Etruscan Studies Journal of the Etruscan Foundation

Volume 10 Article 9

2007 Estruchi: bibliografia numismatica (1997-2001) Novella Vismara

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by Novella Vismara

SCOPI DELL’INDAGINE

a relazione si prefigge lo scopo di presentare un censimento, il più ampio possibile, dei contributi numismatici pubblicati negli ultimi cinque anni ed inerenti Lla monetazione etrusca, con la volontà di porre a confronto tra loro i titoli raggiunti, quando i difformi campi di interesse lo consentono, e quindi di proporre una discussione più generale sugli esiti critici inerenti lo studio della monetazione etrusca così come si configura dai contributi censiti.

CAMPO DI INDAGINE

È preliminare definire nel miglior modo possibile le direttrici lungo le quali si è indirizzato lo spoglio bibliografico. Innanzi tutto, anche se l’affermazione potrebbe sembrare sorprendente, si deve stabilire cosa intendere per “gli ultimi cinque anni”, in considerazione dell’esistenza di un vistoso iato cronologico, constatato in particolare per molte riviste, tra l’indicazione del millesimo in terza di copertina e quello invece indicato all’interno della dichiarazione “finito di stampare”, in genere posteriore, in alcuni casi anche di alcuni anni. Nello spoglio presentato abbiamo ritenuto opportuno assumere l’indicazione di stampa, il “finito di stampare”. Inoltre l’indagine ha riguardato esclusivamente i volumi e le riviste cosiddette “scientifiche”, prodotte da istituzioni riconosciute (centri di ricerca, università, musei eccetera) e non quelle appartenenti al vasto mondo della “divulgazione”, anche se di qualità. Ugualmente non sono stati considerati, se non eccezionalmente, le guide museali. Oltre agli studi apparsi sulla carta stampata, abbiamo tentato di censire quelli presenti in “internet”, benché il mondo elettronico sfugga maggiormente ad ogni tentativo di raccolta sistematica: abbiamo scelto però di presentare i siti raggiunti nella loro totalità, con poche eccezioni soprattutto legate alle pagine unicamente commerciali, innanzi tutto per l’esiguo numero dei siti raggiunti; inoltre occorre ricordare che dinnanzi ai siti web é ancora più complesso definire quali rientrino nella categoria “scientifica” e cosa al contrario debba essere ritenuto divulgativo. Da un lato, molti siti web legati ad istituzioni di vario genere scelgono di impostare in modo didattico e/o divulgativo le proprie pagine, proprio in considerazione della natura eterogenea del pubblico che accede alle informazioni offerte. Dall’altro, è sempre maggiore il numero di appassionati, studiosi dilettanti, collezionisti eccetera che hanno la possibilità di rendere note le proprie idee tramite le pagine di un sito

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web che, se pure non sempre aggiornatissime dal punto di vista bibliografico, molte volte si rivelano corrette ed in alcuni casi decisamente utili. L’analisi é articolata su diversi piani: la descrizione (A) delle opere a stampa relative alla numismatica etrusca; (B) quanto trovato nei siti web in internet riguardanti lo stesso soggetto; (C) l’analisi degli elementi che emergono dall’indagine bibliografiche ed in internet, ponendo una particolare attenzione alle diverse posizioni critiche assunte dai singoli studiosi; (D) le conclusioni.

BIBLIOGRAFIA NUMISMATICA

Lavori a stampa

Per identificare univocamente i diversi tipi monetali citati nei testi, ho impiegato la numerazione proposta nel primo volume dell’ Historia Numorum. L’elenco è disposto in ordine cronologico di stampa, prescindendo dalla loro natura:

1. Bergamini Simoni, M. 1996. “Rinvenimenti monetali inediti nel territorio di Todi”. Assisi e gli Umbri nell’Antichità. Atti del Convegno Internazionale (Assisi, 18-21 dicembre 1991). A cura di G.Bonamente e F.Coarelli. Accademia Properziana del Subasio di Assisi. Università degli Studi di Perugia. Assisi. Analizzando il lavoro di Don Andrea Giovanelli (1688-1758), l’autrice identifica alcuni ritrovamenti monetali dell’area tuderina: in particolare Cecanibbi, ove nel 1745 venne ritrovata una moneta della serie «ruota/ancora», rinvenuta con altre etrusche; Mezzolle, dove un ripostiglio composta da più di 50 aes grave restituì almeno un asse della zecca di , della serie “delfino”; ed infine Pian di Porto, dove tra i resti di un edificio vennero alla luce alcune monete tra le quali alcune della serie “ruota/bipenne e ruota/cratere”.

2. Chevillon, J.-A. 1997. “Monnayage gréco-étrusque archaique: le groupe au protomé d’aigle”. Bulletin de la Société Française de Numismatique 52,9: 189-191. Viene presentato un nuovo esemplare dell’emissione con la tipologia “protome di ‘aquila’/quadrato incuso”, rinvenuto in Provenza, in grado di sollevare nuovamente il discusso problema produttivo/dustributivo delle serie monetali cosiddette del “tipo Auriol”.

3. Kos, P. 1997. Leksikon Anticne numizmatike s Poudarkoma prostoru Jugovzhadnih Alp in Balkana . Narodni Muzej Slovenije. Ljubljana. Alla voce Etruscani, il Kos presenta un’efficace sintesi dei principali temi numismatici posti dalla monetazione etrusca, dalle prime emissioni della cosiddetta emissione del “ramo secco” alle serie fuse della «ruota», attribuite alla zecca di Arezzo.

4. Ciampoltrini, G. 1996. “L’insediamento etrusco nella valle del Serchio fra IV e III secolo a.C.. Considerazioni sull’abitato di Ponte Gini di Orentano”. StEtr 62:173-210. (1998) Negli scavi del sito denominato Ponte Gini III sono venute alla luce una certa quantità

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di monete appartenenti a zecche disparate, tra cui alcuni esemplari di produzione etrusca. Una parte proviene dai saggi di scavo, con un preciso riscontro stratigrafico: una didracma di Populonia, con “gorgone e valore XX / R. Liscio” (= HN 152) da un livello di vita (US 25), mentre un secondo esemplare della stessa tipologia é stato rinvenuto in uno strato di livellamento (US 18), nel quale é stata ritrovata anche una litra romano campana. Purtroppo un consistente nucleo di monete proviene dalle indagini di superficie dell’area sud, dove l’aratro ha disperso i materiali. La ridotta superficie che ha restituiti gli esemplari, ha consentito al Ciampoltrini di ipotizzare che esse siano parte di un ripostiglio disperso dai lavori agricoli. Tutti gli elementi inducono l’autore a porre la creazione di simile eventuale nucleo nel secondo e terzo quarto del III secolo a.C., fase di chiusura del sito. Le due monete etrusche facenti parte del presunto nucleo (catalogo nn.3-4) risultano del tutto inedite. La prima con una “testa barbuta a s”., e segno di valore C, del peso di gr.5,45, appartiene ad una emissione della zecca di Populonia, nota ad oggi solo per il nominale da (= HN 95) e non per la sua metà, e la seconda con un «bucranium», inscritto all’interno di un circolo perlinato molto marcato, del peso di soli gr.0,29. Entrambe mancano in HN . Il Ciampoltrini attribuisce entrambe gli esemplari alla zecca di .

5. Arévalo González, A., e C. Marcos Alonso. 1998. El depósito monetal de Torelló d’En Cintes (Mahón, Menorca) . Collecion A. Vives y Escudero 9. Barcelona-Madrid. Durante gli scavi condotti a Torelló d’En Cintes del 1958 venne alla luce un gruzzolo che attualmente risulta essere composto da 382 assi, 1 semisse, 1 triente ed 1 sestante della zecca di Roma, 1 moneta di Untikesken ed 1 sestante di Populonia (catalogo n.386 = HN 187). La moneta non rappresenta l’unica prova dei contatti tra l’isola di Minorca e la costa Etrusca, ma si inquadra in una serie di ritrovamenti di materiale ceramico. Il nucleo, le cui monete più tarde appartengono alla serie RRC 197-198B, datata a cavallo del II secolo a.C., non apporta elementi di novità per la cronologia della serie enea della città etrusca, ma ripropone un nuovo importante elemento per studiarne la loro diffusione ed in genere quella delle emissioni etrusche.

6. Leshhorn, W. 1998. Katalog der griechischen Münzen, Braunschweig . Sylloge Nummorum Graecorum, Herzog Anton Ulrich-Museum. Kunstmusuem des Landes Niedersachsen. La collezione numismatica conservata presso l’Herzog Anton Ulrich-Museum possiede solo 2 monete etrusche, entrambe del tipo “testa di negro/elefante” (catalogo nn.346-347 = HN 69).

7. Specht E. 1998. “Etruskesches Erbe in der römischen Münzprägung”. AA.VV., Die Integration der Etrusker und das Weiterwirten etruskischen Kulturgutes in republikanischen und kaisezeitlischen Rom . A cura di L.Aigner-Foresti, 205-214. Wien. L’autrice accentra la propria attenzione sull’emissione aurea dal tipo “protome leone/rovescio liscio” (= HN 127-130) che data al 296-295 a.C., sulla base dell’analisi storica. Presupposto dal quale muove le mosse l’autrice é la constatazione che le monete vengano

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coniate per le necessità dell’esercito, mentre le serie in oro siano invece prodotte in momenti di particolare crisi, in genere collegati agli sforzi bellici: per conoscere, quindi, quando la serie in questione é stata coniata, si deve ricercare un periodo della storia etrusca, che corrisponda alle caratteristiche date. L’autrice ritiene di averlo individuato nel momento in cui la presenza di Roma é ormai totalitaria nella regione: come manifestazione dell’ultimo tentativo di mantenere la propria autonomia politica, le diverse città etrusche, consociate e confederate tra loro, arruolano soldati galli che pagano con l’emissione in oro con il tipo della “testa di leone”.

8. Ambrosini, L. 1997. “Le monete della cosiddetta serie ‘ovale’ con il tipo della clava”. StEtr 63: 195-226. (1999) L’emissione delle monete fuse studiata dall’Ambrosini si caratterizza per avere, su un lato, il simbolo di valore e sull’altro la “clava” (= HN 51-55). L’aggiunta di altri 145 esemplari a quelli censiti dallo Häberlin consente all’autrice di precisarne meglio il peso medio dei singoli nominali e le consente di collegare il piede ponderale allo standard etrusco piuttosto che umbro, e di verificarne la possibile divisione in due serie. Anche la distribuzione degli esemplari dei quali si conosce la provenienza, incentrata in un’area che comprende la zona orientale dell’ settentrionale e quella sud-occidentale del territorio umbro e lungo la fascia sud Occidentale dell’Etruria costiere, suggerisce una città etrusca quale luogo di produzione. Lo studio dei pochi contesti datanti che hanno restituito monete della cosiddetta «serie ovale» consentono di porre la datazione della loro produzione agli inizi del III a.C. Sono considerazioni d’ordine storico che conducono la Ambrosini ad indicare in la probabile zecca: la città é economicamente attiva ed intrattiene vivaci contatti con le due aree di diffusione identificate sopra.

9. Bruni, S. 1999. “Sulla circolazione dell’aes grave di Volterra. Nuovi contributi”. Rivista Italiana di Numismatica 110: 47-56. L’autore aggiorna, alla luce delle nuove scoperte, la carta distributiva dell’ aes grave della zecca volterrana che era stata definita nel 1975 dal Catalli. La revisione della diffusione della moneta di Volterra mostra, rispetto a quanto noto in precedenza, un interessante elemento di novità, ovvero una maggiore penetrazione degli esemplari verso zone più settentrionali, lungo i confini con l’area di influenza della città di Pisa. Inoltre l’ipotesi, già a suo tempo avanzata, che la presenza di moneta volterrana sia in grado di determare l’area d’influenza della città, con rare eccezioni prese, non pare essere congruente con le risultanze dei nuovi materiali censiti, in quanto, ad esempio, è aumentato in misura sensibile il numero degli esemplari noti nell’area di Roselle.

10. Chevillon, J.-A. 1999. “Populonia: un tritartémorion gréco-étrusque inedite à la tete feminen à gauche, avec perruque étagée”. Bulletin de la Société Française de Numismatique 54,8: 165-167. Lo Chevillon illustra e discute brevemente una moneta con il tipo della “testa femminile a s”., che inserisce nell’ambito delle prime produzioni monetali etrusche di Populonia, emissioni delle quali aveva già trattato in precedenza (S upra , 2).

11. Delpino, I. 1999. “La ‘scoperta’ di Veio Etrusca”. In Ricerche archeologiche in Etruria

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Meridionale nel XIX secolo . Atti dell’Incontro di studio (, 6-7 luglio 1996). A cura di A. Mandolesi, A.Naso, 73-85. Firenze. Lo studio del Delpino è finalizzato al recupero delle informazioni archeologiche ancora scientificamente valide, o per lo meno comprensibili ed utilizzabili ai fini della ricerca, che si possono trarre da vari manoscritti relativi agli scavi ottocenteschi sulla piattaforma dell’antica Veio. Dal nostro punto di vista interessa la riproduzione della tavola 13 del manoscritto di Lavernio Lufrani, relativo ad una stipe votiva ritrovata alle pendici del colle di Comunità nel 1889. Nel disegno sono riprodotti, tra l’altro, 1 asse romano repubblicano analogo alle serie 36 o 56 di RRC ed 1 altro esemplare, apparentemente fuso, che rappresenta al d. la raffigurazione di “giano imberbe:” potrebbe trattarsi di un nominale della zecca di Volterra. Se si potesse confermare l’identificazione della moneta, si avrebbe la documentazione di uno dei ritrovamenti più meridionali di monete della zecca volterrana.

12. Vecchi, I. 1999. “ The coinage of the Rasna. Part V”. Schweizerische Numismatische Rundschau 78: 5-25. Con la quinta ed ultima parte, il Vecchi conclude la rassegna delle monete etrusche iniziata a partire dal 1988, con un articolo che trattava delle emissioni della zecca di e di un gruppo di monete di zecca incerta, forse Vetulonia, con il tipo “ippocampo” e “cigno” (= HN 98-103). L’impostazione del lavoro é quella consolidata ormai nel tempo, con la descrizione e la numerazione delle coppie dei conii ed in calce a ciascuna di esse l’elenco delle monete pertinenti, con i singoli riferimenti bibliografici. La produzione di Vetulonia, prevalentemente in bronzo, é datata, basandosi su considerazioni ponderali, tra il 217 a.C. ed il 206 a.C., mentre quella di zecca incerta, in argento, tra il 217 a.C. ed il 200 a.C.

13. Vicari, F. 1999. “Rinvenimenti monetali in tombe dell’Etruria settentrionale”. In Trouvailles monétaires de tombes. Actes du deuxieme Colloque International du Groupe Suisse pour l’Étude des Trouvailles Monétaires (Neuchatel, 3-4 mars 1995). A cura di O.F.Dubuis, S.Frey-Kupper, G.Perret, 151-168. Études de Numismatique et d’Histoire Monétaire 2. Lausanne. L’autore presenta 72 contesti tombali dai quali proviene moneta, per lo più nominali bronzei di Roma, databili tra la fine del IV secolo a.C. ed il I secolo a.C., con lo scopo di analizzare, da un lato, i fenomeni della circolazione monetale, e, dall’altro, quelli rituali. Nel condurre l’analisi il Vicari non tiene conto del processo di romanizzazione subita dai territori etruschi che, a partire dal III secolo a.C., si fece a mano a mano sempre più importante e vincolante, nè della nazione d’appartenenza del morto. Inoltre, il repertorio bibliografico dal quale l’autore muove le mosse pare eccessivamente limitato: ad esempio, egli ritiene che non vi siano monete provenienti da tombe a Populonia: al contrario, simile uso é attestato nel territorio cittadino. Le conclusioni alle quali giunge il Vicari, ovvero sia il fenomeno della deposizione di moneta in tomba sia limitato alla sola zona di Volterra, vanno quindi assunte non in senso assoluto ma esclusivamente quale censimento della regione di Volterra.

14. Camporeale, G. 2000. Gli Etruschi. Storia e Civiltà . Torino. Nell’articolato manuale manca un capitolo dedicato alla monetazione etrusca e le

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monete sono presenti a brevi cenni: la questione relativa all’inizio della monetazione etrusca viene trattata nel capitolo dedicato all’arte (p.119); mentre nella parte del volume dedicato alle caratteristiche delle singole città etrusche, viene ricordato che Populonia (pp.368-369), Vetulonia (p.353 e p.359) e Tarquinia (p.359) produssero moneta e l’autore ne descrive sommariamente le tipologie.

15. Catalli, F. 2000. “La moneta”. In Gli Etruschi . A cura di M. Torelli, 89-95 (schede, p.555). Milano. Nel catalogo della mostra organizzata a Palazzo Grassi di Venezia, tra il 2000 ed il 2001, poco é lo spazio dedicato alla monetazione etrusca. Catalli, autore anche delle schede delle monete inserite nel catalogo (ridotte a soli due esemplari), lo impiega per tracciare una sintesi della monetazione etrusca, organizzata per zecche, presentate in ordine cronologico, a cominciare dalle emissioni della zecca di , alla quale sono tradizionalmente attribuite alcune serie tra le più antiche coniate dagli Etruschi e sulle quali la presenza della leggenda Thezi , documenta la presenza di nomi gentilizi sulle monete etrusche. L’autore analizza poi le monete di Populonia, zecca che, a suo parere, inizia la produzione monetale a cavallo tra la fine del VI a.C. e gli inizi del V secolo a.C., con piccole monete, delle quali la più ampia documentazione proviene dal ripostiglio rinvenuto a Volterra. Passa quindi a descrivere la monetazione delle zecche di Tarquinia, di Volterra, delle serie fuse di zecca incerta, quali quelle con il tipo della “ruota” (= HN 65-68), di Vetulonia, delle serie cosiddette della “Val di Chiana”(= HN 69-75), ed infine dell’emissione con “ippocampo” (= HN 98-101) e della sua attribuzione alla zecca di Pisa, mentre ritiene che la serie con “cigno retrospicente” (= HN 102-103), ritrovata al Romito di Lucca, sia da attribuire all’area della Macedonia. Di tutte le città citate viene descritta anche la temperie economica nella quale coniarono moneta .

16. Chevillon, J.-A. 2000. “Un nouveau groupe gréco-étrusque archaique: le groupe à la tete à droit”. Bulletin de la Société Française de Numismatique 55,7: 169-172. L’autore illustra 2 nuove monete provenienti dalla regione Gignac-la-Nerthe, con “testa femminile(?) a d”., verosimilmente nominali diversi di una stessa serie. I nuovi esemplari consentono una migliore lettura della tipologia di alcune monete del ripostiglio di Volterra, dove si è ritrovato 1 esemplare del tutto simile. Il prototipo tipologico é da ricercarsi nella serie che lo stesso Chevillon ha presentato nel 1999. ( Supra 10)

17. Galluccio, F. 2000. “Un esemplare di aes grave volterrano”. In: M.Munzi, N.Terrenato, Volterra. Il Teatro e le terme. Gli edifici, lo scavo e la topografia , 177-178. Firenze. In una vasca di età pre-romana, trovata sotto il porticus post scaenam , è stata ritrovata 1 moneta fusa volterrana legata attraverso la malta ad un blocco di discrete dimensioni. Si tratta di 1 semisse della serie pesante (gr.69,19), illustrato alla figura n.6.8. L’ipotesi avanzata dal Galluccio che la moneta, unitamente ad un bronzetto ritrovato poco distante, sia da interpretarsi come traccia della presenza di un deposito votivo di periodo etrusco nella valle del teatro, non mi pare che sia sufficientemente comprovata dagli elementi dello scavo e dalla situazione topografica del complesso.

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18. Panvini Rosati, F. 2000. “Monetazione preromana in Italia. Gli inizi della monetazione romana in Italia e la monetazione romano-campana”. In La moneta greca e romana . A cura di F. Panvini Rosati, 79-93. Storia della Moneta 1. Roma. Nel capitolo dedicato alla monetazione preromana, Panvini Rosati passa in rassegna la monetazione padana pre-romana e quella etrusca, ricordando i contatti commerciali tra le due zone, documentati dal ritrovamento della didracma di Populonia a Prestino. L’autore riassume gli elementi significativi riguardo alle produzioni monetali etrusche delle zecche note, Populonia, Volsinii, Vetulonia, Volterra e Tarquinia, che egli ritiene non concorrano a formare un quadro omogeneo, ma anzi siano frutto di esigenze ben diverse, tanto da suggerire di mantenere distinte tra loro le emissioni monetali della regione per metalli, morfologie e pesi. Tralascia le serie definite “monete incerte della Val di Chiana” (= HN 69-75), per soffermarsi maggiormente su una specifica serie enea con il R. incuso ( HN 76-91) in specie con “ippocampo’ incuso (= HN 76-77), per la quale propone un terminus post quem al 344 a.C., sulla base delle strette relazioni tipologiche con le monete di Timoleonte della zecca di Siracusa.

19. Visonà, P. 2000. “Due monete etrusche inedite e rare in collezioni italiane”. Schweizerische Numismatische Rundschau 79: 27-34. L’autore presenta 2 monete che ritiene etrusche: la prima, conservata presso i Civici Musei di Brescia, presenta al D. “testa femminile di Artumes ”, ed al R. “due palme” ripetute con apparente casualità sul tondello, disposizione che é, a detta dell’autore, probabile frutto di un salto di conio e che in ogni caso costituisce un unicum nella monetazione etrusca; la cronologia proposta é compresa tra gli ultimi decenni del IV secolo a.C. ed i primi del III secolo a.C.. In realtà il tipo in questione é, sì, verosimilmente inedito – non viene ripreso neanche in HN, ma la tipologia non costituisce un unicum nella monetazione etrusca. Nella stessa serie con al D. “testa di Artumes ”, é nota una serie con 8 palme stilizzate, poste in circolo, attorno a quello che possiamo descrivere come uno “scudo”. Le palme di questa seconda serie sono molto più stilizzate e quindi, sebbene il salto di conio renda la lettura della moneta dei Civici Musei di Brescia complessa dal punto di vista del riconoscimento iconografico, non dovrebbe trattarsi dello stesso tipo di R.

20. Bergamini, M. 2001. “La collezione numismatica di Emilio Bonci Casuccini. Formazioni e vicende”. Rivista Italiana di Numismatica 112: 193-217 Come dichiarato nella presentazione dalla stessa autrice, l’articolo riassume quanto proposto dalla Bergamini stessa sulla formazione della raccolta numismatica in oggetto nel volume relativo alla pubblicazione della collezione Bonci Casuccini. ( Infra , 21)

21. Bergamini, M. 2001. “Storia della collezione”. In La collezione numismatica di Emilio Bonci Casuccini. A cura di M. Bergamini, 15-35. Archeologica 132. Roma. L’autrice illustra le vicende relative alla formazione della sezione numismatica della collezione Emilio Bonci Casuccini, danneggiata da un furto avvenuto il 10 ottobre 1969 e, per la parte rimanente, venduta nel 1978 al Monte dei Paschi di Siena. Purtroppo nelle schede delle monete redatte da Emilio Bonci Casuccini non venne indicata la provenienza degli esemplari, anche se é verosimile ritenere che la collezione abbia avuto una formazione locale.

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22. Bergamini, M. 2001. “Il tesoretto di Montalcino-Val d’Orcia”. In La collezione numismatica di Emilio Bonci Casuccini . A cura di M.Bergamini, 37-53. Archeologica 132. Roma. L’autrice pone in sequenza di conio, secondo l’impianto già stabilito da petrillo per lo studio del ripostiglio di Populonia, loc. Porcareccia 1939, le monete presenti nella collezione Bonci Casuccini e provenienti dal tesoretto di Moltalcino-Val d’Orcia ed, in nota, sono inserite in sequenza di conio le monete conservate presso il Museo Archeologico di Siena, sempre provenienti dal ritrovamento. Dal confronto nasce l’evidente contemporaneità di quanto conosciamo del il ripostiglio di Populonia che presenta «gorgoni» con XX ed i R. ancora lisci. Dopo una breve nota sull’esemplare da Prestino, viene poi proposta della data 282 a.C. riprendendo le ipotesi formulate a suo tempo da Petrillo.

23. Bergamini, M. 2001. “Catalogo: il tesoretto di Montalcino-Val d’Orcia”. In La collezione numismatica di Emilio Bonci Casuccini. A cura di M.Bergamini, 59-76. Archeologica 132. Roma. Il catalogo vero e proprio della collezione Bonci Casuccini si apre con le monete del tesoretto di Montalcino-Val d’Orcia: l’emissione della “gorgone” con segno di valore X (Catalogo nn.20, 22, 24-25 = HN 142; nn.29, 40 = HN 141; nn.1-6 = HN 149; HN 150, nn.7- 19, 21, 23, 26-28, 30-39, 41-44; HN 152); con “testa di Ercole a d”., (nn.45-50, 52 = HN 155 e n.51 = HN 156) ed 1 con “testa a s”. e simbolo di valore X (n.53 = HN 165) per un totale di 53 monete.

24. Della Giovampaola, S. 2001. “Catalogo: monete etrusche”. In La collezione numismatica di Emilio Bonci Casuccini . Aa cura di M.Bergamini, 76-89. Archeologica 132. Roma. Al catalogo delle monete del ripostiglio di Montalcino-Val d’Orcia segue quello dedicato agli esemplari privi di un preciso luogo di ritrovamento. Per quanto concerne le monete etrusche sono pubblicate: della zecca di Populonia (catalogo n.56 = HN 144; n.57 = HN 175; n.58 = HN 174); di Vetulonia (n.60 = HN 203; nn.61-62 = HN 198); di Volterra (n.63 = HN 109e) ed un ricco patrimonio delle serie fuse dell’Etruria centrale dell’emissione “ruota/ruota” (nn.64-65 = HN 56d; n.66 = HN 56e; nn.67-69 = HN 56f); dell’emissione “ruota/cratere” (n.70 = HN 57b; nn.71-72 = HN 57c; nn.73-74 = HN 57d; nn.75-76 = HN 57e); dell’emissione “ruota/bipenne” (n.77 = HN 58b; n.78 = HN 58c; nn.79-80 = HN 61); dell’emissione “ruota/ancora” (n.81 = HN 65f; nn.82 = HN 65g; nn.83-84 = HN 66); dell’ emissione “ruota/anfora” (n.85 = HN 62b; n.86 = HN 62c; n.87 = HN 62e); dell’emissione “ruota arcaica/ruota arcaica” (n.88 = HN 63f); dell’emissione “augure/strumenti sacrificali” (n.89 = HN 68c; n.90 = HN 68d; n.91 = HN 68e). Chiudono il catalogo delle serie etrusche le monete a leggenda “Peithesa” (n.92 = HN 71; n.93 = HN 74) e la serie “testa di negro/ elefante” (nn.94-99 = HN 69; nn.100-101 = HN 70); “serie ovale clava/segni di valore” (nn. 102-103 = HN 54; nn.104-104= HN 55).

25. Balbi de Caro, S. 2001. “Il metallo e la moneta in Etruria e a Roma: dal bronzo fuso alla moneta coniata”. In S.Balbi De Caro, G. Angeli Bufalini, Uomini e monete in terra di Siena. La collezione numismatica della Banca Monte dei Paschi di Siena . Ospedaletto. Nella prima parte del volume dedicato alla presentazione delle monete della collezione

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della Banca del Monte dei Paschi di Siena, alcuni capitoli vengono dedicati a temi di carattere generale che seguono la falsariga suggerita dal metallo impiegato, inteso come supporto della moneta. Uno di essi é dedicato al passaggio dall’ aes rude all’ aes grave a Roma. Un simile argomento non può prescindere dal trattare dei pani di rame detti del “ramo secco” dall’ impronta che recano. La diffusione di questi lingotti, che segue le vie commerciali delle merci etrusche d’epoca arcaica, ne dimostrerebbe la produzione etrusca: secondo la Balbi essi sono documento di una classe sociale il cui arricchimento é dovuto all’industria mineraria e che considera il bronzo quindi come una riserva di valore. E dai contatti che grazie il commercio simile classe aveva, giunge nei centri etruschi più fiorenti tra il V ed il IV secolo l’idea di una moneta “alla greca”. Nelle zone interne si rinunciò solo in un secondo tempo al metallo a peso per passare alle monete, che erano però grosse e fuse. In questa tradizione si muove Volterra e gli altri centri non precisamente collocabili d’area centrale etrusca.

26. Angeli Bufalini, G. 2001. “Le monete nella collezione della Banca Monte dei Paschi di Siena. Parte II. Catalogo: il metallo, merce di scambio e misura di valore presso i popoli dell’Italia antica”. In S.Balbi De Caro, G. Angeli Bufalini, Uomini e monete in terra di Siena. La collezione numismatica della Banca Monte dei Paschi di Siena . Ospedaletto. La Angeli Bufalini cura il catalogo delle monete scelte ad illustrare la collezione numismatica posseduta dal Banca Monte dei Paschi di Siena, la stessa banca proprietaria della collezione Bonci Casuccini. La selezione é stata operata tenendo conto degli argomenti trattati nella prima parte del volume, più descrittiva, e comprende anche alcuni esemplari pubblicati nella collezione Bonci Casuccini. Le monete scelte, per quanto concerne la parte etrusca, sono: zecca di Volterra, l’emissione “con simbolo di valore” (catalogo n.2 = HN 108f e n.3 = HN 108g) e l’emissione “con clava”, (nn.4-5 = Bonci Casuccini n.63 = HN 190e); la serie dell’ “augure” (n.6 = Bonci Casuccini 89 = HN 68c; n.7 = Bonci Casuccini 90 = HN 68d; n.8 = Bonci Casuccini n.91 = HN 68e); la serie “ruota/ruota” (nn.9-10 = Bonci Casuccini nn.64-65 = HN 56d; n.11 = Bonci Casuccini n.66 = HN 56e; nn.11-13 = Bonci Casuccini nn.67-69 = HN 56f); la serie “ruota/cratere” (n.15 = Bonci Casuccini n.70 = HN 57b; nn.16-17 = Bonci Casuccini 71-72 = HN 57c; nn.18-19 = Bonci Casuccini nn.73-74 = HN 57d; nn. 20-21 = Bonci Casuccini nn.75-76 = HN 57e); la serie “ruota/bipenne” (n.22 = Bonci Casuccini n.77 = HN 58b; n.23 = Bonci Casuccini n.78 = HN 58c); l’emissione “ruota/ancora”(n.24 = Bonci Casuccini n.81 = HN 65f; nn.25 = Bonci Casuccini n.82 = HN 65g); l’emissione “ruota/anfora” (n.26 = Bonci Casuccini n.85 = HN 62b; n.27 = Bonci Casuccini n.86 = HN 62c; n.28 = Bonci Casuccini n.87 = HN 62e); l’emissione “ruota arcaica/ruota arcaica”(n.29 = Bonci Casuccini n.88 = HN 63f); la “serie ovale clava/segni di valore” (n.34 = Bonci Casuccini n.102; n.35-36 = Bonci Casuccini 103; nn.37-38 = HN 54; nn.39-40 = Bonci Casuccini nn.104-105 = HN 55).

27. Pantuliano, S. 2001. “La collezione Borgi”. In Museo archeologico nazionale di Napoli. La collezione numismatica per una storia monetaria del mezzogiorno . A cura di R.Cantilena e T.Giove, 17-24. Napoli. Nell’ambito della guida che accompagna i visitatori lungo le sale del nuovo allestimento della sezione numismatica del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il

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capitolo intitolato “La collezione Borgia”, ricostruisce, con esemplare chiarezza, le vicende della raccolta che la famiglia Borgia formò a Velletri, con materiali provenienti dagli scavi dell’area, fino a quando il cardinale Stefano Borgia non la ampliò enormemente grazie anche alla carica di Segretario della Sacra Congregazione Propaganda Fide. Alla sua morte la parte delle collezioni che era con lui a Roma, nella sede della Propaganda Fide, entrò a far parte del patrimonio della Chiesa, mentre alla famiglia rimase solo in nucleo conservato a Velletri. Nel 1814 il conte Camillo Borgia, dopo lunghe trattative, vendette a Gioacchino Murat, re di Napoli, la restante collezione di famiglia: la cessione venne perfezionata con Ferdinando IV di Borbone, nel 1815, e gli oggetti vennero trasportati nell’allora Real Museo Borbonico di Napoli nel 1817. La collezione di monete si segnalava per l’importante nucleo di esemplari fusi, dei quali vengono illustrati nel catalogo, 1 di Volterra, della serie “con simbolo di valore” ed 1 della serie “ruota/cratere”.

28. Rutter, N.K. 2001. [a cura di] Historia Numorum. . London. (= HN ) Si tratta di un catalogo tipologico che aggiorna e rinnova dal punto di vista grafico un volume fondamentale per la numismatica greca, l’ Historia Numorum dello Head, pubblicata in due edizioni, la seconda rivista, nel 1887 e nel 1911. Nell’introduzione viene dedicata una breve nota (p.9) nella quale si sottolinea come le emissioni etrusche siano di fatto isolate dal resto della produzione monetale della penisola italica. La parte relativa all’Italia Nord-Orientale e all’Etruria é curata da Crawford. Solo con la seconda metà del IV secolo a.C., periodo nel quale comincia una più sistematica coniazione, si notano dei contatti tra la produzione bronzea incusa etrusca e la monetazione post-timoleontica in Sicilia. Quasi per ribadire la separazione che si ritiene corra tra la monetazione etrusca e quella del resto dell’Italia, alla regione viene dedicata una presentazione (pp.23-25) nella quale si discutono, separatamente da quelli dell’area magno greca (pp.10-14), i problemi relativi alla datazione e si elencano i ritrovamenti più importanti per le loro implicazioni cronologiche. La sezione “Etruria ” presenta le tipologie divise tra “Inland Etruria” (catalogo nn.56-75), “Central Etruria” (nn.76-91) e “Coastal Etruria” (nn.92-239), e quindi ove possibile, secondo le zecche. Più difficile identificare il criterio impiegato per ordinare il materiale all’interno delle singole zecche, in particolare quella di Populonia, con il più alto numero di tipologie, soprattutto per quel che concerne il rapporto tra le emissioni in oro ed argento, da un lato, ed in bronzo, dall’altro. Inoltre, per quanto riguarda la cronologia delle emissioni di didracme “gorgone/X” (= HN 117), Crawford, rifacendosi parzialmente ai dati cronologici forniti dallo scavo di Prestino (CO), propone, una datazione compresa tra il 425-400 a.C. nella presentazione (p.25) ed al 400 a.C., nel catalogo (p.31). Il materiale presentato è ricco e la sintesi è di grande importanza anche se non si possono non notare alcune assenze, piuttosto curiose, come la mancanza dei due nuovi tipi pubblicati da Ciampoltrini (S upra , 4), contributo che è noto al Crawford, in quanto impiegato per definire la cronologia della serie “gorgone” con XX.

29. Vanni, F.M. 2001. “La serie etrusca della ruota”. Rassegna di Studi del Civico Museo Archeologico e del Gabinetto Numismatico del di Milano 67-69: 7-71. Come già l’Ambrosini, della quale segue anche l’impostazione del catalogo per

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tabelle, anche la Vanni presenta un aggiornamento parziale allo Häberlin relativo alla serie della “ruota” della quale riprende la divisione tradizionale in 7 gruppi: ( i) “ruota/ruota”, ( ii) “ruota/cratere”, ( iii) “ruota/bipenne”, che ha anche una produzione coniata, ( iv) “ruota/ anfora”, ( v) “ruota/ancora”, anch’essa con una produzione coniata, ( vi) “ruota arcaica/ruota arcaica”, ( vii) “ruota arcaica/tre crescenti”. L’analisi ponderale conferma l’esistenza di due classi di materiale, quella più pesante rappresentata dai gruppi i-iii, di tradizione ponderale etrusca, ed una seconda, più leggera, dei gruppi iv-vii, di tradizione italica. L’autrice elabora gli istogrammi di alcuni nominali delle diverse serie che ritiene omogenee al loro interno. Per ogni gruppo viene presentata l’area di distribuzione, senza cartina distributiva, e l’elenco dei ritrovamenti: il gruppo i-iii denuncia una circolazione più contratta, ristretta all’area dell’Etruria interna, rispetto a quello iv-vii, che compre una zona compresa tra l’Etruria centro-orientale all’area della val di Chiana, spingendosi fino alla costa. La datazione viene suggerita dal sistema ponderale impiegato, che per i gruppi iv-vii è inquadrabile al primo quarto del III secolo a.C., mentre non viene dedicata alcuna cura all’analisi dei contesti di ritrovamento. Secondo l’autrice la zecca preposta alla produzione della serie “ruota” é da ricercarsi nella Val di Chiana, nella città di Arezzo in particolare con diverse officine operanti al controllo delle quali sarebbero serviti i segni punzonati, oppure fusi, presenti sulle monete, anche se non si esclude la possibilità che un’officina sia stata aperta, per necessità a Chiusi.

29. Vanni, F.M. 2001. “ La serie fusa ruota-ancora”. In Etruschi nel tempo. I ritrovamenti di Arezzo dal ‘500 ad oggi , 131-139. Firenze. Dopo un breve riassunto di quanto in n. 29 riguardo la serie della ruota in generale, l’autrice accentra la propria attenzione su uno solo dei sotto-gruppi che lo compongono cioé quello ruota-ancora, con particolare riferimento alla produzione fusa. Di essa presenta una lista di ritrovamenti selezionati rispetto a n. 29, propone una datazione tra la fine del IV secolo a.C. e la fine del III a.C., periodo cui risalirebbe la parte coniata ed infine riconosce in Arezzo e Chiusi le due località di produzione.

31. Crawford, M. 2002. “Provenances, Attributions and Chronology of some early Italian Coinage. The oval series of aes grave (HN , nos.51-55)”. In Coin Hoards. IX. Greek Hoards. A cura di A.Meadow-U.Wattemberg, 269-270. London. Autonomamente da Ambrosini ( Supra, 8), della quale non condivide l’elenco dei siti censiti, Crawford giunge ad attribuire a Volsinii la serie “ovale”. (= HN 51-55)

32. Furwängler, A. 2002. “Monnaies grecques en Gaule: nouvelle trouvailles (6 ème -5 ème s.av.J.-C.)”. In La monetazione dei Focei in Oriente . Atti dell’XI Convegno del Centro Internazionale di Studi Numismatici. Napoli. L’autore affronta il complesso problema delle monete greche in Gallia nel VI e nel V secolo e non può non trattare del complesso problema delle cosidette emissioni greco- etrusche (= HN 92-94). Enumera i nuovi ritrovamenti effettuati a partire dal 1978 sia in Gallia che in Spagna, indica in questa moneta la valuta, con le speci rinvenute ad Auriol, del commercio intrattenuto tra l’Etruria, la Francia Meridionale e la Spagna tra l’ultimo terzo del

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VI secolo ed i primi del V secolo a.C. Verosimilmente sono prodotte in Etruria, forse, ma l’affermazione non é di univoca interpretazione, da membri della diaspora focea installatisi a Populonia, che mano mano venivano assorbiti dal tessuto locale.

33. Ripollès, P.P., e M. del M. Llorens. 2002. Arse-Sagvnto. Historia monetaria de la cuidad y su territorio . Sagunto. Nel ricco volume dedicato alla monettazione della zecca Arse-Saguntum, a p.323 viene illustrata una moneta “Pegaso a d./quadrato incuso” (= HN 93) ritrovata a Sagunto.

34. Parente, A.R. (1999) [2002]. “Il nucleo di monete magnogreche e italiche conservate presso il Museo di Parma: la collezione del marchese Carlo Strozzi”. Archeologia dell’Emila- Romagna 3: 57-68. Tracciando le vicende che portarono nel 1839 all’acquisizione della collezione, o meglio di una delle collezioni, del marchese Carlo Strozzi, la Parente ricorda che entrarono a far parte delle raccolte anche monete etrusche, provenienti da territorio toscano, molte delle quali rare od inedite, a detta del marchese stesso.

I LAVORI NUMISMATICI NEL “WEB”

Per quanto riguarda la monetazione etrusca le pagine offerte dai siti presenti nel web sono relativamente scarse, a fronte di 80.400 risultati identificati da “Google” per la ricerca “Etruscans”. quelli ottenuti con l’interrogazione “ Etruscan coin” sono ridotti a soli 14, con “Etruscan coins”, sono stati ottenuti 59 risultati e con “ Etruscan coinage”, solo 12, con un’evidente quanto drastica riduzione rispetto all’interrogazione generica di “Etruscans”. Degli 85 risultati così trovati, molti di essi, circa il 65%, si riferiscono allo stesso sito oppure alla stessa pagina, ovvero a riferimenti nell’ambito di guide di musei o di operatori turistici: risulta quindi evidente come le pagine utili per scopi scientifici siano veramente limitate. In considerazione dell’esiguità dei siti raggiunti, ho scelto di presentarli, rare eccezioni prese, prescindendo dalla loro livello scientifico, non sempre di facile verificabilità ed al riguardo non sono stati altresì considerati i siti enciclopedici e quelli che propongono informazioni a pagamento. Molte pagine web inoltre non recano alcuna indicazioni utile al fine di determinare il momento della loro stesura, rendendo pressoché impossibile determinare filtri di tipo cronologico. Infine i siti ancora esistenti al 28.9.2006 sono stati segnalati da un *

35. Ancient Coinage of Etruria* www.wildwinds.com/coins/greece/etruria/i.htm Nell’ambito di un sito dedicato all’intera monetazione dell’età antica ed alla raccolta di links disparati, una pagina, impostata come tabella, presenta le fotografie di quattro monete etrusche ed i links alle immagini di altre pagine ( Infra , 38 e 39) ed al sito di palazzo Grassi, con esemplari utilizzati per la mostra sugli Etruschi. Un breve commento tratto dal sito della ditta Classical Numismatic Group (www.historicalcoins.com), per altro al momento della mia

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ricognizione non più in uso perché cambiato, accompagna le illustrazioni proposte. Inoltre, interrogando con il motore di ricerca interno al sito, si reperisce una pagina con un breve commento inerente le monete enee delle zecche di Populonia e di Cosa, con informazioni sempre derivate dal sito poc’anzi citato (www.historicalcoins.com).

37. Le antiche monete pisane http://foreingnaffairs.tripod.com/armillotta/pisa01_scnm.html Nel sito di Giovanni Armillotta è presentato, tra le altre informazioni, un articolo scritto dall’intestatario della pagina web dedicato alla monete della zecca di Pisa d’epoca medievale e moderna, nel quale un paio di righe sono dedicate all’emissioni etrusca con il tipo della “seppia:” difficile individuare a quale emissione appartenga, forse al tipo “calamaro che esce da anfora”(?) ( HN 104-106).

38. The Celator* www.geocities.com/Athens/9854/PagePop.html La forma elettronica della rivista The Celator presenta due pagine dedicate alla monetazione etrusca: la prima illustra una moneta della zecca di Populonia della serie con la “Gorgone simbolo di valore XX/rovescio liscio” (= HN 152) e la seconda, un sestante di Volterra, della serie “clava” (= HN 109f). Le due immagini sono corredate da brevi spiegazioni.

39. The Etruscan* www.agmen.com/etruscans/index.htm» ora «http://www.larth.it/index.htm Il sito, dedicato agli etruschi, è sistematicamente presente in tutti i motori di ricerca e nei links ed offre una sezione dedicata ad museo etrusco virtuale: all’interno è stata collocata una sola immagine, la riproduzione di una moneta d’argeto della zecca di Populonia ( HN 169) alla quale si accompagna un breve commento che data l’introduzione della moneta in Etruria alla metà del V secolo a.C. a Populonia e l’inizione delle emissioni in bronzo verso la fine del IV secolo a.C.

40. Etruscan coins & language* http://dellelce.com/coins/etruria Curato da Antonio Dell’Elce di Frisa, il sito è dedicato alle emissioni monetali ed alla lingua etrusca. Al momento della visita, per quanto concerne le illustrazioni, presenta la fotografia di uno degli esemplari ritrovati al Romito di Pozzuolo con il tipo “ippocampo” (= HN 98) ed una tavola del volume De etruria regali (1616/1619) con monete di bronzo delle zecche di Populonia, di Vetulonia, della Val di Chiana e della serie incusa.

41. Garaguso (MT) www.regione.basilicata.it/Regione_informa/cultura/percorsi_arte/garaguso La scheda di Salvatore Sebaste ricorda, nella pagina dedicata al paese di Garaguso collocato all’interno del sito della regione Basilicata, come nel territorio comunale fossero state ritrovate monete etrusche. La notizia non appare però degna di fede: infatti la tesi di laurea M. Blasi, dal titolo Garaguso: archeologia e storia di un insediamento indigeno ,

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sempre presentata dal medesimo sito della regione Basilicata (www.regione.basilicata.it/ Regione_informa/tesi_laurea/SCHEDA.CFM?VALORE=8), descrive le monete come coniate nelle zecche che l’autore definisce come “città coloniali della costa jonica”, informazione che mi pare più attendibile.

42. Geschichte und Kultur der Etrusker* www.hausarbeiten.de/rd/archiv/geschichte/gesch-text214.shtml All’interno di un sito tedesco (Hausarbeiten.de) che raccoglie saggi delle scuole superiori in lingua tedesca, compare il saggio di W.Stangl sulla cultura etrusca, nel quale l’autore propone un breve cenno alla moneta come strumento economico.

43. lavori alunni scuola media. Etruschi. La moneta www.provincia.brescia.it/hosting/smsvobar/Medie/Lavori/etruschi/moneta.htm Il sito presenta l’attività delle scuole dell’obbligo scolare italiano del comprensorio Roé-Vorbano (BS). La scuola ha investito molto per la preparazione anche informatica degli allievi e così le esercitazioni degli scolari sono state messe in rete. Una parte dell’attività didattica del 2000-2001 ha riguardato l’approfondimento della cultura etrusca, monetazione compresa. Le notizie riportate sono ovviamente elementari, e potrebbe sembrare ridondante citarle in questo ambito, ma, da un lato, é sorprendente la capacità di sintesi dimostrata dai giovani alunni, e, dall’altro rappresenta, assieme al n. 41, una categoria di siti altrimenti non censita in questa panoramica.

44. Lucca e le sue terre. Romito di Pozzuolo www.cribecu.sns.it/lucca/ITA/ARC/ARC_20041/stor.html La scheda, dedicata alla località Romito di Pozzuolo nel sito ufficiale della Provincia di Lucca, riassume con rigore scientifico le informazioni relative al sito etrusco dove venne ritrovato un ripostiglio con otto monete etrusche delle quali una parte con il tipo “cigno retrospicente” sino ad allora inedite. Dell’emissione monetale in questione viene presentata un’immagine (= HN 102-103).

45. Magna Grecia Coins: Populonia Coins (550-200 a.C.) www.bio.vu.nl/home/vwielink/WWW_MGC/Etruria_map/Populonia.html Il sito, ricco di immagini e di informazioni sulle emissioni dell’area della Magna Grecia, presenta un elenco delle diverse tipologie monetali attribuite alla zecca di Populonia, corredato da una sintetica descrizione ed il peso degli esemplari. Due osservazioni sono necessarie: innanzi tutto l’attribuzione a Populonia della moneta con il tipo “Gorgone/Ruota” (= HN 206), che la critica numismatica non ritiene essere stata coniata dalla zecca e la datazione impiegata nei commenti che continua a non tener conto delle rilevanze di Prestino, facendo riferimento ad uno studio del Crawford del 1985.

46. Moneta etrusca con ippocampo: Bora dei Frati www.bdp.it/100prodotti/prodotti/E2579/museo/monetaip.htm In una pagina chiusa in se stessa, ed apparentemente attualmente non legata ad un

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sito di più ampie dimensioni, viene presentata la fotografia di uno degli esemplari ritrovato a Bora dei Frati con il tipo ippocampo (= HN 99).

47. L’obolo: comunità virtuale numismatica & cultura http://members.xoom.virgilio.it/_XOOM/OBOLO L’associazione “virtuale”, che ha come logo proprio la moneta d’oro con il simbolo di valore 50 ed il tipo «protome di leone», offre ai propri consultatori quattro articoli, non originali, sulla monetazione etrusca, di diverso valore scientifico. Il primo, senza indicazione dell’autore, dal titolo L’Etruria e le sue monete (http://members. xoom.virgilio.it/_xoom/obolo/l’etruria.htm), é breve, ma piuttosto curato e riassume le posizioni assunte nel tempo da Franco Panvini Rosati ed é accompagnato da una cartina dell’Etruria costiera e dalla fotografia, di un solo lato, di una moneta della serie “ruota”. Il secondo, La zecca di Populonia , a firma di R.Melillo, un dilettante che ripropone in internet le proprie idee sulla zecca di Populonia, che recentemente hanno avuto anche una versione a stampa nei quaderni della società Numismatica “Mario Rasile” di Formia ed un terzo articolo, Le monete etrusche: alcune note , di F.Panvini Rosati. Quest’ultimo testo ripreso propone alcuni importanti spunti di riflessione quali la datazione della serie “gorgone con X”, collocata dall’autore alla prima metà del V secolo a.C.; la nascita della moneta etrusca per esigenze economiche e non per iniziativa dei ceti aristocratici, ed infine alcune osservazioni sulla serie monetale con “calamaro che esce dall’anfora” (= HN 104-106). Infine l’esposizione é accompagnata dal quarto intervento critico, ovvero le note relative a Prestino. Gli scavi di via Isonzo , a firma di R. De Marinis. Nell’intervento viene ribadito come la moneta etrusca dagli scavi di Prestino provenga da uno strato che contiene esclusivamente materiali del G. III A. L’associazione “L’obolo”, con la diversità degli approcci proposti, notevole ad esempio è stato porre a disposizione dell’utente sia le ipotesi formulate dal Panvini Rosati che dal Catalli che, come vedremo meglio oltre, divergono tra loro, così come la convivenza di lavori firmati da studiosi istituzionali accanto a quelli dei semplici appassionati del settore, rappresenta in maniera esemplare il genere di offerta proposta da internet, sia nel bene che nel male ed il fascino che pervade il mondo elettronico.

48. Storia odontoiatria http://spazio.wind.libero.it/storia_odontoiatria/Foto_Popoli_antichi/etruschi/Foto003 5.htm In un sito dedicato alla storia della odontoiatria viene riprodotto il disegno del rovescio, piuttosto sintetico nella forma grafica, di quella che dovrebbe essere un triente della zecca di Populonia, con il tipo “testa di Vulcano/ strumenti”. La tenaglia che compare sulla moneta viene interpretata dagli autori della pagina web come una “pinza odontotecnica”.

49. Valdelsa - Storia degli studi* http://medievalarchaeology.unisi.it/Newpages/CARTOGRAFIA/ELSA/ststudi.html Il dipartimento di Archeologia Medievale dell’Università di Siena, attraverso il proprio sito denominato “Portale di Archeologia Medievale”, ha posto in linea, tra l’altro, la

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“Carta Archeologica della Provincia di Siena:” da questa, nella sezione relativa alla Valdelsa, é tratto l’articolo di M. Valenti, relativo alla storia degli studi archeologici sull’area. Per quanto concerne la monetazione etrusca si ricorda come il Mattone Vezzi, sacerdote operante nella zona negli anni ‘20 del secolo scorso, figura di spicco dell’erudizione locale, avesse contestato i luoghi di provenienza attribuiti alle monete etrusche e romane della collezione del canonico Cateni.

50. Fondazioni Bruschi* http://www.fondazionebruschi.it Nel sito della Fondazione bruschi, che gestisce la casa museo che fu Ivan Bruschi, vengono presnetate anche le sei monete etrsche di propietà del collezinista: una didracma di Populonia X, 1 bronzo di Vetulonia, 2 bronzi con testa nego ed elefante, 1 oncia della serie “ruota/ascia bipenne” ed una “ruota/ancora”.

L’ANALISI DEGLI ELEMENTI CHE EMERGONO DAL - L’INDAGINE BIBLIOGRAFICA

In questi cinque anni sono state pubblicate una selezione delle monete della raccolta della Banca Monte dei Paschi di Siena (n. 26), la collezione Bonci Casuccini (nn. 23-24) e la Sylloge Nummorum Graecorum dell’Herzog Anton Ulrich-Museum (n. 6), della Biblioteca Marciana di Venezia (n. 50), raccolte che contengono monete etrusche; inoltre due studi, del Pantuliano (n. 27) e della Parente (n. 34), illustrando le vicende che portarono alla formazione della collezione Borgia ed al suo ingresso nel Museo Archeologico di Napoli, la prima, e la storia dell’acquisto da parte del Museo Regio di Parma di monete della collezioni di Carlo Strozzi, la seconda, ricordano come delle monete etrusche siano entrate a far parte del patrimonio numismatico delle due istituzioni museali. Attenzione viene dedicata anche alla formazione della collezione Bonci Casuccini (nn. 20-21) e, sempre per rimanere nell’ambito delle raccolte, si deve ricordare l’intervento del Visonà che presenta un’interessante moneta conservata nei Civici Musei di Brescia (n. 19). Il Camporeale, nell’ambito di un manuale di etruscologia, ha proposto brevi accenni alle emissioni etrusche, che sono ricordate quando l’autore affronta la storia delle città che coniarono moneta (n. 14), così come la voce “ Etruschi ” si trova nel “Lessico di Numismatica Antica” a cura di P. Kos (n. 3). Inoltre, in questi ultimi cinque anni, sono stati proposti tre aggiornamenti a cataloghi già esistenti: due al lavoro dello Häberlin (n. 8 e n. 29) ed uno a quello del Catalli (n. 9), contributi tutti relativi quindi a serie monetali fuse, che sono state al centro dell’ attenzione anche di una breve riflessione da parte del Crawford (n. 31). Due le novità salienti apportate dagli studi citati, oltre all’incremento del numero di località note che restituiscono monetazione etrusca: la maggior forza di penetrazione degli esemplari volterrani nei territori di altre città rispetto a quanto ritenuto in precedenza (n. 9) e la possibilità che le serie fuse debbano essere diversamente partite al loro interno per quanto riguarda il loro andamento ponderale, fenomeno dimostrato per la cosiddetta “serie ovale”

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(n. 8), che si é giunti ad attribuire alla zecca di Volsinii (n. 8 e n. 31), ma l’elemento di una diversa lettura del senso ponderale potrebbe essere presente anche in alcuni gruppi serie della “ruota”. La rilettura delle memorie a stampa e dei manoscritti conservati negli archivi (n. 1 e n. 11), la verifica dei materiali presentati nelle passate pubblicazioni (n. 1, n. 5, n. 21), unitamente alla raccolta topografica dei ritrovamenti – anche se per ora trattati parzialmente, per tipologia di contesti (n. 13) o per produzioni monetali (n. 8, n. 9, n. 29 e n. 31) – hanno fornito preziosi elementi per la comprensione del fenomeno monetale etrusco nel suo insieme, sebbene gli elementi raccolti, o riletti e riconsiderati, sono spesso privi di contesti precisi, senza quindi un reale significato critico ai fini della discussione riguardante uno degli aspetti più controversi della monetazione etrusca, ovvero la cronologia delle serie monetali. Ed al riguardo, anche i risultati provenienti dagli scavi del teatro di Volterra (n. 17) non apportano nuovi elementi per la datazione. Da questo specifico punto di vista per gli studi sulla monetazione etrusca, lo scavo di Ponte Gini III (n. 4) riveste un’importanza quasi pari a quella della didracma proveniente dagli scavi di Prestino: dal sito, infatti, non solo provengono due esemplari che aggiungono due nuove tipologie al novero delle serie monetali etrusche note, ma la stratigrafia rilevata ha contribuito in maniera determinante a stravolgere il quadro cronologico che era stato delineato per la monetazione etrusca, in larga parte fondato, da un lato, sull’indagine ponderale, che collegava le emissioni etrusche a quelle romane, e, dall’altro, sulla complessa vicenda del ritrovamento del ripostiglio di Populonia, loc. Porcareccia 1939, che aveva avuto la propria codificazione, anche se non tutti gli studiosi erano concordi, in uno studio sulla monetazione italica dell’epoca romana del Crawford. Secondo questa teoria, che troviamo ben esemplificata nel sito internet (n. 42), le emissioni “Gorgone segno di valore’ erano da inquadrarsi nelle produzioni del periodo della seconda guerra punica, certamente dopo la nascita del denario della zecca di Roma, da collocarsi “nel o poco prima del 211 a.C”. Al contrario, due monete dell’emissione “Gorgone con segno di valore XX” sono presenti a Ponte Gini III, sito che viene abbandonato al più tardi nel terzo quarto del III secolo a.C.; sebbene uno dei due esemplari, associato con una didracma romano-campana databile al 260-270 a.C., poco circolata, si deve tener conto, ai fini delle deduzioni cronologiche, che esso proviene da uno strato di livellamento archeologicamente perciò meno significativo. Entrambe le monete della zecca di Populonia sono, tra le altre considerazioni, estremamente consunte e difficilmente non erano più in circolazione già da tempo quando furono perse o nascoste nel sito. Il Crawford in HN , propone per le serie «Gorgone simbolo di valore XX» una cronologia al 300-250 a.C., quest’ultima data di chiusura più attendibile del sito di Ponte Gini III, ma é evidente che quest’ultima indicazione cronologica non può assolutamente coincidere con quella della fine della produzione delle monete ritrovate, che può essere terminata prima ovvero essersi prolungata nel tempo, vanificando l’ipotesi proposta. Alla luce di questa considerazione, la tradizionale datazione adottata dalla “scuola italiana” al 282 a.C. circa per simili emissioni, trova nuovo sostegno, così come nuova credibilità, e non frutto di un’indagine “tendenziosa”, ottiene la rilettura dei termini archeologici del ritrovamento di Populonia, loc. Porcareccia 1939, effettuata dal Catalli. L’autore ricordava

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come, essendo stato trovato, assieme alle monete al suo interno, il recipiente, definito dalle relazioni dell’epoca come “vaso comune”, a contatto con il suolo vergine, cioè quello non convolto da attività antropica, difficilmente il ripostiglio poteva essere stato nascosto prima della riconversione a deposito di scorie ferrose dell’area, avvenuuto verso il 280 a.C. In considerazione del fatto che la teoria espressa dal Crawford nello studio sopra citato porta alle estreme conseguenze logiche un’analisi numismatica che concatena tra loro le produzioni monetali dell’intera penisola italiana, definita per la prima volta nella sua interezza a partire dal lontano 1957 con gli studi di Rudi Thomsen, è importante chiedersi quali conseguenze abbia per tutto il quadro della monetazione della penisola italica delineato il ritrovamento di Ponte Gini III, che pone in maniera incontrovertibile, quale termine ante quem per la produzione dell’emissione della zecca di Populonia con il tipo “Gorgone e il simbolo di valore XX”, al più tardi il 225 a.C. Una serie di studi, infine, offrono una panoramica generale sulla monetazione etrusca: due sintetici e divulgativi pubblicati nello stesso anno, ad opera di studiosi italiani, il Catalli (n. 15) ed il Panvini Rosati (n. 18), e due, l’uno dedicato alla comparsa delle emissioni bronzee, a firma della Balbi de Caro (n. 24) ed il secondo, che é di gran lunga il più complesso ed utile, fornendo, ra le altre cose, un prezioso e fondamentale strumento tipologico (n. 28 = HN ), l’anno successivo. A questo gruppo di studi “di riflessione” sulla monetazione etrusca, possiamo anche aggiungere quello dello Specht (n. 7), che analizza una serie monetale di particolare interesse, quella con il tipo «testa di leone» (= HN 127-130), inserendola in un diverso panorama storico. I problemi che emergono da tali contributi, eccezion fatta in parte per quello della Balbi de Caro (n. 24), che analizza le prime emissioni enee nelle diverse strutture e nella loro diversa ampiezza, sono simili: ( a) le prime emissioni etrusche; ( b) la datazione delle serie di Populonia «Gorgone e simbolo di valore X» che, considerando Ponte Gini III (n. 4) ed i risultati ai quali giunge l’Ambrosini (n. 8) riguardo alle rilevanze pondometriche, potremmo ampliare a tutta la monetazione etrusca; ( c) la fisionomia della città di Pisa quale probabile sede di una zecca; ( d) l’attribuzione all’Etruria di alcune serie in precedenza attribuite ad altre regioni (n. 8 e n. 31); ( e) infine, chiaramente espresso in Specht (n. 7), in Catalli (n. 15) ed in Panvini Rosati (n. 18) e, limitatamente per le emissioni in bronzo, in Balbi de Caro (n. 24), ma ovviamente sottinteso anche in HN e valutato nelle conclusioni della Bergamini (n. 22), si pone il problema del reale lo scopo, del vero significato e dell’effetiva portata produttiva della monetazione etrusca.

(a) La questione relativa al momento nel quale inziarono le prime emissioni etrusche ed in quale ambito prende l’avvio, nei termini della discussione attuale dal contributo del Martelli che, nel 1985, attribuì all’Etruria, ed in particolar modo alla zecca di Populonia, alcune delle serie monetali che provenivano dal ripostiglio rinvenuto a Volterra nel 1868 ( IGCH 1875) e che fino ad allora era stato considerato composto genericamente da monete definite di “tipo Auriol”. Senza entrare nel merito delle discussioni al riguardo che si sono succedute dal 1985 ad oggi, riassunte anche dal Chevillon (n. 2) ed in HN (p.29), le posizioni critiche principali sono ridotte a sole due: da un lato, gli studiosi (Chevillon n. 2, n. 10 e n. 16; Catalli n. 14 e Kos n. 3 ed infine Ripollès e Forcada n. 33) che ritengono che la città di Populonia fosse al centro di una vasta rete di commerci che la spinse a coniare una moneta, strumento economiche

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che ben si inseriva nel più ampio circuito foceo, realtà della quale la città etrusca era parte integrante e, dall’altro, coloro i quali, come il Panvini Rosati (n. 18) opure il Crawford (n. 28), al contrario, ritiengono che il fenomeno della produzione monetale di Popolonia vada spiegato nel flusso dei commerci mediterranei e dell’importazione di moneta dall’esterno dell’Etruria. Una posizione di mediazione tra le due parti é quella assunta di recente dal Furwängler, che pare suggerire una produzione organizzata da Focei ma partendo dall’Etruria (n. 32). Gli elementi certi sui quali basare la discussione sono esigui e le stesse notizie di ritrovamenti di nuove tipologie riportate dal Chevillon, benché prive del contesto archeologico sono tutte relative all’area della Provenza, potrebbero, contrariamente all’impiego che ne fanno il Chevillon stesso ed il Catalli, rafforzare l’ipotesi che le serie monetali in questione non siano che solo in minima parte afferenti alle emissioni di area etrusca. Resta ovviamente anche aperta la questione della zecca di produzione, la quale, non potendo accogliere in toto le suggestioni proposte dal Martelli, non può essere che indicata come “incerta”.

(b) Per lungo tempo la discussione relativa alla datazione delle emissioni di Populonia con il tipo “Gorgone simbolo di valore X/rovescio liscio” si era basata su considerazioni di ordine generale, pondometrico oppure di ricostruzione storica, mancando elementi archeologici certi. Finalmente negli scavi condotti a Prestino (CO) negli anni 1981-1982 venne alla luce, in uno strato che conteneva solo materiale di Golasecca IIIA, che pure ha avuto ed ha attualmente difficoltà ad essere accettato, una didracma di Populonia con il tipo “Gorgone”. Negli studi più recenti le informazioni provenienti dallo scavo di Prestino, via Isonzo, sono state accolte: il Panvini Rosati (n. 18) data la serie monetale alla metà del V secolo a.C.; il Catalli (n. 15) ricorda che l’ambito cronologico di Prestino é chiaramente circoscritto al terzo quarto del V secolo a.C.; al contrario Crawford, in HN propone, benché in modo alquanto incerto, una cronologia compresa tra il 425 a.C. ed il 400 a.C. Lo scavo di Prestino, però, indica che il 425 a.C. circa deve essere inteso come terminus ante quem per la perdita/nascondimento della moneta in questione: quindi il periodo di coniazione sarà da ricercare prima di tale limite cronologico, considerando anche che dobbiamo postulare un lasso temporale congruo per l’arrivo della didracma nell’ area comasca: la datazione tra il 425 ed il 400 a.C. proposta in HN , che al contrario posticipa la coniazione rispetto alla perdita/nascondimento dell’esemplare lascia perplessi. Sono nuovamente valutazioni di ordine storico che suggeriscono però di inquadrare la produzione della serie monetale alla metà circa del V secolo a.C.: le vicissitudini della città di Populonia e le sue condizioni economiche invitano alla prudenza nel proporre una data di troppo anteriore alla metà del V secolo a.C. Al pari dello scavo di Prestino, nuovamente si nota una cattiva lettura delle informazioni archeologiche provenienti da Ponte Gini III, scavo non presente nelle considerazioni del Catalli (n. 15) e del Panvini Rosati (n. 18) ed in misura marginale HN , ma di fondamentale importanza, al pari se non maggiore dello stesso Prestino, per gli elementi apportati alla discussione cronologica (cfr. supra ). (c) in HN non sono attribuite alla zecca di Pisa che poche serie monetali, per l’esattezza nn.104-106 con «anfora e polpo», sospese dubitativamente tra Pisae e Luca, mentre il Vecchi

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(n. 12) attribuisce le serie con “ippocampo” e “cigno” (= HN 98-103) a Vetulonia(?); al contrario, il Ciampoltrini (n. 4), ritiene ricca la produzione monetale della città di Pisae, attribuendole le emissioni HN 95-102 ed HN 193. I maggiori elementi di disaccordo sono dovuti alla diversa considerazione che gli autori attribuiscono alla disposizione geografica dei siti che di recente hanno restituito alcune delle specie monetali discusse: il Ciampoltrini, tenendo conto anche dell’analisi proposta dal Bruni al riguardo, tende ad ritenere molto importante l’elemento che le località citate si trovano nell’area degli interessi pisani o, comunque, lungo vie lungo le quali si muovevano i prodotti commerciali della città, mentre in HN si considera la loro posizione geografica assoluta, ovvero sia il fatto che i siti si trovano nell’attuale provincia di Lucca.

(d) Per quanto riguarda le serie monetali da attribuire all’Etruria, un primo gruppo di emissioni di “incerta attribuzione” si inseriscono nella più ampia discussione riguardo alle prime coniazioni dell’area, già analizzate nel punto ( a), mentre un secondo é focalizzato su una serie ritrovata nel Romito di Pozzuolo ( HN 102-103) per la quale il Catalli (n. 15) avanza l’ipotesi che si tratti di un’emissione di area macedone, posizione critica non condivisa, credo a ragione, dal Crawford, che al contrario la colloca in Etruria, attribuendola alla zecca di Pisae oppure di Luca, mentre il Vecchi (n. 12) sembra propendere per quella di Vetulonia(?). Per quanto riguarda il terzo gruppo, infine, le serie “ovali”, l’Ambrosini (n. 8), da un lato ed il Crawford (n. 31), dall’altro, sono giunti ad attribuirla alla zecca di Volsinii, offrendo un quadro geografico entro il quale inserire l’emissione in precedenza “sospesa”.

(e) Tutti gli studiosi sono concordi nel non considerare la monetazione etrusca come il frutto di un progetto unico, armonico, tra le diverse città etrusche, ma che si tratti di una produzione frantumata in numerose frazioni, autonome tra loro se non addirittura in concorrenza, parcellizazione produttiva che aumenta quando si prendono in considerazioni le emissioni delle sole monete d’argento oppure delle sole monete di bronzo, in specie fuse, per le quali la Balbi de Caro (n. 24) traccia, con argomentazioni convincenti, le vicende di un’evoluzione del tutto autonoma dalla moneta argentea. Il Catalli (n. 15) ed il Panvini Rosati (n. 18) esprimono un giudizio simile apertamente: il Panvini Rosati parla addirittura con insistenza di “monetazioni etrusche”, mentre il Crawford (n. 28) sottointende il fenomeno con la complessa articolazione geografica in cui articola le zecche e le emissioni. Ma la visione concorde si interrompe subito: il Panvini Rosati intende le monete solo loro significato di strumenti commerciali, prodotte anche, se non proprio esclusivamente, per i rapporti con l’estero, in specie con il bacino della Sicilia; al contrario il Catalli ritiene che la moneta nasca all’interno dell’aristocrazia etrusca, anche come manifestazione di prestigio, e che solo in un secondo tempo si trasformi in duttile strumento per il commercio cittadino. Dalla diversità dell’impianto ideologico che si suppone alla base della produzione monetale etrusca, nascono le difformità nella ricostruzione del quadro storico entro il quale prese l’avvio la moneta etrusca e le diverse tappe cronologiche dei due autori, ad esempio il Catalli che colloca la serie “testa di leone” ( HN 127-130) alla metà del V secolo a.C., tra la fine del V secolo a.C. ed i primi del IV secolo a.C., il Panvini Rosati. Un’altra ipotesi, sempre generata da una diversa visione dell’utilizzo della moneta,

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é quella proposta dalla Stecht (n. 7), la quale ritiene che la moneta cominci ad essere prodotta nelle diverse poleis soprattutto in relazione ad accadimenti bellici, datando al 296 a.C. circa la serie aurea “testa di leone” ( HN 127-130), in quanto a suo dire impiegata dalle città etrusche per pagare i mercenari Galli in marcia verso Roma. Un evidente limite di una simile ipotesi si trova proprio nell’isolamento politico, anche al loro interno, che caratterizzò le città etrusche: difficilmente nel periodo identificato dalla studiosa possono aver trovato motivi atti a far sorgere una sorta di “lega” per produrre unitamente un’emissione aurea. Fatta salva una più puntuale dimostrazione dell’effettivo arruolamento dei Galli da parte degli Etruschi, e dell’identificazione, di conseguenza, del momento nel quale venne prodotta la famosa serie aurea, non sembra verosimile, alle conoscenze attuali, ritenere che gli Etruschi abbiano avuto l’effettiva capacità politica di consociarsi: se dobbiamo accettare il quadro storico tracciato, meglio pensare ad una produzione voluta da una sola città, Populonia, ad esempio.

CONCLUSIONI

Se pur nobilitati dalla pubblicazione dell’ HN , il numero degli interventi critici dedicati alla numismatica etrusca, oppure a settori d’essa, nell’arco degli ultimi cinque anni é decisamente esiguo, così come praticamente inesistente é lo spazio dedicato alla moneta etrusca in internet, priva, quest’ultima, di un impiego scientifico critico ed innovativo. Sia l’osservazione poi del manuale di etruscologia del Camporeale (n. 4), censito quale paradigma di altri volumi analoghi negli scopi, sia la constatazione dello scarso rilievo dedicato alla moneta nella più recente mostra sugli Etruschi (n. 15), se comparati con la vivacità e la ricchezza di contributi che nello stesso periodo sono stati dedicati all’Etruria nel suo insieme, mi pare si debba dedurre che ad essere in difficoltà non é l’interesse per la civiltà etrusca in quanto tale, quanto piuttosto proprio l’ambito di studi numismatico. Si tratta di una crisi della numismatica etrusca, campo di indagine nel quale le infinite discussioni cronologiche sono sempre state accanite e sino ad oggi, ovvero sia senza gli elementi provenienti da Prestino e da Ponte Gini III, relativamente sterili di risultati apprezzabili per gli archeologi, che sono in grado di ricevere da altre classi di materiali elementi cronologici ben più certi. Lo stesso quadro risulta pernicioso anche per gli storici, i quali possono essere indotti a tracciare quadri di sintesi errati accogliendo i risultati di questa o quella scuola di pensiero. Non è possibile comunque non pensare anche ad una difficoltà oggettiva della numismatica in quanto tale e credo si tratti di un affanno che investe tutto questo settore degli studi. Molte indagini sul mondo antico trovano finanziamenti quasi esclusivamente se finalizzati a mostre e/o esposizioni museali e, da questo punto di vista, le monete sono particolarmente poco invitanti: di piccole dimensioni, difficili da mostrare e molte volte, soprattutto quelle provenienti da scavi, sono consunte dall’uso oppure corrose dalla permanenza nel suolo e quindi illeggibili per l’occhio inesperto del visitatore. Inoltre, da parte dei numismatici, dobbiamo rilevare di non essere sempre in grado di trattare in modo corretto la moneta proveniente da scavo, reperto che in genere viene estrapolato dal contesto generale ed indagato per conto proprio, in modo diverso dagli altri rinvenimenti. Simile

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atteggiamento é tanto più errato quanto più si considerano le importanti novità apportate alla scienza numismatica ed alla corretta ricostruzione della storia passata, fine al quale credo tendiamo tutti, dagli studi nati in collaborazione tra il numismatico e l’archeologo, con la corretta valutazione degli elementi stratigrafici della moneta, considerata, dal punto di vista metodologico, al pari degli altri reperti. Esemplari i ricordati casi di Ponte Gini III e di Prestino, indagini che, per altro, non sono state condotte in primo momento da numismatici. Il malessere è diffuso e penso nasca, non solo per la monetazione etrusca, da questo fraintendimento circa la natura “archeologica” della moneta, per troppo tempo intesa come avulsa dal proprio contesto, anche storico, fenomeno che ha creato tanti fraintendimenti ed una sorta di corto circuito tra le rilevanze numismatiche e quelle provenienti da altri settori di indagine del mondo antico, fenomeno per il quale proprio l’esperienza degli studi sulla monetazione etrusca è esemplari. Guardando infine al mondo di internet, ovvero sfogliando una qualsiasi rivista di aggiornamento librario, appare evidente come proprio lo studio della monetazione etrusca sia un settore particolarmente penalizzato della scienza numismatica. D’altra parte i temi dibattuti attualmente sono gli stessi da circa vent’anni e sono state necessarie nuove scoperte archeologiche, per altro in alcuni casi mal interpretate dai diversi studiosi, per apportare nuovi elementi ed uscire dall’impasse dello scontro sterile tra diverse “scuole” di pensiero. Anche da una raccolta sistematica ed ampia dei materiali possono essere tratti nuovi elementi critici in grado di contribuire a definire dei punti fermi utili anche per gli archeologi: é l’esigenza alla quale speriamo di rispondere con la raccolta di materiale che stiamo conducendo, assieme a Fiorenzo Catalli ed Italo Vecchi, con un censimento che non sarà esaustivo – come ho già detto non è certo possibile ne pensabile di raccogliere tutti gli esemplari potenzialmente disponibili –, ma ritengo possa essere più ampio e sistematico di quelli sin qui pubblicati.

ADDENDA

51. Asolati, M. 1997. “Collezione San Giovanni di Verdara”. In Lo statuario pubblico della Serenissima. Due secoli di collezionismo di antichità (1596-1797) . A cura di I.Favaretto e G.L.Ravagnan. Venezia Biblioteca Marciana (6 settembre-2 novembre 1997). Venezia. Asoliati presenta le monete provenienti dalla collezione di San Giovanni di Verdara, entrata nella collezione della Biblioteca Marciana nel 1783 e nella quale erano confluite, tra le altre, quelle di Marco Mantova Benavides. Una di esse, cat.n.197, é un sestante di Volterra (n.197 = HN 108f).

52. Vanni, F.M. 2002. La collezione numismatica dell’Accademia Petrarca di Lettere, Arti e Scienze di Arezzo . Accademia Petrarca di Lettere, Arti e Scienze di Arezzo. Arezzo. Nella collezione dell’Accademia Petrarca di Lettere, Arti e Scienze di Arezo é conservata un’oncia (n.4, p.13 = HN 66) della serie «ruota/ancora» attribuita con certezza da Arrettium.

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