Analisi di contesto della : le sue principali economie illegali (1)

di Gianluigi D’Alfonso*

1. La camorra: un’analisi di contesto – 2. Economie illegali della camorra: il con - trabbando di sigarette – 3. (Segue): la contraffazione – 4. (Segue): l’usura – 5. Conclusioni.

1. LA CAMORRA : UN ’ANALISI DI CONTESTO

È possibile fare diverse analisi di contesto (criminale, antropologico, sociale, culturale, ecc.) della camorra. In questa sede mi atterrò ad un’analisi che prende in considerazione le principali economie illegali di questo gruppo criminale, contesto in cui la Guardia di Finanza riveste un ruolo importante attese le sue esclusive competenze di polizia economico-finanziaria. In particolare, l’analisi verterà su quelle che ritengo essere tre attività di economia illegale (2) particolarmente importanti che negli anni hanno maggiormente interessato la camorra napoletana: - contrabbando di sigarette; - contraffazione; - usura.

* Generale di Brigata della Guardia di Finanza, Comandante Provinciale di Napoli. (1) Articolo tratto dall’intervento tenuto presso la Scuola di Perfezionamento per le Forze di Polizia, nell’ambito della tavola rotonda “Analisi di contesto della Camorra”, indirizzata al XXXIII Corso di Alta Formazione. Roma, 6 aprile 2018. (2) Definiamo contrabbando, contraffazione e usura come attività di economia illegale in quanto tutti e tre i reati hanno una fortissima componente economica e vengono realizzati spes so

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Come vedremo, le prime due attività illegali potremo definirle “tradizionali” (quasi dei “marchi di fabbrica”) per la delinquenza napoletana, mentre l’usura è un fenomeno più relativamente recente, legato anche alla particolare con - giuntura economica negativa che sta ancora attraversando il nostro Paese. Prima, però vorrei fare un passo indietro, una premessa importante. E cioè evidenziare come i gruppi di camorra (rispetto ad altri gruppi di cri - minalità organizzata quali mafia e ‘ndrangheta) sono stati da sempre connotati da una natura spiccatamente economico-imprenditoriale. Per meglio comprendere tale caratteristica è opportuno fare anche un breve riferimento storico alle origini della camorra napoletana. Siamo nel 1861, si prepara l’annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno d’Italia. Napoli è sovraffollata e soffocata dalla miseria. La città partenopea, a quel tempo, dopo Parigi e Londra, è la terza metropoli più grande d’Europa con circa mezzo milione d’abitanti. Il Ministro dell’Interno del tempo, Liborio Romano (Direttore della pubblica sicurezza), per garantire l’ordine in città, in vista dell’arrivo di Garibaldi, ritiene di avvalersi anche della collaborazione dei cc.dd. “Ca - morristi” (3) per controllare, tramite loro, i gruppi delinquenziali più fa - cinorosi e per “calmierare” le fasce più povere della popolazione.

con i crismi di “impresa illecita”. Il contrabbando di sigarette nasce da un prodotto che per qualità interessa fortemente i consumatori, che presenta una forte differenziazione tra prezzo d’acquisto all’origine e prezzo sul mercato legale (dove incide moltissimo la tassazione del prodotto stesso). In questo differenziale (prezzo legale – prezzo all’origine) il contrabbandiere trova il guadagno per coprire le spese, avere un suo ricavo, fare investimenti per migliorare la logistica ed incrementare il traffico. La contraffazione si basa su prodotti realizzati, praticamente con le stesse modalità industriali e imprenditoriali utilizzate per i marchi originali. L’usura costituisce, a tutti gli effetti, un’attività creditizia condotta attraverso canali illegali e non ufficiali. (3) Effettivamente l’origine della “camorra”, come fenomeno malavitoso, si fa risalire ancora prima del 1861 e cioè al 1820 circa, in quanto alcuni scrittori napoletani come Francesco Mastriani e Gaetano Valeriani ne danno, per la prima volta, notizie in quell’epoca per indicare la presenza dei cc.dd. “gamurristi” che estorcevano denaro a chi esercitava giochi, scommesse, commerci, arti varie, per strada e nelle piazze (I. S ALES , Storia dell’Italia Mafiosa , Catanzaro 2015, pp. 59-60). Altri autori (F. B ENIGNO , La mala setta, Torino 2015, p. XXIII) fanno derivare il termine “camorra” dallo spagnolo, termine usato intorno al 1851 nel Regno delle Due Sicilie per indicare rissa, contesa; i camorristi erano, quindi persone dedite ad “attaccar briga” al fine di imporre ai più deboli, all’interno delle carceri e fuori, i loro comportamenti illegali.

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I rapporti “riservati” della questura segnalano i “camorristi” che fre - quentano – in particolare – il mondo della mediazione commerciale e del contrabbando, usano la violenza per attuare una redistribuzione di ogni fonte di reddito tra le classi più povere e meno abbienti (4). E per l’occasione si dichiarano, appunto, disponibili a collaborare anche le forze del potere. Questo riferimento storico ci torna utile proprio per evidenziare l’ori - ginaria vocazione economico/imprenditoriale dei primi gruppi di camorra che fa leva – allora come oggi – su una situazione di degrado economico e sociale della città, unita ad una altissima densità abitativa. Napoli oggi, come allora, si presenta ancora con: - tanta popolazione ed una forte densità abitativa; - poche risorse economiche e alta disoccupazione; - una vocazione commerciale della città ed una frammentarietà della catena di distribuzione.

Storicamente si data, quindi, la nascita “formale” della Camorra al 1820 quando la “Bella Società Riformata” si costituì ufficialmente presso la chiesa di Santa Caterina a Formiello a Porta Capuana. I camorristi napoletani definivano la loro organizzazione anche come “ Società della Umirtà ” o “ Annurata Suggità” (“Onorata Società”) per alludere alla difesa del loro “onore”, che consisteva nell’omertà (Umirtà), cioè il codice malavitoso del silenzio e dell’obbligo a non parlare degli affari interni all’organizzazione con la polizia. Per accedere all’organizzazione era previsto un vero e proprio rito di iniziazione definito “zumpata” (o dichiaramento) una sorta di duello rusticano. All’inizio i camorristi si occupano principalmente della riscossione del pizzo da alcuni dei numerosi biscazzieri, che affollano le strade dei quartieri popolari di Napoli. Con l’Unità d’Italia, il fenomeno dilaga e le estorsioni iniziano a danneggiare la quasi totalità dei commercianti della città (A. CONSIGLIO , La camorra a Napoli, Napoli 2005). Secondo I. SALES (op.cit. , p. 71) “la Camorra ha esercitato un chiaro e forte ascendente sui primi passi delle organizzazioni che poi prenderanno il nome di mafia e di ‘ndrangheta. È stata, infatti la Camorra napoletana a svilupparsi per prima e a influenzare le altre organizzazioni criminali attraverso il suo statuto (già in vigore nel 1842) e il suo primato sul controllo delle carceri borboniche. È la camorra, dunque, a poter vantare una primogenitura nel campo delle criminalità italiane che hanno conosciuto un così eclatante successo di potere, di consenso e di durata”. (4) Napoli si connota allora (come oggi), per la diffusa attività commerciale della sua gente, che la rende una sorta di “città bazar”, e la camorra nasce e si sviluppa come faccia criminale di una “città bazar”.

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E anche oggi la camorra evidenzia l’eccellente capacità di saper leggere perfettamente i contesti socio-economici e sfruttarli ai propri fini inserendosi appieno nel tessuto economico-imprenditoriale. L’alta densità abitativa e la particolare conformazione urbanistica (5), geografica e demografica della città, che dal mare “cammina” verso l’interno, fa sì che questa sia oggi l’unica grande metropoli dove si mischiano e si li - vellano popolazioni diverse, classi sociali altrove antagoniste, culture che in altri luoghi e città non si accettano, qui trovano una convivenza tollerante (è difficile, se non impossibile, trovare altre grandi città con un centro storico abitato indifferentemente da borghesia e famiglie povere, alcune di queste partecipi ad attività delinquenziali) (6). Tali caratteristiche, rimaste praticamente costanti nel tempo, condizionano ancora oggi, fortemente, la lettura del contesto criminale della città anche con riguardo ai fenomeni di economia illegale dei suoi gruppi criminali. Alcuni dati statistico-economici di Napoli e provincia illustrano il quadro demografico appena delineato:

COMUNI SUPERFICIE 1.179 Km 2 92 DELLA PROVINCIA

ABITANTI 2.653 – tra le più 3.127.390 Densità (Ab/Km 2) DELLA PROVINCIA alte a livello Int.le Industria manifatturiera, SETTORI ECONOMICI piccole e medie imprese – Commercio Impianti industriali TRAINANTI (cantieristica, abbigliamento, (41 imprese su 100) pelli e calzature)

TASSO 22,6 per cento (quasi doppio DISOCCUPAZIONE della media nazionale) su una superficie NAPOLI CITTÀ densità (Ab/Km 2) 8.566* di 117 Km 2

* La città di Milano ha una densità di 6.900 abitanti per Km 2 (su una superficie di 181 Km 2), mentre la provincia di Roma di 1.982 abitanti per Km 2 (su una superficie di 1.507 Km 2).

(5) Napoli oggi è una grande città per popolazione, ma una media città per estensione. (6) M. SERAO ne Il ventre di Napoli (Napoli, 1906) descriveva eccellentemente “l’anima” della città partenopea: “(…) a pochi metri di distanza. Il decente e l’indecente, il pulito e lo sporco, la pompa e l’inguaribile miseria, il lusso e la povertà più abbietta. Che cosa è falso, che cosa è vero ? (...)”, “anima” che oggi rimane ancora, per molti aspetti, quasi inalterata.

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2. ECONOMIE ILLEGALI DELLA CAMORRA : IL CONTRABBANDO DI SIGARETTE

Come noto il fenomeno del contrabbando di sigarette ha radici che ri - salgono nel tempo e – nella sua forma più evoluta – si può ricondurre almeno al secondo dopoguerra. Possiamo anche affermare che, da sempre, la Guardia di Finanza e la lotta al contrabbando hanno costituito un connubio pressoché indissolubile: l’evoluzione del contrabbando infatti s’intreccia, per largo tratto, con la storia stessa del Corpo. Le proiezioni internazionali dei sodalizi contrabbandieri e le frequenti mutazioni dei loro modelli operativi hanno spesso indotto la Guardia di Fi - nanza a perfezionare, nel tempo, la propria struttura organizzativa, imple - mentando il dispositivo di contrasto e sperimentando le più moderne tecniche di indagine, di ricerca e di analisi informativa per contrastare, sempre al meglio, questo preoccupante fenomeno. Fatta questa premessa, possiamo sinteticamente ricondurre a quattro passaggi fondamentali l’evoluzione storica e geografica del “contrabbando di sigarette” dal dopoguerra ad oggi (7): - nell’immediato dopoguerra, si svolgeva principalmente a ridosso del solo confine elvetico attraverso i cc.dd. “Spalloni” che trasportavano all’interno di bricolle quantitativi di sigarette di contrabbando dalla Svizzera in Italia; - dagli anni ‘50 agli anni ‘80, si trasforma in fenomeno in larga scala con una netta influenza nell’area costiera tirrenica, con particolare riferimento alla città di Napoli ed al suo golfo, dove le sigarette sbarcano da “navi madri” e attraverso i “motoscafi blu” inondano la città partenopea;

(7) Particolarmente interessanti per una completa disamina del fenomeno del contrabbando di sigarette dal dopoguerra fino ai tempi attuali si vedano gli atti di due convegni della Guardia di Finanza: “ Il contrabbando sulle coste del tirreno ed a Napoli (1950-1985) ” organizzato dal Museo Storico della Guardia di Finanza a Roma presso il Comando Generale il 21 marzo 2006 ed “ Il contrabbando quale fonte di finanziamento della criminalità organizzata nel XX secolo ”, organizzato dalla Guardia di Finanza a Palermo il 18-19 novembre 2009.

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- a fine anni ‘80, per tutti gli anni ‘90, per effetto della pressione operativa sviluppata dalla Guardia di Finanza ed alle vicende politico-economiche che hanno riguardato i Paesi balcanici, i traffici si spostano nel mare Adriatico e nell’area pugliese ove sono favoriti dalla vicinanza delle coste straniere; - negli anni più recenti il fenomeno ha assunto una dimensione più globale ed i carichi di sigarette investono il territorio nazionale non più come luogo di destinazione finale, ma principalmente come terra di transito verso i più remunerativi mercati nord-europei. Venendo all’argomento che più ci interessa, e cioè il contrabbando come una delle principali economie illegali della camorra, possiamo af - fermare che tale connubio appare collegato principalmente alla valutazione favorevole del rischio-beneficio ed all’elevata redditività (considerazioni analoghe possono farsi per la contraffazione) che spinse il primo interesse della criminalità organizzata verso quel tipo d’illecito. Infatti, ai fortissimi guadagni si contrapponevano rischi contenuti rispetto ad altre tipologie di reato, quali il traffico d’armi e di droga. Inoltre spesso da parte dell’o - pinione pubblica non si assegna al contrabbando di sigarette lo stesso di - svalore attribuito ad altri illeciti ritenuti (a torto) di maggiore allarme sociale. È soprattutto nel secondo passaggio temporale prima indicato (anni ‘50-‘80) del fenomeno, che matura il salto di qualità della camorra, la quale si trasforma a tutti gli effetti in “gestore” del traffico, facendo sì che il contrabbando diventi uno degli elementi portanti dei propri affari illeciti. Tale fenomeno consente alla camorra anche di poter fare un ulteriore im - portante salto: da criminalità locale a criminalità nazionale ed internazionale e di venire poi in contatto con altre importanti organizzazioni criminali come la mafia. Proprio in quegli anni uno dei più agguerriti e noti clan camorristici di Napoli, il clan “Mazzarella”, inizia ad imporsi come gruppo malavitoso dedito al contrabbando di sigarette instaurando le c.d. “paranze” del con - trabbando da Posillipo a Santa Lucia, da Pozzuoli a Bagnoli. Negli anni ‘50, ‘60 e ‘70 si registrano, inoltre, attivi nel settore so - prattutto i fratelli “Zaza”, imparentati con i “Mazzarella”, con a capo Mi -

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chele Zaza (8), famoso camorrista/contrabbandiere, divenuto poi anche affiliato di cosa nostra. Il controllo del mercato illecito delle sigarette fu, in seguito, uno dei motivi che portarono alla sanguinosa guerra di camorra dei primi anni ‘80, quando decise di imporre una “tassa” a tutti gli altri clan camorristici di Napoli. A questa imposizione si contrappose, infatti, una “federazione” di clan camorristici denominata “”, ai vertici della quale si erano posti proprio i fratelli “Mazzarella”. Si può affermare che grazie al traffico illecito di TLE, la camorra inizia a sviluppare la c.d. “specializzazione imprenditoriale”, che è in seguito – come vedremo – diventerà la caratteristica principale del contrabbando “mo - derno”, strutturato su vere e proprie holding transnazionali in grado di gestire tutte le fasi del processo illecito, non ultime quelle con cui vengono reim - piegati i capitali così ottenuti attraverso compagini societarie, possibilmente localizzate in paradisi fiscali e finanziari. Tuttavia all’inizio degli anni ‘80, la “nuova camorra organizzata”, fondata proprio da Cutolo, cambia e impone il proprio “business” mettendo al centro dei propri interessi economici il traffico internazionale degli stu - pefacenti, in grado di assicurare ben più ingenti guadagni. Praticamente, negli affari della camorra, cambia il prodotto, la droga sostituisce le sigarette, ma l’esperienza, i mezzi le strutture utilizzati nel contrabbando, vengono comunque impiegati per i traffici di droga: punti di sbarco, canali per arrivare alle città e ai luoghi di consumo sono praticamente gli stessi. Negli anni ‘80-‘90, a seguito di tali eventi e grazie anche alla pressione operativa e ai numerosi sequestri assestati dalla Guardia di Finanza, il “cuore” del contrabbando si sposta nell’area adriatica.

(8) soprannominato “o Pazzo”, nasce a Procida nel 1945 e muore a Roma nel 1994. È stato uno dei più importanti boss della camorra napoletana, nonché affiliato a cosa nostra, dedito al contrabbando e allo spaccio di droga. È parente dei camorristi Ciro, Gennaro e Vincenzo Mazzarella.

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L’organizzazione contrabbandiera facente capo a Ciro Mazzarella (9) decide di trasferire sul litorale pugliese la propria flottiglia di motoscafi, avvalendosi del supporto della manovalanza fornita dalla delinquenza operante nel brindisino. Vengono intrapresi contatti con le organizzazioni di contrabbandieri pugliesi capeggiate dal noto Francesco Prudentino di Ostuni (BR) (10) che, a sua volta, è in accordi con il trafficante internazionale di origine elvetica Corrado Bianchi (11), ai fini dell’approvvigionamento diretto di sigarette dai depositi siti nei porti albanesi di Durazzo e Valona, costantemente riforniti direttamente dalle multinazionali del tabacco operanti negli USA. Le sigarette di contrabbando entrano nel territorio pugliese sia in forma extra -ispettiva, ma anche attraverso autoarticolati scortati da do - cumentazione attestante il trasporto di merci a bassa incidenza fiscale o si - garette dichiarate “in transito” sul territorio nazionale verso altri Paesi ciò in virtù dell’abbattimento delle frontiere intracomunitarie avvenuto il 1° gennaio 1993. In quegli anni si registrano fattivi collegamenti fra le organizzazioni contrabbandiere brindisine e quelle camorristiche napoletane, nonché legami tra camorristi e alcune “famiglie” mafiose siciliane. Verso la fine degli anni ‘90 assistiamo, probabilmente, al periodo più violento per il contrabbando di sigarette proprio nel territorio pugliese in

(9) Figura di spicco dell’omonimo clan , nato a Napoli nel 1940, soprannominato “o Scel - lone”, per via delle scapole sporgenti. Ritenuto capo storico del rione Santa Lucia, a Napoli, dove controllava il contrabbando di sigarette. All’inizio sotto l’egida dello zio Michele Zaza, affiliato a cosa nostra. È fratello di Vincenzo Mazzarella e, come vedremo, il suo clan è pro - tagonista anche nel settore della contraffazione. (10) Nato nel 1948, soprannominato “Ciccio la busta”, affiliato alla sacra corona unita, ritenuto uno dei maggiori esponenti della mafia pugliese e, soprattutto, della gestione del con - trabbando in Puglia. (11) Corrado Bianchi di Lugano, Giuseppe Cristoforetti, Ettore Chicchellero, Gerardo Cuomo, Augusto Arcellaschi, Fredy Bossert, Luigi Dapueto ed altri, erano i grandi “Brokers” delle sigarette di contrabbando degli anni ‘70, ‘80 e ‘90. Operavano su scala internazionale e rifornivano su richiesta (spesso con la complicità delle multinazionali del tabacco) clan e con - trabbandieri dei grandi carichi di sigarette. Al riguardo si veda M. Razzi, Il re delle bionde, storia vera di un contrabbandiere gentiluomo , 1997 Torino.

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cui perdono la vita in maniera cruenta anche alcuni finanzieri (12). Viene, pertanto, dato avvio ad un piano straordinario anticrimine per la Puglia, denominato “Operazione Primavera” e attuato tra febbraio e luglio 2000, principalmente nei territori delle province di Bari, Brindisi e Lecce, ma anche nelle provincie di Foggia, Taranto e Matera, che infligge un colpo durissimo al contrabbando (13). Tale piano segna praticamente la fine di questa fase “storica” del contrabbando, realizzato in larga scala, concentrato su determinate aree territoriali e connotato da episodi violenti. Negli ultimi diciassette anni il fenomeno ha attraversato diverse fasi evolutive assumendo dimensioni meno violente e più contenute rispetto al passato ma non meno preoccupanti circa il coinvolgimento dei gruppi cri - minali. Oggi, come precedentemente accennato, il fenomeno ha raggiunto una connotazione eminentemente imprenditoriale ed internazionale da parte dei gruppi criminali (tra i quali, per tradizione, vi è soprattutto presente la camorra) che controllano i traffici di TLE di contrabbando. L’allargamento ad est dell’Unione europea e la crisi finanziaria inter - nazionale hanno, infatti, dato nuovo slancio al contrabbando internazionale di TLE. L’Unione europea a ventotto Paesi, ha realizzato un più ampio “spazio economico”, unitario ed indistinto, all’interno del quale sono però oggi inglobati anche territori in cui sono allocati depositi di stoccaggio di TLE nonché fabbriche di sigarette prodotte, a volte, anche con marchi con - traffatti.

(12) Il Finanziere Antonio Sottile e il Vicebrigadiere Alberto De Falco, entrambi insigniti di M.O.V.C., alla memoria, nella notte tra il 23 e 24 febbraio 2000, morirono nel brindisino nel tentativo di bloccare un’autocolonna contrabbandiera, rimanendo coinvolti in un violento speronamento da parte di un mezzo guidato dai contrabbandieri. (13) In quelle province, nell’ambito dell’“Operazione Primavera”, vengono impiegati complessivamente 1.900 uomini: 700 agenti della Polizia di Stato, 700 militari dell’Arma dei Carabinieri e n. 500 militari ATPI della Guardia di Finanza. L’operazione viene realizzata at - traverso servizi anticontrabbando sulla costa, servizi di pattugliamento, rastrellamenti di zone di particolare interesse operativo e perquisizioni anche a blocchi di edifici.

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È il caso, ad esempio, della Polonia e dell’Ungheria, da dove di recente originano parte dei flussi intra-ispettivi di sigarette destinate al mercato clandestino. Da alcuni Paesi dell’est-Europa e del Medio Oriente arrivano illegalmente all’interno del Mercato europeo sigarette cc.dd. “Cheap White” , ovvero si - garette prodotte legalmente nei predetti Paesi, spesso con pacchetti molto simili alle marche più conosciute in Europa, ma non ammesse alla vendita all’interno dell’Ue perchè considerate non rispondenti agli standard di si - curezza comunitari. Tali sigarette sono oggetto di contrabbando anche perché in tempi di crisi economica il loro prezzo risulta appetibile in quanto più basso anche di 2-3 euro rispetto alle sigarette vendute legalmente. Proprio la crisi finanziaria ha reso più allettante il ricorso da parte dei consumatori a questo tipo di mercato clandestino di TLE, consentendogli di acquistare sigarette a prezzi più contenuti rispetto ai prezzi “ufficiali”. Il risultato di tale mutamento di realtà è che oggi, l’Italia non è più solo un Paese di consumo ma anche, e soprattutto, di transito delle sigarette di con - trabbando verso altre mete, ossia verso Paesi come la Francia, la Gran Bre - tagna, la Germania, il Belgio e, in tempi recentissimi, anche la Spagna. Si può affermare, quindi, che l’Italia, spesso viene considerata alla stregua di un hub , un terminal attraverso il quale passano i tabacchi di contrabbando per essere poi destinati altrove. Tuttavia, nonostante questa evoluzione di carattere internazionale del fenomeno, il territorio napoletano mantiene ancora un ruolo di primo piano nell’approvvigionamento e nello smercio di sigarette di contrabbando e rimane tra le destinazioni finali più ambite dai contrabbandieri per far giungere, dall’Italia e dall’estero, le sigarette da vendere ai “dettaglianti” i quali le smistano poi su tutto il territorio nazionale (ogni anno oltre il trenta per cento dei sequestri effettuati a livello nazionale avviene nel ter - ritorio campano). Per concludere sul tema del contrabbando, possiamo dire che per la ca - morra napoletana, per tradizione ed esperienza, questo rappresenta ancora oggi una delle sue principali economie illegali che gli consentono o di riciclare proventi illeciti (rivenienti dal mercato della droga) o di reperire

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agevolmente fonti di finanziamento utili da reinvestire in altre attività ed al tempo stesso assicurare un capillare controllo del territorio. Il contrabbando di TLE permette, infatti, il sostentamento di una grande varietà di soggetti: da colui il quale si occupa della vendita al det - taglio, a coloro che gestiscono i depositi o le spedizioni, sino a quei soggetti che si trovano al vertice delle organizzazioni contrabbandiere i quali, grazie ai guadagni derivanti dalla vendita di grossi quantitativi di TLE possono permettersi un alto tenore di vita ed importanti investimenti all’estero.

3. (S EGUE ): LA CONTRAFFAZIONE

Le aree del nostro Paese maggiormente interessate dalla produzione e dal mercato del falso insistono nella provincia di Milano, nella provincia di Prato, e soprattutto nel napoletano. In particolare, la provincia di Napoli è storicamente considerata la culla del c.d. “falso d’autore”, grazie alla ri - conosciuta abilità di numerosi artigiani in grado di riprodurre fedelmente, nei propri laboratori clandestini, ogni tipologia di bene dotato di rilevante valore economico e forte richiesta sul mercato. Secondo alcuni collaboratori di giustizia, questa attività illecita assume, nell’economia di alcuni clan camorristi, dimensioni addirittura paragonabili al mercato degli stupefacenti (14). Nel territorio partenopeo le catene di produzione, commercializzazione e distribuzione del falso da parte di imprese collegate in vario modo a for - mazioni camorriste sono particolarmente ricche e risalenti nel tempo ed i gruppi di camorra operano in questo settore essenzialmente secondo due modalità, che a volte possono anche sovrapporsi:

(14) In questo senso le dichiarazioni del di camorra Luigi Giuliano, tribunale di Napoli 2003 (Richiesta di emissione ordinanza applicativa misure cautelari nei confronti di Licciardi Vincenzo più 96).

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- attraverso la funzione di reinvestimento di proventi illeciti (generalmente provenienti dal traffico di stupefacenti) sulla base di un rapporto di scambio e collaborazione con imprenditori del settore collusi o a vario grado sog - giogati; - oppure come operatori diretti del settore, imprenditori che nel corso del tempo, attraverso l’accumulazione di capitali illeciti, effettuano il salto di qualità a una dimensione pienamente mafiosa. Tali diverse modalità con le quali le formazioni camorristiche entrano in rapporto con le attività di impresa sono rese ancora più complesse dal fatto che spesso gli investimenti in questo settore vengono realizzati da singoli esponenti mafiosi, anche senza una partecipazione del gruppo nel suo insieme. Può capitare anche che nello stesso circuito del falso investano boss o affiliati appartenenti a diversi clan . Si tratta in altri termini di circuiti aperti, ovvero reti commerciali, spesso controllati in senso mafioso, ma anche dotati di una dimensione imprenditoriale in cui convivono transazioni finanziarie, economiche e rapporti di subordinazione basati sulla caratura criminale degli investitori. Volendo anche in questo caso fornire un riferimento storico, la contraf - fazione di prodotti d’abbigliamento ha una lunga tradizione nel napoletano che risale al mestiere del “magliaro” (15). Si hanno notizie certe di questa figura di commerciante itinerante, che spesso, ma non sempre, opera con prodotti falsi, a partire dagli anni della seconda guerra mondiale (ma alcune fonti datano alla fine dell’ottocento la sua comparsa). Uno dei riscontri più interessanti si trova addirittura nelle carte del Ministero della Giustizia del reich che segnala già nel corso degli anni ‘40, in pieno regime nazista, la presenza di molteplici circuiti di magliari napoletani in territorio tedesco e nei territori occupati (16).

(15) Su questo tema si veda L. B RANCACCIO , Magliari, imprenditori e camorristi: il mercato del falso a Napoli , 2011 in R. S CIARRONE (a cura di), Alleanze nell’ombra. Mafie ed economie locali in Sicilia e nel Mezzogiorno , Roma, pp. 431-472 e anche L. B RANCACCIO , Mercati violenti e gruppi di camorra , in L. B RANCACCIO – C. C ASTELLANO (a cura di), Affari di camorra. Famiglie, imprenditori e gruppi criminali , Roma, 2015, pp. 5-44. (16) R. LAZZERO , Gli schiavi di Hitler. I deportati italiani in Germania nella seconda guerra mondiale , Milano, 1996.

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Quello del magliaro è un mestiere che non ha una collocazione specifica in un campo merceologico, piuttosto è un’attività di vendita ambulante che di volta in volta può interessare beni diversi: in origine soprattutto tessuti, biancheria e capi d’abbigliamento, poi nel corso del secondo dopoguerra si aggiungono posateria, stoviglie, orologi, bracciali e altri ornamenti per la persona. I magliari sono venditori esperti, capaci di piazzare la merce con grande abilità, spesso, ma non necessariamente, oltre i limiti del raggiro. Già nell’immediato dopoguerra raggiungono i mercati lontani del centro e nord Europa (Scandinavia, Regno Unito, Danimarca, Germania), per piazzare attraverso raggiri la merce contraffatta. Per tornare ai gruppi di camorra, un caso scuola sulle modalità con le quali tali gruppi intercettano e fanno propri, oppure promuovono direttamente, i circuiti internazionali del falso e in specie quelli della maglieria è quello del clan Licciardi (17) e dei gruppi sodali riuniti nella c.d. alleanza di Se - condigliano. Un’aggregazione camorrista protagonista di una sanguinosa guerra contro i clan del centro cittadino sul finire degli anni novanta, ma che ancora oggi mantiene una impronta di cooperazione. Il clan Licciardi di Secondigliano è una caso interessante di clan che si forma dentro il mercato del falso e della maglieria, secondo una dimen - sione spiccatamente imprenditoriale. Originari del centro di Secondigliano, operano da anni nel commercio dell’abbigliamento. Numerosi collaboratori di giustizia fanno riferimento ai Licciardi come a una famiglia storica di magliari, attiva nel settore ben prima dell’ascesa nel panorama criminale cittadino (18). Il momento topico di questo clan nel settore della contraffazione si ve - rifica nel corso degli anni ‘90: dopo la caduta del muro di Berlino si aprono a est spazi commerciali inaspettati. D’altra parte la crescita esponenziale

(17) Figura di spicco dell’omonimo clan è Gennaro Licciardi, soprannominato “a Scigna” (la scimmia) per il suo aspetto fisico, nasce a Napoli nel 1956 e muore a Voghera (PV) nel 1994. È tra i fondatori del cartello camorristico denominato “alleanza di Secondigliano ”. (18) Tribunale di Napoli (2004), Ordinanza di applicazione e di parziale rigetto di misure coercitive personali nei confronti di Licciardi Vincenzo più 96.

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del mercato della droga, che proprio in quegli anni si realizza nella periferia nord della città, fornisce ingenti capitali al clan , che trovano collocazione nella produzione del falso e nella rete distributiva internazionale. Lo sviluppo delle rotte commerciali via mare avvicina i mercati del lavoro a basso costo. Una buona parte del falso commerciato dalle ditte na - poletane controllate dai Licciardi è prodotto da aziende cinesi, di Taiwan, Hong Kong. Il porto di Napoli pullula di container con prodotti falsi, in arrivo dai Paesi orientali e in partenza per il nord Europa, l’Australia, l’A - merica del nord e del sud. La gestione della rete dei magliari diventa attività economica di punta. Al riguardo è interessante segnalare che nel 2011 il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti pubblica un rapporto in cui si indica nell’attività di esportazione del falso da parte dei gruppi di camorra uno dei fattori più pe - ricolosi di destabilizzazione dell’economia americana, con un giro di affari paragonabile a quello del traffico di droga. In conseguenza di ciò, il Presidente Obama emette un ordine esecutivo di sequestro delle proprietà riconducibili ai clan camorristi (19). Anche in questo settore il salto di qualità si verifica con la disponibilità di capitali provenienti dal traffico di stupefacenti la sua leva principale, che produce effetti di radicale cambiamento sulla rete commerciale dei magliari. Nel corso degli anni novanta, i clan dell’alleanza di Secondigliano (in specie Licciardi, Contini, Di Lauro, Lo Russo) egemonizzano il settore del falso rafforzandone e indirizzandone l’espansione sui mercati esteri. Soggiogano le ditte fino a quel momento indipendenti, allargano la propria sfera di influenza, differenziano gli investimenti in altri settori. L’espansione dei Licciardi nel settore del falso apre nuove strade per la criminalità organizzata napoletana. Nei primi anni del Duemila, ad esempio, terminata la guerra tra i gruppi di Secondigliano e il cartello che riunisce i

(19) Federal Register (2011), Presidential Documents . Blocking Property of Tran - snational Criminal Organizations , Vol. 76, No. 144, Wednesday, July 27, https://www.gpo.gov/ fdsys/pkg/FR-2011-07-27/pdf/2011-19156.pdf.

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clan del centro (Misso-Mazzarella-Sarno), uomini, tecniche, cicli di pro - duzione e commercializzazione transitano dai primi ai secondi. Lo praticano i Giuliano e i Misso, ad esempio, con gli utensili elettrici (trapani, seghe, avvitatori ecc.) prodotti da aziende cinesi di proprietà di imprenditori napoletani. Ma c’è tutta la filiera dell’abbigliamento, che è in buona parte in mano ai gruppi criminali del centro, e in particolare ai Caldarelli della zona di piazza Mercato, i quali cedono parte dei proventi ai clan di rango superiore del loro territorio: i Mazzarella e i Misso. Nei la - boratori del centro della città e dell’ hinterland si producono e commercia - lizzano in modo contraffatto borse Louis Vuitton, scarpe Prada e Hogan, magliette Lacoste, i giubbini Belstaff e Tommy Hilfiger (20). Investono in questo settore anche soggetti appartenenti a gruppi camorristi tra loro contrapposti, che poi si spartiscono le quote del ricavato. I gruppi camorristi impongono ad alcuni produttori e commercianti quantitativi e prezzi da praticare, ma è anche un mercato che funziona secondo il principio individualistico della domanda e dell’offerta, non esclusivamente determinato dalle gerarchie del clan. Le inchieste giudiziarie sulle reti internazionali dei magliari controllate dall’alleanza di Secondigliano permettono di ricostruire un quadro dettagliato delle attività, dei traffici e della complessa architettura organizzativa (tribunale di Napoli 2003; 2004; 2007 (21). La rete è estesa a livello globale con referenti presenti in ben ventidue Paesi esteri dei cinque continenti: Austria, Belgio, Francia, Germania, Croazia, Danimarca, Gran Bretagna, Irlanda, Olanda, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera, Russia, Tunisia, Brasile, Ca - nada, Stati Uniti, Taiwan, Cina, Canada. La più recente evoluzione del fenomeno, in base alle indagini della Guardia di Finanza di Napoli, “fotografa” una situazione che vede, una “rete del falso” sempre più globale. Per quanto riguarda la fase della distribuzione e della com -

(20) Tribunale di Napoli (2005), Ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di Mazzarella Vincenzo più 4 . (21) Tribunale di Napoli (2007), Sentenza a carico di Licciardi Vincenzo più 48 .

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mercializzazione delle merci contraffatte, è possibile individuare due principali canali attraverso i quali avviene l’immissione dei prodotti nel mercato: - il primo, costituito da operatori commerciali che, attratti dal basso costo della merce in questione, si prestano a venderla nel proprio esercizio a latere di quella originale. Sempre più spesso si registrano casi di merce contraffatta venduta in attività commerciali “lecite”, il più delle volte alla stessa insaputa del commerciante. In proposito, si segnala che, in alcuni casi, la titolarità degli esercizi commerciali è riconducibile, direttamente a cittadini di origine extracomunitaria (prevalentemente cinesi) che, come detto, hanno “occupato” intere zone commerciali della città (area limitrofa alla stazione di Napoli centrale). Spesso l’importazione nel territorio italiano avviene dai Paesi asiatici (con particolare riferimento alla Repubblica popolare cinese) di ingenti quantitativi di beni (c.d. “neutri”) – a basso costo – privi di qualsiasi indicazione e/o logo, destinati poi ad essere rifiniti “a posteriori” con l’ap - plicazione delle “ griffes ” contraffatte e/o con l’apposizione del made in ; - il secondo canale è collegato invece all’impiego, per la “vendita al minuto” di cittadini extracomunitari (nordafricani, soprattutto), determinando la diffusione ed il successo di questo commercio parallelo. Proprio questi ultimi, visti con simpatia e indulgenza dall’opinione pub - blica, sono spesso uno strumento nelle mani delle organizzazioni di camorra che hanno trasferito, nel settore della contraffazione, metodi e tecniche già collaudati con successo nel campo del contrabbando di tabacchi lavorati esteri e dello spaccio di stupefacenti. La capillare rete di vendita costituita dai cittadini extracomunitari, per lo più entrati clandestinamente in Italia grazie anche all’aiuto di organizzazioni criminali, rende spesso difficoltosa l’individuazione dei centri di produzione e di distribuzione; essi costituiscono, in pratica, il nerbo di una rete di vendita radicata su quasi tutto il territorio, con suddivisione rigorosa, a volte, per zone e generi di merci. Inoltre, con riferimento alla regolamentazione finanziaria delle partite di merci contraffatte, le indagini hanno evidenziato un modus operandi es - senzialmente in linea con quanto già emerso in altre investigazioni condotte sul resto del territorio nazionale: i pagamenti vengono per lo più effettuati

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mediante rimesse di denaro in Cina a mezzo “money transfer” che, come detto, assicurano di fatto l’anonimato e forme di controllo meno stringenti.

4. (S EGUE ): L’USURA

Un’attività criminale attualmente annoverabile tra le economie illegali della camorra è l’usura. Anche questa pratica illegale a Napoli ha origine antiche (22). Nella provincia napoletana, soprattutto negli ultimi anni, si è registrato un allarmante incremento di prestiti illegali di denaro (favoriti da un livello di povertà particolarmente diffuso ed accentuato) specialmente a danno di attività commerciali e piccoli imprenditori, categorie economiche che più delle altre hanno risentito della crisi generale dell’economia e che, come vedremo, scontano maggiori difficoltà ad accedere al mercato dei capitali. La forte incentivazione a ricorrere al finanziatore illegale è essenzialmente dovuta a due fattori concatenati che, nello specifico contesto territoriale napo - letano, risultano particolarmente marcati: da un lato, come detto, un’economia in grave crisi che, per sostenersi, richiede nuovi investimenti e, dall’altro, un sistema bancario che invece è rimasto ancorato al principio che il credito vada concesso esclusivamente in presenza di adeguate garanzie reali che non tutti gli imprenditori sono tuttavia in grado di offrire, soprattutto nei tempi attuali. Studi recenti (23) hanno inoltre dimostrato l’esistenza di una stretta in - terconnessione tra il contesto sociale campano/napoletano e l’attecchimento

(22) M. SERAO ne Il ventre di Napoli, op.cit., dedica a “L’usura” un capitolo specifico, sottolineando come (già allora) la povera gente di Napoli preferisse rivolgersi ad usurai, piuttosto che a “strutture governative” troppo formali e complicate per le necessità impellenti di denaro dei ceti popolari. (23) Vds. il Secondo Rapporto “Criminalità e Sicurezza a Napoli”, a cura di G. DI GENNARO – R. M ARSELLI , Federico II University Press , 2018, Università degli Studi di Napoli Federico II, Studi e Ricerche Criminologiche, Giuridiche e Sociali, sezione III, Il fenomeno dell’Usura in Campania .

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dell’offerta di credito illegale: l’offerta di usura è in sostanza fortemente collegata ai contesti economici locali e sociali i quali agiscono sia sulla forma organizzativa che sui comportamenti degli usurai. Il mercato illegale si genererebbe per effetto della presenza di un’elevata “clientela deviante”, ossia di soggetti che, per differenti ragioni, sono di fatto esclusi dal circuito del credito legale. In altre parole, maggiore è, in un determinato contesto socio-economico, la presenza di tale clientela più diffuso è il mercato del credito illegale. Altro aspetto caratterizzante l’attività criminale in esame è una pericolosa commistione tra economia illegale e quella legale, laddove quest’ultima contiene in sé cause ed effetti del fenomeno usurario che, oltre a danneggiarne le vittime, genera gravi distorsioni nell’economia legale, alterando le con - dizioni di concorrenza, il corretto funzionamento dei mercati, generando riflessi inevitabili sulla stessa stabilità ed efficienza dell’intero sistema eco - nomico. Più alto è il rischio di insolvenza del cliente, maggiore è infatti, para - dossalmente, la convenienza per l’usuraio in quanto il finanziatore illegale attribuisce un particolare plusvalore alle garanzie prestate dal debitore in caso di insolvenza: il trasferimento dei diritti di proprietà sui beni dati in garanzia, infatti, risulta particolarmente allettante e funzionale al persegui - mento di altri fini illeciti da parte del creditore illegale (basti pensare alle operazioni di riciclaggio connesse con l’acquisizione di quote azionarie di imprese in difficoltà nella restituzione del credito illegale). Le attività usurarie, infatti, vengono svolte dai clan camorristici, anche ai fini del riciclaggio. Come è emerso da dichiarazioni di collaboratori di giustizia investigativamente riscontrate, avviene spesso che il commerciante o imprenditore in difficoltà economiche si rivolga – o venga direttamente contattato – ad uno degli affiliati ai clan camorristici per ricevere un prestito. Il clan a cui il malcapitato si è rivolto fa intervenire un finanziatore occulto che fornisce denaro contante a tassi d’interesse esorbitanti (in alcuni casi è stato accertato fino al sessanta per cento annuo), impossibili da onorare. Dopo pochi mesi, trovandosi il debitore in sempre maggiore difficoltà, si crea una società di fatto tra l’imprenditore e l’usuraio, che diviene quindi

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socio occulto con diritto agli utili di gestione e che, col tempo, in caso di mancata remissione del credito, diverrà addirittura titolare dell’attività eco - nomica. Ecco, quindi, come gli usurai penetrano nell’economia legale e come, parallelamente, la vittima di usura entra a far parte a pieno titolo dell’orga - nizzazione per la quale, talvolta, si presta anche a riciclare denaro di pro - venienza illecita. Inoltre, permane nell’area metropolitana napoletana un’attività di tipo “tradizionale”, svolta perlopiù da soggetti riconducibili a note famiglie di usurai ma non collegate direttamente alla criminalità organizzata alla quale invece si rivolgono per le attività d’intimidazione, quando si rendono ne - cessarie per la riscossione degli interessi usurari. Particolare è anche la dinamica di iniziale attrazione e successiva sot - tomissione adottata dagli usurai. Questi ultimi infatti utilizzano una duplice strategia: da un lato, chiedono iniziali tassi di interesse concorrenziali con quelli delle banche per divenire più appetibili sul mercato e, dall’altro, ben presto, soffocano la vittima con tassi temporalmente improponibili ma che vincolano ulteriormente il debitore al suo “carnefice”. Due differenti strategie con un unico fine: prolungare i tempi di restituzione del debito ed aumentare i profitti di guadagno e sottomissione e, in molti casi, come già evidenziato, acquisire l’attività commerciale o l’impresa economica ad un prezzo stracciato o solo simulato. Passando ora ad analizzare il profilo delle vittime di usura, è stato in - vestigativamente accertato che le imprese commerciali particolarmente in - vestite da questo fenomeno, sono quelle operanti nel settore edile, immobiliare, della ristorazione, dei servizi e tessile. La drastica riduzione dei volumi di affari, conseguente ad un’economia in grave crisi, ha determinato, come abbiamo visto, una difficoltà sempre crescente delle imprese ad accedere ai canali ufficiali del credito. Per riuscire a superare la mancanza di fiducia degli intermediari bancari sulle capacità di solvibilità futura del debitore, è stato registrato, sempre con maggiore frequenza nel corso delle verifiche fiscali, l’utilizzo, a volte indiscriminato, delle fatture per operazioni inesistenti.

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Fatture false emesse ed utilizzate non solo per realizzare illeciti risparmi di imposta ma anche per rappresentare agli enti creditizi, nel corso di pro - cedure di finanziamento, una situazione finanziaria/patrimoniale più florida di quella reale. Tale illecita prassi ha aggravato ancora di più la stretta sul credito legale, producendo una certa diffidenza del settore bancario e di conseguenza un’ul - teriore chiusura dei finanziamenti, anche nei confronti delle aziende con - tabilmente e gestionalmente sane. Conseguentemente, si è avuto un proliferare di forme di esercizio abusivo del credito, che si concretizzano nella monetizzazione di assegni postdatati, negli anticipi su fattura e nello sconto di effetti cambiari e che spesso rap - presentano il preludio a forme di usura. Nell’attuale situazione di difficoltà economico-finanziaria, gli usurai si propongono come unica fonte di erogazione, in alternativa agli istituti di credito, per il soddisfacimento del fabbisogno immediato di liquidità (mo - netizzazione di assegni a breve scadenza), consentendo così all’imprenditore di non interrompere il processo produttivo. Prima di concludere è opportuno soffermarsi anche sull’importanza delle politiche di informazione e formazione. Per porre un argine al dilagare del fenomeno usurario fondamentale è risultata essere la denuncia delle vit - time: essa rappresenta la barriera tra quanti dalle Istituzioni possono essere aiutati e quanti no. Non solo per ragioni etiche e morali in quanto offrire denaro in prestito a chi è sotto usura, il più delle volte, significa offrirlo agli stessi usurai ma soprattutto perché la denuncia è indispensabile sul piano processuale e investigativo in quanto, se la vittima nega il rapporto usurario, nella pratica giudiziaria non c’è alcuna possibilità di condanna; assegni, cambiali e documenti eventualmente sequestrati restano privi di valore pro - batorio processuale ma, quello che è peggio, esplicano immediatamente la loro efficacia dal punto di vista civilistico. Le denunce presentate da soggetti sottoposti ad usura, continuano tuttavia ad essere ancora poche, non subendo alcun aumento a causa, probabilmente, del timore di ripercussioni da parte degli usurai che spesso hanno o vantano legami con la criminalità locale. La stessa criminalità organizzata spesso è

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a conoscenza di tale ritrosia nel denunciare il reato (24) e fa di ciò un punto di forza per portare avanti tale forma di economia illegale.

5. CONCLUSIONI

Come accennato in principio, ci siamo soffermati su quelle che riteniamo essere le principali attività economiche delle organizzazioni camorristiche. Altre economie illecite per i clan di camorra sono anche il traffico e smal - timento illecito di rifiuti e gli investimenti nell’edilizia. Il primo settore ha avuto il suo “apice” nella crisi dei rifiuti verificatasi a Napoli negli anni dal 2007 al 2011, soprattutto da parte di determinati clan camorristici (tra cui quello dei “casalesi”) i quali, è opportuno sottolineare, non sono stati i fautori ma i profittatori della crisi, gestendo l’attività del commercio e dell’illecita eliminazione della montagna dei rifiuti che a quel tempo si era determinata. Il settore dell’edilizia (25) si presta particolarmente ad essere fonte di investimenti e di affari illegali della camorra, soprattutto perché trattasi di un settore a bassa tecnologia dove ci si può improvvisare imprenditori pos -

(24) Le mancate denunce sono spesso dovute ad un’assenza di percezione del disvalore sociale della condotta degli usurai che, almeno inizialmente, vengono guardati con bene - volenza, quasi come se fossero dei “benefattori” che si tramutano in carnefici solo quando il vincolo diviene insopportabile. In merito, è significativo il dato dei recenti approfondimenti dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, dalla quale emerge che la percentuale di conoscenza tra gli imprenditori della Legge n. 108 del 1996 (disposizioni in materia di usura) incide sulla propensione alla denuncia: maggiore è la conoscenza della normativa e più alta è la tendenza a denunciare. Ne consegue, che sarebbe opportuno rafforzare gli strumenti di divulgazione e propaganda delle strategie adottate nell’ambito delle politiche di difesa e sicurezza. (25) Dopo il salto di qualità determinato dal passaggio dal contrabbando alla droga, negli anni ‘70, è lo scenario del post terremoto del 1980 in Irpinia a determinare un nuovo salto di qualità ed un’ulteriore rafforzamento della camorra. La ricostruzione post terremoto in Irpinia rappresentò, infatti, un’enorme speculazione per imprese e clan camorristici che subito fiutarono l’affare che girava intorno alla ricostruzione e ai finanziamenti statali che poi arrivarono.

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sedendo solo capitali liquidi anche senza straordinarie capacità professionali e culturali. L’analisi delle economie illegali della camorra, ci porta, in conclusione, a tracciare alcuni “tratti distintivi” di questa mafia. Innanzitutto la sua spiccata connotazione imprenditoriale che abbiamo visto caratterizzare la camorra sin dalle sue origini. È stato evidenziato come i primi camorristi rappresentavano la c.d. “faccia criminale” della “città bazar” che era la Napoli di metà del XIX secolo dove questi gruppi malavitosi si ponevano come mediatori ed estorsori di tutte quelle micro-attività com - merciali che si snodavano all’interno di una città affollata e caotica. A questa attitudine imprenditoriale si aggiunge un ulteriore ruolo eco - nomico e sociale di questi gruppi criminali che acquistano consenso popolare attraverso l’attitudine ad occuparsi di tutte quelle attività, quali contrabbando, contraffazione ed usura, che consentono di far beneficiare la povera gente, attraverso circuiti illegali, di beni (sigarette, merci di lusso e denaro) che sui circuiti legali sono per loro altrimenti inarrivabili. In altri termini, quando si vendono illegalmente (perché a prezzi più bassi) beni di per se’ leciti è più difficile essere delegittimati e riprovati moralmente dalla parte di po - polazione che li acquista. Tale forma di “consenso popolare” rappresenta un punto di forza di cui la camorra ha da sempre beneficiato. Infine, sempre con riguardo ai profili economici tipizzanti le organiz - zazioni camorristiche, la loro recente evoluzione ha rivelato la tendenza di queste ad intraprendere attività di impresa spesso senza la partecipazione di un singolo clan ma tramite investimenti diversificati anche di appartenenti a “famiglie” differenti, attraverso una logica di circuiti aperti, ovvero di reti commerciali (26). Quindi creazione di reti dove poi può passare di

(26) È di recente individuazione la metodologia di investimento illecito delle cc.dd. “puntate” (derivata, probabilmente, dall’antica passione napoletana per il gioco del lotto) ovvero: diversificare i quantitativi del “denaro sporco” da impiegare alla stregua di plurime “puntate” su differenti attività economiche illegali: contrabbando, contraffazione, droga, ecc., in modo da differenziare e minimizzare i “rischi” di eventuali insuccessi di singoli investimenti (dovuti a sequestri o interventi repressivi da parte delle Forze di Polizia).

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tutto (anche all’occorrenza armi, droga, sigarette, carburante ed altro ancora) (27). Reti che possono essere locali ma anche e, soprattutto, globali (c.d. “ Glocal ”). Tale caratteristica si sposa con una concezione più moderna di gestire gli affari economici e quindi, di fare economia illegale, che si adatta appieno all’attuale economia globalizzata ed internazionale, rispec - chiando, ancora una volta, quell’eccellente capacità della camorra di saper leggere i contesti sociali ed economici per adattarvisi e sfruttarli al massimo secondo i propri fini.

(27) Molto indicativa di questa “poliedricità” di investimenti e di attività economiche della camorra è stato l’importante sequestro operato dalla Guardia di Finanza di Napoli al clan Ama - to-Pagano, il 25 settembre 2016, di due quadri Van Gogh (sottratti al Museo Van Gogh di Am - sterdam nel 2002 da due ladri olandesi e poi finiti nelle mani della camorra), che costituivano una forma di investimento del predetto clan verso i cc.dd. “beni rifugio”.

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