SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI LINGUISTICI (Decreto Ministero dell’Università 31/07/2003)

Via P. S. Mancini, 2 – 00196 - Roma

TESI DI DIPLOMA DI MEDIATORE LINGUISTICO

(Curriculum Interprete e Traduttore)

Equipollente ai Diplomi di Laurea rilasciati dalle Università al termine dei Corsi afferenti alla classe delle

LAUREE UNIVERSITARIE IN SCIENZE DELLA MEDIAZIONE LINGUISTICA

GOMORRA “Il male è la complessità dell’essere umano, la realtà è lo spunto narrativo più forte, la verità è più sorprendente della finzione”

RELATORI: CORRELATORI: prof.ssa Adriana Bisirri Prof. Alfredo Rocca Prof.ssa Luciana Banegas Prof.ssa Claudia Piemonte

CANDIDATA: Lea Semprini

ANNO ACCADEMICO 2015/2016

DEDICA

Nello scrivere queste pagine ho provato diverse emozioni. Ho provato euforia, passione, felicità, ma anche frustrazione, stanchezza, paura. Non è stato un lavoro facile, ma alla fine penso si concluda tutto con una sola grande emozione: soddisfazione. Sono soddisfatta di aver portato a termine questo difficile e bellissimo percorso; sono soddisfatta di quello che sono riuscita a fare in questi tre anni; sono soddisfatta delle conoscenze che ho acquisito e che continuerò a custodire e approfondire. Spesso mi sono sentita demoralizzata, spaesata e sola di fronte ad alcune difficoltà che questo ambito di studi porta inevitabilmente con se, ma non mi sono arresa e questo lo devo anche e soprattutto alle persone che mi sono state accanto sempre e comunque. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza la grande famiglia che ho alle spalle; una famiglia grande tanto di numero quanto di cuore. Voglio e devo ringraziare anche il mio ragazzo che mi ha sopportato durante le mie crisi isteriche e i mei sconforti, spesso dovuti al fatto che non credo mai fino in fondo in me stessa, e alla mia migliore amica con cui fin da piccola ho condiviso gioie, stupidaggini, dolori e con cui ho vissuto anche questa esperienza. Ringrazio tutti loro per avermi sostenuta, spronata, per aver asciugato tante lacrime e rafforzato tanti sorrisi. Voglio dirvi che per me siete tutto ed è a voi che dedico tutto.

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INDICE

INTRODUZIONE……………………………………………………………………………………..……5 CAPITOLO I - GOMORRA. UN VIAGGIO ATTRAVERSO IL LIBRO, IL FILM E LA SERIE ...... 7

1.1 IL LIBRO ...... 15

1.2 IL FILM ...... 25

1.3 LA SERIE ...... 33

CAPITOLO II - GOMORRA, UN TERREMOTO CULTURALE, SOCIALE E CIVILE ...... 45

2.1 SAVIANO: GIORNALISTA, AUTORE, PERSONAGGIO ...... 51

2.2 GOMORRA, IL CORAGGIO DELLA DENUNCIA ...... 57

CAPITOLO III - GOMORRA NEL MONDO ...... 64

3.1 TRADUZIONE ...... 71

3.2 IL DIALETTO ...... 81

CAPITOLO IV - GOMORRA, LA REALTÀ OLTRE LA FINZIONE ...... 87

4.1 LA GUERRA DI SECONDIGLIANO ...... 95

4.2 DONNE ...... 106

4.3 DON PEPPINO DIANA...... 112

CONCLUSIONE ...... 127

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INDEX

CHAPTER I – GOMORRA. A JOURNEY THROUGH THE BOOK, FILM AND SERIES...... 131

CHAPTER II - , A SOCIAL, CULTURAL AND CIVIL UPHEAVAL…...... 138

CHAPTER III - GOMORRAH, A WORLDWIDE PHENOMENON……………………………...... …145

CHAPTER IV - GOMORRAH, THE REALITY BEYOND THE FICTION………………..…..…...…153

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ÍNDICE

CAPÍTULO I - GOMORRA. UN VIAJE A TRAVÉS DEL LIBRO, LA PELÍCULA Y LA SERIE ..... 163

CAPÍTULO II - GOMORRA, UN TERREMOTO CULTURAL, SOCIAL Y CIVIL...... 171

CAPÍTULO III - GOMORRA EN EL MUNDO ...... 175

CAPÍTULO IV - GOMORRA, LA REALIDAD SUPERA A LA FICCIÓN ...... 179

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INTRODUZIONE

Ho passato un intero anno a pensare al tema su cui improntare la mia tesi, avevo diverse idee, fin troppe, ma nulla mi convinceva fino in fondo e avevo davvero paura di non riuscire ad uscire da quel limbo di dubbi e perplessità. Invece un giorno, o meglio una sera, guardando una delle serie che più mi ha coinvolto e appassionato negli ultimi anni, quasi fosse scattato un interruttore, ho capito cosa volevo fare. Guardando fisso il televisore ho pensato che era quello ciò di cui volevo scrivere e ciò di cui volevo parlare; non so esattamente come, ma ne ero certa. Sto parlando di Gomorra. Si tratta di una serie unica e coinvolgente che ha trasportato con la mente moltissimi italiani direttamente nei quartieri di Napoli mostrando un lato non troppo nascosto del nostro Paese. Da quel momento ho cominciato a fare attenzione a cose che prima mi passavano davanti agli occhi inosservate: quanta gente segue Gomorra, quanto alcune scene e alcune battute siano addirittura entrate nella nostra quotidianità e quanto tutti fossero così rapiti da quelle immagini e da quelle storie che hanno ben poco a che fare con la finzione. Un altro aspetto davvero incredibile è come Gomorra abbia investito con prepotenza ogni mezzo di comunicazione, ogni radio, ogni giornale, ogni tv, ogni social e ogni dibattito sull’argomento “”. Basta digitare queste 7 lettere su Google per vedersi spalancato davanti un mondo intero. Notizie, curiosità, novità, approfondimenti, commenti, analisi, di tutto. È proprio partendo da questo punto di vista della “trasmedialità” che ha inizio la mia tesi. Naturalmente questo è stato solo il principio di un lungo viaggio all’interno dell’intrigato mondo di Gomorra; un viaggio che ha avuto la sua naturale prosecuzione con la lettura del testo originale. Quando fu pubblicato “Gomorra, viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della camorra” avevo 10 anni. Data l’età sicuramente non l’avrei mai capito fino in fondo, ma quasi per destino, 10 anni dopo, mi sono ritrovata questo

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libro tra le mani e pagina dopo pagina il mio interesse è cresciuto sempre più così come sono cresciuti in me sentimenti quali: stupore, fastidio, rabbia, schifo. Mi sono resa conto di quanto forti fossero quelle parole e quanto grande fosse il loro potere. Un aspetto assai commentato dalla critica e molto caro a Saviano è proprio il potere della parola, la sua forza di denuncia e di testimonianza, aspetto su cui ho incentrato il secondo capitolo della mia tesi, in cui parlo del coraggio di quest’autore che ha sacrificato la sua libertà riuscendo a mettere in moto un intero Paese. Una volta finita la lettura di Gomorra già sapevo quale fosse il passo seguente. Il libro era il principio, la serie era la sua ultima evoluzione ma mi mancava ancora un passaggio: il film. Nel 2008 infatti Gomorra diventa un film che riempie le sale, ottenendo un successo unico, da record, non solo in Italia ma nel mondo. È su questa diffusione e su questo clamore impressionante che ho impostato il terzo capitolo, in cui parlo anche delle evidenti problematiche di traduzione e adattamento che un’opera così culturalmente radicata porta con se. La catena sembrava ormai ricongiunta, non mancava nessun tassello, o almeno così pensavo. La verità è che Gomorra è molto più di un libro, un film, una serie. Gomorra è la realtà. Per questo, nel quarto capitolo, tratto di ciò che più c’è di intrigante e interessante di Gomorra: scoprire la verità che si cela dietro un’allusione, un aneddoto, una citazione, un rimando, una finzione e riuscire a strappare via quel velo, neppure tanto spesso, che copre la realtà. Questo percorso mi ha portato dunque a concludere la mia tesi con un incipit, l’incipit da cui tutto è iniziato: la verità.

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GOMORRA

“Il male è la complessità dell’essere umano, la realtà è lo spunto narrativo più forte, la verità è più sorprendente della finzione” Stefano Sollima

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GOMORRA 7

CAPITOLO I

GOMORRA: UN VIAGGIO ATTRAVERSO IL LIBRO, IL FILM E LA SERIE

“Il libro è un racconto che parte dalla mia osservazione, dal mio sguardo. Reportage, inchiesta, romanzo, diario. Nel film abbiamo tolto il mio punto di vista e fatto parlare le cose della quotidianità criminale. Descrive un clima. La serie racconta le dinamiche. Si è riusciti ad andare più a fondo. L’etica è affrontare il male”1

L’Italia è in guerra. Lo è da più di duecento anni. Si tratta di una guerra sanguinosa, nascosta nei quartieri, nei paesi, nelle città, che ogni anno conta centinaia e centinaia di vittime. Ma per fare giustizia non puoi fare affidamento sugli occhi, perché dopo una guerra di camorra non ci sono rovine di palazzi, le uccisioni sono rapide e improvvise e una volta ripulito il sangue sull’asfalto tutto è di nuovo

Napoli: la DDA chiede l'ergastolo per il boss Francesco Mazzarella e tre affiliati, 8 aprile 2016.

1 , “Parla Saviano: «Gomorra? È la realtà negata dai politici»”, “Corriere Della Sera”, 24 maggio 2016. 8

calmo, come se fossi stato solo tu a vedere o a subire. Come se chiunque fosse pronto a dire “non è vero”.

È una guerra vicina a tutti, perché la mafia è il nostro vicino, il datore di lavoro, il sindaco del nostro paese, il proprietario della nostra casa. La mafia è ovunque. Eppure ci sembra qualcosa di lontano, lontanissimo, qualcosa che non ci riguarda direttamente. In questo scenario grigio, dieci anni fa, si è inserita un’opera clamorosa e inaspettata che ha fatto parlare di sé, nel bene e nel male, sotto tanti e diversi punti di vista, sconvolgendo il mondo editoriale italiano e non solo: Gomorra.

Gomorra è un romanzo, un’inchiesta, un documentario, un racconto, un’analisi, un saggio sociologico, un ritratto dolente di una società malata; ma Gomorra è, soprattutto, la realtà, la dura e spietata osservazione di quello che, da anni, accade in una vasta area del territorio italiano e che, prima di Saviano, non suscitava né sgomento né indignazione. Tutto è iniziato con un atto, quello della parola, che va avanti dal 2006, e che ha acquistato sempre più forza, plasmandosi nei diversi passaggi di linguaggio, da libro, a film, a serie. Attraverso questa invasione in diversi campi mediali e più contesti di fruizione Saviano sembra voler rispondere al “Sistema”2 malavitoso con un altro sistema, quello artistico, che diramandosi in molteplici direzioni combatte il silenzio e l'indifferenza.

2 Termine con cui ci si riferisce alle organizzazioni criminali. Roberto Saviano ne parla nel suo libro nel capitolo “Il Sistema”: «Sistema, un termine qui a tutti noto, ma che altrove resta ancora da decifrare, uno sconosciuto riferimento per chi non conosce le dinamiche del potere dell’economia criminale. Camorra è una parola inesistente, da sbirro». 9

L’obbiettivo di Saviano è da sempre quello di rendere visibile e decifrare un fenomeno complesso, quello della camorra, purtroppo radicato nella nostra cultura, ricordando come questo sia un problema che riguarda tutti molto più da vicino di quanto si pensi. Per questo l’autore spesso racconta la realtà attraverso gli occhi e le storie di persone che con la camorra ci vivono o ci convivono, permettendo così ai destinatari di riconoscersi in esse e confrontarvisi in quanto membri di una società. La forza di un best-seller sta proprio nel tessere “una rete di connessione tra i fatti, le persone e le cose del mondo”3 e nel “ricostruire la porzione di mondo che si vuole raccontare attraverso una narrazione efficace, ricca e profonda”4, cioè radicata nell'esperienza quotidiana del lettore ed è proprio questo è quello che è stato in grado di fare Saviano. Negli anni, l’autore si è servito di ogni mezzo possibile, passando per il giornalismo, la letteratura, il teatro, il cinema e, infine, la serialità televisiva e attraverso questo lungo e continuo processo di re-mediation dei contenuti prelevati dalla realtà intorno a lui, ha realizzato negli anni una sorta di struttura narrativa a petali, ognuno dei quali mostra una sfumatura diversa del nucleo tematico centrale e ne costituisce un possibile punto d'accesso. Oggigiorno infatti viviamo in un mondo in cui i confini tra i diversi media sono sempre più labili e in cui i testi possono circolare e trasformarsi liberamente, accentuando così anche un meccanismo d'interpretazione sempre più attivo e creativo. Dagli scrittori che appaiono orgogliosi sulla terza pagina dei giornali si è passati a giornalisti che sempre più spesso si cimentano con la scrittura letteraria. Roberto Saviano e il suo libro sono un evidente esempio di questa trasmedialità. Nel 2007 Gomorra raggiunse il teatro, e le platee italiane si riempirono per la trasposizione teatrale del libro, realizzata da Mario Gelardi e Roberto Saviano stesso. L’anno successivo, nel 2008, il successo investì presto anche l’omonimo film diretto

3 Concetto di matrice calviniana. 4 Concetto di matrice calviniana.

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da Matteo Garrone. Queste due trasposizioni hanno scelto di seguire strade opposte. Mentre lo spettacolo teatrale sembra raccontare la genesi di Gomorra mettendo in primo piano l'esperienza più intima dell'autore e il rapporto personale con i suoi informatori e amici, il film sceglie un taglio più oggettivo, quasi documentaristico, in cui il punto di vista è capovolto: Il punto di vista del male. Il film Gomorra segna un nuovo passo nella storia degli adattamenti dalla pagina allo schermo, mettendo in scena l’umanità narrata nel libro nelle forme di un inferno grottesco. Mentre nel libro lo scrittore sembra ammortizzare l'impatto tra i lettori e la realtà narrata, una simile funzione protettiva del narratore è destinata inevitabilmente a scomparire nella trasposizione cinematografica, dove lo spettatore è solo davanti alle immagini che si susseguono davanti ai suoi occhi e l'unico scudo diventa, come vedremo in seguito, la consapevolezza dello statuto “fittizio” dell'opera. Una differenza ovvia è che mentre il pregio del libro consiste Roberto Saviano con Matteo Garrone nell’analisi, quello del film consiste (ansa) nella sintesi, questione che si ripropone ogni qualvolta contenuti passano dalla pagina alla pellicola. Gli argomenti suddivisi ed approfonditi uno per uno da Saviano in capitoli sono stati trasformati da Garrone in un continuum selezionando le tematiche portanti: la guerra di Secondigliano tra i fedeli del clan Di Lauro e gli scissionisti; il traffico di cocaina; lo smaltimento illegale di rifiuti tossici; l’impiego nell’alta moda di manodopera sottopagata, spesso cinese; il ruolo dei gangster movie come modelli di vita. Saviano ci pare fondamentalmente un autore umanista e progressista che attraverso Gomorra scandaglia e narra da vicino un ambiente criminale e

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patologico per concedergli una qualche possibilità di mutamento, riuscendo a evocare anche un tenue senso di speranza in un possibile cambiamento. D’altra parte, Garrone è un regista legato a una tradizione estetica e cinematografica grottesca, tipica della nostra cultura consumistica, vorace e autodistruttiva. Per questo, pur lavorando con gli stessi strumenti critici e pur mettendo a fuoco il medesimo “habitat camorristico”, il regista romano tende a soffocare in una nuvola nera di ferocia ogni traccia sensibile di speranza che tanto animava il pathos delle pagine del libro. Nel lungometraggio a niente e nessuno sarà concesso di salvarsi, tutto viene defigurato e insabbiato nell’orrore e in una generalizzata pulsione di morte. Tutto è visto attraverso un’ironia asettica che il film impiega frequentemente per commentare i deliranti sogni di benessere e le contraddizioni culturali e morali che stanno alla base della vita camorristica e che, viceversa, nell’io narrante dello scrittore, suscitavano risposte emotive quali: disperazione, risentimento politico- civile e pietà. Una cosa però resta rigorosamente invariata: «di Gomorra il libro, si è conservato lo sguardo sui fatti: uno sguardo oggettivo e non giudicante, né moralistico né mitizzante. Non volevamo raccontare la camorra al mondo, ma il mondo attraverso la camorra»5. Saviano, negli anni, è dunque riuscito a combinare creativamente pezzi di osservazione ed esperienza quotidiana, di attualità e di storia traendone un universo narrativo coerente. Tale processo combinatorio ha raggiunto il suo massimo grado nella realizzazione della serie tv. Quest'ultimo passaggio si rivela interessante nella misura in cui la narrativa televisiva ha subito, negli ultimi vent'anni, una forte accelerazione qualitativa: al di là del successo commerciale, sia il pubblico che i critici che gli studiosi del settore hanno ormai riconosciuto il valore artistico di questi prodotti che, pur condividendo con il cinema il medesimo linguaggio, presentano strutture narrative e modalità di fruizione più simili a quelle del romanzo. Inoltre c’è da dire che le serie tv, essendo fruibili privatamente, nello spazio domestico, a differenza del cinema, consentono la diffusione di massa di opere di

5 Roberto Saviano, “Gomorra: il libro. Cosa c’era prima della serie e del film”, “Fuori corso”, 2 luglio 2015. 12

buona qualità. Per Saviano, la serialità televisiva è stata la naturale prosecuzione del suo progetto narrativo per la caratteristiche della televisione in quanto medium congeniale al suo obiettivo comunicativo: «Con la fiction posso raccontare i meccanismi, mettendo dentro tutto ciò che di solito non interessa. Come si organizza una piazza di spaccio. Come si prepara un’esecuzione. Come si truccano le elezioni con la scheda ballerina. È la forza delle serie tv. Ti spiegano cose. “House of Cards” ti fa vedere come la politica nelle democrazie non possa prescindere dal cinismo, dalla corruzione, dalla manipolazione dei media. “Mr. Robot” ti racconta gli hacker. Ti fa capire che oggi se hai un volto e un nome potranno infangarti, usare i tuoi difetti contro di te. Puoi ribellarti solo se sei anonimo e invisibile» 6 . Nel libro ci si immedesima con Saviano testimone, il protagonista che poi è diventato suo malgrado il Saviano uomo, con lui viviamo, assistiamo, osserviamo tutto del Sistema; nella serie questo non accade. La narrazione in blocchi e la transizione nelle diverse reggenze è una tecnica narrativa studiata per non creare empatia con nessun personaggio. A questo proposito è significativa la figura di Ciro Di Marzio7, personaggio in cui inizialmente sembra possibile ritrovare una qualche positività e per cui lo spettatore è portato a simpatizzare, ma è solo un trucco. La situazione cambia radicalmente dal momento in cui la vera natura di Ciro esce fuori, ovvero quando incastra e cerca di far fuori Danielino8, un ragazzino di

6 Roberto Saviano, “Saviano: "Ora su Gomorra chiudono gli occhi”, “L’Espresso”, 12 maggio 2016. 7 Interpretato da Marco D’Amore. 8 Interpretato da Vincenzo Esposito, 16 anni, arrestato poco dopo la fine delle riprese per una rissa finita a coltellate. 13

15 anni, per poi uccidere senza pietà la sua fidanzatina Manu9, arrivando al culmine della sua follia omicida con l’omicidio a mani nude della sua stessa moglie10. Il regista, Stefano Sollima, a tal proposito afferma: «Questa scelta era già stata pensata all’inizio, prima che i giornali ci attaccassero preventivamente con frasi come “Attenzione a esaltare la bellezza del male”, a me, francamente, veniva da sorridere perché sapevo quello che avevamo girato e che sarebbe stato trasmesso. Io pensavo: Non è così. Mettetevi seduti, tranquilli, guardatevi la serie e vedrete che niente è come avete pensato. La mia ambizione era quella di creare una serie che avesse un contenuto così forte da non essere più entertainment. Anche perché Gomorra non è una serie da vedere distrattamente: deve essere digerita episodio dopo episodio, con i personaggi che non restano statici ma, come nella vita, si evolvono, crescono, mutano»11. I diversi protagonisti sono mostrati in tutte le loro contraddizioni e il male è qualcosa di assolutamente normale, perché così è nella realtà. Possiamo dunque concludere affermando che la trasposizione cinematografica e televisiva dell’originale opera letteraria, non ha portato solo a un mero adattamento, bensì a due creature distinte e autonome, di cui parlerò più specificatamente di seguito.

9 Interpretata da Densie Perna. “Gomorra”, Sky Atlantic, prima stagione, episodio 9. Di questo episodio in particolare ne parlerò più approfonditamente in seguito. 10 “Gomorra”, Sky Atlantic, seconda stagione, episodio 1. 11 Stefano Sollima, “Intervista a Stefano Sollima”, “Nocturno.it”, 26 Agosto 2015. 14

IL LIBRO

“Mi si chiede come possano le parole mettere paura alle organizzazioni criminali. Ma ciò che spaventa non sono le parole: a fare paura sono i lettori”12

Nell’aprile del 2006, attraverso Gomorra, Roberto Saviano racconta la camorra come nessuno aveva mai fatto prima. Un racconto in prima persona in cui, unendo il rigore del ricercatore, il coraggio del giornalista e soprattutto l’amore doloroso per la sua città, l’autore ha svelato una realtà difficile da accettare. L’autore raccontata direttamente dal luogo degli agguati, dai negozi e dalle fabbriche dei clan, con testimonianze e confessioni basate su atti processuali e su indagini di polizia. L’autore ci chiede di seguirlo in un viaggio all’interno del mondo affaristico e criminale della camorra, attraverso i luoghi dove questa è nata e vive: la , Napoli, Casal di Principe, San Cipriano d'Aversa, Casapesenna, Mondragone, Giugliano. Questi sono i luoghi dove l'autore è cresciuto e dei quali porta alla luce un'inedita realtà, caratterizzata da un diffuso senso di sfiducia e diffidenza nei confronti delle autorità, dalla mancanza di una politica atta a risolvere i gravi problemi del il Mezzogiorno, da un forte senso di insicurezza personale e di rischio costante, dalla mancanza di certezze sul lavoro e soprattutto dalla carenza di una vera educazione sociale.

12 Roberto Saviano, “Dieci anni di Gomorra”, in “Gomorra”, Milano, Mondadori 2016. 15

D’altra parte la stessa realtà ci viene presentata dall’autore attraverso l’immagine di ville sfarzose e di boss malavitosi creati a copia di quelli di Hollywood. A tal proposito, nel capitolo appositamente intitolato “Hollywood”, Saviano mostra proprio come la produzione cinematografica americana di genere gangster abbia in parte influenzato il modo di parlare e di atteggiarsi dei camorristi. Da questo punto di vista il libro è intriso di rimandi e citazioni del genere: «si racconta a Casal di Principipe che il boss, Francesco Schiavone aveva chiesto al suo architetto di costruirgli una villa identica a quella del gangster cubano di Miami, Tony Montana, in “Scarface”. Il film l'aveva visto e rivisto. L'aveva colpito sin nel profondo, al punto da identificarsi nel personaggio interpretato da Al Pacino» 13 , oppure: «Guardando la sua tenuta, a tutti doveva venire in mente The Crow di Brandon Lee».14 Per rendere poi l’idea del modo di pensare e di ragionare dei camorristi, Saviano si serve di un’ulteriore citazione cinematografica: «il mondo è tuo»15, motto del boss Tony Montana in Scarface, film che riprende inoltre come titolo il soprannome del famoso boss Al Capone, detto “scarface” [“sfregiato”] per una cicatrice che aveva sul volto. Proprio come Tony Montana, i camorristi pensano che il modo gli appartenga, convinti di avere piena libertà di manipolare la politica, l'economia e la società in modo funzionale al loro guadagno e di plasmare la realtà a loro immagine. Leggendo l’opera di Saviano, si capisce inoltre come per l’autore trattare la realtà attraverso la narrazione non significa solo “informare” il lettore, bensì “toccarlo nell’intimo, forzare la sua emotività fino a fargli considerare il fatto narrato come qualcosa che lo riguarda”16.

13 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Hollywood”, pag. 267. 14 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Hollywood”, pag. 273. 15 “Scarface”, regia di Brian De Palma, USA 1983. 16 R. Palumbo Mosca, “Narrazioni spurie: Letteratura della realtà nell’Italia contemporanea”, The Johns Hopkins University Press, 2011. 16

Congeniale a questo fine è anche lo stile di scrittura scelto, che oscilla tra il tono didascalico usato per enunciare numeri e dati, a quello a tinte forti tipico del genere noir, finalizzato a creare un forte impatto emotivo sul lettore. Quello di Saviano non è solo un romanzo, ma non è neanche solo un’inchiesta giornalistica; se fosse stato un semplice romanzo, tutto quello che ci viene presentato non avrebbe avuto il peso del vero, e se si fosse limitato alla classica inchiesta giornalistica non avrebbe avuto la fluidità e il successo che poi ha ottenuto. Come è noto, molti dei fatti narrati nel libro sono fatti di cronaca ed è l’autore stesso che puntualmente lo sottolinea tramite espressioni quali: “secondo la DDA di Napoli”, “come mostra l'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale di Napoli”, “dalle intercettazioni fatte dai carabinieri”. Accennare a queste fonti significa costruire rimandi espliciti a universo extra testuale, presumibilmente noto o comunque potenzialmente verificabile dal lettore, il quale, dati tali riferimenti, si vede costretto ad accettare il fatto che il testo non sia funzionale, nonostante operi comunque delle sovrapposizioni tra la realtà storica e la sua narrativizzazione attraverso artifici romanzeschi. Un esempio di questo stretto connubio lo ritroviamo nella stesura del capitolo “La guerra di Secondigliano”, in cui, dal vasto insieme di fatti di cronaca riguardanti la faida che ha investito le periferie di Napoli tra gli anni Novanta e Duemila, Saviano ha selezionato sia quelli che ha ritenuto più rilevanti per spiegare le dinamiche della guerra tra i clan e i loro effetti sul territorio, sia quelli con un forte appeal narrativo, funzionali a catturare non solo cognitivamente, ma anche emotivamente il lettore. Un episodio grottesco e impressionante è quello dei Visitors, riportato dall’autore nel capitolo “Il Sistema”. Si tratta di eroinomani disperati, attirati da tutta Italia dai trafficanti dei clan che vogliono provare un nuovo modo di tagliare la droga, senza rischiare di perdere i clienti. Saviano afferma di essersi ritrovato

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spettatore incosciente di un episodio tale in cui un giovane insieme alla propria ragazza ha rischiato seriamente la vita dopo un’iniezione di quelle. Il ragazzo sembrò morto per diversi minuti tanto che quando alla fine si riprese, a seguito di un a dir poco singolare salvataggio da parte della ragazza17, Saviano lo definisce il “Lazzaro di Milano”18. Un discorso diverso va fatto per tutti quegli episodi di cui Saviano non è stato testimone diretto e per i quali non ci sono fonti giuridiche. In questi casi sembra avvenire un cambio di situazione narrativa, in cui lo scrittore inizia a comportarsi come un narratore onnisciente in grado di conoscere a volte anche l'interiorità dei personaggi senza preoccuparsi di spiegare come. Anche in questi casi però, la creatività in Gomorra non riguarda l'invenzione di personaggi e mondi fantastici, bensì la costruzione di mondi possibili: immaginare una foresta laddove c'è solo un albero, dar forma a una possibilità, immaginare concatenazioni laddove apparentemente non se ne vedono, usare la creatività per indagare la realtà. Tra gli esempi di questo tipo ricordiamo, ad esempio, l'incontro tra Mariano, personaggio d'invenzione o, comunque, non direttamente riconducibile a una persona realmente esistita, e Michail Kalashnikov, un personaggio che invece è ingabbiato dalle corrispondenze con il suo referente reale la cui esistenza è dimostrabile e

17 Nel raccontare l’episodio Saviano specifica che il ragazzo sembra essersi ripreso dopo che la giovane fidanzata gli urinò sul viso. 18 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Il Sistema”, pag. 82. 18

documentata. In questo episodio Saviano applica la tecnica dell'inserto e usa diversi espedienti narrativi che creano forti effetti di realtà nonostante la vicenda in sé sia quasi sicuramente finzionale o, in ogni caso, impossibile da verificare per il lettore. Il significato veicolato dal racconto però, non viene distorto dalla cornice finzionale in cui è inserito, anzi ne viene rafforzato: Saviano vuole raccontare come i camorristi percepiscono le armi e, ricorrendo al personaggio di Mariano, riesce a proiettare il lettore in un mondo che, se narrato in termini didascalici, gli sarebbe apparso estraneo e, forse, poco credibile. L'invenzione del personaggio Mariano da sola sarebbe stata sufficiente a generare un coinvolgimento emotivo, ma non a rendere credibile il contenuto. A tal fine Saviano utilizza un espediente narrativo che consiste nell'usare affermazioni che Kalashnikov ha realmente pronunciato e che sono state registrate dai media. Personalmente penso sia interessante anche notare come i personaggi “fittizi” siano anche gli unici di cui l'autore non riporta i cognomi, come invece fa per Pregiudicato ucciso con colpo tutti coloro che hanno un referente in testa nel napoletano, reale ben identificabile. l'omertà della famiglia. Una volta selezionati gli episodi e i fatti da riportare, questi sono stati linearizzati, disposti in successione temporale e raccontati a partire da un determinato punto di vista, quello dell'autore. La storia parte dalla guerra di Secondigliano, dall'ascesa del clan Di Lauro al conflitto interno che ha generato 80 morti in poco più di un mese. Le tematiche sono: la criminalità, la mafia, il potere e la morte. Una narrazione- reportage che svela i misteri di un'organizzazione poco conosciuta, creduta sconfitta

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che nel silenzio è diventata potentissima superando Cosa Nostra per numero di affiliati e giro d'affari. Saviano ci parla di una terra infetta, quella della Campania, dove finiscono quasi tutti i rifiuti sfuggiti ai controlli legali, pari ad una massa grande il doppio del Monte Everest19, di una terra dove i morti di tumore sono cresciuti del 21% rispetto al resto dell'Italia20. Ci parla di montagne gravide di rifiuti tossici, campagne pregne di sostanze mortali che individui senza alcuna morale hanno sparso vendendo fertilizzanti misti a rifiuti tossici. Il vescovo di Nola definì il sud Italia “la discarica abusiva dell'Italia ricca e industrializzata” 21 , ritraendo in poche parole una situazione divenuta ormai insostenibile sia per quella terra che per i cittadini che vi abitano. Tutto questo non sarebbe certo possibile senza il benestare di funzionari pubblici compiacenti e delle aziende stesse che, facendo finta o non volendo sapere dove vadano a finire i propri rifiuti, affidano alla camorra quella che ormai è diventata merce di un traffico di centinaia di miliardi di euro ogni anno. In una intercettazione, rivelata durante l’inchiesta “Re mida”, un trafficante afferma: «noi appena tocchiamo la monnezza la facciamo diventare oro»22.

La lunga battaglia contro la Mafia della spazzatura, 4 febbraio 2014.

19 Ogni anno, secondo una stima di Legambiente, sono quattordici milioni le tonnellate di rifiuti smaltiti illegalmente. 20 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Terra dei fuochi”, pag. 326. 21 Fernando Zilio e Roberto Tommasi, Mafie e criminalità in Veneto, febbraio 2015. 22 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Terra dei fuochi”, pag. 320. 20

Purtroppo non parliamo del passato, è notizia recente lo scandalo riguardo lo smaltimento delle macerie di Amatrice a seguito del terremoto del 24 Agosto scorso. Il primo grande appalto del dopo terremoto è andato infatti a una ditta, la Htr Bonifiche, sotto processo per traffico di rifiuti e truffa. Un'azienda che per almeno due anni ha affidato le proprie operazioni a un imprenditore sotto inchiesta per legami con la camorra. Una decisione che ha suscitato scandalo e indignazione e che riguarda lo spostamento di migliaia e migliaia di tonnellate di detriti da Accumoli, Amatrice, Arquata e dagli altri comuni devastati dal terremoto che ha provocato quasi trecento vittime. Saviano, calandosi completamente nel libro, racconta che lui stesso ha partecipato allo scarico di merci clandestine presso il porto di Napoli, “il buco nel mappamondo”23, che ha assistito a molti omicidi e ha investigato in molte questioni mafiose poiché attirato, ma allo stesso tempo “schifato” di ciò che vedeva accadere nella sua città: “…chissà a cosa avevo partecipato, senza decisione, senza una vera scelta… invece ero finite per curiosità a scaricare merce clandestine…”24.

Porto di Napoli.

23 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Il porto”, pag. 8. 24 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Il porto” pag. 19. 21

La camorra, o forse è meglio dire “il Sistema” visto che la parola “camorra è una parola inesistente, da sbirro 25 ”, che nessuno usa più, è un'organizzazione affaristica con ramificazioni impressionanti su tutto il pianeta e una zona grigia sempre più estesa in cui diventa arduo distinguere quanta ricchezza è prodotta direttamente dal sangue e quanta da semplici operazioni finanziarie. Il Sistema si delinea nelle forme di una piramide dove al vertice c'è un boss che decide della sorte di molte persone, addirittura dell'economia, che si relaziona direttamente solo con pochi fedelissimi al di sotto dei quali si trovano i vari capozona e infine tutti gli altri sottoposti che vanno a costituire la manodopera del clan. In Gomorra sono citati numerosi boss mafiosi, sia uomini che donne, di ognuno dei quali è stato riportato non solo il nome e il cognome ma anche il soprannome che lo identifica perfino più del nome stesso. “Il soprannome per il boss è come le stimmate per un santo. La dimostrazione dell’appartenenza al Sistema26. Questi “contronomi”, possono nascere da un episodio banale, come nel caso di “Ciruzzo ’o Milionario”27, chiamato così perché durante una partita a poker gli caddero dalle tasche diverse banconote di grande taglio; oppure possono rimandare a una passione particolare del boss in questione, come nel caso di “o wrangler”28, fissato con gli omonimi fuoristrada; o a tratti fisici, come per “a mazza”29, per il suo corpo lungo e secco, o come per “capabianca”30, per i precoci capelli bianchi; o possono riguardare particolari capacità come per “o sbirro”31, capace di coinvolgere poliziotti e carabinieri nelle sue attività; e così mille altri. Gomorra è ambientato dagli anni ’80 ad oggi, a Napoli e provincia, ma sono citati anche altri luoghi sia del territorio italiano che di quello estero, fra cui: la Spagna, la Germania, l’Inghilterra e la Scozia. In particolare il libro inizia parlando dello sbarco clandestino di abiti e scarpe, il cui materiale, proveniente dalla Cina,

25 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Il Sistema”, pag. 44. 26 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Il Sistema”, pag. 64. 27 Il boss . 28 Camorrista, Nicola Luongo. 29 Camorrista, Giovanni Birra. 30 Camorrista, Costantino Iacomino. 31 Camorrista, Carmine Di Girolamo. 22

viene lavorato a prezzi bassissimi delle fabbriche in nero di Napoli e provincia. I vestiti, la droga, la spazzatura, sono i materiali più usati dai clan mafiosi per guadagnare denaro sporco e lo stesso vale per le armi che vengono vendute ai paesi in guerra: «...la notte precedente erano arrivati una trentina di kalashnikov dall'est. Dalla Macedonia. Un viaggio veloce, tranquillo che aveva riempito i garage della camorra di mitra e fucili a pompa»32. Per quanto riguarda la droga, questa viene acquistata a prezzi bassissimi e spacciata in piazze dove la polizia, pur consapevole di ciò che accade, è impotente. Un tema ricorrente infatti, soprattutto nelle trasposizioni televisive, è proprio la totale assenza delle autorità, di cui parlerò meglio più avanti. Le diverse attività illegali sopracitate vengono gestite dai clan mafiosi che si contendono i vari territori con guerre, faide, uccidendosi fra loro, vendicandosi degli affronti subiti e trasformando persino i bambini in piccoli spacciatori e addirittura in killer. Coloro che provano a ribellassi al Sistema, o sono anche solo sospettati di farlo, vengono eliminati: “...ma i due personaggi sono pieni di timore, non sanno quanti affiliati sono passati con gli Spagnoli e quanti sono rimasti dalla loro parte...uccidere tutti. Tutti quanti. Anche col dubbio. Anche se non sai da che parte stanno, anche se non sai se hanno una parte. Spara! È melma...”33. Si spara sulla folla, si spara nei negozi. Chiunque può ritrovarsi vittima innocente.

Napoli ricorda 106 vittime della criminalità, 1 luglio 2015.

32 Gomorra, Roberto Saviano, Mondadori 2006, “Kalashnikov”, pag. 176. 33 Gomorra, Roberto Saviano, Mondadori 2006, “La guerra di Secondigliano”, pag. 91. 23

Durante una guerra di Camorra accade persino che durante una guerra fra clan i feriti non vengano soccorsi fino a che non si sia assicurato il decesso, poiché anche gli addetti agli ospedali sono intimoriti da ciò che può accadergli nel caso salvassero persone che secondo le logiche camorristiche devono morire. Sia i medici che gli infermieri sanno di dover star fermi di fronte a un ferito e attendere che i killer tornassero per finire il lavoro: «aspettiamo. Vengono, finiscono il servizio e ce lo portiamo»34. Questo è quello che il padre di Saviano si sentì dire dai suoi colleghi in merito a un ragazzino di appena 18 anni, ferito al torace. Sono scene quasi surreali per molti di noi, quasi incredibili, che ti segnano davvero nel profondo e che non sembrano appartenere alla realtà. Gomorra è un romanzo di denuncia di ciò che accade realmente nel nostro paese, ma è anche un messaggio di speranza da parte di un uomo che crede in un futuro in cui la parola “camorra” apparterrà solo ai libri e in cui tutti, anche i campani, abbiano la possibilità di vivere come persone normali, senza essere soggetto di pregiudizi dovuti a ciò che accade nella loro terra.

Scampia, quartiere di Napoli, “Le Vele”.

34 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Kalashnikov”, pag. 188. 24

IL FILM

“È un film che parte da un libro coraggioso, che ha riscritto l’immaginario della camorra; io ho cercato di dare immagini di quelle che erano già suggestioni potenti che il libro evocava. Sono entrato dentro i luoghi che Roberto Saviano aveva raccontato, cercando di raccontarli dall’interno, come lui aveva fatto con il libro”35

Il film “Gomorra” arrivò nelle sale cinematografiche italiane il 16 Maggio del 2008, prodotto dalla Fandango con la sceneggiatura dello stesso Saviano ma realizzato attraverso la lente del regista Matteo Garrone. Si tratta di un film crudo, angosciante, ripreso dal vero e musicato dal suono delle grida e degli spari di ; prende lo spettatore dalla stomaco alla gola, raccontando una terra campana che urla più di chi ci cammina sopra. A tal proposito il regista ha operato una scelta particolare ma efficace; la maggior parte dei protagonisti e dei figuranti non aveva mai recitato prima. Questa decisione risponde al desiderio del regista di dipingere il mondo mafioso in modo realistico, aspro e puro, nel senso che l’inesperienza degli attori, così come l’uso del dialetto locale a discapito dell’italiano, hanno contribuito a dare un ritratto verosimile della regione. Garrone ha fatto sì che l’attenzione fosse interamente spostata sui conflitti, sui paesaggi deserti e sulle relazioni precarie tra i personaggi invece che sulle competenze dei singoli soggetti come attori. Il vero protagonista del film è la criminalità in sé. Forse però il regista ha ottenuto fin troppa realtà dato che, alcuni anni dopo l’uscita del film, diversi articoli apparsi sui giornali hanno riportato l’arresto e l’incriminazione di otto degli attori che sono passati dal set alla prigione per la loro complicità con la Camorra. Dell’infinita mole di fatti, personaggi e storie concentrate nelle 331 pagine del libro sono state scelte cinque storie, lasciate evolvere dal regista con un rifiuto del colpo di scena e delle traiettorie tipiche del gangster-movie. I personaggi sembrano vivere più che altro un film horror: non hanno scampo, vanno incontro al loro

35 Matteo Garrone, “Intervista: Mattero Garrone”, “Cinema del Silenzio”. 25

implacabile destino. Lo spettatore resta attaccato alla sedia sin dalla prima inquadratura, durante lo svolgersi delle vicende, accumulando tensione, con la consapevolezza della tragedia imminente. Gli assassini non sono belli come in “Kill

Bill”36, sono brutti, grassi, in ciabatte; la vita non vale nulla e la morte puzza.

L’incipit è già di per sé memorabile: Le luci violacee delle lampade abbronzanti si fanno attrezzi alieni e subito è sangue e morte, inquadrature fisse di cadaveri freschi. Tutto si consuma sulla base di note neomelodiche sovrastate dalla scritta a caratteri cubitali dipinti di rosa carico: Gomorra. Forse è questa l’unica concessione spettacolare di un film che invece rifiuta ogni tipo di scorciatoia incorporando un’essenzialità che non è obbligatoriamente sinonimo di semplicità. Una delle principali differenze tra la pellicola e l’omonimo cartaceo è che Matteo Garrone non ha voluto fare un film di denuncia, non ci sono nomi né cognomi di camorristi noti o meno, non una lotta buoni contro cattivi a sottolineare dove va piazzata di preciso la giustizia. In Gomorra le istituzioni nemmeno ci sono; raramente nel film assistiamo a scontri armati tra le forze dell’ordine e i malavitosi. Ciò che vuole invece mostrare il regista è con quanta facilità si può restare

36 “Kill Bill”, regia di Quentin Tarantino, USA 2003. 26

intrappolati nella rete del Sistema. Magari per motivi economici, sociali, ambientali o addirittura perché costretti. Inoltre nel libro Saviano dimostra una maggiore attenzione per il funzionamento del Sistema, offrendo al lettore numerosi dettagli al riguardo, mentre Garrone ha voluto fotografare e mostrare come le attività della Camorra si manifestano nella vita quotidiana. In questo senso, il libro e il film si completano a vicenda, perché il libro vuole informare, protestare e denunciare laddove il film è invece un lavoro antropologico di notevole grandezza umana e un’analisi della criminalità come modo di essere e di vivere. Garrone ha voluto fare un film dove lo sguardo è incollato al personaggio di turno, un pedinamento che riesce a non dare scampo. L’immagine si riempie talvolta di sfondi sfocati: anche la distesa dell’enorme sartoria cinese è oscurata dalla nuca di Pasquale, dai suoi sguardi spaesati, che lasciano cogliere all’occhio dello spettatore lo stato d’animo del protagonista. Lo scavo della pellicola non affonda quindi gli artigli nella malavita, quanto piuttosto nelle persone che ne sono vittime e carnefici. Uomini, donne, bambini, sono tutti immersi nell’ingranaggio criminale, semplici pedine del Sistema che vivono la loro condizione con rassegnata partecipazione. Nessuno dei protagonisti è un uomo di prim’ordine del Sistema. I boss quasi non si vedono e sembrano una presenza sempre costante ma del tutto invisibile. Uno dei personaggi principali è Franco, uno stakeholder realmente conosciuto da Saviano, interpretato

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da Toni Servillo. Forse è il più spregevole tra i personaggi principali e sembra serenamente invischiato in un meccanismo non azionato da lui stesso. In questa cornice, i richiami al mondo dello spettacolo e dell’alta moda aumentano il senso di disagio nello spettatore. Gli uomini della camorra vivono nella prospettiva di omologazione a quei modelli estetici, a quei palcoscenici, ma il sogno rimane all’interno dell’incubo e nessuno riesce ad uscirne. In questa pellicola non ci sono estetismi gratuiti: i campi lunghi sono tanto apprezzabili nella loro mirabile compostezza tanto quanto nascondono una paesaggistica che mette paura tanto è degradata. Si può notare poi come spesso la pellicola procede per sottrazione di immagini, con sequenze che tagliano improvvisamente i momenti che potrebbero affogare in patetismi e facili lacrime: si veda come viene sbrigato il pur struggente episodio dei due giovani amici, Totò e Simone, che devono salutarsi perché legati a faide nemiche. Il film è un racconto di immagini livide, che rendono perfettamente la deriva morale e la perdita di coscienza civile. È un racconto potente, per la sua capacità di descrizione e di analisi, senza la pretesa di fornire soluzioni o formule salvifiche. Non si respira una sola ventata di speranza. Tutto è terribilmente nero, perché siamo in un altro luogo, all'inferno, che non si trova al centro della terra, ma alla fine dell’Autostrada del Sole, affianco alla coltivazione delle pesche che mangiamo tutti, trasformate in bombe da scorie tossiche che seminano tumori con la compiacenza dei rispettabili industriali del nord. Nello stesso momento in cui il film è nelle sale, i giornali descrivono quello che accade per le strade della Campania e tra cinema e vita reale non c’è più alcuna differenza ma una triste e perfetta sovrapposizione. Si esce dal cinema senza illusioni, sopraffatti dalla visione di un degrado da cui non si riesce nemmeno ad immaginare come sia possibile risalire. Garrone non ci mostra i buoni e i cattivi, la realtà ci scorre davanti nella sua crudeltà come se stessimo guardando un documentario sui pescecani. Il bene comune non esiste più, l’interesse che vince è quello economico, a tutti i costi; la salute collettiva è a rischio, l’ambiente è

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degradato, la civiltà è compromessa. L’Italia che scorre sullo schermo è quella dell’economia che “tira”, che regge il confronto con la concorrenza cinese, quella che riempie le discariche abusive del sud, che spara al sarto perché insegna i segreti dell’alta moda ai cinesi. Personaggio chiave del film, che incarna lo stato sociale della camorra, è quello di Don Ciro, “il sottomarino”, ovvero colui che si occupa di portare la mensilità alle famiglie degli affiliati. Da personaggio secondario nel libro, diventa nel film prova incarnata di quanto scrive Saviano: “Sembrava impossibile avere un momento di pace, non vivere sempre all’interno di una guerra dove ogni gesto può divenire un cedimento, dove ogni necessità si trasformava in debolezza, dove tutto devi conquistarlo strappando la carne all’osso” 37 . Attraverso il suo personaggio, lo spettatore entra nella quotidianità delle case e dei rioni. Inizialmente sembra riuscire a restare fuori dalla violenza del mondo in cui scivola, ma i suoi passi finali tra cadaveri e sangue smentiscono questa parvenza.

Nel film proprio come nel libro ricorre anche il tema del potere del cinema come maestro di vita. Marco e Ciro per esempio ricalcano Giuseppe e Romeo, due ragazzi che decisero di esercitare la microcriminalità in proprio, tra Casal di Principe e San Cipriano d’Aversa. I due giovani riprendevano vesti e atteggiamenti

37 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Terra dei fuochi”, pag 329-330. 29

direttamente da personaggi cinematografici come Tony Montana o Donnie Brasco e sapevano a memoria interi stralci di Pulp Fiction, Taxi Driver e di altri famosi gangster movie. Garrone riprende questo aspetto mostrando Ciro e Marco mentre si esercitano a sparare nei resti della villa di Walter Schiavone, copia non a caso di quella di Scarface, film che Schiavone aveva visto e rivisto, tanto da identificarsi nel protagonista. Alla fine della scena, uno dei due recita alcune battute di Tony Montana, sedendosi in una vasca monumentale descritta anche nel libro da Saviano38. Il film si conclude con la loro morte in un agguato. Il clan dei Casalesi infatti, dopo ripetuti richiami, li condanna a morte. Questi i commenti dei killer nel film: “Tanta fatica per due mocciosi!”, “Bisognava farlo”. I due giovani corpi vengono portati via da una ruspa, verso quella spiaggia su cui provavano le armi rubate. Una conclusione che pone l’accento sulla fatalità e sul “ritorno eterno delle leggi di questa terra”39.

38 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Hollywood”, pag. 270. 39 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Donne”, pag. 170. 30

Sempre parlando dei “modelli” cinematografici della mafia non si può non citare il film che più di tutti ha marchiato l’immaginario: “Il camorrista” 40 di . Un’altra figura significativa nel film è quella di Roberto, personaggio che allude all’autore fin nel nome. La presenza dell’io di Saviano infatti, costante nel libro, naturalmente non poteva essere resa nel film, perciò la sceneggiatura ha fatto ricorso a Roberto, giovane e brillante apprendista di Franco, il quale lo coinvolger nell’organizzazione dello smaltimento illegale di rifiuti tossici. Il ragazzo gli è stato affidato dal padre di lui, preoccupato dell’inserimento del figlio nel duro mondo che lo circonda. La professione di stakeholder fu effettivamente proposta anche a Roberto Saviano come ci racconta lui stesso: “Sei laureato, le competenze ce le hai, perché non ti metti a fare lo stake?”41. Il genitore della pellicola ricorda, assai lontanamente, il vero padre di Saviano, una figura che, nel libro, unisce l’amore paterno al disincanto e la bontà all’amarezza: «È così che si fa il bene, solo quando puoi fare il male. Se invece sei un fallito, un buffone, uno che non fa nulla. Allora puoi fare solo il bene, ma quello è volontariato, uno scarto di bene. Il bene vero è quando scegli di farlo perché puoi fare il male»42. Né il padre cartaceo, né quello cinematografico vedranno realizzati i progetti sul figlio. Nel film, Roberto tace. Ma osserva. La sua risoluzione esce alla luce

40 “Il camorrista”, regia di Giuseppe Tornatore, 1986. 41 Gomorra, Roberto Saviano, Mondadori 2006, “Terra dei fuochi”, pag. 316. 42 Gomorra, Roberto Saviano, Mondadori 2006, “Kalashnikov” pag. 187. 31

quando Franco gli ordina di gettare le pesche regalategli dalla vicina, perché più conscio di lei di quanto siano intossicate. Intuendo il disprezzo di Roberto gli fa un discorsetto realmente udito da Saviano: “Ti fa schifo questo mestiere? Robbe’, ma lo sai che gli stakeholder hanno fatto andare in Europa questo paese di merda? Lo sai o no? Ma lo sai quanti operai hanno avuto il culo salvato dal fatto che io non facevo spendere un cazzo alle loro aziende?” 43 . Roberto però è irremovibile. L’ultima scena che lo riguarda lo mostra allontanarsi, solo, con le spalle voltate a Franco e a tutto ciò che rappresenta. Una sorta di allusione forse alla nascita di Gomorra come atto di ribellione, di diversità.

43 Gomorra, Roberto Saviano, Mondadori 2006, “Terra dei fuochi”,pag. 320-321. 32

LA SERIE

“Nella fiction non c’è il bene, non ci sono vie di fuga per lo spettatore. Ma non c’è neanche il fascino. I personaggi di Gomorra si sporcano sempre”44

Ispirata in parte all’omonimo libro e costruita sugli eventi della prima faida di Scampia, la serie tv Gomorra illustra in maniera efficace le dinamiche che si muovono attorno ad un clan camorristico di Scampia. Per far questo, gli sceneggiatori si sono serviti della famiglia Savastano, un clan inventato che però, ad un occhio attento, appare ricalcato ad hoc sulle caratteristiche di quello dei Di Lauro45. Mentre seguiamo le vicissitudini di questo clan, dei suoi affiliati e fedelissimi, e dei suoi rivali e nemici, scopriamo com’è che si muovono e fin dove riescono ad arrivare i tentacoli di un’organizzazione criminale così potente.

«È rassicurante raccontare un boss come il male assoluto perché la gente normale possa dire: io non sono così»46, affermano gli sceneggiatori Stefano Bises e Leonardo Fasoli.

44 Roberto Saviano, “Ora su Gomorra chiudono gli occhi”, “L’Espresso”, 5 maggio 2016. 45 Il clan Di Lauro è un sodalizio camorristico di Napoli, operante nel quartierie di Secondigliano. 46 Stefano Sollima, “Gomorra la serie, con Ciro e Genny il viaggio dello spettatore nell’inferno della camorra”, “L’Espresso”, 9 maggio 2016. 33

In Gomorra, qualsiasi valore, l’amore, l’amicizia, la lealtà, sono destinati a soccombere di fronte al potere. Non sono mostrati esempi positivi: tutti i ragazzi cadono nel vortice, persino la giovane in sedia a rotelle che in cerca di lavoro chiede di essere assunta alla moglie del boss Donna Imma la quale le trova presto un posto nella lunga catena umana di spaccio. Chi lo fa per disperazione, chi per vendetta, chi perché non conosce altra realtà, chi, come Danielino, per desiderio di affermazione sociale. L'unica innocente, Manu, una ragazza estranea ai fatti, è destinata ad una morte atroce, vittima di un meccanismo più grande di lei. Gli sceneggiatori sono partiti sempre dal materiale primario rappresentato dagli eventi realmente accaduti, riportati da Saviano nel libro, aggiungendone anche altri più recenti, dato che la serie è nata circa sette anni dopo rispetto al libro, unendo anche del materiale frutto d'invenzione narrativa. La trama orizzontale si sviluppa nell'arco di dodici episodi da 50 minuti circa, all'interno dei quali hanno origine sotto trame più o meno estese. Il tempo scorre in avanti puntata dopo puntata portando lo spettatore a pensare che la storia abbia una fine, ma la prima stagione ha in realtà un finale aperto, con un cliffhanger che già faceva presagire un altro ciclo di episodi. Nonostante ciò, la storia ha una temporalità chiusa, non infinitamente espandibile, funzionale a raccontare un frammento di quel mondo senza pretese di contemporaneità con il tempo di vita dello spettatore. Il mondo rappresentato ha aspetti in comune a quello tipico del genere del gangster e quello del noir, utilizzando un tono drammatico e, a tratti, melodrammatico. Gli episodi non hanno una vera e propria trama verticale, ma si concludono quasi sempre all'apice di un climax narrativo che funge da richiamo per l'episodio successivo. La linea narrativa principale ha per protagonista il giovane affiliato Ciro Di Marzio soprannominato “l’Immortale”, il quale tenta una scalata al potere a discapito del clan Savastano di cui fa parte. Ciro incarna l'archetipo del ribelle, ma non certo nella sua accezione positiva. La sua evoluzione come personaggio è uno dei temi principali della storia. Speculare a questa e allo stesso livello di rilevanza,

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si pone la vicenda di Genny Savastano, figlio del boss, che fa la sua apparizione seduto scompostamente su una sedia davanti alla scrivania del padre, mentre assiste forzatamente a una riunione di cui non sembra ascoltare una sola parola. Il giovane Savastano viene presentato come un ragazzino strafottente, con una grande ammirazione per le imprese di Ciro e un atteggiamento da bullo, unico modo che conosce per far sentire il peso del suo cognome. Genny gioca a fare il camorrista, forte di ciò che gli ricorda il padre, cioè che a lui, prima o poi, il potere spetterà. La distanza tra il suo mondo e quello degli affiliati, di coloro che fanno i criminali per mestiere e vengono raggiunti da proiettili veri, è ben rappresentata a livello discorsivo dalla sequenza della sparatoria nella fabbrica, alla quale attraverso il montaggio alternato, si affianca la visione di Genny in discoteca che si arrabbia per un dispetto tra coetanei, alla morte di tre degli uomini del padre, colpiti durante l'agguato47. Oltre a queste due linee principali, se ne sviluppano altre che interagiscono con le prime due. Il collante della serie è rappresentato dai personaggi e dalle loro evoluzioni. Uno dei primi personaggi ad essere introdotti è Attilio la cui morte nel primissimo episodio funge da innesco per la linea narrativa principale, portando alla rottura dell'equilibrio iniziale. Sempre nel primo episodio fa la sua breve apparizione Salvatore Conte, personaggio che la serie definirà solo più avanti e di cui al momento si limita a suggerire alcuni tratti, sufficienti affinché lo spettatore possa fare le prime previsioni interpretative.

47 “Gomorra”, regia di Stefano Sollima, Sky Atlantic, prima stagione, episodio 1. 35

Conte è il più pacchiano e decadente dei personaggi, sembra modellato sull'immaginario cinematografico americano dei film di mafia, una scelta apparentemente in contrasto con lo stile realistico del racconto, ma in linea con le tendenze imitatorie dei boss descritti da Saviano nel libro. Conte inoltre porta ancora più in primo piano il tema del Sacro, quasi all’eccesso in realtà, mostrando una “fede” ossessiva, potremmo dire “malata”, a cui si affida pienamente per il suo operato criminale e che come si vedrà nella seconda stagione sarà teatro della sua stessa morte che avrà luogo proprio in una chiesa. Presto viene presentato poi il personaggio di Don Pietro Savastano, un boss di vecchia generazione, un uomo potente, la cui iracondia si rivela essere anche la sua principale debolezza. Savastano, abita con la moglie Donna Imma e il figlio Genny, in una pomposa villa costruita di fronte alle Vele, dove vivono i suoi affiliati Ciro e Attilio. L'inquadratura crea un contrasto netto, evidenziando l’opposizione dominio/non dominio che sarà poi il motore dell'evoluzione di Ciro. A questo punto è chiaro in che senso quest'ultimo incarni la componente negativa dell'archetipo del ribelle: egli non vuole abolire questo dualismo asimmetrico, vuole semplicemente conquistare il suo spazio nell’altro polo, quello di fronte alle Vele, dove si trovano le ville suntuose. Le soffiate alla polizia sono il primo passo per intaccare il domino dei Savastano. Una volta uscito di scena Don Pietro in seguito al suo arresto e durante l'assenza di Genny, spedito dalla madre in Honduras per concludere un affare di droga, Ciro si scontra con Donna Imma che, alla guida del clan, non si fida di lui e gli rende la vita difficile. Prima gli ordina di organizzare una nuova piazza di spaccio, un lavoro umiliante per un affiliato del suo livello, poi lo spedisce in Spagna a "fare la pace" con Conte. Tornato da Barcellona dove ha rischiato la vita per un accordo con l'altro boss, Ciro inizia la sua scalata al potere agendo sottobanco, ma il ritorno di Genny, completamente trasfigurato dall'esperienza sudamericana, complica la situazione. Genny è stato ostaggio di spietati narcotrafficanti che lo hanno torturato psicologicamente costringendolo a uccidere e fare a pezzi un uomo

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innocente; questo lo porta a un profondo cambiamento che, prima ancora di manifestarsi palesemente nelle decisioni e negli atteggiamenti, è visibile fin dalla prima inquadratura al suo rientro a casa: non è soltanto più magro, più muscoloso, non ha soltanto i capelli rasati e un abbigliamento più spartano, ha soprattutto un'espressione completamente diversa, uno sguardo in cui non c'è più nessuna traccia del ragazzino viziato dell'inizio.

La visione del nuovo volto di Genny viene anticipata dall'inquadratura dello sguardo della madre che, spostando gli occhi dal cadavere del cane a cui il figlio ha appena sparato, alla ferita da morso sul braccio di lui e infine al suo volto, assume un'espressione di dispiacere, stupore e timore che prepara lo spettatore alla visione della drastica evoluzione del personaggio di Genny. Tra Ciro e Genny a questo punto si crea ora una forte rivalità: Ciro vuole conquistare il suo spazio di potere e Genny vuole affermarsi come degno successore del padre. Nonostante il cambiamento, però, Genny è ancora giovanissimo e la sua condotta è in netto contrasto con quella del padre. I vecchi affiliati non la tollerano, i giovani invece lo seguono fedelissimi. Questa spaccatura innesca una faida interna e crea una confusione tale da impedire a Genny di vedere il vero pericolo per i suoi affari: le manovre di Ciro. 37

Quest’ultimo fa un passo falso con l'omicidio di Manu, la fidanzata del ragazzino che Ciro assolda come killer per uccidere uno dei bracci destri di Conte e accendere quindi una guerra che avrebbe portato allo sterminio del clan. Quando Donna Imma lo mette davanti alle prove schiaccianti della sua colpevolezza, lui non esita a uccidere lei e la sua guardaspalle, ignorando che la donna aveva fatto in modo che, in caso di morte, Genny venisse a conoscenza del suo segreto. Ciro cerca di mettere in salvo la sua famiglia in una villa fuori Napoli, ma non rinuncia a portare la figlia al saggio di fine anno del coro della parrocchia. Non è una debolezza, bensì un agguato a Genny: che riesce perfettamente. La stagione termina con il corpo di Genny a terra, apparentemente morto, e l'abbandono di Ciro da parte della moglie che si rende conto di come il marito abbia usato lei e la figlia come esca. La seconda stagione sarà dominata dalla rabbia e dalla voglia di vendetta di Genny e di Don Pietro nei confronti di Ciro Di Marzio.

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Riuscito a scappare durante un trasferimento dal carcere, Don Pietro, è deciso a riconquistare ciò che sente suo di diritto, il potere. Seguito da pochi fedelissimi rimastigli accanto, rifugiandosi al sicuro da sguardi indiscreti, inizia il suo piano. Questa volta però assistiamo al più classico e al tempo stesso peggiore dei tradimenti, quello di un figlio nei confronti del padre. Seppur condividendo lo stesso desiderio di vendetta il figlio Genny sentendosi messo da parte e ignorato dal padre fa una scelta del tutto incomprensibile per i telespettatori ma del tutto in linea con quelle che sono le sue nuove mire di potere; chiede al padre di poterlo incontrare di fronte alla tomba della madre, Don Pietro accetta mosso da una ritrovato desiderio di riavvicinarsi al figlio, ma a quell’appuntamento Genny non si presenterà, Don Pietro si ritroverà invece faccia a faccia con Ciro, che gli punta contro la pistola e spara. Era stato proprio Genny, il figlio, a tradirlo e ad armare la mano del suo uccisore. La peculiarità di questa serie, rispetto al classico genere gangster, sta proprio nel rappresentare i criminali nella loro vita quotidiana, mettendo in scena un mondo in cui il crimine non è un elemento in opposizione a qualcos'altro, bensì normalità. Nonostante la serie si presenti come un testo di finzione, al suo interno, si dispongono, come detto, enunciati non fittizi che, sotto la superficie labile della parabola narrativa, riescono a rappresentare tratti salienti della società contemporanea e della psiche umana trascinandoti in un abisso dove nessuna immaginazione è in grado di arrivare. Se il libro si configura come un resoconto narrativo del reale che vuole raccontare il male per denunciarlo, la serie vuole inscenare il male per permettere allo spettatore di comprenderlo e riconoscerlo. I due testi infatti condividono l'intento pragmatico di scuotere le coscienze, ma lo fanno attraverso due modalità opposte: il dovere di cronaca da un lato e il piacere dell'intrattenimento dall'altro. Nella serie, oltre ai personaggi individuali, si possono individuare alcuni gruppi di personaggi collettivi: gli imprenditori corrotti, gli affiliati, i ragazzini amici di Genny, i pusher e i vari operai della droga, gli abitanti del quartiere e il sistema dei

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personaggi e delle azioni si delinea in relazione alla posizione di ognuno nei confronti dei poli della supremazia o della sottomissione, dell'autonomia o della dipendenza nei confronti del sistema di potere. La supremazia, intesa in senso lato come dominio economico, sociale e simbolico, è la soglia di valore rilevante di quel mondo ed è rispetto ad esso che i personaggi percepiscono ciò che accade loro come positivo o negativo. Il sistema profondo di significati da cui scaturiscono le trama principale e quelle secondarie, dunque, non si basa sempre su un opposizione Bene/Male, ciò che cambia è come i personaggi percepiscono questi due poli e come percepiscono la loro posizione relativamente ad essi. Ciro ad esempio passa dal polo della sottomissione a quello dell'autonomia: da affiliato, incluso nel sistema, diventa ribelle e aspira ad essere egli stesso un boss. Genny, dal canto suo, passa dalla dipendenza dal padre e dalla madre, alla supremazia una volta costretto a prendere il suo posto al vertice del clan. Imma, come ho accennato, pienamente integrata fin da subito nel Sistema dominante, si muove sempre nella parte alta dello schema, passando da una posizione sottomessa, ma privilegiata, a una posizione di dominio. Continuando in questo modo, è possibile descrivere ogni personaggio con le sue evoluzioni partendo dalla struttura profonda della storia. Un discorso a parte va fatto invece per la figura di Donna Imma, inizialmente dipinta come moglie fedele e rispettosa del marito, lontana dagli affari, ma che invece, nel corso della serie, conquisterà rapidamente un ruolo dominante al vertice del clan, tanto da reggere da sola un'intera linea narrativa. Il suo personaggio incarna molte delle caratteristiche delle donne boss descritte da Saviano nel suo libro: donne complesse, intelligenti e feroci anche più degli uomini. Di questo lato femminile della camorra ne parlerò meglio in seguito. In Gomorra, gli sceneggiatori hanno fatto sì che gli spettatori, fin da subito, si rendessero conto del mondo che la serie andava a rappresentare. La prima puntata di una serie, come ogni incipit, ha spesso la funzione di indirizzare la lettura dell'opera

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in una certa direzione, non a caso infatti si chiama episodio pilota. Ciò avviene attraverso una serie di indizi che richiedono allo spettatore di attivare una specifica cooperazione interpretativa, basata su competenze di genere, di sceneggiatura e intertestuali. Nel caso di Gomorra l'apertura con la messa in scena di un regolamento di conti tra boss rivali fa sì che lo spettatore inquadri subito il testo nella cornice di genere del gangster movie e sempre nelle prime sequenze dell'episodio viene introdotta una delle tematiche dominanti: l'opposizione giovane/vecchio. Su questo significato profondo si sviluppano, come vedremo, le principali linee narrative della serie. Tale opposizione nel corso del primo episodio è rappresentata più volte a livello di manifestazione discorsiva: nel confronto iniziale tra Ciro e Attilio che non riesce a capire come funziona Facebook, che non ama la musica "troppo moderna" del suo compagno e che è sempre fedelissimo al suo boss, non importa quanto irragionevoli siano gli ordini impartiti, al contrario di Ciro che mostra già i primi segni di ribellione; Attrito che si manifesterà anche tra Don Pietro, il cui stesso epiteto evoca la tradizione camorristica di vecchio stampo, e il figlio. A sottolineare questo filo tematico ci sono anche le parole di Don Pietro, solo apparentemente accidentali, su un nuovo divano acquistato dalla moglie, nel quale, secondo i loro informatori, la polizia ha messo delle microspie: Don Pietro rimpiange il divano vecchio perché «quello nuovo non è buono»48.

48 “Gomorra” regia di Stefano Sollima, Sky Atlantic, prima stagione, episodio 2. 41

Il primo episodio non attiva solo una sceneggiatura di genere, ma innesca una rete di rimandi alla realtà geografica e socio-culturale in cui la si svolge la storia. Per far ciò gli sceneggiatori hanno usato vari espedienti: il napoletano come lingua preponderante per dare una forte connotazione geografica e culturale al racconto; le inquadrature delle Vele di Scampia, quartiere che i media hanno eletto simbolo del degrado urbano delle città campane; i "mostri di cemento armato" frutto degli abusi edilizi compiuti nella periferia di Napoli. Nei titoli di apertura della serie si legge che la serie deriva da un idea di Roberto Saviano ed è ispirata al suo romanzo; anche se non si tratta di un adattamento, la serie intrattiene una relazione esplicita intertestuale e ipertestuale con il libro. Lo spettatore è portato presto a chiedersi dove siano i buoni, dove sia la polizia che prima o poi arresterà i cattivi, perché è a questo che ci hanno abituato i gangster movie in cui i boss, di norma, vengono rappresentati dal loro momento di gloria fino alla loro cattura o alla loro sconfitta, tra l'altro spesso glorificante. In realtà, il pilot della serie risponde visivamente anche a questa domanda: dove sono I poliziotti? Sono “intra 'a televisione” e la televisione sta a casa dei boss, simbolicamente racchiusa in una pomposa cornice d'oro come un quadro al di fuori del mondo reale. Il servizio del telegiornale, che si intravede e si sente appena in sottofondo durante una cena dei Savastano, segnala la posizione che le forze dell'ordine ricoprono in questa storia che non inscena una battaglia tra il bene e il male, ma solo una lotta intrinseca al male stesso. Le forze dell'ordine sono solo un brusio di sottofondo nel mondo della malavita, tenute in cornice da un sistema che è sempre un passo avanti rispetto ad esse, quel vantaggio simbolicamente rappresentato dall'informatore che avverte Don Pietro delle microspie nascoste. Nella scena della cena, però, il rumore indistinto della tv a un certo punto diventa udibile e l'ultima frase del servizio al telegiornale è comprensibile per lo spettatore attento: «gli investigatori stanno interrogando i feriti per tentare di identificare gli assassini, impresa difficile perché sono poche e scarne le testimonianze al momento, ma c'è una certezza ed è la matrice dell'attentato: il comando entrato in

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azione sapeva chi colpire e, quasi certamente, questo spettacolo di morte è legato alla guerra di camorra in città per il controllo del business milionario della cocaina»49. Questo episodio è volto anche a creare un effetto di reale, rafforzato dalla leggibilità del nome del cronista nel servizio telegiornalistico, Paolo Chiariello, vero inviato napoletano di Sky Tg24. Anche la strage nel bar, a cui fa riferimento il servizio, ricorda un episodio realmente avvenuto a Secondigliano nel '92, raccontato dal boss Maurizio Prestieri in una lunga intervista a Saviano, pubblicata su Repubblica. Un elemento interessante, che circonda continuamente i personaggi nella serie, è il tema del sacro.

Lontana anni luce da una rappresentazione istituzionale o didascalica della religione e del sacro, Gomorra riesce a creare un sotto testo religioso discreto e convincente. I suoi personaggi, immersi nelle Vele50, nelle macchine scure, nelle case interamente fagocitate da oggetti, sono molto spesso circondati da simboli religiosi: statue, icone di Padre Pio, della Madonna, di Cristo. Molto spesso

49 “Gomorra”, regia di Stefano Sollima, Sky Atlantic, prima stagione, episodio 1. 50 Le vele di Scampia sono palazzi ad uso residenziale costruiti nell'omonimo quartiere di Napoli tra il 1962 e il 1975. Prendono il nome dalla loro forma triangolare. 43

queste immagini sacre appaiono scure, sporche quasi fossero metafora del degrado di Scampia. Alla base in realtà non vi è la fede, si tratta più che altro di una semplice presenza fisica, che rivela un altro aspetto dell’anatomia di pensiero delle associazioni mafiose: come la Chiesa cattolica è riuscita, nel corso dei secoli, a far accettare ai fedeli l’idea che la Madonna possa essere sia Vergine che Madre, così le associazioni mafiose, in particolar modo la Camorra, riescono a condurre un’esistenza criminale avendo come forza interiore la fede religiosa. Le icone religiose assistono agli omicidi, ascoltano i discorsi tra i Boss, si ritrovano al centro della strada mentre i corrieri sfrecciano con gli scooter. Particolarmente d’effetto è l’ultimo episodio della seconda stagione, in cui il braccio destro di Don Pietro bacia la croce che porta al collo prima di far fuoco e uccidere a brucia pelo la figlia di Ciro mentre giocava col game boy aspettando di arrivare a scuola. Una bambina. Forse in molti penseranno che è impensabile, che non è possibile che succeda ma purtroppo è molto più reale di quanto si pensi. Bisogna forse ricordare che negli anni ‘80, , da buon uomo d’onore come gli piaceva definirsi, fece sparare in faccia ad una bambina di pochi anni davanti al padre, il magistrato Lamberti.

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CAPITOLO II

GOMORRA, UN TERREMOTO CULTURALE, SOCIALE E CIVILE

“Con Gomorra non pretendevo tanto di avere successo quanto di cambiare le cose, svegliare la gente, costringerla a vedere l'orrida realtà neppure tanto nascosta”51

Il valore principale di questo best-seller risiede nell’aver profondamente scosso il paesaggio culturale e sociale, incidendo su alcuni aspetti della società contemporanea. Prima della sua pubblicazione l’immagine che l’opinione pubblica aveva della criminalità napoletana, e della mafia italiana in generale, era abbastanza unilaterale e semplificata, incentrata quasi unicamente sul lato delle attività criminali percepibili ogni giorno. I quotidiani locali e nazionali infatti non hanno mai lesinato articoli su omicidi o atti di violenza riconducibili alla camorra, ma la rappresentazione di quest’ultima, veicolata dai giornali, era unicamente incentrata sui delitti e non sul fenomeno complesso che vi è dietro, ovvero su un’entità feroce incapace di perdonare, che non teme di versare sangue innocente durante una delle sue numerose lotte.

Napoli, agguato in strada e sventagliata di kalashnikov.

51 Roberto Saviano, “Voglio sposarmi; sarà la mia vittoria e la mia vedetta”, “Corriere della Sera”, 9 giugno 2009. 45

«Ormai dalle testate giornalistiche dai testi saggistici, dalle discussioni politiche, sono scomparse le analisi sui fenomeni criminali organizzati. Tutto si è pacificato, la criminalità, il grande flagello è divenuta la microcriminalità, il piccolo spaccio di droga, lo stupro. Insomma l’atomizzazione delle questioni criminali ha portato ad un’incredibile indifferenza ed ignoranza verso lo studio della struttura criminale organizzata»52. Inoltre grazie a Saviano finalmente è stato possibile far passare l’idea che la camorra, così come tutte le organizzazioni mafiose, non è un problema confinato in una regione. Nonostante questo prima del 2006 solo il 22% degli italiani riteneva la criminalità organizzata un problema non solo del Sud, ma dell'Italia intera e non aveva un’idea chiara della storia che sta dietro un organizzazione del genere. Con Gomorra tutto è cambiato radicalmente, quelle pagine hanno avuto il potere di mettere in moto l’Italia e non solo, riuscendo nel suo intento di mostrare quanto la camorra sia un potere internazionale. Ormai le mafie italiane sono organizzazioni che non si tengono nei confini italiani: il controllo del territorio, nel senso militare, avviene nel Sud Italia, l’investimento avviene in tutto il mondo. Da dieci anni a questa parte siamo stati di colpo sommersi da articoli, libri, saggi e film che ci parlano della camorra in un modo molto più approfondito e completo e passo dopo passo Saviano ha trovato il sistema per far appartenere alla memoria collettiva i dettagli della storia e della filosofia della camorra e le orme

52 Roberto Saviano, “La Parola Camorra Non Esite”, “Nazione Indiana”, 16 settembre 2003. 46

della denuncia che ha impresso nelle sue pagine hanno portato a numerose azioni concrete. Ora, nel 2016, sentendosi chiedere se ritiene evaporato il senso del suo libro, l’autore risponde così: «Una università milanese fece uno studio: dopo la pubblicazione di Gomorra si registrava un aumento del 400 per cento dei libri su camorra e mafia. Quel libro continua a vivere in mille declinazioni. Credo sia cambiata anche la percezione della camorra, non più banditi rozzi e violenti, ma avanguardia dell’economia mondiale, con regole molto simili a quelle del capitalismo. Evaporato? Forse, in quanto inalato dai lettori e trasformato in coscienza»53. Il popolo italiano in una prima fase, è stato l’ascoltante che si lascia impregnare dalle informazioni fornite, ma progressivamente ha assunto un ruolo attivo nel dibattito avviato dallo scrittore. Una parte numerosa dei lettori ha quindi abbandonato la funzione meramente passiva per dimostrare di essere disposti a combattere per un’Italia libera dal dominio della mafia e per esprimere la loro solidarietà con lo scrittore che ha avuto il coraggio di utilizzare la forza della parola. Gomorra, come già accennato, ha cambiato non soltanto l’opinione pubblica italiana, ma anche quella mondiale. Ormai il pubblico internazionale che ha letto il libro di Saviano si rende conto di come la Camorra, invece di essere un’organizzazione locale, sia un fenomeno globale, una rete che ricopre l’intero mondo: “Spero che queste storie possano arrivare il più lontano possibile così da far comprendere che una serie, un libro, insomma un’opera d’arte può davvero mutare il corso delle cose quando innesca empatia”54.

Il successo senza pari e la forza di Gomorra è incontestabilmente dovuto anche al ruolo dei nuovi media nella diffusione della conoscenza. Il caso “Gomorra” ha riempito non solo le pagine di quotidiani e periodici, ma anche programmi televisivi

53 Roberto Saviano, “Chi è”, “Corriere della Sera”, 24 maggio 2016 54 Roberto Saviano, “Il kolossal tv varca i confini nazionali”, “La Repubblica.it”, 7 ottobre 2013. 47

e radiofonici per poi catalizzare l’attenzione di social media come Facebook e Twitter. Proprio grazie ai social network, ad esempio, è nato il progetto “Oltregomorra”, il portale culturale su e contro la mafia, e tramite questi mezzi viene assicurato il proseguimento della lotta contro la mafia avviata dall’opera di Saviano. Collaborare a tali iniziative per Saviano significa continuare a diffondere le proprie opinioni, nonostante le restrizioni legate alla sua vita sotto scorta. Per capire cosa possa spingere un giornalista o uno scrittore a narrare, a denunciare, a testimoniare fanno riflettere le parole di Salman Rushdie55: “È grazie alla narrazione che gli uomini si rappresentano a se stessi e quindi solo un’umanità libera di raccontarsi come vuole è un’umanità libera”56. È sicuramente un modo diverso di narrare l’Italia, che ti costringe a guardare in faccia il male, a occhi aperti.

Uno sguardo diretto e trasparente che ha però ricevuto critiche da parte del mondo politico. Quando uscì la serie il questore di Napoli, Guido Marino, disse di trovarla offensiva, diseducativa e alcuni sindaci dell’hinterland napoletano si sono persino rifiutati di dare il permesso per le riprese e l’allora Presidente del Consiglio, Silvio

55 Scrittore anglo-indiano. 56 Salman Rushdie, “Saviano all'Accademia con Rushdie. Diari di una "vita sotto scorta”, “La Repubblica”, 14 dicembre 2008. 48

Berlusconi, criticò la capacità del libro di avere dato troppa pubblicità alla mafia danneggiando l'immagine internazionale dell'Italia. A queste critiche si sono aggiunte quelle del direttore del TG4 Emilio Fede, il quale ha affermato che Saviano avrebbe ottenuto una visibilità eccessiva rispetto ai suoi meriti. Saviano risponde affermando che: «Per noi è un percorso editoriale: da “Gomorra” a “1992”, fino a “The Young Pope”, è il realismo che rende queste storie rilevanti e questa realtà accompagna lo spettatore in un viaggio che non lo inganna, non lo consola, in cui l’unica cosa che non può fare è girarsi dall’altra parte» 57 . Il sindaco di Napoli De Magistris lo accusò di esaltare solo il brutto e Renzi ribadì che dell’Italia si deve raccontare il positivo contro il disfattismo: “Non lasciamo che il racconto di questa terra sia solo il set di Gomorra”58. Saviano risponde a queste affermazioni con una domanda: «Se io racconto una cosa che non va, sto facendo male all’Italia o bene?»59 poi afferma: «io volevo capire cosa fossero queste organizzazioni, il loro potere economico, il loro linguaggio. Per farlo ho pagato un prezzo inaspettato. Chi racconta il male viene trattato peggio di chi il male lo fa, lo scriveva Leopardi due secoli fa»60. Purtroppo le critiche allo scrittore napoletano continuano tutt’oggi più accanite che mai. Il 5 gennaio 2017 il sindaco di Napoli De Magistris scrive un lungo post61 su Facebook in cui accusa Saviano di fare successo «con gli spari della camorra».

57 Roberto Saviano, “Gomorra la serie, con Ciro e Genny il viaggio dello spettatore nell’inferno della camorra”, “L’Espresso, 9 maggio 2016 58 Matteo Renzi, “Ora su Gomorra chiudono gli occhi”, “L’Espresso”, 5 maggio 2016. 59 Roberto Saviano, “Ora su Gomorra chiudono gli occhi”, “L’Espresso”, 5 maggio 2016. 60 Roberto Saviano, “Ora su Gomorra chiudono gli occhi”, “L’Espresso”, 5 maggio 2016. 61 Luigi De Magistris, Facebook, 5 gennaio 2017. 49

Rivolgendosi direttamente all’autore campano il sindaco continua la sua invettiva affermando: «più si spara, più cresce la tua impresa» e chiudendo il discorso con due “consigli” che arrivano come schiaffi aspri e davvero insensati visto che sono rivolti ad un uomo che è nato e cresciuto in quella città e ha sacrificato la sua libertà per parlarne. A quest’uomo il sindaco consiglia di informarsi meglio e non giudicare e criticare una terra che non conosce, concludendo col dirgli: «non avere paura. Abbi coraggio»62. Saviano non tarda a rispondere: «Napoli 4 gennaio 2017: due sparatorie in pieno centro e una bambina di 10 anni ferita in un luogo affollatissimo della città. Ma il sindaco è infastidito dalla realtà, a lui non interessa la realtà, a lui interessa l'idea, quell'idea falsa di una città in rinascita: problema non sono le vittime innocenti del fuoco della camorra, problema è che poi Saviano ne parlerà. Il contesto nel quale nascono e crescono le organizzazioni criminali, fatto di assenza delle regole e lassismo, da quando lui è sindaco non solo non è mutato, ma ha preso una piega addirittura più grottesca: ora la camorra in città è minorenne e il disagio si è esteso alle fasce anagraficamente più deboli. Ma di tutto ciò lui non ama parlare. Pare che la città sia ridotta al salotto di casa sua, a polvere da nascondere sotto al divano. Basta pensare alla superficialità (per non dire al fastidio) con cui il sindaco parla di periferie annegate nel degrado: al sindaco fa schifo Soccavo, fa schifo Pianura, si vergogna del rione Conocal, se ne frega del rione Traiano. Ma che importa: la realtà di Napoli sono le strade affollate e non i killer pronti a sparare nel mucchio»63. Siamo tutti attaccabili e criticabili per qualcosa, ma la domanda che dovrebbe porsi chiunque prima di giudicare ciò che ha fatto e continua a fare Saviano è: Io avrei mai sacrificato la mia libertà per dar voce alla verità?

62 Luigi De Magistris, Facebook, 5 gennaio 2017. 63 Roberto Saviano, Facebook, 6 gennaio 2017. 50

SAVIANO: GIORNALISTA, AUTORE, PERSONAGGIO

“E´ nato uno scrittore”64

Con queste parole, “è nato uno scrittore”, Corrado Stajano commenta la pubblicazione di Gomorra, prima opera di un giovane giornalista freelance. Roberto Saviano ha iniziato la sua carriera giornalistica nel 2002 scrivendo su quotidiani e riviste come “Pulp”, “Diario”, “Sud”, “Il Manifesto”; ha collaborato poi anche con l’“Osservatorio sulla Camorra” del “Corriere di Mezzogiorno” e attualmente collabora con “L’Espresso” e “La Repubblica”. Il giovane autore è molto attivo ed affermato anche all’estero dove collabora con importanti testate giornalistiche come: il “Washington Post”, Il “New York Times”, il “Newsweek” e il “Time” negli Stati Uniti; “El Pais” in Spagna; il “Die Zeit” e il “Der Spiegel” in Germania; L’“Expressen” in Svizzera; il “The Guardian” e il “Times” in Gran Bretagna. Prima di tutto questo, Saviano pubblicava spesso articoli sul blog collettivo “Nazione Indiana”65, una parentesi a mio avviso significativa dato che proprio un articolo comparso su quest'ultimo blog sembra celare quelle che saranno le basi del suo futuro romanzo. L’intervento, intitolato “La parola camorra non esiste”66, viene pubblicato da Saviano il 16 settembre 2003 e contiene in se il seme da cui si sviluppa

64 Corrado Staiano, “Camorra e Gomorra”, “L’Unità”, 19 maggio 2006. 65 Si tratta di un blog collettivo e progetto culturale fondato nel marzo 2003 da un gruppo di scrittori, critici e artisti italiani, con lo scopo di dare voce a testi e idee che non trovano spazio nell'editoria commerciale e nella stampa d'informazione. 66 Roberto Saviano, “La parola camorra non esiste”, Nazione Indiana, 16 settembre 2003. 51

praticamente tutta la prima parte del romanzo, incentrata sul funzionamento del sistema malavitoso. In questo pezzo, il giovane giornalista racconta di come la parola “camorra”, fino ai primi anni Ottanta, sia stata utilizzata soltanto dai magistrati, finché il boss Raffaele Cutolo fondò la Nuova Camorra Organizzata e attribuì a questo termine un significato Foto storica del boss, L’unità. filosofico, spirituale, quasi religioso.

Camorra, secondo lui era un’etica, una prassi finalizzata ad organizzare i miseri, i cafoni, che unendo le proprie forze, sottomettendosi e facendo giuramento di omertà, ai loro capi che chiamava “santisti” ovvero “evangelisti” seguaci di Cristo-Cutolo, avrebbero raggiunto sicurezza e benessere»67. Dopo Cutolo, però, il termine è scomparso nuovamente dal gergo dei camorristi che per far riferimento alla propria organizzazione iniziano a usare semplicemente la parola “Sistema”. Le intenzioni del giornalista si fanno ancora più evidenti nello stesso testo qualche riga più avanti: «nel complesso ginepraio delle logiche camorriste, è possibile solo congetturare, e la congettura è l’unico elemento che permette di imbastire ipotesi di senso, piani d’interpretazione che ti svelano con chiarezza i meccanismi causali d’alcune scelte politiche, d’alcuni investimenti, di determinate fortune o sfortune economiche. V’è qualcosa di più letterario di ciò? […] La scrittura forse, dovrà occuparsi con maggiore attenzione di questo infinito e diuturno

67 Roberto Saviano, “La Parola Camorra Non Esiste”, “Nazione Indiana”, 16 settembre 2003. 52

fenomeno, solo la narrazione può riaccendere valutazione ed attenzione»68. Già in queste parole si intuisce come Saviano cominci a intendere la narrazione come un nuovo percorso per affrontare un problema così complesso come quello criminale; un pensiero vero tanto quanto contraddittorio: in un’operazione cristallina come la ricerca del vero s’insinua la letteratura con la sua palese e recondita menzogna. L'articolo si conclude con un invito a scrivere un romanzo collettivo, fatto di decine di racconti, che fosse un libro composto di storie incentrate «non sul cancro ma sul corpo rigoglioso e sano del “sistema-crimine”. Ipotizzare, inventare, raccontare, narrare, rimettere sotto gli occhi dei lettori la contemporaneità del fenomeno, la potenza, la forza, la legittimità della cultura camorristico-mafiosa»69. Parole, queste ultime, in cui non è difficile rintracciare l'idea embrionale sviluppata più in là nella serie televisiva: raccontare il male per conoscerlo e confrontarsi con esso, senza filtri e senza via di fughe. Nei successivi articoli di Saviano ritroviamo gran parte dei temi e dei fatti riportati in Gomorra, come ad esempio: la vicenda di Annalisa Durante, vittima innocente di un regolamento di conti; la crescita dei ragazzi in ambienti vicini alla camorra; la storia di Gelsomina Verde; le infiltrazioni mafiose nelle aziende multinazionali; il ruolo delle donne nell'organizzazione; infine, persino il brano «Io

68 Roberto Saviano, “La Parola Camorra Non Esiste”, “Nazione Indiana”, 16 settembre 2003. 69 Roberto Saviano, “La Parola Camorra Non Esiste”, “Nazione Indiana”, 16 settembre 2003. 53

so», di cui parlerò approfonditamente in seguito, è comparso per la prima volta sulla rivista “Nuovi Argomenti” nel 2005. Il romanzo d'esordio di Saviano, quindi, ha le sue radici nella sua attività giornalistica e sembra quasi tessere insieme, attraverso l'espediente del narratore- testimone, frammenti di racconto già scritti. Nel 2009 sarà l’autore stesso a ripercorrere la sua evoluzione personale e letteraria, raccogliendo i suoi scritti personali realizzati nell'arco di cinque anni, dal 2004 al 2009, nel libro “La bellezza e l’inferno”70. Un libro ispirato proprio dalla sua prima opera “Gomorra” e dalle esperienze vissute per il suo impegno contro la mafia: dal ragazzo che muove i primi già maturi passi nell'ambito della letteratura e della militanza antimafia fino allo scrittore affermato che viene invitato all'Accademia dei Nobel di Stoccolma. A livello internazionale Saviano viene dipinto come un novello Caronte, che fin dalla prima immagine ambientata sul molo Bausan, ci traghetta attraverso il porto tra “la perduta gente”71 nella “città dolente”72.

70 Roberto Saviano, “La bellezza e l’inferno”, Mondadori 2009. 71 Divina Commedia, Dante Alighieri, Canto III. 72 Divina Commedia, Dante Alighieri, Canto III. 54

Purtroppo, l’area lessicale attorno a cui si muovono molti degli articoli che parlano di quella bellissima città, è proprio quella dell’inferno; “A living Hell” [“Un inferno vivente”], così in un articolo sul “The Guardian” viene descritto [“ciò che il crimine organizzato ha fatto ad uno nei più bei luoghi al mondo”]73. Sul “Times”, Misha Glenny74, afferma: [“Gomorra è un’utile iniziazione a quel luogo infernale che Napoli è diventata sotto la tirannide della Camorra”]75; e se per Alexander Stille Napoli è stata [“Trasformata in una specie di inferno”]76, Paul Cherry non ha invece dubbi, Napoli è [“un vero e proprio inferno in terra”]77. Allo stesso modo per John Dickie la camorra ha [Trasformato Napoli ed il suo hinterland in una città dimenticato da Dio]78. Come definire altrimenti una terra che [“grazie alla Camorra, ha uno dei più alti tassi di omicidi in Europa, uno dei più alti tassi di spacciatori di droga per numero di abitanti, livelli di disoccupazione e dipendenza da cocaina altissimi ed in costante ascesa, ed elevata incidenza di cancro collegata allo smaltimento di rifiuti tossici”] 79 . Saviano [“scorrazza nelle fauci

73 Testo originale: “what organised crime has done to one of the most beautiful places on earth”, “The Guardian”, 12 gennaio 2008. 74 Giornalista e scrittore britannico. 75 Testo originale: “Gomorrah is a useful introduction to the hellhole that has become under the tyranny of the Camorra”, in “McMafia: Crime Without Frontiers”, M. Glenny, Bodley Head, 2009. 76 Testo originale: “turned into a kind of inferno”, Alexander Stille, “: The Crooks in Control”, “The New York Review of Books”, 17 aprile 2008. 77 Testo originale: “a veritable Hell-on-Earth”, P. Cherry, The Montreal Gazette, 18 luglio 2008. 78 Testo originale: “turned Naples and its hinterland into a god-forsaken metropolis”, J. Dickie, Gang Rule. 79 Testo originale: “Thanks to the Camorra, has one of the highest murder rates in Europe, one of the world’s highest ratios of drug dealers to inhabitants, soaring levels of unemployment and cocaine addiction, and elevated cancer rates linked to toxic waste dumping”, Rachel Donadio, “Underworld”, “Sundey book review”, 25 novembre 2007. 55

dell’inferno - per descriverci - gli orrori di una città un tempo bellissima e civile, ora sotto il controllo di un efferato sistema criminale”]80. Più ci si addentra in questa storia, in questa realtà, più sembra quasi di assistere ad una sorta di rivisitazione del III canto dell’Inferno dantesco. «E ho capito che è questa la mia dannazione, che è questa la posta che credevo il diavolo non avrebbe mai riscosso. Una dannazione che ti condanna quando la tua parola arriva lontano, quando diventa un seme»81.

80 Testo originale: “gallops straight into the maw of the inferno per descriverci the horrors of a beautiful, once civil city, now under the control of a vicious organized crime system”, A. Shugaar, “GoodFellas. A young Italian laments how Naples has fallen under the sway of brutal monsters”. 81 Roberto Saviano, “Dieci anni di Gomorra”, Gomorra, mondadori 2016. 56

GOMORRA, IL CORAGGIO DELLA DENUNCIA

“Comprendere cosa significa l’atroce, non negarne l’esistenza, affrontare spregiudicatamente la realtà”82

Non è mai stato facile, per uno scrittore, dire verità scomode e non solo in anni passati, quando la censura impediva la diffusione delle opinioni controcorrente, il coraggio si paga anche oggi. Un libro può condannare a morte, come è accaduto allo scrittore Salman Rushdie83, per aver pubblicato nel 1988 “I versi satanici”84, oppure a vivere sotto scorta, in una specie di fine annunciata; un “marked man”, come scrive Henry Farrell 85 : un bersaglio, una probabile vittima. Tra saggio e racconto quello di Saviano è uno studio attento e personale, ma anche la testimonianza emotiva di uno scrittore che, nato e cresciuto in terra di camorra, vuole indagarne la natura e le leggi, animato dalla volontà di capire i volti di questo “regno del male” per denunciarli e combatterli. In questi dieci anni Saviano ha condotto innumerevoli battaglie contro le organizzazioni camorristiche sfruttando molto anche la televisione, divenendo così schiavo delle sue stesse denunce. Proprio il suo esilio coatto ricorda davvero quello a cui fu costretto l’autore anglo-indiano Rushdie quando fu colpito dalla fatwa86 emessa da Khomeini87. Ian

82 Frase di Hanna Arendt, in “Gomorra”, testo originale: “Comprehension, in short, means the unpremeditated, attentive facing up to, and resisting of reality – whatever it may be or may have been”. 83 Scrittore anglo-indiano. 84 Salman Rushdie, “The satanic Verses”, 1988. 85 H. Farrell, “Underworlds”, “The Nation”, 21 novembre 2007. 86 Sentenza emessa su questioni riguardandi il diritto islamico. 87 Politico e guida religiosa iraniano. 57

Fisher88, in un articolo apparso su “The New York Times”, definisce Saviano [“una sorta di Salman Rushdie nella lotta ancora irrisolta dell’Italia contro il crimine organizzato”] 89 , mentre un articolo su Saviano comparso su “Der Spiegel International” ha proprio per titolo: [una Fatwa della Mafia per un autore italiano]90. I due scrittori si sono anche incontrati a New York, nell’aprile del 2008, entrambi invitati a partecipare al “Pen World Voices of International Literature”91.

Nelle loro vicende vi sono però altresì notevoli, importanti differenze: in primo luogo quella subita da Rushdie è stata una censura esercitata da un potere ufficiale, mentre la camorra è un potere ufficioso e occulto; inoltre, come rilevano vari commentatori, le prime minacce non sono state pronunciate quando Saviano iniziò a pubblicare i suoi reportage, né quando uscì Gomorra, ma solo quando l’autore in persona partecipò a un comizio al suo paese, Casal di Principe il 23 settembre del 2006, durante il quale insultò pubblicamente i boss, cioè quando qualcuno, per la prima volta, osò mettere in discussione, fisicamente, il controllo di un territorio che, come avviene per gli animali “è marcato”. In un’intervista a Saviano riportata dal “National Post”, il 7 maggio 2008, è stato proprio lo scrittore a rimarcare un’altra grande differenza tra lui e Rushdie,

88 Giornalista statunitense del New York Times. 89 Testo originale: “A sort of Salman Rushdie in Italy’s still unresolved struggle against organized crime”, in “An Italian Author Driven Into the Shadows by Success”, I. Fisher, “New York Times”, 3 novembre 2007. 90 Testo originale: “A Mafia Fatwa for an Italian Author”, “Der Spiegel International”, 18 ottobre 2006. 91 Festival letterario che promuove la libera espressione e la comunione letterario internazionale. 58

sottolineando che l’eresia del libro di Rushdie consisteva nell’essere stato scritto, mentre la sua sostanzialmente nell’essere stato letto. Secondo Saviano: “È una grande differenza. Non è ciò che ho scritto che è pericoloso. È l’essere stato letto da così tante persone che lo rende così pericoloso”. Molto spesso infatti non si perdona non il gesto della denuncia, quanto il successo e la diffusione che tale denuncia provoca. I camorristi non hanno perdonato «non il libro ma il successo, il fatto che sia diventato un best-seller. Questo li ha disturbati, se il libro fosse rimasto confinato al paese, a Napoli, alla realtà locale, allora gli andava anche bene, anzi, i camorristi se lo regalavano tra loro, contenti che si raccontassero le loro gesta. Avevano perfino cominciato a farne delle copie taroccate da vendere per la strada e un boss aveva rimesso le mani in un capitolo riscrivendosi alcune parti che lo riguardavano, poi però la cosa è cresciuta, si è cominciato a parlare del libro e questo ha cominciato a disturbarli. Perché fino ad allora non finivano mai sulla prima pagina dei giornali, neppure quando facevano massacri, e si sentivano tranquilli e riparati. Poi il libro ha risvegliato l'attenzione in tutta Italia e questo successo non mi è stato perdonato» 92 . «A me i camorristi hanno detto “t’amm fatt il cappotto di legno” ti abbiamo chiuso nella bara senza averti ucciso. Però per me la scorta non è qualcosa che mi tiene prigioniero e isolato, ma è l'unico modo per permettermi di continuare a lavorare e a scrivere»93.

92 Roberto Saviano, “La libertà di Saviano”, “La Repubblica”, 29 maggio 2016. 93 Roberto Saviano, “incontro Saviano-Rushdie: Noi, scrittori sotto scorta”, “La Repubblica”, 3 maggio 2008. 59

Quando gli viene chiesto se si aspettava una tale reazione, Saviano risponde: «Non pensavo di innescare l’odio, volevo accendere un’attenzione dell’opinione pubblica. E avevo un’ambizione letteraria. Vedevo una storia che la letteratura poteva affrontare. A farli impazzire è stato il successo. Se fossi stato chi sono ora non mi avrebbero minacciato, non conveniva. Ma dieci anni fa ero nessuno, ero un ragazzino da spezzare. Un pagliaccio, disse di me Schiavone. Un romanziere. Uno che si inventa una finzione. Per lui, una spazzatura d’uomo»94. La cultura antimafia in Italia oggi è assai fiorente e a Saviano si sono affiancati alcuni eminenti intellettuali; si pensi, ad esempio, a Umberto Eco, che in un’edizione del Tg1 ha apertamente invitato il popolo italiano a sostenere lo scrittore e dichiarò: «Non lasciamo solo Roberto Saviano!», dopo che l’“Espresso” aveva rivelato le minacce dei casalesi contro il giovane scrittore. Era il 14 ottobre 2006, Gomorra era uscito tra aprile e maggio; era stato stampato in 4500 copie e a settembre era già a centomila, Saviano ricorda benissimo la mail della Mondadori: “Roberto, da oggi sei uno scrittore di professione”. Dopo Saviano, a questo punto, nessuno potrà dire “io non lo sapevo” e proprio come Saviano tutti dovremmo trovare la forza di denunciare e la volontà di combattere, anche da soli se necessario, per non dire a noi stessi “ci siamo arresi”. Non facciamoci più ripetere che il sonno della ragione genera mostri. La camorra come terreno di battaglia: loro coi mitra, noi con la cultura, questo ci insegna Gomorra. Non è uno scontro impari, anzi: i boss infatti hanno condannato a morte

Saviano, perché sanno che Corteo contro la Camorra. il risveglio delle coscienze può distruggerli, molto più di una retata.

94 Roberto Saviano, “Ora su Gomorra chiudono gli occhi”, “L’Espresso”, 5 maggio 2016. 60

Verso la fine del capitolo “Cemento armato”, Saviano racconta di essersi recato sulla tomba di Pasolini e riporta un brano considerabile una vera e propria dichiarazione di poetica. Si tratta del brano “Io so”95, che ha spinto inevitabilmente i critici ad un confronto con Pasolini, il quale, il 14 novembre 1974, pubblicò sul “Corriere della Sera” uno scritto dal titolo “Che cos'è questo golpe?”96 , che Saviano riprende esplicitamente in Gomorra, rovesciandolo. Pasolini e Saviano, a oltre trent'anni di distanza l'uno dall'altro, scrivono:

Pier Paolo Pasolini Roberto Saviano

«Io so. Ma non ho le prove. Non ho «Io so e ho le prove. Io so come hanno origine nemmeno indizi. Io so perché sono un le economafie e dove prendono l'odore. intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire L'odore dell'affermazione e della vittoria. Io so tutto ciò che succede, d conoscere tutto ciò che cosa trasuda il profitto. Io so. E la verità della se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non parola non fa prigionieri perché tutto divora e si sa o che si tace; che coordina fatti anche di tutto fa prova. E non deve trascinare lontani, che rimette insieme i pezzi controprove e imbastire istruttorie. Osserva, disorganizzati e frammentari di un intero soppesa, guarda, ascolta. Sa. Non condanna in coerente quadro politico, che ristabilisce la nessun gabbio e i testimoni non ritrattano. logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, Nessuno si pente. Io so e ho le prove. Io so la follia e il mistero. Tutto ciò fa parte del mio dove le pagine dei manuali d'economia si mestiere e dell'istinto del mio mestiere. Credo dileguano mutando i loro frattali in materia, che sia difficile che il "progetto di romanzo" cose, ferro, tempo e contratti. Io so. Le prove sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con non sono nascoste in nessuna pen-drive celata la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e in buche sotto terra. Non ho video persone reali siano inesatti. Credo inoltre che compromettenti in garage nascosti in molti altri intellettuali e romanzieri sappiano inaccessibili paesi di montagna. Né possiedo ciò che so io in quanto intellettuale e documenti ciclostilati dei servizi segreti. Le romanziere perché la ricostruzione della verità prove sono inconfutabili perché parziali, a proposito di ciò che è successo in Italia dopo riprese con le iridi, raccontate con le parole e il '68 non è poi così difficile … Probabilmente temprate con le emozioni rimbalzate su ferri e i giornalisti e i politici hanno anche delle prove legni. Io vedo, trasento, guardo, parlo, e così o, almeno, degli indizi. Ora il problema è testimonio, brutta parola che ancora può valere questo: i giornalisti e i politici, pur avendo quando sussurra: "È falso" all'orecchio di chi forse delle prove e certamente degli indizi, non ascolta le cantilene a rima baciata dei fanno i nomi. A chi dunque compete fare meccanismi di potere. La verità è parziale, in questi nomi? Evidentemente a chi non solo ha fondo se fosse riducibile a formula oggettiva il necessario coraggio, ma, insieme, non è sarebbe chimica. Io so e ho le prove. E quindi compromesso nella pratica col potere, e, racconto. Di queste verità» inoltre, non ha, per definizione, niente da perdere: cioè un intellettuale.»

95 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Cemento armato”, pag. 233. 96 Pier Paolo Pasolini, “Cos’è questo Golpe? Io so”, “Corriere della Sera”, 14 novembre 1974. 61

L'incipit dei due pezzi ne sottolinea la prima e fondamentale differenza: quello di Pasolini è un sapere squisitamente letterario, derivante dal suo essere un intellettuale, mentre l’io narrante di Saviano ripete come in un crescendo, “Io so e ho le prove”. Così l’alter ego dell’autore, rivendica allo scrittore il ruolo di testimone “Io vedo, sento, guardo, parlo, e così testimonio” e la sua scrittura diviene racconto spietato “di queste verità”. Tuttavia, conclude, “non faccio prigionieri”, una negazione che nasconde un’affermazione: sia la magistratura a fare giustizia. Un’altra citazione importante che Saviano inserisce proprio come apertura de suo libro è una frase di Hannah Arendt: «Comprendere cosa significa l’atroce, non negarne l’esistenza, affrontare spregiudicatamente la realtà». Probabilmente Hannah Arendt elaborò questo pensiero nella stesura della sua opera più famosa, “La banalità del male”97, frutto delle riflessioni maturate durante il lungo processo a uno dei più terribili gerarchi nazisti. La camorra, come tutte le associazioni mafiose, è un’istituzione totalitaria, che non ammette opposizioni: chi le si oppone viene eliminato fisicamente se l’eliminazione fisica è necessaria oppure viene ridotto all’inesistenza come individuo sociale. Nella serie significative a tal proposito sono le parole di Don Pietro: «Quando mio figlio era criaturo, o’ purtav semp o’ zoo a verè e’ scimmie e iss me riceve: Papà, ma comm’ è possibile, che degli animali accussì sciem’ vogliono fare quello che fanno i cristiani? Le scimmie so’ belle quando fanno quello che dice il padrone, perché quando vogliono fare quello che vogliono loro, s’anna abbattere»98. Per combattere questo nuovo totalitarismo e sopravvivere, secondo Saviano, la parola non deve concedere tregua e deve essere difesa in ogni modo da chi la pronuncia. Il senso di utilizzare questa frase nell'epigrafe è duplice: da un lato

97 Hannah Arendt, “Eichmann in Jerusalem: A Report on the Banality of Evil”, 1963. 98 “Gomorra”, Sky Atlantic 2014, prima stagione. 62

anticipa uno degli obiettivi di un libro che decide di rompere il clima di omertà per affrontare la drammaticità di una questione sociale come quella della criminalità organizzata, dall'altro sembra che attraverso di essa, l'autore stesso s'infonda coraggio davanti alla rischiosità dell'operazione che sta per compiere. In maniera quasi speculare, Gomorra si chiude con un’altra citazione, questa volta cinematografica, che sembra essere quasi una profezia sulle disavventure personali che lo hanno coinvolto in futuro proprio per aver scritto Gomorra e che forse oggi ripete a sé stesso ogni giorno: immerso in un pantano di acqua piovana e rifiuti nella “terra dei fuochi”, Saviano afferma: «Avevo voglia di urlare, volevo gridare, volevo stracciarmi i polmoni, come Papillon 99 , con tutta la forza dello stomaco, spaccandomi la trachea, con tutta la voce che la gola poteva ancora pompare: «Maledetti bastardi, sono ancora vivo!»100

99 “Papillon”, regia di Franklin J. Shaffner, 1973, interpretato da Steve McQueen. 100 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Terra dei fuochi”, pag. 330. 63

GOMORRA NEL MONDO

“A far paura non è l’uomo che scrive, sono le tante persone che ascoltano, gli occhi che leggono una storia, le tante lingue che la racconteranno”101

Fin dalla sua pubblicazione Gomorra è divenuto subito un fenomeno editoriale. Il romanzo ha venduto oltre 2 milioni e 250 000 copie in Italia e 10 milioni nel mondo, venendo tradotto in 52 lingue. Nell’ultima edizione di Gomorra, a dieci anni dalla sua prima pubblicazione, Saviano vi inserisce alla fine una raccolta di articoli riguardo Gomorra, tra i più significativi, riportati sulle principali testate giornalistiche estere. Questa raccolta mostra chiaramente come per la letteratura italiana ci sia un “prima” e un “dopo” Gomorra e come quest’opera, con la sua forza innovativa e dirompente, abbia varcato i confini della nostra penisola investendo il mondo intero con un singolare “effetto Gomorra”. Il libro è tuttora presente nelle classifiche dei migliori best-seller in Germania, dove l'opera è saltata subito in cima alla classifica del settimanale “Der Spiegel” e l’argomento “mafia” ha acquisito un’attualità inaspettata. È proprio un articolo tedesco che apre la raccolta di Saviano, con il titolo: “Come una rosa nel deserto”102. Questa espressione fu usata da un magistrato per descrivere la rarità dell’atto della denuncia in alcuni territori Campani. In particolare era riferita ad una donna che decise di testimoniare in seguito ad un omicidio. Ad alcuni potrebbe non sembrare

101 Roberto Saviano, “Vieni via con me”, Feltrinelli 2011. 102 Srtephan Lorenz, “Rose in der Wüste”, “Freie Presse” 2007. 64

niente di che ma in un paese come Mondragone questo equivale ad un suicidio. La donna denunciò senza chiedere nulla in cambio. Non pretese una scorta e non impose un prezzo alla sua parola. Ma la naturalezza di questa sua scelta gli costò tanto. Stava per sposarsi e fu lasciata, la famiglia la allontanò e dovette lasciare il suo lavoro. Negli Stati Uniti Gomorra è stato inserito, come unico libro italiano, nella classifica dei 100 libri più importanti del 2007 dal quotidiano statunitense “The New York Times” così come anche dal “The Economist” con la seguente motivazione: “Un urlo letterario che fa nomi, degli assassini e degli assassinati, in uno stile ispirato dalla critica dell’Italia privo di compromessi del regista Pier Paolo Pasolini e dalla devozione per i dettagli sporchi di Truman Capote”5. Negli Stati Uniti il libro inoltre è rientrato nella categoria non-fiction, un importante distinzione che attribuisce al romanzo l’importanza che merita e pone su un determinato piano le aspettative del pubblico americano rispetto all’attendibilità del suo contenuto e delle sue denunce. Oltre ai paesi già citati, Gomorra è stato pubblicato in Gran Bretagna (MacMillan), Australia (Picador), Francia (Gallimard), Paesi Bassi (Hanser), Spagna (Debate/RHM), Norvegia (Aschenhoug), Danimarca (Borgen), Finlandia (Wsoy), Svizzera (Bromberg), Ungheria (Partvonal), Bulgaria (Era 2000), Russia (Geleos), Brasile (Editora Bertrand), Israele (Aryeh Nir), Grecia (Patakis), Giappone (Kawade Shobo), Turchia (Yurt Kitap Yayin), Portogallo (Caderno Ed./ASA), Slovacchia (Kalligram), Serbia (Geopoetika), Estonia (Varrak), Lituania (Baltos Lankos), Repubblica Ceca (Paseka), Slovenia, Albania (Botimet

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Dudaj), Romania (Editura Univers), Croazia (Algoritam), Corea (Munhakdongne), Islanda (Bjartur). Ovunque la critica e il pubblico hanno tributato al libro di Saviano un enorme successo, definito da John Dickie 103 , di dimensioni quasi “Potteresche”, paragonandolo con questo neologismo un po’ ardito, data l’assoluta differenza dei temi, addirittura alla diffusione planetaria raggiunta dal maghetto della Rowling. Tutto questo successo ha dato la possibilità a Saviano di essere ospite di trasmissioni televisive ed eventi culturali di rilievo mondiale e, ogni volta, ha colto l'occasione non solo per parlare di camorra, ma anche per raccontare l'idea e il pensiero che si cela dietro la sua scrittura. Il clamore del best-seller si è riscontrato poi anche nel film Gomorra con i suoi cinque premi agli European Film Awards del 2008 e sette premi ai David di Donatello Awards del 2009. La pellicola è stata giustamente considerata la maggiore rivelazione dell’anno e, vista da oltre due milioni di spettatori, ha da subito ottenuto un grande successo di pubblico, risultando il decimo miglior incasso in Italia della stagione cinematografica 2007-2008. Nel 2009 al Festival di Cannes gli sono stati riservati almeno cinque minuti di applausi. La proiezione, con il cast al completo, la giuria presieduta da Sean Penn e tutti i Ministri della Cultura europei, compreso Sandro Bondi, hanno applaudito con convinzione alla fine del film salutando lo scrittore

103 Storico e accademico britannico, 1963. 66

Roberto Saviano, Toni Servillo, gli altri protagonisti e naturalmente il regista Matteo Garrone, a cui è andato il Gran premio della giuria.

61° Festival di Cannes, Garrone riceve il Gran Premio per “Gomorra” e Sorrentino il Premio Giuria per “Il divo”.

Secondo i dati Cinetel, che coprono l'85% del mercato potenziale, Gomorra ha incassato in tre giorni circa 1.825.643 euro in 411 sale, staccando l'americano “Superhero”, secondo con 1.275.538 euro. «Gomorra è un film di grande impegno civile» 104 ha commentato il Ministro della Cultura Sandro Bondi, rimasto profondamente colpito dall'opera. «È difficile riprendersi da quelle immagini, sono un pugno nello stomaco» ma, aggiunge intervenendo sulla polemica dei “panni sporchi” che l'Italia lava all'estero, «dobbiamo presentarci senza vergognarci, orgogliosi di saper rappresentare l'Italia senza immagini edulcorate, senza autoassoluzioni. Gomorra svela, anche ai più informati di noi, che l'Italia è purtroppo anche questo». Il film - prosegue Bondi - «è' meritevole proprio perché capace di fare i conti con noi stessi. Si stenta a credere che questa realtà mostrata da Garrone sia un pezzo d'Italia, ma proprio da qui, da questa presa di coscienza che il cinema offre bisogna avere la capacità di riscatto». In fine il successo mediatico del fenomeno Gomorra ha trovato nuova linfa vitale nella serie tv. Prodotta da Sky Italia e trasmessa a partire dal 6 maggio 2014 sul canale Sky Atlantic è stata poi confermata, a seguito del successo ottenuto, per una seconda stagione, le cui riprese sono iniziate nell'aprile del 2015 e concluse nel

104 Ministro della Cultura Sandro Bondi, Festival di Cannes, 2008. 67

novembre successivo; è stata inoltre già avviata anche la produzione di una terza e di una quarta stagione. Per la produzione 32 settimane di riprese, 400 ambienti, 200 attori e tremila comparse. «Uno sforzo enorme», dice Riccardo Tozzi, «per rispettare i due punti di forza della serie: essere un archetipo universale, comprensibile in tutto il mondo, e restare realistici fino al dettaglio». Il cast è davvero straordinario e costellato di attori legati al territorio, con esordienti che si mescolano ad attori professionisti: agli ormai acclamati protagonisti Marco D’Amore, Fortunato Cerlino, Salvatore Esposito, Marco Palvetti si sono uniti poi nuovi interpreti come Cristiana Dell’Anna e Cristina Donadio. La domanda che potremmo porci è: Per quale motivo Gomorra sta avendo un grande successo? Beh, le risposte sono molteplici e vanno ben contestualizzate partendo da un dato molto semplice: Gomorra piace perché è un prodotto con una grande qualità di linguaggio e un’estetica che difficilmente riusciamo a recuperare nei prodotti televisivi italiani. Questo si palesa principalmente grazie alla forza produttiva della macchina organizzativa che sta dietro le quinte, capace di investire forti capitali per la realizzazione della serie. Record di ascolti su Sky, Rai 3 e Twitter, è stato il prodotto televisivo del 2014 di maggior successo. I primi due episodi della serie, andati in onda martedì 6 maggio, sono stati visti da 650.000 spettatori, doppiando così il successo dell’altra grande produzione Sky, Romanzo Criminale 2, che all’esordio aveva raccolto 358.000 spettatori medi. La serie è rimasta fruibile su Sky Go e lo è ancora oggi ma, nonostante ciò, l’esordio in chiaro su Rai Tre, a distanza di circa due mesi dalla prima, ha consentito alla rete nazionale di raggiungere record mai toccati con la

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proiezione di una fiction in seconda serata. Parliamo di uno share medio del 7% per un corrispettivo di oltre 2 milioni di telespettatori. Numeri da capogiro ai quali si aggiunge il seguito sociale che ha accompagnato e caratterizzato la Serie, divenuta in breve tempo un fenomeno fortemente virale grazie ad alcuni “motti e frasi caratterizzanti” che sono finiti presto per rimbalzare di bocca in bocca fungendo da moltiplicatore e immortalando un successo già consolidato. Ad esempio l’hashtag #GomorraLaSerie ha raggiunto le prime posizioni ed è rimasto presente nella classifica dei Trending Topic italiani per diverso tempo. Un successo non così scontato per i registi: «Ci dicevano che una serie napoletana non sarebbe stata vista nemmeno a Roma, ma abbiamo preso un rischio ed ecco i risultati». Andrea Scrosati di Sky introduce così, al Teatro dell’Opera, Gomorra, la serie partita come una scommessa azzardata ma che, nonostante l’uso del dialetto e il cast semisconosciuto, non solo ha conquistato l’Itali intera ma ne ha varcato perfino i confini.

Oltre che un successo di pubblico e di critica, la serie ha avuto infatti un clamoroso successo produttivo: la prima stagione è diventata cult in molti paesi, e la seconda debutterà contemporaneamente in 5 stati europei, venduta in oltre 130 territori tra cui, Germania (Sky Deutschland), Francia (Canal+), Scandinavia (HBO Nordic) Inghilterra (Sky), Spagna (Atresmedia), America Latina (HBO Latin America), e, ovviamente, Stati Uniti (The Weinstein Company). Qui, 69

secondo Variety, Gomorra ha le carte in regola per proporsi come la risposta italiana a “The Wire”, la serie americana di HBO ambientata a Baltimora, in cui la trama poliziesca si fonde in maniera cinica e realistica con la profonda esplorazione di temi sociali e politici. Gli apprezzamenti internazionali105 continuano, incoronando la serie con parole come: [“Una narrativa autentica, sensazionale, una direzione robusta e una fotografia immacolata”], [“Una delle nuove serie internazionali drammatiche più attese!], [“Dimenticate i Soprano, ora ci sono i Saviano”], [“La migliore nuova serie italiana”]. «Gomorra ha prodotto uno shock nel pubblico internazionale abituato a vedere serie girate in studio»106, spiega ancora il produttore Tozzi, «noi invece abbiamo girato tutto sul posto, con spirito neorealista». I protagonisti si spostano tra Scampia, Fiumicino, Ostia, Roma, per poi arrivare fino in Honduras, Spagna, Germania. «Abbiamo cercato di ignorare le aspettative per non farcene schiacciare - ha detto il regista Stefano Sollima - puntando ad alzare l’asticella della qualità». Accanto a lui, per narrare le gesta dei Savastano, altri tre registi, Claudio Cupellini, la new entry Claudio Giovannesi e Francesca Comencini, unica donna del gruppo: «E di questo sono grata: è importantissimo avere un punto di vista femminile». Anche perché, sottolinea Fortunato Cerlino, «il ruolo delle donne in questi sistemi è spesso tragicamente sottovalutato».

105 International Press Review: “An authentic, sensational_narrative. Robust direction and immaculate photography”, “One of the most hotly- anticipated new international drama series”, “Forget the Sopranos, here come the Savianos”, “The best new Italian series”. 106 Riccardo Tozzi,“All’estero choc per le immagini neorealistiche”, “Leggo.it”, 10 Maggio 2016. 70

TRADUZIONE

“Culture is translation, and also translation is culture”107

Nonostante il contenuto, l’ambientazione e, come vedremo, molte scelte lessicali siano profondamente radicate nel contesto socio-culturale campano, Gomorra il libro, a seguito del suo successo internazionale, è stato tradotto in ben 33 paesi, divenendo ben presto un best-seller in molte nazioni europee fino a varcare anche l’oceano raggiungendo gli Stati Uniti. Come è facile immaginare, nel tradurre un’opera del genere, si è costretti ad affrontare diverse difficoltà e proprio partendo da questa prospettiva ho scelto di analizzare la traduzione di Gomorra in un contesto anglofono. In primo luogo va detto che la traduzione dall’italiano all’inglese di Gomorra si presenta atipica in quanto, per così dire, in controtendenza rispetto alla massiccia esportazione, soprattutto da parte degli Stati Uniti, di testi, verso il resto del mondo; in secondo luogo è particolare notare le differenze presenti tra le due edizioni in lingua inglese, quella pubblicata negli USA e in Canada, e quella pubblicata nel Regno Unito dalla stessa casa editrice, MacMillan, il 18 febbraio 2008. La pubblicazione americana, più affine all’originale, ne rispetta anche il titolo presentandosi come: [“Un viaggio personale nel violento impero internazionale del crimine organizzato di Napoli”]108; mentre quella inglese, più sintetica, utilizzando la parola “Mafia” introduce direttamente l’argomento: [“L’Altra Mafia dell’Italia”] 109 . Per quanto

107 [“la cultura è traduzione, e la traduzione è cultura”] Peeter Torop, semiologo estone, “Translation as translating as culture”. 108 Roberto Saviano“Gomorra. A Personal Journey into the Violent International Empire of Naples Organized Crime System”, USA, Mc Millan 2008. 109 Roberto Saviano, “Italy’s Other Mafia”, UK, Mc Millan 2008. 71

riguarda altre edizioni pubblicate nei principali paesi europei possiamo citare: [“Gomorra. Dentro l’impero della Camorra”] 110 (Francia); [“Gomorra. Viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della Camorra”] 111 (Spagna); [“Gomorra. Viaggio nel regno della Camorra”] 112 (Germania); [“Gomorra. La mafia napoletana”] 113 (Norvegia); [“Gomorra: un viaggio attraverso l’impero economico della Camorra”]114 (Olanda) “Gomorra” (Svezia). Per quanto riguarda Gomorra, ancora più che in altri casi, la difficoltà nel tradurre non si limita a “trasportare” da una lingua ad un’altra, ma anche a “trasferire” da un luogo ad un altro. Se la prima azione è ovviamente quella più pertinente ad un’analisi linguistica, la seconda acquista una sfumatura interessante laddove si analizzano le reazioni suscitate da un libro che cri-de-coeur una specifica realtà territoriale e che viene esportato in contesti assai distanti, non solo geograficamente, da quello in cui è nato.

Scampia .

110 Roberto Saviano, “Gomorra. Dans l'empire de la Camorra”, Francia, Gallimard 2007. 111 Roberto Saviano, “Gomorra. Viaje al imperio económico y al sueño de dominio de la Camorra”. Spagna, Debate 2007. 112 Roberto Saviano, “Gomorra. Reise in das Reich der Camorra”, Germania, Dtv Deutscher 2008. 113 Roberto Saviano, “Gomorra. Mafiaen i Napoli”, Norvegia, Lydbokforl 2009 114 Roberto Saviano, “een reis door het economische imperium van de Camorra”, Olanda, Rotschild & Bach 2007. 72

In Gomorra il messaggio originario è palesemente individuabile, ma questa analisi mira a verificare se e fino a che punto, la traduzione ne abbia consentito la resa, rispettando o meno i diversi riferimenti storici e soprattutto socioculturali o come questi siano stati parzialmente, o in alcuni casi del tutto, persi: [“parte di ciò che si intende può essere lasciato “non detto”, dal momento che il significato è negoziato non solo linguisticamente, ma anche attraverso l’attivazione di conoscenze socio-culturali da parte dei partecipanti, i quali sono in grado di cogliere segnali e indizi all’interno di una particolare contestualizzazione”]115. Il traduttore deve riuscire ad attivare queste “conoscenze” laddove il background socio-culturale del pubblico del testo di partenza e quello del testo di arrivo non coincidono. Ovviamente questo non sempre è possibile, e naturalmente dipende anche dalla capacità e dall’abilità del traduttore stesso di rendere esplicite il maggior numero possibile di inferenze. Prima di addentrarmi nell’analisi traduttologica però, è importante parlare, seppur molto sommariamente, di questo legame complesso, a volte del tutto inscindibile, che intercorre tra ogni lingua ed il suo alveo culturale. Il legame tra lingua e cultura è basato su un intricato e sfaccettato rapporto di interdipendenza che è stato, e continua ad essere, oggetto di analisi e dibattito da parte di innumerevoli studiosi. Attraverso la lingua, non solo conduciamo e rappresentiamo la nostra vita sociale, ma al tempo stesso ci scambiamo opinioni e riportiamo e/o commentiamo eventi, rifacendoci ad un comune bagaglio di conoscenze ed esperienze che condividiamo con i nostri interlocutori. Parliamo di comunità linguistica, “linguistic nationism”, da cui si sviluppano poi, in un crescendo di oggettivizzazione,

115 Testo originale: “part of what is meant can be left actually “unsaid”, as meaning is negotiated not only linguistically but also through the activation of the socio-cultural knowledge of the participants, who are able to pick up cues and implicatures relating to the particular contextualisation”, Charles Taylor, “The Translation of Film Dialogue”, 1999.

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definizioni come “speech community” 116 , “discourse community” 117 , attraverso dialetti, gerghi, fino a giungere al personalissimo idioletto, ossia la varietà di linguaggio propria di ogni singolo individuo. Tutti questi concetti comprovano quanto le persone identifichino se stesse e gli altri attraverso l’uso stesso della lingua, che diventa così simbolo della loro identità sociale. Ciò rafforza ulteriormente il vincolo tra ogni lingua ed il suo contesto socio- culturale. Il principio alla base del processo traduttivo e che ne palesa la difficoltà è la consapevolezza dell’impossibilità che vi sia una perfetta corrispondenza tra ogni singolo significato ed il suo significante all’interno di due codici linguistici diversi. Per questo secondo me un abile traduttore non deve essere solo [“Un professionista bilingue ma anche biculturale (se non multiculturale) che lavora con e all’interno di un’infinita varietà di aree di esperienza”]118. Cercheremo ora di valutare se, ed in che modo, ha raccolto questa sfida la traduttrice della versione in lingua inglese Virginia Jewiss, riportando alcuni esempi, scelti tra i più significativi e indicativi. Il contesto socio-culturale napoletano è naturalmente preservato, tuttavia, spesso nella versione inglese alcuni riferimenti culturali, termini specifici, idiomi o

116 Hymes definisce membri di una speech community tutti coloro che comunicano tra di loro attraverso una lingua storico-naturale. 117 Il concetto di discourse community, introdotto per la prima volta nel 1982, descrive una specifica comunità che si avvale di forme di comunicazione che contribuiscono a veicolare un modo di pensare specifico e/o istituzionalizzato, oppure aventi le stesse finalità. 118 Testo originale: “A bilingual, but also a bicultural (if not multicultural) specialist working with and within an infinite variety of areas of technical expertise”, M. Snell-Hornby, “The professional translator of tomorrow: language specialist or all-round expert?”, in “Teaching Translation and Interpreting”, 1992. 74

espressioni dialettali non sono stati resi adeguatamente o sono stati addirittura omessi. A seguito di tale “generalizzazione”, molti aspetti restano oscuri per coloro che non posseggono il bagaglio culturale necessario per capire appieno i diversi livelli di lettura e coglierne il rinvio intertestuale. Se, come affermato finora, [“ogni cosa è prodotta culturalmente, a iniziare dal linguaggio stesso”]119, l’individuazione di termini specificamente culturali potrebbe sembrare un paradosso. È innegabile, però, che all’interno di ogni codice linguistico esistano termini che più di altri sollecitano inferenze le quali, per poter essere esplicitate, richiedono una conoscenza particolarmente approfondita del patrimonio storico-culturale della lingua di partenza. Si tratta, in particolar modo, di proverbi, espressioni idiomatiche, metafore, canzoni, poesie, riferimenti a riferimenti al cibo, a stereotipi o ad atteggiamenti caricaturali oppure a personaggi specifici del mondo dello sport o dello spettacolo. Nel nostro testo un esempio pertinente potrebbe essere rappresentato dal riferimento che Saviano fa a Totò e ai nobili decaduti imitati nei suoi film: “Parlava un perfetto italiano, con una leggera r mutata in v. Come i nobili decaduti imitati da Totò nei suoi film”120, riferimento che gli serve per descrivere appunto il modo di parlare di uno dei suoi personaggi. La frase in questo caso è stata tradotta alla lettera “Like the impoverished aristocrats Totò imitates in his films”121, ma avrebbe invece richiesto una “extra distinctions”122, ossia l’integrazione di ulteriori informazioni. In che percentuale infatti la traduttrice può presumere che il pubblico d’arrivo conosca Totò e sia in grado di comprendere il tipo di caratterizzazione cui fa riferimento Saviano? In questo caso il lettore andava reso edotto con qualche explicitation123, ossia l’aggiunta di una o più specificazioni così da rendere più esplicito il messaggio

119 Testo originale: “Everything is culturally produced, beginning with language itself”, J. F. Aixela, “Culture- specific Items in Translation”, 1996. 120 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Il porto”, pag. 16. 121 Roberto Saviano, “Gomorrah: Italy’s other Mafia”, MacMillan 2008. 122 Terminologia utilizzata da Albrecht Neubert in “Translation as a Text”, 1992. 123 S. Blum-Kulka, “Shifts of Cohesion and Coherence in Translation”, 1986. 75

originale. Un altro esempio riguarda ciò che possiamo definire “culture bumps”124, ovvero espressioni dialettali e giochi di parole. Sotto questo punto di vista possiamo riportare il linguaggio utilizzato da Saviano per descrivere come progressivamente la camorra riesca a far lievitare il suo giro d’affari. Saviano ci parla di quattro blitz scattati nell’aprile del 2005 che sequestrarono merce importata illegalmente per un valore di trentasei milioni di euro: “Una fettina d’economia, in una manciata di ore stava passando per il porto di Napoli. E dal porto al mondo. Non c’è ora o minuto in cui questo non accada. E le fettine di economia divengono lacerti, e poi quarti e interi manzi di commercio”125. Nella versione inglese si perde del tutto il gioco di parole utilizzato da Saviano, come anche la forte carica espressiva e il crescendo creato dalla ripetizione delle “fettine” che diventano “lacerti”, e la metafora della carne cruda che gronda sangue. Anche se in inglese nella prima frase: “Just a small serving of the economy”126 [“Appena una piccola porzione di economia”] con il termine “serving” [“porzione”] viene comunque inserita l’area lessicale del cibo, ripresa poi con la metafora della dieta, non vi è comunque nessun riferimento a “slices” [“fettine”], termine introdotto invece nella seconda frase, dove la traduttrice scrive: “These slices of the economy are becoming a staple diet”127 [“Queste fette di economia stanno diventando gli alimenti di base di una dieta”]. Un’altra categoria di termini che generalmente richiedono una specifica “pragmatic explicitation” sono i luoghi geografici che molto spesso sono scelti proprio in virtù delle forti valenze connotative di cui sono carichi. Una pragmatic explicitation può rendersi necessaria laddove i membri dalla comunità culturale d’arrivo presumibilmente non condividono aspetti di ciò che è invece considerata conoscenza comune all’interno del bagaglio culturale di partenza.

124 Ritva Leppihalme, “Culture Bumps: An Empirical Approach to the Translation of Allusions, UK, Multilingual Matters, 1997. 125 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Il porto”, pag. 12. 126 Roberto Saviano, “Gomorrah: Italy’s other Mafia”, MacMillan 2008. 127 Roberto Saviano, “Gomorrah: Italy’s other Mafia”, MacMillan 2008. 76

In Gomorra ovviamente la scelta dei luoghi era, per così dire, obbligata, data la sua preminente natura di reportage e la maggior parte dei riferimenti geografici riportati, con l’esclusione dei macroscopici riferimenti a paesi come Cina, Spagna e Scozia, non richiede solo una generica conoscenza topografica dell’Italia, ma presume familiarità con determinati contesti urbani e sub-urbani. Inoltre i luoghi citati, specifici del contesto geografico campano, non sono mai un semplice sfondo, ma sempre parte integrante della narrazione. Un’altra caratteristica della scrittura di Saviano è l’evocare fenomeni visivi attraverso procedimenti verbali. Umberto Eco 128 individua ben quattro tecniche diverse attraverso le quali uno scrittore può realizzare questa tecnica narrativa: per denotazione, descrizione minuta, elenco o accumulo di eventi e personaggi. Napoli, quartieri spagnoli. Saviano, per produrre le sue immedesimazioni visive, una compenetrazione quasi fisica del lettore, si avvale ripetutamente di tutte e quattro le tecniche descritte da Eco. Ciò rappresenta un’ulteriore riprova di quanto l’ambientazione e la minuziosa ricostruzione delle scene giochino un ruolo di primaria importanza ai fini della narrazione e della interpretazione delle vicende nel libro. Diventa perciò importante che, quando Saviano cita, ad esempio, Posillipo, Parioli, Brera, la

128 U. Eco, “Les semaphores sous la pluie”, in “Sulla letteratura”, Bompiani 2002. 77

traduttrice aggiunga: “posh neighborhoods of Naples, Rome and Milan” [“quartieri eleganti di Napoli, Roma e Milano”]. Eccessiva è forse la scelta di tradurre addirittura il nome del quartiere Secondigliano con un improbabile “Second mile” [“Secondo miglio”]. Una scelta inspiegabile se si pensa che il Parco Verde a Caivano resta giustamente intradotto, e nella stessa pagina “la Statale 87, il luogo dove tutte le coppiette della zona si appartano” diventi, “Route 87 where all the lovers in the area went” [“dove tutti gli amanti della zona andavano”]. Qui la Jewiss opta per un improvviso guizzo verso un processo di “addomesticamento”, cui abbiamo accennato precedentemente, trasformando la Statale 87 in Route 87. La frase immediatamente successiva spiega comunque che si tratta di una strada di catrame rattoppato e mini discariche, dove il sabato si appartano le coppiette129; quindi la traduzione letterale di statale in highway risulta inutile e fuorviante nonostante la neutra traduzione di “coppiette” con “lovers” e del verbo “si appartavano” con “andavano” “went”, ha già perso del tutto quel senso di clandestinità, o comunque di ricerca di intimità, che andava invece reso. Altra particolarità del testo Gomorra sono i numerosi e caratteristici “contronomi”, ovvero i soprannomi che identificano diversi personaggi di cui ho parlato nei capitoli precedenti. Questi possono rappresentare per il traduttore una sfida che rasenta l’impossibile. Virginia Jewiss non li può omettere e opera dunque una amplification130, che però in alcuni casi non è pertinente alla connotazione originale del testo, come ad esempio: Quando Saviano riporta che uno dei camorristi viene definito “Cicciobello”131 a causa del suo viso tondo, il riferimento non è alla sua connotazione fisica, ma al famoso bambolotto oggetto dei sogni di tante bambine, forse divenuto il bambolotto per antonomasia, ovviamente sempre all’interno del background socio-culturale italiano. La traduttrice americana qui non

129 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Angelina Jolie”, pag 22. 130 Per amplification J. L. Malone intende l’aggiunta nel testo d’arrivo di ulteriori unità di significato ai fini di una maggiore comprensibilità. 131 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Angelina Jolie”, pag 63. 78

va oltre il messaggio denotativo e il senso letterale della frase e decide che quel viso tondo deve necessariamente riportare ad una persona grassa, ed infatti aggiunge arbitrariamente: «Cicciobello, – “or fat boy”» [Cicciobello - “o ragazzo grasso”]; in questo caso specifico si è perso anche il sarcasmo implicito nell’attribuire il nome di bambolotto dal viso angelico ad uno spietato camorrista. In alcuni casi poi, la nota a pie di pagina resta l’unica risorsa a cui il traduttore può e deve ricorrere quando il divario culturale o lessicale è troppo ampio: laddove poi Saviano nomina semplicemente il Giovanni Brusca132 , decide di inserire che spiega: una lunga explicitation: “the boss of San Giovanni Jato and the murderer of Judge Giovanni Falcone”, [“boss di San Giovanni Jato e assassino del Giudice Giovanni Falcone”] troviamo anche un asterisco che ci riporta ad una “thick translation” 133, ossia la puntuale spiegazione di dettagli culturali in note o glossari. Ed infatti un’altra lunga nota fornisce specifici dettagli su Falcone ed il suo omicidio e sul cosiddetto Maxi Processo, informazioni che nel testo originale vengono date per implicite dal momento che appartengono tristemente al nostro recente bagaglio storico. In altre circostanze la traduttrice decide poi di ricorrere a calchi, come quando, ad esempio, rende l’espressione “sequestrare delle proprietà” con il verbo “to sequester”, invece che “to confiscate”, lasciando però spesso il lettore del tutto spiazzato, come afferma Anthony Shugaar134: [“I soldati italiani non portano combat boot ma portano anfibi, un vero enigma se non si sa che in italiano lo stivale da

132 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Il Sistema”, pag. 59. 133 Terminologia utilizzata d K. A. Appiah, Thick Translation, in “The Translation Studies Reader”, 2000. 134 Autore e traduttore americano. 79

combattimento si dice anfibio”] 135 . A tal proposito si è espresso anche Misha Glenny136, in un articolo pubblicato sul “Sunday Times”, in cui critica la frettolosa traduzione: [“Ciò che è imperdonabile, comunque, è la scelta della MacMillan, la casa editrice inglese, di pretendere che apponendo sulla copertina del libro la scritta “best-seller internazionale” sia libera dall’obbligo di doverlo rendere comprensibile ai lettori inglesi”]137. L’edizione pubblicata nel Regno Unito si avvale della stessa traduzione americana, salvo poche, seppur rilevanti modifiche. Una differenza importante, dettata da motivi burocratici e legali, consiste nel fatto che dalla versione pubblicata nel Regno Unito è stato omesso il nome di colui che Saviano in Gomorra definisce “Il primo camorrista di nazionalità inglese della storia criminale italiana e britannica”138. Non esistendo nel Regno Unito il reato per associazione camorristica, il capo di imputazione di cui si parla nel libro è praticamente inesistente, per cui la persona nominata avrebbe sicuramente citato la casa editrice per diffamazione, la quale avrebbe corso il rischio di dover pagare un risarcimento addirittura stimato intorno ai due milioni di sterline. Ovviamente la MacMillan ha preferito non rischiare. In tutto il capitolo il nome del camorrista non solo è omesso, ma vengono operati notevoli tagli che Eco a proposito della deontologia del traduttore, definirebbe “truffaldini”139. Una terza differenza riguarda la presenza, in entrambi i testi in inglese, di una cartina dell’Italia e in particolare della Campania, con un ingrandimento su scala, per aiutare il lettore a collocare visivamente sulla cartina geografica i principali luoghi che vengono citati nel libro. Naturalmente l’esportazione di un tale prodotto all’estero porta a un ribaltamento, o anche alla totale rimozione, di alcuni cliché positivi sull’Italia e su

135 “Italian soldiers don’t wear combat boots, they wear “amphibians” – an enigma if you don’t know that the Italian for army boots is ‘anfibio’”, A.. Shugaar, Good Fellas. A young Italian laments how Naples has fallen under the sway of brutal mobsters, 4 novembre 2007. 136 Giornalista e scrittore britannico. 137 “What is unforgivable, however, is the apparent decision by Macmillan, the British publisher, to pretend that by slapping the words “international bestseller” across the top of the book, it is freed from any obligation to render the book comprehensible to a British audience”, Misha Glenny, “Sunday times”. 138 Gomorra, Roberto Saviano, Mondadori 2006, “Aberdeen, Mondragone”, pag. 291. 139 U. Eco, Dire quasi la stessa cosa Esperienze di Traduzione. 80

Napoli in particolare. Questo avviene perché naturalmente ogni testo, in quanto tale, veicola un messaggio, un’immagine, una realtà che, in un modo o nell’altro, influenza il lettore e la sua visione delle cose; e con lettore non mi riferisco solo al Paese d’origine del testo stesso, ma anche a tutti i paesi raggiunti dalla sua traduzione. Sul “New York Times” Rachel Donadio, il 25 novembre 2007, scrive “Malavita”, un articolo su Gomorra in cui afferma: “Per il turista devoto del Belpaese, l’Italia descritta in Gomorra di Roberto Saviano è un luogo completamente irriconoscibile: niente arte rinascimentale, nessun piacevole pranzo all’aperto, nessuna piazzetta caratteristica e affaccendata, non design di lusso, né paesaggi mozzafiato”140.

Questo effetto, seppur indiretto, della traduzione, è un aspetto finora poco approfondito nell’ambito dei Translation Studies, come sottolinea Gabriela Saldanha141: [“Sebbene le traduzioni siano prodotti della cultura di arrivo, poca ricerca è stata svolta sulla ricezione delle traduzioni attraverso diversi contesti socio- culturali”] 142 . Ciò potrebbe offrire ulteriori spunti di ricerca nel campo della comunicazione cross-culturale, ad ulteriore riprova di quanto sostenuto da Torop: “culture is translation, and also translation is culture”.

140 Gomorra, Roberto Saviano, Mondadori 2016, raccolta di articoli, pag. 340. 141 Docente di Translation Studies presso il Dipartimento di Lingue Moderne dell'Università di Birmingham. 142 “Although translations are products of the target culture, little research has been carried out on the reception of translations across different socio-cultural contexts”, G. Saldanha, “Explicitation Revisited: Bringing the Reader into the Pictur”, 2008. 81

IL DIALETTO

“Il sole non illumina più le province di Napoli e Caserta, impossibile rischiarare questa terra buia e straniera al punto che gli italiani hanno bisogno dei sottotitoli per decifrarla”143

La traduzione e l’adattamento di varietà linguistiche regionali e sociali rappresenta un altro specifico elemento di estrema difficoltà per gli operatori nel campo della traduzione. Purtroppo molto spesso nella trasposizione di opere del genere si tende a ricorrere ad un linguaggio standard, ovvero un linguaggio che non connota le persone in base al sesso, luogo di nascita, età, status sociale o altri fattori similari; ciò comporta, inevitabilmente, che importanti indizi come accenti legati alla classe sociale o dialetti etnici o geografici vengano spesso appiattiti o scompaiano del tutto. Dal punto di vista di Gomorra, sappiamo come già nel libro Saviano ricorra a numerose citazioni ed espressioni dialettali, ma quella che nel libro è una caratteristica nel film e poi nella serie diventa una costante. Nella serie in particolare si capisce come sia stato fatto un attento lavoro per cercare di bilanciare la necessità del realismo con la comprensione del pubblico. Sentire uno scambio tra uno spacciatore ed i suoi clienti in perfetto italiano non avrebbe avuto infatti alcun senso, ma non si poteva nemmeno arrivare all’eccesso e usare un napoletano così stretto da diventare incomprensibile ai più. Per questa ragione i testi sono stati adattati, anche con l’aiuto di persone del luogo, traducendo di fatto solo alcune delle parole cardine di ogni frase ed ottenendo così di riuscire far comprendere comunque il discorso generale, là dove il dialetto era troppo stretto. Nonostante questo comunque, in molti hanno scelto di usufruire dei sottotitoli in italiano forniti prontamente da Sky. Il dialetto napoletano ha una caratteristica che lo contraddistingue più di ogni altra: la sua musicalità. Gomorra non è interessata a presentare, apparecchiare, il vero dialetto napoletano, non è quella la sua missione. Viceversa è interessata

143 “Gomorra, il film tratto dal libro”, “MusicaNapoli”. 82

a costruire proprio una musicalità linguistica che possa accompagnare, far interagire e scontrare i vari personaggi. Da qui i toni pacati e ruvidi di Genny, la signorilità delle frasi ad effetto del Boss Conte, la velocità con focus sulle ultime sillabe di Ciro Di Marzio, le lunghe pause e la linearità di Pietro Savastano, l’energia e l’anarchia di linguaggio di O’Track. Quest’ultimo in particolare è preso a simbolo dei giovani emergenti, i quali utilizzano un linguaggio molto più veloce e meno comprensibile, quasi un’ulteriore sottolineatura della differenza generazionale. Il modo di parlare diventa quindi estensione dei personaggi stessi. Parlando di musicalità è d’obbligo fare un accenno anche alle colonne sonore e ai brani della serie tv, che hanno contribuito a rendere grande questo prodotto. Il tema musicale principale della serie è “Doomed to live” dei Mokadelic144, un gruppo post-rock/psichedelico le cui melodie, con il loro crescendo e diminuendo di note e intensità, accompagnano perfettamente le scene principali della serie. Per quanto riguarda la canzone di chiusura di ogni puntata è ormai diventata un vero cult. Si tratta di “Nuje Vulimme ‘na Speranza” di NTO’ & Lucariello145, le cui parole, seppur poco comprensibili per chi è nato e cresciuto fuori la Campania, descrivono appieno l’atmosfera che si respira in quei quartieri e il grido di chi ancora spera.

144 La loro musica si sposta da atmosfere post-rock e neo-psichedeliche a suggestioni ambient malinconiche e rarefatte, fino ad arrivare a sonorità dense di melodiche distorsioni e implacabili crescendo, creando vere e proprie sinfonie. 145 Rapper italiani. 83

Asciut ajere ‘a vita accummeng’ mo’ Uscito ieri la vita inizia adesso aret ‘o 600 scarpe ianc nove dietro un ‘600 scarpe bianche nuove io lla’ nun ce torno pecchè stanotte nun ce dorm lì non ci torno perché stasera non ci dormirò e e penz chiu’ ‘a na’ Benz o na Range Rover penso più ad una Benz che ad una Range Rover faccio vencere ‘a sfortuna tutt”e frat mij perdut faccio vincere la sfortuna tutti i miei fratelli facev part’ re cunt nun è pe nnuje ma p”e criatur perduti facevo parte dei conti non è per noi ma nuje vulimme na speranz’ ‘e campa’ senza per i bambini chesta ansia noi vogliamo una speranza di vivere senza quand tornano ra’ scol quand stann abbasci ‘o questa ansia bar Quando tornano dalla scuola quando sono al bar ‘e mettn mman ‘e pistole e a droga e tutt’ ll’ati Gli mettono in mano le pistole la droga e tutte le storie atterran”e camion ch’e scorie e ce altre storie scaricano i camion con le scorie e gli purtamm pur ‘e sciur ‘o penzamm tutt’ quant portiamo anche i fiori ma nun ‘o ddice mai nisciuno lo pensiamo tutti ma non lo dice mai nessuno nuje tenimm na’ domand ma chi giudica a chi noi abbiamo una domanda “Chi giudica chi giudica? giudica?” É oggi che si costruisce il domani è è oggi ca se fa ‘o riman è logic’ ca si riman logico che resti inerme inerme nun cagna niente tien’e pier fridd a viern non cambia niente hai i piedi freddi in inverno nuje guardamm’ ‘a dint”o binocolo sti bastard noi guardiamo dal binocolo questi bastardi comm’ jiocano come giocano senza ‘o rischio ‘e ij carcerat proprio comme senza il rischio di andare in galera proprio come dint’o monopoli nel monopoli

Nuje vulimm’ na speranza pe campa’ riman’ Noi vogliamo una speranza per vivere domani Man aizate chesta cca’ va’ sul pe cchi rimman’ Mani alzate, Questa va solo per chi rimane

Nun saccio manc chi song se Non so neanche chi sono stracc l’anema a tuorn’cca’ si strappa l’anima attorno straccio p’e tutt”e juorn per la strage di tutti i giorni cca’ spaccio quand nun duorm qua spaccio quando non dormo guard nfacc’ quand te sfong ti guardo in faccia quando ti sfondi p’arraggia m’abboffo ‘e bomb per la rabbia mi faccio di “bombe” ch”e plancie aizano ‘e suonn’ mi Con i chili alzano i sogni magie ca te fann’ omm minacciano che ti fanno diventare uomini la vita ‘a vita facile nun te nfraceta te squaglia rint facile ti fa marcire ti squaglia all’acid nell’acido ‘e vote nun me capacita ‘e vote nun trovo pace a volte non capisco a volte non trovo pace voglio n’ata prospettiva prosperità attiva voglio un’altra prospettiva prosperità attiva guardo ‘a figliemo ‘a matin’ guardare mio figlio di mattina pront’ p’e n’atu destin’ pronto per un altro destino mastin’ ma astip astip è castig mastino, ma conservo in stiva e castigo stirpe nova dint’o festin’ te stira stirpe nova al festino ti stende istiga ‘a rivoluzione r’ogni person istigare la rivoluzione d ogni persona voglio benessere dint ‘a stu cess’ voglio benessere in questo cesso nun voglio comprensione non voglio comprensione vutt’t e futt’t bbuon’ ‘o brutt’ fa tutt’ rummor’ buttati e fotti bene il buono fa solo rumore il ‘o llutt’ t’anghiutt è tumor’ me sfrutt me sfrutt e lutto ti inghiotte è tumore mi sfrutti mi insulti e nun mor’ non muoio faccia dura ra’ speranza cu”e criatur dint a panz la faccia dura della speranza di chi ha i bambini pozz’ sulo guarda’ annanz’ aret’ car rint’ ‘o in pancia posso solo guardare avanti dietro cadi vacant’ nel vuoto.

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Con l’inflessione sporca, volgare a volte incomprensibile si ha proprio il senso della parlata vera, quotidiana, ci si sente calati nei vicoli, nei palazzoni popolari fatiscenti, nei quartieri degradati e abbandonati nelle mani dei boss. È proprio questo più di tutto che forse aggiunge quello scarto qualitativo che pone questa produzione sopra lo standard delle serie prodotte in Italia fino ad oggi. Perché ci hanno abituati alla recitazione impostata, perfetta, priva di accento, di scuola teatrale, in cui il dialetto si usa spesso per caratterizzare una situazione comica. In Gomorra invece è la lingua ufficiale della criminalità. L’Italiano è la lingua del nemico, dell’autorità, dello Stato. Di quell’istituzione che teoricamente dovrebbe fermare o perlomeno contrastare l’espansione e gli interessi delle organizzazioni criminali. Molte delle frasi dialettali che più si ripetono nella serie sono diventate un vero e proprio cult: “stà senza penzier” [non ti preoccupare], “L’omm che pò fà a men e tutte cos, nù ten paur ‘e nient” [L’uomo che può fare a meno di tutto, non ha paura di niente], “Ij mè vogl pìglià tutt’ cos!” [Io voglio prendermi tutto], “Vièn, vièn cà. Vièn’t a’ piglià o’ perdon!” [Vieni, vieni qua. Vieni a prenderti il perdono]. Mentre nel tradurre il libro si è scelto spesso di mantenere i termini dialettali originali integrando delle spiegazioni come nel caso di “Bellillo, or bello for his sweet face” [“Bellillo, o bello per la sua bella faccia”], oppure “punt’e curtiello - or point the knife” (in quest’ultimo caso si compie anche uno slittamento dal sostantivo “punt’e curtiello” che viene reso con un infinito [“puntare il coltello”]), diverso è invece il discorso riguardo l’adattamento della serie tv nei Paesi esteri. Le stagioni di Gomorra sono state interamente doppiate, e perdipiù la seconda stagione è andata in onda in contemporanea in 5 paesi europei. Naturalmente gran parte della particolarità del prodotto originale viene del tutto persa. I termini, le espressioni e gli accenti vengono sistematicamente appiattiti in un inglese, uno spagnolo, un francese, un tedesco standard. Proprio SkyAtlantic diffuse un video146 che mostra alcune scene della famosa serie tv doppiata in diverse lingue, in cui si nota come quelle stesse espressioni dialettali, ripetute più volte dai

146 Sky Atlantic, “Gomorra – La serie: successo in tutte le lingue”, Video.sky.it. 85

protagonisti, ed entrate a far parte della nostra quotidianità, perdano del tutto la loro forza comunicativa. Un esempio lampante è la famosa frase, “Statt' senz' pensier”, che nell’adattamento inglese diventa semplicemente “take it easy”. Allo stesso modo anche il termine “guaglioni” viene reso con un banale e generalizzante “kids”, o “boys”, e il verbo “faticare” è semplicemente “to work”. L’impatto è decisamente strano e a noi fa sicuramente sorridere, penalizzando anche la resa: «Frasi che si trasformano completamente se pronunciate in francese in tedesco in inglese o in spagnolo. Il risultato è curioso a volte divertente ed anche un po’ paradossale»147. Da notare è come un simile adattamento implichi un triplo passaggio: dalla lingua di partenza, ovvero il dialetto napoletano, all’italiano, alla lingua d’arrivo. La lingua è la storia di un popolo. E se c’è un popolo conosciuto universalmente per la sua lingua è quello napoletano. A dimostrarlo è anche l’UNESCO che include il napoletano tra gli idiomi da “tutelare” nel mondo: una ulteriore conferma del grande valore culturale che questa lingua porta con sé, tra letteratura, teatro e musica. Attestazione prestigiosa che, in qualche modo, riesce a diradare le pesanti nubi, spesso ingombranti e stereotipate, dei media e di chi il cielo di Napoli non l’ha mai nemmeno visto. Ma esiste, per fortuna, anche un altro immaginario collettivo, quello meno battuto dai media e che racconta le altre facce di questa città e la sua essenza.

147 “Gomorra, parlez vous français? Gli effetti del doppiaggio”, “Roberto Saviano online”, 10 agosto 2015. 86

GOMORRA, LA REALTÀ OLTRE LA FINZIONE

«La strategia di costruzione della serie televisiva è quella di non parteggiare per alcun personaggio. L’obiettivo è rendere protagonista il meccanismo, i rapporti di potere. La vera protagonista è la realtà. Era ed è quella la mia ossessione»148

Focalizzandomi su uno dei temi più discussi e interessanti che ruota attorno al fenomeno “Gomorra”, intendo analizzare la relazione tra ciò che è finzione e ciò che è invece la vita reale nei quartieri narrati da Saviano. In generale riguardo quest’argomento, le posizioni tendono a polarizzarsi tra due estremi: c’è chi pensa che la serie dia un’immagine troppo negativa e “alterata” di Napoli, finendo per alimentare luoghi comuni e stereotipi e chi, invece, reputa Gomorra come un occhio che permette di osservare, nonostante i filtri cinematografici, una realtà, lontana

Napoli, quartiere Scampia. Un tossicodidendente dopo essersi iniettato una dose nelle case abbandonate nelle Vele, adibite dalla camorra a "stanze del buco" per evitare che i tossicodipendenti si buchino per strada.

148 Roberto Saviano, Corriere della Sera, 24 maggio 2016. 87

dalla finzione e pienamente conforme alla verità.

Nel caso del libro i rimandi a eventi e personaggi reali sono, come già annunciato, decisamente espliciti e spesso dimostrati da fonti e prove inconfutabili riportate dall’autore stesso, allo stesso modo il film, come ormai sappiamo, è dichiaratamente improntato su uno stile documentaristico, ma penso che vada affrontato un discorso più approfondito per quanto riguarda la serie televisiva. Quest’ultima, pur essendo una fiction e ricorrendo all'invenzione per manipolare la realtà, riesce a restituirne uno spaccato narrativamente coerente tessendo continui rimandi a fatti, contesti e personaggi reali, giocando esplicitamente con la competenza dello spettatore. Si tratta di una competenza intertestuale che non fa riferimento solo al romanzo di partenza, ma, come dimostreranno con gli esempi analizzati, anche in generale al contesto esperienziale in cui è immerso lo spettatore; informazione e vita quotidiana comprese. Del resto, una delle caratteristiche peculiari delle serie tv contemporanee è proprio la loro tendenza a costruire degli spaccati di realtà catturando l’attenzione del pubblico che sembra sempre più attratto dalle storie piuttosto che dalle notizie, e più dalle vicende private che da quelle politiche, dalle sfumature del sociale impresse in immagini “fittizie” più che da quelle di un servizio giornalistico. È proprio su questo che punta la serie, focalizzandosi su una famiglia camorristica, sulla sua quotidianità e sui suoi componenti, per descrivere il tutto. Si passa quindi dal piano sociale a quello individuale, dove le analogie con la vera quotidianità di quelle famiglie e di quei luoghi si sprecano e puntata dopo puntata i particolari avvicinano sempre più i protagonisti della fiction alla realtà dei fatti. I vari personaggi incarnano icone che trovano il proprio referente reale nella cronaca recente e, allo stesso tempo, queste sono fortemente metaforiche, che attivano nello spettatore dinamiche di ricezione e interpretazione diverse a seconda del grado di coinvolgimento sviluppato. L’efficacia di questo prodotto televisivo si

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fonda proprio sul suo statuto narrativo simbolico, nel senso che cita fatti, nomi e luoghi reali per poi attribuire loro un valore metaforico all'interno di un preciso percorso narrativo. Per descrivere proprio con un’immagine simbolica il diverso atteggiamento tenuto nel libro e nella serie voglio rifarmi a tre figure: il pittore, il reporter e il falsario. Il pittore prende «i segni del mondo» per costruire icone della realtà, il reporter usa «i segni dell'autore» per cercare di convincere lo spettatore di essere venuto in contatto direttamente con ciò che gli presenta, mentre il falsario ricorre ai «segni del documento» per produrre versioni contraffatte di ciò che vuole copiare. Facendo riferimento a questo modello si può affermare che Saviano, scrivendo il suo libro, assume un atteggiamento ibrido tra quello del reporter, rappresentando sé stesso come testimone diretto dei fatti, e quello del pittore, costruendo rappresentazioni dalla forte carica simbolica attraverso un sapiente utilizzo del linguaggio narrativo di genere. Nel serial, invece, prevale la figura del pittore: si prelevano dal testo originario gli episodi, i tratti dei personaggi e le situazioni che più si prestano a creare una rappresentazione potente a livello simbolico, e si collocano all’interno di in una cornice finzionale di genere. È opportuno poi precisare che i rimandi dalla serie tv al romanzo e di conseguenza a fatti storicamente avvenuti non riguardano solo interi episodi, ma anche piccoli dettagli che, nel quadro generale della trasposizione, acquistano una valenza narrativa non trascurabile. Tra gli episodi descritti nel libro e ripresi per intero nella serie televisiva, pur apportando modifiche riguardanti la collocazione spazio-temporale, prendiamo ad

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esempio la vicenda del bicchiere di urina che, secondo le informazioni riportate da Saviano, Paolo di Lauro impose di bere a un suo sottoposto disobbediente, Gennaro Marino, alias “Genny McKay”, come prova di fedeltà: «Pisciò in un bicchiere e glielo porse. Al boss erano giunte all'orecchio notizie circa comportamenti del suo prediletto che non poteva avallare in nessun modo. […] Si racconta che McKay bevve tutto sino alla posa»149. Nella serie Don Pietro Savastano fa lo stesso con Ciro Di Marzio, in un contesto, quello finzionale, in cui, paradossalmente, la cosa sembra meno incredibile rispetto che nella realtà. La serie tv “Gomorra” parte dal culmine del potere di un clan per poi arrivare al seguente punto di rottura con cui tutti devono fare i conti prima o poi in questo infinito gioco della camorra. Come si può evincere, conoscendo i fatti, molte dinamiche della faida tra clan messa in scena dalla serie sono ispirate direttamente e non troppo velatamente alla guerra di camorra descritta nel libro e realmente avvenuta tra gli anni Novanta e gli anni Duemila. Nella serie, il boss Pietro Savastano ha molto in comune con Paolo Di Lauro e Ciro, ex braccio destro del boss e poi capo degli scissionisti, sembra rappresentare proprio l’ex braccio destro di Di Lauro, Lello Amato. Ciao Un altro parallelo si può fare tra la figura di Genny e quella di Cosimo Di Lauro, primogenito del boss Paolo Di Lauro.

149 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “La guerra di Secondigliano”, pag. 70 90

I due ragazzi sembrano rispecchiarsi l’uno nell’altro fin dai primi episodi, in cui il giovane boss affronta una vera e propria iniziazione nel clan su ordine del padre. Si tratta del suo primo omicidio150, ma Genny non riesce a portarlo a termine, si blocca, e interviene Ciro che senza battere ciglio spara e rimette la pistola nella mano del giovane. Cosimo, fu iniziato proprio così e come Genny, anche lui in quell'occasione fece una magra figura. La vicenda è nota a Scampia. Nel libro inoltre notiamo come Saviano descriva Cosimo come “claudicante” 151 mentre scende le scale accompagnato dagli agenti di polizia in seguito al suo arresto. Questo perché il giovane boss in passato era rimasto vittima di un incidente in moto che gli era quasi costato la vita. Ancora una volta la finzione sembra incontrare la realtà quando, nel secondo episodio, Genny finisce in ospedale proprio per un incidente in moto. Quell’incidente porta anche all’arresto del padre, Don Pietro, fermato da una pattuglia mentre va ad alta velocità con la propria auto per raggiungere il figlio in ospedale; trovando del denaro illecito nel veicolo, i poliziotti portano Don Pietro in centrale, dove verrà poi identificato e arrestato152. Nella serie è riportato a questo punto anche il passaggio di potere da padre in figlio, dovuto anche qui alla caduta in depressione del boss. Nella serie però la depressione del boss non è dovuta alla morte del figlio, com’è invece nella realtà, bensì al suo internamento nel carcere 41 bis. Dopo alcuni mesi, una volta ripreso dall’incidente, Genny va a trovare il padre in carcere, ma Don Pietro non parla, non

150 “Gomorra”, regia di Stefano Sollima Sky Atlantic, prima stagione, episodio 2. 151 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “La guerra di Secondigliano”, pag. 125. 152 “Gomorra”, regia di Stefano Sollima, Sky Atlantic, prima stagione, episodio 2. 91

riconosce i suoi cari, non reagisce a nessuna sollecitazione, neanche alla morte della moglie. Ora a decidere deve essere il figlio. .La stagione a questo punto sembra focalizzarsi proprio sulla figura del nuovo giovane boss, attraverso il quale viene ripresentata anche la presa del monopolio della droga dei Di Lauro con il legame diretto con i produttori del Sud America153. L’esperienza in Sud America lo segnerà nel profondo e una volta tornato diviene protagonista di una trasformazione che lo porta a impersonificare chiaramente la figura di Cosimo Di Lauro, sia per il suo modo di agire e pensare, sia per le scelte che fa una volta a capo del clan sia proprio nel modo di vestire con la predilezione di abiti scuri e in pelle nera. Particolare è poi un dettaglio inserito in uno degli episodi finali della seconda stagione in cui Genny riceve una pistola speciale dal padre per uccidere Ciro. La pistola in questione, divisa in più pezzi da assemblare, era progettata in modo da passare tranquillamente i metaldetector e non destare alcun sospetto. Un episodio che è stato volutamente inserito per mostrare l’evoluzione dei clan di oggi anche a livello di organizzazione e accuratezza. Un dettaglio simile lo ritroviamo anche nel libro, in cui Saviano ci parla di un’arma chiamata “o tubo”, incredibilmente semplice e terribilmente potente. Come indica il nome stesso, quest’arma, ideata da un fucile giocattolo, è costituita da due tubi, uno dei quali è di diametro leggermente inferiore in cui si inserisce una cartuccia calibro 20. Essendo facilmente montabile e smontabile è l’arma perfetta per commettere un omicidio.

153 “Gomorra”, regia di Stefano Sollima, Sky Atlantic, prima stagione, episodio 6. 92

Oltre alle figure dei personaggi principali troviamo in generale una serie di particolari sapientemente cuciti e amalgamati che ritraggono nella serie spezzati di vita reale dei quartieri di Napoli: l'organizzazione delle piazze di spaccio in pieno giorno tra l'indifferenza dei passanti; le numerose persone in fila davanti al carcere che lasciano passare avanti in silenzio la moglie del boss; l'uso dei poligoni di tiro per costruire gli alibi dei killer; la paga distribuita mensilmente alle famiglie dei caduti e dei detenuti; i brogli elettorali orchestrati dai clan per le elezioni sindacali dei proprio paesi e i boss che pregano prima di ordinare una strage. Ci sono poi quelle che possiamo chiamare “citazioni visive”, come la sequenza di apertura della seconda puntata, in cui un'inquadratura del porto di Napoli con un container che dondola appeso a una gru ricorda proprio l'incipit del romanzo di Saviano. Per altri episodi va fatto invece un discorso diverso, in quanto sono stati ripresi da altri scritti di Saviano, e riguardano fatti ed eventi successivi al 2006. Un esempio è l'intervista al pentito Maurizio Prestieri. Prestieri è stato uno dei primissimi pentiti di quella guerra, probabilmente il più importante data la mole di arresti a cui hanno portato le sue confessioni. Appartenente al clan Di Lauro decise lui stesso di andare “in braccio”154 alle forze di polizia e non per paura di essere ucciso da uno scissionista ma per paura del suo nuovo boss, Cosimo Di Lauro. Prestieri aveva dedicato tutta la sua vita a quel clan e ora questo sembrava voltargli le spalle, in una guerra in cui chiunque era sospettato di essere un traditore. Saviano nel suo libro fa i nomi di alcuni pentiti tra cui: Cuono Lettiero e Carmine Schiavone.

154 Modo di dire utilizzato a Napoli per indicare chi si costituisce. 93

Lettiero, affiliano dei Casalesi, nel 2000 cominciò a collaborare con i magistrati e grazie alle sue confessioni, nell’autunno dello stesso anno, sono stati scoperti i rapporti commerciali stretti dai clan con due grandi aziende nazionali del latte: Parmalat e Cirio. Schiavone fu invece il primo ha denunciare gli affari del clan dei Casalesi. Le sue dichiarazioni hanno reso possibile un maxiprocesso da parte della DDA di Napoli nel 1993. L’operazione fu chiamata “Spartacus” e portò a cento trentuno decreti di sequestro, ventuno ergastoli, tra cui quello di Francesco Schiavone detto “Sandokan” e numerosi anni di reclusioni per gregari, manager e dirigenti coinvolti. Sempre Schiavone in un’intervista rilasciata nel 2005 ha poi parlato di una differenza fondamentale tra Cosa Nostra e Camorra. Affermò che Cosa Nostra è un’organizzazione schiava dei politici, incapace di ragionare in termini d’affari come invece facevano i camorristi casertani. Questo perché la Mafia vuole porsi da sempre come anti-Stato mentre per la camorra non esiste Stato o anti-Stato ma solo un territorio in cui si fanno affari. Imprenditori. Così si definiscono i camorristi del casertano, nient’altro che imprenditori. Per i camorristi i pentiti sono feccia, infami, morti che camminano. Per la polizia rappresentano invece un’arma, l’asso nella manica che può condurli fino al cuore di un clan, svelandone i traffici, i rapporti commerciali, i punti di interesse e i meccanismi. C’è chi si consegna per salvarsi la vita, chi per avere uno sconto sulla propria condanna, chi invece non vede altra alternativa per uscire finalmente dal quell’inferno. Negli ultimi sottocapitoli parlerò più specificatamente di questa guerra e di altri personaggi ed eventi salienti della serie, ripresi direttamente dal libro e dalla realtà:

 La guerra di Secondigliano tra il clan Di Lauro e gli scissionisti;  Le donne ai vertici della camorra;  Vicende reali, drammatiche e significative, come quella di Manu, che diventa simbolo di tutte le vittime innocenti di quella guerra cieca;

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LA GUERRA DI SECONDIGLIANO

“È guerra. Nessuno comprende come si combatterà, ma tutti sanno con certezza che sarà terribile e lunga”155

La Guerra di Secondigliano riguardò la feroce faida scoppiata tra il clan Di Lauro e alcuni suoi membri che decisero di separarsene divenendo noti come “scissionisti” o anche “spagnoli”156. Prima di parlare della guerra vera e propria però è importante analizzare una figura in particolare, attorno a cui è ruotato tutto, ovvero quella del boss dell’omonimo clan, Paolo Di Lauro. Paolo Di Lauro nasce a Napoli il 26 agosto 1953. Abbandonato alla nascita viene adottato dalla famiglia Di Lauro. I genitori, umili commercianti nel settore dell’abbigliamento, si impegnarono per dare al proprio figlio un’infanzia normale, lontano dai brutti ambienti, dandogli l’opportunità di frequentare buone scuole. Ma nonostante la sua infanzia tranquilla, il ragazzo manifesta presto un carattere predominante, deciso e carismatico alimentato da un forte desiderio di potere e soldi che lo portano presto a intraprendere la via del crimine. Inizia a delinquere proprio nel settore vestiario, cominciando a trafficare vestiti, per poi addentrarsi anche nel settore del gioco d’azzardo e nel traffico di gioielli. Divenne presto noto come “Ciruzzo ’o milionario”, a partire da una sera in cui il boss, Luigi Giuliano detto “o’ re” gli vide cascare dalle tasche decine di bigliettoni da centomila lire mentre si sedeva al tavolo da poker; Giuliano esclamò: «E chi è venuto, Ciruzzo ’o

155 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “La guerra di Secondigliano”, pag. 89. 156 Erano detti anche “spagnoli” a causa della fuga in spagna di uno dei futuri capi del cartello durante i mesi che precedettero la faida. Nella serie in particolare possiamo far riferimento a Conte. 95

milionario?». Questa sua fama raggiunse persino gli States dove era conosciuto come “little Ciro the millionaire”. Una volta all’interno del sistema malavitoso, inizia la sua scalata nel crimine organizzato a metà degli anni Settanta, come sottoposto del boss di Secondigliano Aniello La Monica. Quest’ultimo, con il tempo, ripose una tale fiducia in lui da fargli tenere persino i libri paga del clan. Di Lauro però cominciò presto a rivelarsi un uomo scaltro, intelligente e smanioso di potere, tanto che il boss stesso, sentendosi minacciato da una tale personalità, nel 1982 ne ordinò la morte. L’attentato però fallì e Di Lauro sopravvisse. Sempre molto calmo e calcolatore finse di non sapere chi fosse il mandante di tale attacco e invitò La Monaca ad incontrarsi per parlare di alcuni affari. In realtà si trattò di una trappola ben architettata in cui coinvolse i fedelissimi del boss (i fratelli Giuseppe e Antonio Rocco, Rosario Pariante, Raffaele Prestieri, e Domenico Silvestri), convincendoli che La Monica non stava ai patti, poiché tratteneva per sé una somma superiore a quanto gli spettava. L’omicidio venne consumato il 1° maggio 1982: «La Monica venne attirato fuori di casa con una scusa. Gli dicono che deve vedere dei brillanti da acquistare, ma appena esce dal portone l’auto su cui viaggiava il commando lo investe in pieno… C’era pure Paolo Di Lauro… Cominciarono a sparare prima ancora che il corpo ricadesse a terra dopo l’urto»157. La stessa fine tocca dopo poco tempo anche all’ex braccio destro di La Monaca, Domenico Silvestri, che aveva partecipato alla spedizione. Di Lauro viene inizialmente arrestato per il suo omicidio, ma viene rilasciato poco dopo, per mancanza di prove a suo carico. Solo dopo la pronuncia delle sentenze di assoluzione per i due omicidi, il 3 novembre 2004, Luigi Giuliano, pentito, ha raccontato: «Paolo Di Lauro ha ammazzato i suoi amici più cari, perché i camorristi fanno in questo modo. Per avere più potere ammazzano gli amici più cari. Ha ucciso Aniello La Monica e Domenico Silvestri, i suoi più cari amici d’infanzia, quelli con cui faceva il ladruncolo quando erano giovani e con cui è cresciuto dal punto di vista

157 Antonio Rocco, interrogato il 12 ottobre 1994. 96

camorristico» 158 . In poco tempo, approfittando del vuoto di potere, Di Lauro monopolizzò il traffico di droga a Napoli, e riuscì a coronare il suo più grande sogno, fare di Scampia la più grande piazza di spaccio a livello europeo, rifornendosi direttamente dai cartelli sudamericani, ovvero direttamente dai produttori, e alleandosi ad Est con i cartelli albanesi che si occupano della distribuzione su larga scala. Per stringere questi legami diretti Di Lauro si serve dei suoi collaboratori più fidati quale per esempio, , detto “Lello” o “spagnuolo”, che spedisce direttamente in Sud America. È a questo punto che cominciò a delinearsi quello che sarà uno dei più potenti clan della storia del crimine organizzato. Paolo Di Lauro era rispettato da tutte le grandi famiglie mafiose quali per esempio: i Casalesi, i Nuvoletta e i Gionta; ed era anche ben voluto dai cittadini di Secondigliano grazie ad alcune sue scelte come: abolire il pizzo e vietare ai propri sottoposti di rubare nelle case e nei negozi del paese. Il clan veniva gestito come una vera e propria impresa, secondo il modello di un’azienda in multilevel, che garantisce, in caso di arresto e pentimento di qualcuno, che la conoscenza sia limitata a singoli segmenti. Primo livello: I dirigenti del clan, i fidatissimi del boss, coloro che controllano l’attività di traffico e spaccio attraverso affiliati diretti. Secondo livello: affiliati del clan trattano direttamente la droga, curando acquisto e confezionamento dello stupefacente, gestione degli spacciatori e relativo supporto legale in caso di arresto. Terzo livello: con mansione di capi-piazza, membri del clan coordinano pali e vie di fuga, e controllano i magazzini dove la merce è stoccata e tagliata. Quarto livello: gli spacciatori. L’indotto dello spaccio è enorme, sono coinvolte migliaia di persone che intuiscono genericamente per quale famiglia camorrista lavorano ma nulla di più. Con questa organizzazione Paolo Di Lauro si garantisce un profitto pari al 500 per cento dell’investimento iniziale, per un fatturato di 500 mila euro al giorno159. Le

158 Giovanni Riacà, “Il caso Scampia: dal fallimento dell’urbanistica alle faide di camorra”, Rassegna dell’Arma dei Carabinieri, maggio 2016. 159 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “La guerra di Secondigliano”, pag. 70.

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entrate principali del clan sono rappresentate dalla droga. Il clan dei Di Lauro in questo settore riuscì a compiere un vero e proprio salto di qualità sia assicurando una migliore protezione dell’acquirente sia attraverso la liberalizzazione dello spaccio e dell’approvvigionamento della droga stessa. Prima i pali proteggevano solo i pusher avvisandoli dell’arrivo della polizia, mentre Di Lauro decise di mettere pali anche a protezione degli acquirenti stessi. D’altra parte istaurò una piccola imprenditoria dello spaccio capace di creare nuovi clienti. Libera, autonoma, in grado di far ciò che vuole con la merce, metterci il prezzo che vuole, diffonderla come e dove vuole senza necessità di trovare mediatori del clan. Liberalismo totale e assoluto. Avviata l’impresa del narcotraffico, Di Lauro deve preoccuparsi di reinvestire. I due settori merceologici più redditizi sono l’abbigliamento e la tecnologia. Le grandi griffe sfruttano la manodopera a basso costo gestita dalla camorra in Campania, in parte immettendo nel circuito legale i manufatti, in parte tollerando un mercato parallelo direttamente gestito dalla camorra, che vende gli stessi capi con marchio contraffatto, ma a prezzi accessibili; nella sua rete distributiva Di Lauro predilige la Francia, con negozi a Nizza, Parigi e Lione. In Cina, invece, Di Lauro fa produrre apparecchi fotografici identici alle Canon e alle Hitachi, salvo apporre un altro marchio, per venderli nel mercato dell’Est Europa. Nel 1989 fonda l’impresa Confezioni Valent di Paolo Di Lauro& C., sequestrata dal Tribunale di Napoli nel novembre del 2001. Per circa 20 anni fu noto come “il boss fantasma”, in quanto non veniva mai fatto il suo nome e nonostante gli sforzi delle forze di polizia non si riusciva a conoscere la sua identità. Di Lauro comunicava e si faceva vedere solo da pochi fedelissimi ed erano quest’ultimi poi a riferire il volere del boss a tutti i sottoposti del clan. Tutti si riferivano a lui con il nome di “Pasquale”, nome che compare in numerose intercettazioni ma che non portava a nulla gli investigatori. A far fallire questa perfetta piramide nascosta fu un episodio alquanto banale. Il boss ebbe dalla moglie, Luisa D’Avanzo, dieci figli, di cui sei avviati nel clan: Cosimo, Vincenzo, Ciro, Marco, Nunzio, Salvatore; Il figlio più piccolo del boss, inseguito ad un richiamo da parte di un insegnante, decise di vendicarsi aggredendolo. Paolo

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di Lauro venne chiamato in centrale e in una chiamata un suo sottoposto disse ad un alto che “Pasquale” si trovava in questura. A quel punto gli investigatori avevano quello che cercavano, l’identità del boss fantasma ma nonostante questo non avevano nulla contro di lui e quindi non poterono trattenerlo. Da quel momento Di Lauro divenne ancora più prudente e trascorse dieci anni in latitanza. Addirittura, smaniando dalla voglia di vederlo, gli affiliati si rivolgevano al boss, Maurizio Prestieri, chiedendo: «Ti prego, fammelo vedere, solo per un attimo, solo uno, lo guardo e poi me ne vado»160. Prestieri divenne presto il preferito del boss; lo divenne perché era il fratello di Raffaele, il suo più caro amico, morto ammazzato, e perché era sveglio, determinato, abile. Divenne il suo braccio dentro, il più fidato, tanto che Saviano scrive: «Paolo Di Lauro non aveva mai pianto, o almeno mai davanti a qualcuno. Una volta a Barcellona, luogo di investimento e acquisto di coca di tutti i clan del mondo, stavano passeggiando e guardando un tramonto quando Paolo Di Lauro disse a Prestieri: “A Raffaele sarebbe piaciuto questo tramonto...”. E scoppiò in lacrime»161. L’equilibrio del clan fu sconvolto quando, a seguito della morte di suo figlio Domenico, il boss cadde in depressione e decise di ritirarsi e lasciare il clan in mano al figlio Cosimo detto “il corvo”, dato l’abbigliamento molto simile al protagonista dell’omonimo film. Sotto il comando di Cosimo si sollevarono presto i primi disappunti tra i membri storici del clan, “la vecchia guardia”, ai quali il giovane boss non sembrava dare l’importanza che “meritano” dando invece più spazio e potere ai giovani “guaioncelli” che costituivano la sua “batteria”. Cosimo decise inoltre di mettere tutti a stipendio. Voleva tutti strettamente alle sue dipendenze, una scelta in controtendenza rispetto a quelle prese in precedenza dal padre, il quale come detto era più propenso al liberalismo, ma che si stata rivelando necessaria per ribadire la sua autorità e il suo potere. Inoltre continuava con la sua decisione di imporre una

160 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “La guerra di Secondigliano”, pag. 140. 161 Roberto Saviano, “Donne, casinò e champagne la vita d'oro del camorrista”, “La Repubblica”, 2012. 99

vera e propria trasformazione generazionale del clan, in cui i dirigenti non avevano più di trent’anni. Cominciano quindi i primi attriti tra quelli che cominciano a delinearsi come due gruppi distinti. Amato, Prestieri, Pagano e gli altri membri storici del clan cominciano a riunirsi con i vari capozona per discutere delle decisioni prese da Cosimo. D’altra parte Cosimo si riuniva con i giovani emergenti per spartire le zone di spaccio. Iniziarono i primi tradimenti e i primi omicidi che portarono alla Guerra di Scampia. Lello Amato, “a vicchiarella”, che una volta era il braccio destro più fidato di Di Lauro, responsabile delle piazze spagnole, e colori che gli rimasero fedeli, cominciarono a versare sempre meno capitale nella cassa del clan e cominciarono a prendersi le piazze con la forza iniziando a tessere una rete di narcotraffico con la Spagna. Fu l’inizio di una guerra senza “rispetto” e senza alcuna pietà. Sorelle, fratelli, genitori, cugini, nessuno veniva risparmiato. Si trattò di una vera e propria guerra, che portò a più di 100 morti in un anno, tanto che, nel corso dei mesi, la parola “faida” scomparve e si iniziò a definirla “Vietnam”. Auto bruciate, cadaveri dietro ogni portiera che si apriva, omicidi multipli anche nell’arco

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di una sola giornata, di una sola ora. Un macabro gioco di botta e risposta di piombo. «Dopo il Vietnam qua tutti hanno paura»162.

Dopo ben 2 anni di agguati e uccisioni il clan Di Lauro sembrò uscirne sconfitto e ormai finito; costretto nei confini di Parco dei Fiori conosciuto come “il terzo mondo”. Si tratta di un rione enorme, il cui soprannome rende chiara la sua situazione, così come la scritta all’entrata della strada principale: “Rione Terzo Mondo, non entrate”. Quando ormai non si vedeva più una via d’uscita arrivò la notizia si un patto siglato tra il clan e gli scissionisti. I quattro punti che costituivano l’accordo, sono stati pubblicati sul quotidiano “Cronache di Napoli”, in data 27 giugno 2005163:

Immagini che ritraggono la quotidianà in alcuni 1. Gli quartieri. scissionisti hanno preteso la restituzione degli alloggi sgomberati tra novembre e gennaio a Scampia e Secondigliano. Circa ottocento persone costrette dal gruppo di fuoco di Di Lauro a lasciare le proprie case. 2. Il monopolio dei Di Lauro sulla zona è spezzato. Non si torna indietro. Il territorio dovrà essere diviso in maniera equa. La provincia agli scissionisti, Napoli ai Di Lauro.

162 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “La guerra di Secondigliano”, pag. 147. 163 Gomorra, Roberto Saviano, Mondadori 2006, “La guerra di Secondigliano”, pag. 139. 101

3. Il territorio dovrà essere diviso in maniera equa. La provincia agli scissionisti, Napoli ai Di Lauro; gli scissionisti potranno servirsi dei propri canali per l’importazione della droga senza più ricorrere obbligatoriamente alla mediazione dei Di Lauro. 4. Le vendette private sono separate dagli affari ossia gli affari sono più importanti delle questioni personali. Se si verificherà una vendetta legata alla faida questa non farà riaccendere le ostilità ma rimarrà sul piano privato.

Cosimo viene arrestato il 21 gennaio 2005, il rampollo del clan non si trovava nella sua lussuosa villa da cinque milioni di euro, in quella villa non ci era nemmeno mai entrato. Lo trovarono all’interno di un buco di quaranta metri quadri, con dentro solo un letto mezzo sfondato. Poco dopo il suo arresto venne ritrovato un cadavere. Probabilmente il responsabile dell’arresto di Cosimo o comunque colui che ne era sospettato. Venne trovato in un auto bruciata, la testa era sul sedile posteriore, mozzata da una sega circolare dentellata. Lo stesso anno fu trovato anche il boss Paolo Di Lauro. L’ultimo nascondiglio di Di Lauro è stata la casa di Fortunata Liguori, donna di un affiliato di basso rango, dove il 16 settembre 2005 i ROS lo arrestano164.

164 Napoli, via Canonico Stornaiuolo, 16 settembre 2005. 102

A tradirlo fu un peccato di gola, i ROS infatti riuscirono a trovarlo dopo aver individuato la vivandiera dove acquistava il suo pesce preferito, la pezzogna. Pochi giorni dopo l’arresto venne condotto in tribunale, nell’aula 215. Jeans, polo scura e Paciotti ai piedi, viene descritto così. Dalla gabbia parla solo per dire «presente», esprimendosi per il resto con gesti, occhiolini, sorrisi e ammiccamenti. In aula incontra lo sguardo del figlio Vincenzo, non lo vedeva da più di due anni. Quest’ultimo non si è mai calato all’interno delle dinamiche più sanguinarie del ma vi partecipava indirettamente ed esternamente amministrando il capitale della famiglia e occupandosi della parte finanziaria, dei conti e di spostamenti di grandi somme di denaro. Lo saluta baciandolo attraverso il vetro blindato con le mani attaccate alla superficie trasparente. Solo a fine udienza Paolo Di Lauro ritrova la parola, quando l’avvocato chiede di autorizzare padre e figlio ad abbracciarsi: «sei pallido», dice il figlio, e il padre risponde: «da molti anni questa faccia non vede il sole»165.

165 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “la guerra di Secondigliano”, pag. 143. 103

Dagli atti del caso sappiamo che il figlio indicò al padre l’anulare, come a chiedergli dove fosse la fede; il padre gli rispose anche lui a gesti, lasciando intuire che l’avevano presa i carabinieri. Riguardo questo particolare episodio, anche se non ci sono certezze al riguardo, secondo Saviano, al figlio non importava veramente di sapere dell’anello, dato anche il fatto che, in seguito ad un arresto, alla persona in questione venga sequestrato tutto compreso l’oro. C’è invece la forte possibilità che i due si siano comunicati chi è stato il traditore che ha portato all’arresto del boss. Anello, in napoletano “aniello”, allude casualmente al noto cognome “Aniello”, patriarca della famiglia La Monica, ucciso anni prima dal suo stesso figlioccio Paolo Di Lauro, e vendicato, propria da quella soffiata alla polizia da parte di un esponente di quella stessa famiglia. Fatto sta che, a meno di ventiquattr’ore dall’arresto del boss, viene ritrovato il cadavere seviziato di Edoardo La Monica. Il messaggio impresso sulla carne era chiaro a tutti: «tagliate le orecchie con cui ha sentito, cavati gli occhi con cui ha visto, spezzati i polsi con cui ha preso i soldi, tagliata la lingua con cui ha parlato»166. Un omicidio di una violenza unica, un accanimento e una ritualità riservata solo a chi si è macchiato di un grave tradimento. Nel 2010 Cosimo Di Lauro fu condannato all’ergastolo per l’omicidio di Gelsomina Verde e “Il Mattino” dava la notizia che, in attesa dell’appello, aveva staccato un assegno da trecentomila euro per la famiglia dell’uccisa. Il 12 aprile 2012 fu poi assolto in appello mentre, il 17 luglio 2012, è diventata definitiva la condanna a 29 anni di reclusione nei confronti di Paolo Di Lauro, per associazione camorristica e associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, nel ruolo di capo «indiscusso», a dire della Corte di Cassazione. Decisiva fu L’operazione “Beluga”, scattata il 12 giugno 2013, alle ore 5: cinquecento militari hanno circondato il Terzo Mondo, ormai roccaforte del clan, eseguendo 105 arresti. Un duro colpo per il clan. L’anno successivo, il 22 maggio 2014, Di Lauro fu condannato in via definitiva per l’omicidio del cutoliano Giuseppe Frattini, detto “Bambulella”, ucciso e fatto a pezzi il 21 gennaio 1982. Il suo

166 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “La guerra di Secondigliano”, pag. 145. 104

cadavere fu ritrovato in una Fiat 500 senza testa, cuore e mani. Un omicidio, un macabro rituale, una vendetta che sembra far parte di una delle puntate più cruente di “Quei bravi ragazzi”, solo che stavolta è tutto vero. Attualmente gli equilibri continuano a cambiare e a trasformarsi attraverso l’insorgere di nuove scissioni. , latitante dal 2004, è ritenuto a capo del clan e dal luglio 2013 è sotto il mirino degli 007 americani, che hanno trasmesso al Dipartimento del Tesoro americano informative per segnalare la sua infiltrazione nell’economia della Grande mela. Marco Di Lauro sembra essere riuscito nel mediare una tregua e, non senza difficoltà, a porre fine alla guerra. E’ stato in grado di riallacciare i vecchi rapporti del padre. Ora non resta che lui. Da tempo il suo volto compare al secondo posto nell'elenco dei più pericolosi latitanti di mafia sul sito dei supericercati del ministero dell'Interno. In quella istantanea ormai datata si riconosce il volto di un ragazzino, e quella è l'ultima immagine pubblica che si ha di Marco Di Lauro. Aveva 23 anni quando si è dato alla macchia, senza mai più riemergerne. Lo cercano da dodici anni polizia e carabinieri. Nella sua ricerca sono stati mobilitati persino i servizi segreti. Tutto inutile. Di lui non c'è traccia. Per prenderlo gli inquirenti hanno fatto e provato di tutto. Inventandosi persino un escamotage che, almeno in teoria, avrebbe dovuto funzionare. Notificarono a lui e a due suoi amici un atto giudiziario nella cui copertina mani abili e sapienti avevano inserito una microspia. Una cimice invisibile. Il trucco fu studiato a tavolino perché gli investigatori erano convinti che qualcuno, più prima che poi, avrebbe portato quel

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documento al latitante. Ma l'ascolto di quella microspia fu inutile. Forse venne scoperta, o forse Marco ordinò ai suoi di portargli la fotocopia. Come scrive Saviano: «il Sistema si è allargato e si è ringiovanito. I capi napoletani hanno vent’anni»167. Questo perché appena un boss raggiunge il potere, dopo poco emergeranno nuove figure a prenderne il posto, espandendosi e camminando sulle spalle di quei giganti che loro stessi hanno contribuito a creare. Cutolo fu soppiantato da Bardellino, Bardellino da Sandokan, Sandokan da Zagaria, La Monica da Di Lauro, Di Lauro dagli Spagnoli e loro da chissà quale altro. È un Uroboro infinito, un serpente che si mangia la sua stessa coda. In questo senso ogni arresto, ogni maxiprocesso o sequestro non è altro che un modo di avvicendare capi, interrompere una fase, piuttosto che un’azione capace di distruggere un sistema.

167 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “La guerra di Secondigliano”, pag 83. 106

DONNE

“Nel naso mi erano rimasti odori; non solo l’odore di segatura e sangue, né i dopobarba dei ragazzini soldati messi su guance senza peli, ma soprattutto i sapori dei profumi femminili”168

Una parentesi interessante, aperta da Saviano nel suo libro, è quella delle donne al potere. Nel capitolo appositamente nominato dall’autore “Donne” L’autore ci presenta il lato femminile della camorra e ci parla di come le donne siano sempre presenti nelle dinamiche di potere dei clan. Saviano spiega come per molte donne sposare un camorrista sia come ricevere un prestito, come un capitale conquistato. Se sono fortunate quel capitale frutterà e potranno beneficiare di un potere illimitato e magari potranno aspirare a diventare imprenditrici o dirigenti. Ma può anche andargli male e si ritroveranno a passare ore e ore in sala d’attesa nelle carceri e ad aspettare “il sottomarino” che ogni 28 del mese passa a distribuire la mensilità alle famiglie degli affiliati in carcere. Sono chiamati sottomarini perché non si fanno mai vedere e non devono essere rintracciabili, per questo arrivano nelle case con percorsi sempre diversi. La serie riprende anche questa linea narrativa, a partire dalla figura di Donna Imma, moglie del boss Pietro Savastano. Il personaggio di Donna Imma è significativo dal punto di vista della trasposizione, perché condensa in essa l'intero capitolo Donne del libro. La trasformazione del mondo camorristico negli ultimi anni ha portato anche a una metamorfosi del ruolo femminile che da identità materna è diventata una vera e propria figura manageriale. Si tratta di donne dure. Senz’anima. La loro bellezza è marcata, spesso volgare e la sensualità sbattuta con senso di sfida in faccia al mondo. Vivono all’ombra dei propri mariti, padri e fratelli ma sono pronte a diventare capi, a comandare, a impartire ordini di morte, come gli uomini e peggio degli uomini, come nel caso

168 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Donne”, pag. 151. 106

Donna Imma; oppure possono essere semplici compagne, alleate, come Patrizia; o veri e propri boss della malavita come Chanel. Immacolata prende le redini del clan all'arresto del marito e spedisce il figlio in Honduras per trattare con i narcos consapevole che, se riuscirà nell'impresa, non solo potranno acquistare cocaina a un prezzo più conveniente, ma finalmente Genny sarà pronto a fare il boss. Decide poi, per compagnia e per difesa, di adottare un grosso cane trovato per strada, che sfoggia mentre passeggia tra le strade di Scampia quasi come simbolo della sua autorità. Durante l'assenza degli uomini, intraprende una gestione tipicamente femminile concentrata sugli affari e mirata ad evitare ogni tensione tra clan: non si tratta di senso etico, ma della consapevolezza che le guerre rovinano gli affari e attirano l'attenzione delle forze dell'ordine e dei media. Ciò che contraddistingue l’operato delle donne all’interno della camorra è proprio la loro minore ossessione riguardo l’ostentazione del potere e minore volontà di conflitto. L’astuzia di questa donna si palesa quando intuisce che Ciro è un pericolo, ma, coerentemente con la sua linea d'azione, non lo fa eliminare, lo relega a ruoli in cui possa fare meno danno possibile. La ferocia e la freddezza calcolatrice di un vero boss la dimostra quando, dopo aver imposto al consulente finanziario una certa gestione del denaro, avendo quest’ultimo fatto un passo falso che esponeva i loro affari alle indagini di polizia, lo obbliga a suicidarsi così da non veder bloccati i propri conti correnti. D’altra parte la sua linea si rivela troppo morbida nei confronti di Ciro e il suo desiderio di potere; nel tentativo di trattare con lui, perde la vita,

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uccisa proprio da Ciro in mezzo alla strada. Un destino simile a quello di un’altra donna boss, Immacolata Capone, uccisa nel Marzo del 2004 a Sant’Antimo. Come Donna Imma, anche lei era senza scorta e l’esecuzione avvenne per strada al centro del paese. Due colpi secchi che colmarono il ritardo culturale che evitava di toccare le donne. Nessuna differenza tra uomo e donna, nessun codice d’onore.

Donna uccisa per strada, nel centro del comune di Sant’Antimo, Napoli.

Anche se come abbiamo visto nel capitolo precedente, la figura di Pietro Savastano ricorda quella di Paolo Di Lauro, quella di Donna Imma non rimanda in alcun modo alla figura della moglie del vero boss, Luisa D’Avanzo, la quale è ancora in vita. Il vuoto creato dalla morte di Donna Imma viene colmato nella seconda stagione con la figura di Chanel. Lei non è una iena, e ci tiene ad esserlo. Perché “na pantera è bella assaie, ma nun conta nu cazz, invece miezz e iene a cummannà song ‘e femmene”. Le importa solo del comando, del potere, del controllo di una piazza di spaccio, dei danari. Il volto di Chanel, Cristina Donadio, la descrive così: “Un personaggio malato, affetto da malvagio egocentrismo. Fa male agli altri per salvare se stessa”. “Bivt nu poco r’acqua”, è la frase che rivolge ad un ragazzo, affogato nel suo stesso sangue, per punirlo di uno sgarro. Occhi di ghiaccio, anche quando assiste all’esecuzione

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dell’uomo che “mette ‘e corn” al figlio Lelluccio: lui è a terra agonizzante, lei lo guarda impassibile e gli lancia il mozzicone della sigaretta. Chanel non ha marito, nessun uomo a cui sottostare, al vertice c’è solo lei. Alla moglie di suo figlio, che più che una moglie è una prigioniera in casa sua, Chanel dice: “Mariné c’è sultant na manera pe na femmena si vo essere libera: nun adda tené nisciun marito”. Ruvida, diffidente, feroce, è diventata “reggente” dell’importante piazza di spaccio di Scampia al posto del fratello Zecchinetta, ucciso dai giovani guaglioni di Genny. C’è chi pensa che la figura di questa boss sia stata ispirata alla vita di Maria Licciardi, detta “a piccerella”, sorella di Gennaro “a scigna”, diventata il capo indiscusso dell’Alleanza di Secondigliano e che si trova attualmente in carcere. Ma sembra avvicinarsi molto anche alla figura di Anna Mazza, vedova del padrino di Afragola e conosciuta come “la vedova nera della camorra” di cui parla Saviano nel libro. Parlando di Marinella, la moglie del figlio di Chanel, in lei vediamo invece una sfaccettatura diversa e altrettanto reale di queste camorriste. Marinella è infatti una donna di camorra suo

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malgrado, che vive ormai da prigioniera in un mondo in cui è facile entrare ma quasi impossibile uscire. La camorra è lotta per il potere e per i soldi. “Il potere va esibito”, dice Genny Savastano. Anche lui ha una donna, si chiama Azzurra, figlia di un boss trasferitosi sul litorale laziale, dove ripulisce i narco-euro con appalti e costruzioni. Genny se ne libera con una soffiata ai carabinieri. Fa arrestare il suocero proprio nel giorno in cui sposa Azzurra. La lotta per il potere non conosce regole. Genny spiega così il suo gesto alla giovane moglie. “Tuo padre mi aveva proposto un’alleanza in cui io ero sempre al secondo posto, e noi non dobbiamo essere secondi a nessuno. Azzurra, noi dobbiamo essere i padroni del nostro futuro”. Lei abbassa gli occhi e capisce: “Tradisco il mio sangue per te”169. Ancora diversa è la figura di Patrizia, una ragazza che lotta da quando è nata, ha perso i genitori molto presto ed ora è capocommessa nel negozio di abbigliamento dove si servono tutte le donne più in vista di Secondigliano. Un luogo privilegiato per carpire informazioni utili per suo zio, “Malamò”, luogotenente e fedelissimo di Pietro Savastano. La ragazza, che fino ad allora era rimasta del tutto estranea al clan, passa presto da essere una semplice ambasciatrice ad essere l’amante del boss. È giovane, ha tre fratelli da mantenere, rischia la vita, ma è affascinata da Don Pietro. Lo rispetta. Quando il boss la disprezza per quel tatuaggio sul braccio (una leonessa), lei se ne libera col fuoco. Scala lentamente l’anima di Don Pietro, il quale sembra

169 “Gomorra”, regia di Stefano Sollima, Sky Atlantic 2016, seconda stagione, episodio 12. 110

ritrovare uno sprazzo di umanità quando ancora in lotta per riconquistare il potere le confida: “Patrì, so stanco. So stanco ma nun me pozzo fermà”. Forse sarà proprio lei la donna boss della terza stagione, dopo l’omicidio di Don Pietro con cui si conclude la seconda. È proprio Genny, a condurre Ciro l’immortale ad ammazzare quel padre ingombrante, vecchio boss che non capisce che “’e cose so cagnat”.

Capitalismo selvaggio e senza regole, voglia di accumulare denari e conquistare spazi con tutti i mezzi. La camorra non ha codici da rispettare, i legami di sangue non contano, la fedeltà è una favola per bambini. Questa è la camorra, quella vera.

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DON PEPPINO DIANA

«Nel Sistema camorra l'omicidio risulta necessario, è come un versamento in banca, come l'acquisto di una concessionaria, come interrompere un'amicizia. [...] Ma uccidere un prete, esterno alle dinamiche di potere, faceva galleggiare la coscienza»170

“Chi è Don Peppino?”171 “Sono io...”; una risposta, cinque colpi attraversano le navate, due pallottole raggiungono il volto, le altre la testa, il collo e una mano. Marzo 1994, Saviano aveva sedici anni quando partecipò al funerale di Don Peppino, ennesima vittima innocente le cui parole fecero tremare i boss più di un blitz dell’Antimafia. Venne ucciso per il suo coraggio, per aver alzato lo sguardo e aver osato scrivere: “Per amore del mio popolo non tacerò”172. Si trattava di documento religioso dal titolo forte, in cui Don Peppino imponeva dei limiti per la partecipazione di alcuni individui alle funzioni religiose e ai sacramenti: non permettere la partecipazione ai sacramenti a coloro «cui non sia notoria l’onestà della vita privata e pubblica»173. Don Peppino cercava di spronare le persone perché, come affermava, Dio ci chiama ad essere profeti e un profeta fa da sentinella, vede l’ingiustizia e la denuncia.

170 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Don peppino Diana”, pag 255. 171 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Don peppino Diana”, pag 250. 172 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Don peppino Diana”, pag 243. 173 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Don peppino Diana”, pag 249. 112

Roberto Saviano è a suo modo un eroe civile, complementare a Don Peppino Diana, vittima innocente, Nella sua figura si rispecchiano i molti casi di persone rimaste uccise “per errore” o per “comodità”. L’autore ci racconta alcune di quelle storie che parlano di morte, dolore e Annalisa Durante, una ragazzina di soli rivendicazione. Si parla di Annalisa quattordici anni, uccisa a Forcella il 27 marzo 2004 durante Durante, una ragazzina di soli quattordici una sparatoria consumatasi proprio anni, la cui unica colpa fu quella di trovarsi davanti a lei. Attilio Romano, sotto il portone sbagliato, al momento ucciso a Napoli il 24 gennaio 2005 da tre sicari incaricati di sbagliato. «I fiori non erano ancora giunti, manifesti affissi uccidere Salvatore Luise, nipote del boss ovunque, messaggi di cordoglio, lacrime, strazianti ricordi delle scissionista Rosario Pariante. compagne di classe. Annalisa è stata uccisa.»174; Attilio Romano, ucciso “per sbaglio”, “per un errore”. «Attilio ha tentato di nascondersi dietro il bancone. Sapeva che non serviva a nulla, ma magari ha sperato segnalasse che era disarmato, che non c'entrava nulla, che non aveva fatto niente» 175 ; Dario

Dario Scherillo, Scherillo, fu un altro “errore”, su di lui ucciso a Napoli da alcuni killer Saviano scrive: «mentre camminava in camorristi, il 26 dicembre 2004. motocicletta viene colpito in faccia, al petto, lasciato morire a terra nel suo sangue che ha il tempo di impregnare completamente la camicia. Gelsomina Verde, 22 anni, torturata, Un ragazzo innocente. Gli è bastato essere di Casavatore, un uccisa e bruciata il 21 novembre 2004 a paese martoriato da questo conflitto»176. Napoli. La Campania è il territorio con più morti ammazzati in Italia. Saviano scrive Gomorra a 24 anni. In quei 24 anni la camorra ha ucciso tremilaseicento persone.

174 Gomorra, Roberto Saviano, Mondadori 2006, “Donne”, pag. 167. 175 Gomorra, Roberto Saviano, Mondadori 2006, “La guerra di Secondigliano”, pag. 128. 176 Gomorra, Roberto Saviano, Mondadori 2006, “La guerra di Secondigliano”, pag. 132. 113

Particolarmente sconvolgente è poi il caso di Gelsomina Verde, il cui omicidio fu davvero efferato. La giovane fu uccisa perché legata sentimentalmente a un giovane affiliato, Gennaro Notturno, che si era avvicinato agli scissionisti. Aveva solo ventidue anni e con quel ragazzo neanche ci si sentiva più. Purtroppo per le logiche camorristiche i famigliari, gli amici, le fidanzatine, non rappresentano madri, padri, amori, affetti, bensì mappe. Mappe da usare per riuscire a risalire alla persona che si cerca.

Gelsomina, detta Mina, conquista un posto nella serie attraverso il personaggio di Manu, quasi fosse un gioco di parole; il legame è reso evidente anche dal titolo stesso dell'episodio che è appunto Gelsomina Verde, un titolo che non richiama nessun elemento della puntata e che dovrebbe spingere anche lo spettatore che non ha conoscenza del libro ad indagarne l'origine. Nel libro Saviano racconta questa storia dal suo punto di vista: una telefonata notturna lo informa del ritrovamento di un cadavere bruciato in un auto, recatosi lui stesso sul luogo descrive la scena che gli si presenta davanti, poi segue gli agenti di polizia in Questura e assiste alla conferenza stampa riportando i commenti sprezzanti dei giornalisti sulla morte di un presunto camorrista, ma all'improvviso arriva il 114

colpo di scena: non si tratta di un criminale, ma di una ragazzina, che prima di essere uccisa e bruciata è stata anche brutalmente torturata. Solo a questo punto Saviano ricostruisce la vicenda di Mina, il cui legame sentimentale con un giovane scissionista le è valsa una condanna ad una morte atroce. Nella serie tv, lo stesso nucleo narrativo di partenza subisce una mediazione diversa e il percorso conoscitivo che porta al drammatico evento è rovesciato rispetto a quello che attraversa il lettore nel libro: lo spettatore conoscerà prima un ragazzino che si lascia assoldare da un camorrista e, solo dopo viene a contatto con la spensieratezza della fidanzatina di lui, del tutto estranea ai fatti. La sequenza del rapimento rappresenta un vero e proprio climax di tensione per lo spettatore che ha già facilmente intuito il pericolo che la ragazza sta correndo e si ritrova ad assistere del tutto impotente alla violenza che si consuma davanti ai suoi occhi, più o meno investito dal disgusto e dalla rabbia verso ciò che vede. In questa rappresentazione è stato palesato anche un altro problema sociale che nel libro resta soltanto un velo tra le righe: la scarsa consapevolezza dei giovani di cosa implica lavorare per un clan e la loro fragilità davanti all'attrattiva che questi ultimi, con il loro potere economico e sociale, rappresentano. Particolarmente ben riuscita, inoltre, è la scena della tortura: la prima inquadratura è realizzata in condizioni di luce tale che il punto di vista sembra esterno alla palazzina abbandonata in cui si trovano i due personaggi, visibili solo come ombre attraverso i vetri. In realtà, non appena Ciro, il rapitore, accende la luce, ci si accorge che si trattava soltanto un'illusione ottica: il punto di vista è interno alla

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stanza e di fronte, non dietro, ai due personaggi, è come se lo spettatore fosse proiettato proprio lì insieme a loro e costretto ad assistere a quella terribile scena.

Infine, così come nel libro il momento dell'omicidio è omesso: mentre sulla pagina scritta si passa dalla notizia del ritrovamento alla ricostruzione dei fatti, sullo schermo si salta dalla tortura alla notizia del ritrovamento ed è lo spettatore, grazie alla sua competenza interpretativa, a collegare automaticamente i due eventi. Nella serie il fidanzato di Manu, Danielino, lavora come apprendista nell'officina meccanica dove Ciro porta a riparare la sua moto. Ha un fratello più grande che lavora prima come corriere e poi come autista personale di Salvatore Conte. Daniele, dal canto suo, un lavoro ce l'ha. Non entra nella spirale dei clan a causa della disoccupazione, bensì cede alle lusinghe di Ciro che gli promette soldi in quantità se accetta di fare il corriere per lui: questo per Danielino vuol dire arrivare allo stesso livello del fratello che tanto ammira, significa non farsi più prendere in giro dai suoi coetanei appartenenti alla cricca di Genny, significa dare alla madre un tenore di vita migliore in breve tempo. Ciro, però, non ha intenzione di fargli fare il corriere, ma il sicario. Ha bisogno di una persona ancora ingenua, che non faccia troppe domande, che non abbia paura dell'aria di guerra come gli adulti dei clan, ma allo stesso tempo non vuole uno sbruffone, né tanto meno qualcuno vicino a Gennaro 116

Savastano: necessita di un novellino da istruire per i suoi fini. Gli insegna a sparare e Daniele, che una pistola l'ha vista solo in tv, la impugna alla maniera dei gangster dei film, tenendola in orizzontale. Con i soldi dell'anticipo Danielino compra un anello di fidanzamento per Manu, che, come molte sue coetanee, lavora dopo la scuola e non vede l'ora di sposarsi per uscire di casa. Per quanto ingenua ed estranea ai fatti, non si può certo negare che Manu non abbia sospetti sulla provenienza dell'anello d'oro e brillanti che il fidanzatino minorenne le regala, eppure non fa domande, eppure ne è contenta. Di lei purtroppo rimarrà solo quell'anello, simbolo del compromesso tra un tenore di vita dignitosa e un legame con la malavita. Infatti dopo il suo primo “lavoro” da killer, il ragazzo apprende dal telegiornale che l'uomo a cui ha sparato non era un semplice debitore dei Savastano, come gli aveva detto Ciro, bensì uno dei pezzi grossi di Conte. Si spaventa, chiama Ciro, chiede spiegazioni e questo lo rassicura dicendogli di venirsi a prendere il resto dei soldi. Perché è stato bravo. Ma Daniele ha paura, lascia Manu al bar e chiede al suo amico Bruno di nasconderlo nel capanno dei nonni. Bruno non vuole saperne niente, ma acconsente a fornirgli un nascondiglio e ad andare a prendere la ragazza al bar. Ciro nel frattempo si insospettisce e ci arriva prima di lui, carica Manu in auto con la scusa di essere un amico di Daniele e la porta in una palazzina abbandonata. Qui inizia a torturarla per farsi dire dov'è Daniele, la picchia a morte fino ad ucciderla. Poi brucia il cadavere in un auto. Di lei rimane solo l'anello d'oro appena ricevuto. Quest'unico dettaglio trasmesso al tg basta a Danielino per capire cosa è accaduto. Sul momento tenta di suicidarsi, poi chiama il fratello e invoca il perdono di Conte. Quando i due s'incontrano quest'ultimo finge di passare sopra l'accaduto, pronunciando una delle frasi che diventeranno presto un “cult” di Gomorra: «vien, vien, vienet’ a’ piglia o’ perdono»177, «sta senza pensier»178. Conte lo stringe a se, un abbraccio che racchiude in pochi secondi una forte tensione avvertita dallo spettatore che è consapevole ma

177 “Gomorra”, regia di Stefano Sollima, Sky Atlantic, prima stagione, episodio 10. 178 Frase divenuta simbolo, utilizzata ripetutamente dai personaggi della serie. 117

non vuole ammettere a se stesso ciò che succederà. Appena lo lascia Conte spara a tradimento un colpo alla tempia al ragazzino. La storia di Danielino finisce con l'omelia del sacerdote al suo funerale: parole prese testualmente dal libro di Saviano, che riprendono quelle pronunciate realmente da Padre Mauro per un ragazzo, Emanuele, detto, casualmente, Manu, ucciso dalla polizia durante una rapina a mano armata179. Saviano, afferma di aver preso parte a quel rito funebre e ce lo racconta nel suo libro riportando quelle parole che, come dice il sacerdote stesso, «non bussano con le nocche, ma con le unghie» alle coscienze di chi ascolta. Nella serie televisiva il discorso viene appena modificato per adattarlo al personaggio, ma il contenuto resta invariato: “Tutti sappiamo che oggi non è morto un eroe. [...] Per quante responsabilità possiamo attribuire a Daniele, restano i suoi sedici anni. I figli delle famiglie che nascono in altri luoghi d'Italia hanno opportunità che qui sono state negate. Qui non ci sono colori. Qui tutto è grigio. Qui non ci sono luoghi dove far sviluppare nel bene i talenti dei nostri figli. Questo è un quartiere dormitorio. Qui vogliono che la gente resti tappata in casa, non deve uscire, non deve intromettersi. Hanno voluto un'intera zona ad esclusivo uso dello spaccio a cielo aperto. Il Padreterno terrà conto che se Daniele ha commesso degli errori, sono stati errori commessi da un ragazzo di sedici anni. Un ragazzo che certamente era responsabile di quello che stava facendo. Ma sedici anni sono così pochi che ti costringono a guardare meglio cosa c'è dietro, e ti obbligano a distribuire le

179 Emanuele Petroso, 15 anni, ucciso il 7 febbraio del 2005. 118

responsabilità. Quella di Daniele è un'età che bussa alla coscienza di chi ciancia di legalità, di lavoro, di impegno”180. In questo discorso emerge innanzitutto la chiave di lettura del mondo di Gomorra dipinto nella serie, un mondo dove tutto è grigio, dove la guerra te la senti dentro, perché tutti in un modo o nell’altro ne possono restare uccisi. Il tema dei così detti “baby killer” è uno dei più importanti trattati da Saviano tanto da spingere l’autore a dedicargli un libro intero “La Paranza dei Bambini”181. In quest’ultimo suo ultimo libro Saviano ci parla di ragazzi senza un domani che non temono il né carcere né la morte, perché sanno che “i soldi li ha chi se li prende”. Hanno non più di quindici anni e sfrecciano sui loro motorini tra i vicoli alla conquista di Napoli.

180 “Gomorra”, regia di Stefano Sollima, Sky Atlantic, prima stagione, episodio 11. 181 Roberto Saviano, “La paranza dei bambini”, Feltrinelli 2016. 119

Attraverso Saviano conosciamo Pikachu, quattordici anni, che ci racconta di come una paranza gli avesse ammazzato il cane “Careca” per sbaglio. Il cane aveva iniziato a grattare la porta della casa di fronte la sua e pochi secondi dopo una raffica di mitra lo prese in pieno. Per scusarsi dell’incidente diedero dei soldi alla famiglia, invitarono Pikachu ad entrare e giocare con loro alla play e gli promisero che «un giorno di questi mi portavano a sparare veramente»182. Questo particolare episodio è riportato nei minimi dettagli nella serie tv in cui Pikachu prende il nome di Diego183. Infatti anche il film e la serie ci mostrano come tutti i ragazzi cadano nel vortice, persino la giovane in sedia a rotelle che vuole lavorare per Donna Imma. Chi lo fa per disperazione, chi per vendetta, chi perché non conosce altra realtà, chi, come Danielino, per desiderio di affermazione sociale. Fanno le vedette, ma sognano di fare i corrieri e poi i killer, di essere affiliati veri, magari boss, un giorno. Saviano ci parla di come questi giovanissimi soldati vengano addestrati a non aver paura delle armi: «Per addestrare a non avere paura delle armi facevano indossare il giubbotto ai ragazzini e poi gli sparavano addosso»184. Nel film vengono rappresentati i particolari salienti di quell’addestramento attraverso le figure di Totò e Simone, rappresentanti di tanti anonimi giovani soldati della camorra. Le loro figure aiutano anche a comprendere in quale clima fosse vissuta la guerra di Secondigliano e quanto interiorizzata fosse la logica della lotta camorristica. Simone dichiara all’amico che non potranno più andare d’accordo come prima perché lui è diventato scissionista, quindi nemico di Totò ed è pronto anche ad ucciderlo se sarà necessario. Totò è più insicuro, meno compenetrato da quella logica militare. La sua “iniziazione” sarà completa solo quando accetterà di attirare in trappola Maria, la madre di Simone. «Da tempo la donna non usciva di casa, così per eliminarla usano un ragazzino come esca. Citofona. La signora lo

182 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “La guerra di Secondigliano”, pag. 115. 183 Gomorra, regia di Stefano Sollima, Sky Atlantic, prima stagione episodio 12. 184 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “La guerra di Secondigliano”, pag. 116. 120

conosce, sa bene chi è, non pensa a nessun pericolo. Scende ancora in pigiama, apre il portone, e qualcuno le punta la canna della pistola 185 in faccia e spara» . L’episodio dell’uccisione di Maria serve a mostrare un aspetto fondamentale della violenza camorrista: l’obbligo dell’obbedienza al clan fino al tradimento dei propri cari. La storia è un evidente richiamo alla vera trappola tesa a Carmela Attice, uccisa in pigiama e ciabatte davanti il suo portone dopo aver aperto ad un ragazzino amico del figlio.

Corteo per Carmela Attice.

185 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “La guerra di Secondigliano”, pag. 109. 121

Nel suo libro Saviano dedica diverse pagine al racconto di come dei ragazzini reagiscano di fronte a quell’omicidio. In particolare, scrive: «Stavo per andarmene dal luogo dell'agguato a Carmela Attrice quando sentii parlare un ragazzino con un suo compagno. I toni erano serissimi: “Io voglio morire come la signora. In testa, pam pam… e finisce tutto. “Ma in faccia, l'hanno colpita in faccia, in faccia è peggio!”, “no, non è peggio, è un attimo comunque. Avanti o dietro sempre testa è!” Mi intrufolai nei discorsi cercando di dire la mia e facendo domande. Così chiesi ai ragazzini: “Meglio essere colpiti al petto, no? Un colpo al cuore ed è finita…” Ma il ragazzino conosceva molto meglio di me le dinamiche del dolore […]: “No, al petto fa male, malissimo e muori dopo dieci minuti. Si devono riempire i polmoni di sangue. […] Invece la testa è meglio, così non ti pisci sotto, non ti esce la merda per fuori. Non sparpetei per mezz'ora a terra…”186 Un’altra sfumatura di questo mondo feroce, che viene accennata nella serie, è la differenza tra il figlio di un boss e uno di poco conto. Significativo è l'episodio di Pasqualino, un ragazzo in carcere per rapina: è povero, non ha una posizione di rilievo nel clan e, senza un'adeguata assistenza legale, viene condannato a parecchi anni di carcere. Don Pietro assume un atteggiamento paterno e consolatorio nei suoi confronti, ma, preso dagli affari che davvero contano, invece di preoccuparsi della sua difesa in tribunale, gli presta una camicia per farlo apparire ben vestito, perché nel suo mondo le apparenze contano. D’effetto è la sequenza che mostra in montaggio alternato questo giovane che si impicca nella sua cella e, al medesimo tempo, Genny che può permettersi di allestire un'esibizione dal vivo del cantante preferito della sua ragazza per conquistarla. La scena segna l'abisso che separa i due ragazzi per nascita. Nel libro Saviano riporta la lettera di un ragazzino rinchiuso in un carcere minorile, che consegnò a un prete e fu letta durante un convegno. Nella lettera il ragazzo afferma che tutti quelli che conosce sono morti o in galera. Dice di non voler diventare un boss, ma di voler avere negozi, fabbriche e donne. Vuole tre macchine

186 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “La guerra di Secondigliano”, pag. 112-113. 122

e vuole rispetto quando cammina per strada o quando entra in un bar. E poi vuole morire, ma morire come un vero uomo, uno che comanda veramente. Vuole morire ammazzato. Mercoledì 30 novembre alle ore 14:00 è andata in onda l’anteprima il servizio documentaristico a cura di Michele Santoro: “Robinù”. Si tratta di un racconto vivo e dal vivo di giovanissimi gangster immersi in un nichilismo senza aspettative e senza rimorsi. Storie vere e facce vere, come quella di Michele, un giovane che con naturalezza racconta di essere infatuato del mitra, u kalà: «Con quello in mano non hai paura di niente, tiene 33 botte, è come camminare blindato». «Mafia e camorra ci arrivano nelle case attraverso fiction come “Gomorra” oppure con le espressioni usate nelle deposizioni dei pentiti. Invece i ragazzi di “Robinù” non sono né attori né mostrano pentimento ma scontano la pena a Poggioreale e ad Airola restando ciò che sono. Emerge un racconto molto crudo, una descrizione unica della loro condizione. Sparano già prima dei quindici anni e raramente arrivano ai trenta»187. Gomorra affonda indubbiamente le sue radici nella realtà, ma lì, per esigenze narrative, i caratteri sono scolpiti un po’ come maschere; in “Robinù” i ragazzi sono capaci di ammazzare anche per la più stupida delle ragioni e come spiega il direttore di Poggioreale, nonostante gli sforzi degli operatori, siamo lontani dall’individuare

187 Michele Santoro, “I ragazzi di ‘Robinù’ armati a otto anni ma non è una fiction”, “Corriere della Sera”, 8 dicembre 2016. 123

un possibile cammino di redenzione. A Poggioreale ci sono duemila storie diverse, che non sono affrontabili con la semplice sociologia. Il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, ha polemizzato: certe rappresentazioni danneggerebbero Napoli. Ma la soluzione non può certo essere il silenzio. Santoro afferma: «Vedo tanta ipocrisia. Lasciamo che le cose restino così, che si ammazzino tra di loro, che le pistole circolino per le mani di bambini di otto anni, meglio non occuparsene. Insomma, non vedo le forze politiche impegnate in un programma di risanamento sociale adeguato. A partire dall’obbligo scolastico: se escono dalla terza media sono quasi sempre analfabeti perché, senza strumenti eccezionali, è impossibile recuperarli allo studio. Molti insegnanti, di fronte a un ragazzino di undici anni che si comporta già come un piccolo boss, pensano sia meglio non averlo in classe. E così si va avanti…» 188 . Da questo reportage emerge chiaramente la mentalità di questi ragazzi, per non dire bambini: un'arma in mano ti cambia la vita. Anche se non hai ancora vent' anni. Potrebbe durare pochissimo, oppure a lungo, dipende tutto da quell' arma. Come nel Far West, come in guerra, come a Napoli nel 2016, se hai deciso di fare il malavitoso. Questo significa sparare più degli altri, ammazzare prima che ti ammazzino, diventare capo facendo fuori il capo precedente e i rivali dalle stesse pretese. Uno dei ragazzi intervistati afferma di aver imbracciato per la prima volta un kalashnikov a 17 anni con la naturalezza di chi racconta il primo calcio tirato a un pallone; è la faccia della nuova camorra disorganizzata, quella che continua a

188 Michele Santoro, “I ragazzi di ‘Robinù’ armati a otto anni ma non è una fiction”, Corriere della Sera, 8 dicembre 2016. 124

insanguinare Napoli e dintorni senza che nessuno si inquieti più di tanto. Una scrollata di spalle: «È bellissimo, è come avere una macchina a benzina invece che a diesel. È come abbracciare Belén»189. Frasi che racchiudono l'intero orizzonte di quella malavita: armi, donne e motori. A parlare è ancora Michele, intervistato direttamente dalla cella di Poggioreale dove è entrato a 22 anni e dovrà trascorrere i prossimi sedici, mantenendo un sorriso che sa di rassegnazione ma anche di sfida verso chi non riesce a capire, Michele spiega che voleva avere «femmine, potere e soldi», per questo ha fatto quello che ha fatto: «La 357 spara da sola, quasi...». Aspirava a diventare un capo, adesso il suo mondo è racchiuso da sbarre ma questo non lo scoraggia anzi: «uscirò a quarant' anni, sarò peggio di prima. Un altro giovanissimo afferma: «Se tieni un leone in gabbia, quando lo metti fuori che fa? Deve mangiare». Fuori c'è chi lo ammira, chi lo aspetta, tranne suo fratello Angelo che per sfuggire a quel futuro è andato a fare il pizzaiolo a Parigi; dal carcere Michele lo rinnega: «per me è morto» 190 . Angelo invece pensando al fratello afferma commosso: «Mi manca». Sono ragazzi senza controllo, senza famiglia e senza la ben che minima fiducia nelle istituzioni; «mi hanno bocciato quattro o cinque volte» dice uno mentre deride i coetanei che entrano in classe e sembra che li compatisca. Si parla anche di Emanuele Sibillo, morto ammazzato da latitante nel luglio del 2015. Aveva 19 anni. Si era fatto crescere la barba, come gli altri del suo gruppo per i quali era diventata un segno distintivo insieme ai tatuaggi, alcuni commercianti del

189 Parla Mariano, uno dei ragazzi di Robinù. 190 Parla Michele Mazio, uno dei ragazzi di Robinù. 125

quartiere gli hanno dedicato un busto di gesso e un bambino a carnevale si è mascherato con le sue sembianze. La filosofia dei baby-boss è tutta qui: prima per affermarsi bisognava aspettare di crescere; adesso non serve più, basta farsi largo a colpi di kalashnikov o di 357, e sei già grande. Comandi, diventi un capo, in attesa di farti sfidare dal prossimo aspirante. In passato lo facevano gli adulti, finiti sotto terra o in galera, adesso tocca a loro. Saviano nomina un intero capitolo con il nome “Kalashnikov”, in cui si sofferma a parlare di Michail Kalashnikov, l’inventore di quest’arma che ha fatto più morti della bomba atomica di Hiroshima e Nagasaki, più del virus dell’HIV, più della peste bubbonica, più della malaria. Quest’arma, più comunemente conosciuta come AK-47 (Avtomat Kalashnikova, modello del '47) «è il mitra più popolare del mondo, un'arma che tutti i combattenti amano. Un amalgama di 4 chili d'acciaio e legno multistrato. Non si rompe, non si inceppa né si surriscalda. Spara se è coperto di fango o pieno di sabbia. È così facile da usare che anche i bambini possono farlo, e spesso lo fanno»191. Il servizio Robinù ci mostra un tipo di criminalità un po' anarchica e senza regole. Un mondo semisommerso, difficile da fotografare; le cifre sono in parte raggiungibili guardando a quanto possiamo attingere dai tribunali e dalle procure minorili, ma la realtà è molto più macroscopica.

191 “Lord of War”, regia di Andrew Niccol, USA 2005, Yuri Orlov (Nicolas Cage). 126

Sono giovani bruciati, che finiscono nella rete della malavita per motivi non solo di carattere economico, ma soprattutto legati alla cultura del posto. È un sistema che ingloba la vita di questi ragazzi e li sfrutta per i propri interessi, facendo forza soprattutto su situazioni di debolezza e di bisogno che maturano nel degrado delle periferie. Giovani per cui lo Stato non fa nulla. 22 febbraio 2017, una ragazza di 17 anni è stata scoperta dai Carabinieri mentre consegnava droga insieme alla sorellina di appena 7 anni, nella zona del Pallonetto a Santa Lucia, a Napoli. Secondo l'accusa, l'adolescente partecipava a tutti gli effetti alla gestione di una piazza di spaccio dopo l’arresto di entrambi i genitori. Due ragazzine che, come molti altri giovanissimi, dopo l’arresto dei genitori sono state abbandonate dalle autorità e lasciate in pasto al Sistema. Alle polemiche riguardo la possibilità di un’emulazione dovuta a reportage come questo, o a libri, o a film come Gomorra, io rispondo dunque che questi ragazzi non stanno emulando qualcosa che vedono in tv, bensì qualcosa che vedono per strada e che per alcuni fa già parte della propria vita.

Scampia, “Le Vele”, Napoli.

127

CONCLUSIONE

Gomorra è…

Sono giunta alla fine e mi ritrovo ferma davanti a queste pagine, a tutte queste parole impresse su carta; parole che giorno dopo giorno si sono trasformate, arricchite e evolute, dando infine forma e vita a questa tesi. Ora, pensando ad una conclusione, vorrei solo trasmettere, attraverso pochi ma significativi concetti, l’essenza del mio lavoro e, se posso, quello di Saviano. Gomorra è la parola che, con forza e senza filtri o censure, attraverso diverse forme, rappresenta la cruda realtà. Gomorra è un libro che porta alla luce un mondo sotterraneo ma neanche troppo. È un film e una serie, un occhio che permette di osservare, nonostante i filtri cinematografici, una realtà lontana dalla finzione e pienamente conforme alla verità. Gomorra è sprono per le singole persone ad essere occhi vigili, capaci di conoscere la realtà che li circonda, informandosi e non voltandosi dall’altra parte. Gomorra è un giornalista, uno scrittore, che ha immolato la sua stessa vita in nome della verità. Gomorra è una grande fotografia della camorra: palazzoni di cemento e giovani vite ostaggio della violenza e del degrado. Gomorra sono le potenti famiglie camorristiche che, con violenza e infami complicità, sono diventate Stato laddove lo stesso Stato si è reso volutamente fantasma. Gomorra sono le vittime innocenti, le famiglie spezzate da una guerra cieca. Gomorra sono “i ragazzi del vicolo”, giovani resi bestiali, che pigiano con estrema facilità un grilletto annientando altre vite. Gomorra è l’occasione per alcuni di far conoscere, al mondo, la propria esistenza pronunciando frasi impregnate di moralismo e ipocrisia, affermando che Gomorra è un male.

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Ma alla fine la verità è che Gomorra è e resterà un documento di inestimabile valore, che tra decenni saprà ancora testimoniare indelebilmente un periodo, un territorio, un dramma comunque impossibile da cancellare.

Grazie.

129

“Non credo più nel concetto astratto di giustizia, una giustizia in nome della quale l’umanità ha commesso i crimini peggiori. No, non ci credo più. Credo, invece, e con tutto me stesso, nel bene compiuto dal singolo, occhi negli occhi, mano che aiuta mano”. (Roberto Saviano)

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CHAPTER I

GOMORRA. A JOURNEY THROUGH THE BOOK, FILM AND SERIES

“The book is a narration based on my observation, my eyes. Coverage, investigation, novel, diary. In the film there isn’t my point of view, and everyday criminality becomes the focus. It describes an atmosphere. The series shows the dynamics. It was possible to dig deeper into that world. The ethic is to face evil”192

Italy is at war. It is a bloody war, hidden in neighbourhoods, towns, cities, that every year causes hundreds and hundreds of victims. It has been like this for more than two hundred years. In the war against Camorra, if you want justice done, you cannot rely on what your eyes have seen, because there are no ruins, no evidence, killings are rapid and, once the blood has been removed from the side road, all is calm again, as if you were the only person to see or to suffer. Anyone else would be ready to say “it’s not true”. It is a war that affects us all, because the Mafia is our neighbour, our employer, the mayor of our town, our landlord. The Mafia is everywhere. Yet it seems something far, far away, something that does not concern us directly.

7th September 2015. The Italian Interior Minister, Angelino Alfano, decided to desploy extra troops to control the territory in Campania.

192 My translation: Roberto Saviano, “Gomorra? È la realtà negata dai politici”, “Corriere Della Sera”, 24th May 2016. 131

In this gloomy scenario, ten years ago, a sensational and unexpected book, by Roberto Saviano, made the headlines, for better or worse, upsetting both the Italian publishing world and the international one: “Gomorrah. A Personal Journey into the Violent International Empire of Naples’ Organized Crime System”. Gomorrah is a non-fiction novel, an investigation, a documentary, a story, an analysis, a sociological essay, a sensitive portrait of a corrupt society. Above all, Gomorrah is the reality, the harsh and ruthless observation of what, for years, has been taking place in a large area of the Italian territory. It was something that, before this book, did not provoke neither shock nor indignation. Everything started with a statement which became a story that, in April 2006, drawing the attention of the Italian media. Words that have gained more and more strength, by turning into different forms of communication: from book, to film, to series. The aim of Saviano is to fight the “System”193 with another system, the artistic one, to break silence and indifference, showing different shades of an organization which was believed defeated but, in silence, became more powerful than “Cosa Nostra”194 for number of members and turnover: the Camorra.

193 Term used to refer to criminal organizations. Roberto Saviano speaks about it in his book “Gomorrah”, chapter “The System”: «System — a term everyone here understands, but that still needs decoding elsewhere, an obscure reference for anyone unfamiliar with the power dynamics of the criminal economy». 194 A criminal organization in Sicily. 132

The story begins with the war of Secondigliano195, from the rise of the Di Lauro196 clan, to the internal conflict that caused 80 deaths in just a month. The most ruthless Camorra war that southern Italy has seen in the last twenty years. It is a compelling first person narration in which the author blends the accuracy of a researcher, the courage of a journalist and, most of all, the painful love for his city. He led us on a journey within the places where the Camorra had its roots and is still rooted, directly from the places where the attacks took place, as well as from the shops and the factories belonging to the clans, through the eyes and the stories of those people who choose to, or have to live with the Camorra. The writer also confessed to being personally involved in some illegal dumping at the port of Naples, “the hole where they exit the world map”197 , and having witnessed many murders, “I was 13 when I saw my first body”198. He stated he was attracted to the underworld, but at the same time disgusted by what he saw. Through his eyes we see an “infected” land, that of Campania, where almost all the illegal waste ends up and where the deaths from cancer have increased by 21% compared to the rest of Italy199. He shows a reality which is characterized by a pervasive sense of mistrust towards authorities, by a lack of policies, by a strong sense of personal insecurity and especially by the lack of a true social education. The author, though, shows this reality also from another point of view: that of the luxurious villas and the underworld of Mafia bosses who seem to come out of a Hollywood production. Because, just as Tony Montana in “Scarface”200, Camorra people think that the world

195 Naples Neighbourhood. 196 A Camorra family that controlled and still controls part of the northern area of Naples. 197 Roberto Saviano, “Gomorrah”, MacMillan 2008, chapter “The port”. 198 Roberto Saviano, “Roberto Saviano: Author of 'Gomorrah' the book exposing the Naples mafia”, “The independent”, 17th October 2008. 199 Roberto Saviano, “Gomorrah”, Macmillan 2008, chapter “The Land of Fires”. 200 “Scarface”, directed by Brian De Palma, USA 1983. 133

belongs to them and that they are completely free to manipulate politics, the economy and society. This work is neither only a novel, nor a simple journalistic investigation; if it had been a novel, the author’s words would not have had the weight of truth, and if it had been a classic journalistic investigation, it would not have had the fluidity and the success which it obtained. Moreover, Saviano’s creativity in Gomorrah does not concern the invention of characters or a fantasy world, but the depiction of hidden, potential worlds: he sees a forest where a common person would see a single tree, he sees chains where apparently there are none. For this purpose, even his style swings between the didactic tone, used to specify numbers and data, and the typical one of the noir genre, aimed at creating a strong emotional impact on the readers. The author mentions numerous Mafia bosses, both men and women, naming names, surnames and, most of all, nicknames. Because “the nickname for a boss is like the stigmata for a saint, the mark of membership in the System”201. It is clearly a novel of denunciation of what really happens in our Country and it is also a message of hope. In fact, Saviano is a man who believes in a future where the word “Camorra” will only belong in books, and where people from Naples will not be the subject of prejudice for what happens in their region. In 2008 Gomorrah became a film directed by Matteo Garrone. In his transposition the director preferred to use an objective perspective, almost documentary like, in which the point of view was overturned, using that of evil. The film marks a new step in the history of adaptation from book to screen, staging the humanity narrated on paper in the forms of a grotesque hell. A raw and distressing picture, filming real life and having the sound of screams and gunfire of Scampia202 as soundtrack, “punching” the viewer in the stomach, leaving a sense of breathlessness, showing a land that screams more than those who

201 Roberto Saviano, “Gomorrah”, Macmillan 2008, chapter “The System”. 202 Naples Neighbourhood. 134

walk on it. For this purpose, the film director made a particular but effective choice: most of the characters had never acted before. In this sense, the inexperience of the actors, as well as the use of the local dialect, contributed to give a realistic, rough and pure portrait of the region in which the real protagonist is criminality itself. Obviously, this transposition does not refer to Saviano’s book only in the title. Among the endless number of characters, stories and data concentrated in the 331 pages of the book, Garrone chose five intertwined stories, and made them evolve rejecting the typical resolutions of gangster-movie. In the film the characters seem to be part of a horror movie in which they cannot escape from their implacable fate. The viewer remains glued to the chair from the very first shot, accumulating tension, aware of the impending tragedy. The killers are not beautiful as in “Kill Bill”203, they are ugly, fat and wear slippers. Life is not worth anything and death stinks. Matteo Garrone, unlike Saviano, did not want to make a film of denouncement, there are no names, no surnames, no opposition of good/evil, no justice. Institutions do not even exist. What the film director wants to show is how easily a person, or even a child, can be trapped into the System’s network. This may happen for several

203 “Kill Bill”, directed by Quentin Tarantino, USA 2003. 135

reasons: economic ones, social ones, due to a person’s background or because he is forced into it. Men, women, children, they are all part of the System, living this condition with resigned participation. There is no hope. Everything is terribly black. It seems a faraway place, a living Hell. But this Hell is not located at the centre of the Earth, but at the end of the “Autostrada del Sole”204, next to the cultivation of peaches turned into toxic bombs which are the same ones we eat. When the film was released, newspapers said it described what actually happened in the streets of Naples and, that between the movie and the real life, there was no difference, just a sad and perfect overlapping. Garrone shows reality with its cruelty and we have the impression of watching a documentary film on sharks. Common good does not exist anymore, collective health is at risk, the interest that prevails is the economic one, at all costs. A significant character in the film is that of Roberto, who obviously recalls the author’s name. He is a smart and young apprentice of Franco, played by Toni Servillo205, a stakeholder, who organises the illegal disposal of toxic waste. In the film, Roberto is silent, but he is observant and his resolution comes to light when, in the last scene, he moves away, alone, with his back to Franco and to all he represents. Maybe it is a sort of reference to the creation of Gomorrah, as an act of rebellion, of diversity. The television series, according to Saviano, was the natural consequence of his narrative project, as he saw TV congenial to his communicative objective: “With fiction I was able to show the mechanisms better, giving more space to details that people usually do not care about: how a drug dealing “square” is organized; how an execution is prepared; how they rig elections. This is the strength of TV series. They explain things”206.

204 The longest Italian motorway that connects Milan with Naples. 205 Italian actor. 206 Roberto Saviano, “Saviano: ora su Gomorra chiudono gli occhi”, “L’Espresso”, 12th May 2016 (my translation). 136

While in the book we can identify with Saviano - witness, protagonist, man, with him we live and see all the System - in the series this does not happen. The narrative technique the directors chose, with the transition from the point of view of one character to another, is not meant to create empathy. One of the directors, Stefano Sollima, in this regard says: “This decision had already been taken at the beginning, before the newspapers attacked us with phrases like ‘Be careful not to extol the beauty of evil’. Frankly, it made me smile because I knew what we had filmed, and what would be transmitted; so I thought: ‘It is not as it seems. Just sit back, watch the series and you will see that nothing is as you thought’. My ambition was to create a series that had such a strong content, to be more than just entertainment. Because Gomorrah is not a series that you can watch distractedly, it must be digested episode after episode, with characters that do not remain static but, as in life, evolve, grow, develop”207. Each character is shown in all his or her contradictions and evil is something absolutely normal, because this is what happens in reality. An interesting feature, which pervades the series, is the theme of devotion. The characters, filmed in the labyrinth of “Le Vele”208, in dark cars, in houses overloaded with objects, are often surrounded by religious symbols that appear dark, dirty, as if they were a metaphor of the decay of Scampia. These symbols embody another aspect of the minds of mafia people, who lead a criminal life while having as strong religious faith.

207 From “Intervista a Stefano Sollima”, “Nocturno.it”, 26th August 2015 (translation is mine) 208 Residential buildings built in the homonymous district of Naples between 1962 and 1975. They Their name refers to their triangular shape. 137

The series takes hints by the primary material in the book, but includes more events which took place after its publication. The main narrative line moves around the “Savastano” family that is in control of the area around Secondogliano, north of Naples, that is composed by the boss Don Pietro 209 , feared and respected by everyone, his wife, Imma210, who behind the scenes controls the empire and their only child Gennaro211, called “Genny”, who is at first described as a fussy and unexperienced child not able to inherit the control of the clan.

The main narrative line follows the everyday life of this family and the war that will take place between the clan and those members who decide to break from it. The first one to do so is Ciro di Marzio212, “the immortal”, who wants to be the next boss. The story develops on two different levels, on one hand there is a personal evolution of each of the main characters. On the other hand, through secondary characters we are shown the different entrepreneurial aspects of this criminal organization. Of course, that of “Savastano” is a fictitious clan, but to a keen eye, it appears traced specifically on the characteristics of the clan Di Lauro. In fact, although the series is a fictional work, facts and events portrayed are real - an abyss impossible for a mind to conceive.

209 Protagonizado por Fortunato Cerlino. 210 Protagonizada por Ana Pía Calzone. 211 Protagonizado por Salvatore Esposito. 212 Protagonizado por Marco d’Amore. 138

CHAPTER II

GOMORRAH, A SOCIAL, CULTURAL AND CIVIL UPHEAVAL

“With Gomorrah I was not expecting success but to change things, shake people and force them to see a reality that is not so hidden”213

The main value of the bestseller Gomorrah is that it has deeply shaken the social and cultural spheres, having an impact on some aspects of today’s society. Before its publication, people regarded Neapolitan criminality and the Italian Mafia in a simplified, unilateral way, mainly based on the daily criminal activities. In local and national press, murders or violence by the Mafia have always been diffusely reported, but the complex phenomenon behind them was not under the spotlight: that it a ferocious entity incapable of forgiving, not afraid to shed blood.

Neapolitan neighbourhood of Porticelli, killing of Annunziata D’Amico, 10th October 2015.

Since 2006 everything has radically changed, suddenly we have been flooded by articles, books, papers and films about the Camorra in a more comprehensive way. Step by step, Saviano has found the way to make collective memory aware of

213 My translation by: Roberto Saviano, “Voglio sposarmi: sarà la mia vittoria e la mia vendetta”, “Corriere della Sera”, 9th June 2009. 139

the details of the history and philosophy of the Camorra. The denunciation, impressed in Saviano’s pages, led to a series of concrete actions and more and more people expressed their solidarity with the writer who had the courage to use the power of words. This work has changed not only Italian public opinion but also the international one. The writer was finally able to spread the idea that the Camorra, like every Mafia organization, is a problem that is not confined to a region, but it has an international power. The control of the territory, in the military sense, takes place in Southern Italy, while investments take place all over the world. It is certainly a different way of narrating Italy, which forces you to face evil, with eyes wide open; a direct and transparent look criticized by the political world. In fact, the book was criticised for having given too much publicity to the Mafia and for soiling Italy's international image. However, Saviano responds to these statements with a question: “If I tell you something is wrong, am I doing Italy wrong or right?” He says, “Leopardi wrote two centuries ago that people do not hate those who are evil, nor evil itself, but hate those who talk about it”214. Criticism still continues today with the mayor of Naples, Luigi De Magistris, who accused Saviano of being successful thanks to “the Camorra gunfire” 215 . Moreover he was advised to become better informed and not judge and criticize a land that he does not know, and not to be afraid. To be brave. This advice was nonsense as it was referred to a man born and raised in a land of the Camorra, who had the courage to sacrifice his freedom to talk about the System.

214 My translation: Roberto Saviano, “Il genere umano non odia mai tanto chi fa male, né il male stesso, quanto chi lo nomina”, “Fanpage.it”, 29th May 2013. 215 Luigi De Magistris, Naples mayor, Facebook, 5th January 2017. 140

Saviano started his career as journalist in 2002 writing for newspapers and magazines such as “Pulp”, “Il Diario”, “Sud”, “Il Manifesto”, also collaborating with “Osservatorio sulla Camorra” of “Il Corriere di Mezzogiorno” and he is now currently working with “La Republica” and “L’Espresso” and also with the most important international newspapers. Reading his debut non-fiction novel we can notice it has its roots in the journalistic activity of the author. He seems to weave together, thanks to the expedient of the narrator-witness, fragments of an already written story. One of these is the article, “The word Camorra doesn’t exist” 216, published by the author on the collective blog “Nazione Indiana”217, that seems to be the seed of his future literary work. In 2009 the author retraced his personal and literary evolution, collecting his personal writings, from 2004 to 2009, in the book “Beauty and the Inferno”218. A book inspired by his own masterpiece “Gomorrah” and his commitment against the Mafia: from his first steps in the world of literature and anti- mafia militancy, up to the acclaimed Nobel Prize Ceremony at the Swedish Academy. On international level, Saviano is depicted as a new Charon, who, from the very first scene set at the Bausan dock, bring us into “the city dolent”219, among “the people lost”220.

216 Roberto Saviano, “La parola camorra non esiste”, “Nazione Indiana”, 16th September 2003. 217 A collective blog and cultural project founded in March 2003 by a group of writers, critics and Italian artists, with the aim of giving voice to text and ideas that have no commercial publishing space and information printing. 218 Roberto Saviano, “La bellezza e l’inferno”, Mondadori 2009. 219 Dante Alighieri, “The Divine Comedy”, Canto III. 220 Dante Alighieri, “The Divine Comedy” Canto III. 141

The language used in many articles to refer to this beautiful city, is precisely that of a “living Hell”, because the deeper you dig into this story, into this reality, the more you feel like you are living a sort of reinterpretation of the third Canto of Dante's Inferno. “And I realized that this is my damnation, the stake I thought the devil would never have collected. A damnation that condemns you when your words travel too far, becoming a seed.”221. It has never been easy for a writer to tell hard truths, not only in the past, when censorship prevented different opinions from being spread, but courage has consequences also today. A book can sentence a person to death as it happened to the Anglo-Indian writer Salman Rushdie222, or to live under guard in a kind of foretold ending, making you a “marked man”, a target, a possible victim. «I was told by the Camorra: “t’amm fatt il cappotto di legno” – [“we made you a wooden overcoat”] that means “we closed you in a coffin alive”223. However there are some differences between the two writers: Rushdie was censored by an official authority, while the Camorra is an unofficial and unseen world. It is important to point out that, the threats to Saviano did not start when the first reportages were published, nor when Gomorrah was released, but only when Saviano took part in a rally in his town “Casal di Principe”224, on 23rd September 2006. Here he openly insulted the boss and it was the first time that someone questioned, in person, the control of a territory that, as with animals, “is marked”. Saviano affirms: “Some people ask me how words can scare criminal organizations. But what frightens them are not the words, but readers”225. The Camorra did not forgive «not only the book, but its success and the fact it has become a best-seller. This annoyed them»226. The bosses know that the awaking of human consciences

221 My translation: Roberto Saviano, “Dieci anni di Gomorra”, in “Gomorra”, Mondadori 2016. 222 Anglo-Indian writer, hit by the Fatwa of the Iran's political and religious leader, Khomeini, to have written “The satanic Verses”, 1988. 223 Personal translation: Roberto Saviano, “Saviano: Ora su Gomorra chiudono gli occhi”, “L’Espresso”, 5th May 2016. 224 Naples neighbourhood. 225 Roberto Saviano, “Roberto Saviano: Assurdo incolpare chi racconta la violenza e non chi la fa”, “Fanpage.it”, 15th May 2016. 226 Roberto Saviano, “La libertà di Saviano”, “La Repubblica”, 29th May 2016. 142

can destroy them, much more than a blitz. They fight with machine guns, we use culture, this is what Gomorrah teaches us.

A passage in the book, that can be considered a key to understanding his thoughts, is entitled “I Know”227 and it is explicitly taken from the homonym Pier Paolo Pasolini’s work228. However, Saviano wants to emphasizes a fundamental difference: Pasolini has a purely literary knowledge, arising from him being an intellectual status, while the narrator, Saviano, repeats several times “I know and I can prove it”229. With these words the author's alter ego claims his role of witness who observes, evaluates, looks, listens, knows. His writing becomes a ruthless story “of these truths” but he concludes, “I do not take prisoners”230 a statement that hides a message: let judges do justice. Another important quote that Saviano chooses to insert in the opening of his book is a phrase by Hannah Arendt: «Comprehension, in short, means the unpremeditated, attentive facing up to, and resisting of reality – whatever it may be or may have been»231. A thought formulated while writing her masterpiece “The

227 Roberto Saviano, “Gomorrah”, MacMillan 2008, chapter “Cement”. 228 Pier Paolo Pasolini, “Cos’è questo Golpe? Io so”, “Corriere della Sera”, 14th November 1974. 229 Roberto Saviano, “Gomorrah”, MacMillan 2008, chapter “Cement”. 230 Roberto Saviano, “Gomorrah”, MacMillan 2008, chapter “Cement”. 231 Roberto Saviano, “Gomorrah”, MacMillan 2008. 143

banality of evil”232 , on the story of one of the most terrible Nazi-leaders. The Camorra, as every Mafia-type organization, is a totalitarian institution, which does not admit opposition: those who go against it are physically eliminated or their existence as social individuals is reduced to nothing. In a specular way, Gomorrah ends with another quote, a cinematographic one, which seems to be a prophecy on Saviano’s personal destiny for having written this book. Perhaps, still today, he repeats these words to himself: “I wanted to shout, to scream, to tear my lungs out like Papillon233. I wanted to howl from deep down in my gut, my throat, exploding with all the voice left in me: Hey you bastards, I'm still here234”235

232 Hannah Arendt, “Eichmann in Jerusalem: A Report on the Banality of Evil”, 1963. 233 “Papillon”, directed by Franklin J. Schaffner, USA/France 1973. 234 Phrase stated by Steve Mcqueen in “Papillon”. 235 Robero Saviano, “Gomorrah”, MacMillan 2008, chapter “The Land of Fires”. 144

CHAPTER III

GOMORRAH, A WORLDWIDE PHENOMENON

“A man who writes does not scare, what scares are the many people who listen, the eyes that read a story, the many mouths that narrate it”236

Gomorrah became an editorial phenomenon as soon as it was published. The book has sold over 2.250.000 copies in Italy and 10.000.000 worldwide. Published in more than 50 countries, it has been translated in 52 languages. Ten years after the publication of Gomorrah, in 2016, Saviano decided to make a second publication of his first work inserting some personal comments and reflections on these last ten years including a collection of foreign articles on Gomorrah, published in the major international newspapers. This collection clearly shows that, in Italian literature, there is a “before” and an “after” Gomorrah and that this work, with its innovative and disruptive force, has crossed Italian borders conquering the entire world with a singular “Gomorrah effect”. Thanks to this “effect” and this popularity, Gomorrah has had the power to give the Mafia topic an unexpected relevance, taking it to the top of international rankings. The book is still in the top ten best-sellers in Germany, and it is a German article that opens the collection in Gomorrah, with the title: “Like a rose in the desert”237. This expression was used by a magistrate to describe the rarity of the act of the denunciation in some territories of Campania. As for what concerns the international scene, Gomorrah was included, as the only Italian book in the ranking of the 100 most important books of 2007 by the American newspapers “The New York Times” and “The Economist” with the following motivation: “a literary scream that names names, of the killers and the killed”238. Moreover, in the United States, the book entered the non-fiction category, and this is something very important because it gives the work the importance it

236 My translation: Roberto Saviano, “Vieni via con me”, Feltrinelli 2011. 237 Srtephan Lorenz, “Rose in der Wüste”, “Freie Presse”, 2007. 238 Ian Fisher, “An Italian Author Driven Into the Shadows by Success”, “New York Times”, 3rd November 2007. 145

deserves and sets the expectations of the American public as for the reliability of its content and its denunciations. Even the film Gomorrah had great success, with its five awards at the European film Award in 2008 and seven at the David di Donatello Awards for best foreign film in 2009. The movie was rightfully seen as the main revelation of the year, watched by over two million people and becoming the tenth box-office film in Italy for the cinematographic season 2007-2008. Matteo Garrone was also awarded the Grand Prize of the Jury at Cannes Festival, where the audience applauded for five minutes both his film and its cast with the following comments: “Gomorrah is a film of great civic value […] there's a strong emphasis on social commitment”239.

65th edition of the Cannes Festival.

The “Gomorrah effect” found a new lifeblood with the TV series, produced by Sky Italia and broadcast from 6th May 2014 on the Sky Atlantic channel, directed by: Stefano Sollima, Claudio Cupellini, Claudio Giovannesi and Francesca Comencini. It took thirty-two weeks of filming, 400 settings, 200 actors and 3000 extras for the production. “A huge effort” said the producer Riccardo Tozzi “to stick to the two main strengths of the series: to be a universal archetype understood worldwide and to be realistic in every detail”240. Gomorrah is successful because it

239 Ex Italian Minister of Culture. 240 My translation: RiccardoTozzi, “Gomorra la serie, con Ciro e Genny il viaggio dello spettatore nell’inferno della camorra”, “L’Espresso”, 9th May 2016. 146

was written with such high quality language and an aesthetic that is difficult to find in Italian TV. A not so obvious success for the filmmakers: “We were told that a Neapolitan series would never have been watched, not even in Rome, but we took a risk and here are the results”241. With these words the Sky producer, Andrea Scrosati, speaks about the series as a bet that, despite the use of dialect and the unknown cast, has captivated Italian people and not only. “Gomorrah has shocked the international public that was used to watching series filmed in studios” explains Tozzi, “instead we went to the real places, with a neo-realistic spirit”242. However, despite the fact that the content, the settings and many lexical choices are deeply rooted in the socio- cultural context of Campania, the book was translated in 33 countries. Due to the fact that translating such work has many difficulties, I have chosen to analyse the translation of Gomorrah in an English speaking context. The main principle behind every translation is the awareness of the fact that it is impossible to find a perfect correspondence between every single signifier. For this reason, a good translator should not only be “a bilingual, but also a bicultural (if not multicultural) specialist working with and within an infinite variety of areas of technical expertise”243. This is even more the case for the work Gomorrah, where the difficulty in translating is not limited to “translating” a word from one language to another, but also to “transferring” a social reality from a specific context to another. Even if the English translator, Virginia Jewiss, preserved the socio-cultural Neapolitan context, some specific terms, cultural references, idioms or slang expressions were not rendered properly or were omitted. An interesting example is the reference to Totò, used to describe the way of speaking of one of the characters, Xian Zhu. Saviano wrote: “He spoke perfect Italian, with a soft r that sounded more like a v, like the impoverished aristocrats Totò imitates in his films”244. Obviously,

241 Andrea Scrosati, “Andrea Scrosati: Gomorra e le serie glocal sbancano il mercato televisivo”, “Leggo.it”, 10 May 2016. 242 RiccardoTozzi, “Gomorra la serie, con Ciro e Genny il viaggio dello spettatore nell’inferno della camorra”, “L’Espresso”, 9 May 2016. 243 M. Snell-Hornby, “The professional translator of tomorrow: language specialist or all-round expert?”, in “Fundamental Aspects of Interpreter Education”, John Benjamins Publishing, 2004. 244 Roberto Saviano, “Gomorrah”, MacMillan 2008, “The port”. 147

for an English reader “extra distinctions”245 should have been integrated, maybe in a footnote, for additional information on the Italian actor Totò. Another example, which regarding what might be called “culture bumps”246 or wordplays, is the language used by Saviano to describe how the Camorra was gradually able to increase its turnover. The author speaks about four blitzes triggered in April 2005 that seized illegally imported goods for the value of thirty million euros: “Just a small serving of the economy that was making its way through the port of Naples in a few hours. And from the port to the world. On it goes, all day, every day. These slices of economy are becoming a staple diet”247. In this passage we can notice how, even if the translator preserved the lexical area of food with the term “serving”, the wordplay used by Saviano, as well as the strong crescendo from the term “slices” that become “fragments”, are lost. Another category of terms which generally require a specific “pragmatic explication” are the geographic locations, often chosen because of their strong connotative meanings. Being a reportage, the choice of geographical areas was obligatory and the majority of geographical references, with the exclusion of references to countries like China, Spain and Scotland, do not only require a generic topographical knowledge of Italy, but imply a familiarity with certain urban and suburban areas. These latters are never only a background, but an integrant component of the narration. Therefore, a right choice was made when Saviano mentions for example Posillipo, Parioli and Brera, in adding: “posh neighborhoods of Naples, Rome and Milan”248. However, the choice of translating the name of the area Secondigliano with “Second mile” was rather excessive. Here Jewiss opted for a process of “domestication” that can also be seen in the choice of translating the “Statale 87” in “Route 87”249, where all the “lovers” in the area “went”. Since all these places are extremely important to understand the work, a map of Italy and one

245 Albrecht Neubert, “Translation as a Text”, Kent State University Press, 1992. 246 Ritva Leppihalme, “Culture Bumps: An Empirical Approach to the Translation of Allusions”, Multilingual Matters 1997. 247 Roberto Saviano, “Gomorrah”, MacMillan 2008, chapter “The port”. 248 Roberto Saviano, “Gomorrah”, MacMillan 2008, chapter “The port”. 249 Roberto Saviano, “Gomorrah”, MacMillan 2008, chapter “Angelina Jolie”. 148

of Campania were added to the book to help the foreign reader to locate what is being narrated. Another peculiarity of Gomorrah are the numerous and characteristic nicknames with which Saviano often identifies different characters. These could not be omitted, and therefore some amplifications were made. However, in some cases, they were not relevant to the original connotation of the text. When for example Saviano speaks about the camorrista Vincenzo Benitozzi, called “Cicciobello” 250 because of his round face, the reference is not to his physical connotation, but to the famous doll, object of many young girls’ dreams. The translator here does not go beyond the denotative message and the literal meaning of the sentence and decides that the round face must necessarily belong to a fat person, and in fact arbitrarily adds: “Cicciobello, - or fat boy”251. In some other cases, the footnote remains the only resource for a translator when the cultural or lexical gap is too wide. When Giovanni Brusca is mentioned, Jewiss decided to insert a long explication: “the boss of San Giovanni Jato and the murderer of Judge Giovanni Falcone”252. While in some other cases, she was subject to criticism for her decision to use expressions such as “seize the properties”, “to sequester”, trying to keep as close as possible to the Italian version, but leaving the reader confused. To this regard Anthony Shugaar253 stated: “Italian soldiers don’t wear combat boots, they wear “amphibious” – an enigma if you don’t know that the Italian for army boots is anfibio”254. The edition published in the United Kingdom makes use of the same American translation, except for a few, albeit important changes. An important difference, motivated by bureaucratic and legal reasons, is that the version published in the UK omitted the name of the man who Saviano in Gomorrah defines “The first racketeer

250 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capitolo “Il Sistema”. 251 Roberto Saviano, “Gomorrah”, MacMillan 2008, chapter “The System”. 252 Roberto Saviano, “Gomorrah”, MacMillan 2008, chapter “The System”. 253 American author and translator. 254 A. Shugaar, “Good Fellas. A young Italian laments how Naples has fallen under the sway of brutal mobsters”, 4th November 2007. 149

of English nationality in the Italian and British criminal history”255. Since in the UK the offense for Mafia association does not exist, the charge which is discussed in the book is virtually non-existent. For this reason the publisher decided to omit this passage in order not to be sued and avoided having to pay compensation which was estimated at two million pounds.

“The sun has stopped shining on the provinces of Naples and Caserta, it is impossible to enlighten these dark lands to the extent that Italian people need subtitles to decipher them”256.

Unlike the book, dialect is always used in the film and in the series, where a careful job was done to try to balance the need for realism with the public's understanding. An exchange between a drug dealer and his customers in perfect Italian would not make sense, but they could not go as far as using a pure Neapolitan dialect, that’s incomprehensible to most. For this reason, the scripts were adapted with the help of local people, and few key words were translated so that the viewer would be able to understand the general discourse. Nevertheless, many viewers chose to use the Italian subtitles promptly provided by Sky. The Neapolitan dialect has something that distinguishes it more than anything else: its musicality. The directors of Gomorrah were not interested in presenting the true Neapolitan dialect, as this was not their mission. They were interested in creating a linguistic musicality and the different ways of speaking became an extension of each character. Examples of this are: Genny’s calm and rough tone; Conte’s elegant sentences; Ciro Di Marzio’s speed in talking, with focus on the last syllable; Pietro Savastano’s long pauses and linearity and O'Track’s energy and anarchic language.

255 My translation: Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, chapter “Aberdeen, Mondragone”, pag. 291. 256 My translation: Francesco Nardi, “Corriere del Mezzogiorno”, 20 May 2008. 150

The latter is taken as a symbol of the emerging young boys, whose language is faster and less understandable, which underlines the generation gap. Speaking of musicality, the incredible soundtracks and tracks that accompany the TV series must be mentioned, which have contributed to making this product unique. The main musical theme of the series is “Doomed to live” by Mokadelic257, a post-rock / psychedelic band whose melodies, with their crescendo and diminuendo of notes and intensity, follow the main scenes perfectly. As for what concerns the closing song of each episode, it has become a real cult: “Nuje Vulimme 'na speranza” by NTO' & Lucariello258. The words, written by boys who were born and raised in Campania, perfectly describe the atmosphere in those neighbourhoods and the cry of those who still hope. With the dirty, vulgar and sometimes incomprehensible inflection, it gives the impression of a real, everyday speech. We feel we are catapulted in the streets, in the crumbling council houses, completely abandoned in the hands of the bosses. This is something that marks the quality of this production unique, above standards. Before this series, viewers had been accustomed to actors with no accent, coming from theatre schools, and dialect was only used to characterize a comic situation, whereas in Gomorrah it is the official language of crime. Italian is the language of the enemy, the authority, the State, of that institution which, theoretically, should stop or at least contain the expansion of criminal organizations. The success of the series and its export to several European and worldwide countries, has brought a problem: the adaptation of the dialogues. In the cases of Gomorrah, adaptation implies a triple transition: from the source language, the Neapolitan dialect, to Italian, to the target language. The seasons of Gomorrah were dubbed, and of course many of the peculiarities of the original product were entirely lost. Terms, expressions and accents were systematically flattened into English, Spanish, French and German standard. To this regard Sky

257 Their music moves from post-rock and neo-psychedelic atmospheres to melancholic ones, using a dense range of melodic sounds in a crescendo that creates real symphonies. 258 Italian rappers. 151

Atlantic broadcast a video showing scenes from the famous TV series dubbed in different languages, in which we can see how some sentences, that have become a cult, have entirely lost their communicative power. An example of this can be seen in the expression “Sta senza pensier” simply translated to “take it easy”. The impact is very strange and makes us smile: “phrases completely transformed when pronounced in French, German, English or Spanish. The result is curious, sometimes funny, and even a little bit paradoxical”259.

259 My translation: Roberto Saviano, “gomorra, parlez vous français? Gli effetti del doppiaggio”, “Roberto Saviano online”, 10th August 2015. 152

CHAPTER IV

GOMORRAH, THE REALITY BEYOND THE FICTION

“The strategy of the television series is not to take sides with any character. The goal is to make the System and its power protagonists. The real star is reality. It was and is my obsession”260

One of the most controversial and interesting themes around the “Gomorrah” phenomenon, is the relationship between what is fiction and what is real life in the Neapolitan neighbourhoods narrated by Saviano. Regarding this matter, the positions tend to be between two extremes: some people think that the series gives a too negative and “altered” image of Naples, only showing clichés and stereotypes, and those who, instead, consider Gomorrah as an “eye” that allows you to observe, despite the film filters, a truthful reality, not a fiction. In the case of the book, references to events and real characters are, as already mentioned, explicit and demonstrated by sources and evidence given by the author himself. The film is overtly marked on a documentary style, while a more detailed discussion has to be made on the television series. Although it is fiction, and invention is used for manipulating reality, it weaves constant references to real facts, contexts and characters, explicitly playing with the spectator's competence. This competence does not only refer to the book by Saviano, but also to events that occurred after its publication. Nowadays, contemporary TV series have the tendency to show bits of reality to capture the public's attention, who seem more attracted to fiction, therefore to stories, rather than to the news, hence to reality. For this reason the directors have chosen to present a complex phenomenon such as the Camorra through personal and daily life of a classic Camorra family, that of “Savastano”, starting from the highest moment of the clan to its decline, something which everyone, sooner or later, has to deal with in this infinite loop that is Camorra.

260 My translation: Roberto Saviano, “Parla Saviano: «Gomorra? È la realtà negata dai politici»”, “Corriere della Sera”, 24th May 2016. 153

Through the characters, the viewer finds himself living the real life of the neighbourhoods of Naples, in a narrative of images, where the similarities are numerous. Episode after episode, details link the protagonists of the series to some of the protagonists of the crime news of Naples, staging the dynamics of one of the bloodiest Camorra wars ever: that between the Di Lauro clan and the “secessionist”, that took place between the years 1990 and 2000. In this scenario, the boss, Pietro Savastano, has much in common with Paolo Di Lauro. Also Ciro, former right-hand man of the boss and then leader of the rebels, seems to be precisely the former right- hand man of Di Lauro, Lello Amato. Another parallel can be made between the figure of Genny and that of Cosimo Di Lauro, the boss Paolo Di Lauro’s eldest son. The two boys seem to be so similar also in the way they dress with a preference for dark clothes and black leather. In the series there are a number of expertly stitched and blended images depicting real life in Naples and the surrounding districts: the organization of drug dealing squares in broad daylight; the many people lined up outside the prison who let the boss’ wife jump the queue; the use of firing ranges to build the alibis of the killers; the monthly pay distributed to the families of the fallen and of prisoners; the prayers before ordering a massacre. Then there are those that we can call “visual quotes” as the opening sequence of the second episode, in which a frame of the port of Naples reminds us the opening words of Saviano’s novel. As for the references to events that followed the publication of Gomorrah, an important source was represented by the confessions of Maurizio Prestieri. He was one of the first turncoats of that war, probably the most important one due to the amount of arrests that his confessions had led to. For the Camorra, turncoats are vile people, walking dead. For the police, instead, they represent a weapon, the trump card that can lead them to the heart of a clan, revealing trafficking, trade relations, points of interest and the mechanisms. There are those who confess to save

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themselves, those who do it to be granted a lighter prison sentence, or those who see no alternative and want to finally get out from this hell.

“It is war. No one understands how it will be fought, but everyone is aware that it will be terrible and long”261

The War of Secondigliano was a fierce between the Di Lauro clan and some of its members who decided to part from it, becoming known as “secessionist” or “Spanish”. A war without “respect”, starring the boss Paolo Di Lauro, known as “little Cyrus the millionaire”262. The boss was born in Naples, on 26th August 1953. Abandoned at birth, he was adopted by the Di Lauro family and was raised, as far as possible, away from crime. Despite this, he soon began to commit crimes, ending up in the world of organized crime under the boss of Secondigliano, Aniello La Monica. However, as time went by, the boss started to feel threatened by his figure and, in 1982, he ordered his death. The attack failed and Di Lauro soon returned the favour to the boss by organising an ambush on 1st May 1982. Taking advantage of the death of the boss and the lack of power, Di Lauro was able to monopolize the drug trade in Naples, and to fulfil his greatest dream: to make Scampia the largest drug dealing square in Europe. This was possible thanks to trading directly from the South American drug cartels, that means directly from the producers, and allying himself with the East Albanian cartels for the large-scale distribution. To strengthen these direct links, the new boss sent his most trusted collaborators there, for example, Raffaele Amato, called “Lello” or “Spagnuolo”. At this point one of the most powerful clans in the history of organized crime started to take shape. A clan that operated like a real business, whose main incomes were and still are represented by drugs.

261 My translation: Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, chapter “La guerra di Secondigliano”, pag. 89.

262 The boss Luigi Giuliano, called “o' re”, gave him this nickname. 155

For about 20 years Di Lauro was known as “the ghost boss”, because his name was never mentioned, and despite the efforts of the police, his identity remained unknown. Di Lauro only communicated directly with a few faithful people and everyone referred to him as “Pasquale”. The equilibrium of the clan was broken when, after the death of his son Domenico, the boss decided to step back and leave the clan to his son Cosimo, named “the crow”263, due to his clothing style similar to the main character of the homonym film. Under his rule the first disappointments emerged among the old members of the clan, “the old guard”264, to whom the young boss did not seem to give the importance that they “deserved”, giving instead more space and power to the young “guaioncelli”265 who constituted his “battery”266. Moreover, the young boss decided to give everyone a monthly wage, which was in contrast with the choices made earlier by his father, but this was necessary in order to reaffirm his authority. The first betrayals and killings began, and it was soon war. Lello Amato, “la vicchiarella”, and those who remained faithful to him, began to take control of the drug squares by force, beginning to weave their own drug-trafficking network with Spain. It was the beginning of a war that led to more than 100 deaths in a year, so much that the term “war” was no more used, and people began to call it “Vietnam”: burned cars, dead bodies behind every door, multiple murders in a single day, a single hour. A macabre game of back-and-forth shootings. Siblings, parents, cousins, friends, no one was spared, because even if there is some doubt, the choice is always

263 “The Crow”, directed by Alex Proyas, USA 1994. 264 Expression used by Camorra people to refer to the veterans of the clan. 265 Neapolitan term with which one refers to young people. 266 Term with which Mafia people refers to their own group of affiliates. 156

to kill. After two years of ambushes and killings the Di Lauro clan seemed to be defeated, forced to remain in the confines of the “Parco dei Fiori”267 known as the “Third World”. It is a huge district, whose nickname makes the situation clear, as well as the inscription that can be found at the entrance of the main street “Third World District, do not enter”268. However, on 27th June 2005, the news of a pact between the clan and the “scissionisti” was published on the newspaper “Cronache di Napoli”. The same year, on 21st January, Cosimo was arrested as well as the boss Paolo Di Lauro and, less than twenty-four hours after his arrest, the tortured body of Edoardo La Monica was found. The message from the body was clear: “cut off the ears with which he heard, gouged out the eyes with which he saw, shattered the wrists with which he took the money, cropped the tongue with which he spoke”269. A reckless violence, a fury and a ritual reserved only to those who are guilty of serious treason. Currently Marco Di Lauro, who has been fugitive since 2004, is considered the head of the clan, and in July 2013 the USA 007, reported some economy infiltrations of the clan in the Big Apple. Saviano wrote: “the system has expanded and renewed. Neapolitan bosses are twenty years old”270. Unfortunately, Camorra is like an Ouroboros, a snake that eats its own tail. In this sense every trial, arrest or seizure is nothing more than a way of alternating bosses, rather than an action to destroy a system.

“The odors stuck in my nose; not only blood and sawdust, nor the aftershave boy soldiers slap on their beardless cheeks, but above all the womanly smells of female perfumes”271

An interesting theme, dealt by Saviano in his book, is that of women in power. In the chapter, expressly entitled “women”, the author speaks about the feminine

267 Neapolitan neighbourhood. 268 Original words: “Rione Terzo Mondo, non entrate”. 269 Roberto Saviano, “Gomorrah”, MacMillan 2008, chapter “The war of Secondigliano”. 270 Roberto Saviano, “Gomorrah”, MacMillan 2008, chapter “The war of Secondigliano”. 271 Roberto Saviano, “Gomorrah”, MacMillan 2008, chapter “woman”. 157

side of the Camorra, revealing how women are always present in the dynamics of clans. He explains how, for many women, to marry a Camorra man is like conquering a capital. If they are lucky that capital will grow and they will benefit from unlimited power and maybe they will be able to become entrepreneurs or executives. However, things could also go wrong and they could end up spending hours and hours in the waiting room of some prison and waiting for the “submarine”272 that, every 28th of the month, distributes a monthly payment to the families of the affiliates who are dead or in prison. In recent years, the Camorra world transformation has also led to a metamorphosis of the female role that, from mother and wife has turned into a real managerial figure. They are rude women. Soulless. Their beauty is marked, often vulgar. They live in the shadow of their husbands, fathers and brothers, but they are ready to become leaders, to command, to issue death orders. They act as men do and sometimes even worse, as in the case of Donna Imma. In some other cases they can be simple partners, allies, as Patrizia, or real bosses of the underworld as Chanel. She is a hyena, she is aware of this and she wants to be one. She is rough, distrustful, fierce, who became “regent” of an important drug square after the death of her brother, Zecchinetta, killed by Genny’s young “guaglioni”. Some people think that her figure was inspired by the life of Maria Licciardi, called “a piccerella”, sister of Gennaro “a scigna”, who became the undisputed leader of the Secondigliano Alliance273 and who is currently in prison.

272 Term used to refer to the person in charge of distributing the monthly pay to the affiliates’ family. 273 A strategic alliance of Camorra clans in Naples in the 1990s. 158

She is also similar to the figure of Anna Mazza, widow of the Godfather of Afragola274 and known as “the black widow of the Camorra”. On the other hand, the figure of Marinella, Chanel's son’s wife, shows a different side of the Camorra. Marinella is unwillingly a Camorra woman, who lives as a prisoner in a world where it is easy to enter, but it is almost impossible to get out.

“In the Camorra system murder is necessary, it’s like depositing money in the bank, purchasing a franchise, or breaking off a friendship. [...] But killing a priest, one outside power, pricks your conscience”275

The many innocent victims that are left behind, are an incurable wound of these wars. In March 1994, Saviano was sixteen years old when he attended the funeral of Don Peppino, whose words scared the boss of “Casal di Principe” more than a blitz. He was killed for his courage, because he looked up and wrote: “For the love of my people I will not shut up”. His figure hides the many cases of people who were killed “by mistake” or “convenience”. Saviano also speaks about Annalisa Durante, she was only fourteen when she was killed on 27th March 2004 during a shootout. Attilio Romano, killed in Naples on 24th January 2005 by three assassins for mistaken identity. Dario Scherillo, another “mistake”, killed on 26th December 2004.

274 Neapolitan municipality. 275 Roberto Saviano, “Gomorrah”, MacMillan 2008, chapter “Don Peppino Diana” 159

Gelsomina Verde, twenty-two, tortured, killed and burned on 21st November 2004, just because she was romantically linked to a young scissionista, Gennaro Notturno. Unfortunately for Camorra logic, mothers, fathers, siblings, friends, lovers, are like maps. Maps which are used to find the person they are looking for. Gelsomina, called “Mina”, has a place in the series with the character of Manu, almost a play on words. The bond between these two figures is made evident from the title of that episode that is precisely “Gelsomina Verde”, a name that does not invoke any element of the episode and should push the viewer to find out more information. In the series, the viewer is at first presented with a little boy who gets hired from a gangster and, only later, comes into contact with the insouciance of his girlfriend, who is totally unrelated to the Camorra world. In this representation another social problem is revealed, something that in the book is hidden between the lines: the fragility of those young people, those children, attracted by the economic and social power of clans, but totally unaware of what this implies.

The theme of the so-called “baby killers” is one of the most important ones for Saviano, to the extent that he dedicated an entire book to it: “The Paranza of

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Children”276. In this book, Saviano writes about boys without future, young people who do not fear neither the prison, nor death, because they know that the money belongs to those who take it. They are no more than fifteen years old, like Pikachu, a child who told Saviano he wanted to die like a real man: killed. They are found riding their scooters through the alleys to the conquest of Naples. They work as lookouts, but their dream is to be couriers or killers, becoming affiliates, and maybe the new boss. In the film, the director shows the story of Totò and Simone, two children representatives of the many young soldiers of the Camorra. Their figures also help understand the atmosphere of the Secondigliano war, and how much the logic of Camorra is internalized. Simone told his friend they could not see each other any longer or play together because he had become secessionist, therefore Totò’s enemy, and he was even prepared to kill him, if necessary. On Wednesday, November 30th, the premiere of a documentary by Michele Santoro was presented: “Robinù”277. It is a documentary on real stories about real young people immersed in a nihilism without expectations and without remorse. True faces, like that of Michele, who said he was infatuated with the machine gun, “u kala”278, “With it in my hands I’m not afraid of anything, 33 bullets, it is like

276 Roberto Saviano, “La paranza dei bambini”, Feltrinelli 2016. 277 “Robinù”, directed by Michele Santoro, ITA 2016. 278 Neapolitan expression for “Kalashnikov”. 161

walking armoured”279. The boys of Robinù are not actors and they do not show repentance while serving their sentence in Poggioreale280 and Airola281. They start shooting even before the age of fifteen and rarely get to thirty. Because to get to the top, you have to shoot more than the others, and to kill before they kill you, killing former bosses and those rivals with the same claims. One is speaking about people out of control, without family and without the slightest trust in institutions, ending up in the net of crime. It happens for economic reasons, but also because of the culture of those places. The system exploits them for its own interest, finding strength in weakness and in the deterioration of neighbourhoods. For this, the controversy about the possibility of emulation due to Saviano’s book or the film or the series, is just false moralism. These people are not emulating something they read in a book, or they watch on TV, but something they see on their streets and that unfortunately is part of their lives and Gomorrah is and will always be an invaluable document, which in decades to come, will still witness an indelible period, a drama impossible to erase.

Scampia, Neapolitan district, “Le vele”.

279 My translation: Michele Mazio, in “Robinù”, directed by Michele Santoro, ITA 2016. 280 Prison in Campania, Italy. 281 Prison in Campania, Italy. 162

CAPÍTULO I GOMORRA. UN VIAJE A TRAVÉS DEL LIBRO, LA PELÍCULA Y LA SERIE

“En el libro cuento la realidad desde mi punto de vista, desde mis ojos. Se trata de un reportaje, una investigación, un diario. La película describe un clima. La protagonista es la cotidianidad criminal. La serie cuenta las dinámicas. Hemos sido capaces de ir más a fondo. La ética es siempre la de afrontar el mal”282

Italia está en guerra. Desde hace más de doscientos años. Es una guerra sangrienta, escondida en los barrios, pueblos, ciudades, y que causa cientos y cientos de víctimas cada año. Pero para hacer justicia, no puedes confiar en lo que han visto tus ojos, porque después de una guerra de Camorra no hay ruinas, evidencias, los homicidios son rápidos y repentinos y una vez limpiada la sangre sobre el asfalto todo está tranquilo de nuevo, como si tu fueras el único a ver o sufrir. Como si cualquiera estuviera listo para decir “no es verdad”. Se trata de una guerra cerca de todos, porque la Mafia es nuestro vecino, nuestro empleador, el alcalde de nuestra ciudad, el dueño de nuestra casa. La Mafia está en todas partes. Sin embargo, parece algo muy pero muy lejano, algo que no nos concierne directamente.

Camorra, tres omicidios en la area de Flegrea, Nápoles.

282 Tradución personal: Roberto Saviano, “Gomorra? È la realtà negata dai politici”, “Corriere Della Sera”, 24 de Mayo de 2016. 163

En este escenario sombrío, diez años atrás un joven escritor, Roberto Saviano, hizo hablar de sí mismo, para bien o para mal, con una obra sensacional e inesperada que turbó el mundo editorial italiano y extranjero: Gomorra. Viaje al imperio económico y al sueño de poder de la Camorra. Gomorra es una novela testimonio, una investigación, un documental, una historia, un análisis, un ensayo sociológico, un retrato doloroso de una sociedad enferma. Pero Gomorra es sobre todo la realidad, la dura e implacable observación de lo que ocurre en una amplia zona del territorio italiano y que, antes de Saviano, no generaba ni consternación ni indignación. Todo comenzó con un acto, el de la palabra, que desde 2006 ha ganado cada vez más fuerza, transformándose a través de varias formas de comunicación: de libro, a película, a serie. Por medio de esta invasión en varios campos mediáticos, Saviano parece responder al “Sistema”283 criminal con otro sistema, el artístico, que se ramifica en múltiples direcciones luchando contra el silencio y la indiferencia. En poco más de Trecientas páginas el joven autor revela los misterios de una organización poco conocida, la de la Camorra, que muchos consideraban derrotada y que en cambio se ha fortificado en silencio superando “Cosa Nostra”284 por número de miembros y negocios. La historia y la reconstrucción del poder de esta organización comienza desde la guerra de Secondigliano285, desde la subida al poder del clan Di Lauro hasta el conflicto interno que ha producido ochenta muertos en poco más de un mes. La guerra de Camorra más despiadada que el sur de Italia haya visto en los últimos veinte años. Una narración en primera persona en la que el autor, combinando el rigor del investigador, el valor del periodista y sobre todo el amor doloroso por su ciudad, nos

283 Término con el cual Saviano se refiere a la Camorra en su libro “Gomorra”, Mondadori 2006, en el capítulo “El Sistema”: «Sistema, un término que aquí resulta familiar a todo el mundo, pero que en otros lugares es aún difícil de descifrar, una referencia desconocida para quien no conoce las dinámicas del poder de la economía criminal. Camorra es una palabra inexistente, de madero. Usada por magistrados y periodistas, por escenógrafos. Es una palabra que hace sonreír a sus afiliados, es una indicación genérica, un término de estudiosos, ligada a una dimensión histórica. El término con el que se definen los que pertenecen a un clan es Sistema: “Pertenezco al Sistema de Secondigliano». 284 Organización criminal desarrollada originalmente a mediados del siglo XIX en Sicilia. 285 Barrio de Nápoles. 164

conduce en un viaje en los lugares donde esta organización nació y vive y de los cuales saca a la luz una realidad inédita. Una imagen clara y detallada, retratada directamente desde los lugares de los atentados, de las tiendas y las fábricas de los clanes, a través de los ojos y de las historias de personas que con la Camorra viven y conviven. Además, tomando completamente parte en su proprio libro, Saviano nos confiesa que él mismo participó en la descarga ilegal de mercancías en el puerto de Nápoles, “el agujero del mapamundi”286, y que fue testigo de homicidios, atraído pero al mismo tiempo “disgustado” por lo que veía ocurrir en su ciudad. Nos habla de una tierra infectada, la Campania, donde van a parar casi todos los residuos que escapan de los controles legales y donde las muertes por cáncer han aumentado de un 21% en comparación con el resto del País 287 . Una región caracterizada por una sensación generalizada de desconfianza a las autoridades, por la falta de una política para resolver los graves problemas que afectan al Sur, por una fuerte sensación de inseguridad personal y sobre todo por la falta de una verdadera educación social. Una decadencia acentuada por el contraste de la imagen de las villas de lujo de jefes que buscan recordar a los de Hollywood y que, como Tony Montana en “Scarface”288, están convencidos de que el mundo les pertenece y que tienen plena libertad para manipular a la política, a la economía y a la sociedad de manera funcional a su ganancia. Saviano cita numerosos jefes mafiosos, hombres y mujeres. De cada uno nos informa no sólo del nombre y del apellido, sino también del apodo que los identifica aún más del nombre mismo, porque “el apodo para el jefe es como los estigmas de un santo: la prueba de la asociación en el sistema”289. Gomorra, entonces, es una obra de denuncia de lo que realmente sucede en nuestro país, pero también es un mensaje de esperanza de un hombre que cree en un

286 Roberto Saviano, “Gomorra”, Debate 2007, capítulo “El puerto”. 287 Roberto Saviano, “Gomorra”, Debate 2007, capítulo “La Tierra de los Fuegos”. 288 “Scarface”, dirigido por Brian De Palma, USA 1983. 289 Roberto Saviano, “Gomorra”, Debate 2007, capítulo “El Sistema”. 165

futuro en el que la palabra “Camorra” pertenecerá sólo a los libros y todos, inclusos los que viven en Campania, tendrán la oportunidad de vivir normalmente, sin estar sujetos a prejuicios debido a lo que ocurre en su tierra natal. En 2008 Gomorra se convirtió en una película dirigida por Matteo Garrone, quien elige una perspectiva objetiva, casi documental, en la cual el punto de vista es al revés: el punto de vista es el del Mal y la muerte es la verdadera protagonista. El director ha logrado la difícil empresa de adaptar la compleja novela de Saviano seleccionando los episodios más significativos del libro, dando a la luz una obra extraordinaria, de crudo realismo, que ha marcado una nueva etapa en la historia de las adaptaciones de la página a la pantalla. Él pone en escena la humanidad narrada en el libro en forma de un infierno grotesco, con imágenes oscuras, angustiantes, tomadas directamente de la vida en los barrios de Nápoles y sobresalidas por el sonido de los gritos y disparos de Scampia290; Garrone quiere capturar la atención del espectador tomándolo al estómago y por la garganta, mostrando una tierra que grita más de los que caminan sobre ella. En este sentido, se ha tomado una elección particular, pero muy eficaz: la mayor parte de los personajes y el conjunto de la película nunca habían actuado antes. Esta decisión responde al deseo del director de pintar al mundo de la Mafia de la manera más realista posible y la inexperiencia de los actores, así como el uso del dialecto local, han contribuido a dar un retrato verosímil de la región. El mal es algo absolutamente normal, ya que así es en la realidad.

290 Barrio de Nápoles. 166

La historia procede con un rechazo de los golpes de escena y de las trayectorias típicas del género gánster. Los personajes parecen más hacer parte de una película de terror: no tienen manera de escapar y se enfrentan a su implacable destino. El espectador permanece apegado a la silla desde la primera toma, durante el curso de los acontecimientos, acumulando tensión, siendo consciente de la tragedia inminente. Los asesinos no son tan hermosos como en “Kill Bill”291, sino que son feos, gordos, en sandalias; la vida no vale nada y la muerte apesta. Garrone no quería hacer una película de protesta, no hay nombres o apellidos de importantes miembros de la Camorra conocidos o no, no hay una lucha entre buenos y malos a subrayar donde debe de colocarse exactamente la justicia. Mientras la película está en los cines, los periódicos describen lo que sucede en las calles de Nápoles y entre el cine y la vida real ya no hay ninguna diferencia. El bien común no existe más, la salud colectiva está en riesgo, el interés que gana es el económico, cueste lo que cueste, y todo está desfigurado en un impulso generalizado de muerte. Mirando a la película la realidad se despliega ante nuestros ojos, con su crueldad, como si estuviésemos viendo un documental sobre los tiburones. Lo que se quiere mostrar es la facilidad con la cual se puede quedar enredados en la red del Sistema. Tal vez por razones económicas, sociales, ambientales o también porque obligados. Hombres, mujeres, niños, todos están atrapados en el engranaje criminal, peones del sistema, que viven su condición con resignada participación. Ninguno de los protagonistas es un hombre de primer nivel del sistema, los jefes son invisibles en casi toda la película, pero parecen igualmente una presencia constante. Un personaje significativo en la película es el de Roberto, figura que alude al autor hasta con el nombre. Él es el joven aprendiz de Franco, un “stakeholder” protagonizado por el actor Toni Servillo quien lo implica a él en la organización de la eliminación ilegal de residuos tóxicos. En la película, Roberto permanece en

291 “Kill Bill”, dirigido por Quentin Tarantino, USA 2003. 167

silencio. Sin embargo, su resolución sale a la luz cuando en la última escena se aleja, por sí solo, dando las espaldas a Franco y a todo lo que éste representa. Quizás una alusión al nacimiento de Gomorra como un acto de rebeldía, de diversidad. Para Saviano, la serie televisiva fue la continuación natural de su proyecto narrativo por las características de la televisión como medio comunicativo: “Con la ficción puedo describir los mecanismos mostrando también lo que, por lo general, no importa: como se organiza el contrabando de droga; como se prepara una ejecución; como se manipulan las elecciones. Esta es la fuerza de las series televisivas. Explican las cosas”292. De hecho, la serie Gomorra, aunque se presenta como un texto de ficción y utiliza algún retoque de invención narrativa, tiene muchas referencias con la realidad y explica hasta el más mínimo detalle el funcionamiento interno de la mafia napolitana. Naturalmente los directores empezaron siempre desde el material primario constituido por los hechos reales, reportados por Saviano en su libro, añadiendo eventos aún más recientes y creando un producto de gran calidad de lenguaje, estética y realismo, que nos arrastra en un abismo que ninguna imaginación puede alcanzar. La serie desarrolla una historia parecida en el mismo entorno camorrista narrado por Saviano pero no es una adaptación fidedigna de la novela ni de la película. El protagonista es el clan “Savestano” que controla el suburbio de Secondogliano en la periferia norte de Nápoles y que está formado por el capo Don Pietro293, temido y respetado en toda su zona de influencia, su mujer Imma294, controladora en la sombra de todo su imperio y su único hijo Gennaro295, llamado “Genny”, presentado inicialmente como un joven caprichoso y sin experiencia para heredar las riendas del clan.

292 Roberto Saviano, traducido de una entrevista para “L’Espresso”, 12 Mayo 2016. 293 Protagonizado por Fortunato Cerlino. 294 Protagonizada por Ana Pía Calzone. 295 Protagonizado por Salvatore Esposito. 168

La línea narrativa principal sigue los acontecimientos de la cotidianidad de esta familia y los de la guerra que se estallará entre el clan y algunos miembros que eligen una secesión. Primero de ellos, Ciro di Marzio 296 , “el inmortal”, lugarteniente principal de Don Pietro que aspira a ser el nuevo jefe. Naturalmente, el de los “Savastano” es un clan ficticio que, sin embargo, parece retratar específicamente unas características del grupo Di Lauro 297 , sea por las características de algunos de sus miembros, sea por los eventos escenificados que parecen retratar precisamente las dinámicas de una de las guerras de Camorra más sangrientas de siempre: la que realmente sucedió entre los años noventa y dos mil entre el clan Di Lauro y los llamados “escisionistas” que se separaron del mismo clan. La serie se estructura en dos niveles, por un lado tenemos la evolución personal de cada uno de los cuatro protagonistas, que desde el principio al final de la serie sufren unos cambios brutales y acaban siendo unas personas completamente diferentes de las que vimos al principio. Por otro lado, en cada capitulo se nos muestra, a través de diversos personajes secundarios, los diferentes aspectos “empresariales” de esta organización criminal. Una disección de la Camorra muy puntillosa, que trata en cada episodio un tema, desde los viejos gladiadores hasta los sistemas de reclutamiento de niños para la causa, pasando por los tentáculos financieros, políticos, de compra y distribución de la mercancía y ramificaciones en el exterior. Respecto a la técnica narrativa, esta ha sido diseñada para no crear empatía con ningún personaje. El director, Stefano Sollima, en este sentido dice: “Esta decisión ya había sido concebida en principio, antes de que los periódicos nos atacaran con frases como “atención a ensalzar la belleza del mal”. A mí, francamente, me hacían sonreír, porque sabía lo que iba a ser transmitido. Pensaba: No es así. Siéntense,

296 Protagonizado por Marco d’Amore. 297 Clan camorristico que tiene su raíces en el barrio de Secondigliano y del cual Saviano habla en su libro “Gomorra”. 169

tranquilos, miren la serie y veréis que nada es lo que pensabais. Mi ambición era la de crear una serie que tenía un contenido fuerte y que no era sólo entretenimiento”298. Debido a esto, Gomorra no es una serie que se puede ver distraídamente, tiene que ser digerida un episodio tras otro con los personajes que, como en la vida, evolucionan, crecen, mutan y se muestran en todas sus contradicciones.

298 Traducción personal: Stefano Sollima, “Intervista a Stefano Sollima”, “Nocturno.it”, 26 de Agosto de 2015. 170

CAPÍTULO II

GOMORRA, UN TERREMOTO CULTURAL, SOCIAL Y CIVIL

“Con Gomorra no pretendía tener éxito, sino cambiar las cosas, despertar a la gente, obligándola a ver la horrenda realidad no tan oculta”299

El valor principal de este best-seller consiste en haber sacudido profundamente el paisaje cultural y social, afectando algunos aspectos de la sociedad contemporánea. De hecho, antes de su publicación, la imagen que el público tenía del crimen Napolitano y en general de la mafia italiana era bastante unilateral y simplificado. Los periódicos locales y nacionales publicaban artículos sobre homicidios o otros actos de violencia conectados a la Camorra, centrándose exclusivamente en los delitos y no en el fenómeno complejo que está detrás: una entidad feroz, incapaz de perdonar y que no tiene miedo de derramar sangre inocente durante una de sus muchas guerras.

Gracias a Gomorra hemos sido inundados de artículos, libros, ensayos y películas que nos hablan de la Camorra de una manera mucho más exhaustiva y completa y finalmente se difundió la idea de que la Camorra, así como todas las

299 Traducción personal: Roberto Saviano, “Voglio sposarmi: sarà la mia vittoria e la mia vendetta”, “Corriere della Sera”, 9 de Junio de 2009. 171

mafias, no es un problema limitado a una región, sino una potencia internacional que tiene una red de tráfico y inversiones en todo el mundo. Esto ha sido posible porque, paso a paso, Saviano ha encontrado la manera de fijar en la memoria colectiva los detalles de la historia y de la filosofía de la Camorra. El autor se presenta como un moderno Caronte, que desde la primera imagen, en el muelle Bausan, nos transporta a través de la “perdida gente”300 en la “ciudad doliente”. Es, ciertamente, una forma diferente de narrar el cuento de Italia, que te obliga a enfrentarte al mal, con los ojos bien abiertos; una mirada directa y transparente, que sin embargo ha sido criticada por el mundo político. El libro, así como la película y la serie, recibió críticas por haber dado demasiada publicidad a la mafia, dañando la imagen internacional de Italia. Sin embargo, a estas acusaciones Saviano responde con una pregunta: “¿Si digo que algo está mal, estoy haciendo mal o bien a Italia?”301 y continua: “Quien habla del mal es tratado peor que los que el mal lo hacen, escribió Leopardi, hace dos siglos”302. Las críticas continúan también hoy, cuando Saviano es atacado abiertamente por el alcalde de Nápoles, Luigi De Magistris, quien lo acusa de hacer éxito “con los disparos de la Camorra”303 y le aconseja de informarse mejor y no juzgar y criticar a una tierra que no conoce, para concluir diciéndole: “no tengas miedo. Ten coraje”304. Consejos absurdos, ya que se refieren a un hombre nacido y crecido en tierra de Camorra y que ha tenido el coraje de sacrificar su libertad para hablar de ella. Gomorra nos enseña a “comprender qué significa lo atroz, no negar su existencia, afrontar sin prejuicios la realidad” 305306. Sin embargo, nunca ha sido fácil para un escritor contar verdades incómodas y no sólo en el pasado, cuando la censura impedía la propagación de las opiniones a

300 Dante Alighieri, “La Divina Comedia”, Tercer Canto. 301 Traducción personal: Roberto Saviano, “Il genere umano non odia mai tanto chi fa male, né il male stesso, quanto chi lo nomina”, “Fanpage.it”, 29 de Mayo de 2013. 302 Roberto Saviano, traducido de una entrevista para “L’Espresso”. 303 Traducción personal: De Magistris, Facebook, 5 de Enero de 2017. 304 Traducción personal: De Magistris, Facebook, 5 de Enero de 2017. 305 Filósofa, historiadora y escritora, alemana. 306 Hannah Arendt, “Eichmann in Jerusalem: A Report on the Banality of Evil”, 1963. 172

contracorriente: el coraje se paga también hoy. Un libro puede condenarte a muerte, como ocurrió a Salman Rushdie307, por haber publicado “Los versos satánicos”308, o puede condenarte a vivir bajo custodia, como Saviano, obligado a moverse de un lugar a otro y a vigilar sus espaldas día tras día, en una especie de final anunciado. La Camorra, al igual que todas las asociaciones mafiosas, no admite oposición: quien se opone viene eliminado físicamente o se destruye su existencia como individuo social. Te convierten en un “hombre marcado” 309 , un objetivo, una probable víctima. Saviano afirmó: “a mí los camorristas me dijeron “t’amm fatt il cappotto di legno”, te hemos cerrado en la tumba sin matarte”310. Sin embargo, en el caso de Saviano, las primeras amenazas no fueron pronunciadas cuando el autor comenzó a publicar sus primeros reportajes, ni cuando escribió su libro, sino sólo cuando el autor participó en una comicio en su país, Casal di Príncipe311, el 23 de septiembre de 2006, durante el cual insultó públicamente al jefe del barrio: es decir cuando alguien, por primera vez, se permitió atacar en primera persona el control de un territorio que, como es para los animales, “está marcado”. Entonces, los jefes de la Camorra condenaron a muerte Saviano porque saben que el despertar de las conciencias puede destruirlos, mucho más que un redada. A veces lo que no se perdona no es el gesto de la denuncia en sí, sino el éxito y la difusión que esa provoca. Saviano afirma: “Me preguntan cómo pueden las palabras infundir miedo a las organizaciones criminales. Pero lo que da miedo no son las palabras, ni el hombre que escribe, sino las muchas personas que escuchan, los ojos que leen una historia, los muchos idiomas que la contarán”312. El final de Gomorra parece ser casi una profecía de estas desventuras personales que lo han envuelto por su coraje. De hecho Saviano termina su libro con una citación cinematográfica, que quizás se repite a sí mismo cada día: “Tenía ganas

307 Escritor anglo-indiano. 308 Salman Rushdie, “The satanic Verses”, 1988. 309 Traducción personal: H. Farrell, “Underworlds”, “The Nation”, 21 de Noviembre de 2007. 310 Traducción personal: Roberto Saviano, “Saviano: Ora su Gomorra chiudono gli occhi”, “L’Espresso”, 5 de Mayo de 2016. 311 Barrio de Nápoles. 312 Traducción personal: Roberto Saviano, “Vieni via con me”, Feltrinelli 2011. 173

de gritar, quería desgañitarme, yo quería partirme los pulmones, como Papillon313, con toda la fuerza del estómago, quebrándome la tráquea, con toda la voz que la garganta podía bombear, “¡Malditos bastardos, todavía estoy vivo!”314

313 “Papillon”, dirigido por Franklin J. Schaffner, USA/France 1973. 314 Roberto Saviano, “Gomorra”, Mondadori 2006, capítulo “Tierra de los fuegos”. 174

CAPÍTULO III

GOMORRA EN EL MUNDO

“Y comprendí que esta es mi damnación, que este es el precio que pensaba el diablo nunca habría cobrado. Una damnación que te condena cuando tu palabra llega lejos, cuando se convierte en semilla”315

Desde su publicación Gomorra se convirtió inmediatamente en un fenómeno editorial que, gracias a su fuerza innovadora y disruptiva, ha cruzado las fronteras italianas invadiendo todo el mundo con un singular “efecto Gomorra”, una resonancia internacional tan fuerte que fue capaz de dar una importancia y una actualidad inesperada al tema “mafia”. En los Estados Unidos Gomorra fue catalogado por el periódico “The New York Times” como el único libro italiano en el ranking de los 100 libros más importantes del 2007, definiéndolo “un grito literario que hace los nombres de los asesinos y de los asesinados”316 y incluyéndolo en la categoría de “no ficción”. Esta decisión le da a esta obra la importancia que se merece y expresa la credibilidad de su contenido y sus denuncias. El clamor arrolló también a la película Gomorra, considerada la mayor revelación del año, que tuvo inmediatamente un gran éxito con el público, visto por más de dos millones de espectadores, y gracias a la cual el director Matteo Garrone ganó el Gran Premio del Jurado al Festival de Cannes de 2009, con la siguiente afirmación: “Gomorra es una película de gran compromiso civil”317. Cinco años más tarde, la serie televisiva tenía naturalmente el peso de las expectativas y no podía decepcionar. Producida por Sky Italia, está dirigida por Stefano Sollima y otros tres directores: Claudio Cupellini, Claudio Giovannesi y Francesca Comencini. Para la producción se necesitaron 32 semanas de filmación,

315 Traducción personal: Roberto Saviano, “Dieci anni di Gomorra”, in “Gomorra”, Mondadori 2016. 316 Traducción personal: Ian Fisher, “An Italian Author Driven Into the Shadows by Success”, “New York Times”, 3 de Noviembre de 2007. 317 Traducción personal: Maurizio Caverzan, “Ministri, guardatevi Gomorra”, “Il giornale”, 20 de mayo de 2008. 175

400 set, 200 actores y tres mil extras. “Un esfuerzo enorme”318, dice el productor Riccardo Tozzi, “para respetar los dos puntos fuertes de la serie: ser un arquetipo universal y comprensible en todo el mundo y ser realistas hasta el detalle”319. La serie está rodada directamente en los lugares que se muestran, con un espíritu neorrealista, y por esto ha producido un choque en la opinión pública internacional, acostumbrada a ver las series filmadas en los estudios. Sin embargo, los directores nunca dieron por sentado el éxito: “Nos dijeron que una serie napolitana no se la hubiese mirado ni siquiera en Roma, pero nos llevamos un riesgo y aquí están los resultados”320. Con estas palabras el vicepresidente de Sky Italia, Andrea Scrosati, presentó la serie comenzada como una apuesta y que, a pesar del uso del dialecto y el reparto poco conocido, ha conquistado al mundo. El éxito internacional trajo consigo la necesidad de traducir esta obra que, como se puede imaginar, siendo arraigada en un específico contexto socio-cultural plantea diversas dificultades. Desde este punto de vista un traductor experto no sólo debe ser “un profesional bilingüe, sino también bicultural (si no multicultural) que trabaja con y dentro de una infinita variedad de áreas de experiencia” 321. Para traducir Gomorra no se puede simplemente “traducir” un término de un idioma a otro, sino que es necesario también “transferir” los conceptos de una cultura a la otra, ya que se exportan situaciones y discursos profundamente atados a un contexto local específico hacia contextos geográficos y sobre todo culturales muy diferentes. Por ejemplo, hablando de los lugares mencionados en el libro, éstos son por supuesto esenciales dado que es un libro-reportaje y no son sólo un fondo sino que parte integral de la narración. Además, la mayoría de estas referencias geográficas, con la exclusión de las referencias macroscópicas a países como China, España y Escocia, no sólo requieren

318 Traducción personal: RiccardoTozzi, “Gomorra la serie, con Ciro e Genny il viaggio dello spettatore nell’inferno della camorra”, “L’Espresso”, 9 de Mayo de 2016. 319 Traducción personal: RiccardoTozzi, “Gomorra la serie, con Ciro e Genny il viaggio dello spettatore nell’inferno della camorra”, “L’Espresso”, 9 de Mayo de 2016. 320 Traducción personal: Andrea Scrosati, “Andrea Scrosati: Gomorra e le serie glocal sbancano il mercato televisivo”, “Leggo.it”, 10 de Mayo de 2016. 321 Traducción personal: M. Snell-Hornby, “The professional translator of tomorrow: language specialist or all- round expert?”, in “Fundamental Aspects of Interpreter Education”, John Benjamins Publishing 2004. 176

un conocimiento topográfico general de Italia, sino también una familiaridad con ciertas áreas urbanas y suburbanas. Con respecto a esto, algunas editoriales extranjeras han decidido incluir un mapa de Italia y de Campania, con amplificación en escala, para ayudar al lector a situar visualmente los lugares principales que se mencionan en el libro.

“El sol ha dejado de iluminar las provincias de Nápoles y Caserta, imposible iluminar esta tierra oscura y extranjera hasta el punto de que los italianos necesitan subtítulos para descifrarla”322

Otra peculiaridad de Gomorra es, sin duda, el uso del dialecto. En el libro Saviano lo utiliza sólo en algunas ocasiones, como para hablar de los apodos de los jefes o para reportar directamente las citas. En la película y en la serie el dialecto se convierte en lengua dominante. En la serie, en particular, se ha hecho un trabajo cuidadoso para intentar equilibrar la necesidad de realismo con la comprensión del público: porque escuchar un intercambio entre un traficante de droga y sus clientes en un italiano perfecto no hubiera tenido sentido, pero tampoco se podía llegar al exceso utilizando un napolitano tan marcado como para llegar a ser incomprensible para la mayoría. Por esta razón los textos han sido adaptados dejando en italiano sólo unas pocas palabras clave, de manera que el discurso general se pueda aún entender. Sin embargo, muchos han optado por utilizar los subtítulos en italiano proporcionados sin demora por Sky. El dialecto napolitano tiene una característica que lo distingue más que cualquier otra cosa y que atrajo a los directores de Gomorra: su musicalidad. Ellos no estaban interesados en presentar simplemente el verdadero dialecto napolitano, sino en explotar su musicalidad lingüística para acompañar, hacer interactuar y chocar los diversos personajes: el tono tranquilo y áspero de Genny; la elegancia de

322 Traducción personal: Francesco Nardi, “Corriere del Mezzogiorno”, 20 de Mayo de 2008. 177

efecto de las frases de Conte; la velocidad con enfoque en las últimas sílabas de Ciro Di Marzio; las largas pausas y linealidad de Pietro Savastano; la energía y la anarquía de O'Track, símbolo de los jóvenes emergentes que utilizan un lenguaje mucho más rápido y menos comprensible, casi a subrayar la diferencia generacional. La inflexión sucia, vulgar y a veces incomprensible ayuda a crear la sensación de estar en esas calles, en los decadentes edificios de viviendas populares, en los barrios pobres y abandonados en las manos de los jefes. Esto es lo que marca la diferencia cualitativa que pone esta producción por encima de el estándar de las series producidas hasta la fecha. Los espectadores estaban acostumbrados a un tipo de actuación perfecta, sin acento, la de una escuela de teatro en la cual el dialecto se utiliza a menudo para caracterizar una situación cómica. Contrariamente, en Gomorra el dialecto es el idioma oficial de la delincuencia y el italiano es el idioma del enemigo, la autoridad, el Estado; de todas esas instituciones que teóricamente deberían detener, o por lo menos contrarrestar, la expansión y los intereses de las organizaciones criminales.

La Camorra sembra el pánico en las calles, 27 Noviembre 2016.

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CAPÍTULO IV

GOMORRA, LA REALIDAD SUPERA A LA FICCIÓN

“La estrategia de la serie televisiva es no tomar partido por ningún personaje. El objetivo es hacer protagonista el mecanismo, las relaciones de poder. La verdadera estrella es la realidad. Esta fue y es mi obsesión”323

Uno de los temas más controvertidos e interesantes que giran en torno al fenómeno “Gomorra” es sin dudas la relación entre lo que es ficción y lo que es la vida real en los barrios de Nápoles narrados por Saviano. Al respecto, las posiciones tienden a polarizarse entre dos extremos: algunas personas piensan que la serie da una imagen demasiado negativa y “alterada” de Nápoles, presentando clichés y estereotipos, mientras que otros, en cambio, consideran Gomorra como un ojo que permite observar, a pesar de los filtros del cine, una realidad lejos de la ficción y plenamente conforme con la verdad. Hablando de verdad, las referencias a los acontecimientos y personajes reales en el libro son sin dudas explícitas y a menudo demostradas por el autor con fuentes y pruebas irrefutables y, de la misma manera, la película es abiertamente marcada sobre un estilo documental. Pero tenemos que hacer una discusión más detallada con respecto a la serie que, si bien utiliza la invención para manipular parte de la realidad, teje constantes referencias a hechos, contextos y personajes reales, jugando así de forma explícita con la competencia del espectador. Episodio tras episodio los detalles acercan los protagonistas del drama a algunos conocidos protagonistas de la delincuencia de Nápoles y entonces te das cuenta que la brutalidad de estos hombres es todo lo contrario de la ficción. Un claro paralelismo se puede detectar entre la figura del jefe Pietro Savastano y la del real Paolo Di Lauro, y entre Genny y Cosimo Di Lauro, hijo mayor de Paolo Di Lauro. Estos personajes parecen tener mucho en común con sus referentes reales,

323 Roberto Saviano, “Parla Saviano: «Gomorra? È la realtà negata dai politici»”, “Corriere della Sera”, 24 de Mayo de 2016.

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sea en el modo de actuar que de pensar y, además, los dos chicos parecen reflejarse uno en el otro incluso en su preferencia por la ropa oscura y por el cuero negro. Más allá de las figuras de los personajes principales, en la serie, se encuentran también algunos particulares expertamente cosidos y amalgamados que representan la vida real de Nápoles y sus barrios: la organización del tráfico de droga en pleno día y en medio de la indiferencia de los transeúntes; las muchas personas en fila afuera de la prisión que en silencio dejan pasar por delante la mujer del jefe; el uso de campos de tiro como coartada para los asesinos; el pago mensual distribuido a las familias de los afiliados muertos o detenidos; las fraudes electorales orquestadas por el clan en sus propios pueblos; los jefes que rezan en la iglesia antes de ordenar una matanza. En el curso de la serie se encuentran también las que podemos llamar “citaciones visivas”, como la secuencia de apertura del segundo episodio en la que se muestra el puerto de Nápoles con un contenedor que balancea de una grúa, una imagen que recuerda las palabras de apertura de la obra de Saviano.

Puerto de Nápoles.

Hoy en día el público parece cada vez más atraído por las historias que por las noticias y mucho más por los problemas sociales impresos en imágenes “ficticias” que por los que se ven publicados sobre un informe. Por esta razón, los directores 180

han optado por presentar un fenómeno complejo como la Camorra a través de la vida personal y cotidiana de una clásica familia camorrista, mostrando antes la cúspide del poder de su clan y, luego, el siguiente punto de ruptura con el cual todos, tarde o temprano, tienen que enfrentarse en este ciclo infinito que es la Camorra.

“Es la guerra. Nadie entiende como se luchará, pero todos saben con certeza que será terrible y larga”324

La guerra de Secondigliano fue una guerra sin piedad, protagonizada por la figura de Paolo Di Lauro, conocido como “Ciruzzo 'o milionario”325. Este jefe fue capaz de monopolizar el tráfico de droga en Nápoles y de realizar su mayor sueño, el de hacer de Scampia la “plaza de droga” más grande de Europa, embasteciéndose directamente de los carteles sudamericanos y aliándose con los carteles albaneses para la distribución en grande escala. Por casi unos 20 años Di Lauro fue conocido como “el jefe fantasma” ya que nunca se mencionaba su nombre y, a pesar de los esfuerzos de la policía, no se podía conocer su identidad. Parecía imposible afectar esta perfecta pirámide escondida, pero las cosas cambiaron rápidamente cuando, tras la muerte de su hijo Domenico, el jefe decidió retirarse y dejar el mando a su hijo Cosimo, llamado “il corvo” [“el cuervo”] dado su estilo muy similar al del protagonista de la película “The Crow”326. Bajo el mando de Cosimo se levantaron las primeras decepciones entre los miembros principales del clan, “la vieja guardia”327, y el equilibrio del clan inició a vacilar. El joven jefe dio más espacio y poder a los jóvenes “guaioncelli” 328 que constituían su “banda”329 y, para afirmar su autoridad y poder, decidió salariar a todos, creando así una especie de dependencia; una decisión en contraste con la línea tomada anteriormente por su padre.

324 Roberto Saviano, “Gomorra”, Debate 2007, capítulo “La guerra de Secondigliano”. 325 Apodo dado por el jefe Luigi Giuliano, llamado "o’ re". 326 “The Crow”, dirigido por Alex Proyas, USA 1994. 327 Expresión utilizada para referirse a los veteranos del clan. 328 Término napolitano para referirse a los jóvines. 329 Término utilizado de los criminales para referirse a su proprio grupo criminal. 181

En ese momento, Lello Amato dicho “la vicchiarella”, ex mano derecha de Di Lauro, y sus fieles comenzaron a tomar las plazas de tráfico por la fuerza, tejiendo su propia red de narcotráfico con España. Comenzaron así las primeras traiciones y las primeras matanzas que llevaron a la guerra. Fue el inicio de una guerra “sin respeto” y sin piedad que dio lugar a más de 100 muertes en un año, hasta el punto de que no se usaba más el término “guerra” sino “Vietnam”. Coches quemados, cadáveres detrás de cada puerta, varios asesinatos en un solo día, una sola hora. Un macabro juego de ida y vuelta de plomo. Hermanas, hermanos, padres, primos; nadie se salvó, porque ante la duda la elección era siempre la de matar. Después de 2 años de emboscadas y homicidios el clan Di Lauro pareció derrotado, forzado en los confines del “Parco dei Fiori”330, conocido como el “Tercer Mundo”. Es un barrio enorme cuyo apodo hace intuir su situación, así como la inscripción que se encuentra en la entrada de la calle principal: “Barrio Tercer Mundo, no entre”. Sin embargo, algún tiempo más tarde llegaría la noticia de un pacto331 entre el clan y los “scissionisti”. El 21 de enero de 2005, una operación de la Antimafia llevó al arresto de Cosimo Di Lauro, seguido poco después por su padre Paolo. Pero, a veces, el poder de un jefe no termina aun si éste se encuentra detrás de las barras. A menos de veinticuatro horas de la detención del jefe Di Lauro, se encontró el cadáver torturado de Edoardo La Monica. El mensaje impreso en la carne estaba claro para todos: “cortadas las orejas con las que él oyó, sacados los ojos con los que

330 Barrio de Nápoles. 331 Los términos de ese pacto fueron publicados en el periódico “Cronache di Napoli”, el 27 de junio de 2005. 182

vio, rotas las muñecas con la que tomó el dinero, cortada la lengua con la que habló”. Una violencia única y un ritual reservado sólo a los que son culpables de una traición muy grave. La Camorra no acepta traidores. Incluso la sola sospecha te convierte en un hombre muerto. Lo mismo le sucede a los arrepentidos. Uno de los primeros arrepentidos de esa guerra y probablemente el más importante dada la cantidad de arrestos a los que han llevado sus confesiones es Maurizio Prestieri. Para la Camorra, los arrepentidos son infames, muertos vivientes. En cambio para la policía ellos representan un arma, el as en la manga que puede llevarlos al corazón de un clan, a sus tráficos, a sus relaciones comerciales, a sus puntos de interés y a sus mecanismos. Algunos eligen arrepentirse para salvarse la vida, algunos para obtener una reducción de sentencia, otros porque no ven otra alternativa para salir de ese infierno. Actualmente, otro hijo del boss Paolo Di Lauro, Marco Di Lauro, prófugo desde 2004, es considerado la cabeza del clan. Saviano escribe: “el sistema se ha expandido y rejuvenecido. Los líderes actuales tienen veinte años”332. Por desgracia cuando un jefe llega al poder, después de poco tiempo nuevas figuras emergerán para tomar su lugar, reforzándose y caminando sobre los hombros de los mismos gigantes que los han creado. Porque la Camorra es un Ouroboros, un serpiente que se muerde la cola, y en este sentido cada parada, “maxi-proceso” o embargo es más un interrumpir una fase que una acción capaz de destruir un sistema.

“En la nariz me habían quedado los olores; no sólo el olor a serrín y sangre, ni el de la colonia de los niños soldados sobre mejillas sin pelo, pero sobre todo los sabores de los perfumes femeninos”333

Un paréntesis interesante, abierto por Saviano en su libro, es el de las mujeres al poder. El autor nos presenta el lado femenino de la Camorra revelando como las

332 Roberto Saviano, “Gomorra”, Debate 2007, capítulo “La guerra de Secondigliano”. 333 Roberto Saviano, “Gomorra”, Debate 2007, capítulo “Mujeres”. 183

mujeres están siempre presentes en las dinámicas de los clanes. Él explica como para muchas mujeres casarse con un hombre de Camorra es como recibir un préstamo, como un capital adquirido. Si tendrán suerte, ese capital rendirá y podrán beneficiar de un poder ilimitado y tal vez aspirar a convertirse en empresarias o dirigentes. Pero también puede ser que las cosas salgan mal y así se encontrarán a pasar horas y horas en la sala de espera en una cárcel y a esperar al “submarino”, que el 28 de cada mes distribuye los pagos mensuales a las familias de los afiliados en prisión. En los últimos años la transformación del mundo de la Camorra ha dado lugar también a una metamorfosis del papel femenino, que de madre y mujer se ha convertido en una figura empresarial. Son mujeres duras. Sin alma. Su belleza es marcada, a menudo vulgar, y “tiran sobre la mesa” su sensualidad en pleno gesto de desafío hacia el mundo. Ellas viven a la sombra de sus maridos, padres y hermanos, pero están listas para ser líderes, para comandar y emitir órdenes de muerte, como los hombres y aún peor que ellos, como en el caso de Donna Imma; o pueden ser simples compañeras, aliadas, como Patrizia; o auténticas jefas de la hampa como Chanel. Ésta última es una hiena y lo quiere ser: áspera, desconfiada, feroz, se convirtió en una “regente” del tráfico de Scampia en lugar de su hermano, Zecchinetta, muerto por mano de los jóvenes guaglioni de Genny. Algunas personas piensan que su figura se ha inspirado en la vida de María Licciardi, llamada “a piccerella”, hermana de Gennaro “a scigna”, convertida en líder de la Alianza de Secondigliano y que está actualmente en prisión. Pero el personaje de Chanel parece acercarse también a la figura de Anna Mazza, viuda del padrino de Afragola334 y conocida como “la viuda negra de la Camorra”335. Diferente es la figura de Marinella, mujer del hijo de Chanel. En ella vemos una faceta diversa de éstas mujeres. Marinella es una mujer de Camorra a su pesar,

334 Municipio de la Campania. 335 Roberto Saviano, “Gomorra”, Debate 2007, capítulo “Mujeres”. 184

que vive como prisionera en un mundo donde es fácil entrar pero casi imposible salir.

“En el sistema Camorra el homicidio es necesario, es como un depósito en el banco, como la compra de un concesionario, como interrumpir una amistad. [...] Pero matar a un sacerdote, externo a las dinámicas del poder, hacía flotar la conciencia”

Una herida incurable de estas guerras son las numerosas víctimas inocentes que dejan en su camino. Era el marzo de 1994, Saviano tenía dieciséis años cuando asistió al funeral de Don Peppino, cuyas palabras asustaron al jefe de zona más que una redada de la Antimafia. Lo mataron por su valor, porque levantó la cabeza y se atrevió a escribir: “Por amor de mi pueblo no callaré”336. En su figura se reflejan los muchos casos de personas que fueron asesinadas “por error” o “comodidad”. En su libro Saviano nos cuenta de Annalisa Durante, una niña de catorce años muerta en Forcella337, el 27 de marzo de 2004, durante un tiroteo; Attilio Romano, matado en Nápoles el 24 de enero de 2005 de la mano de tres asesinos por un error de identidad; Dario Scherillo, otro “error”, asesinado el 26 de diciembre de 2004; Gelsomina Verde, veintidós años, torturada, asesinada y quemada el 21 de noviembre de 2004 sólo porque románticamente vinculada a un joven scissionista, Gennaro Notturno. Por desgracia, para la Camorra los miembros de la familia, los amigos, los amores y los afectos son sólo “mapas”: útiles para poder hallar a la persona que se está buscando.

336 En 1991 Don Peppino Diana, el sacerdote del barrio napolitano “Casal di Principe”, escribió e hizo circular una carta pidiendo un compromiso cívico contra la Camorra. Tres años más tarde fue asesinado en su parroquia. 337 Barrio de Nápoles. 185

Gelsomina, llamada Mina, gana un lugar en la serie a través del personaje de Manu, casi un juego de palabras; el vínculo se ve claramente declarado en el título del episodio, que es precisamente “Gelsomina Verde”; un título que no invoca ningún elemento del episodio y que debería empujar al espectador a investigar su origen. A diferencia del libro, el espectador de la serie conoce antes un niño que se deja contratar por parte de un mafioso y sólo después entra en contacto con la ligereza de la novia de él, quien era completamente ajena a ese mundo. En esta representación se revela también otro problema social que en el libro no es más que un velo entre las líneas: la falta de conciencia de los jóvenes de lo que implica trabajar para un clan y su fragilidad de frente a la atracción que este último ejerce con su poder económico y social. El tema de los “baby killer” es uno de los más importantes tratados por Saviano, tanto que empujó al autor a dedicarle un libro entero: “La Paranza de los niños” 338 . En este libro Saviano nos habla de niños sin futuro, que no temen ni la cárcel ni la muerte porque saben que “el dinero lo tiene el que se lo agarra”.

338 Roberto Saviano, “La paranza dei bambini”, Feltrinelli 2016. 186

No tienen más de quince años y vuelan con sus motocicletas a través de los callejones a la conquista de Nápoles. Son vigías, pero quieren llegar a ser correos y después asesinos, convertirse en afiliados, con el sueño de ser jefes, y morir como verdaderos hombres: morir asesinados. En la película Gomorra conocemos a Totò y Simone, dos niños a través de los cuales el director quiere representar los muchos jóvenes soldados de la Camorra. La historia de estos dos niños, una historia real, ayuda también a entender el clima en el cual se vivía durante la guerra de Secondigliano y cuanto fuese interiorizada la lógica de esa lucha camorrística. Simone le dice a su amigo que ya no pueden verse y jugar juntos porque se ha convertido en scissionista, entonces ahora es enemigo de Totò y está listo aún a matarlo si necesario. El 30 de noviembre de 2016 ha sido divulgado el servicio documental de Michele Santoro: “Robinù”339. Se trata de un documental sobre las historias de algunos jóvenes inmersos en un nihilismo sin expectativas y sin remordimientos. Historias reales como la de Michele, enamorado de la ametralladora, “u kalà”340: “con eso en mano no tengo miedo de nada. 33 balas, es como caminar blindado”341.

339 “Robinù”, dirigido por Michele Santoro, ITA 2016. 340 Término napolitano para “Kalashnikov”. 341 Traducción personal: Michele Mazio, “Robinù”. 187

Jóvenes reales que disparan aún antes de cumplir quince años y raramente llegan a los treinta, porque para llegar a ser comandante hay que disparar más que los otros, matar antes de que te maten, hay que asesinarlo al jefe precedente y a los rivales que tienen la misma ambición. Ellos son niños fuera de control, sin familia y sin la más mínima confianza en las instituciones, jóvenes que acaban cayendo en la red de la delincuencia no sólo por motivos económicos, sino sobre todo culturales y sociales. El sistema los atrapa y los explota para sus propios intereses, teniendo como fuerza la situación de debilidad y necesidad que maduran en el deterioro de algunos barrios. De este punto de vista, las controversias sobre la posibilidad de que el libro, la película y la serie induzcan a una emulación es sólo fruto de falso moralismo. Estas personas no están emulando algo que leen en un libro, o que ven en la televisión, sino algo que ven ocurrir en sus calles y que desafortunadamente es parte de sus vidas y Gomorra es y será siempre un documento invaluable, que por décadas seguirá siendo testigo de un período indeleble y un drama imposible de borrar.

Scampia, barrio de Nápoles, “Le Vele”.

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“Il camorrista”, regia di Giuseppe Tornatore, 1986.

“Kill Bill”, regia di Quentin Tarantino, USA 2003.

“Lord Of War”, regia di Andrew Niccol, USA 2005.

“Papillon”, regia di Franklin J. Shaffner, USA 1973.

“Pulp Fiction”, regia di Quentin Tarantino, USA 1994.

“Robinù”, regia di Michele Santoro, 2016.

“Scarface”, regia di Brian De Palma, USA 1983.

“Taxi Driver”, regia di Martin Scorsese, USA 1976.

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