno lietamente s’avvia. Luigi Paglia ha insegnato Letteratura italia- na contemporanea e Laboratorio di scrittura nell’Università di Foggia. Ha pubblicato studi di Alle cinque del mattino critica e libri d’artista (poesie ed incisioni).

Tutto può accadere alle cinque del mattino. Novità È l’ora che passa dal buio al primo pulviscolo di luce. È l’ora dei sogni in punta di piedi o di ali. Alberto Bruno È l’ora in cui lottano Tutte e nessuna la morte e la vita e il passato si spalanca Prefazione di Luca Lenzini nella presunzione del futuro. È l’ora in cui la città è sospesa in attesa dell’invenzione miracolosa Poesia della sua apparizione pp. 136 - t 15,00 È l’ora in cui ti alzi per scrutare la capovolta voragine del cielo Nel variare dei temi e degli spunti, è nel segno di mentre il giorno si rivela Eros che l’insieme della raccolta trova il proprio em- con gli squilli di clacson blema, o addirittura il perno della scrittura poetica. delle corriere e con i fischi dei treni Siamo nell’ambito dell’inno più che dell’elegia, e che partono per lontane stazioni. tutto vive nel riflesso immediato e imperioso della re- altà fisica, materiale e dunque sensuale. 18 POESIA Mario Rondi e la prugna che ride a crepapelle, vedendo che ne succedon di belle… Il volo Pensiero poco serio Vortica la testa, inseguendo faville di sogni, ma è solo Pensa quale inutile desiderio l’avanzo del taglio d’una cometa sprecato a inseguire una fava tardona, che non molla un bacino, finita, guarda caso, a Dio piacendo, in un bicchiere, senza nessun dolo, si dice il pisello poco serio, sul mio comodino, con la meta che con la sua passione ancora sbava per la stolta verdura che il destino di un grande volo lungimirante, che poi non finisce molto distante… gli ha messo sulla strada lastricata per attestare la sua incornata… Confessione della rapa Soccorso – Ammetto le mie colpe, ho peccato d’orgoglio, ma domani cambio vita: Si ripassa lo smalto sulle dita è contrita la rapa rubiconda, la bella francesina, poi morente chiama col cellulare il suo amore: che tutti pensavano sì gioconda, ma l’occasione non le è sfuggita che presto la soccorra con un fiore, di pentirsi davvero, da un lato perché adesso si sente una perdente, già trascinata dalla calamita e dall’altro gettarsi tra le braccia di un santo, per far come a lui piaccia… di una parola stampata storta nel vento, che la fa sembrare morta. Il sorriso dell’angelo Café chantant L’angelo dei patacca s’accontenta d’un sorriso, la pacca sulle spalle, Squilla il telefono, la sciantosa la promessa d’abbracci sulla strada si dimena, la parola s’inceppa, arriva un corsaro che frantuma del paradiso: che uno si penta del male sparpagliato dalle balle il discorso: la serata è spiritosa, spaziali, diffuse da chi non bada con tanto di battute della teppa che sfila lo scippino nella bruma al sottile, se tutto risulta falso, alla fine l’inganno è prevalso… che avanza, togliendo il respiro, senza poi pensare a un raggiro… Amori casarecci Speranza Una bella topa, dall’incedere solenne, si corteggia un lombrico È tutto collegato, come dice non del tutto spompato, per credere la scarola, la vita con la morte, il riso con il pianto, la menzogna che sia amore concedere all’amico un sorriso screziato, nel cedere col vero: la cipolla benedice un bacio sottogamba, tra il fico la lacrima sul viso che la sorte POESIA 19 bersaglia per la solita mia rogna di recondite facezie o quel poco di scarto che riluce sulla pista che mi fa scriver versi disperati, nella speranza d’esser consolati… del funambolo che toglie un accento, quando il suo tizzone è quasi spento.

Avventura del pisello Mario Rondi vive a Vertova, in provincia di Bergamo: ha pubblicato vari libri di poesia, di Un pisello focoso, che non molla racconti, di cultura popolare. mai la presa, col vizio della forma, possibilmente larga del pensiero, Novità ma con la visione giammai satolla, credendosi comunque in forma, tenta una scalata sul pensiero Claudio Tugnoli della purezza, non del tutto stanco, Sarà forse la rana ma finisce, come sempre, in bianco… o alcun che solo canti Centosei haikai Telefonata

– Non rispondere, meglio: sai, potrebbe pp. 136 - t 15,00 essere il papa o Dio in persona, che ti chiede perché non l’ascolti La pretesa di impadronirsi dei “mattoni della crea- zione” riflette l’aspirazione al dominio della realtà, quando parla alle masse, lui vorrebbe esprime la volontà di separazione, disgiunzione, estra- dirti molte cose, ma ragiona, neazione, lungo un percorso che conduce inevitabil- con tutto il via vai degli incolti mente alla desolante alienazione dell’uomo dalla natu- ra e dall’altro uomo. Se l’amore è aspirazione a creare che lo tormentano per la grazia, sempre nuove e più estese totalità, la poesia e la filo- perché badare alla tua disgrazia? sofia propongono sintesi, tessono parentele, scoprono collegamenti che l’intelletto astratto non vede, ma l’in- telligenza non ostile alla vita riconosce da sempre. Sogno

Considera che il passaggio dai vivi Michele Tortorici ai morti è un battito di ciglia: lo scambio delle parti ci riunisce Due perfetti sconosciuti nel labile gioco prima che arrivi Romanzo l’oblio, quando il nocchiero ci striglia pp. 88 - t 13,00 per gettare i dadi se finisce la menzogna d’abbracci calibrati, Nella quiete di una domenica d’inverno, tra mezzo- per non sentirci proprio bidonati. giorno e il primo pomeriggio, in un appartamento del quartiere romano di San Lorenzo, Odetta, ex libraia ora affittacamere, chiacchiera, uno dopo l’altro, con due Finale perfetti sconosciuti. Le sue parole danno voce a un mondo, delineano un modo di pensare, con i suoi dub- È tutto da ridere se la parte bi e con i suoi perché, mescolano in una conversazione da vivere che ci resta per il gioco frenetica impianti elettrici e personaggi della letteratu- ra, questioni d’affitto e ragionamenti sull’essere, osser- del giorno, da stregone o equilibrista, vazioni sull’uso del bidè e critiche alle leggi della fi- nanza, multe per divieto di sosta e liberazione sessuale. è grumo di farina, senza l’arte 20 POESIA Eugenio Lucrezi Mater, secuta es, te sequor, mater

Bambina folgorata, ante senza Dopo che sei cresciuta...

Bambina folgorata, ante senza Dopo che sei cresciuta non si stacca lo spessore del legno, ante di luce la presa, mano mano che trafigge e non supera gli ostacoli l’anta socchiusa smagra, e disodora che si frappongono tra te che sei piccina il legno esposto al vaglio di intemperie e la statua statura, e non di marmo, come fiumi di lacrime, rimedio ma di carne finita, miserabile stretto tra braccia secche di crisalide. e per ciò proprio cosa che fa piangere, Ora, ad altezza d’uomo, occhi di donna e tuttavia si apre ed è accogliente senza trastullo d’onda e senza culla. non sapendo che no, che tu rifiuti, Non c’è tempo di dire, ed un sospiro che lei stessa non è che un gran rifiuto certifica l’evento d’esser nate flessuoso e malinconico. l’una di retro all’altra, e il carnevale, Malinconia imponente che non passa, duro, da inverno triste, per il non splendore opaco di stelle mai formate, aver giocato insieme per un pelo. mater, secuta es, te sequor, mater. POESIA 21 Postilla

Mia moglie “passava una visita” in una cli- nica bolognese e io, nell’intervallo, mi dilungai su uno di quei viali fatti solo di semafori, di ge- laterie e di prevedibile eternità. O non ti vedo una botteguccia di antiquario? Con pochi fogli da dieci ne uscii portando- mene sodisfatto l’ultimo libro di poesie di Gae- tano Arcangeli, fratello del magnifico storico dell’arte da Bologna all’intero Occidente. Non do molto credito a chi non ne conosce a memoria gli studii “dal romanticismo all’infor- male”. Era poeta anche lui e, tutti e due, vicini ad Attilio Bertolucci, a Sereni e al retaggio poeti- co longhiano. Col che s’intende, qui, sovra- poetico: un modo di vedere. La maggior parte della gente guarda. Nel libro preso a volo (Canzonetta all’Italia, Rebellato 1969) v’è il ri- cordo di due bambine del Veneto uccise dalla caduta di un caccia sul tetto della loro casa. Mi piacerebbe citarne dei versi ma chi lo ritrova ora quel libro smilzo e prezioso nella miniera in crollo della mia libreria. Per la poesia, c’è una buona indicazione nei modi di Dante: si scende (o si sale) con fa- tica e tremore, il premio dei sudori (anche di quelli freddi) è, quando accada, di arrivare a un punto donde hai una visione dell’insieme. E chiaro nella valle il fiume appare (mi par di ricordare che, per Saba, fosse il verso più bello della poesia italiana). Ma ci sono visioni anche diverse. Ho avuto in dono dall’amico scrittore Peppe Lomonaco Tu non ci sei riuscita. Ed io neppure di Monte Scaglioso, una delle più franche e gaudiose penne d’oggi nel fare corrispondere Tu non ci sei riuscita. Ed io neppure come il francobollo e la busta il reale col comi- per un istante ci ho provato a muovere co (Dante), un piccolo e gran libro che rievoca la liana inestricata degli abbracci. il passaggio a Matera, fra i “sassi”, di Pasolini Non c’è vita nei corpi, la speranza che vi andò a girare il Vangelo secondo Mat- avidamente si nutre di digiuni. teo. L’occhio, la mente (l’idea) corrono allora Se socchiudi la porta, sento i cardini sùbito non a Leopardi marchigiano, né al trie- lamentarsi di notte degli spifferi. stino Saba, poeti d’aperto orizzonte, piuttosto Invece dell’intrìco, avrei gradito ai luoghi aridi, impervii e polverosi, buoni solo battere insieme a te la prateria. per le tarantole, degli indiani nel fordiano Fort Non ci siamo riuscite. Così sia. Apache. A questi accosto, e magari mi sbaglio, que- sti versi commossi di Lucrezi per la Nasti. Ma Le chine sono di Paola Nasti. il lutto si rielabora, il commento si porge fin dalle chine che fanno con essi una unione in- scindibile. Sepolcrali, quasi e proprio liturgicamente, e Eugenio Lucrezi è giornalista, scrittore e mi viene di dire: come deve essere. musicista. Ha pubblicato un romanzo e cinque libri di poesia. È attualmente direttore del se- mestrale di poesia "Levania". Marzio Pieri 22 PER UN LIBRO

Su di Joseph Conrad, come, finalmente, restitui- PIERO DORFLES, I cento libri che sce, in Anna Karenina, parità di incidenza alla rendono più ricca la nostra vita figura di Levin), il tema-guida, gli elementi che, Garzanti 2014 di una storia, ci fanno sentire prossimi al mon- do che vi si racconta. Ma quando racconta, racconta, senza il ti- Alberto Rollo more di togliere vacue sorprese al lettore, co- me nella esaustiva rievocazione delle vicende Non è una antologia. E non è neppure una di Pere Goriot di Balzac. Dorfles si sente utile, storia letteraria. Non è la selezione squisita di insomma, quando può restituire l’abitabilità di un lettore eccellente. Non è una campionatura un romanzo, che è la speranza e la sostanza per la scuola (per quanto l’autore citi gli inse- della migliore narrativa. Ma credo che si senta gnanti fra i suoi ispiratori). utile anche quando inserisce nella sezione Le Piero Dorfles ha pensato a un libro “utile”, e radici oscure del desiderio un “polpettone” – questo ci piace. Un libro utile e tuttavia molto così lo chiama – come Via col vento. Lo fa con personale perché se i cento (anzi cento e uno) gusto – come non lasciarsi trascinare dalla ca- titoli non sono esattamente la biblioteca perso- scata di aggettivi che siglano la personalità dei nale di Dorfles sono pur sempre per difetto i li- diversi personaggi? – in nome del criterio di se- bri che Dorfles ritiene attivi nella memoria, vo- lezione ispirato ai libri, buoni perché “entrati lontaria e involontaria, nella conversazione, nell’immaginario letterario collettivo”. nella discussione, insomma attivi nella comuni- I cento libri di Piero Dorfles è un volume da tà (esistente o possibile) dei lettori. tenere a portata di mano, perché fa sì, dotati Non è soltanto una questione di “ricchezza” come siamo di wikiculture, che l’approvvigiona- – quella recitata nel sottotitolo – ma di comple- mento di informazione sia condito con il sale tezza, come fosse in gioco una vera e propria dell’esperienza di prima mano, con quel male formazione. In fondo il libro di Dorfles non è della letteratura che ha bisogno di contagio. concepito per chi non ha letto nemmeno un ro- E Dorfles si rivela manzonianamente un ot- manzo dei cento citati. Il destinatario è un let- timo monatto. tore che può valutare i suggerimenti e che può accoglierli volentieri perché può stabilire nessi fra ciò che rammenta e ciò che ha orecchiato, Filippo La Porta fra la memoria scolastica e la memoria “atmo- sferica”. L’incompletezza del suo patrimonio è, Il monito riprodotto sulla quarta di coperti- complice l’affabilità di Dorfles, lungi dall’essere na di I cento libri di Piero Dorfles – ”i libri bi- registrata nell’area del senso di colpa bensì in sogna viverli, sentirli propri, personalizzarli” – quella della lettura a venire – quel che manca è un ottimo punto di partenza per riflettere sul- va sentito solo come una promessa di piacere. la lettura. Ci aiuta infatti a distinguere tra cultu- Piacere e completezza. E utilità. ra – che è in sé una forza critica, sovversiva – L’“utilità” invero non sta soltanto nel ram- e “culturalismo” (Guido Morselli), ovvero la mentare le opere, ma nella modalità in cui Dor- cultura come strumento di potere e di ascesa fles le ri-racconta. sociale, come garanzia di appartenenza e au- Edmund Wilson diceva che la prima vera tonobilitazione. forma di intervento critico è il riassunto. A ogni libro si chiedono legittimamente del- Dorfles riassume generosamente. Dice di le ragioni di vita (oltre che un onesto intratteni- che cosa è fatto un romanzo, ne dispiega la ri- mento), e dunque occorre metabolizzarlo, farlo conoscibilità, risponde insomma a quella sem- interagire con il nostro vissuto emotivo, estrar- plice domanda che il lettore pone spesso all’al- ne anche faticosamente un senso. tro lettore: Di cosa parla? Leggere comporta dei rischi, significa met- E non risponde necessariamente con quel- tere in gioco la propria stessa identità, le cer- la che viene chiamata “la logica catena degli tezze consolidate e i pregiudizi. eventi” – talora alla trama preferisce la figura di Hitler leggeva un libro al giorno nella sua un personaggio (e ce ne porge il ritratto con fiammante libreria di 30.000 volumi a Monaco, scioltezza ottocentesca, si veda come sbalza ma in essi cercava solo autoconferme. fuori in tutta la sua fragile baldanza il Lord Jim Credo che il nemico principale della cultura PER UN LIBRO 23 umanistica non sia la informatica e meno che mai la cultura scientifica, ma appunto il verbo- NOTERELLE DI LETTURA so, supponente culturalismo, l’esibizione di consumi culturali chic. REMO TEGLIA, Mala Castra Chi parla oggi di libri in TV o alla radio ten- Album Remo Teglia. Vita di uno scrittore de infatti a sentirsi parte di una comunità di Avagliano 2014 happy few, chiusa nel proprio gergo e nei pro- pri tic autoreferenziali. Torna in libreria, dopo l’edizione Einaudi del Dorfles è uno dei pochissimi conduttori 1965, questo romanzo che riguarda le temati- che si sottrae felicemente a questo atteggia- che e le scritture legate alla seconda guerra mento. Parla di libri sempre in modo sobrio e mondiale. personalissimo. La sua passione della lettura è Curato da Daniela Marcheschi, anche un contagiosa proprio perché lui è il primo a vive- Album che raccoglie, del medico scrittore, foto- re i libri e a sentirli parte di sé. Non recita da grafie personali e di amici, pagine autografe di uomo colto o da letterato sofisticato. testi, le relazioni con le edizioni Einaudi. Ortega y Gasset diceva (negli anni Venti) Nella Premessa all’Album Ernesto Ferrero che “se lee mucho y se piensa poco”. sottolinea il realismo, lo stile e il messaggio co- Non occorre essere lettori bulimici, pieni di municato contro “la guerra nella sua assurdità idee ricevute. e nella logica di mestiere atroce”. Dorfles invece usa i libri per pensare di più E c’è anche una esaustiva biobibliografia e meglio. essenziale per conoscere più a fondo Remo Dei centouno capolavori qui riassunti e Teglia. commentati con una estrema ricchezza di con- nessioni – quelli di cui si parla al bar o in un ar- ticolo di giornale – voglio solo soffermarmi su MARCO BUZZI MARESCA due, che bene esemplificano l’attitudine di Dor- Poema dello schermo fles a farsi “turbare” dalle proprie letture. Onyx 2014 Anzitutto Il castello di Kafka, giudicato uno dei più grandi libri mai scritti non per il suo va- È una raccolta poetica organica molto pen- lore allegorico ma perché rappresenta “l’impari sata e costruita. Mario Lunetta, nell’introduzio- lotta per trovare serenità e fiducia nella vita” e ne, scrive di materia smateriata, deprivata di la “difficoltà di costruire rapporti umani al di fuo- profilo, dove il reale tenta nel virtuale un’impos- ri delle convenzioni e delle ipocrisie”. sibile rinascita. E poi La chiave a stella di Primo Levi, dove Nota Lunetta l’allegoria della catastrofe evi- si individua il “valore umano” dell’opera nel- denziata anche attraverso espedienti lessicali l’idea che “l’amare il proprio lavoro costituisce spregiudicati come rime e rimalmezzo capric- la migliore approssimazione alla felicità sulla ciose, ripetizioni accentuate, lemmi smentiti, terra”. neologismi. Il risultato è un poema senza illu- Ecco, Dorfles certamente “ama” il proprio sioni e il poeta è un testimone avventuroso, av- lavoro di giornalista, critico e mediatore cultura- ventato e avventizio. le, e trasmette naturalmente agli altri – siano lettori o telespettatori – questo amore genuino. GABRIELLA MALETI, Prima o poi Gazebo 2014 Divisa in tre sezioni, come argometazioni in versi, poesie del prima, del poi, dell’o. Dicono della vita attraverso i ricordi vivi de- gli anni che passano, dicono dell’apparire, del- l’essere, del sentirsi, della morte analizzata in sé e per sé e di quella che verrà e di quella già venuta, che si verifica come fatale elemento naturale.

Anna Grazia D’Oria 24 PER UN LIBRO a Raffaele La Capria volte amorosi per lo stile e la passione, mie ani- a cura di Anna Grazia D’Oria me ispiratrici. Filo conduttore, come chiedi, è la mia idea di scrittura che include la mia visione del mon- È in libreria un cofanetto dei Meridiani in due do, quella della semplicità che arriva dopo la volumi: c’è il nuovo La Capria che si era ferma- complessità. Quella in sostanza che serve a to, nel precedente, al 2003. sbrogliare la complessità delle cose umane Dieci anni dopo quindi Silvio Perrella ci con- rendendole, con un lavorio forte ma nascosto, segna il meglio, complessivamente, fino ad og- semplici: insomma tutto sembra naturale e fa- gi, dell’autore il cui nome rimanda immediata- cile ma nasconde fatica. mente al famosissimo Ferito a morte, Premio Strega nel 1961. Silvio Perrella, che ha curato anche questo Raffaele La Capria fin dal primo romanzo Un Meridiano, ha indirizzato chi legge verso giorno di impazienza del 1952, attraversa la let- un’esplorazione delle opere per ripercorrere le teratura italiana con la scrittura limpidissima tappe certo cronologiche ma soprattutto quelle che riscrive la vita non come esercizio di memo- della tua vita attraverso i libri. ria, ma come fusione di esperienza e di espres- Ha fornito così una chiave di lettura per en- sione, per dare materia di riflessione e andare trare agevolmente e con profitto nel tuo mondo al senso preciso delle cose, il tutto “nello stile creativo. ingenuo che è il più difficile da apprendere” co- Sì, Perrella ha ben individuato e distinto per me diceva Montesquieu e mi ripete, nella sua capitoli le varie fasi formative della mia vita e del- casa, La Capria. la mia produzione letteraria; dunque già nell’Indi- È contento mentre ne parla. ce si trovano le varie tappe della mia scrittura, il Il Meridiano precedente era organizzato se- mio cammino personale attraversando le perso- condo le date di pubblicazione dei libri conside- ne, gli animali e i luoghi che ho amato ed amo. rati. Questo, in due volumi, si può leggere come E c’è soprattutto l’uomo che di mestiere fa una grande autobiografia in cui le varie fasi del- lo scrittore ma continua a gestire la quotidiani- la vita corrispondono ai temi dei vari saggi. tà e i suoi problemi con le piccole e grandi co- Chi legge si trova davanti il libro della vita se, le gioie e i dolori: il tutto trasformato in me- salvata che non è quella reale che viviamo tafora. quotidianamente. Ma non nel senso che non è E in questo c’è posto anche per i libri che ho reale. Il senso è che quando viviamo non con- amato e che hanno influenzato e a volte deter- templiamo la vita. minato il mio scrivere, c’è posto per la saggisti- Per me la vera vita è quella meditata che ca e per i colloqui costanti con i lettori non tan- scrivo e solo così posso fissarla, ammirarla in to immaginari che mi hanno seguito e mi se- tutti i suoi aspetti, considerarla e riflettendo, guono ancora nelle pagine del “Corriere della salvarla sottraendola alla morte dell’istante che Sera”. passa. E insisto nel termine contemplare che indi- Ed ora, che cosa hai in cantiere, quali i pro- ca meditazione e anche compiacimento. Ades- getti di scrittura? so guardo la vita dalla distanza dei miei quasi Certamente continuerò ad usare la penna novantadue anni e questo mi sembra un buon come ho sempre fatto nel corso di questi anni distacco, un buon traguardo per giudicarla nel anche se mi rendo conto di avere come interlo- suo accadere. cutore un pubblico esiguo che non si identifica con chi attentamente segue gli autori di punta, Se dovessi dare un senso complessivo, un identificati in personaggi dello spettacolo o po- filo conduttore per questi due volumi, che cosa litici di colpo diventati scrittori autentici. diresti? Uno dei miei libri ha per titolo L’amorosa in- Di sicuro, come dici, non è edificante la rin- chiesta e posso dire che tutto insieme questo corsa sfrenata alle vendite a scapito anche del- Meridiano è un’amorosa inchiesta sull’intera la qualità culturale da parte di troppe case edi- mia vita di scrittura. trici. Ma allora un tua ricetta per arginare que- Anche i molti saggi inseriti dicono di pensie- sta deriva? ri e sentimenti che comportano giudizi a volte Forse si può puntare al futuro confidando severi come richiede la parola inchiesta e a nel lavoro della scuola. PER UN LIBRO 25

Su ker di quella stagione letteraria), ora è felice- DINO TERRA, Dopo il diluvio mente restituio da Salvatore Silvano Nigro a Sommario dell’Italia contemporanea una storiografia letteraria che fin qui l’ignorava. a cura di Salvatore Silvano Nigro E forse occorre proprio partire dall’immagine Sellerio 2014 biblica del diluvio, issata come un luttuoso ves- sillo da Terra nell’introduzione e da Giacomo Noventa verso la fine del libro, per seguire uno Antonio Di Grado dei principali percorsi che tramano, sia pure nell’eterogeneità delle voci e delle ideologie, Nel 1945, a guerra appena finita, Dino Terra questo composito e ricco “sommario”. Dico del chiama a raccolta narratori, poeti, giornalisti e filone “religioso”, laicamente religioso, cioè di saggisti di fama invitandoli a un esame di co- una temperatura morale che sfiora la trascen- scienza collettivo, urgente dopo l’ubriacatura fa- denza e attinge dalle Scritture, inaugurato per scista e la catastrofe bellica, tutt’altro che fami- l’appunto da Terra nel segno di Noè e di Giob- liare a un paese e a un’intellighenzia poco av- be, dell’esperienza del «dolore, questo anti- vezzi all’autocritica e alla responsabilità intellet- chissimo affinatore degli animi» e «gran con- tuale e morale (fatti salvi pochi nomi, da Renato densatore delle coscienze», traumatica ma ne- Serra a Borgese, da Gobetti a Savinio). Reduce cessaria incubazione d’una ricostruzione che da predilezioni anarchiche e sperimentazioni non sia solo materiale. Nel segno di quel “do- d’avanguardia (l’“immaginismo”, con Umberto lore”, d’una sofferenza irredimibile, nascevano Barbaro) ma poi transitato per le fascistissime ri- del resto in quegli anni le prove più insolite ed viste di Telesio Interlandi, infine artefice della ri- eccentriche del neorealismo letterario e cine- fondazione dell’“Avanti”, Terra è dunque egli matografico, da Il cielo è rosso di Giuseppe stesso un esempio del tortuoso “lungo viaggio Berto a Germania anno zero di Rossellini, intol- attraverso il fascismo” che, patito da un’intera lerabili ferite aperte nell’ottimistica ed edifican- generazione d’intellettuali, esige nell’immediato te pedagogia del neorealismo caro a Togliatti e dopoguerra accurate analisi e severi bilanci. ad Alicata. Come questo Dopo il diluvio. Sommario Quel filone “religioso” è ripreso, a seguire, dell’Italia contemporanea che, pubblicato da naturalmente da Ungaretti, che collega la pra- Garzanti nel 1947 (e si noti che la gestazione tica letteraria degli anni trascorsi a un senso di biennale coincide con la vicenda del “Politecni- radicale impotenza (e come non pensare agli co”, magari per chiedersi il perché dell’assen- “astratti furori” e alla “quiete non speranza” di za, tra i nomi prescelti da Terra, Papi e Verga- Conversazione in Sicilia, o da lì a poco alla dé- ni, proprio di Vittorini, l’indiscusso opinion ma- faillance non solo sessuale del “bell’Antonio”?):

a Raffaele La Capria a cura di Anna Grazia D’Oria

Gli insegnanti dovrebbero comunicare il pia- una persona e gli altri sono freddi e disanimati, cere della lettura e della scrittura e certo non è inerti come un corpo morto. impresa facile imperando videogiochi e internet Ai ragazzi vorrei dire che la lettura è neces- fai da te. saria anche se oggi non è di moda. Pure bisogna tentare e lavorare facendo ca- Una buona lettura fa crescere l’individuo e pire agli studenti dove è nascosta la bellezza di la società, avvicina a comprendere, fa capire il un libro e la differenza tra un testo nato dalla mondo degli altri, anzi chi è l’altro senza distin- creazione autentica, dalla riflessione che na- zione di luogo, religione, razza. L’altro che, co- sce dalle costanti di fantasia e realtà e quello me dice il Vangelo, è il nostro prossimo. che viene fuori dalla costruzione a freddo, dal C’è un mio piccolo libro, a proposito, anco- calcolo sul dosaggio degli ingredienti che ser- ra attuale, che vorrei consigliare agli insegnan- vono al mercato. ti, adatto a ragazzi dai dieci ai tredici anni, La Non è facile distinguere un libro vero da un neve del Vesuvio. altro che sembra buono ma non è un libro ve- È la mia proposta, oggi, per venire fuori an- ro. La differenza è che il primo ha un’anima e che con una minima cosa, dalla superficialità un cuore che si sentono battere come quelli di imperante. 26 PER UN LIBRO un’impotenza storica, generazionale, esisten- oggettività” di quel notevole e aspro romanzo, ziale che solo l’amore può, all’insegna del- quanto mai lontano dal populismo allora fasci- l’anarchismo evangelico mai abiurato dall’esu- sta e poi comunista, nell’ortodossia marxista o berante poeta, redimere. Ma meglio ancora è peggio nella pratica togliattiana: e infatti, dopo Guido Piovene che, in polemica aperta con aver deprecato anche lui il trasformismo delle una Chiesa cattolica che, come già il fascismo, élites, tuttavia si chiede: «Fu male o fu un be- asseconda l’aspirazione paciosa dell’italiano al ne questa rinuncia alle “vedute”, alla “purga ra- compromesso e a un progressismo parolaio dicale” a beneficio di una politica che se perde sostanziato d’inerzia, rivendica il carattere di qualcosa di astratto “rivoluzionarismo” acqui- rottura, che comporti perciò «penose negazio- sta molto in un concreto processo di edificazio- ni e distacchi», d’una religiosità autentica, alie- ne democratica?». Come a dire: meglio il com- na da «un vecchio popolo pagano senza fanta- promesso realistico che l’utopia delle “vedute” sie né speranze né visioni per il futuro» e affi- e l’astrazione di chi, come gli azionisti, aspira- ne semmai, a mio avviso, al concetto di “reli- va a una radicale (e dolorosa) rigenerazione. gione aperta” coltivato, proprio in quegli anni, Sulla linea di un rigoroso – e doverosamen- da Aldo Capitini su un terreno, quello del laici- te impietoso – esame di coscienza, dunque di smo azionista, che è quello da cui germogliano quella “autobiografia di una nazione” auspicata i contributi migliori di questo “sommario”. da Gobetti e inaugurata con tinte fosche, dopo E infatti Piovene lancia i suoi strali non solo il Rubè di Borgese, proprio dai suoi Indifferenti in direzione del dominio della chiesa ufficiale del ‘29, si colloca con una fe- sulle coscienze e d’una cultura cattolica in Italia roce requisitoria contro la borghesia italiana re- poverissima, ma pure delle sinistre, anch’esse duce dal consenso al regime: una borghesia inclini al compromesso, e «intinte di spirito con- ignava e cialtrona, che non vanta un’omoge- troriformista, cioè non del tutto convinte della neità e una cultura propria tali da costituire una potenza delle idee, propense ad adattarsi alla classe sociale, e che non ha formato una “so- “realtà” del popolo com’è di fatto». Di questo cietà” (ma l’aveva già detto, centovent’anni pri- spirito di radicalismo liberale, allora perdente ma, Giacomo Leopardi) bensì una scomposta come lo fu il Partito d’Azione al cospetto della aggregazione di interessi economici. Una bor- Realpolitik socialcomunista (ed è un peccato ghesia né fascista né antifascista perché uni- che tra queste voci manchi quella di Brancati, camente credente «nella conservazione, ossia cattiva coscienza liberal di quell’Italietta asser- nel nulla». E ancora: «Un dogmatismo funesto, vita a questa o quella chiesa), è intriso lo scrit- fatto di irriflessione e di inerzia, porta il borghe- to conclusivo dello stesso Terra sul «residuo lit- se italiano ad appesantire e deformare ogni torio», ovvero sul trasformismo italico che vani- concetto politico; così che sovente sotto il libe- ficò la rivoluzione antifascista ribadendo oligar- rale spunta il reazionario, sotto il democristiano chie, mentalità, costumi e primattori del passa- il bigotto, sotto il socialista il demagogo, sotto il to regime miracolosamente rinverginati. comunista il totalitario, e sotto l’aderente al par- E suona, questa lettura amaramente diver- tito d’azione il moralista». tita del paradosso italico, intanto come rimpro- Di rincalzo al suo intervento potremmo col- vero a una società letteraria transitata dal fa- locare quello sui partiti politici di Piero Gadda scismo all’antifascismo senza nulla mutare del Conti, cugino del Gadda più noto, che registra proprio modo di pensare e di scrivere (ma an- il rapido dileguarsi della «fiammata» di entusia- che qui Brancati, la sua espiazione in provincia smi e fermenti postbellici nella ragnatela degli e la sua drastica riconversione d’idee, di temi e «interessi contrastanti» e auspica una demo- di stile, valgono come una luminosa eccezio- crazia non più fondata su governi di coalizione ne), ma soprattutto come testimonianza a favo- ma su una limpida dialettica governo-opposi- re di quel processo al fascismo e ai fascisti che zione. Pagine, queste, che andrebbero lette ai il Partito d’Azione auspicava e le altre forze po- nostri governanti odierni, specialisti dell’inciu- litiche non permisero. Perciò va colta l’implicita cio e del malgoverno trasversale; ma le pagine polemica che, attraversando sotterraneamente più disincantate e severe sui partiti politici le il libro, oppone questo scritto di Terra a quello aveva redatte Simone Weil pochi anni prima, di Carlo Bernari. L’autore napoletano dei Tre nel 1943, invocandone addirittura la soppres- operai del 1934 sembra nel suo contributo, che sione quali illegittime superfetazioni, gerarchi- tratta per l’appunto degli “operai”, preoccupato che e autoritarie, in nome di un concetto di di far rientrare l’eterodossa e irredenta “nuova “fluidità” che la grande filosofa e militante rica- PER UN LIBRO 27 vava, oltre che dalla sua lungimiranza da veg- ancora: «Le stesse rivoluzioni, che apparente- gente, dalla sua generosa, sofferta e coltissima mente hanno il fine di mutare e trasformare, adesione all’anarchia. […] in effetto hanno lo scopo di rinvigorire lo E giacché parliamo di anarchia, mi pare op- Stato, ossia di ridare stabilità alla stabilità». portuno concludere con un contributo d’autore L’astrazione statuale non è che una figura di che non a tutti i lettori è sembrato pregnante quella «mitologia perpetua» che l’uomo crea ma io più d’ogni altro ho amato: quello di Alber- per difendersi dalla vita, fingendosi entità su- to Savinio. Certo, Savinio sembra librarsi nei perne e preesistenti cui sottomettersi. Ma «tra suoi fondali metafisici, e da lì sorvolare senza le varie forme di autorità, lo Stato è la più sub- sfiorarle la concretezza e l’urgenza del “qui” e dola e tenace. E tale essa è perché meno vul- “ora”; non tutti i redattori, del resto, si erano te- nerabile. E più pericolosa dunque. Deve lo Sta- nuti al di qua degli argini imposti dagli artefici to questa sua invulnerabilità al suo essere im- del progetto e dalla contingenza storico-geo- personale. Lo Stato non “fa immagine”. Non ha grafica: un Cecchi e un Bontempelli avevano né corpo né faccia, nulla che dia presa allo dribblato con eleganza i temi loro assegnati, sguardo. […] Del tutto amorfo. Autorità senza consegnando l’uno una prosa d’arte sul merca- volto. E il nemico invisibile è il più pericoloso». to nero e l’altro una divagazione transnaziona- Peggio: lo Stato «è della natura dei tumori» le sulla musica, per non dire della deliziosa e «come i tumori tende a immalignire», ma presa in giro, da parte di Zavattini, di quel cine- quel suo “immalignire” altro non è che il suo ma neorealista di cui pure fu tanta parte, e che sviluppo e perfezionamento, che si nutre del qui, prosciugate le lacrimae rerum, è ridotto au- popolo e della nazione. Frutto d’una modellisti- toironicamente a passatempo «del solito eser- ca anacronisticamente geocentrica, esso è cito scapitanato che bivacca in via Veneto ver- inoltre una forma desueta, con «il suo caratte- so il mezzogiorno tra le puttane e i pederasti». re conchiuso, la sua forma a ruota, il suo movi- Altrettanto irridente è Savinio, ma nei con- mento accentratore» che ne fanno un guscio fronti di un’entità ben più ingente e incomben- vuoto e un’arbitraria ipostasi. Affermazioni te d’una comitiva di cineasti. Il tema assegna- anarchiche? E perché no, se a quell’etichetta, togli è infatti, e nientemeno, lo Stato. Anche che Savinio tuttavia non nomina, si dà il senso Carlo Levi, nel suo contributo, parla del falli- non d’una forza distruttiva ma d’una feconda mento dello Stato centralizzato, e della impos- fluidità? A chi paventa il caos Savinio risponde: sibilità di riproporre un modello di città ispirato «Vizio della simmetria! Non è detto che tutto da un’idea illuministicamente ottimista di pro- che finisce, debba essere sostituito. Impariamo gresso che la guerra ha vanificato. Anche lui ad apprezzare la felicità del libero spazio. La li- come altri denunzia una «inerzia» di uomini e bertà è fatta anche di vuoto». E invoca geome- cose, grazie alla quale sembra, «appena finita trie finalmente “orizzontali”; e auspica che si la guerra, rinascere immutato quel mondo di sottraggano a governanti e amministratori «la cose morte» – vecchie ideologie, vecchie ag- posizione di centro» e la «funzione accentratri- gregazioni – che l’avevano preceduta; e invece ce»: e piuttosto si scelga di «disporli in fila, in si è prodotta una cesura insanabile: «La tradi- ordine sparso, ai margini della vita fluente. Co- zione è rotta […], è finito il progresso», la città me i segnalinee nelle partite di calcio». non è più “patria” sacra e immodificabile ma E noi con lui, ringraziando Silvano Nigro per necessita di un «piano» che sia «insieme questa riscoperta che è un dono. un’opera di critica storica, di previsione politica, di creazione sociale e di critica artistica». Savinio è tranchant. E presta al repertorio di negazioni e ripulse del pensiero anarchico la leggerezza, tutta sua, d’un passo di danza. In tempi di ricostruzione, di unità nazionale, di di- Regala battito sulla forma dello Stato (il referendum del un ’46, la Costituzione del ’47) non si poteva esse- re più felicemente inopportuni: «Lo Stato porta abbonamento la confessione di sé nel suo stesso nome. Sta- to, prima di essere lo Stato, è il participio pas- sato di stare, cioè a dire di un verbo che signi- fica cessare dal moto, fermarsi, rimanere». E 28 LE ALTRE LETTERATURE

Alla Gorbunova gli atomi e le molecole, i virus e le amebe hanno come puntato a carte nel “credi – non [credi”. Venere il momento lento è sospeso nell’aria prima Quando ero un bimbo in fasce, che il tuono rimbombi, e questo momento di tu da molti anni eri già morta, [lentezza ora io sono anziano, sulla soglia della tomba, prima della catastrofe dura per millenni, e tu non sei ancora venuta al mondo, – finché non si spegne l’esile miccia della così ci siamo persi a vicenda, [speranza. essendoci appena incontrati a metà strada. come sotto l’acqua, i corpi compiono Canta il vecchio cavaliere, guardando la movimenti rallentati, bramano amore e sangue, statua di Venere. sotto il cielo crudelmente chiaro, l’ultimo cielo. Ecco il passato. Sta davanti a lui in una nic- chia d’angolo in una sala del museo. Il parquet come i pesci sul fondo, le generazioni lavato, le porte bianche con l’oro, i letti coi bal- [condannate dacchini e gli specchi con pesanti cornici, i riescono a nascere e a morire fino all’ira, quadri di Van Dijk, le armature, – e lei. Se ne nella promessa di una catastrofe. sta lì, impalata, come Biancaneve, a cui è an- data di traverso la mela. «Vicino, lontano, quasi, appena…» le sus- L’Arcadia surra lui. «Quando per la prima volta ti ho visto, ti ho riconosciuta subito. Parlavamo in una lin- L’Arcadia gua celestiale senza a e senza ulcere – parla- nei grappoli che strisciano: vamo con la luce bianca in un campo di papa- un cobite* alla foce del fiume. veri, parlavamo con baci senza labbra… E poi mi sono spaventato di perdermi nel tuo mondo, attraversiamo il parco remoto sull’ortica. nella tua residenza agreste, nei tuoi ruderi pri- l’ombra di uno scolaro nella pioggia del sentiero, ma della tempesta, il serpente è uscito e, sno- dove sono le piantaggini e le lappole. dandosi, si è gettato giù.» Lei è la perdita, il presentimento e il ricono- dov’è il nido di una rondine campagnola? scimento. I turisti, che passano accanto, lo forse qui, accanto al vecchio granaio considerano un vecchio alcolizzato, che chissà e sui treni che viaggiano lenti. perché sta per ore davanti a una statua di mar- mo. Non conoscono la catastrofe che l’ha dila- i cobiti biancheggiano. niato: la fanciulla, che lui amava, era morta, cade l’acqua, quando era ancora piccolo, ma ora, quando è come il Niagara. diventato vecchio, la fanciulla, che lui amava, non è ancora nata. *Pesce di acqua dolce. «Qual è il tuo nome?» le chiede ancora e ancora. «Dimmi, che la tua bellezza non rischi l’oblio!» La Palestina E la statua apre le labbra bianche e risponde: «Sulla terra c’è solo il silenzio». La Palestina

così andavano alla terra promessa Nella promessa di una catastrofe raccogliendo la manna celeste, attraverso il deserto, Nella promessa di una catastrofe così andavano alla terra promessa, c’è un lungo momento, quando si fermano annunziata ai discendenti di Abramo, [le persone e le fiere, dove scorre il latte e il miele, come il sole, fermato da Giosuè, sul vetro [dei grattacieli, andavano, pregustando PER DIRITTO E PER ROVESCIO 29

Nicolo Naldini consolidato, tanto da poter sospingere la mano della ragazza dove pulsava il desiderio. Quadri di gioventù friulana Dopo le nove di sera esplodeva la festa e cominciavano i balli sulla piattaforma dominata da una orchestrina di vari elementi. Si scatena- Altre sagre dopo la guerra vano i nuovi balli americani. Dopo essersi tenu- ti stretti in una serie di balli, il ragazzo ardiva Non ci furono sagre durante la guerra: ma proporre di fare un giretto nel vicino boschetto dopo la sua fine ripresero con più slancio per- così fresco e con tanta tenera erba dove sdra- ché tante cose nuove si erano affacciate sul iarsi. Ma non tutte le ragazze accettavano sia mondo. pure per un abbraccio innocente. Le più so- Ogni paese aveva il suo santo protettore e spettose si impuntavano di voler tornare subito quando scadeva il giorno della sua celebrazione, indietro verso le luci della sagra. al pomeriggio incominciavano i festeggiamenti. Alcuni ragazzi erano rimasti solitari in piedi Le ragazze erano le più agitate; la notte pre- ai bordi della piattaforma; sentivano il peso del cedente avevano dormito poco e per la smania loro sesso che avevano lavato sotto il getto avevano fatto più volte pipì nel vaso da notte della pompa nel cortile. Si avviavano alla fra- tenuto sotto il letto. sca del vino; dalle damigiane il vino veniva ver- Ragazzo e ragazza: dopo essersi visti cento sato nei boccali e dai boccali nei bicchieri che volte, tentati vari tipi di sorriso e ottenuta final- venivano svuotati in una sola sorsata. Prossimi mente la risposta a un saluto, iniziava la fase del alla sbronza potevano incattivirsi e cercare “parlarsi” e il giovane sarebbe stato accolto nel- qualche motivo di lite con gli altri avventori; ma la casa della ragazza. Si accomodavano nell’an- l’aggressività si spegneva subito e il pugno al- golo più appartato della cucina. La madre della zato sull’avversario diventava la mano sbattuta ragazza che sembrava intenta a sferruzzare, li sul tavolo per il gioco della mora. teneva d’occhio e nulla le sfuggiva dell’intensità Per vincere la malinconia della fine della fe- dei baci e delle risatine tra lunghi silenzi. sta, a tarda sera tornando a casa in bicicletta Passavano i mesi e il fidanzamento si era cantavano a squarciagola le solite canzoni di

Alla Gorbunova, Le altre letterature i querceti e i giardini d’ulivo, burgo] (2010). Scrive saggi e articoli per riviste. il mirto, il lauro, la mandorla, il melograno. Nel 2005 è stata insignita del premio “Debjut”. Ha pubblicato le raccolte: Pervaja ljubov’, mat’ e il Signore mostrò a Mosè prima della sua ada [Il primo amore, madre dell’inferno] (2008), [morte, Kolodeznoe vino [Il vino di pozzo] (2010), Al’ quando dalle pianure dei Moabiti salì sul Nebo, pijskaja fortocˇka [Finestrina alpina] (2012). tutta la terra promessa, Galaad. Mosè avrebbe guardato per sempre Traduzione e nota di Paolo Galvagni i pascoli fertili e le mandrie di capre, sentendo l’aroma di resina e spezie, che giunge col vento.

Mosè avrebbe guardato e pianto per sempre, ma il tempo è finito.

Alla Gorbunova è nata a San Pietroburgo nel 1985, dove vive tuttora. Si è laureata in Fi- losofia presso l’Ateneo della sua città. Ha pub- blicato versi su riviste (“Novyj mir”, “Deti Ra”, “Den’ i nocˇ’”, “Zinziver”), in siti letterari (“Polu- tona”, “Kamera chranenija”, “Text-only”) e nel- l’opera Sobranie socˇinenij – Poezija Peterbur- ga [Raccolta delle opere – La poesia di Pietro- Alla Gorbunova 30 PER DIRITTO E PER ROVESCIO montagna cui ciascuno dava un contributo di tando la confusione. I più coraggiosi hanno tro- varianti oscene. vato lo spazio dove infilarsi con un balzo e in- Erano mezzo ubriachi e si fermavano ai citano coloro che sono ancora a terra. Con al- bordi di un fosso per pisciare in fila: “Chi non tri tonfi si richiudono gli sportelli ma c’è un ra- piscia in compagnia ecc.” Scuotevano il sesso gazzo rimasto ancora a terra. Si sposta da uno che avrebbe richiesto di essere manipolato con sportello all’altro con lo sguardo perso, blocca- forza fino allo spasimo finale. Ma no, nessuno to dall’ansia. Il treno si sta muovendo, lui lo rin- aveva visto quei ragazzi masturbarsi, non ne corre, uno sportello è tenuto aperto dai compa- avevano neanche mai parlato; il sesso si rin- gni che lo incitano a salire, lui si aggrappa a chiudeva nella sua integrità cui attingeva la sua una maniglia ma un funzionario della stazione forza. E i materassi gonfi di cartocci di foglie di lo afferra e lo fa scendere a terra. Gli amici granoturco che fungevano per loro da materas- continuano a sbracciarsi dai finestrini, gli urla- si, avrebbero scricchiolato durante la notte con no qualcosa ma lui non sente e non vede con le note più acute dell’esistenza. gli occhi pieni di lacrime. Il funzionario lo consi- Il giorno dopo si riprendeva a lavorare. Sfi- glia paternamente; prenderà il prossimo treno. lati i maglioncini colorati dell’ultima moda ame- Ma per andare dove? A Roma? Ma a Roma do- ricana, si rivestivano con le casacche impre- ve troverà i suoi compagni? gnate di sudore e odore di stalla. Ma nessuno ne faceva caso se quell’odore si diffondeva in tutta la casa perché era l’odore della loro pro- prietà nel cuore della natura. Novità

Andare Roberto Lamantea Corrono voci che è meglio andare, partire. Delle vocali l’azzurrità Altri giovani conosciuti nelle sagre li hanno pre- ceduti in altri continenti e pare si siano siste- Poesia mati. Dopo tante incertezze e pareri contrari, pp. 112 - t 15,00 specie delle mamme, l’improvvisa decisione di partire ha eccitato un gruppo di ragazzi che si conoscono dall’infanzia. Ma bisogna sapere Il legno, la carta, le foglie e i petali secchi di un fio- come si fa per partire: preparare le “carte”, re tra le pagine di un libro, un bosco e l’azzurrità delle quali indumenti mettere nella valigia, quanti montagne, la neve, la terra, la pietra cantano un paesag- soldi mettere da parte per il viaggio. gio antico. Le date cominciano a scadere. Bisogna an- Quel canto è un ricordo di angeli dalle ali fredde, dare a Roma nell’ufficio dei permessi di espa- l’incanto della terra un esilio. trio. Sono molto nervosi, hanno paura ma la nascondono dietro la solita allegria. Organizza- no una festa di addio. Sono ancora un poco ubriachi quando arriva la mattina della parten- Federico Redaelli za. Due carrette li portano alla stazione ferro- viaria e il nervosismo aumenta per l’arrivo del Ruggine treno. Sono saliti in un treno solo qualche vol- ta ma mai per una meta così lontana. Si tengo- Romanzo no uniti e destano la curiosità degli altri viag- pp. 96 - t 12,00 giatori che non avevano mai visto tanti ragazzi insieme, cosi forti e belli, che si chiamano l’un l’altro anche se non c’è bisogno e si sforzano Una storia di quotidiana emarginazione è vissu- di ridere dandosi calci nel sedere. ta all’ombra della ricca provincia lombarda. A nar- Arriva il treno, un treno internazionale con rarla in prima persona è un vagabondo che si trasci- una locomotiva potente che con violenti sbuffi na tra un’ubriacatura e l’altra, dalla stazione a una semina il panico attorno a sé. Sbattono gli casa abbandonata, insieme ad altri senzatetto che sono la sua famiglia, e verso cui non sente alcuna sportelli e molti viaggiatori scendono mentre lo- compassione. ro devono salire e quindi si scontrano aumen- DIARIO IN PUBBLICO 31

Romano Luperini cato invece nell’umanità in quanto tale, senza più frontiere. Questo momento è arrivato, e in Machiavelli: quale attualità? esso Machiavelli può trovare posto per il suo appello alla militanza e per la sua fiducia in due Qualche mese fa ho commemorato Il Prin- universali che riguardano il genere umano nel cipe di Machiavelli in Palazzo Vecchio a Firen- suo complesso e nella sua possibile unità: ze, in occasione delle Olimpiadi di italiano. Di l’universale della logica asimmetrica e di quel- fronte a insegnanti e studenti ho sentito il biso- la simmetrica, l’universale mentale e logico-ra- gno di spiegare le ragioni per cui oggi vale la zionale, che unisce tutti gli uomini nella capaci- pena leggere e studiare Machiavelli. tà di ragionamento e di argomentazione, e Lo stile del Principe è quello di un genere l’universale corporale e sensorio che li unisce nuovo, il saggio moderno. Machiavelli è il primo nella capacità di provare sensazioni ed emo- dei moderni saggisti. Con Guicciardini apre una zioni. Machiavelli si rivolge a un universale strada che sarà presto ripresa in Francia negli umano, e intanto lo promuove. Il mito del Cen- Essais di Montaigne e poi dagli illuministi. Il trat- tauro potrebbe aspirare a una sua nuova attua- tato, divenendo saggio, trova la propria legitti- lità per una umanità per certi versi oggi troppo mazione solo in se stesso, e cioè nella propria civilizzata e dimentica della propria natura ani- scrittura, dunque nella capacità di persuadere male e per altri versi troppo ferina e dimentica legata anche alla forza dello stile, e non in un dei principi di tolleranza su cui si fonda la civil- ordine preesistente di verità. Il saggio tende ir- tà. Di fronte alla gravità della crisi Machiavelli resistibilmente alla militanza. Chi scrive milita: afferma la necessità di un’assunzione di re- si schiera all’interno di un conflitto o di una con- sponsabilità e di un impegno pratico volto a traddizione, e si compromette in prima persona. modificare la realtà e insieme suggerisce un A lungo la fortuna italiana di Machiavelli si è nuovo rapporto, tutto da costruire, fra mente e legata al contenuto immediato di tale militanza, corpo. Propone una conoscenza per la prassi e vale a dire a un sogno identitario e nazionale. un tipo di umanità. Machiavelli ha trovato un posto privilegiato al- Oggi, dinanzi alla crisi che stiamo attraver- l’interno di una narrazione mitica, quella di una sando in questi anni (crisi non solo economica, storia della letteratura vista come resoconto ma di civiltà), tanto diversa da quella sperimen- dell’identità nazionale. Non per nulla il «sia glo- tata da Machiavelli ma non meno grave, la sua ria al Machiavelli» della storia letteraria desan- lezione sembra acquistare una prospettiva che ctisiana coincide con le campane a festa per la il De Sanctis della Storia della letteratura italia- breccia di porta Pia e per la raggiunta unità del- na non poteva prevedere ma che forse risulta, la nazione italiana. L’ultimo capitolo del Princi- per il nostro futuro, non meno decisiva. pe con l’appello a liberare l’Italia dai barbari, come la Canzone all’Italia di Petrarca e infiniti altri testi di Dante, di Alfieri, di Foscolo, di Man- zoni, del giovane Leopardi, di Carducci, di Novità d’Annunzio sono stati letti in questa chiave. Oggi, nell’epoca della globalizzazione, tale nar- razione fondata sul nesso fra identità naziona- le, letteratura e storia patria ha perduto la pro- Marica Larocchi pria ragione d’essere. E tuttavia Machiavelli può mantenere una sua attualità forse non tan- Fantasmi to per alcuni suoi contenuti immediatamente politici, quanto per l’energia con cui si batte Racconti contro la rassegnazione e l’inerzia e per i pro- pp. 216 - t 20,00 cedimenti di pensiero da lui impiegati che pos- sono assumere anch’essi una valenza politica. Oggi si sta affermando l’esigenza di un’etica Fantasmi raccoglie tre storie di donne in un ter- non più nazionale, ma planetaria, e di una nuo- ritorio compreso tra Milano, Monza e la Brianza, il va narrazione a essa ispirata. Lo stesso giova- Ticino svizzero, Ravenna e Trieste; mappa implican- ne De Sanctis prevedeva che sarebbe venuto te, però, ben altre escursioni geografiche, essenziali il momento in cui al criterio del valore naziona- alle tematiche affrontate: l’Ucraina di fine secolo e, le sarebbe seguito un criterio di valore identifi- addirittura, l’antico Egitto dei faraoni. 32 IL DIVANO

Antonio Prete accurato lavoro che ai nostri occhi e per la no- stra storia è distruzione della bellezza. La natu- Il divano ra, la sua energia nell’apparire, il suo fulgore, il suo fiorire e sfiorire ha una sua bellezza. Ma la Zibaldone – Giacomo Leopardi – edited by nostra bellezza, quella dall’uomo prodotta nei Michael Caesar and Franco D’Intino – Trasla- momenti alti del suo fare inventivo, è in scarto ted from Italian by Kathleen Baldwin, Richard con la natura, appartiene ad essa ma sbalza Dixon, David Gibbons, Ann Goldstein, Gerard con un tempo storico, dunque caduco, sopra di Slowey, Martin Thom, and Pamela Williams – essa, anzi è solo un passaggio nel ritmo del suo Farrar, Straus and Giroux – New York. mostrarsi e divenire. Quanto al lavoro (chimico, È il frontespizio dell’edizione in inglese del- fisico e anche “artistico”) del tempo sull’opera lo “smisurato manoscritto” leopardiano (con le d’arte, mi viene in mente un libro che scrisse lineette ho indicato gli spazi nella pagina bian- molti anni fa un amico francese, allora giovane ca). Il nome da aggiungere è quello del diretto- storico dell’arte, Jacques Guillerme, L’atelier du re editoriale che ha voluto e seguito l’impresa, temps. Venne a trovarmi nel Salento, nella stes- Jonathan Galassi, poeta e traduttore dei leo- sa estate in cui ci eravamo conosciuti, con una pardiani Canti, delle Poesie di Montale (e au- deux chevaux, insieme con una bionda ragazza spicabile traduttore in inglese delle Fleurs du parigina, e lo accompagnai per paesi, castelli e mal: dell’idea di tradurre Baudelaire me ne par- diroccate abbazie dove fotografò il lavoro del lava a New York, un mezzogiorno di fine aprile tempo – lavoro fortissimo sulla pietra del baroc- pieno di luce per le strade – ma noi eravamo co – ma anche le testimonianze dell’incuria nell’ombra di un ristorante intorno a Union umana. Ci incontrammo, poi, qualche volta a Square). Lo Zibaldone inglese, ora a nostra di- Parigi, prima di disperderci. Seppi, molti anni sposizione, da una parte è la resa in un’altra dopo, della sua scomparsa. lingua della singolare esperienza di un poeta che, lungo i giorni, dal 1817 al 1829 (con l’ag- * giunta di pochi pensieri che giungono al 1832), Una casa editrice che inizia la sua attività, medita e ragiona intorno ai saperi, alle loro ge- trent’anni orsono, con un’antologia di poeti nealogie, alle lingue, alle loro forme e origini e contro la guerra, dichiara in modi decisi e lim- relazioni, alle passioni, ai riverberi del sentire, pidi, più di quanto possa fare un programmati- e accoglie ricordi, progetti, osservazioni sul co- co manifesto, la sua fisionomia e la natura del stume e sul potere, dall’altra è davvero una suo progetto di presenza e di azione culturale. nuova edizione, per via degli apparati molto ac- Ora quella casa editrice, la stessa della rivista curati, dell’introduzione, degli indici leopardiani che ospita questo Divano, ristampa, anche in stessi, delle note, delle fonti. Da un’altra lingua un’edizione speciale per i librai, quel volumetto torna a noi, arricchita di margini e impreziosita che raccoglieva venti poeti (Segni di poesia da cure editoriali e esegetiche e filologiche, il Lingua di pace. Antologia di poeti) seguito da viaggio di Leopardi nel labirinto della cono- uno scritto di Piero Manni (con sorridente un- scenza, nel teatro dell’interiorità, nelle stanze derstatement intitolato “Potevamo aprire una di una biblioteca reale e negli spazi sconfinati trattoria tipica e invece abbiamo fatto libri”) e di una biblioteca fantastica. preceduto da un’introduzione di Romano Lupe- rini. Alcuni dei poeti: Caproni, Luzi, Porta, San- * guineti, Zanzotto, Amelia Rosselli, Volponi. Alcuni versi di Feliciano Paoli (in Non perde- Ciascun nome mi evoca incontri, scambi, re la strada, prefato da Yves Bonnefoy) dicono ascolti. Ma con due di essi la riflessione su di un Cenacolo, affrescato sotto una lunetta in poesia e guerra ha avuto un suo peso negli in- una vecchia chiesa, che si fa sbiadito e si con- contri: Luzi e Porta. Con Luzi perché il respiro suma: “le hyphe bombicine stabilitesi / in colo- stesso del suo verso, la fisica poetica, il canto nie hanno reso / diafano il viso già di per sé / as- creaturale dimostra in ogni voluta ritmica come sorto nel pallore di / Cristo salvatore”. Ecco la la poesia sia davvero la cosa più opposta alla chiusa: “con una inconscia vena / prendono an- guerra che si possa pensare. Con Porta per- che loro / parte all’ultima cena”. Penso a questi ché, prima ancora della prima guerra del Golfo, innumerevoli agenti del tempo, la cui vita effi- ci trovavamo a Milano, in una stanza della Fon- mera si svolge – i tarli tra questi – nell’azione dazione Corrente (presenti spesso anche Er- del consumo, della riduzione in polvere, in un nesto Treccani e Mario Spinella) per discutere A PIÈ DI PAGINA 33

Remo Ceserani sta”. Da Washington Barack Obama aveva tele- fonato al vincitore Matteo Renzi per dirgli la sua Suffissi stima e il suo appoggio. Dal mondo imprendito- riale si erano fatti vivi Sergio Marchionne e John La lingua italiana ha, tra le sue capacità Elkann con dichiarazioni di appoggio abbastan- espressive più efficaci, l’uso dei suffissi che za convinto. Lo stesso giorno in cui sul “Corrie- modificano le parole, con un effetto che in altre re” è comparsa la rubrica di Ostellino, a rimarca- lingue hanno gli aggettivi qualificativi. Mi ha re lo splendido suo isolamento rispetto alle posi- colpito, lo scorso mese di maggio, l’uso di un zioni dominanti nel giornalone, si potevano leg- suffisso dispregiativo fatto, sul “Corriere della gere altri articoli: per esempio, in prima pagina, sera”, dall’editorialista Piero Ostellino: in un ar- l’editoriale di Galli Della Loggia in cui Renzi veni- ticolo sulla situazione politica dopo la vittoria va definito (pur con un pizzico di incredulità) elettorale del partito democratico, Ostellino ha “l’unica speranza della stragrande maggioranza definito Matteo Renzi “un ragazzotto che se la del popolo progressista”, oppure in altra pagina, cava bene a chiacchiere”, ma che, oltre alle un intervento del vicedirettore Pier Luigi Battista, chiacchiere, “non ha altro da esibire” e “non pa- che parlava di lui come un personaggio “giova- re avere né la preparazione, né la forza e la vo- ne, arrembante, moderno” e come “persona spi- lontà politiche per riformare davvero il Paese e ritosa e accorta”. Quello stesso giorno sul gior- liberarlo dal dispotismo burocratico”. nale dei vescovi “L’Avvenire” il direttore Marco Ostellino è stato corrispondente del “Corrie- Tarquinio si era spinto ben oltre le espressioni di re” da paesi a regime dittatoriale come la Rus- stima e aveva parlato di un “capo”, che “ha idee sia e la Cina; per qualche tempo è stato (1984- e una visione forte e le sue idee le sa comunica- 1987) direttore del giornalone, e ora ha un an- re”. Nei giorni successivi sono arrivate le dichia- golino riservato per la sua “Il dubbio” (o dub- razioni in favore di Renzi, talvolta entusiastiche, bietto), dalla quale pontifica presentandosi co- del governatore della Banca d’Italia, del presi- me uno degli ultimi difensori, in una situazione dente della Confindustria, di alcuni collaboratori culturale disastrata, della grande tradizione li- del “Sole-Ventiquattrore”. berale di Montesquieu, Kant, Stuart Mill, Croce, Come definire l’uscita spregiativa di Ostelli- Gobetti. (Temo non si sia accorto, forse perché no (ribatita due giorni dopo in una nuova pun- in quel periodo stava in Russia e in Cina, che tata del “Dubbio”)? Un caso di supponenza se- nel frattempo il vecchio liberalismo era stato nile che reagisce alle iniziative giovanilistiche sostituito dal neoliberismo di Friedrich von Ha- del giovane eroe della Leopolda? Una solenne yek e Milton Friedman.) predica liberale quale l’avrebbero potuta fare L’articolo che mi ha colpito è comparso due Gobetti, Einaudi o Bobbio? Lo sfogo di umore giorni dopo la divulgazione dei risultati delle ele- del solito bastian contrario? La battuta ironica e zioni europee. Il giorno prima c’era stata la con- simpatica di un personaggio scomodo? Il rovel- ferenza-stampa di Renzi a palazzo Chigi, al ter- lo e l’ammonimento severo di un grillo parlante mine della quale, per la prima volta nella storia (senza nessun collegamento con l’altro grillo, politica recente, i giornalisti presenti erano scop- naturalmente)? Temo che si tratti soltanto, co- piati in un applauso spontaneo, subito trasforma- me dice il suffisso che qualifica il nome dell’au- to su Twitter e su vari blog in parole di ammira- tore, della presa di posizione di un liberale pic- zione per quello che era definito “un vero stati- colo piccolo.

Antonio Prete, Il divano intorno a temi relativi alla pace e progettare ini- del tramonto, preferibilmente nel verde). Certo, ziative di “artisti per la pace”. in questa relazione, c’è di mezzo il ritmo (Valéry ha passaggi interessanti su questo), ma anche * il movimento dello sguardo, lo svagamento inte- Relazione tra il passo e i pensieri, tra il cam- riore, gli oggetti e la luce (pensiamo al mallar- minare e l’immaginare. Sono un promeneur, ma meano Le démon de l’analogie). C’è poi qualco- ho anche l’abitudine di camminare ogni giorno, sa che viene non si sa da dove, e si ferma nei mai meno di mezz’ora, a passo veloce, in qua- tuoi pensieri, e chiede di passare alla chiarezza lunque città mi trovi (al mattino presto o prima di una frase, qualche volta alla scrittura. 34 pollice recto / pollice verso

Renato Barilli dicativi sia da una parte che dall’altra, pronti so- prattutto a calpestare i diritti e la dignità delle Giaquinto: quando il romanzo donne, avvilendole nella sottomissione sessua- storico sfuma in ballata le, e perfino dimostrando una crudeltà animale- sca nei confronti della prole. Diciamo insomma È ben chiaro a chi legge i miei pollici che che la Giaquinto adotta il registro giusto nel non sono favorevole al filone della cosiddetta percorrere questi fatti, trattandoli col ritmo rapi- New Italian Epic, ovvero ai vari tentativi di far ri- do, pieno di echi lirici, quale si addice a una bal- nascere un romanzo storico, nella pagina ac- lata, a un passo anche dal divenire una fila- canto esprimo le mie molte riserve nei confron- strocca cantabile. Al merito di aver adottato un ti dei Wu Ming. Potrebbe quindi sembrare una passo narrativo felice e opportuno, si può ag- contraddizione se ora invece sollevo in alto il giungere anche quello di aver assegnato un po- pollice a vantaggio di La briganta e lo sparviero sto giusto al protagonismo femminile. Infatti di Licia Giaquinto, dove però il viaggio a ritroso non per nulla il titolo del romanzo si apre nel non va troppo in là, si ferma all’Ottocento, al nome della Briganta, dominatrice assoluta di momento in cui i “piemontesi” si impongo sulle queste pagine. Questa Filomena Pennacchio riluttanti popolazioni meridionali, dovendo repri- nasce davvero “a fatica”, per dirla col Leopardi, mere con atti feroci l’uguale ferocia delle bande da una madre demente che tutti mettono incin- di briganti, sollevatisi anche in nome della cau- ta, e che anche in questo caso sarebbe pronta sa borbonica. Del resto, la nostra Giaquinto a liberarsi della neonata, se non ci fosse un’ani- non manca talora di vivaci puntate verso il più ma buona, Reginella, a consentirle di sopravvi- corrente e aggressivo costume contempora- vere, e di tentare poi di assisterla. Ma invano, neo, come ha fatto, salutata anche in quel caso perché Filomena sa prendere in mano la sua da un mio pollice recto, stendendo, nel 2007, sorte, e difenderla con pervicacia, con cattive- Cuori di nebbia. L’incursione nel passato stori- ria, pur dimostrando sempre di avere un resi- co è esente, nel suo caso, da vizi che invece duo di generosa umanità. E anche lo Sparviero menomano altre imprese del genere, il cui difet- che, sempre a seguire il titolo, a un tratto le si to è di voler inserire una tematica attuale sul affianca, Giuseppe Schiavone, sarebbe anche tronco delle vecchie storie. È quanto ho impu- lui un buon diavolo, se a corromperlo non fos- tato, per esempio, a e al suo se il duro destino che pretende di rimetterlo sot- Tempo di mezzo, il cui protagonista parte da to le armi in nome dello Stato unitario, dopo scenari folclorici degni dell’epica della Deledda aver già servito a lungo nelle file dell’esercito fino alle proporzioni di un “eroe dei nostri tem- borbonico. Al che, come tanti altri, egli si rifiuta pi”, con scompensi reciproci. Invece le vicende e va a ingrossare le file del brigantaggio. I due narrate dalla Giaquinto se ne stanno laggiù, ribelli, non per natura, ma per costrizione dei confinate in scenari che non pretendono per tempi e della società, sono destinati a incon- nulla di darsi una rinfrescata ammiccando a trarsi, auspice il motivo simbolico fornito dal una problematica odierna, sanno bene di par- morso di una vipera, con scambio e comunione larci di truci vicende di un costume barbarico, del veleno inflitto dal morso fatale. Li unisce pronto semmai a sfumare i tratti della storia per dunque un costume barbaro e omicida, che tut- avvolgersi nella leggenda, o per iscriversi nei tavia in lei ha un momento di segno contrario registri di un’antropologia primaria, da cui viene scaturente dalla dolcezza del parto. Ci vuole anche l’unico legittimo partito preso da parte proprio l’umanità superiore delle donne per pro- dell’autrice, che si guarda bene dal fare una teggere l’atto creativo, minacciato dai maschi scelta di campo, sarebbe del tutto inutile, agli prepotenti ed egoisti, e dunque è giusto che il effetti del suo racconto volutamente barbarico, brigante venga abbattuto dalle forze del nuovo parteggiare per la causa “piemontese”, in nome ordine, e che invece la donna sia risparmiata. di una necessaria unità d’Italia, o per la difesa La briganta è graziata, ma certo perde il figlio, di valori culturali legati alla dominazione borbo- dato in adozione a qualche lontana famiglia nica, collocandosi nel fronte dei revisionisti. piemontese, le resta però la possibilità di eser- Nulla di tutto ciò nella nostra autrice, che giudi- citare un estremo gesto di perdono, riaccostan- ca dall’alto, o dal basso di una saggezza popo- dosi alle altre donne che le sono state vicine, o lare, anzi di una completa immersione nella lontane, nel corso della sua vita tormentata. condizione della donna, portata a denunciare i torti della controparte, dei maschi brutali e ven- Licia Giaquinto, La briganta e lo sparviero, Marsilio 2014 pollice recto / pollice verso 35

Renato Barilli traduzione di qualche pedante che tenta di ren- dere in uno stentato italiano dialettale e arcai- Wu Ming: tra le spire della co perfino i nomi che sarebbero freschi, riso- storia e del romanzesco nanti nella parlata autentica della plebe parigi- na. Così, le Tuileries diventano le “Tegolerie”, i Forse sono colpevole di scarsa capacità faubourg in cui si muove una folla di sanculotti d’indagine, non avendo fatto luce sui nomi e sono “foborghi”. Inoltre questa parlata, troppo volti che si celano dietro al collettivo Wu Ming, studiata per apparire diretta e spontanea, non che pure risiede nella mia stessa città, Bolo- si sa bene da quali labbra esce, perché i per- gna, d’altra parte sarebbe giusto andare contro sonaggi, sollecitati dalla necessità di inserire una ribadita volontà di mantenere l’anonimato sullo sfondo storico una realtà romanzesca, tra i propri membri? Fatto sta che mi sono tro- pur essendo di bassi natali, parlano un italiano vato a dare pareri diversi. Se ci si rivolge a Wu comune e scorrevole. E in fondo questi nume- Ming 2, da cui due anni fa è uscito il romanzo rosi protagonisti potrebbero anche essere ac- Tamira, il mio giudizio è stato del tutto positivo, cettati come cittadini qualunque, con le loro vi- un virtuale pollice recto, se la recensione fosse cende ciclicamente ritornanti, di una Marie No- uscita su queste pagine. Non solo, ma vi indi- zières di oscuri natali, con figlio a carico che cavo un perfetto campione di New Italian Rea- stenta a mantenere, ma non per questo dispo- lism, mentre quasi tutti gli altri prodotti, posti al- sta a venir meno alla spinta rivoluzionaria. Ac- l’insegna di una New Italian Epic, hanno incon- canto a lei, le vicende di un immigrato italiano, trato le mie perplessità, o addirittura ostilità, a nei panni di attore pronto a tutte le parti e sof- cominciare dall’iniziale Q, uscito a dire il vero ferenze e reazioni col nome di battaglia di Sca- sotto un diverso epiteto, Luther Blisset, e con- ramouche, e tanti altri ancora. Ma appunto alla tinuando con Altai, forse con l’eccezione di Ma- ricerca del romanzesco, i Wu Ming inseriscono nituana, dove il tema era davvero intrigante, in una trama di fatti quotidiani un motivo di fa- per l’indagine sul comportamento dei patrioti scino alieno, anche se in partenza giustificato della nascente Federazione degli Stati Uniti, da qualche attrattiva di materialismo culturale. sorpresi tuttavia quando, sotto la guida inso- Ovviamente i nostri hanno letto Foucault, san- spettata di Washington, procedevano alla liqui- no bene, quindi, che bisogna andare a frugare dazione delle popolazioni indigene. Ma in ge- nei manicomi, dove la società repressiva appli- nere in quei grossi elaborati il collettivo si dibat- ca il Surveiller et punir, e dunque il manicomio te nelle spire del romanzo “misto di storia e di Bicêtres diviene uno dei luoghi più frequen- d’invenzione”, per dirla col Manzoni, con la dif- tati, dove vengono ospitate le vittime di incan- ficoltà di ricostruire appunto un lontano conte- tesimi risalenti addirittura a Mesmer, o comun- sto storico e di inserivi un romanzesco che non que a esercizi di magnetismo. In questo clima si dimostri gratuito. Mi pare che la recente L’ar- si scontrano, come si conviene appunto alle re- mata dei sonnambuli confermi tutte queste dif- gole del romanzesco, un buono, il dottor D’Am- ficoltà e giunga a un insuccesso, aggravato blanc, che magnetizza a fin di bene, per guari- dalla mole del libro (quasi 800 pagine). Il collet- re i pazienti dai mali psichici, e invece il cattivo tivo si riferisce a un tema ambizioso come la Laplace, il cui fine è all’opposto di procurarsi Rivoluzione francese, con il proponimento, giu- una schiera di sonnambuli, quali appaiono nel sto in partenza, di percorrerne i fatti, tra il ‘93 e titolo globale dell’opera, da muovere contro i ri- il ‘95, osservandoli dal basso, come vuole la voluzionari, anche al fine di liberare il Delfino, oggi dominante cultura materiale. Ma così fa- visto che non si è arrivati in tempo a salvare cendo si perde il senso della grande storia, ov- dalla ghigliottina Luigi XVI. In merito, i Nostri vero la si sbriciola in mozziconi che hanno bi- subiscono un evidente influsso dagli intrighi di sogno di essere illuminati da una normale co- cui è maestro Dan Brown, un autore che ben noscenza manualistica di quei fatti, se no i poco si preoccupa della storia, e così si trova le grandi nomi di Marat e Robespierre galleggia- mani libere per servire il demone del romanze- no nel vuoto. Protagonista sarebbe il basso po- sco allo stato puro, che invece, in questi suoi polo parigino, nel che si incontrerebbe di nuo- emuli, deve pur sempre sacrificare all’altro pa- vo una scelta giusta, sennonché Wu Ming dà a drone, il rispetto per la storia, con tutti i disagi questa folla anonima una parlata bassa che ot- conseguenti. tiene un risultato opposto, invece di rendere un senso di autenticità, di presa diretta, sembra la Wu Ming, L’armata dei sonnambuli, Einaudi 2014 36 IL DINOSAURO

Piero Dorfles di tutti i desideri di conoscenza e di informazio- ne possibili”. Produce relazioni, senso di ap- Il dinosauro partenenza. “Tende a configurarsi come il po- sto dove tutte le esperienze hanno luogo”. E “la Credo che i buoni libri non debbano fornirci molteplicità degli scambi non può che favorire definizioni e interpretazioni forti, ma casomai la qualità culturale”. Permette e di scavalcare i dubbi e interrogativi. Non mi hanno mai per- parassiti della mediazione, e può persino libe- suaso gli analisti che, con più o meno fortuna- rare dalle egemonie culturali, da una società te sintesi, descrivono la modernità in modo uni- letteraria oligarchica e chiusa. E, anche se per voco; liquida, solida o gassosa, globalizzata o il momento è solo un’ipotesi, la rete rende pos- mucillaginosa, aurorale o escatologica, poco sibile l’abbattimento della distinzione tra consu- importa. Trovo stimolanti i libri che ci mettono matori e creatori di cultura e di informazione. di fronte ai paradossi del presente, ne descri- I problemi però sono altrettanto significativi vono le sfaccettature, e non pretendono di indi- dei vantaggi. Il rischio è che prevalga in rete il carci la retta via per capire a che punto siamo modello per cui si ottengono “risposte veloci, del complesso processo storico che ci riguar- gratuite e mediocri”. Che la mancanza di mate- da. Un millimetro più in là. Intervista sulla cultu- rialità e di autorevolezza “imponga un sapere ra, di Marino Sinibaldi, a cura di Giorgio Zan- senza sostanza, e senza responsabilità”, che chini, Laterza 2014, fa parte dei libri del dubbio, “rischia di diffondere una specie di virale irrile- e per questo ci è utile. vanza delle cose, delle scelte e degli atti di “La cultura è un’arma possibile contro la di- ognuno di noi”. E la maggiore libertà di scelta sperazione del nostro tempo”; “La cultura ci può può significare che ogni gruppo “si concentre- insegnare a mettere tutto in discussione”; “Fare rà su quello che preferisce, e sperimenti me- cultura per me vuol dire fare attenzione alle co- no”; che resti confinato nelle sue passioni, nel- se belle e intelligenti”; “Per me la cultura, come le sue convinzioni, e non si metta mai in di- forma di conoscenza della propria realtà, è la scussione. “Nella rete sei connesso con tutti, condizione necessaria per autodeterminare la ma prossimo a nessuno”. Gli algoritmi della re- propria vita”; “Quella parte di vita che puoi cam- te premiano la maggioranza, la quantità prima biare […] dipende dalla tua forza, autorità, liber- della qualità. Se può valere per un ristorante, tà. Per me la cultura è la condizione per eserci- non può essere accettabile per i prodotti cultu- tare queste possibilità”. rali: “Non si possono giudicare i libri come le Ecco, basta questa serie di tentativi di defi- stanze d’albergo”. In definitiva la rete, finora, nizione, che segnano il ritmo delle riflessioni vive un paradosso perché, malgrado viva di del libro-intervista, per capire come Sinibaldi connessioni, “genera un sapere sconnesso”, proceda per approssimazioni successive, sug- favorendo forme polverizzate di conoscenza gerendo nuovi rami di estensione della ricerca “come se l’attenzione al dettaglio facesse per- di un concetto univoco. Perché la sostanza del dere di vista quella dimensione più generale nostro essere cultura è insieme sfuggente e che chiamiamo cultura”. pervasiva: il concetto antropologico di cultura Zanchini coglie il punto quando chiede a sembra abbracciare tutte le attività umane, Sinibaldi se crede che sia possibile vivere mentre una preoccupante propensione alla ne- senza mediatori, e che il progresso della cul- gazione dei valori della conoscenza sembra in- tura sia quello di emanciparci dalle élites. Sini- vece ridurne l’estensione a circoli elitari, sem- baldi dice di sì, anche se poco prima ha ricor- pre più isolati. E qui l’analisi di Sinibaldi, stimo- dato che, senza mediazione, avremmo alle lato da Zanchini, non poteva non addentrarsi spalle “una distesa irriconoscibile di rovine”; e nel risvolto culturale che la mutazione tecnolo- che c’è bisogno di ricerca, di esercizio, di ma- gica in atto può produrre. turazione. E questa è forse l’osservazione più La rete, per Sinibaldi, è un’occasione epo- preziosa. Ogni nuovo medium, ricorda, nasce cale, non solo per le dimensioni smisurate del- come una nuova tecnologia, che trasmette sa- l’offerta informativa, ma anche per la spinta peri e formati già esistenti. Solo a completa egualitaria che comporta. È vero che malgrado maturazione produce un suo modello specifi- conosciamo più cose, lo facciamo con meno co. Così è accaduto per la stampa a caratteri profondità; ma questo non può non comporta- mobili, così per il cinema, così per la tv. Acca- re maggiore apertura e maggior tolleranza. E drà anche per la rete. Ma non sappiamo anco- internet è una “macchina per la soddisfazione ra cosa sarà. REFRATTARI 37

Filippo La Porta se ha ragione ma che vuol dire oggi essere di sinistra? Chi decide se qualcuno è di sinistra? Refrattari Prendiamo Freccero quando dirigeva Rai2. Una volta rispose, un po’ insofferente, a una Polvere e nobiltà giornalista che temeva gli effetti disorientanti del reality show sulla sensibilità degli spettato- D’accordo, l’ultimo comizio di Berlinguer, a ri, che “la verità è una cosa degli anni ‘60”. Ma Padova, ha qualcosa di straziante, con il segre- senza la verità non ha senso la democrazia, e tario del Pci che ha una smorfia di dolore e che neanche il patto sociale, non è più possibile sembra rimandare la propria morte per poter formulare giudizi etici o prendere posizione, concludere l’intervento. E probabilmente il film non si riesce neanche più a fare esperienza di di Veltroni su di lui è la migliore cosa fatta sino- qualcosa. Se infatti è il re a decidere da solo, ra da Veltroni. Però bisogna pure che qualcuno allora non so che farmene, della verità. Come dica a un ventenne di oggi che la mia genera- ha sottolineato la filosofa Franca D’Agostini se zione non ha mai amato Berlinguer, o almeno: mi confronto democraticamente con altri, a me quella più attiva negli anni ’70, caoticamente di- simili – su temi di vario tipo – per poi delibera- spersa nei gruppi della allora nuova sinistra). Ai re insieme, allora ho assolutamente bisogno suoi funerali ci fu una partecipazione popolare della verità. Destra e sinistra sono categorie straordinaria perché in lui percepivano una no- forse in parte obsolete, e continuamente can- biltà e serietà della politica, in via di obsolescen- gianti in un paesaggio politico così mutevole. za. Eppure Berlinguer usava un linguaggio Ma su un punto non ho dubbi. La sinistra deve sclerotizzato, inafferrabile come quello di Moro credere nella verità – verità certo relativa, umi- (ad es. l’“eurocomunismo”: doveva essere de- le, parziale, però non eludibile – mentre la de- mocratico ma anticapitalista, etc., tutto e il con- stra non ci crede. Dunque Freccero è di destra. trario di tutto…). La stessa “questione morale” si è rivelata un paravento assai fragile, troppo legata al patriottismo di partito (e alle sue litur- Il sogno dello Strega gie). In un recente libretto Laterza – Berlinguer in questione – la filosofa Claudia Mancina parla Ai primi di giugno avevo fatto un sogno, co- del suo stile paludato e si chiede se quei voti, me giurato del premio Strega. Scorrendo i 12 quel famoso 34,4% delle elezioni del 1976 lun- titoli finalisti mi sembrava di scoprire alcuni dei gi dal costituire una sua vittoria personale, furo- libri più originali della trascorsa stagione. La lo- no invece da lui dissipati, passando dalla stra- ro “forma” – lingua, struttura narrativa, attraver- tegia del compromesso storico a un improvviso samento di generi – esprime una forma della dietrofront con la dichiarazione di “diversità”. Un nostra singolare modernità, anch’essa inquieta passaggio troppo brusco, anche se in parte giu- e inafferrabile. E tutti si confrontano con il tragi- stificato dagli eventi. E poi dietro la orgogliosa co, senza però indulgere alla retorica nichilista “diversità” si cela il principale errore della sini- del nostro tempo. Nell’ordine: La vita in tempo stra italiana: credersi (aprioristicamente) miglio- di pace (Ponte alle Grazie) di Francesco Peco- ri degli altri, dunque non fare nessuno sforzo raro, Storia umana e inumana (Bompiani) di per esserlo davvero. Sarebbe assurdo negare , Nella casa di vetro (Gaffi) alcuni meriti storici di Berlinguer, come il distac- di Giuseppe Munforte, Una storia di (Co- co dall’Urss, ma sentivo in lui qualcosa di polve- nonino Press) e La terra del sacerdote (Neri roso, di inadeguato ai tempi, di angusto. Gli rim- Pozza) di Paolo Piccirillo. Va bene, non spera- proverano di aver criticato la modernità consu- vo che tutti quanti entrassero nella cinquina fi- mistica. Magari l’avesse fatto con più convinzio- nale, però almeno un terno, un ambo… Niente ne e con più immaginazione politico-culturale. da fare. È passato solo Pecoraro.

La destra travestita da sinistra

L’ex situazionista Carlo Freccero, studioso di Debord e della società dello spettacolo, ha dichiarato che Renzi non è di sinistra, che con il suo 40% è il degno rifondatore della DC. For- 38 LEGGENDO RILEGGENDO

Cesare Milanese te, della speranza. È in questo modo, infatti, che l’indifferenza si rivela nella sua piena com- La divina indifferenza pletezza. Tanto è vero che, proprio in epoca da piena Certo: “Bene non seppi fuori del prodigio / poetica della modernità, il pur “dantista” Pound, che schiude la divina indifferenza: era la statua in qualche punto dei Cantos, evocando il Man- nella sonnolenza / del meriggio, e la nuvola, e il tegna, si richiama alla formula del nec spe nec falco alto levato.” Pertanto, essendo tale indiffe- metu. Formula che, in realtà, sarebbe una ri- renza l’unico possibile rimedio al “male di vivere” presa del sine metu ac spe di Spinoza. Come (consiste in ciò il suo “prodigio”), Montale può ben si vede, sentenza da convinzione comune definirla “divina”, benché, per sua essenza, es- e intercambiabile tra poeti e filosofi: gli uomini sa sia di natura esclusivamente mondana (di- che dovrebbero essere dei “senza paura” per rebbe Renato Barilli): a dimensione totalmente definizione. Non a caso Hölderlin, a questo estetica. Tuttavia Montale può, a ragione, pro- proposito, ne ha composto l’inno che s’intitola Il clamarla divina perché donatrice di quello stato coraggio del poeta. di grazia dell’impersonalità (propria di ogni divi- Vediamoli un po’ più da vicino, con qualche nità e di ogni divinazione) con cui, essa, l’indiffe- esempio, questi “senza paura”, o, per meglio renza (ripetiamo: estetica), si fa elargitrice della dire, questi sans peur et sans espoir, quali sa- liberazione di ciò che costituisce il nucleo esi- rebbero i poeti e i filosofi. È evidente che il lo- stenziale di ogni “male di vivere”: la paura. ro stesso coraggio, tutto particolare, li colloca Più precisamente quella forma di paura che idealmente nel novero dei guerrieri, alla stes- Kierkegaard designa come timore e tremore: sa maniera con cui sapevano esserlo “i nostri espressioni di quell’angoscia che per lui costi- antenati”, i quali, quel sans peur et sans tuisce quel “male di vivere”, al quale egli dà espoir, così montaliano, lo portavano inciso spiegazione per via etica e per via teologica; e sui loro stemmi e sui loro scudi, oltre che nel- al quale, invece, Montale dà soluzione per via le loro menti e nei loro animi (vivere militare esclusivamente estetica. Differenza cruciale, est, diceva quel poeta e filosofo insieme che è questa, giacché sull’esteticità come eticità, o stato Seneca): così come si evince che è nel come non eticità (per Kierkegaard anche come caso del cavaliere che incede, ovviamente a teologicità, ma non solo per Kierkegaard), s’in- cavallo, tra la morte e il diavolo (restando del centra la grande distinzione tipica della moder- tutto indifferente, a entrambi) nell’incisione del nità. Vi fa da perno proprio quella condizione Dürer. Ed è Panofskj che lo dice. d’angoscia, che normalmente viene denomina- Considerato sotto quest’aspetto, questo ta con il termine più generale e “primario” di “cavaliere dell’indifferenza” (questo “nostro an- paura, che ne qualifica meglio tutta la sua tenato” della modernità radicale), ci si presen- drammaticità. Una questione esistenziale, alla ta, infatti, in piena missione da impresa di co- quale una parte della modernità (di cui Monta- raggio (con quel suo cipiglio da “non ti curar di le fa parte) dà la sua risposta in una prospetti- lor”: la morte e il diavolo), e la cui armatura va estetica, ovviamente “mondana”. principale è costituita dall’indifferenza verso Pare, infatti, che il poter essere liberati dal- qualunque avversità, esterna e interna. Quindi la paura, sia “prodigio” che si genera per via dall’indifferenza anche verso se stesso: indiffe- estetica, cioè di poesia, anche prima della mo- renza, che essendo una questione di forma, dernità, giacché è con tal effetto liberatorio, cioè di coerenza da stile, è questione pretta- dalla paura, che (da poeta a poeta) Virgilio mente estetica. compare a Dante. Ed anche perciò, si direbbe, Gli sono affini e consimili in ciò, pertanto montalianamente, che la Commedia è “divina”. sempre come “nostri antenati”, due personaggi Anch’essa moderna, quindi, per questa sua quanto mai estetici, interamente letterari, quali parte, benché la salvezza da essa indicata sia di fatti sono, don Giovanni Tenorio (che Kierke- di natura teologica, in ragione della quale, la fe- gaard esorcizza soprattutto per la sua totale ri- de, dopo che la poesia-ragione (Virgilio) ha li- duzione all’esteticità) e don Chisciotte della berato l’uomo-Dante dalla paura, vi aggiunge Mancia. Diversi in tutto, si sa, però accomuna- la speranza: la quale speranza, infatti, è so- ti dallo stesso denominatore di valore, perché stanza di fede. Ebbene, l’esteticità radicale del- sono entrambi dei “senza paura” quanto mai la modernità, se, da una parte, libera l’uomo esemplari: perciò entrambi guerrieri da “indiffe- dalla paura, lo fa anche privandolo, d’altra par- renza estetica”, divina o non divina che sia. GAMMMATICA 39

Michele Zaffarano sovraccarica: lo si sovraccarica di ingredienti specifici che andranno largamente a compen- Nathalie Quintane sare il fatto che non abbia vita e che non lo si possa davvero incrociare andando in piazza al- da Descente des médiums, Pol 2014 le cinque. In poche parole, la goccia che fa tra- boccare il vaso di tutta la faccenda è che ci do- Quindi il lettore è la croce e l’autore la testa, vrebbe essere questo tizio che mangia piselli ed è la stessa moneta. Piuttosto che conside- dentro un film o un libro e che dovrebbe rappre- rare cosa sta a monte e cosa sta a valle, piut- sentare quanto di più prossimo sia possibile ot- tosto che considerare l’origine, il nido, la nuvo- tenere rispetto a un tizio che mangia piselli nel- la, chi parla e chi sente male, chi è il responsa- la vita. E questo non sarebbe soltanto dovuto al bile, chi mi ha rifilato questo casino, piuttosto fatto che tutti quanti qui conoscono il gusto dei che considerare dove si fa l’unità, la pluralità, il piselli, è l’insieme che crea l’immagine: c’è il ti- virtuale e il reale, domandiamoci: come ci si zio, c’è la tavola (che la maggior parte delle vol- sente? cosa si prova? cosa si prova nella vita te assomiglia alla tavola da cucina che avete quando x fa la cosa y a un personaggio, a una avuto voi, una di quelle di fòrmica), c’è davanti persona, a una personalità? come si sente il il piatto dove rotolano le pallette verdi, c’è il sa- personaggio quando gli fanno così nella vita in pore un po’ farinoso che hanno ecc. Sarebbe generale, quando fanno così con te, a casa, in tutto riuscito alla perfezione. Bisognerebbe vacanza, al tuo circolo? Prima, alla radio, la congratularsi. Però mi chiedo proprio perché. conduttrice stava dicendo che l’autrice Duras Mi chiedo proprio perché ci dovremmo con- aveva chiesto se nei film si fosse mai vista una gratulare per essere riusciti a evocare nel cer- persona: “una persona”, “nei film”. La risposta vello di qualcuno che neanche conosciamo l’im- che sarei portata a dare è che, essendo un magine di un tizio seduto a tavola davanti a dei film, non è una persona: è un film. Il contesto è piselli. Appunto, mi dico, se hanno ragione, è sempre più forte del contenuto, è il vasetto di l’insieme che conta, è cioè il fatto che l’episodio yogurt che dà la forma allo yogurt, è meglio dei piselli venga incastrato all’interno di tutta un’attrice di destra in un film di sinistra piutto- una serie di altri episodi (la piscina, il golf, la li- sto che il contrario; nessuno buca lo schermo, tigata, la sberla che parte, l’incidente in macchi- è una metafora, come a dire che è una storia na ecc.) allo scopo di costruire un mondo. E va inventata per compiacere, che è una balla con bene. Però alla fine ditemi perché volete proprio la sua musicalità, che non ha nessuna pretesa costruire un mondo? Che cos’è questa mania di o non dovrebbe averne, che le metafore vanno voler costruire un mondo, dei mondi, degli uni- scelte un tot alla tonnellata o quanto meno al versi, delle cosmogonie e quant’altro. Finiscono chilo (e questo già Yeats, il poeta, l’aveva capi- sempre male, queste storie, finiscono cioè con to), che ci vogliono delle metafore molto poco la fine del mondo. Personalmente, io non voglio comprensibili e per niente pretenziose, e che che il mondo finisca; anche quando il mio turno ce ne vogliono tante tante, un muro di metafo- sarà finito, non mi disturba che per gli altri il re, per la purga. Dopo di che, torniamo sempre mondo continui ancora per qualche annetto. al fatto che, nei film, di persone non ce ne so- no, perché ormai abbiamo avuto talmente tanti gammm.org personaggi che quando in un film vediamo una persona diciamo: Che personaggio! E invece, vedendo un personaggio in un film, raramente diciamo: Che persona! E perché è così poco naturale? È che ormai abbiamo avuto talmente tanti personaggi che quando nella vita vediamo una persona diciamo: Che personaggio, quel- lo! E perché è così naturale? Un personaggio dovrebbe essere una per- sona con qualcosa in più. Oppure con qualco- sa in meno. E cos’è una persona con qualcosa in meno? Il personaggio di un libro (cioè: senza vita)? Va bene, però allora diciamo anche che per compensare la sua mancanza di vita, lo si 40 DAL MONDO ANGLOFONO

studiando modi per somministrare l’insulina ai Maria Sepa diabetici. Dal mondo anglofono Negli anni ’90 Desai ha frequentato a Brown University laureandosi in bioingegneria. All’ini- Il primo giugno scorso, sulla sezione mila- zio non era una studentessa particolarmente nese del “Corriere della Sera” è uscito un edi- brillante. Racconta che fin da bambina aveva toriale interessante firmato da Giovanni Azzo- nutrito una forte curiosità per le scienze (da ne e Andrea Sironi, rettori reciprocamente del quando aveva due anni ed era caduta da trici- Politecnico di Milano e dell’Università Bocconi. clo facendosi male. All’ospedale le avevano Rispondevano di fatto a una sollecitazione che messo dei punti e lei, nonostante il dolore, ne Massimo Fubini, fondatore e amministratore era rimasta molto incuriosita), che amava fare delegato di CatactLab, gli aveva rivolto dal sito costruzioni con il lego, che era brava in mate- lavoce.info. In essa Fubini li invitava a trasfor- matica, che voleva lavorare in settori innovati- mare Milano in una Stanford europea (questo è vi, ma voleva anche aiutare la gente, soprattut- anche il titolo dell’articolo), il cui successo risie- to le donne. Da ragazzina era stata molto timi- de nella capacità di mettere in contatto sapere da e non le era stato facile scegliere di lavora- economico e sapere tecnologico. I due rettori re nel mondo ancora prevalentemente maschi- dicono tra l’altro, “Il futuro di Milano dipende le delle scienze. Nel primo anno di università si dalla capacità di creare un ambiente in cui sia era molto impegnata sul piano sociale e lo stu- possibile attrarre persone di qualità dal mondo, dio ne aveva sofferto. Poi aveva cominciato a consentendo loro di mettersi in relazione in una lavorare nel laboratorio di bioingegneria di sorta di ‘brodo primordiale’, da cui possano na- Edith Mathiowitz dove si studiava il ruolo dei scere idee e innovazioni su cui costruire il no- polimeri nel sistema di rilascio dei farmaci e si stro futuro”. Un esito che ci auguriamo con tut- era appassionata a questo campo di ricerche. to il cuore si possa verificare. Ora Desai è docente di fisiologia nel diparti- Nel nostro piccolo vorremmo inserirci in mento di bioingegneria di UCSF e dirige il The- questo dibattito portando un esempio concreto rapeutic Micro and Nanotechnology Laboratory della feconda interazione che negli Stati Uniti si in cui lavorano una ventina tra dottorandi e instaura tra il mondo accademico e quello im- post-dottorandi. Lavorano in scale che vanno prenditoriale. Si tratta delle ricerche che sta dai venti ai 200 nanometri (il nanometro è compiendo Tejal Desai, una giovane scienziata un’unità di misura che corrisponde a un miliar- laureata a Brown University e che ora insegna desimo di metro, approssimativamente le di- a UC San Francisco. Desai sta cercando modi mensioni di un virus o di una proteina) e stan- alternativi di somministrare farmaci attraverso no progettando sistemi di trasporto dei farmaci le nanotecnologie in modo da evitare le doloro- su membrane che somigliano, dice Desai, al se iniezioni (che sia benedetta!). “Si pensi a Velcro, le cui superfici sono cioè cosparse di questi nuovi mezzi come a microscopiche mac- “nanoprojections”, come li chiama lei, che “si chine progettate per trasportare il farmaco alla appigliano alla superficie delle cellule allentan- sua precisa destinazione. Queste macchine do le giunzioni tra una cellula e l’altra e permet- devono riuscire a eludere barriere come la pel- tendo al farmaco di entrare”. le e le membrane delle cellule, blocchi stradali Il laboratorio dell’università lavora in colla- che di solito impediscono a una medicina di ar- borazione con varie aziende farmaceutiche e rivare a destinazione”. Questi sistemi per som- ha permesso l’avvio di diverse startup, un paio ministrare i farmaci, oltre a essere meno dolo- fondate da Desai stessa: si tratta di Zordera, rosi, sono generalmente più efficaci e compor- un’azienda che costruisce sistemi di rilascio di tano meno rischi per il paziente. farmaci per gli occhi, e Cell Habitats, che si oc- Desai in particolare si sta occupando di cupa di rigenerazione dei tessuti. Desai non si mettere a punto un metodo alternativo per è dimenticata l’impegno sociale e continua a la- somministrare i farmaci ai pazienti affetti da vorare per aiutare le donne a inserirsi nel mon- degenerazione maculare. Attualmente la pa- do delle scienze e dell’ingegneria. tologia viene curata attraverso un’iniezione al Da: A Better Way. A bioengineer has deve- mese negli occhi, mentre Desai e la sua squa- loped an alternative to painful injections, di dra “stanno studiando il modo di costruire un Beth Schwartzapfel, “Brown Alumni Magazine”, film flessibile e trasparente – simile a una len- gennaio-febbraio 2014. te a contatto – con dei piccoli pori o canali che contengono il farmaco, che verrà poi rilascia- to gradualmente nell’arco di sei mesi”. Attra- verso una tecnologia simile Desai sta anche usalibri.blogspot.it I NUOVI LIBRI MANNI 41

Alda Merini Sei un sarto che cuce e ricuce le mie speranze Il sigillo della poesia e dopo non lasci niente per terra. La prova del tuo amore? Quando esce un nuovo libro di è È solo l’aria che si respira. come se ti accogliesse ancora una volta nella sua vita, per seminare versi innaffiati dalle sue lacrime di gioia e di dolore; versi che fioriscono dentro di te quando li leggi e non ti abbandona- Fuga di volpe no mai. Non era facile raccogliere i fiori in forma di poesia di Alda, perché li dava solo a chi vole- A chi mi chiede va, a chi capiva, a chi sapeva ascoltare. Piero quanti amori ho avuto Manni l’ha saputo fare. Se questo libro ci arriva io rispondo di guardare oggi come un regalo è perché Alda Merini è sta- nei boschi per vedere to un bel regalo, che fa battere il cuore e con la in quante tagliole è rimasto sua poesia dà luce in maniera permanente alla il mio pelo. nostra vita ambulante.

Vincenzo Mollica La mia disgrazia

Questo volume racconta la straordinaria av- La mia disgrazia è simile a un colibrì ventura poetica ed esistenziale della poetessa che fugge dalle sbarre. dei Navigli attraverso le sue testimonianze e i La mia disgrazia è un serpente aperto suoi componimenti: la frequentazione fin da gio- la mia disgrazia è una gamba divaricata sul vanissima degli intellettuali milanesi, l’esperien- sogno. za del manicomio, la visione spregiudicata, la Ahimè il piacere della carne passione per l’umanità e l’amore, la spontaneità è simile a una grande preghiera della versificazione hanno profondamente colpi- che occupa gli spazi insonni. to milioni di lettori e hanno fatto della Merini un credete alle preghiere dei poeti personaggio, oltre che un’artista della parola. che invadono l’universo Manni, tra i suoi editori storici, le rende Credete alle loro orge d’amore omaggio con un libro che contiene le poesie credete ai loro atroci spasimi. più belle, a partire dagli esordi. La lussuria è un monumento segreto e pieno di silenzio.

Di notte da Alda Merini, Il sigillo della poesia

Di notte mentre dormo o tento di dormire con le mie mani calde io tocco le lenzuola e vorrei una presenza che mi colmasse il cuore. Invece è solo buio Alda Merini e ho paura del giorno e invece è solo sera Il sigillo della poesia e tremo del mattino. La vita e le opere Ma di notte ti vedo genuflesso al mio lato e hai l’incandescenza Poesia della stella cometa. pp. 252 - t 18,00 Come spazi tu nella mia mente. 42 I NUOVI LIBRI MANNI

Piero Manni re che era il pasto per antonomasia, quasi un prototipo di pietanza. Sono diverse le parole co- I fichi in tasca muni che indicavano le ricette più diffuse: la pa- rola pignata indica non soltanto il recipiente di Gli italiani mangiano male, secondo model- terracotta ma anche i legumi che principalmente li imposti dalle multinazionali del fast food, i nella pignata venivano cotti; la parola taieddra quali hanno comportato una lacerazione trau- non è soltanto la traduzione di teglia, ma indica matica rispetto alla alimentazione tradizionale. anche la ricetta di patate, cozze nere, zucchine Oggi gli italiani sognano polenta, pesto dome- per la quale molto spesso tale pentola veniva stico, pasta preparata in casa, verdure dell’orto usata. e mangiano hamburger, hot dog e patatine sur- Partito per il lavoro il marito, la donna poneva gelate il tutto sommerso di ketchup e fabbrica- nel camino accanto al fuoco due pignate. La pi- to chissà dove chissà come. gnata è una tipica pentola in terracotta con due In questo libro si ricostruisce la storia del- manici non contrapposti, bensì collocati nella l’alimentazione nel Salento dalla preistoria alla stessa metà della circonferenza superiore. Ester- metà del secolo scorso, con l’intenzione di con- namente è smaltata per la metà superiore, men- tribuire a una nuova consapevolezza: assecon- tre una parte rimane in terracotta; la funzione del- dare per quanto possibile i percorsi storici e na- la parte non smaltata è di favorire, durante la cot- turali del cibo si traduce in salute, qualità della tura, la traspirazione del contenuto. La prepara- vita, compatibilità ambientale dello sviluppo. zione del cibo con la pignata è naturale e genui- Le ricette che l’autore propone provengono na, esalta il sapore del cibo ed è indicata per ali- da un confronto con il territorio, con gli anziani menti che richiedono una cottura lenta ed unifor- depositari di conoscenze in via di sparizione e me. Delle due pignate, una conteneva la cipolla, soprattutto con la cultura, la civiltà della quale prezzemolo, sedano, pochi pomodori e, se di sono espressione. stagione, carote, e i legumi messi a bagno la se- E il Salento diviene luogo paradigmatico di ra avanti ricoperti d’acqua, e nell’altra soltanto tutti i territori che hanno vissuto transizioni im- acqua; nella pignata dei legumi l’acqua non arri- poste dalla globalizzazione degli affari e non vava mai all’ebollizione ma raggiungeva ed era delle culture. mantenuta costantemente ad una temperatura di In appendice, un capitolo sull’alimentazione evaporazione, e i legumi cuocevano lentamente; nei proverbi popolari salentini. allorquando l’acqua stava per scendere al di sot- to del livello dei legumi, si rabboccava con quel- la della seconda pignata: acqua calda, ché non si interrompesse la cottura. Anni Cinquanta del secolo scorso La giornata gastronomica del contadino da Piero Manni, I fichi in tasca

“De la matina se vite la bona sciurnata”, e il contadino, appena sveglio, ad ore diverse a se- conda delle stagioni ma sempre tali da potersi trovare sui campi col sorgere del sole, scrutava il cielo per aver conferma della previsione meteo- rologica avanzata la sera antecedente, prima di andare a letto; poi si metteva a tavola non imban- Piero Manni dita, appena uno strofinaccio col bicchiere e la bottiglia di vino e il cucchiaio accanto al piatto di I fichi in tasca cucina: una pietanza che costituiva una overdo- Cibo e ricette nel Salento se energetica che avrebbe consentito al contadi- dall’età delle caverne no di affrontare sul traino, il carro da lavoro, il per- al fast food corso fino al campo e le ore di fatica fino alla co- lazione di metà giornata. Si chiamava cucina quel piatto aurorale (che spesso, d’inverno, costi- pp. 184 - t 17,00 tuiva anche la cena della famiglia), per significa- I NUOVI LIBRI MANNI 43

Marco Manca piegato sulle gambe e mentre ansimavo per ri- prendere fiato, cercavo di vedere se c’era qual- Tessere cuno, ed è stato un caso accorgermi che pro- prio oggi lei sarebbe partita. Appoggiato a una È una storia di amicizia, speranza, amore in macchina, non poteva vedermi da lì, ho notato una società guidata dai poteri occulti di una de- che il suo furgone era con le portiere aperte e mocrazia virtuale dove la manipolazione accu- lei faceva avanti e indietro tra la casa e il furgo- rata dei mezzi di comunicazione crea e impone ne. Stava partendo. il consenso. Mi alzo dalla sedia e cammino senza dire- Due fratelli lontani si cercano e ricercano il zione per la stanza, il sudore e il fiatone ce l’ho bene della comunità. le vicende personali si in- ancora addosso. Mi frizza il cervello se ripenso trecciano a quelle politiche e sociali: sono di che per poco ho rischiato di non darglielo. fantasia, forse. Mi siedo di nuovo. No, sto scomodo, mi al- zo di nuovo e cammino per la stanza, sono an- cora sudato. Il fiatone sta scomparendo, ma i Capitolo primo miei battiti li sento ancora bene. Non potevo farmi vedere da lei sudato, in A sedere, nella mia stanza, finalmente ri- pantaloncini con un pacchetto in mano, la sua penso a cosa è successo. Qui dentro non mi reazione sarebbe stata consigliarmi un giretto vede nessuno se affondo le mani nei capelli, se in neuropsichiatria. ho questa faccia spaesata. Finalmente ce l’ho Penso che se non fosse andata a buttare la fatta, l’ho finito e gliel’ho dato. spazzatura ai cassonetti non me la sarei cava- Stamattina ho corso tanto. Senza quella ta. Quando ho visto che sul sedile accanto al corsa non sarei riuscito a fare niente. Sembra- guidatore aveva messo un cesto con qualcosa va che rincorressi qualcuno o qualcosa. Le per- da mangiare ho capito cosa fare. Appena si è sone che mi vedevano passare mi notavano: allontanata sono partito: ho aperto lo sportello una persona in pantaloncini, felpa, cappello, e ho messo il pacchetto dentro la cesta, in fon- correre con un pacco incartato in mano. A ri- do, poi ho richiuso, sono entrato in casa e qui pensarci adesso, correre con quel pacchetto in nella mia camera a ripensare a tutto. mano era scomodissimo. Esco dalla mia stanza, vado nell’altra e sbir- Sono ancora sudato, sono ancora imbaraz- cio dalla finestra. Ha chiuso la bauliera, sta per zato. Appena sveglio stamattina, ero sicuro di partire. Adesso esco e vado a salutarla, come darglielo; il posto che dovevo raggiungere era se non fossi mai uscito di casa. Scendo le sca- semplicemente la porta di casa accanto alla le per poi uscire, tocco la maniglia, mi viene da mia, ma prima dovevo correre. Questo posso pensare che non è detto che io sia normale, ammetterlo solo qui nella mia stanza, lei non apro la porta e la richiudo dietro di me. saprà mai che mi è servita una corsa per riu- scire a darglielo. In fondo ero agitato, mi batte- va il cuore e dovevo correre. da Marco Manca, Tessere Sul lungomare non c’era nessuno; non mi pesavano le gambe, non avevo il fiatone, forse un po’ d’asma dovuta all’umidità della mattina presto. Mi stropiccio le mani fredde l’una con l’altra, qui in questa stanza riesco a misurare cosa ho fatto. Prima, quando correvo accanto alle on- de, ho ripensato al mare che non sta mai fer- Marco Manca mo. Tocca sempre la riva, senza mai averla. C’- ha ragione lui, non c’è niente da possedere, Tessere solo da dare. Il mare non smette mai. Quando, ritornando, ho imboccato la strada di casa mia, mi sentivo stupido. Stavo tornan- Romanzo do, ma, di fatto, ero ancora all’inizio, avevo an- pp. 152 - t 14,00 cora il pacchetto in mano. Mi sono fermato in cima alla via, mi sono 44 I NUOVI LIBRI MANNI Ferdinando Tricarico a donde vas La famigliastra a donde vas sta turbogenerica combriccola Tricarico punta a mettere in crisi dall’interno nel supercarcere pianeta? il meccanismo della famiglia, rivelando che al Qual farsetta è di là dei suoni destituiti di significato essa è un dì di festa dii e dei luogo di traumi, che solo parole insignificanti, zii e zie sugli zebedei? frante o combinate, infantili o colte, sempre co- Y podrian munque distorte in dispositivi associativi di au- nella valle dei subcrime tomatismi fonetici, possono svelare. sputtanar maliemanìe dell’impero Dodici rapporti familiari in luoghi diversi, connesse masse? dell’io che canta, menestrella e strimpella, si ri- mi spiazzo qui in limine petono tre volte (dantescamente?) a segnare stand by una continuità spaziale e sociale nell’indistinto mutante in mutande e infinito presente dell’oggi, dove, di fronte al tra nostalgia di Stoccolma della natia tutto detto, “non resta che origliare / nel male- e avventura di randagi arcofonemi detto letto / del non detto”. tra fu e chissà pianto viscere in espianto prolog in in tragicomedy come si canta la famigliastra arrampiccata sugli specchi in tragicomedy nel pata pata finanziario sto a pompar ultimo narcan nella guerra finale a cugine divine d’eros e civiltà jingle di single mentre cupidigio sfreccia mucchi grovigli nell’anodizzato cuor e amplessi derivati e succedanei? nidi di vipere a canzonar canzoniere e complessi c’è già un festival che cavolo di suocere di canzonette fritte capperi non resta che origliare medesime fisime nel maledetto letto di serpenti parenti del non detto il russare della noia l’ansimar d’ansia da Ferdinando Tricarico, La famigliastra i piedi freddi le evasioni vane il groppo del rancore non resta che sparigliare con incroci froci transiti ed interstizi Ferdinando Tricarico ibridi e accrocchi per sabotare La famigliastra il nucleo sociale de sta formina Postfazione di Stafano Jossa del cattocapitale Poesia pp. 72 - t 12,00 I NUOVI LIBRI MANNI 45

Pasko Simone il fruscio di qualcuno che manipola una caffettiera …badando ai residui d’incendio Corpo a corpo della sigaretta con la dedizione In questa silloge poetica di Pasko Simone il d’un amante discorso mira a disvelare la condizione più problematica del sentimento amoroso, ovvero quell’aspetto di esso profondamente e radical- mente conflittuale, per lo più giocato a livello epidermico, ma non per questo meno tormen- 2. tato e sofferto. Ben lontano quindi dalla dimensione ideale La tua gamba fenicia stretta tra le mie delle tanto abusate “affinità elettive”, qui il do- la voluttà degli onirici piedi no vitale della passione erotica mostra il suo che sfidano acque stagne volto più estremo: quello della rovina e del di- liberano desiderio di sogni infranti sfacimento. o stravagante incostanza dei giorni È il tema del “disamore”, che si esplicita di- o corpi di terra incognita rettamente nell’incontro fisico dei corpi, scam- bio fatale che dell’esperienza amorosa simbo- Nel buio della notte calco e ricalco leggia la materiale sacralità dell’umano con/vi- i vitali arabeschi del tuo delta polare vere. Ed è su tale assunto che il poeta coglie cerco in qualche delirante stortura gli ineffabili mormorii della contesa, metaforico un valido appiglio per scalare residuo finale del saccheggio reiterato dei sen- la carnale sostanza timenti. di questo cielo da imboccare in salita

Cielo di amare congetture 1. spazi aperti ove cadono a precipizio le vie lattee del desiderio Giorni di pioggia: richiami di bufere testa ottenebrata ed orfana liquidi ingorghi nelle deserte ore delle sue stesse ben orchestrate unica vista le tue dita premurose parate cedute al fervore dei nudi corpi estro gentile di vita ascensionale dono offerto all’amorosa striatura da Simone Pasko, Corpo a corpo del cuore

: vita intimamente disorganizzata sovranamente sognata

Giorni di nubifragi: offerti al timido conforto delle panchine ridendo e giostrando nel fondo profondo del parco centrale tra foglie alluvionate e cancelli in affanno Pasko Simone

Nel disgelo dei modi e dei tempi Corpo a corpo è questa oggi la procedura: Poesie del disamore solo un tentativo di risollevare la parola data che cade e ricade nella miscela carnale d’una privata follia Poesia degna pur sempre d’un rendiconto finale pp. 64 - t 12,00 : nella pioggia che infittisce alle mie spalle 46 I NUOVI LIBRI MANNI Cetta Petrollo Non è detto che la tua luna piena Recitativi d’amore Non è detto che la tua luna piena sia più bella della mia Recitativi d’amore è un requiem, una scrit- né più grande tura sopra la maceria. Anzi, una riscrittura del- né più ampiamente vogliosa la maceria in forma di cosa verbale. né più tenuta distante dal mare Petrollo racconta il mondo ripassato al filtro facendosi largo fra la cinta muraria del suo sguardo e della sua vita: biologica e in- delle ville che scendono a spiaggia. solente, beffarda e malinconica. No, non è detto che ti venga incontro E infine la poesia diventa anche un orato- ti scenda felicemente vicina rio, una giaculatoria, un inno a gole spiegate ti bruci le guance e le braccia del corpo, una litania, nel pieno della liturgia si sieda sui gradini della fontana amorosa, a cavallo tra il sacro, il mitologico e mentre parliamo d’altro il corporale. che poi è parlare d’amore.

Maria Grazia Calandrone Dolore che di pelle sei pazienza Poesia segreta n. 1 Dolore che di pelle sei pazienza non ti stancare mai di fare storia Ma non vedi che raccatto scintille non smarrire tua cupa rimanenza le rubo alla luna piena che sia per me motore ancora e ancora le rubo alle luminarie scontate del Natale finito Porto la pelle senza confidenza che ora è l’anno nuovo da te retratta e su di te scolpita e io raccolgo le luci di lava in lava nel dolore agita e te le metto intorno bloccata e crocefissa in impazienza. e le faccio pulsare che cantano La pelle non rinnova il suo colore svegliati amore svegliati. sempre rosa e sanguigno in colatura che stiamo fissi dentro a nostro orrore

stretto per noi in triste spaziatura. I quattro passi che vanno... Di croce in croce è agito il mio calvario di verso in verso è chiuso il mio sipario. I quattro passi che vanno per la croce hanno soste a cadute ad ogni giorno reco con me la lastra del tuo mondo da Cetta Petrollo, Recitativi d’amore che di cancro per pelle ancor fiorisco.

Non è la mia d’età d’amor convinta bensì di morte che mi stringe tutta Cetta Petrollo di segnale in segnale in sé sospinta di rovina in rovina in sé distrutta. Recitativi d’amore e altre poesie Reco per me per te morte nel cuore il corpo la disegna d’ora in ora in pelle rotta in macchia in disamore Prefazione di Maria Grazia Calandrone Fa del vuoto morale la sostanza la esprime in segno di dissoluzione. Poesia Qui resta impressa per resurrezione. pp. 152 - t 16,00 LE RECENSIONI 47

Maria Luisa Agostinelli su nel sottotitolo: L’imperiosa realtà dell’illusione. CARLA STROPPA, Fantasmi all’opera L’autrice dà da subito credito all’entrare nel lu- Moretti & Vitali 2013 dus in quanto, sostiene, essere risorsa irrinun- ciabile di ciascuno. Non solo di: “scienza e Diverse ragioni mi hanno indotto a recensi- poesia perché entrambe procedono per antici- re l’ultimo neo-nato di Carla Stroppa, per mia pazioni e in fondo entrambe muovono quindi natura ne scelgo tre e, sempre per mia natura, dall’illusione necessaria alla creatività umana”. parto dall’ultima. No, proprio “di ciascuno”, scrive. E questo per- La bibliografia. Quel che accade è di incon- ché: “la realtà non è solo quella esterna, misu- trare non solo illustri psicoanalisti, ma poeti, fi- rabile e sistematizzabile dall’Io cosciente, ben- losofi, letterati, sociologi. Tutti lì, nero su bianco, sì reale è tutto ciò che agisce psicologicamen- in fila, pazienti, ad attendere di entrare in scena. te… la fantasia, l’illusione, lungi dall’essere una E quando questo accade, li si ritrova in compa- deriva fine a se stessa, sono nientemeno che gnia di una giovane donna con il suo fantasma la struttura fondamentale della psiche, la porta di nero incappucciato, o di una madre di due fi- d’ingresso ai segreti del suo fondale scono- gli “normalmente problematici”, ovvero di una sciuto”. E cos’è mai questo fondale sconosciu- donna che con le mani lavora la creta. Questo to della psiche? E chi lo sa. Certo, scrive la a dire? Innanzitutto della testimonianza di fede Stroppa: “per trovare qualche significato esi- della Stroppa a quella promessa psicoanalitica stenziale che ci faccia sentire vivi e veri, occor- così come in origine: la psicoanalisi come rivo- re il rischio a una critica costante a quel qui e luzione della visione dell’uomo che sa così pla- ora, che sentenziando l’irrealtà dei fantasmi del smare la cultura. E per contro: da quella stessa mondo interiore, abolisce la funzione simbolica cultura, esserne continuamente plasmata. Sic- della psiche e dunque la possibilità di un vero ché proprio allora, e solo allora, la pratica clini- processo relazionale tra l’Io e l’Altro”. E come ca, non rischia di cadere in quell’autoreferenzia- dimenticarlo? E quali allora i rischi nel farlo? lità o, ugualmente peggio, in quel tecnicismo Il disincanto, il cinismo. La disillusione: che ormai tanto impera e raccoglie consensi, “…un fallimento esistenziale, una sorta di mor- cioè in quella tendenza: “del tutto e subito, e te in vita che cova nel suo intimo l’ombra ama- semplice, del fare presto e a poco costo (in tut- ra della radicale infelicità e la rigidità della dife- ti i sensi) anche in terapia”, la stessa su cui l’au- sa costante dal rischio di soffrire”. trice si interroga chiedendosi: “se proprio il ge- La normopatia: “che non è meno morbosa nerale impoverimento dello spirito del tempo e della follia, è quel volto ottuso e quello sguardo la scomparsa dell’anima dalla scena contempo- spento che ignaro della sua vacua espressione ranea, non siano forse da attribuire anche a lacera i fili della narrazione che sostiene il mo- questa tendenza che poco ha a che fare con vimento della vita”. l’orientare lo sguardo giù giù verso le stanze Il delirio, la proiezione: “i fantasmi interiori della memoria ed elevarlo su su, verso i cieli saranno tanto più devastanti quanto più verran- della speranza”. In queste riflessioni, insomma, no negati o non compresi… tali contenuti van- non si legge certo di una pratica clinica dimen- no in qualche modo integrati, proprio per acqui- tica delle grandi questioni culturali, di quell’ in- sire una realtà psicologica e tessere così la te- conscio culturale – come lo chiama Luigi Zoja – la del proprio significato esistenziale”. ma piuttosto in esse ci viene ricordato che pro- L’arte del domandare è domandare ancora. prio a quelle grandi questioni, se di mestiere L’autrice si e ci interroga e non dà risposta, o parliamo – e quindi di arte? o di artigianato? – l’abbozza soltanto, o meglio, spesso lo fa con al- necessariamente si fa ritorno. E poi c’è un’altra tre domande, suggestioni, immagini. Il tutto in- questione, che ne deriva: la relazione fra teoria somma procede come un susseguirsi di sassoli- e prassi. Nelle riflessioni della Stroppa sono te- ni, lanciati in acqua. E cerchi concentrici, allar- nacemente tenute assieme, in una sorta di alta- garsi e poi ancora, racchiudendo così, senza far- lena in cui si finisce per teorizzare a partire dal- lo, la complessità dell’esistenza non dimentica l’esperienza clinica e viceversa, cioè proprio da certo di quell’imperativo – Sii ciò che sei – che quell’esperienza a “di-mostrare” o a “dis-velare” dovrebbe esserne inizio e nel contempo meta. la teoria. E il tutto, si compie all’interno di una D’altra parte, scrive l’autrice: “il pensiero poetan- dimensione dialogica che è premessa irrinun- te predilige sempre un tono interrogante, non an- ciabile nel mestiere dell’analista. nuncia fatti che anzi tende a smascherare, ma Il gioco è preannunciato, con un ossimoro, piuttosto connessioni di senso, possibilità”. 48 LE RECENSIONI

Silvio Aman su pure Donatella Bisutti, nella dedica alla propria DONATELLA BISUTTI raccolta, ha scritto Il Principe Azzurro: / un mi- Un amore con due braccia to / che non avrà mai fine. È vero! Ed ella sa LietoColle 2013 che in amore, come in tante altre cose, si trat- ta di oggetto causa del desiderio e non dell’in- In quest’ultima raccolta poetica Donatella contro con l’oggetto del desiderio, il quale fa- Bisutti ha costruito con rara perizia, armonia e rebbe cessare ogni rilancio del medesimo. Fra divertente acutezza in psicologicis, la storia di il primo, evitato perché ne segnerebbe appun- un amore attraverso deliziose e ironiche scher- to l’afanisi, e il secondo si muove tutta la gio- maglie con l’uomo amato. Qui, ironia non signi- iosa e dolorosa variantistica dell’amore fatta di fica tanto abbassare l’oggetto quanto cogliere contrasti, di gioie nel sentirsi in armonia come le oscillazioni del sentimento amoroso e saper- fra “due animali / a una stessa greppia, legati / lo leggere per la via critica atta, nel caso, an- a uno stesso palo in una stessa stalla” e frain- che a salvare la libertà (“Che incredibile diletto tendimenti (ma come, lei si trucca per sedurlo / amore mio caro / quando non ci sei / ritrovar- e lui, terra terra, non capisce questa sublime mi da sola / nel mio letto”) e a mettere in rilie- manovra?) ai quali Donatella sa offrire i timbri vo, che il riconoscimento non tocca – proustia- deliziosamente intrecciati dell’ironia e dell’illu- namente parlando – la persona nota a tutti, ma sione, come nelle seguenti due poesie, dove l’io dell’artista: “Ti rifiuti di leggere quello che ho troviamo: “Non piango più – ho pianto tanto / scritto, / tergiversi, rinvii, dici che prima preferi- per giorni interi ho pianto / anche per strada sci conoscermi meglio / Solo così, obietto, mi camminando / al volante mentre guidavo / e ri- conoscerai veramente.” Cosa tutt’altro che fa- schiavo / magari un incidente / ma i miei occhi cile: “Tu stai sempre con me – dici – ma io / non adesso / sono lavati benissimo / vedono / per- sono sempre io / sono molti altri che non so / fettamente.” E di seguito: “Tu sei stato la mia chi sono anche se / sono sempre me –”. Nel favola la mia Shahra¯zad […] / Anche se non leggere queste poesie musicali, specie nelle credevo a tutto quello che mi dicevi / finalmen- maliziose rime baciate (“Il nostro amore / sem- te ho saputo / che il principe Azzurro / esiste- brava ancora intatto / nuovo nuovo / appena va davvero.” Shahra¯zad? Ma certo! È lei il sim- spettinato / quando all’improvviso / senza bolo dei continui rilanci, lei che gira il “caleido- nemmeno un cenno di preavviso / te ne sei an- scopio” (termine usato dalla Spaziani) onde dato”) conta moltissimo il timbro: è lui a chiari- evitare che tutto finisca. re il carattere da tigre spesso mansueta ma sempre all’erta che la poetessa si riconosce (Maria Luisa Spaziani, nella sua bella prefa- Giuseppe Amoroso su zione, parla di “discorso pudico o irritato”) sic- ANDREA MANZI, L’orma che scavo ché anche disinganno e difficoltà possono tra- Oèdipus 2013 sformarsi in affettuosa constatazione: “In qual- siasi momento / dovrò trovare la forza / di apri- All’“alta quota della parola”, tangibile con re la porta e lasciarlo andar via. / Sono la sua tutto il peso delle cose vere che “vivono più sposa fedele / ma questo devo saperlo solo giù e più su”, e risonante nel coglierne le pro- io.” Oppure: “Conosco questo gioco / meccani- pagazioni, anche le più inclini alle dissolven- co ottuso / che illude il cuore / eppure / non ze, Andrea Manzi affida in questa quarta rac- posso farne a meno: / più ti amo / più devo ve- colta poetica, L’orma che scavo, “poemi di derti meno” o anche “Ma allora facciamo così: strada”, racconti (l’area semantica del raccon- / io continuo / ad amarti / almeno io – non è po- tare investe l’intero tessuto espressivo del vo- co / è già il 50 per cento / per venirti incontro / lume), rebus, “bozze corrette” e aforismi e la il nostro amore lo metto in saldo / ti faccio lo ricerca di un’ombra. Si leva un “teatro che uc- sconto”. È proprio vero: l’amore dura il tempo cide le storie”, ma pure le esalta fermandole o di un’illusione (“Un libro sulla perfetta e duratu- rallentandole in movimenti magnetici, in una ra felicità in amore non è mai stato scritto” con- meccanica di rappresentazione evocativa nel- clude la Spaziani) a meno di non chiamarsi la quale gli itinerari della fantasia si aggrega- Jaufré Rudel, ma egli morì appena incontrò la no a “schegge di vissuto” e, senza frizioni, in- contessa di Tripoli – se mai la incontrò – o dividuano una voce sommessa (e tuttavia Maurice Scéve, che di pene per il suo Oggetto pronta alla sottolineatura) nei “ricordi di luglio” d’altissima virtù ne deve aver patite molte. Ep- o in un “autunno povero”, l’indefinita presenza LE RECENSIONI 49 di una donna oscurata dal sole e “natali di pro- verbi assetati”, il sole “oscura” il poeta. Ogni messe” in contrasto con le paure di una vita in momento è un sussulto di meraviglia, il caffè rapido transito. “filosofeggia […] oltre la sapienza”: dall’infini- Uno sguardo lunare fa germinare illusioni e tesimale dettaglio a latitudini astrali corre il filo preghiere su spazi popolati da figure sfuggenti della “via-feriale” vuota, quella del protagoni- e da pensieri che sembrano incarnarsi in filigra- sta che si confessa, “solo tra i pensieri” e “so- ne d’avventura, per poi inscenare il mistero tra- lo senza pensieri”, e quella degli “invisibili”. La fitto da scrosci di oggetti fasciati di sapienza. meta è l’attesa dell’“ora larga e sospesa” che Ma è la sapienza di un microcosmo concreto, “stacca il presente”. Sotto gli occhi, “delegati li- numerato e verniciato dalle consuetudini spes- rici” dell’autore, esplodono immagini e testimo- so rilette dalla memoria, a interrogare il metafi- nianze autobiografiche, con desideri “d’eterni- sico che occhieggia da ogni fessura e che, pa- tà”, all’interno di un discorso dall’empito talora ri a una “dolce favola”, può far apparire e spa- oracolare e difeso dalla sua sostanza enigma- rire, come ”cometa fatua”, vicende, miti, incubi, tica e musicale. L’analogia aggancia le più im- tentazioni oniriche (“orli onirici su tessuti spu- pensabili associazioni di scene ponendo sullo gnosi di vissuti”). Un parallelo universo fluido, stesso livello di percezione l’intensità di esca per uno stordente inoltro in orizzonti di im- un’idea, il colore di una terra, un grido o il “si- prevedibile libertà creativa e controcanto della lenzio farinoso”. Visitata da spiazzanti varia- ondivaga sagoma dell’io pedinato dalla sue an- zioni tematiche che esprimono il qui e l’altrove, gosce. Salvifico, scatta il distacco stilistico suf- la scrittura mostra un impianto composito in ficiente a domare ferite, affanni e alterate azio- cui rispondono, con l’agguato di “invisibili fili di ni, relegandoli in una “cellula del sorriso”. L’iro- perifrasi”, la leggerezza di fatti appena richia- nia ha però sempre nuovi mezzi per controlla- mati e l’assedio di un futuro incerto, silhouet- re la giusta misura espressiva che governa sia tes di “aria” in una “giostra ferrosa” e “stazioni il bagliore di situazioni incombenti, nelle loro di una via crucis” che rinnova il suo golgota in aggressive “sequenze incerte”, sia la vigilanza un leggendario album di ferite. Il ritmo, alter- del poeta sui “nuclei” che “gravitano verso / il nante, impiega diverse corde: rapsodico, si in- buco nero”, sulla “stasi delle piogge esposte / nalza e si rifugia in semitoni, disegna con di- in una lastra immota di vuoto cielo riverso”. scordanti elementi un intero quadro, lo conno- La consapevolezza della sperimentazione ta anche mediante inedite percussioni lessica- tecnica, evidenziata con perizia, rende ancor li e l’inatteso depistaggio di qualche neologi- più incisivo il mezzo per elaborare, in affilate smo, favorisce una spinta alla dispersione versioni originali, alcune preziose esperienze anomala, ma subito raduna ogni nota, ogni mi- letterarie (dai manifesti stampi della biblioteca nuscolo accento, ogni “frenesia”, recuperando classica all’area novecentesca; da D’Annunzio le eventuali perdite e imprimendo sulla discon- e dai crepuscolari all’azzardo delle avanguar- tinuità una sorta di refrain: un dolceamaro bat- die) e per affrontare la più incolore realtà o le tito di fuga. palpitanti emozioni affidate alla schermatura di una “coscienza” ardente e critica, in grado di “sfidare orribili strapiombi”. Frasi ellittiche, ripe- Luigi Ballerini su tizioni, assonanze e antitesi, spezzature im- ALESSANDRO BROGGI, Avventure minime provvise del verso e prolungamenti a specchio, Transeuropa 2014 in chiave di modulazioni riflessive, assumono una valenza totalizzante, spesso fonosimboli- Affrontato da diversi, singolari e quasi sem- ca, adagiata in strutture molto articolate, ove il pre riconoscibili punti di vista, un tema insisten- piano del tratto prosastico rincalza la tensione te ancorché spesso sotterraneo attraversa le narrativa e quella abbandonata all’idillio, i resi- pagine di Avventure minime, il libro di Alessan- dui pietrosi della cronaca e lo spettacolo della dro Broggi che raccoglie in forma definitiva al- visionarietà, le pieghe delle flessioni psicologi- cune delle sue più significative raccolte di poe- che del chiaroscuro e gli urti delle “aggrottate sie e prose. Potremmo definirlo il tema della parole sulfuree”. competenza, dell’essere all’altezza della situa- Paesaggi ora appena sbozzati,ora espansi zione. È chiaro che la sua corposità si intensi- in limpide didascalie venate di malinconia, fica o si assottiglia a seconda delle opere sele- spariscono nell’animo dell’io (il vento “sparisce zionate, ma uno sguardo ai periodi della loro dentro le paure”), il mondo misterioso “svela elaborazione, al loro temporale sovrapporsi 50 LE RECENSIONI

(puntualmente indicato nell’indice del volume) vetro o uno scroscio di pioggia, riservando al ci autorizza a ritenerlo una specie di denomina- lettore il godimento immediato di una serie di tore costante. lucide manipolazioni semantiche, di plausibi- Il senso comune, troppo spesso contrab- lissimi non sequitur: “Per me è importante”, bandato come buon senso, avalla apodittica- avrebbe detto lui, “una preferenza di lungo mente e tautologicamente l’idea che tale com- corso” Lei si mette a sedere, beve una sorsa- petenza, cioè l’abilità di trovare la soluzione di ta di succo di pompelmo e dice: “Ho già crea- problemi affrontati come punti fermi e ineludi- to una situazione”. bili, debba essere per l’uomo una specie di de- C’è dunque un felice scollamento, nella stino, o comunque un suo traguardo ottimale, scrittura, tra l’esperienza dei personaggi e la laddove al massimo si potrebbe intenderla co- regia dell’autore. La sezione Servizio di realtà, me la facoltà di intuire la presenza di una linea ad esempio, è redatta nel tempo futuro dell’in- mobile che si sposta di continuo in avanti. Co- dicativo, sia che si tratti di dipingere situazioni sì insegnerebbe l’etimo stesso di “pròblema”. vagamente magrittiane: “Più a sud l’atmosfera Così aveva stupendamente intuito l’Ungaretti sarà stupenda, un secco tepore, un’aria fine di de La terra promessa, scrivendo (nella Canzo- montagna, pochissime persone. Attorno al na- ne), “D’Itaca varco le fuggenti mura”. Gli anti- stro d’asfalto nero pece, sul quale rotoleranno chi, per altro dalla virtù intesa come ciò che spinosi cespugli sferici, il paesaggio avrà abita- compete al vir, a colui che sa adeguare i mez- zioni sparse in ogni direzione. Si faticherà a zi ai fini, erano allo stesso tempo affascinati e trovare da dormire. Un albergo non avrà nem- atterriti. Sembra legittimo giungere a questa meno la porta della camera”, sia che si tratti di sia pur precaria conclusione leggendo per allestire il reciproco assorbimento di un’apoca- esempio il celebre coro dell’Antigone che cele- lisse e di una dichiarazione di poetica: “Impre- bra la potenza insuperabile e catastrofica del- vedibili rimbalzi trarranno forza come processi l’uomo. di purificazione planetaria. Sfrenate manipola- Refrattaria al dubbio, all’incertezza, alla reti- zioni delle loro attrattive si svolgeranno in as- cenza, la società in cui sono immersi e condan- senza. Non esisteranno livelli di riferimento. nati a vivere i personaggi che si agitano nelle Rappresentazioni astratte dell’abbondanza in- pagine di Broggi, o che più semplicemente le ghiottiranno immagini e confessioni. Come se percorrono con sussiego e indifferenza, sembra nulla fosse convincente al di fuori di un’assolu- al contrario, non solo ignara di quel fascino e di ta assenza di dettagli. Un’infedeltà parallela so- quel terrore, ma anche in qualche modo sopraf- stituirà la gerarchia con l’accumulo”. fatta dalla soddisfazione o dall’abitudine. Ma neanche del futuro c’è da fidarsi, nem- Chi, rara avis, avverte il disagio di questa meno come proiezione. Quello che si era im- posizione che è in aperto contrasto con i più maginato come un suo (im)praticabile cano- elementari convincimenti delle discipline della vaccio viene rivisitato come esperienza passa- conoscenza (quelle dei matematici, dei fisici ta senza che mai sia stata vissuta. Irresistibile che individuano realtà inoppugnabili senza per la tentazione di tirare in ballo il grande cabaret- altro poterne verificare l’esistenza, e in genera- tista Karl Valentin, che disse che “una volta il le di tutti coloro che non affermano per guada- futuro era migliore”, per mostrarne tuttavia la gnare ma ascoltano le parole e il loro richia- distanza che la separa dalla sostanza doloro- marsi e intrecciarsi, per captare effetti di sen- sa, e però non afflitta, che ospita la coscienza so), incontrerà nel cursus, a volte elegante- linguistica di Broggi: “Le categorie non si scan- mente malizioso a volte scabro ed essenziale, divano più per antonomie, ma si lasciavano di- di queste prose poetiche (se così è ancora le- stinguere tra scelte e abbandonate, come tra cito definirle, dopo le coraggiose e convincenti sentieri di cui avere più o meno fiducia”. proposte avanzate dai fautori della prosa in Non ci resta dunque che il presente, sedio- prosa) insospettate occasioni di salubrità cogi- vuole: l’esserci, lo stare al gioco, lo scommet- tativa ed emozionale. tere: una proposta pienamente umanista che E ciò perché, con leggerezza di tocco, consente a questa scrittura di porsi al di là, e Broggi non si limita a tratteggiare il mondo del anzi già dopo la sua funzione risarcitiva, affin- saperci fare come il luogo dell’ennui, inaridito ché il suo soggetto possa nascere dagli inter- dalla presenza di anti-creature disinvolte, stizi stessi dei propri enunciati. Per prenderla opache e incapaci di metafora, ma lo tratta un po’ alla leggera: è un libro come questo di come mera occasione, visibile attraverso un Avventure minime che ci consente di vedere il LE RECENSIONI 51 buco, come ha suggerito Claudio Olivieri (lui vortice magmatico, trascinati nel gorgo di un però in chiave polemica), anche laddove la movimento sfrenato dove si parla delirando: si ciambella è assente. agitano sensi contrastati, propaggini e sfaccet- tature plurali di un mondo alla deriva e votato al pulviscolo nonsensico. Alessandro Carandente su Consapevole di muoversi in un mondo alta- DANTE MAFFIA mente ossimorico, che in viaggio dal sensibile Io. Poema totale della dissolvenza al virtuale rischia di perdere il proprio corpo, EdiLet 2013 Maffia tocca uno dei punti nevralgici e cruciali della grande poesia moderna: i rapporti tra Ho avvicinato la poesia di Dante Maffia a analogia e ironia, nascita e morte, fioritura e partire da due plaquettes importanti, Lo spec- dissolvenza. chio della mente (1999) e poi La biblioteca di “L’amore in fondo è questo morire che per- Alessandria (2011). In entrambi i libri a parlare petua il canto.” in prima persona erano rispettivamente i reclu- Con una energia di posizione – una volta si dei manicomi di Aversa, Bisceglie e Girifalco si diceva di carattere – riporta in vita eventi che, sotto l’ala protettiva della propria follia, traumatici, personaggi, familiari, dissestati ri- spiattellavano le loro visioni e ossessioni; o i cordi, lo spaesamento in una metropoli come poeti e gli autori dei libri della più famosa biblio- New York, situazioni in un gioco plurimo di teca dell’antichità bruciata nel rogo, che testi- dissolvenze, passaggio obbligato per appro- moniavano da sopravvissuti la propria ango- dare all’altra riva. Come un uccello che segue scia e disperazione per aver perduto tutto nel il proprio istinto, traccia instancabile i propri fuoco. Si può parlare di costante? Certo. cerchi e ghirigori e li cancella: scavalca gli og- Anche per questo gigantesco Io. Poema to- getti e distaccato, con lo sguardo circolare di tale della dissolvenza, così inattuale nella sua chi una mattina si è svegliato orchestra, con- mole monumentale, egli si avvale di un coacer- sidera il tutto all’interno del divenire, come im- vo di voci altrui, questa volta però si tratta di magini di tempo destinati a dissolversi nel scritti apocrifi: testimonianze critiche di autori niente. Si dibatte in una irritante contraddizio- classici della letteratura mondiale che, dopo ne: da un lato sente l’ingombro, il peso sovra- l’impossibile lettura del Poema, esprimono dal strutturale e l’intralcio delle parole – merce proprio punto di vista il loro parere. Sono consi- svalutata per il troppo abuso –, dall’altro il non derazioni pertinenti, variegate, oscillanti – ac- poter fare a meno di bagnarsi in questa men- canto all’elogio sperticato, iperbolico, non man- zogna perpetua. cano tuttavia la stroncatura e il tentativo di auto- Possiede questa capacità di rielaborare nel- critica –, che se non altro aiutano il lettore a pe- la propria frequenza un vissuto personale, di netrare nel palinsesto, ad orientarsi tra sregola- plasmare il tutto con una strumentazione vigile ti flutti d’esperienza, smisurati orizzonti visivi. e matura, una scrittura chiara e lineare che si è Il tratto caratterizzante di Dante Maffia è abbeverata a lungo alla tradizione classica e quello di essere poeta versatile e proliferante nella sua fluente mobilità espressiva non teme che avanza in direzione di una varietà pluridire- affatto l’invadenza del nero. Egli riesce, infatti, zionale; con l’irruenza di un fiume in piena e in a dire nonostante tutto, a fondere ritmo e signi- un diluviale lievito alluvionale impasta assom- ficato, nonostante le forme erose e guaste e la ma arrotola squarcia scompiglia scompagina, coscienza che tutto sia destinato col tempo a facendo scempio del consueto e del risaputo, precipitare, a piombare nel niente. provocando un vulcanico sconquasso. Seguiamolo nei suoi spostamenti geografici Non c’è parsimonia o attenzione all’econo- e mentali; Maffia viene da un piccolo paese mia della parola; anzi, c’è uno spreco a lavoro, della Calabria, regione povera dove si soprav- una dépance, proprio di chi ha scommesso in vive pietrificati e si è costretti all’emigrazione se partenza di sciogliersi in parole, di perdere tut- non si vuole morire d’inedia. Arriva a Roma al- to per guadagnare il sogno dell’eternità. la fine degli anni Sessanta, dove si laurea e si Leggendo le numerose sezioni, non prive di scontra con un mondo letterario che sente po- un sottofondo musicale falotico o di un accom- co consonante se non alieno al proprio intimo pagnamento surreale, per esempio una scate- sentire. Reagisce e insorge contro l’ipocrisia e natissima tarantella o un rumore di sciacquoni l’atmosfera imperante: i linguaggi e la propria che scaricano simultanei, si è coinvolti in un dignità non si possono tradire. 52 LE RECENSIONI

Infatti, animato da una forte passione, è solitudine. Ora però, la liberazione di quella pronto ad invettivare contro simulacri ambulan- memoria che si diceva, ha radicato Febbraro ti, campane senza battaglio, larve e avanzi del a una solitudine che in passato era stata più disamore che reggono le fila editoriali. Non ri- razionalizzata che scoperta realmente (penso sparmia nella polemica neanche nomi illustri ai versi de Il bene materiale, 2008); una sco- come Pasolini e Montale. perta che invece ora rende la memoria com- Imbevuto dei detriti della propria epoca, mossa – commossa proprio perché libera. non vuole impantanarsi, va avanti senza om- Questa coincidenza di liberazione e commo- bre e senza echi, si sposta di continuo e nel zione fa tornare la poesia alle origini, le origi- suo nomadismo – si sa che i traguardi sono ni di una ferita. I versi migliori, infatti, sono tutti provvisori – rischiara un orizzonte stratifi- quelli nei quali Febbraro sviscera il dolore dal- cato, pudico e postribolare, sotterraneo e not- l’infanzia. Si legga ad esempio Fine seduta: turno, un mondo al di sotto dell’umano, pullu- “Riaffiora. La porta dello studio aperta / sul lante di vermi, ragni, scarafaggi, lepisme, to- congedo al paziente – il rapitore –, / lei com- pi, cimici e pidocchi; ma soprattutto con una pie in sette passi il corridoio / da cinque. Ecco vitalità impegnata punta al recupero del palpi- l’incedere minuto, / l’entrare dalla porta a ve- to vivo della poesia, di cui è convinto che non tri, / resto di allarmi e nubi alle tempie. / Altro basta sezionare e smontare per capire il fun- corridoio / da cui veniva nella stanza nera / la zionamento: il mistero è altrove; la poesia è al sigla del primo radiogiornale / e i genitori al di là della grammatica e della filologia. Parte primo litigio / e forse l’ultimo. Non poter com- dalla necessità contingente ma apre su oriz- piere / quei cinque passi di distanza, / per la zonti universali e metafisici. Anche se scettico mia infanzia di allora, sette”. e ironico, combattuto da venti contrari e da In verità, a scorgere l’indice di Fuori per l’in- ventilatori, il poeta non rinuncia alla tensione verno ci si accorge che la prima parte del libro, etica di fondo, a muoversi nel linguaggio degli nelle sezioni “Romanzi storici” e “Previsioni del altri. tempo”, ripete una struttura già provata in pas- sato, ovvero il bisogno di affidare ad altri il rac- conto di sé (questa volta i personaggi sono Si- Andrea Caterini su sifo, Guido Cavalcanti, un eretico, come in pas- PAOLO FEBBRARO, Fuori per l’inverno sato furono un Crociato, Abele e Caino, Giob- Nottetempo 2014 be ecc.). È invece nella sezione “Serio e biso- gnoso” che va individuata l’apertura, come un C’è come un’aura nel tono dei versi dell’ul- taglio netto sulla tela bianca del tempo. tima raccolta poetica di Paolo Febbraro, Fuo- Ed è proprio in questa sezione che trovia- ri per l’inverno. Forse è un libro scritto in so- mo i versi della poesia sopra citata. Qui Feb- gno o forse in veglia ma con le labbra serrate, braro compie uno slittamento per nulla insigni- come se le parole sprigionassero il suono non ficante. I sette passi che sua moglie, che esce fuori ma dentro, come se il corpo fosse una dal suo studio di psicoanalista, compie per at- cassa di risonanza che producesse l’eco di se traversare il corridoio, lo riportano ai passi stesso. dell’infanzia. Quel corridoio è a ben vedere Ho l’impressione che la poesia di Febbraro una feritoia, un attraversamento. Perché abbia finalmente liberato la memoria. A rileg- adesso Febbraro, che è adulto, il corridoio lo gere i suoi libri di poesia pubblicati prima di compie in cinque passi e non in sette come Fuori per l’inverno, ci si accorge che Febbra- quando era bambino. Allora sua moglie è, al- ro, per raccontarsi, affidava se stesso a una meno per un momento, un tramite, colei che molteplicità di figure, tanto da fargli scrivere permette alla memoria di liberarsi, di riaprire un saggio – Febbraro è anche critico letterario una ferita mai rimarginata, o lasciata in sospe- – tra i più belli usciti negli ultimi anni in Italia, so nel momento in cui i passi dell’infanzia non L’idiota (pubblicato da Le Lettere nel 2011), hanno più coinciso con i passi – gli attraversa- che edificava, a ritroso, un albero genealogico menti – della vita. Ecco, i passi della moglie nella storia letteraria (così recitava il sottotito- sono per Febbraro uno slittamento. Ma quello lo) in grado di giustificare un io che si scopri- slittare è necessario per riascoltare la “sigla va di volta in volta plurale e molteplice, capa- del radiogiornale” – di nuovo: l’eco, la cassa di ce di metamorfosi continue pur di rivelarsi – di risonanza prodotta dal corpo del poeta, l’im- rivelare, in primo luogo a se stesso, la propria magine di un se stesso nudo dinnanzi alla LE RECENSIONI 53 propria innocenza – che proviene da una ormai cancellato” della provincia cremonese) «stanza» che è «nera», cioè dove non si può, negli anni a cavallo del secondo conflitto mon- non si vuole vedere chi la abita. Eppure, a ben diale, e poi messa a dura prova dalle regole – leggere, non è la stanza ad essere nera, ma il soprattutto sessuofobiche – di un seminario ti- ricordo, lo stesso che finora ha immobilizzato pico della tradizione controriformistica cattoli- Febbraro, non permettendogli di attraversare ca. Mentre la prima parte è perfetta nell’affre- quel corridoio modificando il suo passo da sco delicato e affettuosamente rievocativo dei adulto per riconnetterlo a quello del passato. sentimenti familiari e delle abitudini parrocchia- Ma ora che Febbraro ha liberato quella ferita li del paesino d’origine, la seconda è ricca di – “i genitori al primo litigio / e forse l’ultimo” –, aneddoti adolescenziali, venati da un’ironica che ad essa coincide, può anche scrivere ver- comprensione per le debolezze o gli eccessi si come questi, commoventi tanto sono disar- comportamentali particolarmente di preti e su- mati, spogliati di una razionalità che ha perso periori, nonchè di coetanei che si trovano a vi- il suo dominio e il suo bisogno di separazione vere con il protagonista un’avventura e e distanza da quell’origine da cui tutto è nato un’esperienza esistenziale segnate da una di- (la poesia stessa): “Mattina. Naturalmente in- versità avvertita come unica. Costui, come tut- verno. / Caldo, di lato, ermetico / il talismano ti gli altri comprimari e le comparse del roman- del portapranzo: / odore della cucina, fretta di zo, nelle tre fasi di quei primi anni, non è desi- mani, / scrigno di madre. Viaggio grigio / co- gnato mai con un nome proprio (e del resto del me il carosello visto la sera. / E l’istituto, la padre non vien detto mai il mestiere, ma è suora, la penna / che si dissangua e addestra spesso sottolineato un misurato, ma deciso, le dita / scolpendo i primi oracoli, / ‘la mamma scetticismo anticlericale), bensì, per dare alla è buona’ ‘il papà è alto’ […] // Poi la testa re- scrittura il senso di una leggera “memoria” piut- clina nella penombra / del doposcuola, gli tosto che di una cronaca incisa, con i termini avambracci / conserti sul banco di fòrmica / volta a volta di “bambino”, di “ragazzo” e di verdina. Ma dormire è un altro letto, / ben al- “giovane”. E la memoria, per un’opera concepi- tra calma di fantasmi”. ta alquanto tempo dopo gli avvenimenti a cui, forse in parte autobiograficamente, ci si riferi- sce come diretta esperienza di una determina- Raffaele Cavalluzzi su ta realtà storica, rivela un punto di vista già ma- LUISITO BIANCHI, Il seminarista linconicamente distaccato da essi: specialmen- Sironi 2013 te, nella terza parte della vicenda di formazio- ne, rispetto a quella guerra – la caduta del fa- Il seminarista di Luisito Bianchi è un’opera scismo, l’occupazione nazista e l’impresa dei minore dell’autore della Messa dell’uomo disar- partigiani fino al 25 aprile del ’45 –, che, nono- mato (2003) – cui si deve tra l’altro anche l’in- stante, talora, un rischio involontariamente tensa raccolta di versi In terra partigiana (1992) oleografico, conserva i caratteri di una lezione che conferma,tuttavia, la vena autenticamente di vita destinata a segnare le generazioni con il poetica di un narratore che si pone sulla scia peso del dolore, ma anche con il ricordo della delle letteratura resistenziale, tra Calvino, Fe- nobiltà del sacrificio. noglio e Meneghello, attingendo al nobile impe- Il nucleo più vivo del Seminarista – della gno civile del cristianesimo che è stato anche sua grazia e dello stile che gli sono propri – re- di padre David Maria Turoldo ed Ernesto Bal- sta comunque la rappresentazione del trava- ducci, don Milani e don Andrea Gallo. Ambe- glio spirituale del giovane tra chiamata divina e due i romanzi furono scritti nella prima metà attrazione per il mondo che sa di candore, ma degli anni Settanta da un sacerdote che nutrì la è riscontrata nei tratti dell’acerba bellezza fem- sua ricerca – e il suo ministero, si direbbe, di minile (l’oscura voglia in lui suscitata da “un una sorta di prete-operaio –, della passione per collo bianco e morbido” e da “soffici trecce”, la gratuità dell’annuncio evangelico, volto a dall’“incanto d’un corpo che sembrava model- raccogliere il “gemito dei poveri” e a contrasta- lato dal pollice d’un grande artista”), e che, at- re l’oppressione dei miseri. traverso la sublimazione dovuta al fascino let- Il seminarista è il racconto di una vocazio- terario della Natascia di Umiliati e offesi di Do- ne, dapprima intravista quasi casualmente (in stoevskij, e l’influenza del “biondino” (un più virtù della tenerezza materna) nella pace e nel- anziano compagno di seminario votato poi al la laboriosità di un’Italia rurale (“un altro mondo coraggio partigiano e, nel contempo, all’amore 54 LE RECENSIONI terreno), riunisce in un tutt’uno la rivelazione sfociava in ipermetro fino alla prosa poetica di dello slancio incondizionato per il popolo e Quasi carta. Rispetto a Mattinata larga l’autore l’amore per Dio. E questo si manifesta, alla fi- – in questa nuova prova – ha asciugato il det- ne, proprio come il nucleo profondo della sco- tato poetico senza tralasciare una sorta di ma- perta vocazionale più autentica del ragazzo, nierismo che si coagula in sintagmi all’interno che è ucciso da una raffica di soldati tedeschi di alcune poesie, quasi a divenirne epicentro in fuga il giorno della Liberazione, e getta così (ma solo per poco...). la sua vita in un “destino” di rinuncia radicale e Nel suo procedere l’autore ci segnala “una di “rivolta ideale”, grazie a cui trovare Dio come mancanza” che si fa via via pressante costrin- gratuito dono di sé a riscatto della sofferenza gendoci a fare appello a “formule” (“formula / degli altri. amorosa perfetta” e ancora “pulisce bene le formule”) destinate a insterilirsi, nel mentre an- che il pensare in versi subisce distorsioni indot- Massimo Dagnino su te “non è mai / ciò che abbiamo scritto” si leg- ALBERTO PELLEGATTA ge in una chiusa: a evidenziare una “disarman- te” disconferma che il poeta constata. L’ombra della salute Non va dimenticato che l’incipit del testo è Mondadori 2011 affidato all’immagine della chiesa della Salute Dice Foucault “La borghesia per darsi un dipinta da Turner che si squaglia proiettando corpo, ha guardato verso la sua discendenza e quanto ne consegue nella dimensione del no la salute del suo organismo”. L’ombra della sa- future; il disfacimento è sottoposto a una eleva- lute (La salute titolo originale) è il libro maturo ta ipocondria con marcata scrupolosità nell’os- di Alberto Pellegatta: la salute è un dispositivo servare-indagare il corpo (qualche ghiandoli- del potere, di un potere invasivo e che ci vuole na...) data “l’eccessiva intimità” autocentrata. Il accudire, a cui la poesia non si sottrae metten- tema centrale fa da catalizzatore ad altro get- dola in scena (fra “poeti glamour” e “l’offeso”): tando il lettore “nel vuoto concavo / che ci con- “la macelleria dell’angolo ha la sua vetrina tiene tutti” fra “spaventosi silenzi primitivi”. Di- sconcia” che sembra rimandarci all’ex macello verse discipline si mescolano chiamate a sup- divenuto obitorio in Teresa Raquin di Zola: portare e a espandere il canto. “l’obitorio è uno spettacolo alla portata di ogni borsa, che si offre gratis... entri chi vuole.” È così che un locale infetto e disgustoso – La Gio Ferri su Morgue – è diventato un piccolo monumento e JEAN FLAMINIEN, L’infinitudine “c’è gente chi si sottopone a veri e propri viag- Book 2013 gi, per non mancare neanche a una di queste rappresentazioni della morte” che nei versi del Dopo le avventure di ricerca linguistico-for- poeta milanese è colta nel suo disfarsi fino a male del secolo scorso la poesia di fine ’900 e produrre “crema”, “schiuma” e “acqua”: tutto oltre, è stata umiliata (quando si voglia inten- “entra in circolo” e la carne urla. Ma perché? dere poesia come segno o parola autentica- Perché non riesce mai a stare zitta, verrebbe mente originari, virginali, totalizzanti, aperti e da dire. (in)leggibili, per dirla con Gramigna, priva di Nell’amministrazione della salute non man- pretese moralistiche), da una reazionaria indi- ca l’architettura trattata alla stregua dei corpi genza stilistica e di senso. Sono ricomparse (“il pulviscolare sgranchirsi del corpo principa- le geremiadi soggettivistiche sprofondate nel- le...”) o rimandata nel suo essere “casa / di cu- le nebbie dei paesaggi di maniera, e così via. ra”, così viene percepita l’eventuale Seconda Tradita la convinzione di una poesia, che è, patria. In queste poesie entrano in gioco anche come è sempre stata se autentica, la Cosa vicende familiari, biografiche, millesimali. Nel li- che nasce e vive in sé, oltre ogni utilitarismo bro sono ravvisabili riferimenti multipli riconfi- semantico: non è blasfemo riprendere per la gurati nella propria voce – “raffineria del discor- poesia autentica, il concetto secondo il quale so” – da De Angelis, Raboni, a Cucchi di “Poe- Dio è ciò che è, insofferente di umanoidi or- sia della fonte” e, come scriveva Santagostini, pelli aggettivali (“l’inseità è inconoscibile”: “concorre a questo risultato un apparato metri- Kant, Meister Eckhart, Cesare Brandi, Grami- co sorvegliato” già evidente nella plaquette gna…). Il banale e deleterio ‘richiamo all’ordi- d’esordio Mattinata larga in cui l’endecasillabo ne’ ha trovato credito in certe recensioni dei LE RECENSIONI 55 quotidiani, populismo di bassa lega, commer- to con la natura. Qui possiamo citare solo al- cial-editoriale. Per altro il contesto culturale e cuni versi esemplari: sociale, tanto modesto per la cultura letteraria “… Di sé nulla sanno / gli astri in cielo / né e artistica, e musicale, fa opportunamente da gli uccelli sulla terra; / di loro nulla noi sappia- sfondo a questa iattura. mo… Fortunatamente sopravvivono nicchie di … Non è terra / ciò che si apre / sotto i no- grande merito resistenziale, di coscienza poe- stri passi, / ma è sempre il cielo / sepolto… tica tout-court: riviste e edizioni quali “il verri” di … All’insieme di tutti gli esseri / ogni mattino Milano, “Anterem” di Verona, “Steeve” di Mode- mostrati nuovo, / … / gli occhi lassù rivolti; / e na, Book Editore di Bologna (con la pregevole divieni per sempre / l’eterno innocente…” dedizione, fra gli altri, all’opera di Roberto Sa- nesi). Qualche raro prodotto Einaudi. E questo periodico, “l’immaginazione”, sempre ricco di Monica Giachino su proposte. E ancora, forse, qualche altra espe- VITA COSENTINO, Tam tam rienza. Sebbene si aggiunga una campagna in- Nottetempo 2013 sipiente in atto, probabilmente programmata, disgregante, con gravi ostacoli anche economi- Cifra e pregio di questo esile e solido volu- ci. E condannabili carenze di natura mercantile metto, racconto autobiografico di una malattia nella distribuzione libraria. che colpisce all’improvviso e invalida e spezza Uno dei pochi doni di prestigio ci è arrivato lo scorrere dell’esistenza, è la brevitas che nella in lingua francese da Jean Flaminien, scrittore forma e nella sostanza nulla concede all’ornato. vivente in Spagna, intellettuale raffinatissimo, Nelle poche righe del Prologo, quasi citazio- coinvolto in pregevoli attività letterarie d’Oltral- ne posta in esergo, una donna cerca compulsi- pe, e curatore fra l’altro, dell’opera omnia di vamente la sequenza di un film che continua a Saint-John Perse. tornarle alla mente, perché sa che in qualche Il volume citato in incipit, L’infinitudine, offer- modo la riguarda. Quello che le interessa sono toci dalla bella, puntuale seppur creativa, tradu- due battute del dialogo tra un adulto e un ra- zione della poetessa Marica Larocchi, ripropone gazzo che ha tentato di morire. Le trova e le le raccolte che l’autore è andato componendo trascrive, per non dimenticarle. Dice l’adulto: dal 2001 (Soste fughe, Graal portatile, Pratiche «Io credo che ci sia una specie di velo tra le di spossessamento, L’acqua promessa, Preser- persone e la morte. A volte succede che que- vare la luce). La prefazione è di Julien Rixens, i sto velo si tolga all’improvviso… e così vedia- saggi della stessa Larocchi, Antonio Rossi, Ste- mo la morte. Per un attimo la vediamo chiara- fano Agosti e Serge Raphael Canadas. mente. Poi questo velo si rimette in posizione e La libera dismisura stilistico-retorico-spa- torna tutto a posto. Riprendiamo a vivere». Ri- ziale della poesia di Flaminien, al di là di ogni sponde il ragazzo: «Tu credi?». manierismo tradizionale, è subito annunciata Intorno alla domanda «Tu credi?», e so- dai titoli in cui, fra luci e acque, si rivela una prattutto intorno alla difficile risposta, si orga- straordinaria leggerezza e proficua ambigua nizza per venti capitoletti la storia di due anni: liquidità, una forma fluens di raro coinvolgi- la malattia che colpisce in un giorno qualun- mento. que, fitto di impegni come di consueto («lei C’è il senso biologico e cosmologico della stramazzata nel pieno della sua vita attiva»); nascita del segno, che si fa parola e immagi- il ricovero e la diagnosi; i mesi di degenza ne, rinnovandosi secondo una interminabilità ospedaliera e la difficile riabilitazione; il rientro che va ben l’Oltre (e si assesta nel profondo a casa e il ritorno ad una vita normale che nor- dell’universo materico e immaginifico, appun- male non riesce ad essere perché è necessa- to), senza principio e senza fine. Perpetuo. Il rio imparare nuovi gesti, convivere con i limiti moto immoto della vita stessa. Dell’Essere nel di un corpo che imprigiona, reinventare Divenire. L’origine della parola non è da ricer- un’esistenza possibile. carsi nella storia o nella preistoria, ma nella Tam tam è insieme biografia di sé e di tanti, sua continua rinascita nell’approssimarsi alla scrittura come terapia, certo, ma soprattutto poesia. Là dove si integrano il Tutto e il Nulla, come testimonianza. In tale direzione vanno la il dritto e il rovescio, la certezza materica e la scelta efficace di raccontare l’“io” in terza per- sua ambiguità ininterpretabile se non dai sen- sona e la rinuncia alla valenza identitaria dei si muti eppur vivi e prolifici nello stretto rappor- nomi propri. C’è una “Lei”, c’è un “Lui”, un ma- 56 LE RECENSIONI rito che resta accanto. C’è una folla di persone, smorzata dal commento che segue e sigilla il appartenenti al prima o al dopo, tutte ritratte capitolo: «Il 16 maggio puntualmente torna do- per cenni, per segmenti minimi e incisivi che si po dodici mesi, ma di papaveri in quel campo compongono in uno stilizzato mosaico di figure neanche l’ombra». e di storie: i compagni d’ospedale, quelli incon- Alla vita andata in frantumi e alla fatica di ri- trati durante la lunga riabilitazione, le infermie- mettere insieme pezzo su pezzo fa riscontro la re, i terapisti. Ci sono soprattutto le amiche, sapiente e simbolica circolarità della struttura inaspettatamente tante: «l’amica che per lei è narrativa. Sul risveglio la mattina del primo an- come una sorella», «la compagna di cinema», niversario della malattia si apre il libro. Su un quella che è «la donna più buona che c’è», risveglio notturno, un altro anno è passato, il li- l’«amica dei tempi della militanza», quella con bro si chiude. La notte ha portato in sogno la «la macchina vintage e un fiocco rosso sull’an- figura della madre da giovane. La sequenza ri- tenna». Amiche capaci di far risuonare lo stru- prende simmetrica quella del campo di papa- mento antico di comunicazione e di chiamata a veri delle prime pagine, con un affine cambio raccolta che dà il titolo al libro, il tam tam ap- di registro in clausola: la madre ha accanto a punto, e di confermare una rete salvifica di so- sé «un cespuglio di piante umili: ogni stelo sul- lidali affetti. la sommità si divide e ripiega in tre cimette fio- Vita Cosentino racconta una vicenda di do- rite. […] le indica e dice: “Ci sono ancora pic- lore fisico e intellettuale («il corpo è così in- coli fiori bianchi che devono sbocciare”. / Fine gombrante che le toglie anche le energie men- del sogno. / Si alza con la sua stampella e va tali […]. I progetti non hanno gambe per cam- in bagno». minare e non ne vede più il senso») ma anche una storia di coraggio nell’affrontarli e nell’op- porsi con «un’ansia di vivere prepotente, quasi Vincenzo Guarracino su provocatoria» al «tempo scandito dai rituali del- MARIA PIA QUINTAVALLA, I compianti la malattia, tempo di azioni ripetute sempre Effigie 2013 uguali, tempo schiacciato sul presente, tempo vuoto», tempo che è necessario ritrovare, rica- Bisogna partire da lì, da China, il romanzo librato. in versi del 2010, in cui Maria Pia Quintavalla In un saggio sulla comunicazione linguistica metteva in scena una storia familiare, anzi, me- nell’età presente Vita Cosentino aveva parlato glio, una “storia corale” di due donne amorose, della «rinuncia a dire tutto, per dire “qualcosa”, nel loro strettissimo intreccio, in una sorta di che faccia corpo vivo con la propria vita, con la corpo a corpo attraverso la scrittura, a partire propria esperienza, con il proprio sentire emo- dal suo punto terminale: quello della morte, in zionale» (Lettera a una professoressa riletta da cui Madre (China-Gina) e Figlia si guardano, una professoressa). Questa regola presiede al- con quest’ultima che si riconosce in un ruolo la scrittura di Tam tam. Il racconto procede per tutt’altro che marginale, sulla scena di una dif- sottrazioni: non c’è un “io” invadente, non ci so- ficile crescita e poi di una dolorosa elaborazio- no nomi, l’aggettivazione è selezionata con ri- ne del lutto della perdita. gore. La prosa privilegia la paratassi ed è tesa Partire da China, non solo per capire il libro a nulla concedere al patetico o all’effusione più recente, I compianti, ma anche e soprattut- sentimentale. Gli squarci lirici sono sorvegliati to per capire e inquadrare l’autrice, la cui figu- con attenzione e prontamente chiusi da una ra è andata acquistando nel tempo, nelle diver- nota ironica o da una cruda sferzata. Un esem- se stagioni di un molteplice e generoso investi- pio, l’inattesa fioritura di papaveri che accoglie mento di sé (nella vita, nella poesia, nella criti- la protagonista nel giorno del primo anniversa- ca), un ruolo significativo nel nostro panorama rio della malattia: «Abita in quella casa da ven- critico e poetico contemporaneo. Una cosa, tisette anni, è passata vicino a quel campo mi- questa, sottolineata a suo tempo da Andrea gliaia di volte e non aveva mai visto un papa- Zanzotto già nel 2000, in margine a Estranea vero. Quel 16 maggio invece è tutto un occhieg- canzone (Manni), quando aveva parlato delle giare di bottoni rossi, ora aggrumati, ora più ra- “necessarie-imprevedibili tappe” del suo solita- di. Lei non ne aveva mai visti tanti tutti insieme, rio lavoro poetico che le garantivano “un posto neanche da bambina. […] Adesso ha voglia di di singolarissimo rilievo, di forte evidenza entro ridere e di abbracciare l’amica che l’ha portata il quadro della ricerca poetica attuale”. fuori di casa». Immagine immediatamente In virtù della sua ricerca, quale si è definita LE RECENSIONI 57 soprattutto nelle ultime prove poetiche e criti- di ciò che di Lui la figlia sa rintracciare attraver- che (significativo il suo impegno e la sua pie- so un rito “convinto di parole”. tas nel riscattare dall’“invisibilità” i tanti amati Sullo sfondo di una concreta e suggestiva “invisibili” di un personale pantheon poetico – città, , omphalos di un’essenziale espo- tra tutte, la più amata, “l’ombra vivente” di Na- sizione alla vita, denso di suggestioni letterarie dia Campana, assieme a quella russa di Mari- e soprattutto artistiche (tra Correggio e Mazzo- na), Maria Pia Quintavalla si è andata rita- ni), passato e presente, memoria e sogno, si gliando un ruolo tutto suo, fatto di amore per lasciano convocare per dare “congedo” a ciò gli altri, “fratelli e sorelle, che non presero la da cui prende l’avvio il suo oggi, in una sorta di parola”, riconoscendo la sua missione nella percorso all’incontrario rispetto al libro prece- raccomandazione fattale in un soffio da China dente: là, evocando, con l’ostinazione a far ri- morente di coltivare gli altri nella memoria (“ri- sorgere la sua Euridice; qui, corteggiando cordati di lodarla”, riferito alla sorella): una sor- l’ombra irrimediabilmente in fuga, per rintrac- ta di Orfeo al femminile che ridà voce e vita ciarne e riconoscerne nelle proprie carni i se- per forza di scrittura a fantasmi e fantasie, ad gni, i suoi “alfabeti della vita”, attraverso una “essenze e parvori” altrimenti dimenticati, riat- “narrazione dentro”, di scarne parole di com- tingendo l’essenza stessa del fare poetico, movente intensità. Con la consapevolezza, strettamente legato secondo gli antichi alla dolente in entrambi i casi, di vivere in virtù del- Memoria, a Mnemosine. la sua pietas filiale: da “testimone” solitario in Partire da China, dunque, simbolica deposi- un tempo “altro”, in un’“età moderna” di matu- taria di Memorie: dalla figura della Madre, evo- re responsabilità, che dice la distanza dal tem- cata e aureolata di nostalgia, nel purgatoriale po delle favole. ambulacro di un desiderio di rinascita, lo stes- so che compariva già in Album feriale del 2005, e che qui in questo romanzo in versi prepoten- Alfonso Lentini su temente si staglia come archetipo di “sempre- GIOVANNI TRIMERI viva” forza, a riprova della sua urgente presen- Declinazioni imperfette za di fantasma necessario, di filo tenace di un Mobydick 2013 destino che chiede e impone regole nella vita di ciascuno e vuole perpetuarsi come “affettuo- Non si può comprendere sino in fondo l’atti- so / legame” al di là dell’apparire, come “sfon- vità poetica di Giovanni Trimeri se non si tiene do ideale di una famiglia”, come si legge in conto che essa, pur con gli sviluppi che l’han- conclusione di China. no negli anni arricchita, proviene da quel vitale Partire da qui, dal suo modo di rapportarsi coacervo di esperienze che negli anni Settanta con un nodo forte di emozioni, mettendosi a intendevano gettare un ponte, ma con modali- nudo di fronte a lei, per lasciare agire ogni al- tà inedite, fra impegno politico e poesia. Erano tra presenza in uno spazio da comprimari in anni duri non solo per la politica, che tendeva a un privato teatrino esistenziale: una sorta di radicalizzarsi e a farsi “nuova” (“nuova sinistra” “educazione sentimentale”, dunque, costruita era definita infatti la galassia dei gruppi nati attraverso un muto dialogo, “una storia” tena- dalle turbolenze del post-sessantotto), ma an- ce e potente, ancorché “invisibile ai più”, che che per quella scrittura poetica che provava a acquista il suo essenziale valore testimoniale uscire dagli incagli e dagli equivoci della lette- come necessità di un ricupero senza rete del ratura tradizionale e cercava di porsi anch’essa passato, senza bisogno di didascalia e nota come “nuova” (e “neo-avanguardia” fu infatti introduttiva, quasi a voler proclamare l’esigen- definita l’area che si sviluppò dentro, fuori o in- za di guardarsi in lei senza alcun intermedia- torno al cosiddetto Gruppo 63). Non era facile rio, essendo se stessa e Lei contemporanea- far dialogare giovani affascinati dalla pratica ra- mente. dicale della lotta di classe con poeti e intellet- Ecco ora a far da pendant, necessario ed tuali che spesso, pur a loro modo criticando il essenziale pendant emozionale e sentimenta- sistema capitalistico, tendevano verso una le, I compianti, in cui l’altra figura, il paredro del scrittura non convenzionale e, per quanto pro- freudiano “romanzo familiare”, il Padre, prende vocatoria, destinata a un pubblico ristretto. La corpo e consistenza, attraverso una sorta di via rivista “Abiti-Lavoro. Quaderni di scrittura ope- crucis, una recherche, ansiosa e amorosa al raia” compì in quel difficile e variegato contesto tempo stesso, per luoghi e situazioni della vita, una sua netta scelta di campo, che consisteva 58 LE RECENSIONI nel portare direttamente la poesia nel mondo crocevia spazio-temporale e diventa cassa di della fabbrica, dando voce a quegli operai-poe- risonanza di una versificazione affollata di sto- ti che intendevano raccontare il loro vissuto di rie, facce, strade, odori, sapori, arrivi, parten- sfruttati e di ribelli attraverso una lingua poeti- ze... tutte tracce di un insediamento umano che ca dura, graffiante, provocatoria. L’idea di fon- nei secoli si è armonizzato con il territorio, che do, molto radicale e polemica, era infatti che oggi è però minacciato dalla disgregazione am- solo chi aveva vissuto dall’interno la realtà di bientale e culturale. E allora il prato può esse- fabbrica potesse essere in grado di esprimerla re venduto “in pratici rotoli confezionati / a me- anche poeticamente. Fra gli autori che emerse- tri quadri”. ro intorno a quell’esperienza, accanto a Ferruc- Come le “declinazioni” della vita, a cui forse cio Brugnaro e altri, troviamo Giovanni Trimeri, il titolo allude, anche la lingua appare “imperfet- che di “Abiti-Lavoro” fu redattore per una deci- ta”, acre, venata di parlato e di forme dialettali, na d’anni. ma nello stesso tempo si rivela – pur nell’appa- Son queste, dunque, le radici della sua poe- rente arbitrarietà della metrica “libera” – frutto tica (anche se non va dimenticato che Trimeri di un raffinato lavoro di lima, impreziosita da si è cimentato con altri versanti della sperimen- qualche rima ben congegnata e da altri intelli- tazione espressiva, per esempio con la “poesia genti effetti di suono, vitalizzata da vivaci meta- visiva”, e nell’ambito di questo settore ha pro- fore che emergono dai versi con naturalezza e mosso eventi e mostre come responsabile dei da efficaci enjambement a sostegno di un ritmo servizi culturali del Comune di Feltre). che sembra riecheggiare i passi sui selciati di Da quei contesti la sua produzione di oggi paese. può apparire distante anni luce; eppure, leg- Il libro esce a compimento di un lungo per- gendo con attenzione, si può scoprire che qual- corso che ha visto i versi di Trimeri presenti in cosa dell’originaria tensione ideale vi è rimasto antologie, riviste e volumi; è dunque tempo di impigliato: il sapore ruvido, aspro, genuino del- bilanci, e per questo, forse, fra le pagine del li- la poesia che nasce febbrilmente in presa diret- bro scorre un senso di amara resa dei conti. ta, senza mediazioni, come rendiconto imme- Ma la fiducia nella forza dissonante della poe- diato di un’esperienza di vita e di un ambiente sia non viene meno: “Quel che resta / […] / è sociale. Con questo suo nuovo libro – senza nel tesoro delle parole”. cedere ad autocompiacimenti autobiografici o nostalgici, né a derive retoriche o a esaltazioni localistiche – Trimeri tesse un intreccio di storia Giuseppe Lupo su personale e di storia sociale dando vita a un ERNESTO FERRERO racconto che si muove non solo nello spazio (l’ambiente popolare di una piccola città preal- Storia di Quirina, di una talpa pina dove l’autore ha vissuto) ma anche nel e di un orto di montagna tempo. Emblematici in questo senso sono i te- Illustrazioni di Paola Mastrocola sti della sezione che apre la raccolta, basati Einaudi 2014 sull’evocazione di alcune antiche fotografie È tipico di una certa narrativa colta e sa- che, sovrapponendosi alla memoria dell’auto- pienziale ricorrere alle sfumature del favolisti- re, danno forma a vividi ritratti di persone, si- co per raccontare l’eterno rapporto dell’indivi- tuazioni, ambienti. Tuttavia, a differenza delle duo con il mondo in cui vive. Quando ciò av- fotografie vere e proprie, che sono statiche, le viene, è sempre un miracolo perché una scrit- poesie di Trimeri viaggiano nel tempo, possie- tura di questo tipo mette a nudo la nostra con- dono un dinamismo che le rende mobili e flui- dizione in forma assai più veritiera e convin- de: persino un suo “autoritratto” è collocato nel cente di quanto non riescano a fare i libri a più flusso temporale, giocato com’è su un serrato pronunciato livello di realismo. Il primo esem- confronto fra il ventenne di un tempo (“Avevo pio che mi viene in mente è Sepulveda, che si vent’anni, anni fa”) e l’uomo maturo di oggi; rivolge certo ai bambini, ma strizza l’occhio mentre in un’altra composizione l’autore sotto- agli adulti. Qualcosa di simile avviene anche linea la sua presenza-assenza, dichiarando di nel testo di Ernesto Ferrero, che è contempo- ritrovarsi virtualmente nella foto (lui, che allora raneamente fiaba, parabola, apologo morale, non era ancora nato) attraverso la somiglianza album di immagini (uscite dalla matita di Pao- con il padre. la Mastrocola). C’è un’anziana e metodica si- Il poeta viene così a trovarsi al centro di un gnora che vive in un angolo appartato della LE RECENSIONI 59 tecnologizzata Europa occidentale (in un pae- come rendere omaggio ai milioni, ai miliardi di se delle Alpi, probabilmente collocato nell’alta esseri viventi, uomini o animali poco importa, Lombardia), coltiva un ordinato giardino, os- che ogni giorno compivano in silenzio il loro serva il trascorrere del tempo attraverso le va- dovere nel disinteresse generale. [...] Liberare riazioni di odori e di suoni e di colori che subi- l’orto dalla talpa significava ringraziare silen- scono fiori e piante. Un giorno la donna si ac- ziosamente gli Anonimi che nessuna storia ri- corge che una talpa è comparsa a rovinare il corda, e senza i quali non vi può essere la Sto- suo angolo di paradiso, scatta l’allarme, inizia ria”). Proprio lei, la signora Quirina, nel pratica- una logorante guerra di nervi in cui ogni azio- re l’esercizio quotidiano della pazienza e della ne sarà finalizzata a scacciare l’intrusa. Cono- rivalità, elabora un discorso sul senso del vive- scendo lo spessore letterario di chi scrive, è re, sul mistero del creato, sulla debolezza del- facile ipotizzare che tutto non possa conclu- la vecchiaia. Ed è un récit che da Shakespea- dersi qui. Molta della ricchezza di questa bre- re arriva a Napoleone, da Napoleone a Marx, ve allegoria si spalanca proprio quando il cor- da Marx discende a Primo Levi. Come dire: po a corpo entra nel vivo ed è quasi sempre tasselli di una tavola anatomica, frammenti l’animale a farsi beffe delle trappole che le pre- della coscienza di noi moderni. para la padrona di casa, a prendersi la sua ri- vincita tanto sui rimedi popolari quanto sui ri- trovati della scienza. Sembrerà un divertisse- Alessandro Magherini su ment, forse lo è, ma in poco più di ottanta pa- ADELE DESIDERI, Stelle a Merzò gine Ernesto Ferrero pare incamminarsi nella Moretti & Vitali 2013 medesima direzione in cui si era indirizzato il Calvino dei Nostri antenati: confeziona un rac- Nella sua ultima raccolta di poesie – la conto di idee, mescola fantasia e quotidianità, quarta dopo Salomè (2003), Non tocco gli ippo- mette in scena lo scontro tra ordine e disordi- grifi (2006), Il pudore dei gelsomini (2010) – ne (il vero nucleo del libro), dunque racconta Adele Desideri riferisce di una storia d’amore l’antico combattimento fra natura e civiltà con raccontatale «dalla viva voce della protagoni- quel misto di sorpresa incredula, di sapore iro- sta», storia di cui, a sua volta, Adele si fa nar- nico, perfino di filosofico senso del destino che ratrice, quasi che la protagonista – come fa da supporto alla vicenda. In fondo, spuntar- un’eteronima che ha perduto il suo nome – po- la sull’avversario è importante (è la prima re- tesse diventare un indefinito alter ego da offri- gola che una società come quella in cui vivia- re al lettore come possibile specchio in cui ri- mo pone all’apice del proprio decalogo peda- flettere brame e sofferenze. gogico), ma probabilmente è più necessario E così è perché può scattare automatico il vivere la gara. È vero, si contrappongono due vedersi in una o in un’altra parte di quegli at- antagoniste speculari nel carattere, entrambe tori che, nel testo, giostrano su un palcosceni- tenaci, testarde, maldisposte a cedere: un po’ co notturno che ha come spettatori le stelle. come avviene in Moby Dick di Melville o nel Stelle a Merzò, appunto: cieli trapunti su Vecchio e il mare di Hemingway, dove il con- oscure boscaglie e il paesaggio selvatico, al flitto tra uomini e animali fornisce una chiave di tempo stesso deserto e pieno di vita, della Val lettura dell’esistenza, che non è solo lotta per di Vara. la sopravvivenza, ma dialogo tra contrari, su- Su quei sentieri, fra quelle case semiabban- peramento degli ostacoli nel dolore, riconosci- donate, è facile per l’anima intraprendere viag- mento dei limiti. Ma questo in fondo è l’aspet- gi malsicuri in cui, forse, la scrittura trova l’ec- to assegnato dal gioco delle parti. Più sorpren- citazione da cui scaturire e fornisce il passama- denti sono i ragionamenti che elaborano scru- no della salvezza. tandosi da sopra o da sotto terra: la talpa de- Bella è la geografia di Merzò: il monte Got- ve recitare il ruolo di chi invade un territorio tero sovrasta un banchetto crepuscolare che che non le appartiene (“aveva capito benissi- prelude a un viaggio di nebbie ed amplessi, lo mo che gli esseri umani parlano e parlano, se Stige è attraversato su un vecchio furgone, si la contano tra di loro, ricamano teorie. Fanno accendono sigarette e le parole si fanno allu- della retorica, ma non sono capaci di combina- sive: «Donna del pane nuziale, / anfora – ma- re niente”), la donna invece si sente rivestita drigale – / sono alcova, Cibele / di proibiti af- delle armi di una Giovanna d’Arco (“Pensava fanni». che salvare i vermi dalle zanne della talpa era Stelle a Merzò è, forse, per Adele Desideri il 60 LE RECENSIONI libro della pienezza poetica, dove lo sguardo di interpretazione di chi è allievo, sforare in dell’autrice, sorretto dal veicolo dell’intensità un’area personale decisamente impropria – emotiva, trova uno slancio nuovo, si affaccia per Veleno, e non solo, lo scavalcamento del li- ardimentoso verso un “altro da sé” da cui rice- mite schiude la soglia al rapporto carnale. Dun- ve in premio un linguaggio che sa trovare mu- que le ragioni, le cause come gli effetti, si situa- sica nel carbone e gioia nel pianto. no altrove: su un piano squisitamente letterario che dà conto di un intero mondo, compreso tra innocenza e superamento d’ogni pur antropo- Daniela Matronola su logicamente radicato divieto – un mondo in una parola poetico, il cui governo è tutto delegato al MARIO DESIATI, Il libro dell’amore proibito paradosso. Mondadori 2013 Francesco Veleno, già tirato in ballo da De- L’eroe di questo Libro dell’amore proibito di siati in Il paese delle spose infelici – dove pure Mario Desiati è Francesco detto Veleno. aveva innalzato altari agli amori impossibili, è Un soprannome promosso a patronimico, un eroe resistente, a ben guardare. Incaponito affibbiato alla sua famiglia: “Mi chiamano Vele- a serbare, contro le convenzioni e contro le no perché un mio avo avvelenò il padrone e di- malelingue, la purezza del suo amore carnale ventò proprietario delle sue terre” – un omici- per Donatella, che, col suo rovello per onoma- dio, che però “qui dove sono nato”, prosegue stica e linguistica, è per lui, da subito, portatri- Veleno, è delitto condonabile se ascrivibile a ce di un dono, sua tormentosa Beatrice. La lot- onore o a indigenza. ta di Veleno è assurda, perdente, ossessiva: e Dov’è nato Francesco Veleno? In Salento. alla fine pagante, mentre lo ha tenuto appaga- Nei dintorni di Martina Franca (Martina, quan- to, cioè riempito e sostenuto pur nel tormento do la chiama lui con familiarità), terra di trulli e (lo ha avvelenato…), per tutto il lungo tempo masserie. Vi dominano le donne: Nonna Co- della detenzione di lei e del proprio percorso di masia, Maria Vergine Addolorata (amata sen- riadattamento sociale. sualmente da uno dei portatori), e soprattutto le Lo sfondo salentino aleggia, quasi udibil- professoresse, Donatella Telesca e Barbara mente respira, su tutto il romanzo, persino nel- Tricarico. Le donne di questo romanzo sono le fasi in cui Francesco Veleno ne è lontano, donne sensuali e potenti come Madre Terra. Gli agli antipodi, quando fugge a studiare a Milano: uomini sono tutti spiaggiati ai margini e in balia lassù viene riagguantato dalla sua terra e dalla di “ingenuità e follia”, le due grandi madri, di sua vera appartenenza, cioè dai fatti che signi- nuovo, di questa intensa storia. Un primo uomo ficativamente hanno segnato tutti loro da ado- è il nonno di Francesco, il marito atteso fino al- lescenti, quando Nappi, ora poliziotto, lo riag- la fine da Nonna Comasia e mai tornato dalla gancia, un po’ dopo il periodo di leva: Nappi il guerra che lo ingoiò nel 1943: da allora la non- violento, il troglodita, in realtà a suo modo con na di Francesco avrebbe sempre messo a ta- un senso della giustizia come riequilibrio, mes- vola quello che Laura Pariani chiamerebbe il so in atto come rivalsa. Aleggia la terra di Sa- ‘piatto dell’angelo’, sineddoche del convitato lento, come sempre nei romanzi di Desiati assente. È uomo incerto, tra istituzione e voca- (pensiamo a Ternitti), come luogo puro del ri- zione umana, Pippo, l’assistente sociale, come cordo da riportare all’innocenza primigenia, e uomo tutto positivo, a prescindere dal proprio invece Eden irrimediabilmente raggiunto dalla destino paraplegico, è il re: Walter. Uomini, beh ‘civiltà’ che ha violentato la terra con le macchi- adolescenti come Francesco al vero inizio del- ne, con la chimica, con la possanza del Side- la storia, a scuola nel 1993, sono Mimmo e Co- rurgico, ingoiando in un sol boccone i ritmi len- simo Nappi, come Veleno ammaliati e irretiti ti della controra e della siesta nella calura tre- per sempre dalle professoresse, le due valchi- molante dello zenith di mezzogiorno. La lingua rie della storia, Donatella e Barbara appunto. del romanzo, quando non se ne sta centrata Sociologicamente verrebbe voglia qui di invo- perfettamente sul suo obiettivo, beccheggia care la trappola che sta in agguato in ogni rap- talvolta tra estremi e opposti pericolosamente: porto pedagogico se le parti di quella relazione o indulge nella santificazione di albe e tramon- non ne sorvegliano i contorni: è notorio che il ti in un Salento lucidato da cartolina, o echeg- docente (le due docenti in questo caso) eserci- gia formulazioni masticate e medie, al limite ta un carisma che rischia sempre d’essere dell’omaggio al luogo comune, o sballa in for- frainteso, che può, nel difetto anzi nell’eccesso me ambigue (“…un’unica parola che… non LE RECENSIONI 61 sembrava c’entrare con…”), così come si sta in teggiamento incline ad un certo snobismo e ad balia di due onde: la predominante prima per- una elegante civetteria. Dice una volta un pro- sona del narratore e protagonista Veleno da fessore spazientito, rivolto ad un’allieva rilut- una parte e un suo intermittente scivolamento tante a concedersi alle sue voglie: “Non ho in distanti terze persone. L’effetto nel corso del- tempo da perdere, o me la dai o alzi i tacchi”. la lunga serie di peripezie tra picaresco bildun- Sono citati spesso nomi di cosmetici, griffe al- gsroman e franca finzione biografica (biofic- la moda, insomma c’è una grande attenzione tion) è di una vicenda avvolgente e pura che al vivere quotidiano della classe alta. Come si cede talvolta a qualche latenza di ammicca- usava nella stagione d’oro del romanzo, nel- mento: il romanzo alla fine è pieno, c’è, ed è l’Ottocento, Parri si affida a descrizioni accura- salvo. te delle stanze, di abbigliamenti eleganti, un Ottocento aggiornato tuttavia alla sensibilità odierna. Leandro Piantini su Molto frequente il dialogo mondano, e il parlato snob e ammiccante non è tra gli ultimi MARIO GRAZIANO PARRI pregi di questo affascinante libro. Sia o non La cena è alle otto sia un romanzo, come amerebbe di convin- Aragno 2013 cerci l’autore, vorrei sottolineare come un li- La scrittura di Parri è nitida e accurata, ma bro così rimette in onore un certo tipo di nar- forse quello che spicca di più è l’abilità con rativa che è sbagliato definire tradizionale. cui l’autore sa renderla densa e a tratti bale- Una narrativa che non si cura minimamente di nante. apparire moderna e sperimentale, ma è lenta Insomma siamo di fronte ad un bel libro di e ariosa, dal cursus sciolto e a tratti spumeg- racconti, o come preferisce chiamarlo l’autore, giante. ad un romanzo sui generis le cui parti si inte- Segnalo tra i più gustosi il racconto in cui la grano tra loro mediante il ritorno – liberamente madre rimprovera la figlia di non avere accetta- sviluppato – di alcuni personaggi che talvolta to di avere una relazione con un certo Lerner, passano da un racconto all’altro. giornalista di successo, adeguandosi a quel ci- Quello che vorrei mettere in evidenza è nismo morbido che oggi non fa male a nessu- l’erotismo di buona lega che troviamo in que- no ma è diventato quasi obbligatorio. ste narrazioni, con scene di sesso accattivan- Insomma molto familismo e molte famiglie, ti e ben raccontate. Sono manifestazioni di mariti e mogli, amanti, cene e feste, abitudini sana e a volte ruvida esuberanza vitale, in borghesi raffinate. Sulle psicologie amorose si forma di avventure che scoppiano come dei posa vigile lo sguardo acuto e indagatore del raptus, capricci estemporanei e irresistibili. narratore, come quando ci dice che “il coito co- Tradimenti e corna nei quali la fervida inventi- niugale” fa acqua perché ha “una mancanza va di Parri si sbizzarrisce con pregevoli esiti drammatica di perversione”. E a un certo pun- letterari, quasi per ricordarci che uno schietto to si parla delle punizioni corporali a cui veniva- erotismo resta forse oggi quanto di meglio la no sottoposte le suore Carmelitane, indotte a vita può ancora offrire. Perciò nel libro trovia- rinunciare al sesso mediante dei “surrogati mo molte figure femminili, donne inquiete de- sessuali”. siderose di uscire dalla morale piccolo bor- C’è una grande sinfonia di donne, specie ghese, magari colte nel momento in cui la vi- giovani e belle, tutte con un loro carattere. Da ta le fa trovare pronte a godere i piaceri del mettere evidenza il personaggio di Beniami- sesso in maniera anticonformista come forse no, un anziano signore di campagna che tro- non hanno mai fatto le loro madri. Hanno in- viamo in due racconti, in uno è un rozzo e for- contrato uomini che scatenano in loro un istin- te seduttore, una sorta di “selvaggio”, e tale to che le porta a farsi prendere con una liber- “selvaggità” intesa come valore forte, tipica- tà quasi selvaggia, come novelle Lady Chat- mente toscano è ben presente in molte pagi- terley che finalmente hanno trovato il loro ne del volume. In un altro brano invece Benia- guardiacaccia che ne ha compreso gli incon- mino “fa cilecca” a letto, il che sembra giusto, fessabili desideri. per la legge del contrappasso, mentre in un In questo libro troviamo tante ville e abita- altro brano si racconta di una ragazza che vie- zioni, pranzi, suppellettili, cibi, quasi si trattas- ne palpeggiata durante lo svolgimento del Pa- se di letteratura domestica. E l’autore ha un at- lio di Siena, cosa che risveglia in lei la sen- 62 LE RECENSIONI sualità, “una libido acre e torbida” fino allora gare fino alla tomba con gli uomini. È un mon- sconosciuta. do femminile non poi così distante da quello Parri è bravo nel rappresentare lo stile di vi- meneghelliano di Libera nos a malo in cui don- ta di queste persone, con tutto un contorno di ne sfinite e sfruttate sanno essere ben fiere e abiti griffe profumi e oggetti vari, e questo non vigorosamente capaci di tener a bada i loro uo- per un pittoresco gusto esteriore, esornativo, mini. La ricerca del protagonista («sempre di- ma come espressione di una raffinatezza di co- sperso nel buio delle selve d’amore») incrocia stumi di un ceto sociale che Parri dimostra di giovani insegnanti («capelli al vento, faccia conoscere bene, un ceto mondano-intellettuale onesta»), vecchie zie, cuoche e grassocce si- d’ambiente soprattutto toscano e romano. gnore. Il suo potrebbe anche considerarsi il rac- Il tono giocoso passa anche per i nomi, che conto di come si viveva prima della crisi che si affastellano allusivi nel secondo racconto: stiamo attraversando, “prima della rivoluzione”, l’avvocato Annoiati, l’assessore Rovina, il sin- come suona la famosa frase di Talleyrand: “Chi daco Cagnotto, il prefetto Imbrogli, il tipografo non ha conosciuto il mondo com’era prima del- Catenacci, la contessa Tinti-Altoforni, la mar- la rivoluzione, non sa cosa sia la gioia di vive- chesa Cecchi-Mammullà, la signora Bachioc- re...”. Ma analogo allo stile di vita esteriore, di chi, la signora Veratti circondano lo strampala- chi sa “spremere il succo della vita”, è quello to investigatore privato Muccinelli (sicuramente della vita “interiore”, che riguarda cioè la vita un personaggio che non uscirà di memoria) e psichica, l’eros e i rapporti interpersonali. Le fanno addentrare il lettore in selve sempre più persone che troviamo in questo libro bello e intricate (e incantate?). sorprendente sono tutte colte e smaliziate ma Seguono le vicende di Margherita Marcoce- ad esse, come è giusto succeda, qualcosa ogni sa dagli umori tempestosi, dell’amante di suo tanto va storto. E sono soprattutto le donne che marito, la “corputa” ostetrica Bugazzi: fanno corrono questi rischi, queste creature adorabi- corona alla sbiadita signorina Violante, ricca e li, anticonformiste e coraggiose, di cui è pieno emancipata che sposerà il figlio Marcocesa, il libro di Parri. provocando fatalistiche riconciliazioni e un fina- le spiazzante. Nell’ultimo racconto, La notte, il tono sem- Silvana Tamiozzo Goldmann su bra sensibilmente cambiare: certo il dialogo di , Selve d’amore Pucci col nonno (già di suo affetto da demenza Quodlibet 2013 senile) che con serena franchezza lo riconosce come idiota («noi ci capiamo anche se sei un Il titolo di questo terzo tempo del ciclo Co- idiota, vero?») nella sua comica profondità è ir- stumi degli italiani evoca in prima battuta le resistibile. Richiama altre parentele, perché Selve d’amore di Lorenzo de’ Medici, e fa pen- questi figuranti o comparse o personaggi sono sare a un “canto a lato” dell’autore dell’Orlando poi figli e nipotini di Guizzardi o di Garibaldi o innamorato raccontato in prosa (Einaudi 1994) fratelli di altri “pascolanti” come il giovane Zoffi offerto alle fantasticazioni del lettore. che non hanno mai smesso di popolare le sto- I quattro racconti sembrano uscire – festosi rie di Celati: ne condividono tic, agnizioni im- e un po’ ignari – dall’epigrafe d’apertura allusi- provvise, un senso del ritmo dell’esistenza ca- va di un congedo («Addio storie, che vita! L’Au- denzato nelle diverse stagioni di scrittura con tore») e subito inanellano situazioni, personag- sapienza davvero grande. Forse solo chi si è gi, abbozzi di storie. Il filo conduttore è l’amore speso su più tavoli come Celati (e penso alle inseguito, di apparizione in apparizione, di ca- traduzioni, in particolare a quella dell’Ulisse di so in caso. La madre è il perno del primo rac- Joyce) sa accordare tempi verbali e scansioni conto, è dotata di «molta arte e spirito di pa- sintattiche in generale, le parole e i loro suoni zienza»; attorno alle sue onde magnetiche accuratamente provati, con questa studiata na- duellano un marito geloso del figlio maggiore e turalezza. il medesimo figlio. Da lei si dipanano le figure In La notte la madre di Pucci rimane sedu- delle sue clienti e amiche, come la signora Giu- ta ad aspettare l’alba e la pagina è attraversa- none e la signora Gazzi (che attira irresistibili ta da una strana malinconia che ci fa guarda- passaggi danteschi), con le quali stava «a far re con occhio diverso le pagine precedenti. Ci chiacchiere, con l’aria di donne senza padro- accorgiamo che queste storie sono solo visio- ni», nella comune consapevolezza di dover bri- ni («Può darsi che sia una visione che non LE RECENSIONI 63 c’entra col mio racconto, ma mi è venuta in fondo dalla “figura della seduzione”, è dato in- mente così»); oppure notiamo che si interrom- fatti rilevare la densità di una scrittura che pono all’improvviso lasciando il lettore inter- Agosti definisce “armonica e volumetrica” nel detto sul come proseguire: «A dire la verità, suo includere il referente esterno, con effetti non so altro di questa storia e devo fermarmi analoghi a quelli della poesia. Una qualità d’al- qui. Mi dispiace molto per i lettori». Oppure an- tronde presente a Marcel Proust, cui lo stile di cora finiscono in modo strano, come succede Flaubert appare in grado di convertire “toutes al signor Marcocesa che inventava storie per les parties de la réalité […] en une même sub- non arenarsi «nelle paludi nell’umanità media» stance, aux vastes surfaces, d’un miroitement e finisce, con la benedizione del narratore monotone.” Ed è un giudizio su cui converge, («Succede a tanti») a chiedere la carità accuc- nella importante monografia del 1935, Albert ciato su un marciapiede. La notte nella sua se- Thibaudet, che con altrettanta felicità di sinte- conda parte ha un tono alto e solenne, fa pen- si riconosce allo stile di Flaubert il dono straor- sare a un testamento letterario e esistenziale: dinario di “transposer la nature de choses en la bella notte è un buco vuoto, in cui precipita- des natures des phrases”. Da queste decisive no dissolvendosi paure e desideri «e il cuore è coordinate critiche muove la lettura di Agosti, finalmente sazio». Fa meditare sui racconti rigorosa e a suo agio nel rilevare, per pregnan- che non hanno orari ma nascono dai «risuc- za di esemplificazioni, le corrispondenze nei chi» e la «notte-buco nel tempo» li abbraccia e diversi piani del testo, da quelli “molari”, alla li tiene insieme nel loro ripetersi. Potrebbe profondità delle strutture portanti, fino all’accu- concludersi qui con quella bellissima immagi- ratezza proverbiale con cui la frase è predi- ne dei desideri che vengono alla superficie e si sposta e si dispiega. Tuttavia, se come rileva- spandono nell’aria perché nessuno si senta to in essa “aucune impureté n’est restée” più estraneo. Ma il sogno della signora Pucci (sempre Proust), è anche vero che in Madame dà un’ultima scossa. E le parole del matto Bovary sono presenti strategie narrative di al- Quaglia, sul finire del racconto, chiariscono tro segno, tese a restituire quanto Roland Bar- quell’addio semiserio che apriva il volume: thes definisce in un celebre saggio “l’effet de «Ah, qui siamo moltissimi, tutti matti! E voi, là Réel”. E uno degli esempi è fornito dalla sem- fuori, siete molti? Tutti matti anche voi?». Co- plice omissione di un termine, a suggerire la me si fa a staccarsi da queste storie? singolarità di uno sguardo (è il passo in cui il padre di madame Bovary si volge verso il cimi- tero in cui è stata sepolta la figlia). Sono, so- Marco Vitale su stiene Agosti, le due linee grazie alle quali la STEFANO AGOSTI, La frase, il racconto sperimentazione di Flaubert toccherà probabil- Le sperimentazioni di Flaubert mente il suo apice da un lato nella Légende (poesia della prosa), dall’altro, sia pure per nei Trois Contes modalità differenti, nel Coeur simple e in Héro- Cafoscarina 2013 dias (prosa-prosa). La recente raccolta di saggi flaubertiani di Densissima, e affascinante nell’accostarsi uno dei maestri degli studi francesi riveste in- alle pieghe più riposte del testo, si offre l’ana- sieme il pregio della ricapitolazione e dell’ap- lisi del primo, sempre in ordine di composizio- profondimento. Il volume, come recita il suo ne, dei Trois Contes, laddove la volumetria sottotitolo, è dedicato a una porzione cospicua della scrittura è indagata nel suo fitto reticolo della sperimentazione dello scrittore norman- di corrispondenze e opposizioni, nelle diverse no, secondo le due divaricanti linee della “poe- combinatorie analogie e specularità degli sia della prosa” e della “prosa-prosa”. snodi narrativi, nella struttura tripartita nel I Trois Contes vengono presentati da Stefa- racconto, fino al tessuto che increspa e irida no Agosti nel loro ordine di composizione, e la superficie. Così delle due prime predizioni dunque partendo dalla Légende de saint Ju- (alla madre e al padre di Julien, rispettiva- lien l’Hospitalier, per proseguire con Un coeur mente da parte dell’eremita e dello zingaro) simple e Hérodias, e sono “introdotti” da una sono poste in luce tutte le differenze: momen- lettura di Madame Bovary in cui le differenti to, luogo, posture, formulazioni... E analoga- modalità della sperimentazione su indicate mente sono lette le due grandi scene di cac- coesistono a diversi livelli del testo. Fin dal cia, che avvengono in stagioni e ore diverse e grande romanzo del 1857, dominato nel pro- soprattutto vedono l’eroe una prima volta nei 64 LE RECENSIONI panni del feroce aggressore, nella seconda in quelli dell’aggredito/atterrito; ché se la “prosa volumetrica” ha forti analogie con la scrittura poetica per i motivi su accennati, essa è al- trettanto vicina alla sintassi del sogno, quale domina un racconto che ha filigrana in “un vi- trail d’église”. Nella toccante parabola di Felicité, la do- AGLI ABBONATI A mestica di madame Aubain nel villaggio nor- manno di Pont-l’Évêque, Flaubert volge inve- “l’immaginazione” ce la propria “ossessione” sperimentale verso una calcolatissima alterazione del tessuto nar- in dono il libro rativo. È Barthes, cui poc’anzi si faceva cen- Raffaele La Capria no, a notare la presenza incongrua, nel sog- giorno di madame Aubain, di un barometro po- I mesi dell’anno sto su un vecchio pianoforte. L’oggetto, stan- do alla stringente economia del racconto, non illustrato da Enrico Job avrebbe alcun motivo di essere lì; anzi, rinca- ra in prima istanza Barthes, notazioni come (Manni) queste appaiono scandalose, “ou, ce qui est encore plus inquiétant, elles semblent accor- dées à une sorte de luxe de la narration”. L’ef- fetto di reale, come argomenta Agosti sulla scorta dell’importante contributo barthesiano, non si limita naturalmente a tali inserti etero- genei, ma può operare, come già ricordato a proposito di Madame Bovary, per sottrazione di oggetti o di presupposti logici di un’azione, l’immaginazione o di interi lacerti narrativi, venendosi così a de- rivista di letteratura anno XXX terminare, nel dispiegamento della “prosa-pro- sa”, una sottodeterminazione del discorso. E il diretta da Anna Grazia D’Oria contrasto è con la sovradeterminazione che si Iscritta il 2 IV 86 al Reg. Stampa, Trib. Lecce, n. 381 verifica nella “poesia della prosa”. Ma, ciò che Red: via Umberto I, 51 - 73016 San Cesario di Lecce più affascina, aprendo la strada alla grande Tel. e fax: 0832/205577 modernità, è la fuoriuscita dall’ordine dei signi- e-mail: [email protected] ficati, individuando nel “reale” “quanto esorbi- www.mannieditori.it ta dalle figure della realtà” (S. Agosti, Il roman- t zo francese dell’Ottocento, Il Mulino, Bologna un fascicolo 8,00 2010). Ovvero, detto con altre e bellissime pa- Abbonamento annuale (6 fascicoli l’anno): role sempre di Agosti, quanto si offre “nel suo cartaceo t 40,00 - estero t 80,00 (t 90,00 Paesi no UE) effetto più puro: quello che lo consegna come pdf t 17,99 apparenza impossibile, in un enigma di esibi- cartaceo + pdf t 55,00 ta visibilità”. sostenitore t 100,00 Diversamente ancora, nell’ultimo dei Trois Contes, incentrato sulla figura storica e la de- • c.c. postale 16805731 collazione di san Giovanni Battista, tale strate- intestato a Piero Manni s.r.l. gia narrativa si avvale di un discorso declinato • Codice IBAN: IT32 Z052 6216 001C C082 0000 433 al presente, e caratterizzato dalla soggettività Codice BIC: BPPUIT33 (e pluralità) dei personaggi posti di volta in vol- Banca Popolare Pugliese – via Rudiae – Lecce ta sulla scena (Agosti ne coglie suggestiva- intestato a Piero Manni s.r.l. – San Cesario di Lecce mente le situazioni “cinematografiche”). La sperimentazione si arricchisce così di nuove Stampa Tiemme - Manduria (Ta) possibilità in questo senso, che non sarà l’uni- L’editore garantisce il trattamento dei dati personali forniti da autori, lettori co, né il conclusivo della grande scrittura flau- ed abbonati nel rispetto e a tutela della riservatezza a norma della legge bertiana. 675/96 e dell’art. 13 del D.Lgs 196/2003.