Notizie Storiche Sulla Torre Di Marmora Del Salice
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NOTIZIE STORICHE SULLA TORRE DI MARMORA DEL SALICE Tramandate dall’Architetto Militare Camillo Camiliani e da altre fonti. Torre di Marmora Fonti storiche Torre Marmora del Salice Manoscritto di Tiburzio Spannocchi, ritrovato dallo storico francese Maurice Aymard presso la Biblioteca Nacional de Madrid. La Sicilia di Tiburzio Spannocchi – Una Cartografia per la conoscenza e il dominio del Territorio nel secolo XVI di Corradina Polto – Istituto Geografico Militare - Firenze. Descrizione in tre libri delle coste della Sicilia di Camillo Camiliani – Ingegnero del regno di Sicilia, ritrovato da Alessandro Vitale Brovarone, presso la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino – Sezione Manoscritti. L’Opera di Camillo Camiliani di Marina Scarlata - Istituto Poligrafico della Zecca dello Stato - Libreria dello Stato. Torri di Guardia dei Litorali di Sicilia del Marchese di Villabianca a cura di Salvo Di Matteo. Le torri nei paesaggi costieri siciliani – a cura di Ferdinando Maurici, Adriana Fresina, Fabio Militello- Regione Siciliana – Palermo 2008. Notizie introduttive Le torri costiere della Sicilia costituivano il sistema difensivo, di avvistamento e di comunicazione lungo la fascia costiera del Regno di Sicilia. In Sicilia le prime torri costiere si fanno risalire nel periodo compreso tra il 1313 ed il 1345 come baluardo della monarchia aragonese contro le incursioni della flotta angioina che da Napoli muoveva all'assalto delle coste siciliane. A partire dal 1360 invece la minaccia provenne da sud, dal nord Africa maghrebino ad opera soprattutto di pirati e corsari tunisini. La minaccia maghrebina si intensificò con il sorgere della potenza navale turca, e a partire dal 1520, il corsaro Khayr al-Din Barbarossa operò per conto dell'Impero ottomano, divenendo nel 1533 Qapudan Pashà, cioè comandante supremo della flotta turca. Fu necessario quindi investire ingenti risorse nella difesa dell'isola, ed a partire dal 1547 l'organismo amministrativo che provvedeva alla gestione delle torri fu la Deputazione del Regno di Sicilia. La Sicilia costituiva « il primo baluardo dell’Europa, frontiera di Africa e Asia, piazza d’armi delle forze marittime e cattoliche» Notizie introduttive Diversi architetti ed ingegneri militari si succedettero nel tempo a partire da tale data, i più significativi furono: Ferramolino da Bergamo, nel 1547; Pietro Del Prado, leccese nel 1552; Antonio Conte, toscano nel 1158; Tiburzio Spannocchi, toscano nel 1577; Camillo Camilliani, toscano nel 1583; Carlo Maria Ventimiglia, siciliano nel 1634; Francesco Negro, siciliano nel 1637; Alessandro Amico di Castellalfero, piemontese nel 1714; Andrea Pigonati, siciliano nel 1756. In particolare, nel 1577 il Viceré Marcantonio Colonna diede l'incarico al senese Tiburzio Spannocchi di redigere un piano riparazione delle 62 torri già esistenti, e di costruirne altre 123. Il piano di Spannocchi rimase in buona parte non realizzato visto l'altissimo costo. La maggior parte delle torri ancora esistenti sono state costruite su indicazioni topologiche e progettuali dell'architetto fiorentino Camillo Camiliani, e sono riconoscibilissime quasi come un vero e proprio archetipo progettuale. Il Camilliani ricevette l'incarico da parte del Parlamento siciliano il 1 luglio 1583, e fu accompagnato nella ricognizione preliminare dal capitano Giovan Battista Fresco della Deputazione del Regno, l'ufficio di stato cui spettava la costruzione ed il mantenimento delle torri costiere. La ricognizione durò ben due anni, dal 1583 al 1584, e comportò l'itero periplo costiero della Sicilia, effettuato quasi tutto per via terrestre. Ritratto di Filippo II di Spagna (Tiziano) Vittorio Amedeo II re di Sicilia Dopo la cocente disfatta francese presso Torino, Vittorio Amedeo II, spinto dall'Inghilterra, che pagava grossi sussidi a lui e all'Impero, accettò di marciare verso Tolone. L'avanzata delle truppe imperiali e piemontesi appoggiate da una squadra anglo-olandese verso la base del flotta francese del Mediterraneo ebbe successo. Tolone fu assediata in luglio mentre gli alleati inglesi, occupate le isole Lerino, la bloccavano dal mare. La flotta del Re Sole fu sommersa dai Francesi per evitarne la distruzione e proteggerla in qualche modo dai tiri, ma quando gli assedianti si ritirarono, nella notte tra il 22 e il 23 agosto 1707, e la flotta fu riportata a galla, si vide che le cannonate nemiche ne avevano forato ponti e carene e che era completamente distrutta. Al ritorno in Italia, Vittorio Amedeo ed Eugenio devastarono la Francia sudorientale e riconquistarono le fortezze di Exilles e Fenestrelle e la città di Susa, cadute in mano francese anni prima. La morte di Giuseppe I, mise sul trono imperiale il fratello Carlo VI, che era il pretendente al trono di Spagna, per cui, per evitare la concentrazione nelle mani di un solo sovrano dei territori spagnoli e imperiali, la Gran Bretagna aprì delle trattative e concluse un armistizio, seguita dall'Olanda e poi da Savoia e Prussia. La pace fu firmata a Utrecht e proprio mediante i trattati omonimi, la Casa Savoia ottenne vantaggi maggiori del previsto. A Vittorio Amedeo II andavano: Alessandria, la Lomellina, il Monferrato, Pragelato e l'alta Val di Susa, la Valsesia e i feudi delle Langhe. Inoltre, grazie alla pressione inglese, egli otteneva il titolo di re di Sicilia e quindi la potestà feudale su Malta. Il 10 giugno 1713 la Spagna firmò il documento di cessione dell'isola ai Savoia, ma con delle condizioni pericolose: • La Casa di Savoia non avrebbe mai potuto vendere l'isola o scambiarla con un altro territorio; • Se il ramo maschile dei Savoia si fosse estinto, essa sarebbe tornata alla corona di Madrid; • Tutte le immunità in uso in Sicilia non sarebbero state abrogate. In realtà, proprio l'ultimo punto non fu rispettato da Vittorio Amedeo II e fu preso a pretesto per la guerra che ne seguì. All'ultimo momento, Filippo V fece aggiungere un'ulteriore condizione, secondo cui: • il Re di Spagna sarebbe stato in grado di disporre a suo piacimento dei beni confiscati ai sudditi siciliani rei di tradimento. Vittorio Amedeo volle accettare quest'ultima condizione, per evitare che una sua protesta potesse rinviare la stesura dei trattati: l'obiettivo del duca era cingere la corona regia. Il documento con cui si cedeva la Sicilia ai Savoia venne siglato il 13 luglio successivo. Gli araldi lo stesso giorno percorsero Torino annunciando l'acquisizione del titolo regio da parte di Vittorio Amedeo. Una folla esultante si accalcò davanti al palazzo ducale acclamando il nuovo Re. Carlo VI e i Borboni re di Sicilia A cambiare le sorti della guerra fu l'improvvisa morte senza eredi del fratello maggiore di Carlo, l'imperatore Giuseppe I: Carlo dovette tornare in Austria e rinunciò quindi al trono spagnolo. Nel 1711 venne incoronato Sacro Romano Imperatore a Francoforte sul Meno. Sebbene le fonti dicano che Carlo VI non fosse molto portato per la politica, l'imperatore continuò la politica del fratello uniformando la legislazione e la burocrazia, almeno in Austria, Boemia e Fiandre e attuando una politica mercantilistica attraverso l'abolizione dei dazi interni, l'aumento delle imposte dirette rispetto a quelle indirette, l'istituzione di monopoli di stato e lo sviluppo del commercio e in quest'ottica nel 1719 diede lo status di Porto Franco alla città di Trieste; sempre durante il suo regno l'impero asburgico raggiunse la sua massima espansione. Nel 1713, a seguito del trattato di Utrecht, divenne Re di Napoli, ottenne lo Stato di Milano, il regno di Sardegna e il Ducato di Mantova e successivamente, nel 1720 (trattato dell'Aia) re di Sicilia. Mantenne entrambe le corone fino alla battaglia di Bitonto, nel 1734, quando le truppe spagnole, guidate da Carlo di Borbone, sconfiggendo l'esercito austriaco posero a capo dei due regni di Napoli e di Sicilia la dinastia dei Borbone, che, per la prima volta dal tempo dei sovrani aragonesi, assicurò la corona del Mezzogiorno ad un sovrano non contemporaneamente a capo di un regno esterno. Carlo VI d’Asburgo MARCO ANTONIO COLONNA Nel 1577 Filippo II di Spagna lo nominò viceré di Sicilia Il manoscritto di Tiburzio Spannocchi L’opera è composta di 101 fogli, manoscritti in spagnolo e parte in italiano, frutto si ben tre anni di lavoro. E’ attualmente custodita presso la Biblioteca Nazionale di Madrid. Probabilmente prima era custodita presso la Biblioteca Reale Spagnola. Nel primo capitolo descrive la ricchezza della Sicilia in grano, vino, formaggio, olio, seta , zucchero , sottolineando da una parte i vantaggi che ne venivano alla Corona Spagnola e dall’altra la necessità di difendere la «frontera del màs poderoso enemigo de su Magestad y nuestra Religion». Nel secondo capitolo descrive la scarsa efficienza delle esistenti Torri di difesa e realizza il primo vero Atlante della Sicilia, dopo aver percorso a piedi tutte le coste siciliane. Nel terzo capitolo esamina il sistema di sorveglianza, affidato oltre che alle guardie di vedetta alle torri, anche a uomini che presidiavano a piedi e a cavallo le coste siciliane. Il quarto capitolo riguarda l’indicazione dei prezzi, delle misure e delle monete in uso in Sicilia. Il manoscritto di Tiburzio Spannocchi Unità di misura era la «canna», che corrispondeva a «8 palmi» della mano. Per valutare la quantità di grano si usava la «salma». La moneta più piccola era il «picciolo»: 6 piccioli costituivano 1 «grano». 20 «grani» formavano 1 «tarì»: 12 «tarì» costituivano 1 « scudo». 1 «ducato» equivaleva a 14 tarì e mezzo. 30 tarì formavano