Percorsi Etruschi "In Verità È Impressionante Constatare Che Per Due Volte, Nel VII Secolo A

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Percorsi Etruschi 2 Prefazione "L’uomo che non è mai stato in Italia, è sempre cosciente di un’inferiorità." Samuel Johnson Perché possiamo parlare dell’Italia come Opera Unica? Certo è che in essa sono concentrati la maggior parte dei beni artistici esistenti sul pianeta Terra, questo senza tener conto delle enormi ricchezze che ci rappresentano in alcuni tra i musei più importanti del mondo come il Louvre a Parigi, l’Heritage a San Pietroburgo o la National Gallery a Londra, visto e considerato che, insieme all’Egitto e alla Grecia, siamo tra i paesi più depauperati da un punto di vista patrimoniale, oltre che, da sempre, l’Arte Italiana fa scuola a studenti e artisti provenienti da ogni dove, talvolta diventati celeberrimi come Balthus, Picas- so e Turner, e che hanno affrontato i viaggi più avventurosi per studiare i no- stri capolavori i quali hanno influenzato visibilmente le loro opere. La famosa "Sindrome di Stendhal" prende nome proprio dalla reazione emo- tiva ansiogena che colse il famoso scrittore Francese e che egli racconta nel suo libro "Roma, Napoli e Firenze" descrivendola come una sintomatologia paralizzante dovuta all’improvvisa bellezza di un monumento e che lo colse uscendo dalla chiesa di Santa Croce, nel capoluogo toscano. Nel solo territorio Italiano contiamo cinquantacinque siti UNESCO a cui va aggiunto il Vaticano e senza tener conto che luoghi come Ercolano e Pompei sono considerati un unico sito. Trattasi di un numero pari a quello che può vantare la Cina, ma l’estensione dell’Italia, come si sa, è ben più ridotta. In sostanza, ovunque ci si trovi, nel nostro bel paese, si rischia di essere colpiti dalla stessa Sindrome che colse Stendhal. Le opere d’arte italiane coprono un arco temporale che si estende dalla Preistoria ai giorni nostri; si tratta dunque di una terra antica e che, trovandosi al centro del Mediterraneo, ha visto il passaggio di numerose culture che hanno contribuito ad arricchire il nostro già florido territorio. Un crocevia ideale per scambi e commercio in un co- stante alternarsi di momenti di dominazione e momenti di sottomissione ma anche di prospera inclusione. Questi riconoscimenti, di per sé, sarebbero già sufficienti per farci capire 3 come l’Italia sia davvero un’opera unica composta da infiniti cuori dalle in- numerevoli sensibilità tramandateci dai più remoti e ancestrali ceppi, mol- ti dei quali ancora sconosciuti. La sua impareggiabile ricchezza non è solo preistorica e storico-artistica ma anche linguistico- letteraria, antropologica, paesaggistica, musicale, cinematografica, enogastronomica estremamente variegata e tipicizzata da una regione all’altra, da una città all’altra e, non di rado, da un quartiere all’altro. Trattasi di una terra dal clima mite e il terreno fertile, cuore pulsante del Mediterraneo, pertanto, determinante per gli ap- prodi e gli stanziamenti, considerato che offre e ha sempre offerto una qualità della vita auspicabile che l’ha resa così appetibile dalle tantissime genti che l’hanno popolata. Le differenze locali, infatti sono, fondamentalmente, lega- te al passaggio delle diverse culture che con la loro presenza nei vari territori hanno contaminato le caratteristiche già presenti improntandole con le loro peculiarità. L’amalgamarsi di queste culture sono state, al contempo, veicola- te dagli stessi popoli influenzando a propria volta tutto il mondo. Per una maggiore comprensione dell’ importanza di queste contaminazioni, si è deciso di dare a questo testo una taglio che offra una visione, non tanto cronologica o tematica degli eventi andando, semplicemente, per modalità espressive di tipo artistico, quanto dando spazio ai movimenti territoriali, gli stanziamenti, le invasioni dei vari popoli che, muovendosi per zone, han- no creato quelli che, oggi, possono definirsi dei percorsi mirati e servano ad esporre meglio e in maniera insolita, quelle che sono le discrepanze e le simi- litudini tra luoghi, non sempre fisicamente vicini ma condizionati dall’unicità di questi passaggi, creando però una sintesi culturale del tutto dissimile, di volta in volta. In pratica, per esempio, i Longobardi stanziandosi nell’attuale Lombardia si sono fusi diversamente rispetto a quelli che hanno abitato il be- neventano. Dunque, l’opera tratterà una serie di viaggi per tappe antropizzate che fun- gano anche da guida per chi vuole approcciarsi al nostro territorio sceglien- do itinerari organici che aiutino a comprendere la moltitudine di nature ed energie che animano l’Italia ma anche ciò che ancora sta esprimendo artisti- camente nelle tendenze del XXI secolo che, pur impregnato di europeismo e globalizzazione, non rinuncia alle sue avanguardie mantenendo un radica- mento sottile ma riconoscibile come "Italiano" soprattutto valorizzandone il folclore. Avremo modo di vedere come lo svariato mescolarsi dei popoli si rifletta in 4 tantissimi settori della cultura, e non parliamo solo delle arti in senso lato: pittura, scultura, danza, canto, musica, cinema, teatro, le sette arti in cui ab- biamo dato il meglio del meglio, come ci è riconosciuto in tutto il mondo ma parliamo anche di tradizioni popolari, enogastronomiche, gli arricchimenti lessicali che arrivano dai vari dialetti, la letteratura, la poesia. Auspichiamo che quest’opera possa aiutarci ad apprezzare, rispettare e, so- prattutto, contribuire a valorizzare tale patrimonio sensibilizzando il cittadino e le istituzione ad avere cura di tutta la Grazia da cui siamo circondati affinché questi primati non vadano mai perduti, dimenticati, deteriorati. Sarebbe un insulto al genio di chi ha ideato tante maestosità nei multiformi settori cita- ti, ma anche a coloro che hanno investito una vita per costruire una chiesa e forse quella vita spesso l’hanno anche persa per quella stessa chiesa che oggi tutti c’invidiano, un insulto alla lungimiranza di chi ha investito sulla bellezza. Abbiamo un debito importante con chi ci ha lasciato questi tesori e con chi, ancora, ci rende famosi nel mondo col proprio talento, da Leonardo a Miche- langelo, da Bramante a Renzo Piano, da Giuseppe Verdi a Ludovico Einaudi, da Federico Fellini a Matteo Garrone, da Eduardo De Filippo a Dario Fo, da Dante a Caproni, da Manzoni a Camilleri, da Mario del Monaco ad Adriano Celentano, dalle opere volute dai Papi e dai Mecenati, così verso chi ha inven- tato la pizza, gli spaghetti o la bagna cauda e pure il prosecco o il lambrusco. Non dimentichiamo nessuno di loro, perché solo imparando a difendere le nostre radici e continuando ad accrescere, attraverso nuove contaminazioni e, con atteggiamenti sempre più inclusivi, il nostro patrimonio, nonché con la generosità di chi vuole mettere a disposizione dell’Umanità tanto splendo- re, che renderemo anche il nostro futuro, e quello delle generazioni a venire, un’opera unica come la terra che abbiamo la fortuna di calpestare e i suoi in- canti di cui godiamo con tutti i sensi. "Provo un incanto, in questo paese di cui non mi posso rendere conto: è come l’amore anche se non sono innamorato di nessuno". Sthendal 5 Da un’idea di Ciro Mariano e Salvatore Petrone Testi di Valentina Neri Art director: Michele De Martino Coordinamento editoriale: Pasquale Sposito Coordinato di produzione: Maria Mariano, Anna Picardi Stampato in Italia nel 2020 Memoria Storica s.r.l. - Milano 6 Italia Preistorica, Protostorica e Nuragica - Dal Paleolitico all’Età del Ferro "Studia il passato se vuoi prevedere il futuro." Confucio Con l’espressione Italia preistorica e protostorica si indica quella parte della Storia d’Italia che parte dal Paleo- litico fino ad arrivare all’Età del Ferro, periodo nel quale iniziano ad apparire i primi documenti scritti. Infatti, a fare la differenza tra Storia e Preistoria è propria la comparsa della scrittura che, nel mondo conosciuto, inizia in Mesopotamia, nel 3000 A.C. La Preistoria, di per sé, è costellata da dubbi, e fino alle rivoluzioni scientifiche del Settecento le deduzione si limitavano alla ricostruzione di miti, leggende e narrazioni religiose. Con gli studi di Darwin assistiamo alla nascita dell’Antropologia. Oggi le ricostruzioni avvengono attraverso la data- zione dei reperti fossili e le tipologie di antropizzazione che emergono dai vari territori e che comunque non sono in grado di dipanare gli infiniti quesiti che la Preistoria pone. Alla luce di siffatte necessarie premesse da- remo conto degli insediamenti italiani, periodo per periodo e relativamente alla loro collocazione geografica. Il Paleolitico Le prime colonizzazioni umane italiane le troviamo testimoniate ad Apricena, nel sito di Pirro Nord (1.300.000 anni fa), a Monte poggiolo (850.000 anni fa), ad Isernia (600.000 anni fa). Queste tracce appartengono, forse dell’Homo antecessor proveniente dalla Spagna nel periodo tra un 1.200.000 - 800.000 anni fa. L’Homo heidelbergensis, pare sia, invece, vissuto fra i 600.000 e 100.000 anni fa, a Visogliano e Venosa come di- mostrerebbero la calotta cranica dell’uomo di Ceprano, databile tra i 300.000 e 500.000 anni fa e le Ciam- pate del diavolo risalenti a più di 350.000 anni fa. La presenza dell’Uomo di Neanderthal è dimostrata da ritrovamenti paleoantropologici databili da circa 250.000 - 200.000 anni fa. Sono circa una ventina i siti che hanno restituito testimonianze dei Neanderthal, alcuni di questi si trovano tra le grotte del Circeo, ma anche il Buco del piombo comasco, la grotta di Fumane nel veronese, la grotta San Bernardino vicentina e l’eccezionale scoperta dell’Uomo di Altamura, uno scheletro praticamente completo intrappolato nel calcare della grotta. L’Homo sapiens Italiano è databile nel Paleolitico superiore, tra i 40.000 e i 10.000 anni fa. Degli esemplari di Aurignaziano sono stati scoperti nella grotta di Fumane e risalgono a circa 34.000 anni fa. Seguono le culture dette Gravettiana ed Epigravettiana, le cui tracce sono state rinvenute in tutta la penisola e nelle isole maggiori. Anche in Sardegna le prime frequentazioni dell’Homo sapiens risalgono al Paleolitico Superiore con la Grotta Corbeddu e al Mesolitico con la Grotta di Su Coloru.
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    Artigrama, núm. 23, 2008, 301-326 — I.S.S.N.: 0213-1498 Fra Tardogotico e Rinascimento: Messina tra Sicilia e il continente FULVIA SCADUTO* Resumen L’architettura prodotta in ambito messinese fra Quattro e Cinquecento si è spesso prestata ad una valutazione di estraneità rispetto al contesto isolano. L’idea che Messina sia la città più toscana e rinascimentale del sud va probabilmente mitigata: i terremoti che hanno col- pito in modo devastante Messina e la Sicilia orientale hanno probabilmente sottratto numerose prove di una prolungata permanenza del gotico in quest’area condizionando inevitabilmente la lettura degli storici. Bisogna aggiungere che i palazzi di Taormina risultano erroneamente retrodatati e legati al primo Quattrocento. In realtà in questi episodi (ed altri, come quelli di palazzi di Cosenza) il linguaggio tardogotico si manifesta tra Sicilia e Calabria come un feno- meno vitale che si protrae almeno fino ai primi decenni del XVI secolo ed è riscontrabile in mol- teplici fabbriche che la storia ci ha consegnato in resti o frammenti di resti. Il rinascimento si affaccia nel nord est della Sicilia con l’opera di scultori che usano il marmo bianco di Carrara (attivi soprattutto a Messina e Catania) e che sono impegnati nella realizzazione di monumenti, altari, cappelle, portali ecc. Da questo punto di vista Messina segue una parabola analoga a quella di Palermo dove l’architettura tardogotica convive con la scultura rinascimentale. L’influenza del classicismo del marmo, della tradizione tardogotica e il dibattito che si innesca nel duomo di Messina, un cantiere che si andava completando ancora nel corso del primo Cinquecento, sembrano generare nei centri della provincia una serie di sin- golari episodi in cui viene sperimentata la possibilità di contaminazione e ibridazione (portali di Tortorici, Mirto, Mistretta ecc.).
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