Il Welfare E Il Suo Doppio. Percorsi Etnografici Nelle Camorre Del Casertano

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Il Welfare E Il Suo Doppio. Percorsi Etnografici Nelle Camorre Del Casertano Alessandro Colletti Il welfare e il suo doppio. Percorsi etnografici nelle camorre del casertano Ledizioni © 2016 Ledizioni LediPublishing Via Alamanni, 11 – 20141 Milano – Italy www.ledizioni.it [email protected] Alessandro Colletti, Il welfare e il suo doppio. Percorsi etnografici nelle camorre del casertano Prima edizione: febbraio 2016 ISBN Cartaceo: 978-88-6705-426-8 Copertina e progetto grafico: ufficio grafico Ledizioni I ricavi dai diritti d’autore saranno devoluti al Comitato Don Peppe Diana di Casal di Principe Indice Prefazione di Antonio La Spina 5 Introduzione 11 Metodi e fonti 17 Parte Prima. Un’analisi delle forme di egemonia delle mafie: tra controllo e assistenza 27 1. Il controllo territoriale nella storia delle camorre 29 Il riconoscimento istituzionale del potere camorrista 34 Il controllo territoriale nell’area campana 39 2. Forme organizzative e redistributive: la “cassa comune” 49 Le mafie come organizzazioni professionali 50 Il funzionamento della “cassa comune” 53 I capi cambiano, la struttura resta: dal “clan Bardellino-Iovine” al “clan dei casalesi” 63 3. La protezione sociale delle camorre casertane 73 Il clan La Torre 76 Il clan Belforte 82 I clan Schiavone e Bidognetti: alleati, federati, separati 89 Gerarchia e livelli stipendiali: il clan Schiavone 94 Forme di assistenza nei clan del casertano 101 Parte Seconda. Le politiche socio-assistenziali nella provincia di Caserta: un welfare (s)finito 113 1. Analisi delle forme di welfare pubblico: il sistema italiano 115 I territori del welfare: dallo Stato agli enti locali 118 Il livello territoriale dei servizi sociali 123 2. Zona di contatto: servizi alla persona nella provincia casertana 135 La dimensione territoriale dei servizi nella governance regionale 140 Uno sguardo alle pratiche locali di welfare nell’area casertana 143 Il welfare raccontato da chi lo dirige: le interviste ai coordinatori degli Uffici di Piano 148 3. Innovazioni e sperimentazioni nel welfare casertano: il futuro è passato? 163 Il Budget di Salute: integrazione o disintegrazione? 163 Il ruolo degli ambiti sociali nell’integrazione sociosanitaria 169 Il ruolo del terzo settore nei budget di salute 176 Il Reddito di Cittadinanza della regione Campania 184 Parte Terza. Quando mafie e antimafie partono dal basso 193 1. Dimensioni e definizione del campo: il terzo settore 195 Un’istantanea del terzo settore in provincia di Caserta 197 I consorzi di cooperative sociali 200 2. I consorzi delle camorre. Zone grigie e politiche sociali 215 Gli effetti sui servizi per i cittadini: vince solo chi gioca 219 Le mani del clan sulla gestione dei servizi sociali 227 3. Beni confiscati: risorsa o problema per le politiche pubbliche? 235 Gli interventi nazionali, regionali e provinciali di riutilizzo dei beni immobili confiscati 237 Le pratiche di riuso nella provincia di Caserta 242 Beni confiscati e servizi sociali nel casertano 250 Conclusioni 257 Postfazione di Felia Allum 265 Bibliografia 269 Appendice. Intervista a Raffaele Cantone 295 Prefazione di Antonio La Spina Vista la quantità dei libri e dei prodotti culturali di altro tipo (film, serial televisivi, finanche videogiochi) dedicati alle diverse organiz- zazioni mafiose che escono a getto continuo, ogni qualvolta venga dato alle stampe uno scritto su questo tema occorre chiedersi se esso apporta un contributo originale al patrimonio delle conoscenze già esistenti, specie se, come in questo caso, è il frutto di un lavoro di ricer- ca scientifica, e in particolare la rielaborazione di una tesi di dottorato. Parlando del libro di Alessandro Colletti la risposta è facile e veloce: sì. Si tratta infatti di un lavoro che si distingue non solo per la com- petenza che chi l’ha scritto dimostra sulle diverse tematiche trattate, quanto anche, appunto, per lo sguardo inedito che proietta su un mondo che viene sì sempre più frequentemente esplorato, ma rara- mente nella prospettiva da lui prescelta. Visto che la formazione universitaria dell’autore è avvenuta nel campo delle scienze del servizio sociale, ciò ha orientato la sua at- tenzione - una volta prescelta la tematica generale - verso il modo in cui le organizzazioni mafiose forniscono una rete di sicurezza sociale tanto ai loro affiliati, quanto ad una congerie di altri soggetti più o meno collusi. Si tratta di una prospettiva inconsueta, perché ciò di cui si parla in genere è la mafia che minaccia, che spara, che uccide (anche in Campania adesso meno che in passato, ma purtroppo ancor oggi in misura maggiore rispetto alle altre regioni del Sud). Invece, malavitosi che predispongono benefici sia per gli affiliati sia per tante altre cate- gorie di persone che a vario titolo con essi hanno rapporti di do ut des o anche di astratta disponibilità a cooperare, mostrano un volto di- verso, conciliante, disponibile, “buono”. La carota anziché il bastone. Fermo restando che un boss può favorire qualcuno in molti modi e senza sborsare un soldo (ad esempio segnalandolo con discrezione a chi ha in mano qualcosa che lo riguarda, dal lavoro a una pratica am- ministrativa, a un finanziamento, a un credito), se parliamo di welfare facciamo soprattutto riferimento a prestazioni monetarie o comunque monetizzabili, prima tra le quali è la “mesata” che spetta ai familiari di un detenuto, unitamente alla remunerazione dell’assistenza legale. 6 IL WELFARE E IL SUO DOPPIO. PERCORSI ETNOGRAFICI NELLE CAMORRE Ecco quindi che una prima parte del lavoro è dedicata, oltre che a ripercorrere in sintesi ma non senza profondità l’evoluzione della ca- morra casalese (l’organizzazione di stampo mafioso su cui il lavoro si concentra), anche agli aspetti economico-contabili dei clan, proprio perché se non si sa sia di quante risorse essi dispongano, sia quanti e chi siano i beneficiari della “protezione sociale”, il discorso resta gene- rico e lontano dalla realtà. Molti sono i contributi che hanno cercato di stimare il volume d’affari delle varie mafie (con risultati assai di- scordanti e spesso ben poco convincenti). Pochissimi quelli che sono entrati nei dettagli delle entrate, delle uscite, delle retribuzioni, del dare e dell’avere. Ciò sia perché pur essendovi molti collaboratori di giustizia (tra i quali sono particolarmente numerosi proprio quelli che provengono dalle file della camorra), questi in genere tendono a non parlare molto dei profili economici. Inoltre, mentre sono stati ritro- vati in più occasioni “libri mastri” riguardanti le entrate delle cosche (con particolare riguardo ai proventi dell’estorsione), è raro che si tro- vino informazioni e documenti budgetari che comprendano anche le uscite. L’autore ha quindi ricercato, attraverso l’analisi dei materiali giudiziari e le interviste, tutto ciò che concerneva la “cassa comune” dei clan, cassa che assolve anche a una funzione welfarista. Un’organizzazione mafiosa ricca e in crescita, che sia attiva su molti fronti di business, fronteggia le spese di cui parliamo con relativa facili- tà. Se invece essa subisce gli effetti dell’azione di contrasto, ciò comporta per un verso un incremento delle spese (molti arrestati richiedono mol- te mesate), unitamente a una riduzione delle entrate (nei campi colpiti dalle indagini) e del patrimonio, tramite i sequestri e le confische. Non- dimeno, anche un sodalizio mafioso che perde colpi può avere un forte interesse a fornire un sistema di sicurezza sociale ad affiliati e contigui. Così facendo, infatti, esso mantiene o recupera consenso (che è sempre necessario per le cosche, le quali operano sul territorio e tale consenso in certe occasioni hanno bisogno di mobilitarlo) e cerca di tenere legati a sé soggetti che diversamente sarebbero tentati di passare dall’altra par- te. Soprattutto in tempi di recessione economica generalizzata, poi, ove manchi un appropriato sistema di risposta a certe emergenze da parte del soggetto pubblico, se chi è parte della camorra o coopera con essa può fare affidamento su detti benefici “sociali”, nei confronti dei clan si avrà una fidelizzazione assai difficile da scalfire. Va peraltro ricordato che “nessun pasto è gratis”. Vero è che ai boss converrebbe consolidare ed espandere il loro sistema di welfare, ma è anche vero che questo presuppone un robusto, costante e anzi cre- scente flusso di introiti. Se le uscite dovessero schizzare in alto e/o le entrate si contraessero, per quanto desiderabile il welfare camorristi- co andrebbe incontro a una “crisi fiscale” analoga a quella che hanno incontrato i welfare States europei a partire dagli anni settanta dello scorso secolo. PREFAZIONE 7 In effetti, sia in altre associazioni mafiose (come cosa nostra), sia nella camorra, le intercettazioni o i pentimenti hanno talora mostrato boss in crisi di liquidità, ossessionati dalle mesate da versare, in conflitto con mogli di detenuti in attesa delle provvidenze, intenti a escogitare spending reviews, o addirittura inclini alla scelta di collaborare con la giustizia proprio perché schiacciati (a loro dire) dai conti da pagare. Il welfare mafioso, in definitiva, è in un equilibrio forse sempre più precario tra funzione di consenso e necessaria sostenibilità. Il volume riguarda anche altro, vale a dire il modo in cui funziona in concreto il welfare ufficiale offerto delle istituzioni pubbliche sul territorio campano, retto dalla legge nazionale 328 del 2000. Nel 1997 era stata prospettata, da una commissione di studio appo- sitamente costituita, l’introduzione del minimo vitale nazionale, vale a dire di una misura economica volta a fronteggiare le situazioni di povertà, in base a un diritto
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