L'immagine Della Cina Nel Pensiero Giuridico Dell'europa Del Settecento
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Scuola di Dottorato in Studi Giuridici Comparati ed Europei XXV ciclo Tesi di Dottorato L'IMMAGINE DELLA CINA NEL PENSIERO GIURIDICO DELL'EUROPA DEL SETTECENTO Relatore Dottorando Prof. Diego Quaglioni Ivan Cardillo anno accademico 2011-2012 candidato: Ivan Cardillo L'IMMAGINE DELLA CINA NEL PENSIERO GIURIDICO DELL'EUROPA DEL SETTECENTO Tutor Prof. Diego Quaglioni Anno Accademico 2011-2012 Indirizzo specialistico in Storia del diritto romano e del pensiero giuridico europeo XXV ciclo Esame finale: 08/04/2013 Commissione esaminatrice: Prof. Luisa Antoniolli, Università di Trento Prof. Jérôme Bourgon, Directeur de recherche au CNRS, Institut d'Asie orientale, ENS, Lyon Prof. Diego Quaglioni, Università di Trento Prof. Xue Jun, Peking University Alla mia famiglia INDICE Pag. ABSTRACT..................................................................................................... 3 CAPITOLO PRIMO LA CULTURA GIURIDICA DELLA CINA IMPERIALE 1. L'ordine naturale........................................................................................... 5 2. L'ordine sociale e l'applicazione della legge................................................. 19 3. Idee di ordinamento: il Confucianesimo ed il Legismo................................ 30 4. Caratteristiche del diritto cinese................................................................... 53 5. La dinastia Qing............................................................................................ 71 CAPITOLO SECONDO IL RUOLO DEI GESUITI 1. I gesuiti, la Chiesa cattolica e la politica europea del XVII e del XVIII a ssecolo............................................................................................................ 83 2. I gesuiti e la cultura cinese ........................................................................... 99 3. La politica dell'accomodamento................................................................... 104 4. La reazione cinese ........................................................................................ 129 5. Le pubblicazioni dei gesuiti sulla Cina ed il suo sistema giuridico.............. 139 CAPITOLO TERZO LA CINA E IL PENSIERO GIURIDICO SETTECENTESCO TRA RELIGIONE, NATURA E RAGIONE 1. I termini dell'esperienza giuridica medievale............................................... 159 2. Le caratteristiche del sovrano cristiano........................................................ 169 3. La riflessione in età moderna........................................................................ 180 4. Il nuovo metodo scientifico.......................................................................... 197 5. Leibniz.......................................................................................................... 201 6. Wolff............................................................................................................. 238 7. La Cina e l'Illuminismo giuridico................................................................. 252 CONCLUSIONI............................................................................................... 287 BIBLIOGRAFIA.............................................................................................. 289 ABSTRACT Con il presente lavoro si cerca di ricostruire il dibattito sulla natura del sistema giuridico cinese che caratterizzò l'Europa nei secoli XVII e XVIII. Questo periodo lasciò in eredità un giudizio negativo, definendo il sistema giuridico cinese come un modello dispotico. Maggior artefice di tale conclusione è considerato Montesquieu, il quale dedicò molto tempo allo studio dell'esperienza giuridica cinese. Analizzando nel dettaglio i temi che coinvolsero il modello cinese, si scopre che questi non sono semplicemente luoghi della comparazione con un diverso sistema, ma sono momenti di riflessione critica sulla stessa tradizione giuridica europea. Ciò che si tenta di fare è di recuperare la complessità e le implicazioni di un tema che solo apparentemente sembra ridursi alla semplice circolazione di modelli. Per comprendere a pieno il giudizio europeo sul “modello cinese” bisogna storicizzare i princìpi coinvolti, e vedere come dialogano con le esigenze del loro tempo. Per avere un quadro d'insieme affianco tre campi di indagine: la cultura giuridica cinese ed il governo della dinastia Qing, ovvero della dinastia in diretto contatto con il mondo europeo; l'evoluzione del pensiero teologico ed in particolar modo le riforme protestanti; il pensiero giuridico settecentesco che traghetta le idee della prima modernità, ancora intrise di influenze medievali, fino alle esperienze della codificazione. Ciò permette di evitare le semplificazioni che fino ad ora hanno caratterizzato non pochi contributi scientifici. Molti sinologi, giuristi, ed esperti di storia della chiesa scontano un'incompletezza di fondo delle loro informazioni proprio per via di questa settorialità scientifica: settorialità dannosa per chi scrive nella misura in cui appiattisce il giudizio finale in una presa di posizione assoluta ed autoreferente. Indagare l'immagine della Cina in Europa è un atto di interpretazione che deve farsi carico di un dialogo interculturale fra intellettuali appartenenti a culture diverse, a campi del sapere diversi, e partecipi di una stagione di cambiamento religioso e politico. Si impone dunque una doppia comparazione, diacronica per sottolineare l'evoluzione di un pensiero, quello europeo, e al tempo stesso sincronica fra due culture giuridiche in un dato periodo storico. Da questa prospettiva l'immagine della Cina diventa poliedrica, destabilizzatrice della tradizione giuridica europea, e luogo di trasformazioni. La convinzione di chi scrive è che il dibattito sul modello cinese non è stato una mera espressione di un gusto orientaleggiante. Al contrario esso riflesse tutti gli elementi critici della modernità, divisa fra tradizione e tensione verso il futuro. La Cina rappresentò un'esperienza difficile da recepire, che poteva comportare una “rivoluzione” per il pensiero giuridico settecentesco. Il suo modello conduceva a conclusioni contraddittorie. Tutti gli esponenti delle varie scuole di pensiero occidentale potevano puntare le loro lenti sul mondo cinese e trovarvi esperienze a sostegno delle proprie tesi. Nel dialogo con la Cina si fa ricorso all'intera tradizione occidentale per comprendere questo o quell'aspetto del meraviglioso impero cinese (tentativo reso più arduo dalla carenza degli strumenti linguistici). La questione del dispotismo cinese diventa il punto di partenza per rimettere in discussione tutta una tradizione di pensiero. Il giudizio finale dunque non riguarda solamente l'impero cinese, ma riguarda la tradizione europea stessa. Infine il dibattito settecentesco sulla Cina è il dibattito precedente la Rivoluzione. Il rifiuto del modello cinese partecipa al rifiuto del ruolo della morale nell'ordinamento della società. A ciò seguiterà l'elogio della ragione e della legge come espressione di autorità e comando. Una migliore comprensione della Cina forse avrebbe permesso di recuperare diversamente il sistema di valori della tradizione ed evitare di cadere, nel tentativo di laicizzazione del pensiero giuridico, nella fede assoluta per il normativo. 4 CAPITOLO PRIMO LA CULTURA GIURIDICA DELLA CINA IMPERIALE 1. L'ordine naturale Quando si parla di Cina imperiale si intende l'arco temporale che va dalla dinastia Qin, Qin Chao 秦朝 (221 – 206 a. C.) alla dinastia Qing, Qing Chao 清朝 (1644 – 1912). La grande dicotomia nel pensiero cinese è fra la natura, ovvero ciò che è naturale e fatto dalla natura, e l'uomo, ovvero ciò che è artificiale. Cercare di capire la relazione che intercorre fra questi due elementi, quali le regole che ne scandiscono la convivenza, è il grande contributo che la saggezza cinese offre alla riflessione dell'uomo odierno1. Il pensiero giuridico cinese dunque concerne tutti gli aspetti dell'essere umano e dell'ordine naturale, nel tentativo di giungere ad una comprensione d'insieme dell'uomo e del macrocosmo che lo circonda. Per ciascuno degli aspetti presi in considerazione è possibile trovare un classico che ne affronta i problemi interpretativi ed applicativi. Lo studioso quindi si scontra fin da subito con il problema delle fonti ed è costretto ad una vasta ricerca di concordanze e di taciti 1 Ottimo punto di partenza per colui che volesse approfondire questi temi è il saggio di FENG YOU-LAN, Why China Has No Science. An Interpretation of the History and Consequences of Chinese Philosophy, in «The International Journal of Ethics», 32, 3 (1922), pp. 237-263. CAPITOLO I rinvii fra i diversi classici. Per ogni classico poi si pone il problema della datazione, delle interpolazioni, delle glosse, dei rimaneggiamenti ed adattamenti che le varie dinastie imposero ai testi. Dunque al simbolismo originario del testo ed alla difficoltà del cinese tradizionale, si aggiunge la storia del documento, spesso oscura e fatta di costanti rimandi ad una tradizione primordiale di tipo orale. Tale bagaglio di informazioni può spesso dare adito a contraddizioni nell'esame incrociato dei contenuti dei vari classici. Queste incongruenze sono superabili solo se si accetta l'idea di un sapere inespresso2 il cui contenuto fu sempre dato per conosciuto dai saggi cinesi e mai tradotto in una lingua umana per via dell'imperfezione del linguaggio. Tale sapere è racchiuso nel classico dei Mutamenti3 dove si lasciò alla semplicità del tratto, inteso come segno scritturale, il compito di tramandare. Tale novità nella tradizione del pensiero cinese, ovvero