Rendiconti 2018
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a cura di Stefania Chiavero Dora Damiano Roberto Martelli Nerosubianco Progettazione grafica e copertina: Sabrina Ferrero TUTTI I DIRITTI RISERVATI © NEROSUBIANCO EDIZIONI, 2018 Via Torino 29 bis - 12100 Cuneo (Italy) www.nerosubianco-cn.com Premesse Il 2018 è un anno importante per la vita culturale della città, in particolare per quanto ruota attorno al mondo del libro e della lettura. Compie vent’anni la manifestazione scrittorincittà, così come il Premio Città di Cuneo per il Primo Romanzo. La Biblioteca 0-18 ha spento la prima candelina e abbiamo lavorato al restyling della biblioteca del quartiere San Paolo, il Sistema Bibliotecario Cuneese ne compie 40 dall’istituzione ai sensi della Leg ge regionale del 1978. Nel suo piccolo, anche Rendiconti compie 15 anni. Quindi è molto lo spazio che l’annuario dedica a tutte queste ricorrenze. La città sta vivendo un periodo di grande trasformazione anche dal punto di vista urbanistico: tante sono le novità che verranno dal progetto “Periferie al centro” e dall’Agen - da Urbana. Anche l’inaugurazione dello Stadio del Nuoto segna un traguardo importan - tissimo per tutti noi, così come l’apertura dell’Ufficio Europe Direct, a segnare l’attenzione di Cuneo per l’Europa. Come è giusto che sia per Cuneo e per la sua tradizione, anche l’annuario muove il suo sguardo tra passato e presente, con una grande attenzione a pagine di storia, a partire dal ricordo dei 100 anni della conclusione della Prima Guerra Mondiale. Tante le persone che l’annuario ricorda: Mario Cavatore, Francesco Franco, la staffetta partigiana Elsa Perona e Piero Falco, che tanto ha contribuito ad animare il comitato dei lettori del Premio Città di Cuneo per il primo Romanzo. Come ogni anno, ringrazio tutti quelli che hanno lavorato alla realizzazione di questo volume con un testo, una fotografia, un disegno. Non è per nulla scontato che tante persone dedichino il loro tempo a scrivere un pezzo e lo regalino alla biblioteca. Insieme ai miei collaboratori lo considero un gesto di affetto verso questa istituzione che, a proposito, di anni ne chiude 215! l’Assessora per la Cultura Cristina Clerico 3 Rendiconti, con questa edizione, compie il suo quindicesimo anno di vita e, come sempre, prova ad offrire un quadro del fermento della nostra città e, perché no, anche di alcune realtà della nostra provincia. Puntuale la descrizione degli avvenimenti, grazie al valido contributo di tutti coloro che vi hanno preso parte, fornendo gli scritti che andrete a leggere. Il prezioso acume di Piero Dadone fa da introduzione ad ogni singolo mese, mentre gli scatti di street photography che aprono ogni mese sono di Pier Renzo Lingua. Le poesie che accompagnano il volume sono di Maria Silvia Caffari, che abbiamo incontrato attraverso l’editore Nerosubianco. Ci pare doveroso, tra i vari anniversari, sottolineare che scrittorincittà compie venti anni, come anche il Premio Città di Cuneo per il Primo Romanzo: due appuntamenti che continuano ad onorare e rendere orgoglioso il capoluogo, i cittadini, l’Amministrazione comunale e l’intero staff organizzativo. Si festeggiano anche i trenta - cinque anni della compagnia teatrale “Il Melarancio”, i cinquanta della “Promocuneo”, un anno di attività della Biblioteca 0-18 e i cento anni dalla morte di Clarence Bicknell, figura importante per il Museo Civico di Cuneo anche per la collaborazione tra Livio Mano e Daniela Gandolfi dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri. Intendiamo ricordare, attraverso queste poche righe, anche alcune personalità scomparse e a noi care, come Piero Falco, per anni figura di spicco del Comitato di lettura del Primo Romanzo, l’incisore Francesco Franco, lo scrittore Mario Cavatore e la staffetta partigiana Elsa Perona. Stefania Chiavero, Dora Damiano e Roberto Martelli 4 Ping pong genealogico Tarzan non è veramente Tarzan di Piero Dadone di Anna Moraglio e Loredana Spampinato L’amore da imparare di Matteo Corradini Poesie di Maria Silvia Caffari Oltre il nome di Adriana Muncinelli 1900 Cuneo com’era di Mario Rosso Sergio Unia in San Francesco di Giacomo Doglio Un mese in città di Roberto Martelli PIERO DADONE Ping pong genealogico Si hanno parecchie opzioni per ridipingere una parete del soggiorno: tappezzeria o tinteggiatura, infiniti colori e tonalità. Ma la professoressa Gabriella Arnol ha scelto una terza via per quello di casa sua a Cuneo: scriverci su l’albero genealogico della propria famiglia e di altre collegate. Sette anni per completare l’opera, dal 2011 al 2018 in giro per archivi, biblioteche e antiche scartoffie ricoperte di polvere. Ma ora, ogni sguardo a quella parete è una cavalcata lungo otto secoli di storia piemontese, perché quel ramo della famiglia Arnol, originario di Exilles in valle Susa, si trasferì a Cuneo nel 1965, quando lei era bambina. I primi dati trovati da Gabriella risalgono al 1260, quando gli Arnol erano cittadini di uno dei cosiddetti “Escarton”, repubbliche alpine riconosciute dal regno di Francia fin dal XIV secolo. Il generale degli alpini Piero Arnol, padre di Gabriella, morto a 90 anni nel 2007, era molto conosciuto a Cuneo, soprattutto in ambito sportivo, avendo fatto parte della nazionale olimpica italiana di sci di fondo nel 1948. “Indagando e scavando nella storia della mia famiglia, ho sentito fluire nelle mie vene il loro dna, le loro vite ed emozioni. Poi ho esteso le ricerche anche alla dinastia saluzzese di mia madre, Giordanino, quindi a quella dei Pazè originari delle valli Maira e Varaita, in totale otto famiglie collegate alla mia”. Adesso che ha finito e iI diagramma che troneggia in salotto intima “Vade retro!” a qualsivoglia imbianchino meditasse di scorrervi sopra il pennello, la professoressa sta scrivendo la cronistoria dei suoi sette anni di ricerche, per comunicare ai lettori “L’infinito abbraccio con i miei avi, al di là dei secoli, del tempo, dello spazio”. Anche mentre gioca a ping pong. Perché al centro di quel “genealogico” salone non c’è un tavolo d’epoca, ma una grande plancia verde con la rete in mezzo, sulla quale Gabriella ogni tanto, spostate le cataste di faldoni con i documenti delle ricerche, ingaggia una partita di tennis da tavolo con i suoi ospiti. A volte con l’ultimo nominativo del diagramma genealogico, suo figlio Federico, studioso di antropologia costretto a dedicarsi all’etnia Apatani dell’Himalaya perché la mamma aveva già esaurito gli argomenti antropologici della famiglia. E quegli avi che dalla parete li osservano sbattere su e giù la pallina bianca, forse scuoteranno la testa pensando alle più seriose faccende in cui erano affaccendati nei secoli scorsi. Matteo Corradini ci racconta il suo incontro con Inge Auerbacher, ebrea te- desca internata a soli sette anni nel campo di concentramento di Terezín, in Cecoslovacchia. Il libro Io sono una stella edito da Bompiani a cura di Matteo Corradini raccoglie il commovente resoconto dell’esperienza di Inge. L’amore da imparare MATTEO CORRADINI ti di Terezín. Le uniformi della polizia, special- mente in Germania, riaccendono in me vecchie paure. La vista dei vagoni e delle sirene della fer- rovia riporta il passato ai miei occhi». Ma la goccia di sangue non è lì. È il suo ricordo più lontano. Glielo domando quasi per metterla alla prova, evitare la domanda dritta sugli anni dello sterminio e comprendere fino a quale istan- te riesca ad arrivare lo slancio della sua memo- ria, un tiro a casaccio nel passato e tutti a recu- perare quelle parole, fermatesi chissà dove, per poi ritornare al nostro presente raccontando tut- to quello che ci sta in mezzo ma partendo da lag- giù, dalla prima immagine indimenticabile di una vita intera. Inge risponde con la sicurezza di chi considera i giorni di ieri un luogo familiare, da frequentare quotidianamente per ritrovarsi e dare senso al proprio giorno presente e alla pro- pria presenza nel mondo. Un passato, il suo, che ha tenebre profonde di dolore e bagliori rassi- curanti, ore da riportare alla mente per farsi for- za e scoprire che il senso non è perduto. La goc- cia di sangue che macchia le sue prime parole fa parte di quelle luci e sembra dare pace alla sua voce. Ci eravamo accomodati sulle poltroncine di un caffè e sapevamo entrambi che quel tempo dei convenevoli, quel come stiamo, come sono bel- C’è una goccia di sangue sulle prime parole che li questi fiori, «mi farò prestare un vaso dall’al- escono dalla bocca di Inge Auerbacher. Compare bergo», la vicina di casa nel Queens che le dà quasi con noncuranza, nel flusso ininterrotto di le ricette del Bangladesh, quanta neve è scesa a storia a cui questa donna forte si aggrappa dal impolverare le montagne del Tirolo intorno a 1946, ma non appena si mostra sembra fermare noi, com’è andato quel progetto in Kansas con lo scorrere del tempo e magnetizzare ogni inte- gli studenti di un liceo, sarebbe presto termina- resse su di sé. È un puntino rosso, è la goccia di to per lasciare spazio al motivo del nostro nuo- sangue che stilla dall’orecchio di una bambina. vo incontro. «A volte ho dei flashback. Quando vedo alti mu- La prima volta, ormai son trascorsi anni, l’aspet- ri di mattoni rossi, la mia mente torna alle pare- tavo all’aeroporto di Venezia. Avrei dovuto ac- 8 compagnarla in un piccolo giro d’Italia nato dal- tro di noi, contro gli ebrei, contro tutti coloro l’intraprendenza di Vanna Predelli, bibliotecaria che non somigliavano alla loro idea di essere scolastica di Bolzano, e la prima tappa sarebbe umano. Quando hai sedici anni, l’odio è più 9 stata appunto in Alto Adige. Era un marzo già tie- semplice da imparare?». pido. A quei tempi, sbagliando, consideravo In- ge una persona fragile: la rapida conoscenza te- Quella domanda avrei voluto fargliela io, e at- lefonica non era bastata a darmi un’idea di lei, e tendere la sua risposta anche per chilometri.