La Camorra. Di Stupefacenti, Fino Alle Infiltrazioni
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La camorra . Dal contrabbando di sigarette al traffico internazionale di stupefacenti , fino alle infiltrazioni nei pubblici poteri ANTONIO D’A MATO Le condizioni storiche per il salto di qualità della camorra furono i collegamenti dei sodali con i mafiosi siciliani, avvenuti a causa del soggiorno obbligato di questi ultimi nella provincia di Napoli. Alla metà degli anni Settanta il traffico di sostanze stupefacenti sostituì quello delle sigarette, con la conseguente trasformazione dei camorristi da piccoli delinquenti marginali a operatori economici capaci di comprendere i più sofisticati meccanismi finanziari. Nell’ottobre 1970, nel carcere di Poggioreale avvenne formalmente la nascita della c.d. ‘Nuova camorra organizzata’ (facente capo a Raffaele Cutolo), soppiantata successivamente dalla potente organizzazione facente capo a Carmine Alfieri e a Pasquale Galasso, denominata ‘Nuova famiglia’. Quest’ultima modificò profondamente il tradizionale modus operandi delle associazioni criminali campane, rifiutando il traffico di sostanze stupefacenti e modellando le proprie attività estorsive secondo schemi radicalmente diversi da quelli fino ad allora praticati. LA CAMORRA E IL TRAFFICO INTERNAZIONALE DELLE ‘BIONDE ’ Nell’immediato secondo dopoguerra, Tangeri era diventata la centrale del contrabbando internazionale di sigarette nel Mediterraneo. Era un ‘porto franco’ e aveva assunto il ruolo nevralgico di crocevia di ogni traffico e attività illegale. Non vi erano dazi doganali, niente Monopoli, di talché vi transitavano tutte le merci da trasportare clandestina - mente. Tuttavia, l’affare delle ‘bionde’ era gestito in maniera più organizzata da marsi - gliesi e siciliani (con Lucky Luciano) che, per un ventennio, avevano ridotto i napoletani RIVISTA ITALIANA DI INTELLIGENCE 93 ANTONIO D’AMATO M’NC CAMORRA al ruolo di meri gregari. Fra il 1962 e il 1966, tuttavia, si verificarono Gli anni Settanta furono per la camorra il periodo d’oro del traffico alcune circostanze che storicamente posero le basi per un rinnovato del tabacco, che preparò il terreno all’utilizzo delle medesime rotte ruolo della delinquenza napoletana in tale settore. Anzitutto la e degli stessi canali per altri lucrosi traffici illeciti. Alla metà degli morte di Lucky Luciano nel 1962 impose un nuovo assetto degli stessi aanni il traffico di sostanze stupefacenti sostituì quello delle equilibri criminali internazionali. Poi, fra il ’63 e il ’64 una drastica sigarette, potendo contare sulle esistenti strutture organizzative, riduzione dei posti di lavoro nell’industria siderurgica (Bagnoli) creò fino ad allora pressoché incontrastate, in considerazione dell’am - una massa di oltre 20.000 disoccupati, terreno di reclutamento della pia tolleranza verso il fenomeno, ritenuto da più parti, improvvi - manovalanza da impiegare nel contrabbando, culturalmente tolle - damente, come una quasi innocua soluzione ai drammatici rato e considerato per decenni un ‘ammortizzatore sociale’ (si pensi problemi occupazionali del Meridione, in genere, e della città di che, solo nel 2001, il Parlamento italiano ha varato la legge con la Napoli in particolare. Ciò comportò una decisa crescita nella pro - quale l’associazione contrabbandiera veniva equiparata all’associa - fessionalità criminale, con la trasformazione, nel volgere di un de - zione mafiosa e sottoposta, dunque, a un trattamento punitivo più cennio, di piccoli delinquenti marginali – di estrazione severo). Infine, l’entrata in vigore della legge antimafia del 1965 (n. prevalentemente subproletaria – in operatori economici capaci di 575) determinò, come effetto dell’adozione della misura di preven - comprendere i più sofisticati meccanismi finanziari, in grado di zione del soggiorno obbligato, il trasferimento di molti mafiosi si - spostare ingenti masse di capitali e di merci e, ormai, dotati di ciliani nel territorio della provincia di Napoli. Sebbene l’obiettivo strutture che prevedevano la partecipazione alle attività delinquen - fosse stato quello di allontanare i mafiosi dalle loro terre di origine ziali, oltre che della manovalanza (alla metà degli anni Settanta – al fine di renderli inoffensivi – ne scaturì, paradossalmente, una l’importazione del tabacco lavorato estero occupava a Napoli oltre conseguenza ben più grave, vale a dire il collegamento dei mafiosi 5.000 persone), di risorse umane altamente qualificate, in grado con i camorristi napoletani. Si iniziavano così a porre le condizioni di risolvere i sofisticati problemi correlati al carattere transnazio - storiche per un salto di qualità della camorra. Il soggiorno obbligato nale delle attività illecite espletate. Il passaggio successivo fu imposto a molti capimafia nel napoletano, infatti, e la centralità as - quello dell’ingresso dei ceti professionali nella struttura organica sunta dai porti campani a seguito della chiusura del porto franco delle organizzazioni camorristiche, con il compito di fornire ogni di Tangeri (agli inizi degli anni Settanta), trasformarono Napoli nella genere di assistenza specialistica, anche al fine di dissimulare gli centrale del contrabbando internazionale e resero l’alleanza con le ingenti proventi derivanti dalle attività illecite svolte, così sottra - organizzazioni camorristiche napoletane essenziale per la prosperità endoli a ogni possibilità di individuazione e di confisca. L’espe - dei sodalizi criminali operanti in altre parti del territorio nazionale. rienza ha mostrato come tale capacità sia stata ulteriormente Logica conseguenza fu la maturazione, da parte delle organizzazioni perfezionata, anche in ragione della straordinaria duttilità mani - napoletane, di una capacità – del tutto nuova – di gestire meccani - festata dalle organizzazioni criminali nel saper adeguare le proprie smi fino ad allora estranei alla loro cultura. Esse compresero, ad forme organizzative alle mutate esigenze, nonché alle caratteristi - esempio, come fosse essenziale alla loro impunità il potersi nascon - che dell’azione investigativa e repressiva. Pertanto, possiamo dire dere dietro società, con sede all’estero, alle quali imputare, formal - che negli anni Settanta, alle tipiche attività parassitarie della ca - mente, le fasi più rischiose dei propri traffici illeciti; ne furono, morra (usura, estorsione) si sono aggiunti, dapprima, il traffico pertanto, costituite in gran numero. Si trattava delle cosiddette so - delle sigarette di contrabbando e, poi, quello della droga. cietà di ‘casella’, munite, come struttura organizzativa, di una sem - Per discutere di affari legati alle ‘bionde’, napoletani e siciliani s’in - plice casella postale, ma utilizzate in ogni parte del mondo per la contravano nei locali pubblici a Napoli, soprattutto nel quartiere movimentazione dei carichi illeciti e per i pagamenti delle merci il - di San Giovanni a Teduccio e a Marano. Anche ‘uomini d’onore’ legalmente negoziate. L’esperienza giudiziaria ha insegnato come, come Totò Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca di tanto in tanto nonostante il loro enorme numero, tali società fossero e siano di venivano a Napoli. Secondo le risultanze investigative esposte nei fatto gestite da una ristretta e individuata cerchia di persone, ‘capi rapporti della Guardia di Finanza, il contrabbando in quel periodo storici’ del contrabbando su scala internazionale. era gestito da quattro paranze mafioso-camorriste: 94 GNOSIS 3/2015 RIVISTA ITALIANA DI INTELLIGENCE 95 ANTONIO D’AMATO M’NC – il gruppo di Michele Zaza collegato ad Alfredo Bono (palermitano); – il gruppo dei fratelli Spadaro (palermitani); – il gruppo di Nunzio La Mattina con Enrico Sciorio e Luigi Maisto; – il gruppo dei fratelli Nuvoletta di Marano, Antonio Bardellino, Enrico Maisto e Sal - vatore Savoca (palermitano). Gli scenari e gli equilibri mutevoli nei rapporti fra napoletani, siciliani e marsigliesi iniziarono a essere più chiari agli investigatori proprio verso gli inizi degli anni Set - tanta. Si erano formati tre gruppi, in contrasto fra di loro, per accaparrarsi la grande torta del contrabbando delle ‘bionde’ e una gran fetta del nascente traffico degli stu - pefacenti: quello dei siciliani, quello dei marsigliesi e quello degli indipendenti, cui erano riconducibili vari clan e singoli napoletani che avevano ritenuto di poter fare da soli, anche ricorrendo al doppio gioco; questi ultimi furono eliminati, come av - venne per Emilio Palamara – confidente della Polizia e doppiogiochista fra marsi - gliesi e siciliani – e per Luigi Greco. In realtà le famiglie napoletane più potenti avevano già scelto di schierarsi con i siciliani: Zaza, Nuvoletta, Bardellino furono ri - tenuti fedeli alleati su cui poter contare da parte degli uomini di ‘Cosa nostra’. Il ’73 segna l’anno della definitiva scomparsa dei marsigliesi da Napoli. Dalla borsa nera al contrabbando, fino agli interessi mafiosi, in 20 anni si era assistito a un’evoluzione significativa della camorra. Nacquero famiglie diventate storiche nel panorama criminale e malavitoso della città, in genere, della Campania: i Giuliano di Forcella; Zaza con il nipote Ciro Mazzarella nella zona orientale; Raffaele Ferrara e Vittorio Vastarella a Villaricca; i Nuvoletta a Marano; Antonio Bardellino nell’area aversana e nel territorio della provincia di Caserta; Umberto Ammaturo nell’area fle - grea; i Maisto poi eliminati dai Mallardo a Giugliano. LA ‘N UOVA CAMORRA ORGANIZZATA ’ DI RAFFAELE CUTOLO Era il maggio del 1970, quando il giovane Raffaele Cutolo, scarcerato dopo sette anni di detenzione per omicidio (per effetto dell’applicazione della legge c.d. Valpreda