Claudio Di Marco
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Claudio Di Marco LE GRANDI OCCASIONI Accademia Barbanera (collaborazione organizzativa ASD Castrum) Claudio Di Marco Claudio Di Marco LE GRANDI OCCASIONI I EDIZIONE 2019 ISBN 978-88-99692- EDIZIONI “ACCADEMIA BARBANERA” Piazza S. Giovanni, 8 01024 CASTIGLIONE IN TEVERINA (VT) C.F. 90049460562 P.I. 01585170564 I.S.B.N. N. 88539 C.C. Postale n. 11763687 abi/cab 07601 14500 IBAN IT 18 A076 0114 5000 0001 1763 687 www.accademiabarbanera.it e-mail Presidente: [email protected] Tel. 0761948586 Fax 0761948481 Cell. 3293864466 2 Le Grandi Occasioni A “Dodino” 3 Claudio Di Marco 4 Le Grandi Occasioni Presentazione C’è sempre un’occasione. Nello sport come nella vita! Il fatto è che spesso, con l’andar del tempo, ci si abitua. Neanche ci si fa più troppo caso e le occasioni scorrono come nel silenzio dell’acqua. A meno che non si tratti di un’occasione del tutto particolare, magari quella che fissa l’inizio o la fine di una car- riera, oppure una bella pagina vissuta con enfasi, da consegnare all’album dei ricordi. Ecco, l’idea nasce da lì, dall’andare a “ripescare” quei momenti, quelle occasioni. I giorni importanti di alcuni dei protagonisti che abbiamo avuto il piacere – e la fortuna – di “scrivere” in questi decenni. Sportivi che hanno attraversato la Tuscia, spesso rimanendoci, talvolta spiccando il volo verso lidi più prestigio- si. Abbiamo continuato a raccontare dell’essere protagonisti, dei personaggi dello sport di casa nostra, ma anche di chi è andato oltre, di chi ha avuto opportunità di impreziosire una carriera, di “rinnovarla”, nonostante il tempo che passa faccia del tutto per rosicchiare i contorni del ricordo. Nella fase embrionale del libro, poi, è sopraggiunto l’evento che ha – automaticamente – rimodellato il progetto iniziale. E’ arri- vata all’orizzonte la grande occasione della partita tra Sampdo- ria e Viterbese, che nessun ottimista avrebbe mai potuto preve- dere. E allora il pensiero è corso, guarda caso, agli anni dell’infanzia e delle Figurine Panini, che hanno contribuito non poco allo svi- luppo di quella “passionaccia” per il pallone. La televisione non tutti l’avevano, la radio si ascoltava quando capitava, ma dalle 5 Claudio Di Marco figurine si imparava a conoscere i giocatori e a creare l’immaginazione fatta di scenari inavvicinabili. In quei ragazzi- ni, chiaramente, non c’era la preparazione adeguata, per cui, non ci si preoccupava più di tanto di capire se Sampdoria, Spal e Atalanta fossero solo delle squadre o anche i nomi delle città. Non era raro che qualcuno di quei giovanissimi “scopritori” e- sclamasse: “ma l’Inter gioca a Spal?”, oppure, “ma la Lazio ha vinto ad Atalanta?”. E non poteva mancare neanche il “vedia- mo che farà a … Sampdoria!” Ecco, quella frase ascoltata più volte, improvvisamente mi è corsa alla mente, sempre più velocemente, quando il calendario della TIM CUP, ha evidenziato che, se la Viterbese, avesse vinto ad Ascoli, avrebbe giocato sul campo della Sampdoria. Ho deciso immediatamente di esserci, perché avrei potuto rac- contare - più di cinquanta anno dopo - a quei compagni di gio- co con le figurine, che anche io ero stato a … Sampdoria! Un altro tassello da aggiungere ad occasioni ed esperienze, quelle che non terminano mai, neanche quando si sono superati da un pezzo i quaranta anni trascorsi a scrivere di sport, a stu- diarlo pure un po’, cercando di non farsi condizionare dall’onda anomala dello “tsunami” comunicativo dei social network. L’AUTORE 6 Le Grandi Occasioni L’IDEA Calcio e arte: queste due mie passioni si sono, spesso, incontrate e, inevitabilmente, i ricordi mi portano indietro di molti anni, in particolar modo, come dirò più avanti, nel biennio 1974/76, quando giocavo nella Viterbese. Ma andiamo per ordine, par- tendo dalla metà degli anni sessanta quando iniziai, prestissi- mo, a giocare nel Pianoscarano. In quel periodo io, da sempre, tifoso dell’Inter, avevo come miti tutti i calciatori di quella fantastica squadra che, allenata da He- lenio Herrera, con la presidenza di Angelo Moratti, dominava in Italia, in Europa e nel mondo: Sarti, Burgnich, Facchetti, Be- din, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Peirò, Suarez, Corso. Ma, parallelamente a questi grandi campioni, avevo anche a Piano- scarano un mio mito, Franco Sabatini, calciatore di grandi mez- zi agonistici e tecnici, che veniva dalla Viterbese e che - se non avesse avuto un grave incidente, che per poco non gli costò la vita - avrebbe senz’altro potuto raggiungere importanti tra- guardi, nel calcio di categoria superiore. Era stato richiesto dal Milan, Franco, che ha dieci anni più di me ed io, in quei secondi anni sessanta, ero molto contento di essere suo amico e – so- prattutto - mi faceva molto piacere sapere di essere apprezzato da lui come giovanissimo calciatore del N.A.G.C. Ascoltavo i suoi consigli e - quando giocavo - ci tenevo a fare bella figura anche per lui. Quando la domenica il Pianoscarano giocava in casa, ero sempre presente alla partita, per poter ap- plaudire e vedere le gesta del mio idolo tanto che, una volta, siccome parlavo di lui a casa, anche mio padre e mio fratello vennero a vederlo giocare. Li avevo talmente ossessionati con i 7 Claudio Di Marco miei discorsi su di lui, che non poterono farne a meno! Qualche anno dopo, nel 1973, si avverò anche il sogno di giocare insie- me, nella prima squadra del Pianoscarano, in Prima categoria. Avevo sedici anni e l’allenatore Franco Rempicci mi fece esordi- re in quell’ostico campionato. In quella squadra c’era un’altra figura mitica, Franco Cencioni, indimenticabile - e indimentica- to - capitano, oggi, purtroppo, non più con noi, ma, avendo la- sciato bellissimi ricordi come calciatore e, soprattutto, come persona, è come se fosse ancora qui. Ho avuto modo di vedere sul campo quanto Franco fosse ve- ramente un leader, un protagonista assoluto, un vero capitano! Eppoi non posso non ricordare un altro calciatore, anche lui prematuramente scomparso, Giorgio Zangari, forte stopper, come si diceva allora, nel caso di chi marcava il centravanti av- versario. Difensore roccioso, marcatore stretto, a uomo, un vero mastino, difficile da superare. Giorgio divenne anche mio cugino acquisito visto che sposò, nel 1972, mia cugina Carla, figlia di Rachele, sorella di mio padre, morta a soli 39 anni. Arriviamo all’estate del 1974, quando passo alla Viterbese, alle- nato dal Oscar Lini, che già conoscevo e ammiravo. Tra me e lui si instaurò subito un bel rapporto e mi fece piacere regalargli, per il Natale di quello stesso anno, una mia opera artistica. Lui fu molto contento di questo mio regalo, che conservò con piace- re per tanti anni, prima di farlo avere a suo figlio Riccardo, an- che lui calciatore e mio amico. Riccardo, tanti anni dopo, mi fece sapere che suo padre era al corrente del fatto che mi stavo affermando come artista e gliene parlava con orgoglio, così come gli ricordava delle mie doti tec- niche di calciatore. Grande Oscar, sempre nel mio cuore, spe- cialmente ora che non c’è più. 8 Le Grandi Occasioni E adesso parlo dei miei primi collezionisti, due figure mitiche della Viterbese, il capitano per antonomasia, Roberto Vuerich (anche tra i protagonisti di questo libro) e Paolo Testorio, ossia il giocatore rimasto in questa società sportiva da quando aveva diciotto anni sino alla fine della carriera. Il giovedì li incontravo sul campo, nella classica partitella di al- lenamento. Spesso ci ritrovavamo faccia a faccia, noi più gio- vani e loro della prima squadra: essendo stato io un attaccante, e loro difensori. Un giovedì del 1975, dopo la solita partita, Pao- lo e Roberto vennero da me, in quello che è stato il mio primo studio, lo scantinato della casa dove abitavo in quel periodo, nel quartiere Pilastro, in via Alessandro Volta, vicino allo stadio. I due rimasero colpiti nel vedere delle opere insolite per un gio- vane artista - avevo diciotto anni - e, dopo aver visionato diver- si lavori, Vuerich ne prese quattro e Testorio due. Ricordo che Roberto avrebbe voluto tanto prendere una “Crocifissione”, ma il quadro era così grande da non entrare in macchina e ancora oggi si rammarica di non aver potuto assicurarsi quel lavoro. Comunque io rimasi molto contento di questi loro acquisti, per- ché mi ritrovai - credo di ricordare - con centottanta mila lire in tasca, che, per un ragazzo di quell’epoca, era una bella somma. Un discorso diverso merita la mia “storia” con Franco Fabri, che praticamente ho conosciuto quaranta anni dopo, in occasione dell’incontro-festa per ricordare la storica promozione in serie C della Viterbese del 1976. Quando Franco venne a giocare nella Viterbese io stavo per su- bire l’infortunio al ginocchio che, di fatto, mise fine alla mia car- riera di calciatore. Non ebbi modo, quindi, di stringere un rap- porto di amicizia con lui, anche se lo ricordo come forte difen- sore e seria persona, che studiava per laurearsi in Architettura. Mi misi in contatto con lui quando seppi che suo padre, il bravo artista Otello Fabri, in occasione della vittoria del campionato di 9 Claudio Di Marco serie D, regalò a tutti i giocatori della Viterbese una propria o- pera grafica, con i colori della società, giallo e blu. Volli fare la stessa cosa io, quaranta anni dopo, regalando a questi protagonisti una mia opera fatta stampare, numerata e poi da me firmata. Quindi, nel 2016, ebbi modo di conoscere personalmente Franco Fabri e da lì nacque subito una bella a- micizia, anche con la moglie, Monica Di Lecce, brava giornali- sta, che segue molto la mia storia artistica, pubblicando servizi sulle mie mostre. Ecco, questo è un po’ il racconto di un mio pezzo di storia, che porto e porterò sempre nel cuore perché, ol- tre a parlare del meraviglioso periodo della giovinezza, mi ha dato molte soddisfazioni con i miei successi sportivi e con le mie prime soddisfazioni artistiche e mi ha permesso di conosce- re tante persone, molte delle quali, ancora oggi, fanno parte di quel bellissimo universo che si chiama “Amicizia”.