La Poesia Oggettiva Nella Letteratura Catalana Medioevale
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Università degli Studi di Napoli Federico II Dottorato di ricerca in Filologia moderna Coordinatore: Prof. Costanzo Di Girolamo Tesi di dottorato Ciclo XIX La poesia oggettiva nella letteratura catalana medioevale Candidato: Dott. Michela Letizia Tutore: Prof. Anna Maria Compagna Napoli 2007 Indice Elementi dialogici e elementi narrativi nella poesia catalana dei secoli XIV e XV 1. La concezione della cultura e della poesia nel Medioevo 2. Le possibilità espressive del codice lirico 3. Lo spazio della lirica 4. La poesia lirica catalana in rapporto a quella provenzale 5. Le trasformazioni dell’universo lirico: la monologicità infranta 6. Criteri della ricerca: alcuni esempi 7. Il discorso e la narrazione nella lirica 8. Le molteplici strade della lirica 9. Alcuni criteri formali 10. La verosimiglianza della lirica 11. Un tentativo di catalogazione 12. Bibliografia Indice dei testi 1) R. 0. 59 Força·m destreny, molt discreta senyora ; 2) R. 0.46bis (ex 80.1) Enamorats, planyeu tots e plorau 3) R. 0e8 . James degu ama lo que no veu 4) R. 64.2 Pus flach sou que nulha stopa 5) R. 64.3 Reyna de pretz, doctrina dels saubens 6) R. 67.4 Ffins aci me ’veu mostrada 7) R. 145 No ha molts jorns, parlant ab una dona 8) R. 183.3, 183.3a = 67.13 En Fogassot, pus sou enamorat 9) R. 183.2 A[n]cios tot de l’amagat engan 10) R. 30.8 1 Vos, en Galant, vergonya teniu poca 1 11) R. 127.2 O Deu, e quin sospirar 12) R. 131.1 Jo crech sapiau la casa 13) R. 192.1e De res no he carestia ; R. 192.1h Mon bon amic, sa- biatz que l’altre dia 14) R. 192.5 No fonc donat tal joy en tot lo setgle 15) R. 103.8 Ab quin turment he pena conguoxosa 16) R. 103.115 Per que·m digues que, sens vostre voler 17) R. 103.96 Morir me cuyt de dol e gran faunia 18) R. 103.127 Pus en tal punt m’avets, dona, portat 19) R. 103.83 L’enyorament qui·m vench, de vos pertint 20) R. 103.431 Despuyxs partim de la bona ciutat 21) R. 103.108 No·t merevells com voler te retempta 22) R. 103.134 Pus vey que us plau per vos vaga rodan 23) R. 103.174 Volentat gran ez amor, tot ensemps 24) R 90.6 Glorios es l’om qui no sent d’amor 25) R. 94.54 Malventuros no deu cerquar Ventura 26) R. 94.64 No·m fall recort del temps tan delitos 27) R. 94.79 Per molt amar ma vida es en dupte 28) R. 164.9 Enyorament, enuig, dol e desir 29) R. 175.10 Lo meu deport es poder vos mirar 30) R. 154a.2 (ex 154.18, 154a.1, 154.5, 154.7) Ma gran caritat, amor e llarguesa 2 Elementi dialogici e elementi narrativi nella poesia catalana dei secoli XIV e XV 1. La concezione della cultura e della poesia nel Medioevo Le forme della letteratura, questi oggetti mutevoli, come mutevoli sono la mente e lo stato d’animo dell’uomo che, di volta in volta, li produce. Come si presenta ai nostri occhi il molteplice mondo medievale? In quali strade conduce, in particolare, la sua poesia? Perché di un genere specifico noi ci occupiamo, e perché, di questo genere, vogliamo osservare le trasformazio- ni, in attesa di cogliere un indizio, di imbatterci in una pista, di trovare una pa- rola che definisca. La parola illumina le cose, dà loro un contorno: ma quando l’universo che osserviamo è così mobile, sembra davvero arduo tentare di sco- prirne le leggi che lo regolano. Guardare da vicino la poesia può rivelarsi un mezzo di conoscenza: non di necessità attraverso un itinerario cronologico o evolutivo, ma che risulti legato alla esperienza, la sola che possa offrire una visione non prestabilita, ma vicina alle cose e alla loro realtà. Nel Medioevo esiste uno stretto legame tra le parole e le cose che le nomi- nano: i nomi sono il corrispettivo delle cose, e questo carattere necessario e non casuale sembra non lasciare margine di errore. Tale reciproca relazione tra la realtà e le parole che la nominano presuppone un principio, che costituisce una delle espressioni più rappresentative di questa epoca: quello della somi- glianza 1. Esso regola tutte le cose del mondo: in virtù della sua azione costante, ogni elemento vivente è in relazione con il Tutto, compreso l’uomo, il cui organi- smo è in rapporto di proporzione con il cielo come con le piante, e la cui esi- stenza è inserita entro un disegno vasto di corrispondenze, tutte chiaramente percepibili perché cosparse di segni. La conoscenza dunque, procede attraverso la similitudine: si può conoscere solo ciò che è simile, solo ciò che si svela attraverso una somiglianza o una analogia, e questo spiega, ad esempio, il motivo per cui, nella cultura medieva- le, ogni manifestazione letteraria non conta tanto nel suo aspetto di novità, ma nel modo in cui conferma quanto già parte di un orizzonte noto 2, che non con- templa la variazione, ma solo la ripetizione del somigliante universale, pur va- riamente declinato. 1 Foucault M., 1966, pp. 31-59. 2. Jauss H. R 1989, p. 7 : «il lettore medievale poteva trovare estremamente piace- voli dei testi, proprio perchè gli raccontavano quanto egli già sapeva e perchè lo soddi- faceva pienamente trovare ogni cosa al suo posto nel modello del mondo». 3 L’uomo risulta perfettamente inserito in questo cosmo di ordinate presenze, e la sua stessa esistenza, come abbiamo visto, ne fa parte, in un ordinamento compatto e necessario. La visione che abbiamo è quella di un prisma: su ciascun lato si stagliano delle figure che si muovono entro uno spazio chiuso e ben delimitato, dove l’orizzonte possibile e pensabile è soltanto quello conosciuto. Ciascuna di queste figure è intenta al suo lavoro: collabora all’armonia del mondo in cui vive, contribuisce a mettere ogni cosa al suo posto, è parte di un sistema non equivoco. La poesia non fa eccezione: essa diviene il luogo in cui si rispecchia una realtà nota, i cui caratteri contribuisce a definire, ma che sembra destinata a ri- petere i meccanismi stessi che hanno presieduto al suo nascere. La creazione poetica infatti, si dispone secondo una trama di relazioni significative e simbo- liche 3, e il suo discorso non assume mai un valore di contestazione dell’esistente, ma mira anzi a confermarne in ogni sua parte l’organizzazione e la tenuta. Il mondo della esperienza resta al di là della sua codificazione, lontano dal- la vista: la poesia sembra farne a meno, privandosi dei suoi residui, che sono respinti ai margini senza trovare spazio. Allo stile poetico rimane estraneo ogni rapporto con la coscienza della pro- pria storicità: la lingua del genere poetico, per dirla con Bachtin 4, è un unico mondo tolemaico, fuori del quale non c’è nulla e di nulla c’è bisogno. Il poeta si identifica con la propria lingua, e le contraddizioni del reale, se pure sono presenti, vengono filtrate e annullate dalla «coerenza monologica» della poesia. La soggettività del poeta è il risultato di una condizione di uniformità e a- desione al proprio mondo, che gli detta i modi del suo comunicare, e i senti- menti che definiscono ogni suo stato. La poesia nel Medioevo dunque, non è veramente comunicativa, se con questo aggettivo si intende la scelta, da parte dell’autore, di un luogo o di una prospettiva da cui osservare la realtà, per intervenire su di essa, comunicando appunto gli esiti che questo intervento diretto e non mediato ha sortito. Essa è, semmai, il luogo in cui i conflitti del reale trovano una espressione unica e tipizzata, consistente nella costante impossibilità di realizzazione del desiderio amoroso, e nel perpetuo riprodursi di questo stesso desiderio, attra- verso un canto in cui l’«io» del poeta è al centro della scena, e il «tu» a cui il 3 Varvaro, A. 1985, p. 65. 4 Bachtin, M. 1979, pp. 83-108. 4 soggetto si rivolge non è altro che una proiezione di sé, in un gioco di superfici specchianti, anche se sempre variate 5. L’io lirico ha un’esistenza grammaticale 6: la canzone è un sistema espressi- vo fondato sulla polarizzazione tra questo io e il termine a cui, nella finzione poetica, si rivolge ( tu o voi ). Queste due voci che, come abbiamo detto, si riducono ad una sola, si collo- cano in un eterno presente, senza che nessun evento o avvenimento giungano a disegnare scenari ulteriori, che non siano quelli della realtà in atto, momenta- nea, interamente affidata all’istanza del discorso, e esistente solo in seno ad essa. Non ci sono gli altri, né le voci altrui, né il mormorio del mondo di fuori: manca la contingenza, sentita certamente come estranea all’istantaneità e alla introversione liriche. Va da sé che la soggettività di questa espressione poetica, proprio perché deriva i suoi mezzi espressivi e le sue forme dalla tradizione, è tale solo perché in essa domina una monologicità che regge le fila del dire poetico, ma che non corrisponde sempre ad una sincerità dell’ispirazione. In questo universo denso e continuo, non discreto e separato, sembra ridursi lo spazio di una espressione che non sia la mera ripetizione di un codice dato: tale codice agisce da centro di attrazione costante, e il poeta ne è irrimedia- bilmente sedotto, facendo di questa seduzione la spinta della sua attività poeti- ca, che quindi poggia su un materiale noto, che già contiene le tracce di ogni possibile invenzione e composizione.