La narrazioneLa giudiziaria equella con alcentro degli individui l’umanità Spedizione in A.P. art. 2 comma 20/C Legge 662/96 filiale di Padova Quali narrativeQuali lescienze per chesioccupano delmale? violenzachecancellaLa ledonne Anno 15 Numero 4

Periodico di informazione ecultura dal CarcereDuePalazzi di Padova luglio-agosto 2013

RistrettiRistretti Una persona chedistruggeUna persona lasuafamiglianonfa calcoli dipena dentro dinoi che sinasconde Il male Orizzonti Orizzonti www.ristretti.org Giornata di studi “Il male che si nasconde dentro di noi” Redazione 1 Il male ci riguarda tutti 2 Il significato e il valore delle narrazioni Miguel Arrieta Guevara, Qamar Aslam Abbas, di Ornella Favero di Adolfo Ceretti, Professore ordinario di Criminologia, Università di Gentian Belegu, Erjon Celaj, Clirim Bitri, Sandro Calderoni, Paolo Cambedda, Alain Canzian, Gianluca Milano-Bicocca, e Coordinatore Scientifico dell’Ufficio per la Mediazione Cappuzzo, Marco Cavallini, Roverto Cobertera, Penale di Milano. Ulderico Galassini, Luigi Guida, Dritanet Iberisha, Bardhyl Ismaili, Pjerin Kola, Davor Kovac, Sofian Madsiss, Enos Malin, Angelo Meneghetti, Andrea Leoni, Fabio Montagnino, Michele Montagnoli, Capitolo primo: Violenza, vendetta, “codice del disonore” Bruno Monzoni, Igor Munteanu, Carmelo Musumeci, Victor Mora, Santo Napoli, Alessandro Pfeifer, Elvin 3 Orgoglio, onore, coraggio di Dritanet Iberisha, Ristretti Orizzonti Pupi, Lorenzo Sciacca, Kleant Sula, Oddone Semolin, 4 La violenza che travolge i nostri famigliari 5 Lejdi Shalari, Flamur Spahija, Klajdi Salla, Mohamed Donne che conoscono il dominio delle mafie Tlili, Bruno Turci, Zambonin Andrea nel momento del nostro arresto di Oddone Semolin, Ristretti Orizzonti dall’interno di Renate Siebert, sociologa, è stata professoressa ordinaria Redazione Giudecca di Sociologia del mutamento Andrea, Cristina, Daniela, Elena, Manuela, Tania, Nicoletta, Venere

Capitolo secondo: La violenza che cancella le donne Direttore responsabile Ornella Favero 16 Una persona che distrugge la sua famiglia non fa calcoli di pena di Ulderico Galassini, Ristretti Orizzonti 17 Violenza fisica, violenza psicologica, violenza economicadi Fanny Marchese, assistente sociale del Soccorso Violenza Sessuale e Domestica della Clinica Mangiagalli Segreteria Redazionale 20 Quella spirale della violenza che comincia sempre da un amore molto romantico di Francesca Archibugi, regista e sceneggiatrice Gabriella Brugliera, Vanna Chiodarelli, Lucia Faggion, Silvia Giralucci

Ufficio stampa e Centro studi Capitolo terzo: È possibile uscire dalla violenza Andrea Andriotto, Elton Kalica, senza infliggere ai violenti la “cura Ludovico”? Francesca Rapanà, Francesco Morelli, Abbonamenti 21 Nessuno si senta fuori dal Paola Marchetti male, nessuno pensi di Servizio abbonamenti  Una copia 3 € non fare il male 27 Ho incontrato in alcune mie esperienze carcerarie Sandro Calderoni  Abbonamento ordinario 30 € di Marina Valcarenghi, psicotera- indifferenza e violenzadi Luigi Guida, Ristretti Orizzonti Sbobinature  Abbonamento sostenitore 50 € peuta e psicoanalista 28 L’ospite inquietante, indesiderato di Mauro Grimoldi, Filippo Filippi, Michele Montagnoli, Bruno Monzoni Versamento sul C.C. postale 67716852 intestato all’Associazione Presidente dell’’Ordine degli Psicologi della Lombardia Fotografie Dritan Iberisha e Mohamed Tlili di volontariato “Granello di Senape Padova”. Via Citolo da Perugia, Realizzazione grafica e Copertina 35 - 35138 Padova Capitolo quarto: Quali narrative Elton Kalica Per abbonarsi online Responsabile per cinema e spettacolo bisogna entrare nel “negozio” online, per le scienze che si occupano del male? Antonella Barone all’indirizzo: http://shop.ristretti.it/ (si ac- Redazione di Ristretti Orizzonti: 31 La narrazione giudiziaria e quella con al centro l’umanità degli Direttore editoriale cede anche dalla home page del sito di Ri- Via Due Palazzi, 35/a - 35136 Padova individui di Bruno Turci, Ristretti Orizzonti Noi siamo attraversati da un fascio di 33 Giovanni Vianello, Associazione di stretti), quindi ci si deve registrare (tramite Sede esterna: Via Citolo da Perugia, volontariato penitenziario “Il Granello di Senape” 32 Una narrazione che non ci inchiodi solo al momento del reato di narrazioni di noi stessi di Alfredo Verde, Professore il pulsante “login”, in alto a destra, e poi se- 35 - 35138 Padova, Sandro Calderoni, Ristretti Orizzonti straordinario di Criminologia presso l’Università di Genova Collaboratori guendo la procedura indicata). Una volta Tel/fax: 049654233, Adriana Bellotti, Angelo Ferrarini, Antonio Floris, effettuata la registrazione, si possono fare e-mail: [email protected], direttore@ Capitolo quinto: Alzi la mano Carlo Lucarelli, Daniele Barosco, Davide Pinardi, abbonamenti e ordinare libri e cd. L’ordine Donatella Erlati, Elisa Nicoletti, Fernanda Grossele, ristretti.it, [email protected] chi ha voglia di fare l’innocente Filippo Filippi, Giovanni Viafora, Giulia, Patrizia, effettuato ci arriva in tempo reale. 36 Un carcere dove ti consigliano Marco Rigamo, Mario Salvati, Paolo Moresco, Tino di trovare un modo per “ammazzare il tempo” C’è bisogno di una Ginestri, Roberto Rampanelli Menotti, Rachid Salem, 38 Germano Vetturini, Cesk Zefi di Clirim Bitri, Ristretti Orizzonti contronarrazione, Spezzare la catena del male 37 La possibilità di una riflessione fatta di tante narrazioni Stampato Tutto quello che in questo libro è raccontato ha che non lascia spazio al vittimismo di Riccardo Iacona, giornalista, lavora Tipografia Veneta - Padova una caratteristica, che lo rende diverso da altri testi di Qamar Abbas, Ristretti Orizzonti all’ideazione e alla realizzazione del Via Elia Dalla Costa, 4/6 - tel. 049.8700757 programma Presadiretta più tecnici, più documentati, più profondi sulla Pubblicazione registrata del Tribunale di Venezia mediazione penale e sulla giustizia riparativa: arriva n° 1315 dell’11 gennaio 1999. Spedizione in A.P. Capitolo sesto: Vittime e carnefici art. 2 comma 20/C. Legge 662/96 Filiale di Padova dal carcere. Perché nel carcere di Padova, nella redazione di Ristretti Orizzonti, si è deciso di affrontare della violenza delle parole La redazione garantisce la massima riservatezza dei un percorso faticoso, che però può portare davvero a 41 L’odio, il rancore, il sentimento di vendetta dati forniti dagli abbonati in conformità con il De- una assunzione di responsabilità: ascoltare le vittime, di Elton Kalica, Ristretti Orizzonti creto Legislativo 30 Giugno 2003, n. 196 (Codice in ascoltarle e basta, in un primo momento non ci 42 materia di protezione dei dati personali) e la pos- Edizioni Ristretti, 2010 Poi un giorno ti guardi allo specchio e capisci che non c’è più sibilità di richiedere gratuitamente la rettifica o la può neppure essere dialogo, ci deve essere quasi un motivo di odiare… di Giovanni Ricci, criminologo e sociologo, cancellazione scrivendo a: Ufficio abbonamenti, Ri- pag. 205, 15 euro monologo, tanto è rara e preziosa l’opportunità di figlio del maresciallo dei carabinieri Domenico Ricci, uomo della scorta stretti Orizzonti via Due Palazzi 35/a, 35136 Padova ascoltare le vittime che hanno accettato dell’onorevole Aldo Moro assassinato nel rapimento del 16 marzo 1978 Per ricevere il libro, è sufficiente fare una don- di entrare in un carcere non per parlare di Progetto “Insieme per la sicurezza sociale” azione di 15 euro sul conto corrente postale odio, ma di sofferenza, 15805302, intestato all’Associazione di Volon- 43 Essere vittime è anche un ergastolo di Silvia Giralucci Realizzato dalla Conferenza Regionale Volonta- della loro sofferenza. E poi faticosamente 46 Tutti mi chiedevano perché non parlavo mai tariato Penitenziario “Granello di Senape”. Op- riato Giustizia del Veneto pure si può prenotare all’e-mail: redazione@ris- può nascere il momento del dialogo, del di mio padre di Suela, figlia di Dritan In copertina, una rielaborazione di, Finanziato dal Comitato di Gestione del Fondo tretti.it al numero di telefono 049.654233 confronto, del cammino fatto insieme per 47 Se un giorno mio figlio potesse incontrare Rissa fra statue e modelli, Speciale Regionale per il Volontariato “spezzare la catena del male”. i figli di qualche terroristadi Giovanni Ricci Carlo Carrà (1928) editoriale editoriale Giornata di studi “Il male che si nasconde dentro di noi”

Il male ci riguarda tutti

Ma quando lo vediamo, lo vediamo sempre incarnato in qualcuno diverso da noi

di Ornella Favero

o parto semplicemente gli studenti, non parliamo preparando questo convegno, leggendo poche righe di tanto del carcere, parliamo di che è stata una fatica enorme, Iuna testimonianza per come si può arrivare “dall’altra a un certo punto ci siamo spiegare che cos’è questo parte”) questo genitore ha trovati a discutere di un titolo, perché noi abbiamo capito esattamente che non tema spinosissimo. Perché scelto il titolo: “Il male che poteva tranquillamente è successo quell’attentato, si nasconde dentro di noi”. considerarsi “altro”. Ecco, quella persona che ha sparato Perché, in quel noi, c’è questa questo è il senso del nostro davanti a Palazzo Chigi a un idea fondamentale che NOI titolo: “Il male che si nasconde Carabiniere, e io ho sentito, siamo tutti, cioè non ci sono dentro di noi”. Questa idea qui dentro, persone dire: “Uno gli “altri da noi”. che dobbiamo tutti avere, in meno”. Così come succede Leggo allora questa breve che “il male” ci riguarda. Che anche l’esatto contrario. Ho riflessione, questa volta non non ci sono i mostri. E questo sentito, di fronte al suicidio di un detenuto o di uno lo dico anche per un tema di un detenuto, qualcuno studente, ma di un genitore. drammaticamente difficile delle forze dell’ordine dire le C’è stato infatti un genitore come quello della violenza stesse, orribili parole: “Uno che, in questo nostro progetto sulle donne. Che abbiamo in meno”. Ecco, questa idea con le scuole, ha deciso voluto trattare anche per che le persone non contano di accompagnare la figlia questo. Perché è troppo facile, per quello che sono ma sono all’incontro con le persone e lo è in particolare per noi simboli, è un’idea terribile, detenute, perché, come donne, questa identificazione che aumenta ancora di più dire?, si sentiva di doverla sempre e solo con le vittime. E la violenza. Noi, io dico noi proteggere. Visto che la questa idea che il male non lo perché siamo un gruppo, la scuola dava questa possibilità vogliamo vedere, e quando lo Redazione, pensiamo che si anche a qualche genitore, lui vediamo lo vediamo sempre debba partire da una forma di ha deciso di venire proprio incarnato in qualcuno diverso disarmo unilaterale, bisogna spinto da questa idea. Ed da noi. Ecco, non è così. avere la forza di abbandonare ecco quello che ci ha scritto Passare dall’altra parte è molto gli alibi. Perché c’è sempre dopo: “Ad un certo punto facile. E questo lo dico proprio un alibi. C’è l’istituzione che dell’incontro mi sono sentito, sul tema dell’informazione: ti tratta male, c’è qualcuno io stesso, il possibile carcerato è molto pericoloso, il lavoro delle forze dell’ordine che ti che poteva parlare con gli che fa una certa informazione, tratta male, c’è un diritto che studenti. Perché la realtà che di allargare quella distanza ti è negato. Son tutte cose ci circonda, a volte, in maniera che c’è tra il carcere e il resto vere. Ma io credo che se non incalcolabile per chiunque, della società. È fasulla questa si parte dal dire “Basta alibi. ci costringe ad avere reazioni distanza, non è cosi. E questo Voglio IO, devo IO per primo violente che, senza volerlo, genitore lo ha capito, che rinunciare a comportamenti ci potrebbero portare al di poteva succedere anche a violenti, devo io fare questo la di quei muri, e dietro le lui. Per una reazione violenta, passo”, se non si parte da un sbarre”. È successo quindi perché la violenza è nascosta disarmo unilaterale non se che, nel nostro percorso, in ognuno di noi. ne esce, non si fanno passi sentendo le storie delle Ma c’è un’ultima avanti verso una società meno persone detenute (perché considerazione che voglio violenta. E questo riguarda noi, quando incontriamo fare, dura, fastidiosa: anche la società dei “buoni”.- Introduzione

Il significato e il valore delle narrazioni

uongiorno a tutti e a tutte. e non del tutto prevedibile. di Adolfo Ceretti, Vedo molti volti noti. Ben La particolarità del nostro incontro Professore ordinario di Britrovati. Quest’anno sono odierno sta nel fatto che l’ascolto Criminologia, Università venuto alcune volte a trovarvi alla riguarda racconti di persone che di Milano-Bicocca, e redazione di Ristretti Orizzonti per hanno incontrato la violenza, per- Coordinatore Scientifico parlare di violenza e preparare ché l’hanno inflitta o perché l’han- dell’Ufficio per la Mediazione questa Giornata. È una gioia essere no subita. A mio giudizio, non è Penale di Milano. Tra le sue qui a fianco di Ornella, l’animatrice poco avere la possibilità di essere pubblicazioni, Cosmologie o, meglio, l’anima dell’eccezionale qui, tutti insieme, per condividere violente e Oltre la paura percorso di pensiero e di pratiche queste forti emozioni. che è la vostra Rivista, e di questo È bene sapere che il metodo nar- convegno annuale. Al centro del rativo considera sostanziale, nella convegno di quest’anno trovere- vita mentale del soggetto, l’inter- scrittura e riscrittura della propria te, per come lo abbiamo condiviso pretazione della realtà descritta biografia. nella sua preparazione, il signifi- attraverso le narrazioni intra e in- Oggi ci appresteremo, tutti in- cato e il valore delle narrazioni. terpersonali delle sue esperienze. sieme, ad ascoltare la scrittura e Con Jerome Bruner condividiamo La narrazione permette di cono- riscrittura di alcune parti significa- l’idea che la narrazione è sempre scere, scrive Gian Luca Barbieri, tive della biografia di alcune per- una pratica conoscitiva che con- in modo più puntuale, non solo sone. sente di fare ordine nella realtà il naturale bisogno di raccontar- Non voglio aggiungere altre pa- simbolica in cui siamo immersi, si e di raccontare ciò che accade, role per aprire questo convegno. dentro a quella infinita rete di re- aiutando a comprendere meglio Partiremo dal capitolo sulla vio- lazioni sociali in cui siamo gettati e le modalità di dare un senso agli lenza che nasce per esercitare la in cui ci muoviamo in modo unico eventi, ma anche quel processo di vendetta.-

Ristretti 2 Orizzonti Violenza, vendetta, Capitolo primo “codice del disonore”

La violenza nasce spesso con la giustificazione dell’”onore della famiglia”, dell’orgoglio ferito. Anche i dete- nuti che ritengono di essere cambiati, alla classica domanda dello studente “e se facessero del male a tua figlia?” sono spesso incapaci di capire che bisogna avere la forza di rimettere in discussione SEMPRE la vio- lenza. Perché per esempio per rispondere a quella domanda non si può provare, invece che a ragionare con l’orgoglio dei padri, ad assumere un punto di vista da madre, da donna, perché non si può avere il coraggio di disarmarsi e capire che la forza è tutta lì, nell’accettare la propria fragilità? Essere sprezzantemente consi- derate il sesso debole ha per lo meno aiutato le donne a convivere con la debolezza, piangere senza doverlo nascondere, odiare con tutto il cuore l’orgoglio e le idiozie che ti fa fare! Ma niente è scontato purtroppo quando si parla di violenza, neppure l’idea, così rassicurante, che le don- ne siano sempre portatici di una cultura antiviolenta. Il mito della vendetta, per esempio, che distrugge famiglie intere, in alcune regioni del nostro Paese così come in altri Paesi, è spesso custodito e alimentato dalle donne, come scrive Renate Siebert, autrice del saggio Donne e violenza “Le donne del contesto rurale e tradizionale rivestivano un ruolo lontano dalle attività criminali come tali – per poi emergere in maniera eclatante nelle faide, nelle vendette, nell’incitamento alla vendetta e nella pedagogia della vendetta nei confronti dei figli”.

Orgoglio, onore, coraggio

Ma mia moglie e mia figlia avrebbero preferito un padre e un marito che a volte metteva un po’ l’orgoglio da parte, oppure un padre e un marito in carcere con tutto il suo orgoglio?

di Dritanet Iberisha, Ristretti Orizzonti

uesto è il quinto convegno due anni e non sapeva niente di giovane, aveva 26 anni quando mi al quale intervengo. I primi cos’era il coraggio, cos’è l’orgoglio. hanno arrestato, era giovanissima. Qquattro erano difficili, ma Qualcuno glielo dovrà pure inse- In questi anni mi sono posto allora questo è troppo difficile. Perché gnare, ma chi? Io non c’ero. Ma, la domanda: “Ma loro, mia moglie qui oggi c’è la persona che è più dopo qualche anno, il padre del e mia figlia, preferivano un padre e cara a me, e io non ho mai parla- ragazzo morto ha chiuso la faida un marito che a volte metteva un to davanti a lei, a mia figlia, anche famigliare. Ha detto: chiudiamo le po’ l’orgoglio da parte, oppure un se non ho paura che mi giudichi vendette, chiudiamo questo spar- padre e un marito in carcere con perché è una ragazza intelligente. gimento di sangue. Non vendi- tutto il suo orgoglio, e loro a cre- Ma quello che volevo dire è che io chiamoci. E lì dovevo essere felice. scere da sole?”. Io questa domanda sono in carcere per omicidio e che Invece, e questo sentimento l’ho non gliel’ho fatta mai, ma ho an- ci sono da tanti anni. La mia con- già raccontato a tanti ragazzi delle che questa paura, perché quando danna è di trent’anni. L’omicidio scuole, è stato quello il momento noi usciamo dal carcere, quando è avvenuto nell’ambito delle ven- nel quale mi sono sentito più umi- finiamo la pena, i nostri famigliari dette, delle faide famigliari. Quan- liato. Perché ha avuto più corag- in qualche modo “ce la faranno pa- do mi hanno arrestato, ho pen- gio lui. Allora mi sono detto: Ma gare”. Io in questo ultimo anno sto sato: Sono coraggioso. Sono una cos’è il coraggio? Il coraggio cos’è? uscendo in permesso, ma so che ci persona coraggiosa, non ho paura Il coraggio è uccidere le persone? faranno pagare tutto in famiglia. di niente. Il mio orgoglio è salvo, i Rapinare? Litigare, fare a botte? Diranno: “Dove eri?”. Io ho cercato miei famigliari devono essere fie- Non cedere mai la strada a un al- da subito di capire, di mettermi in ri di me. Mia figlia crescerà e dirà: tro? Non rispettare gli altri, in po- discussione, ma è difficile. L’unica “Mio padre l’orgoglio lo ha difeso che parole. Questo è il coraggio? cosa che posso ancora dire è che fino in fondo, è una persona corag- Ho ragionato e ho detto: No! Que- Dio mi ha aiutato; perché mi ha giosa”. E sono andato avanti così sto è orgoglio, e non è una bella dato una figlia che, secondo me, è per un po’ di anni. Ma lei aveva solo cosa. Perché anche mia moglie era la migliore del mondo.-

Ristretti 3 Orizzonti n.4 - 2013 La violenza che travolge i nostri familiari nel momento del nostro arresto

È una violenza subdola, proprio perché travolge la vita delle persone che amiamo e che più ci amano, nel momento in cui facciamo scelte sconsiderate a causa, soprattutto, del nostro orgoglio, della nostra superficialità

di Oddone Semolin, Ristretti Orizzonti limento e il disastro che abbiamo creato ai nostri cari. Io l’ho fatto dopo tanti anni. Anche quando orrei fare una breve riflessio- io ho rimandato per tanti anni di ero uscito non volevo saperne ne su una declinazione par- farlo. Io sono padre e ho anche la di fare questo incontro con una Vticolare della violenza, una fortuna di avere ancora i genitori. parte di me che sentivo di avere, violenza che non è strumentale, E non è che me ne sono accorto diciamo con la mia umanità, con non è funzionale all’ottenimento adesso. È che prima non volevo la mia sensibilità. Questo passo è di un bene diretto. È una violen- vedere, non volevo rendermene venuto tardi. Tuttavia io credo sia za che purtroppo accomuna tut- conto. Non volevo vedere segna- un percorso ineluttabile: prima ti noi detenuti, ed è la violenza li che erano evidenti a chiunque. o dopo, tutti noi dobbiamo fare i che travolge i nostri familiari nel La prima volta che sono entrato conti col male che abbiamo fatto. momento del nostro arresto. Nel in carcere uno dei miei figli era Questo però offre anche uno spi- momento in cui facciamo scelte molto piccolo, ma si leggeva sia raglio. Questo percorso diventa sconsiderate a causa, soprattutto, chiaramente, negli occhi dei bam- irreversibile, ma offre una possi- del nostro orgoglio, della nostra bini, il loro smarrimento, le loro bilità. Perché, nel momento in cui superficialità. È una violenza estre- angosce, il loro senso di abbando- prendiamo coscienza, si invertono mamente subdola, proprio perché no in qualche maniera. Una volta anche le nostre priorità. Si inverte travolge la vita delle persone che – ero in carcere - ho chiesto a mio la nostra visione della vita e del amiamo, che ci stanno vicino, che figlio: “Ma cosa vorresti tu?”: E na- mondo. Si staglia un orizzonte di- più ci amano. Ed è subdola perché turalmente intendevo in termini verso verso cui tendere. Io credo, si aspettano tutto eccetto di esse- materiali: giocattoli, cose. E lui mi in questo senso, che sia necessa- re traditi da noi. Sono persone che fa: “Io vorrei solo avere un papà e rio favorire, spingere affinché le hanno speso tutto nella loro vita. una mamma”. Però io ancora non persone nel carcere avviino un Hanno speso tutto in termini di coglievo fino in fondo il senso di percorso profondo di ricongiungi- serenità, di tranquillità, molte vol- queste parole. Son passati anni. mento con la propria umanità, con te anche economici, per aiutarci. Adesso, nei colloqui, sono molto la propria sensibilità. Questa è una Tutti, indistintamente, in termi- più bravi a dissimulare il loro sen- delle più grandi “assicurazioni” che ni di lacrime. È difficile parlarne, so di frustrazione. Ma ci sono delle possa avere la società nel momen- piccole sfumature, dei particolari to in cui un detenuto viene di nuo- che un genitore può sentire e che vo immesso in essa. È la più gran- danno l’idea dell’abisso che si è de delle assicurazioni, e diventa creato tra di noi. È una cosa che un nodo e un punto imprescindi- non si può colmare facilmente. bile di ogni progetto serio, reale, di Non si colmerà mai. Questo non lo rieducazione. Cosa che nessuno, dico per togliere la speranza ad al- oggi, è in grado di delineare, nean­ tri detenuti come me, che magari che nei suoi punti essenziali. E ol- si ripromettono, una volta usciti, tretutto, io credo, nel lungo perio- di fare tante cose: “Ma poi recupe- do, un progetto del genere può ro… In qualche modo rimedio …“. portare anche allo sgretolamento No, non è possibile. Non è possibi- di quel binomio, che è “carcere ed le perché è giusto fare un bagno emergenza politica”, per far sì che di realtà, e confrontarci con i nostri la civiltà del carcere diventi un’ov- fallimenti e il nostro disastro. Il fal- vietà pre-politica.-

Ristretti 4 Orizzonti Violenza, vendetta, Capitolo primo “codice del disonore”

Adolfo Ceretti introduce Renate Siebert Scrive Renate Siebert, autrice del saggio “Donne e violenza”: “Le donne del contesto rurale e tradizionale rivestivano un ruolo lontano dalle attività criminali come tali, per poi emergere in maniera eclatante nelle faide, nelle vendette, nell’incitamento alla vendetta e nella pedagogia della vendetta nei confronti dei figli”. Renate Siebert, che ascolteremo tra poco, è una sociologa molto famosa, nata a Kassel, in Germania. Renate ha studiato a Francoforte, è stata allieva di Theodor Adorno, ma da molti anni vive e lavora a Cosenza, dove si occupa di questioni che riguardano il mezzogiorno, con particolare riferimento alle questioni di genere, al sessismo e alla violenza mafiosa, ai temi del razzismo e del colonialismo. Fa parte di varie società scientifiche, collabora con numerose riviste, ed è autrice di moltissime e apprezzate pubblicazioni.

Donne che conoscono il dominio delle mafie dall’interno

I mafiosi diffidano delle donne come persone concrete e di tutto ciò che appare femminile come qualità. In tal senso il “femminile” è stigmatizzato a priori

di Renate Siebert, sociologa, è stata professoressa ordinaria di Sociologia del mutamento. È autrice, tra l’altro, di “Le donne, la mafia” (il Saggiatore, 1994) e “Cenerentola non abita più qui. Uno sguardo di donna sulla realtà meridionale” (Rosenberg & Sellier, 1999)

orrei brevemente partire dal lenta, insidiosa che non scinde tra In tal senso quello delle mafie è titolo del nostro incontro pubblico e privato, che pretende un dominio a carattere totalitario, Vper ragionare sul rapporto di dominare sulle attività politiche che pone le sue leggi sospenden- tra donne – mafia – violenza. Ho ed economiche tanto quanto sulle do tendenzialmente quelle dello cominciato a ricercare e riflettere relazioni fra le persone, le scelte di stato e della società civile; una su questi nessi ormai molti anni fa vita, di sentimenti, di movimento forza che si erge a padrone della a partire dal fatto che vivo in Cala- – tutto. Il capomafia che s’identifi- vita e della morte di tutti. Se io, bria, che sono donna e che sento ca con Dio, il mafioso che si solleva da cittadina qualunque e del tut- su questo tema, nel profondo di al piano di Dio. A Antonio Calvaru- to estranea a tali organizzazioni me stessa, una grande angoscia. so che gli chiede di risparmiare la sento questo peso – mi chiedevo Non paura, ma angoscia. Proprio vita di un suo conoscente di cui è allora – cosa avvertono, sentono, per la minaccia diffusa che la “si- stata decisa l’uccisione, Leoluca scelgono le donne che conosco- gnoria territoriale” mafiosa rap- Bagarella risponde scuro in volto: no questo dominio dall’interno? presenta per tutti. Una forza vio- “Non ti devi permettere mai più di Sono donne come me – ma an- fare certi tipi di affermazioni su dei che donne molto diverse da me. soggetti che io ti dico devono es- Dove sono i punti di contatto, sere eliminati…. Perché qua, se c’è dove eventuali nessi, parentele, un Dio quello sono io… Io ho il po- similitudini? Dove una diversità tere di togliere e di dare la vita” 1. insormontabile? Partendo da que- sti interrogativi ho letto, studiato, 1 Tribunale di , Corte d’As- ricercato svariati materiali, sempre sise, II Sezione, Sentenza nei Proc. pen. privilegiando le fonti biografiche riuniti nn. 8/87 e 21/97 RgCA, p. 188, o autobiografiche. Volevo capire citato in Alessandra Dino, La mafia il più possibile il vissuto di queste devota. Chiesa, religione, Cosa Nostra, Laterza, Roma-Bari, 2008, p. 76. donne. Ristretti 5 Orizzonti n.4 - 2013

Per arrivare alla questione delle donne occorre fare qualche chiari- mento preliminare. La mafia – ma oggi si parla sempre di più delle mafie – rappresenta una forma di criminalità molto particolare. Non si tratta soltanto di malaffare comune ma di un’organizzazione segreta, monosessuale maschile, con propri codici, con un proprio ordinamento. La “signoria territo- riale”, il suo potere parallelo e an- tagonista rispetto all’ordinamen- to democratico dello stato in cui opera, è funzionale alle sue atti- vità criminali. Dove la mafia detta legge, con un misto di elargizione di favori, di minacce di morte e col terrore, con il binomio estorsione- Donne tradizionali, in tutto e per che poco. Una svolta significativa protezione, i cittadini regredisco- tutto. Le rare parole degli uomini si è avuta con il fenomeno della no a sudditi, i diritti individuali mafiosi sulle loro donne che filtra- collaborazione con la giustizia, in- e collettivi sono sospesi. Questo vano da questo “mondo a parte” centivata da apposite leggi, a par- tipo di dominio, per essere tale, andavano nella medesima direzio- tire dagli anni 80. I conflitti fami- in linea di massima non risparmia ne: donne interamente dedicate liari che si scatenano attorno alla nessuno. Ovviamente vengono alla famiglia, madri esemplari, mo- decisione di un mafioso di “pentir- controllati in primo luogo i pro- gli obbedienti. Donne all’oscuro si” portano facilmente alla rottura pri affiliati e i loro parenti, donne, delle attività violente e criminali degli equilibri che assicuravano in bambini, giovani. Nella società dei loro uomini. Donne stereoti- passato un sostanziale silenzio cir- segreta mafia si entra con un giu- pate, icone di un immaginario ma- ca le relazioni di genere e di gene- ramento, se ne può uscire soltanto schile. Donne funzionali all’attività razione fra i membri delle famiglie con la morte (oppure, in tempi re- criminale mafiosa proprio in fun- mafiose. Donne e bambini, madri, centi, con la collaborazione con la zione della loro invisibilità. mogli e figli/e appaiono ora sotto giustizia). Possiamo presumere che la vita i riflettori dell’opinione pubblica Queste caratteristiche conferi- quotidiana di chi vive e cresce in e dei mass media: a volte come scono alla presenza femminile in ambiente mafioso – rispetto a vittime delle vendette trasversali, ambito mafioso una particolare quella delle persone nella socie- a volte come parte attiva nei per- rilevanza. tà più ampia circostante – sia in corsi della collaborazione. Spesso Per lungo tempo il ruolo delle don- parte “normale”, simile a quella di nella veste di chi cerca di scredi- ne nel mondo della mafia è rima- tutti gli altri, e in parte significa- tare il collaboratore o di fare forti sto nell’ombra. Silenti, sconosciu- tivamente diversa. In passato tali pressioni per spingerlo a ritrattare. te, il più delle volte acquistavano aspetti quotidiani erano poco co- A tal proposito si è parlato di una visibilità in occasione dei funerali. nosciuti, e forse interessavano an- “nuova strategia comunicativa”2 delle organizzazioni criminali: se un tempo l’icona della donna di mafia, tutta casa, chiesa e tradizio- ne, e all’oscuro delle attività crimi-

2 Teresa Principato, Alessandra Dino, Mafia Donna. Le vestali del sacro e dell’onore, Flaccovio Editore, Paler- mo, 1997. “In contrasto con questo lungo periodo contrassegnato dall’u- nica dimensione loro consentita – quella di silenziose e invisibili tutrici dell’ordine e del sistema di valori di Cosa Nostra, uniformate e appiatti- te sulla figura dei loro compagni – la nuova strategia comunicativa dell’or- ganizzazione le ha sempre più spesso trasformate in decisivo ed efficace veicolo comunicativo nei confronti del mondo esterno” (p. 16). Ristretti 6 Orizzonti n.4 - 2013

nali degli uomini del clan, prevale- tirato indietro di fronte ai proble- gicamente si avverte nelle parole va, nella seconda metà degli anni mi” 3. di alcuni pentiti. Giovanbattista 90 la mafia manda le sue donne Ferrante, collaborante che ha am- in prima linea, con atti clamorosi La vita quotidiana messo il proprio ruolo nelle stragi come convocazioni di conferenze di Capaci e Via D’Amelio, così si stampa, partecipazioni a talk show mafiosa esprime: e pubbliche diffamazioni dei pro- “Adesso mi viene quasi naturale pri parenti pentiti. Tali conflitti, an- Tale percezione di normalità, parlarne, anzi cerco di parlarne che se largamente strumentaliz- tuttavia, viene da pensare, deve perché mi sento molto più legge- zati dalle organizzazioni criminali, essere frutto di un forte condizio- ro… Parlarne è un senso di libera- tuttavia ci raccontano qualcosa namento dei modi di pensare e zione che nessuno forse potrà ca- della realtà quotidiana in tali am- di sentire che segna i processi di pire, soprattutto dopo anni vissuti bienti. Come altrettanto – e di più socializzazione, sia quelli primari, con la raccomandazione che tut- – ce ne parlano soprattutto i e le per chi nasce e cresce in tal am- to quello che si faceva si doveva collaboranti stessi. biente, sia quelli secondari, per chi cancellare, anzi non se ne doveva Innanzitutto i “pentiti” spiegano viene a farne parte soltanto con parlare con nessuno neanche con quanto la loro vita da criminali, lo l’affiliazione che, non a caso, viene chi aveva commesso con me certi stesso fatto di aver ucciso frequen- anche indicato come un “secondo fatti” 4. temente e con modalità atroci, sia battesimo”. L’abitudine a sentirsi stata vissuta da loro come perfet- un’élite, l’abitudine alla sottomis- L’ossessione della morte – si è tamente “normale”, alla stregua, o sione all’autorità dei capi, l’abitu- sempre pronti ad uccidere, ma ciò meglio in parallelo, con altre atti- dine alla violenza e, innanzitutto, comporta specularmente che si vità professionali. Appare la con- l’abitudine al silenzio. Un silenzio teme ad ogni momento di venir sapevolezza di aver vissuto in un nella comunicazione con gli altri trucidati – porta a forme di vita mondo a parte, un mondo, tutta- e, presumibilmente, un silenzio materialmente e affettivamente via, ugualmente legittimato, alme- nei confronti dei propri desideri claustrofiliche. Nemmeno dei pro- no ugualmente “giusto” di quello profondi, della propria voglia di pri famigliari ci si può fidare: “’A mè della società più ampia. Saverio sentire e pensare. L’ingiunzione famigghia mà pozzu scurdari, su- Morabito, della ‘ndranghe- del non-comunicare – nel conte- bito, in partenza, perché so com’è ta, racconta: sto della società contemporanea, fatta e so che mentalità c’ha: su ca- “Io facevo il malavitoso e cercavo per definizione caratterizzata dal- paci che, magari, mangiamo assie- di farlo ogni giorno meglio perché le realtà virtuali e dalla comunica- me e mi possono avvelenare pure. la ritenevo una professione come zione – segna indubbiamente uno E ’u fannu! Per salvaguardarsi ’a di- un’altra, anche se andava oltre i spartiacque tra società mafiosa e gnità e l’onore”, racconta un colla- limiti della legalità. E ogni giorno società democratica. boratore del gruppo Riina-Proven- cercavo di perfezionarmi nel mio Quanto in fondo tale ingiunzione zano5. Tali ossessioni aumentano campo, come uno che entra in una al silenzio possa pesare psicolo- grossa azienda da impiegato e ne- 4 Gruppo Abele, Dalla mafia allo gli anni, per la sua bravura, brucia 3 Rocco Sciarrone, Passaggio di Stato. I pentiti: analisi e storie, EGA Edi- tutte le tappe e diventa ammini- frontiera: la difficile via di uscita dalla tore, Torino, 2005, p. 300/301. stratore delegato. Ce la fa perché mafia calabrese, in Alessandra Dino (a ha saputo mantenere i contatti cura di), Pentiti. I collaboratori di giu- 5 Alessandra Dino, Il silenzio in- stizia, le istituzioni, l’opinione pubblica, franto, in Alessandra Dino (a cura di), giusti, ha saputo trattare, non si è Donzelli, Roma, 2006, p. 155. Pentiti. I collaboratori di giustizia, le isti- Ristretti 7 Orizzonti n.4 - 2013 nei membri dei clan perdenti. La vita quotidiana mafiosa, po- tremmo dire in sintesi, è segnata da una qualità della vita molto contraddittoria, sia sul piano ma- teriale che su quello dei sentimen- ti. Predominante sembra essere il controllo sociale capillare che appare come la proiezione sul ter- ritorio di un controllo ancora più marcato, quello sui propri affiliati e sui loro famigliari. Le regole basi- lari sono quelle di eseguire fedel- mente gli ordini, di sottomettersi alla gerarchia, di vendicare le offe- se ricevute senza far ricorso all’au- torità statale, di mai testimoniare contro altri affiliati, di assistere i la- titanti e di non intrattenere alcun rapporto con esponenti delle for- ze dell’ordine e della magistratura. In caso di trasgressione (propria o dei propri famigliari) gli efficienti tribunali delle varie organizzazio- ni mafiose non esitano a decreta- re punizioni che arrivano fino alla condanna a morte. Possiamo ipotizzare che i singoli individui elaborino tali contesti in modi significativamente diversi a seconda, se si tratti di giovani o di adulti – la questione delle gene- razioni – o di uomini e donne: la questione di genere.

L’anestetizzazione delle emozioni e dei sentimenti che viene senze straniere” nell’universo ma- chiuso e integro. Un mondo ormai imposta agli affiliati fioso, le donne hanno sviluppato alle spalle di chi ha deciso di “salta- particolari capacità comunicative re il fosso”, un mondo, tuttavia, che che le rendono preziose nei mo- rappresenta pur sempre un pezzo Nella decisione degli uomini di menti di crisi e di cambiamento di se stessi e che reclama in modi “pentirsi” – e ancora di più nel lun- forte. Sono più aperte degli uo- contorti una signoria sulla psiche go e tortuoso percorso della colla- mini a contaminazioni culturali che queste persone ormai non borazione – alle donne spetta un e mediamente più scolarizzate e vogliono più concedergli. Dall’al- ruolo preponderante: sia in posi- acculturate. In particolare le mogli tra parte, l’apertura: La promessa tivo che in negativo. Sono spesso di mafiosi che provengono da un della soggettività come invito alla le donne, come ci dicono i magi- ambiente non di mafia hanno con- dimensione della scelta, come ga- strati, ad impedire all’ultimo mo- servato una possibilità di distanza ranzia di poter dire di no, come mento la decisione di collaborare. che si rivela utile nell’avviamento accesso ad una democrazia, per La gestione della vita quotidiana, alla collaborazione con la giustizia. così dire “psichica” e esistenziale, la mediazione tra ambiti diversi Si tratta di corsi di vita in bilico tra prima ancora che istituzionale e del mondo sociale e, in particolar più mondi. Da una parte il mon- dei diritti. modo, la mediazione tra mondo do della mafia: un unico mondo, Finché il mondo, per chi cresce, unico del passato e mondi pluri- un orizzonte chiuso, un contesto è uno solo, il destino dei figli, sia mi del futuro sono in larga parte coatto che non ammetteva l’e- sul piano materiale, che su quel- dominio e fatica femminile. “Pre- spressione della soggettività, non lo identitario, appare fortemente ammetteva il dissenso. Non crea­ ipotecato. La metafora freudia- va, forse, consistenti problemi na dell’uccisione del padre per tuzioni, l’opinione pubblica, Donzelli, Roma, 2006, p. XIX. psicologici finché appariva unico, crescere e diventare adulti non Ristretti 8 Orizzonti n.4 - 2013

è esperienza psichica pensabile E’ come se questo oggi ripiombas- per i figli nel mondo unico della se, anche psicologicamente, su di sottomissione e dell’obbedienza loro, come se si identificassero, a all’autoritarismo del patriarca ma- posteriori, con le loro vittime e si fioso. È piuttosto il figlio ad essere vivessero potenzialmente come ucciso, metaforicamente e a volte una di loro” 6. materialmente. Chi dissente può Ciò che queste testimonianze indi- venir ucciso dai propri famigliari, rettamente illustrano ancora una o, a volte, rinchiuso in manicomio volta è l’incredibile anestetizzazio- – una pratica, per altro, tipica dei ne delle emozioni e dei sentimenti regimi totalitari. che viene richiesta e imposta agli Ora, dopo la scelta della collabo- affiliati. Non c’è spazio per le emo- razione – qualunque sia la portata zioni, durante il lavoro. Il mestiere reale di un loro esame di coscienza di uccidere richiede freddezza e – questi uomini “umanizzati” pos- inaffettività. L’educazione mafiosa sono sentire la paura, si scoprono come socializzazione a diventa- vulnerabili, somatizzano, soffrono re non-persone, la violenza come gendo lo deve strangolare, non ci d’insonnia. Scrivono Girolamo Lo forma di indifferenza per l’altro. sono discorsi. Ma quello è tuo fi- Verso e Gianluca Lo Coco: Non-persone che acquistano una glio! Ma tu lo strangoli, altrimenti “Il collaborante vive nella paura perfetta capacità professionale ad fai la fine tu e tuo figlio. Quindi c’e- giorno e notte. Un dato su cui ri- eliminare altre non-persone. Di- ra questo senso di paura, di rispet- flettere: quando erano membri di sponibilità e capacità ad uccidere to, chiamiamolo come vogliamo Cosa Nostra ed uccidevano, viven- sono presupposto dell’affiliazione chiamare…” 7. do sempre con il timore di potere e come tale questo aspetto parti- essere eliminati a loro volta dall’or- colare della formazione della per- Uomini che vogliono le ganizzazione, non avevano mai sonalità appare centrale nella so- avuto problemi di paura, di ansia, cializzazione. Banco di prova per loro donne mute, sotto- di insonnia. Adesso capita loro di tali “conquiste” psichiche estreme messe e prive di desideri dormire male e poco, e di popo- sono le relazioni famigliari. Rac- lare il sonno di sogni persecutori, conta un collaboratore: Ma gli uomini sanno anche che in cui qualcuno li uccide o li vuole “Un padre nei confronti del figlio, tale anestetizzazione delle emo- uccidere. Ci sono sogni di cadere che il figlio ha sbagliato con una zioni, nel caso delle donne, in nel vuoto: molti sogni esprimono donna di un mafioso, anche pian- linea di massima non funziona. un grande timore per i figli. Anche La loro diffidenza verso le donne i pensieri diurni sono pieni di que- 6 Girolamo Lo Verso e Gianluca Lo è segno di tale consapevolezza. ste fantasie, ma anche, in questi Coco, I collaboratori di giustizia. Chi L’ingresso nel mondo della ma- sono oggi, chi erano come mafiosi, in casi, di crude realtà… D’altronde Girolamo Lo Verso e Gianluca Lo Coco fia impone che Thanatos vinca su molti di loro sono stati soldati, kil- (a cura di), La psiche mafiosa. Storie di Eros. L’educazione mafiosa è riu- ler di mafia. Esecutori non pensan- casi clinici e collaboratori di giustizia, ti nell’uso sistematico del terrore. Franco Angeli, Milano, 2003, p. 134. 7 Ivi, p. 104.

Ristretti 9 Orizzonti n.4 - 2013 scita quando la morte predomina intervengono anche durante le anche in tutte le espressioni della fasi successive alle uccisioni, na- vita quotidiana, dal pranzo in fa- scondendo, lavando e eliminando miglia a rischio di avvelenamen- le tracce di sangue. Ne discutono to alle occasioni di divertimento. fra di loro ed emerge l’immagine La rinuncia pulsionale al servizio di donne spesso incattivite e fe- di una gelida volontà di potere. roci quando si tratta di eliminare Da mafiosi, usurpando un potere persone delle fazioni nemiche, simile a Dio, questi uomini erano mentre diventano luttuose, ven- sganciati dal principio dell’alteri- dicative e rivendicative quando tà. Ora, da pentiti, sentono tutto il sono state uccise persone della peso delle umane relazioni. Paure propria famiglia. In non pochi casi, e gioie, preoccupazioni e speran- tuttavia, può nascere il dubbio che ze: il prezzo della libertà. tale ferocia sia anche generata dal Cosa ci raccontano, indirettamen- dover subire costantemente an- di brutto un giorno sì e uno no…. te, le storie dei collaboranti rispet- gherie e violenze sul proprio cor- fino a quando non mi sono ritro- to alle donne presenti in questo po. Che la violenza criminale, per vata incinta […] ho avuto il figlio “mondo a parte”? così dire “professionale”, dei loro […]. Lui l’ha scoperto da quando La loro situazione è diversa. In uomini – mariti, fratelli, padri – si ho iniziato a collaborare, gliel’han- generale non agiscono la violen- prolunghi entro le mura di casa no detto per vendetta. Poi ricade za in prima persona, tuttavia la diventando violenza sessuale e su mia madre, perché ti ho chiesto conoscono. Sanno che c’è e, per violenza domestica, non è un se- aiuto in ginocchio, piangevo come il loro ruolo centrale nella vita greto. Ci sono donne le quali, per una disperata, mi hai fatto picchia- quotidiana, svolgono una funzio- non aver più sopportato la violen- re anche da tuo figlio dicendo che ne importante nell’integrazione za privata, prima ancora di quella la puttana ero io, avevo solo sette dell’anomalia della violenza nella criminale, sono diventate collabo- anni” 8. Davanti al tribunale di Mi- normalità di ogni giorno. La don- ratrici della giustizia. Un esempio lano, nel maggio del 1996, dice: na è fondamentale per trasmet- estremo è rappresentato dal caso “Per me è stato come una salvezza, tere il pensiero del padre – che si di Rita Di Giovine che racconta il quell’arresto” 9. sintetizza nelle priorità dell’orga- suo calvario, facendo intravedere, Di recente sono venute alla luce nizzazione. Per il resto gli uomi- tra l’altro, una catena di violenze storie simili nella loro atrocità, ni vogliono le loro donne mute, che coinvolgono tutti i membri per così dire privata, relazionale, sottomesse e prive di desideri. Da della famiglia: “Ho visto mio padre sempre nella ‘ndrangheta. Donne intercettazioni ambientali e tele- picchiare mia madre […] ha sem- che hanno cercato di collabora- foniche e da racconti autobiogra- pre massacrato mia madre, addi- re con la giustizia, ma non tutte fici di donne collaboratrici della rittura incinta di nove mesi le ha con successo; donne minacciate, giustizia sappiamo che loro sono dato una botta con la scopa e le brutalizzate, uccise o “suicidate” perfettamente a conoscenza delle ha rotto due costole […]. Io sono dai propri famigliari perché non forme e dei livelli di violenza che i stata vittima di violenza dall’età di più disposte a subire. I casi più loro uomini agiscono in prima per- sette anni fino all’età di dicianno- noti sono quelli di Lea Garofalo, sona. Non solo sanno, ma spesso ve anni […] sono stata violentata strangolata e bruciata dal marito; Giuseppina Pesce, minacciata ma non domata dai suoi famigliari; e Maria Concetta Cacciola, spinta dalle violenze famigliari a suici- 8 Cfr. dattiloscritto di Ombretta In- grascì; cfr. anche Ombretta Ingrascì, Le donne della ‘Ndrangheta: il caso Ser- raino-Di Giovine, in Giovanni Fiandaca (a cura di), Donne e mafie. Il ruolo delle donne nelle organizzazioni criminali, Università di Palermo, Palermo, 2003; per la storia di Rita Di Giovine vedi an- che Clare Longrigg, L’altra metà della mafia, Ponte alle Grazie, Milano 1997, pp. 171-179. Per una storia dello stu- pro in Calabria cfr. Enzo Ciconte, “Mi riconobbe per ben due volte”. Storia del- lo stupro e di donne ribelli in Calabria (1814-1975), cit.

9 Cit. in Longrigg, cit., p. 179. Ristretti 10 Orizzonti n.4 - 2013 darsi con l’ingestione di acido mu- riatico. Donne giovani che hanno cercato di uscire dalla prigione della propria famiglia mafiosa, per l’amore dei figli e la voglia di vive- re scegliendo da sole le proprie relazioni. Le loro storie non pos- sono essere generalizzate, eppure raccontano molto della violenza diffusa nel “mondo a parte” della mafia. È interessante a tal propo- sito mettere a confronto le storie di due donne collaboratrici della giustizia dell’ambiente di Cosa no- no, viene da una famiglia non di Salvatore Lupo, “una delle diffe- stra: Giusy Vitale e Carmela Rosa- mafia, sposa un mafioso di Sciara e renze tra il dentro e il fuori è pro- lia Iuculano10. La prima fa parte di subisce le imposizioni del clan. Ma prio questa: alle donne dei mafiosi un’importante famiglia mafiosa e nel tentativo di farsi accettare dal non è consentito quanto è con- cresce con la voglia di partecipare marito partecipa, senza convin- sentito alle altre”. Questo vale sia attivamente alle attività criminali; zione, a varie attività criminali. Ciò sul piano dei diritti come su quello quando i fratelli sono in prigione che in questo contesto ci interes- dei sentimenti e della sessualità. svolgerà le funzioni di reggente sa è il fatto che entrambe queste della famiglia mafiosa e del man- donne – con un rapporto con l’or- Un esercito di donne damento di – caso unico ganizzazione criminale totalmen- nella storia di Cosa nostra. Tutta- te differente – hanno in comune di ambienti socialmente via alla fine decide di pentirsi, non una dimensione della loro vita degradati regge la totale subordinazione dei privata che possiamo sintetizzare sentimenti e affetti alle logiche del nella violenza che subiscono da Tuttavia, tra le donne di questi clan, “agisce da uomo pensando parte degli uomini della famiglia: ambienti ci sono anche molte da donna”, come scrive Alessandra i fratelli nel caso di Vitale, il marito differenze. Bisogna, innanzitutto, Dino. La seconda, Carmela Iucula- nel caso di Carmela Iuculano. Ap- distinguere vari livelli di coinvolgi- pare significativo che Giusy Vitale, mento. Così come la mafia stessa, 10 Cfr. Giusy Vitale con Camilla Co- investita del ruolo di reggente – da un punto di vista della com- stanza, Ero cosa loro. L’amore di una in questa veste entra in contatto, posizione sociale dei suoi affiliati, madre può sconfiggere la mafia, Mon- ad esempio, con il boss latitante non è omogenea, anche le don- dadori, Milano, 2009; Carla Cerati, – non è ne che troviamo nel suo raggio Storia vera di Carmela Iuculano. La gio- autorizzata a prendere da sola una d’influenza sono estremamente vane donna che si è ribellata a un clan mafioso, Marsilio, Venezia, 2009; Ales- corriera per recarsi in città. Neces- diverse fra di loro. In particolare sandra Dino, Narrazioni al femminile di sita sempre di un accompagnato- c’è da distinguere tra quelle nate Cosa nostra, in “Meridiana”, 67/2010. re maschile. Come ha sottolineato e cresciute nelle famiglie mafiose, (nelle famiglie, cioè, di cui uno o più uomini sono affiliati all’orga- nizzazione), e quelle che entra- no in rapporto con la mafia o per temporanea attività criminale o per rapporti personali con uomini di mafia. Tra le donne delle famiglie ma- fiose, le mogli dei boss innanzi- tutto, possiamo rilevare un coin- volgimento di complicità e di co-responsabilità enorme. Pensia- mo soltanto al loro ruolo durante i lunghi anni di latitanza dei loro mariti: dal sostegno psicologico e materiale alla temporanea delega del potere. Attraverso attività di prestanome, attraverso gestioni patrimoniali e finanziarie, attra- verso estorsioni e mediazioni. Di solito queste donne agiscono da trait d’union fra gli uomini latitanti

Ristretti 11 Orizzonti n.4 - 2013 o in carcere e i membri dell’orga- minali mafiose. Più spesso amanti sottolineato come questo divieto nizzazione che possono muoversi che non mogli, solitamente incen- abbia un carattere strettamente alla luce del sole. Sono perfetta- surate, rivestono un ruolo impor- strumentale e non morale, al fine mente a conoscenza degli atti tante nella zona di collegamento di non compromettere la com- violenti perpetrati dai loro uomini. tra economia illegale ed economia pattezza del gruppo criminale e Alla base di questa forma di coin- legale, proprio perché in quanto di garantire il segreto. L’apparen- volgimento, probabilmente, sta donne sono meno visibili. te, rigido, rispetto per la donna di il legame di fiducia tra famigliari, E poi c’è un esercito di donne di un uomo mafioso è, innanzitutto, il comune senso di appartenenza ambienti socialmente degradati, quello per la madre, “la madre dei e, indubbiamente, anche un rap- spesso povere, che è a disposizio- miei figli”. Tale rispetto formale, porto di potere che questi uomini ne per svariate attività gestite dal- facilmente, si coniuga con un di- violenti esercitano nei confronti la mafia, come lo spaccio di droga sprezzo sostanziale della figura delle loro donne. Quanto questa e il riciclaggio di refurtiva varia. della donna. violenza abbia, nei casi specifici, Rappresentano pezzi importanti Il giudice Falcone, nell’intervista un particolare fascino sulle don- di quella ragnatela che si stende con Marcelle Padovani, dice; “Un ne che in questo ambiente vivo- su uomini, donne e cose di quei proverbio molto in voga nell’am- no quotidianamente, o quanto, quartieri e di quelle zone dove biente di Cosa Nostra recita ” 12. Il disagio, disturbi della personalità mafia. comando e il potere, pur ambiti, e sofferenza, rimane per ora una esercitati e goduti in modo forte- questione aperta. Conosciamo Le donne sono conside- mente emotivo – come appare nel esempi di entrambe le tendenze, caso dei mafiosi – richiedono au- come da una parte Giacoma Fili- rate “naturalmente” tocontrollo, prontezza e freddezza pello11 che ancora dopo la morte proprietà dell’uomo, che vanno conquistati a scapito violenta del suo uomo, il mafioso come corpi e come menti di altri aspetti della vita intrapsi- Natale L’Ala, parla dell’attrazione chica, a scapito dell’eros. L’uomo che la violenza di quell’ambiente d’onore non parla, non lascia esercitava su di lei, e Vincenzina In generale osserviamo che i ma- trapelare emozioni e sentimen- Marchese, dall’altra. Quest’ultima, fiosi diffidano delle donne come ti. Questa attitudine, fortemente figlia di mafioso, moglie del boss persone concrete e di tutto ciò che imposta e autoimposta, non può , ma anche so- appare femminile come qualità. In non avere conseguenze durature rella del collaboratore di giustizia tal senso il “femminile” è stigma- per il modo in cui questi uomini Pino Marchese, dopo trascorsi che tizzato a priori. Le donne, inoltre, esprimono la propria sessualità. La la vedono attivamente coinvolta sono considerate “naturalmente” cultura di morte – almeno questo in attività criminali, si suicida. Il proprietà dell’uomo, come corpi viene da pensare – infetta il rap- collaboratore di giustizia Antonio e come menti. Tali aspetti vengo- porto con i corpi vivi, erge steccati Calvaruso racconta che nell’ultimo no esplicitati nei riti di affiliazione, e confini, oltre ai quali c’è perico- periodo della sua vita questa don- in cui l’aspirante mafioso offre in lo. Il pericolo di perdersi, lasciarsi na portava delle parrucche persi- pegno della propria fedeltà all’or- andare, indebolirsi: il pericolo di no in casa, tanto era ossessionata ganizzazione la vita dei propri pa- amare. Una “etica professionale” di essere sorpresa dalla polizia. renti, madri, mogli, figli e figlie. Le che allena sistematicamente all’o- Prima ancora di uccidersi, si era la- regole interne impongono di non micidio – come ci insegna anche la sciata morire in un processo di de- toccare la donna dell’altro uomo pressione e di declino psico-fisico mafioso: sono regole che raffor- che rimanda al clima di violenza zano il legame endogamico tra i 12 Giovanni Falcone e Marcelle Padovani, Cose di Cosa Nostra, Rizzoli, estrema che caratterizza l’ambien- vari componenti del clan. E’ stato Milano, 1991, p. 76. te di mafia. Un differente livello di complicità esprimono quelle donne, non or- ganicamente inserite nel contesto famigliare mafioso, che a livelli di parziale autonomia e responsabi- lità gestiscono attività imprendi- toriali, transazioni finanziarie (tra le quali anche il riciclaggio di de- naro sporco) e collegamenti logi- stici nel contesto delle attività cri- 11 Liliana Madeo, Donne di mafia, Mondadori, Milano 1994; Renate Sie- bert, Le donne la mafia, cit.; Clare Lon- grigg, cit. Ristretti 12 Orizzonti n.4 - 2013 storia di formazioni e regimi totali- tari – richiede sacrifici psichici che si ripercuotono, innanzitutto, sulla fantasie erotiche e la vita sessuale. In ambiente mafioso, e di questo parlano anche i pentiti, l’inquie- tudine sentimentale è segno di inaffidabilità, la sessualità, anche quella mercificata, comporta una regressione, un ritorno a se stes- si, un cedimento al principio del piacere: la sessualità è vita e come tale in antagonismo alla mafia, che è morte. Abbassare la guardia, per un uomo d’onore, è comunque pe- ricoloso, questo viene in qualche modo ripetuto da tutti. Ed è pro- prio il corpo femminile che incar- na questa tentazione altamente sono più argomenti e regole che la Personale di Messina, un servizio minacciosa per la disciplina e per possono tenere a freno. (…) L’uo- del Dipartimento Giustizia mino- la coesione dell’organizzazione in mo d’onore siciliano lo sa e cerca rile del Ministero della Giustizia14, questione. Ridurre drasticamente di tenere lontano dalle vicende di riscontrano nei giovani criminali la comunicazione erotica a ses- Cosa Nostra mogli, sorelle e madri. vicini alla mafia dei ragazzi deter- sualità genitale richiede un grosso Lo fa per proteggerle, per salva- minati e piuttosto consapevoli, sacrificio all’individuo che viene ri- guardarle, per salvarle, perché se con una condotta criminale non compensato almeno parzialmente la donna sa qualcosa finisce che o affatto finalizzata a colmare un dall’ideologia mafiosa della omi- la deve ammazzare lui o la deve far vuoto. La criminalità organizzata neità. Il disprezzo, ad esempio, che ammazzare da qualcun altro” 13. veglia attentamente sulle nuove accompagna l’espressione “fotte- leve, seleziona, scarta, incentiva; re” testimonia ancora una volta la La criminalità organizzata niente è lasciato al caso. Di fronte paura delle donne, la paura della alla complessità sociale e all’incer- propria componente psichica veglia attentamente sulle tezza i giovani di oggi, mediamen- femminile, la paura della potenza nuove leve, seleziona, te, tendono a rifiutare i legami for- anarchica dell’eros. L’avversione scarta, incentiva ti, elaborano una marcata cultura mafiosa nei confronti di ogni for- dell’Io, sono in cerca di esperienze ma di sessualità “perversa”, come estreme, dipendono dal consu- l’omosessualità, e in particolar È evidente che i tratti caratteristici mismo e sviluppano una forte di- modo l’omosessualità passiva, è dell’ambiente di mafia – come stanza dal mondo adulto, al quale una spia di questo atteggiamento. l’ossessione della morte, il delirio negano autorevolezza, mentre E così la diffidenza diviene l’atteg- di onnipotenza, l’autoritarismo, il privilegiano rapporti tra pari. Per giamento che prevale nei confron- controllo sociale totale, l’omertà, contro, i giovani cresciuti in con- ti delle donne. la negazione della soggettività, testi mafiosi aderiscono ad una Le donne non appaiono affidabili il mito virile e il disprezzo cultura forte, alla cultura dell’Io per il mestiere di uccidere: il di- per il femminile, l’omofobia e contrappongono la dimenticanza sprezzo per la presunta inferiorità l’antiegualitarismo feroce – condi- di sé e la sistematica inibizione del delle donne si mescola fortemen- zionino profondamente bambini desiderio, al bisogno di esperienze te con una certa ammirazione e un e adolescenti che in tali conte- estreme l’organizzazione mafiosa riconoscimento della loro alterità. sti vengono socializzati. Sarebbe risponde in modo efficace con i Sentiamo il collaboratore di giusti- fuorviante vedere nel ragazzo di suoi rituali “sacri”, i suoi miti e sim- zia Antonino Calderone: mafia un soggetto ribelle, un gio- boli, la sete di consumismo è ap- “Gli uomini di Cosa Nostra stanno vane emarginato, un adolescente pagata da beni immateriali come molto attenti a che cosa dicono “contro”. Tutt’altro. Analizzando il status, onorabilità, forte identità, alle mogli. Il punto di partenza è rapporto dell’adolescente “mafio- avventura. E, a differenza degli al- che le donne ragionano in un cer- so” con l’attuale società e confron- tri giovani, il giovane di mafia non to modo, tutte le donne, anche tando tale rapporto con quello rifiuta l’autorità, anzi, vive una for- quelle che hanno sposato dei ma- caratteristico della fase adolescen- te sottomissione nei confronti di fiosi o che vengono da famiglie di ziale tipica, gli educatori dell’Isti- mafia. Quando una donna viene tuto Centrale di Formazione del 14 Istituto Centrale di Formazione di colpita negli affetti più cari non ra- Messina (a cura di), I ragazzi e le mafie. giona più, non c’è omertà che ten- 13 Pino Arlacchi, Gli uomini del diso- Indagine sul fenomeno e prospettive di ga, non c’è più Cosa Nostra, non ci nore, Mondadori, Milano 1992, p. 165. intervento, Carocci, Roma 2008. Ristretti 13 Orizzonti n.4 - 2013 figure autoritarie e una socializza- zione prevalentemente verticale. Laddove nella società più ampia gli sviluppi storici hanno via via portato ad una crescente apertura della famiglia verso altre agenzie di socializzazione – negli ambienti legati alle organizzazioni mafiose l’orizzonte familiare appare chiuso, unico, saldamente difeso contro ogni tentazione di pluralizzazione dei bisogni affettivi e fortemen- te strutturato in modo verticale. Le parole d’ordine del credere e inquirenti – che non viene scalfito re aiuto. Di solito sono le madri a obbedire pervadono in modo to- nemmeno quando vengono alla prendere l’iniziativa. talizzante l’ambiente familiare, luce i crimini spesso efferati, com- Nell’insieme, con un’attenzione l’educazione dei figli è autoritaria messi dagli uomini, padri, zii, fra- sia alle differenze di genere che e tende a deresponsabilizzare l’in- telli. Anzi, una normalità che viene a quelle generazionali, possiamo dividuo. Anzi, sarebbe meglio non rivendicata a gran voce. dire che le tipiche relazioni nelle diventare mai un individuo. I livelli Tale attitudine, spesso osserva- famiglie mafiose sono rappresen- gerarchici non vanno indagati, ciò ta anche tra i familiari dei pentiti, tabili come verticali, autoritarie, che importa è la fedeltà ad oltran- denota una chiusura nel proprio con un padre spesso assente fisi- za, l’immedesimarsi nel gruppo, la mondo a parte e “l’incapacità di camente, ma onnipresente come cieca obbedienza agli ordini. In tal confrontarsi con la realtà del mon- principio di autorità, con una ma- senso la socializzazione primaria, do esterno, di cui si disconosco- dre potente, ma sottomessa e con quella famigliare, prefigura quella no non solo le regole, ma anche i figli obbedienti, molto integrati secondaria, vale a dire quella che le offese arrecate e le sofferenze nel gruppo familiare e nel conte- predispone il maschio a diventare provocate”15. D’altra parte, però, ci sto di un mondo vissuto consape- un potenziale affiliato, e la femmi- sono molti indizi che rimandano volmente e con orgoglio come “a na ad aspirare alla carriera di una a profonde crisi, dovute al crollo parte”. I magistrati spesso si tro- “madre dei miei figli”, come dico- del vissuto di onnipotenza della vano di fronte questa “figura” di no i mafiosi quando parlano delle famiglia mafiosa, per via di arresti, famiglia, compatta e chiusa su se loro mogli. Complessivamente sia tradimenti, collaborazioni ecc. Per stessa. Scrive Alessandra Camassa, l’educazione consapevole, sia le la prima volta si verifica, da qual- a suo tempo Sostituto Procuratore varie forme della comunicazione che anno, che parenti di mafiosi – e collaboratrice di Paolo Borselli- fra le componenti della famiglia, spesso figli e figlie, mai loro stessi no: producono una sorprendente co- – fanno ricorso ai servizi pubblici “L’aspetto costante e fondamen- esione famigliare all’insegna della della salute mentale per chiede- tale dei discorsi [delle donne] era normalità. Un senso di normalità quello di spiegarmi che i loro uo- – e questo è un dato che coglie di 15 Alessandra Dino, Mutazioni. Et- mini non uscivano mai da casa e sorpresa e di sgomento spesso gli nografia del mondo di Cosa Nostra, La quindi non potevano avere com- Zisa, Palermo, 2002, p. 215. messo alcun reato, erano dei per- fetti padri di famiglia ed avevano insegnato ai loro figli i valori del rispetto e dell’obbedienza. Spesso portavano i bambini con loro; ra- gazzini educati e molto sottomessi all’idea della figura paterna. Si evi- denziava appieno, in tal modo, la figura delle donne nella loro veste di madri all’interno della famiglia mafiosa: la madre, pur nel ruolo casalingo, svolgeva una funzione primaria in quanto appoggiava il modello trasmesso dal padre. Ed infatti le figlie raccontavano spesso di padri sempre assenti ma sempre presenti nei racconti mi- tizzanti della madre: donna-madre che si costruisce un uomo-eroe che in realtà non esiste…. Ed in ef-

Ristretti 14 Orizzonti n.4 - 2013 fetti il padre delle famiglie di mafia ta l’icona della figura della madre. non esiste nella realtà del rappor- “L’unica donna veramente impor- to quotidiano, non cura i rapporti tante per un mafioso è e deve es- affettivi con i figli delegandoli in sere la madre dei suoi figli, le altre pieno alla moglie, ma tuttavia i sono tutte puttane”, diceva il giu- figli vengono continuamente “ri- dice Falcone, che bene conosceva empiti” della figura paterna dalla i mafiosi18. Questo sdoppiamento madre” 16. della figura femminile in madonna e puttana, esasperato in ambiente La figura femminile in mafioso, non è estranea alla nostra cultura in generale. A questo si ag- quanto madre e il suo giunge un tratto, anch’esso non antico ruolo nella “peda- infrequente: quello di privilegiare gogia della vendetta” il figlio maschio rispetto alla figlia femmina. La nascita del maschio concede alla donna, seppure come Alla figura femminile in quanto riverbero, una partecipazione allo madre spetta un ruolo particolare splendore del principio maschile, nei contesti mafiosi, non solo per principio dominante nella sfera le sue funzioni materiali, per il suo pubblica, e contemporaneamente antico ruolo nella “pedagogia della le dà la possibilità di modellarlo, di vendetta”, ma anche sul piano sim- legarlo, di renderlo dipendente e bolico, in rapporto con il significa- di farlo suo per interposta perso- to stesso del legame che si crea fra na nella sfera privata. Attraverso il il singolo uomo e l’organizzazione potere sul figlio maschio la madre mafiosa – organizzazione che da- si appropria dello splendore del gli stessi affiliati viene chiamata principio maschile, perché è lei zare la violenza è intriso di violen- “mammasantissima” 17. Nella sin- colei che l’ha generato. Il possesso za esso stesso; le loro strategie, che drome della “madre dei miei figli” del figlio, agito fatalmente dall’a- ho sintetizzato nel concetto dell’a- echeggia automaticamente un more materno, rivela così le sue stuzia dell’impotenza femminile, disprezzo per le donne: la donna, due facce. Si tratta di un possesso le consegnano alla violenza dei temuta e rifiutata con diffidenza esclusivo, goduto nel privato, che loro uomini, anima e corpo. Nella perché portatrice delle tentazioni gratifica e valorizza la donna in tensione tra essere e apparire, l’a- di Eros, desessualizzata e resa fun- quanto madre e, contemporanea- stuzia dell’impotenza femminile zionale per la riproduzione, diven- mente, si tratta di una licenza per è fondata sull’esigenza di ribadire il figlio di comportarsi da maschio con forza la propria impotenza, al 16 Alessandra Camassa, Lo psichismo nel sociale – con tutto ciò che da fine di evitare contestazioni della mafioso femminile. Una testimonianza, questa licenza deriva per la madre propria posizione che, in realtà, in Girolamo Lo Verso (a cura di), La mafia dentro. Psicologia e psicopato- stessa in quanto donna. Crescere testimonia spesso un potere di logia di un fondamentalismo, Franco il proprio figlio nell’illusione del- fatto. Tale atteggiamento richiede Angeli, Milano 1998, p. 121/22. la sua supremazia significa, per la però costi molto elevati sul piano donna, legarlo a sé, fargli da te- emotivo e identitario. È come se la 17 Erich Fromm ha scritto: “Il trasfe- stimone, da garante della sua su- psiche femminile, in questo dop- rimento della funzione materna dalla periorità alla quale ella partecipa pio gioco, mettesse in scena uno madre reale alla famiglia, al clan, alla illusoriamente in quanto madre. scacco matto, di cui rimane traccia nazione, alla razza, presenta lo stesso Significa anche instillargli, confer- nel rapporto con se stesse e con le vantaggio che abbiamo già rilevato margli un disvalore del femminile, altre donne. Si potrebbe dire che a proposito della trasformazione da al limite un disprezzo per le don- siamo di fronte a una colonizza- narcisismo personale a narcisismo di ne. Valorizzando in questo modo il zione patriarcale – da parte delle gruppo… Empiricamente, si può age- volmente sostenere che esiste una materno, le madri contribuiscono donne stesse – del proprio mon- stretta correlazione tra le persone con a svalorizzare il femminile, le don- do interiore, al fine di tenere sot- una forte fissazione alla loro madre, ne. Contribuiscono a diffondere to controllo, nel mondo sociale, le e quelle dai legami eccezionalmente una cultura della sopraffazione e conseguenze del patriarcato reale forti con la nazione e la razza, la ter- della violenza. nella distribuzione asimmetrica ra e il sangue. E’ interessante notare In rapporto alla violenza il ruolo del potere. in tale contesto che la Mafia siciliana, delle donne nei contesti di mafia La più grande violenza delle don- una società segreta di uomini rigoro- appare segnato da una serie di pa- ne in queste situazioni – al di là samente ristretta, da cui sono escluse radossi. Il loro ruolo nel normaliz- della loro collaborazione criminale le donne…, viene chiamata “Mam- diretta – consiste probabilmente ma” dai suoi membri.” Cfr. Psicoanalisi in questa attiva complicità con la dell’amore, Newton Compton, Roma 18 Giovanni Falcone e Marcelle Pa- propria subordinazione.- 1971, pp. 129 e 130. dovani, Cose di Cosa Nostra, cit. p. 76. Ristretti 15 Orizzonti La violenza che cancella le donne Capitolo secondo

La violenza che cancella le donne Quando si parla di reati in famiglia, e di violenza contro le donne, sappiamo che ci sono dietro spesso storie di uomini violenti, ma ci sono anche relazioni che si sfasciano, vite che deragliano per un conflitto, per una separazione, per l’immagine della famiglia felice che va in frantumi, non facciamone allora un’unica fotogra- fia del mostro, andiamo a ragionarci dentro, a scavare… Noi non crediamo che sia meno interessante per la stampa raccontare una storia anche da questo punto di vista, per capire, per indagare perché è successo, per smontare i meccanismi di una cultura che fa male alle donne. Gli studenti che ascoltano le testimonianze di uomini che hanno compiuto gesti violenti imparano proprio a vedere quanto è complessa la realtà, imparano a capire che bisogna saper chiedere aiuto, che bisogna avere la forza di parlarne, di condividere la sofferenza con altre persone. Ma se l’idea è di rispondere alla violenza contro le donne con una pena di altrettanta violenza come l’erga- stolo, allora non ci stiamo, e però ne vogliamo parlare.

questo servisse a prevenire quei reati, posso dire che una persona che distrugge la sua famiglia non fa calcoli di pena perché non ha un progetto per il futuro, se non quello di porre fine a tutto, per paura forse, paura a volte di non farcela, di non essere più in grado di reggere la responsabilità. Vorrei allora che piuttosto che par- lare di ergastolo si parlasse invece di come trovare una possibilità di prevenzione, di attenzione ver- Una persona che distrugge la sua so la persona e la famiglia nel suo percorso di vita e prima che giun- famiglia non fa calcoli di pena ga eventualmente ad annullarsi se qualcosa non funziona più. Con questo io certo non voglio di Ulderico Galassini, Ristretti Orizzonti dire che chi uccide deve rimane- re impunito, ma bisogna fare in modo che chi ha commesso quel ggi si parla di violenza che Magari si fosse verificata questa terribile reato si racconti, spieghi, “cancella le donne”, io ap- possibilità, sarei ancora con mia ricostruisca quello che gli è suc- Opartengo all’altra parte, moglie e con mio figlio e lui avreb- cesso, e bisogna poi mettere assie- quella che si trova ad aver com- be ancora sua mamma, o se ci fos- me queste storie, cercare di capire messo il crimine, il più assurdo, de- sero stati problemi tra di noi, avrei e diffondere con serietà i risultati finire la morte della persona che scelto la separazione, il divorzio. di questo lavoro. A partire da un ha condiviso progetti importanti Ma non c’era nessun motivo per ascolto che sia un ascolto vero e di vita assieme: costruire una fa- separarci, anzi avevamo ancora non uno stare a sentire, che sono miglia, proporsi obiettivi, raggiun- tanti progetti futuri. cose ben diverse. Serve un ascol- gerli, esserne orgogliosi e poi… Da anni, il mio primo pensiero è to di chi ha già malauguratamen- perché ti trovi imprevedibilmen- la consapevolezza che si è mani- te conosciuto questo tipo di reato, te ed incredibilmente ad aver di- festata troppo tardi, subito dopo come è successo a me, che sono strutto tutto? aver commesso il reato, di quale arrivato, all’età di 54 anni, a di- Non so neppure dire come avvie- atto mostruoso ha subito mia mo- struggere tutto quello che avevo ne, ma a me è successo, e come a glie, 35 anni assieme distrutti per costruito con grande passione pri- me penso sia successo ad altri, di cosa? Poi, l’altro pensiero va a mio ma, partendo da quasi niente, non fare qualcosa che non avevo mai figlio, ai parenti di mia moglie, a da solo ma assieme a mia moglie, neppure lontanamente immagi- chi ha avuto modo di apprezzarla una donna che sinceramente me- nato, e tanto meno quindi avevo nel suo essere stata oltre che mo- ritava ogni attenzione. Ma io quel- riflettuto sulla pena, su quanti anni glie, madre, insegnante, amica e le attenzioni gliele ho date sino al avrei preso se avessi commesso un parte attiva della società. 26 maggio 2007, poi “il buio” com- gesto così violento. Quando sento parlare di fare pre- pleto, nessun sentimento, sensa- Spesso ci viene chiesto: ma non venzione aumentando le pene, zione, quasi un agire da automa, potevi pensarci prima? e chiedendo l’ergastolo, come se perché?-

Ristretti 16 Orizzonti La violenza che cancella le donne Capitolo secondo

Adolfo Ceretti introduce Fanny Marchese La parola va ora alla dottoressa Fanny Marchese, che è con noi per parlare di una esperienza che per i mila- nesi riveste un significato molto particolare. La creazione, da parte della dottoressa Alessandra Kustermann – che come è stato preannunciato non può essere presente – del Centro contro la violenza sessuale e del Centro contro la violenza domestica, ai quali si è aggiunto, di recente, lo Sportello per bambini e adolescenti maltrattati, è per Milano “un fiore all’occhiello”, tanto che nel 2010 alle equipe che lavorano presso queste strutture è stato assegnato l’ambito riconoscimento dell’Ambrogino d’oro.

Violenza fisica, violenza psicologica, violenza economica

Quando una donna subisce un trauma di tale natura, è abbastanza scontato che abbiamo un corpo ferito, ma anche un’anima che da subito va curata

di Fanny Marchese, avoro come assistente sociale quindi costituito da un’equipe di assistente sociale del al Soccorso Violenza Dome- personale sanitario: ginecologi, stica e Sessuale della clinica medici legali, infermiere, ostetri- Soccorso Violenza Sessuale L e Domestica della Clinica Mangiagalli. Non nascondo che è che, da psicologhe e da assistenti abbastanza emozionante per me sociali, che si occupano di tutta Mangiagalli di Milano che mi occupo di donne vittime di quell’altra parte che è necessaria, violenza intervenire dopo questa di cui poi vi parlerò, e siamo an- testimonianza, quindi perdonere- che supportati da un gruppo di le crede, che la supporta. Questo te un po’ di titubanza. Avvocati che assiste le donne sia luogo non penso che possa essere Due parole su che cos’è questo in sede Penale che Civile, perché lo stesso luogo in cui si prendo- servizio: è un servizio che sta all’in- occuparsi di violenza di genere è no in carico anche gli uomini che terno di una struttura ospedaliera, un problema estremamente com- hanno agito delle violenze e che si nasce nel 1996 come Soccorso plesso e richiede l’intervento di sono assunti le loro responsabilità, Violenza Sessuale, è un servizio varie professionalità. che vogliono essere curati. Credo collocato all’interno di un Pronto Come potete immaginare io por- che sia abbastanza semplice capi- Soccorso ostetrico ginecologico terò qui il punto di vista delle don- re il perché, sono momenti e cose e come potete immaginare sta ne, questo è quello che noi faccia- diverse. aperto e funziona 24 ore su 24. mo e quello che ci hanno chiesto Il nostro servizio è un servizio che Nasce su volontà della Dottoressa di fare, accogliere le donne vittime è in funzione tutti i giorni dalle 9 Kustermann e con la collaborazio- di violenza. Premetto che questo alle 17, ma quando chiudiamo ab- ne di Regione Lombardia, il Comu- non vuol dire che non ci interes- biamo una reperibilità 24 ore su ne di Milano, l’ASL, per inizialmen- sa lavorare con gli uomini, anzi, io 24, siamo a disposizione di tutto te accogliere le donne vittime di e la nostra equipe crediamo che il personale sanitario dell’ospeda- violenza sessuale e prestare a que- possiamo affrontare e superare il le, delle forze dell’ordine. Ed è un ste donne fin da subito l’assisten- tema della violenza di genere solo servizio che è diventato un Cen- za sanitaria necessaria. Ma non facendolo insieme. È anche però tro di riferimento Regionale sulla solo l’assistenza sanitaria, perché vero che io ritengo che ci sono violenza sessuale, per cui tutte le quando si subisce un trauma di dei momenti e ci sono dei luoghi donne che subiscono una violen- tale natura è abbastanza sconta- che hanno un compito predefini- za sessuale in Regione Lombardia to che abbiamo sì un corpo ferito, to, quando una donna è vittima di vengono portate al nostro Centro, ma anche un’anima che da subito violenza ha bisogno di trovare un dove trovano la possibilità di avere va curata. Il servizio negli anni si posto dove si sente accolta come un’accoglienza specializzata, ma è avviato e nel 2007 abbiamo co- vittima, e un posto dove necessa- di poter fare anche appunto degli minciato anche ad occuparci di riamente deve trovare qualcuno accertamenti sanitari e medicole- violenza domestica. È un servizio che crea con lei un’alleanza, che gali che sono estremamente im-

Ristretti 17 Orizzonti n.4 - 2013 portanti per tutto quello che verrà aiuta perché un’altra cosa che ab- dopo. Il nostro Pronto Soccorso biamo concordato con i medici e generale è un Pronto Soccorso a gli operatori del triage è quella di cui le donne vittime di violenza verificare immediatamente se la domestica vengono accompa- donna ha fatto altri accessi presso gniate dal 118, quando intervie- il nostro ospedale, e se sì, per ne, e i medici del Pronto Soccorso quale motivo. Quindi le situazioni possono avvalersi della nostra col- di cui noi ci occupiamo e che laborazione sempre. Questo quin- arrivano da noi sono situazioni di è quello che facciamo. in cui la violenza è già in corso. Io preferisco parlare di violenza di psicologico assistendo continua- Allora noi che cosa dobbiamo genere più che di violenza dome- mente a queste violenze. fare? Che cosa è prioritario in quel stica, perché, va detto, soprattut- Una delle prime cose che noi fac- momento? In quel momento è to per quanto riguarda la violen- ciamo nel nostro lavoro è quella di per noi assolutamente necessario za sessuale, è vero, noi vediamo cercare di distinguere le situazioni fermare la violenza, perché ci sono anche degli uomini che hanno che sono delle situazioni di conflit- quelle situazioni che sfociano poi subito violenze sessuali, quindi tualità dalle situazioni di violenza. nei femminicidi, questa parola che una parte dei nostri accessi sono Quelle situazioni in cui vi è una non amiamo. Poi quando le vai ad anche uomini vittime, ma in ogni conflittualità, a volte alta, che può analizzare, molte di queste erano caso hanno subito violenze ses- magari essere stata caratterizzata situazioni in cui si poteva fare suali da altri uomini, per questo vi anche da un unico episodio di vio- qualcosa prima, si potevano fare dico che questo è un problema di lenza. È chiaro che vengono ap- tante cose prima. Quindi quello genere. procciate in una maniera diversa, che noi siamo chiamati a fare nel È importante capire che quando e sono tutte quelle situazioni su momento in cui le donne arrivano parliamo di violenza domestica cui magari si può intervenire con da noi è cercare in qualche modo parliamo di un problema com- altri interventi, come ad esempio di fermare la violenza, poi tutto ciò plesso, parliamo di una situazione gli interventi di mediazione. che è riparabile lo ripariamo, ma in dove ci possono essere percosse, Le situazioni che arrivano da noi quel momento bisogna fermare ci può essere violenza fisica, ci può sono invece situazioni caratte- la violenza e valutare il rischio essere a volte anche solo violen- rizzate quasi sempre da violen- che la donna corre in quel preciso za psicologica, ci possono essere ze reiterate nel tempo. Quando momento. minacce, ci può essere violenza veniamo allertati dai medici del sessuale e, lasciatemi fare una pre- Pronto Soccorso sono loro stessi Quando la violenza cisazione, spesso le stesse donne a fare già un primo screening, per- non riconoscono la violenza ses- ché accolgono la donna e molto può esordire all’interno suale che avviene all’interno del spesso già raccolgono un raccon- di una coppia? vincolo matrimoniale, della convi- to non solo dell’episodio dell’ag- venza, quando sono costrette dal gressione avvenuta poche ore Quando la violenza può iniziare proprio marito o compagno a su- prima e che ha portato al Pronto all’interno di una coppia, all’inter- bire dei rapporti sessuali quando Soccorso, ma anche di episodi no di una relazione di convivenza loro non lo vogliono minimamen- pregressi. A volte le donne non o di un matrimonio? Può iniziare te e non lo desiderano, non gli vie- raccontano gli episodi pregressi, quando ci sono dei momenti di ne neppure in mente che poteva- ma la tecnologia in questo caso ci crisi familiari, dei cambiamenti di no sottrarsi, che questa in qualche modo era una forma di violenza, perché le donne stesse conside- rano questo un dovere coniuga- le. Quindi violenza fisica, violenza psicologica, violenza economica, spesso queste forme di violenza si associano tra di loro, e non dimen- tichiamo che in queste situazioni familiari vi è un’altra forma di vio- lenza che nasce e si sviluppa e che è la cosiddetta “violenza assistita”, cioè, la violenza di cui sono vittime i figli di questa coppia che conti- nuamente sono esposti ad atti di violenza, anche là dove loro non subiscono e non sono mai maltrat- tati, però ricevono un grave danno

Ristretti 18 Orizzonti n.4 - 2013 vita all’interno della coppia. Ad le donne non denunciano, perché che hanno appreso la violenza fin esempio uno dei momenti più le donne non chiedono aiuto, per- da bambine, se hanno una storia diffusi di esordio della violenza è ché non si muovono prima?”. Cer- familiare di un certo tipo, e sap- la gravidanza. Noi che lavoriamo chiamo di capire insieme perché. piamo che spesso è così. A volte all’interno di un Pronto Soccor- Molti autori lo hanno studiato e hanno problemi pratici, non sono so ostetrico ginecologico questo naturalmente le situazioni di vio- indipendenti dal punto di vista problema lo tocchiamo con mano. lenza domestica non sono delle economico. Pensiamo a quelle La donna è in una situazione di situazioni in cui c’è violenza tutti donne che hanno lavorato per maggior dipendenza quando è in i giorni, solitamente si parla di un tantissimi anni e lavorano all’in- gravidanza, dipendenza sia affetti- cosiddetto “ciclo della violenza”. terno di un’impresa familiare. Pre- va che economica, aumentano le Un ciclo per cui l’uomo può essere stano la loro attività, lavorano, non responsabilità e le preoccupazio- violento, anzi diciamo che solita- sono retribuite, non parliamo dei ni in entrambi, è una condizione mente la situazione è preceduta contributi e di un futuro pensioni- che può diventare estremamente da una crescita di tensione all’in- stico, hanno naturalmente svolto stressante. A volte gli uomini sen- terno della coppia, poi vi è una anche la loro attività casalinga, è tono di non essere più al centro manifestazione della vera e pro- all’interno di quella relazione che dell’attenzione della donna. pria violenza, e successivamente subiscono la violenza domestica, Un altro momento estremamente all’esplosione della violenza c’è voi capite che pensare di separar- delicato in cui può iniziare la vio- una cosiddetta fase di riconcilia- si, andare via vuol dire ricomincia- lenza o manifestarsi in una manie- zione, c’è un momento in cui gli re da zero, non sapere da che par- ra molto grave è quando le donne uomini chiedono scusa, chiedo- te girarsi. decidono di separarsi, quando de- no perdono, e le donne, che qua- Spesso c’è questa idea: “Sto con lui cidono di porre fine a una relazio- si sempre vogliono bene ai loro per i figli”. Perché questo della fa- ne che considerano conclusa, che compagni, li hanno scelti, li hanno miglia unita è purtroppo un mito considerano non più tollerabile. E sposati per amore, pensano che che dobbiamo un po’ sfatare, in le donne questa cosa la percepi- la cosa importante sia tenere uni- queste situazioni naturalmente, ci scono. ta la famiglia per il bene dei figli, sono ancora una serie di condizio- Io ho incontrato purtroppo cen- pensano che quell’uomo possa namenti psicologici per cui le don- tinaia di donne, e molte di que- cambiare e accettano le scuse, ac- ne stesse pensano: “Non posso se- ste alla separazione ci avevano cettano il perdono, e il ciclo rico- pararmi. Non è bene separarmi”. pensato, ma non avevano gli mincia e questo fa si che le donne Spesso le famiglie di origine dan- strumenti, non avevano le risorse rimangano lì. no questo tipo di messaggi, e poi ma soprattutto avevano paura, Le donne non se ne vanno per- soprattutto molto spesso le donne perché un pensiero che spesso le ché sperano sempre che il proprio non chiedono aiuto perché hanno donne hanno è quello di restare compagno o marito possa cam- paura, certo, perché a volte non lì e controllare chi ti fa del male, è biare e perché lui non è sempre sanno dove andare, ma perché meglio che non sapere dov’è, non quella persona violenta, perché hanno paura, ricevono minacce e sapere quando può arrivare, e non sono poi donne che a causa del molto spesso la violenza è accom- rendersi conto che quindi può di- protrarsi della violenza fisica, ver- pagnata anche da questa minac- ventare più pericoloso, successi- bale, psicologica ormai si sentono cia: “Se denunci, se chiedi aiuto, vamente. completamente impotenti, non perderai i tuoi figli, te li porterò Molto spesso, quando andiamo in pensano che possa esserci un’altra via, ammazzerò te e ammazzerò giro, molti ci chiedono: “Ma perché strada. Molto spesso sono donne tutti quanti”.-

Ristretti 19 Orizzonti La violenza che cancella le donne Capitolo secondo

Adolfo Ceretti introduce Francesca Archibugi “Attraverso i centri antiviolenza non racconto soltanto cosa fanno gli uomini alle donne, ma anche quanto le donne siano corresponsabili di questo stato di cose: come dietro ogni uomo che picchia ci sia innanzi tutto una madre che l’ ha messo al mondo, e poi delle maestre che lo hanno istruito, delle sorelle che lo hanno fatto passare per primo, ed infine una compagna che, ognuna a suo modo, si è fatta vittima. Come, cioè, la società legittimi la violenza”. Sono parole di Francesca Archibugi, regista e sceneggiatrice che nel 1988 ha esordito dietro la macchina da presa con Mignon è partita. Dopo vent’anni dall’uscita de Il grande cocomero (1993) ho finalmente l’opportunità di esprimere tutta la mia gratitudine ad Archibugi, perché questo film ha avuto un riflesso importantissimo nel mio mondo, e ha rafforzato la motivazione di proseguire nella strada che avevo intrapreso. Come è noto, Archibugi affronta in questo film il tema spinoso delle patologie neu- ropsichiatriche infantili, attraverso il ritratto della famiglia di una ragazzina epilettica. Il grande cocomero ripercorre alcune fasi della vita del neuropsichiatra infantile Marco Lombardo Radice, e la sua esperienza al reparto di via dei Sabelli di Roma. Questo film ha vinto numerosi premi. Non posso ora elencare tutti gli altri prestigiosissimi film di Archibugi. Ricordo soltanto che nel 2012 ha girato il cortometraggio “Giulia ha picchiato Filippo”, che vede quali protagonisti Scamarcio e Trinca e contiene un toccante collage di testimo- nianze raccolte in alcuni Centri antiviolenza. Prodotto dal Ministero delle Pari Opportunità e trasmesso da Rai Uno per la Giornata Internazionale contro la Violenza alle Donne, ha vinto il Peace Award sotto il patroci- nio dell’Unicef nella diciassettesima edizione del Festival Capri Holliwood.

Quella spirale della violenza che comincia sempre da un amore molto romantico

ome immaginerete il mio in- stro Paese è fra l’altro tristemente tervento sarà diverso, non capofila. Csono una esperta del setto- Quando ho iniziato la ricerca per re. Mi sono avvicinata al tema del- questo lavoro, e mi è stata data la violenza sulle donne perché si è completamente carta bianca dalle trattato di un’occasione che mi è organizzatrici di “Differenza Don- stata offerta da una associazione na”, che ho conosciuto approfon- che si chiama “Differenza Donne”, ditamente, e dalle quali mi sono che gestisce i Centri antiviolenza fatta guidare, e che non ringrazie- del Comune e della Provincia di rò mai abbastanza, mi sono resa Roma. Naturalmente mi sono av- conto che i luoghi comuni più forti vicinata a questa idea con il cer- che io stessa per prima avevo era- vello pieno di tanti luoghi comu- no che molto spesso avveniva una ni. Quindi la prima informazione è violenza tramite l’amore, cioè la stata proprio quella che mi ha per- violenza di un uomo su una donna messo di disgregare le credenze era un atto inspiegabile che avve- di Francesca Archibugi, che avevo, ed è stato molto inte- niva per un raptus, legato appun- regista e sceneggiatrice, ressante riuscire a farlo. to all’amore. ha esordito nella regia In questo periodo si parla molto di con Mignon è partita, ha violenza sulle donne, e alcune mie realizzato altri film fra i amiche, spiritose e ciniche, mi di- quali “Il Grande Cocomero”, cono sempre: “Ma cos’è all’improv- “Lezioni di Volo” e “Questioni viso questo femminicidio, non di Cuore”. È autrice del parlate d’altro!”. In effetti è impor- cortometraggio “Giulia ha tante approfondire una questione picchiato Filippo”, che unisce nel momento in cui si solleva un testimonianze raccolte nei interesse, ma soprattutto questo interesse bisogna sempre ricorda- centri antiviolenza a una re che purtroppo viene da numeri breve fiction mostruosi di un reato, di cui il no-

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Andando invece ad analizzare no piano piano discriminate a loro le storie mi sono resa conto che stesse. Ma questo mobbing che spesso non era cosi, naturalmen- porta fino alla violenza, in realtà è te anche questo qualche volta ac- del tutto supportato dalle donne cade, però la stragrande maggio- di contesto. Bisogna quindi anche ranza delle volte si innesca quella accettare, e non sempre sono riu- che viene chiamata “la spirale del- scite a farlo delle grandi femmini- la violenza”, cioè un fenomeno che ste, grandi pensatrici, che nell’ani- giustificati, perfino dai giornali. ha proprio dei passaggi che sono mo femminile c’è una grandissima Perché parlare di un raptus di una legati al rapporto uomo – donna, componente antifemminista, sol- persona tendenzialmente molto e che sono anche riconoscibili all’i- tanto aprendo gli occhi su questo, normale e non violenta, voler di- nizio. Io qui sto parlando di violen- e tenendoli bene spalancati, con pingere così certi comportamenti za domestica e non di violenza di quella che Carla Lonzi chiamava qualche volta è un modo per giu- genere, perché anche in questo l’autocoscienza, cioè il fondamen- stificare perennemente il fatto che bisogna fare una distinzione, cioè to del lavoro sul femminismo, una esista la violenza domestica, e la io sto parlando di quello che suc- donna può accettare e riconoscere violenza di genere dell’uomo sul- cede fra le quattro mura di casa, in se stessa anche quella specie di la donna. Cioè, gli uomini nei con- non quello che succede a tante “aberrazione antropologica”, che fronti delle donne sono violenti, donne, magari attraversando un fa nei confronti delle altre donne. sono più violenti di quanto non bosco o in un luogo appartato, per Voler rinchiudere il rapporto fra le lo sono le donne, su questo biso- mano di un estraneo. Questa spi- altre donne in una specie di parna- gna mettersi d’accordo e accetta- rale della violenza che comincia so di sorellanza fasulla, purtroppo re questa cosa, perché molto spes- sempre nello stesso modo, con un è quello che in tanto femminismo so sui giornali, nell’informazione amore molto romantico, dove una storico ci ha impedito di progre- la violenza viene raccontata come donna perde completamente la dire e fare dei passi avanti. Cioè il un caso eccezionale, ma non è un testa perché non è mai stata trat- rapporto fra le donne, fra donne è caso eccezionale. La violenza si tata cosi berne, e che piano, piano molto complesso, è bello per que- può fermare, a partire da un tipo si stringe secondo delle tappe che sto, ma non parlo soltanto della di mobbing psicologico, che tut- sono sempre uguali, in una specie solita rivalità che viene raccontata te conosciamo, e dal quale tutte di coercizione, dapprima psicolo- spesso, è qualcosa di molto com- dobbiamo difenderci, per arriva- gica e poi via via fisica, fino ad arri- plesso, soprattutto con un uomo re fino alla sua degenerazione più vare all’omicidio, all’assassinio che al centro. Io ho due figlie, ho an- violenta. è una parola più neutra, se non vo- che un maschio, ma con le figlie il Adesso io mi vorrei occupare di un gliamo dire “femminicidio”. rapporto nei confronti del padre è documentario che parli dal punto Io credo che avendo coscienza, particolare, e poi la madre dell’uo- di vista degli uomini, vorrei andare riconoscendo queste tappe ci si mo e poi le sorelle e poi le colle- a intervistare, far parlare gli uomi- possa forse fermare prima, e una ghe, cioè molto spesso l’assassinio ni che hanno commesso violenza. di queste tappe, e vedo che ci sono di una donna avrebbe potuto es- Anche qui non ho ancora incomin- molte donne qui dentro, tutte le sere riconosciuto, denunciato, fer- ciato questo lavoro e mi immagi- possono riconoscere quelle possi- mato da tutte le donne che ci sono no che dovrò imparare molto, per- bili tappe, è quel mobbing occul- state intorno e che non hanno vo- ché i documentari sono, lo diceva to che viene fatto dentro casa. È luto vedere, semplicemente. Per- bene Rossellini, sempre utili per- quella la prima cosa che va rotta, ché il percorso dell’uomo violento ché tu impari, vai li, fai delle inter- il mobbing familiare, cioè il fatto spesso viene giustificato, gli uomi- viste e cerchi di capire. Spero così che molto spesso le donne vengo- ni sono tendenzialmente sempre di vedere anche sgretolarsi i luo-

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ghi comuni che ancora non so di l’ascolto, sono drammaticamen- ste due cose, cioè il fatto che mol- avere. Quello che fino ad ora ho te risorse buttate, perché spesso to spesso non è il carcere il posto capito è che è molto difficile in- vengono utilizzate soltanto per dove devono stare le persone che tervenire su un uomo violento, lo ottenere degli sconti della pena, commettono un certo tipo di rea- dico qui e lo dico con un brivido, con dei finti pentimenti. Allora io to, a meno che non siano reitera- nel senso che abbiamo avuto una sto dicendo questo in un carcere, tamente violenti, ma anche il fat- testimonianza molto toccante di mi rendo anche conto della sgra- to che il percorso del pentimento un uomo incredibilmente man- devolezza di quello che posso spesso non è radicato e profondo, sueto. Però, studi di tutto il mondo dire, non sono cosi insensibile, ma perché riguarda tutta una serie di ci stanno dicendo che è molto dif- io mi sento di dirlo a cuor leggero, altre questioni che bisognerebbe ficile, si può prevenire la violenza, perché sono profondamente con- analizzare. Io in questo mi sento ma non riconvertire un uomo vio- tro la cultura carceraria, cioè non un po’ portavoce delle operatri- lento, e a queste conclusioni sono credo che il carcere serva a nien- ci che lavorano sul campo della giunti in Canada, in Danimarca, in te per questo genere di problemi. violenza, e voglio anche parlare Inghilterra, addirittura le mie ado- Questa idea, purtroppo anche del- di quella terribile omertà giustifi- ratissime operatrici dei centri anti- la sinistra, del “buttarli dentro in cazionista da parte della società, violenza, che ho già incominciato una cella e poi buttare le chiavi”, che permette all’uomo violento di a sentire anche per questo lavo- è una cosa che secondo me non continuare a perpetrare i suoi de- ro, sostengono che gli sportelli, ha senso. Però bisogna unire que- litti.-

Adolfo Ceretti Ringraziamo sentitamente Francesca Archibugi. Un’unica nota. Archi- bugi è ricorsa a espressioni molto forti, soprattutto per quel che riguar- da la questione dell’atteggiamento manipolatorio che i soggetti vio- lenti possono assumere nei confronti delle istituzioni e di chi li prende in carico. Io sono un docente universitario ma, orgogliosamente, lavoro anche sul campo. Desidero sottolineare, tenuto conto di tutte le per- sone che sono qui, detenuti e operatori, che uno degli aspetti più dif- ficili, più complessi, ma anche affascinanti del nostro lavoro è quello di accogliere questo atteggiamento manipolatorio e opportunista che indubbiamente assai spesso viene giocato, per trasformarlo in qual- cos’altro. Paradossalmente, quell’atteggiamento, quando si manifesta, può essere un passaggio decisivo nell’”aggancio” del soggetto in que- stione, che si esprime più o meno in questi termini: “Io adesso domino anche voi, piego anche voi ai miei fini, ai miei obiettivi”. È lì che i bravi operatori sanno ascoltare, sanno cogliere l’opportunità per provare a promuovere una cesura. Io sono un po’ più ottimista di Archibugi e non credo che tutti i soldi siano buttati. Lo dico senza polemica, ma ci tengo a sottolinearlo.

Ristretti 22 Orizzonti È possibile uscire dalla violenza Capitolo terzo senza infliggere ai violenti la “cura Ludovico”?

È possibile uscire dalla l’omonimo film. Un film sulla Vio- così chiamata perché rende ad Alex violenza senza infliggere ai lenza, quella orrenda e spietata di insopportabile, oltre alla Violenza, violenti la “cura Ludovico”? Alex, il giovane criminale prota- anche la Nona sinfonia di Beetho- gonista, ma anche quella di uno ven, da lui tanto amata, in quanto “È preferibile un mondo di Violenza Stato che per curare applica la te- la utilizza per accompagnare le scelta come atto volontario a un rapia del “disgusto per la Violenza”, orribili immagini a cui il ragazzo è mondo condizionato, program- legando il ragazzo, con gli occhi costretto ad assistere. mato “dall’alto” per essere buono forzatamente sbarrati davanti ad Ma non possiamo almeno sperare o inoffensivo”, scrive Anthony Bur- immagini cruente, e iniettandogli che la violenza si possa “scardina- gess, autore del romanzo “Arancia una sostanza dolorifica che gli tor- re” senza che lo Stato usi altrettan- meccanica” da cui è stato tratto ce lo stomaco. È la “cura Ludovico”, ta crudeltà nella sua risposta?-

Adolfo Ceretti introduce Marina Valcarenghi Che cosa pensano di se stessi i pedofili, gli stupratori? Quali sono le loro storie e come sono diventati sessualmente violenti? A questo tema Marina Valcarenghi, psicoanalista, ha dedicato gran parte della sua vita. Marina è laureata in giurisprudenza ma poi ha fatto un percorso lontanissimo dal suo titolo di studio, nel senso che ha compiuto un percorso di formazione in psicologia analitica a Milano e a Zurigo, e si è accostata all’indirizzo junghiano. Ha scritto numerosi volumi tra i quali voglio citare Ho paura di me. Il com- portamento sessuale violento, basato sull’attività sperimentale di psicoterapia che Marina Valcarenghi ha promosso, tra il 1994 e il 2002, all’interno del reparto di isolamento maschile del carcere di Opera, dirigen- do il suo intervento verso i condannati per violenza sessuale.

Nessuno si senta fuori dal male, nessuno pensi di non fare il male

razie di avermi voluta qui. anche da persona a persona. Per E quindi ringrazio tutta esempio, l’idea di violenza di Attila Gl’organizzazione di questo e la vostra, immagino che non sia evento. Sono contenta di essere molto uguale, molto simile, no? L’i- qui oggi. E rivolgo un saluto a tutti dea di vigliaccheria di un vecchio voi che siete presenti. In partico- prussiano e di un giovane lare voglio esprimere un saluto obiettore di coscienza spagnolo, o molto affettuoso a tutti quelli che di un pacifista, sono diverse. E al- stanno scontando una pena. Il ti- lora, chi è vigliacco? Chi è egoista? tolo della Giornata è “Il male che si Chi è violento? Il male cambia for- nasconde dentro di noi”. Va bene, ma, nel tempo. Tuttavia si dice, da parliamone. Ma per poter parlare parte di molti, che ci sono dei valo- di qualche cosa bisognerebbe sa- ri irrinunciabili, degli argomenti su di Marina Valcarenghi, pere che cos’è. Che cos’è il male? cui non c’è discussione possibile, psicoterapeuta e psicoana- Non è facile definire il male come qualcosa che è un preteso diritto lista, è docente di Psicologia si definisce, una volta per sempre, naturale al quale ci si sottomette clinica e presidente dell’asso- che ne so, un cocomero, una nave da sempre in modo universale. È ciazione VIOLA per lo studio o il teorema di Pitagora. Il male è stato sostenuto da Antigone nella e la psicoterapia della violen- sfuggente. Si pensa che la prepo- tragedia di Sofocle. È stato ripetu- tenza, l’avarizia, l’ingiustizia, la vi- to, in seguito, da molti, nel corso za. Tra le sue pubblicazioni, gliaccheria, l’egoismo, siano sem- del tempo, partendo da Hegel, per “Ho paura di me”, frutto di pre male, siano in ogni caso male. arrivare fino a Claudio Magris, con un’esperienza di nove anni Queste cattive qualità però non meno rischio di Antigone, indub- in cui ha guidato un gruppo sono valutate allo stesso modo nel biamente. Ma, se andiamo a guar- sperimentale di psicoterapia tempo e nello spazio. Non sono dare bene, neanche questi pretesi presso il reparto di isolamen- valutate nello stesso modo ne- valori universali, così universali to del carcere di Opera

Ristretti 23 Orizzonti n.4 - 2013 non sono. Facciamo un esempio, sono considerati intollerabili dal- un esempio che fa Magris, quindi la coscienza collettiva in una data lo riprendo: il rispetto dell’infan- comunità e in un dato tempo. zia. Il rispetto dell’infanzia ha va- Ma potreste proporne delle altre lore universale? In che senso? In voi. Non è un valore assoluto, in Europa la pedofilia è un tabù. Ma nessun caso io propongo il male una ricerca dell’ONU ci dice che come valore assoluto, ma come sono 60.000.000, attualmente, le un valore relativo. È per quello che bambine tra gli 8 e i 14 anni che è così difficile, è per quello che tut- sono sposate nel mondo. Allora? te le leggi, tutte le civiltà, tutte le Senza contare, ovviamente, quel- culture, dall’orda primitiva in poi le che non sono sposate. E allora hanno cercato di regolamentare chi ha ragione? Chi fa l’arbitro? Chi questo confine tra il male e il bene, ci fosse il male non potremmo sa- decide chi sta dalla parte del bene proprio perché è così diverso a se- pere che cos’è il bene. Ma questa e chi sta dalla parte del male? conda dei momenti e a seconda idea non è mia, questa idea co- Io questo problema me lo sono dei luoghi. mincia nella Bibbia con l’episodio sempre posto. E non ho mai tro- A partire da questa definizione di Adamo ed Eva che mangiano il vato una risposta definitiva, e provvisoria io sostengo che il frutto proibito. Perché è attraverso non posso portarla qui. Pensate, male è necessario. Perché il male la trasgressione e quindi attraver- nell’antica Creta, per esempio, si è necessario? Facciamo un pas- so il male che loro cominciano a facevano i sacrifici umani. Io sono so indietro. Noi sappiamo che il fare la differenza, a conoscere il stata a Creta. Sono entrata in quel- confine, l’idea di confine è un’idea bene e il male, non a caso l’albero è le grotte. Ho visto, lì dove uccide- archetipica, è un’idea universa- quello della conoscenza del bene vano i bambini, o anche le donne, le, quella sì, c’è da sempre. Inizia e del male. E quindi escono dalla o anche gli uomini, per propiziarsi col bambino piccolo quando sta- condizione animale per sempre la dea della terra e della fecondità. bilisce il confine tra io e tu, io e il per accedere alla condizione uma- Ho rabbrividito in quelle caverne. resto del mondo, e poi prosegue. na e uscire dal paradiso terrestre, Come tutti. Ma a Creta c’era il tabù L’idea di confine ha la funzione di altrimenti saremmo ancora nella della guerra. Che cosa direbbero separare gli opposti per poterli dimensione totalmente inconscia delle mattanze delle nostre avia- descrivere e comprendere. Allora, del paradiso terrestre, ma non zioni? Non sono sacrifici umani? io - tu, buio - luce, prima - dopo, sapremmo chi siamo. Dunque il Non uccidono bambini, donne, indigeno – straniero, giusto - sba- male è necessario. Hanno bisogno innocenti, civili? Non è semplice. gliato, bene - male, vita - morte. l’uno dell’altro per essere immagi- Ma, allora, se il male è un concetto Sono i primi modi in cui si comin- nati, descritti, accolti o rifiutati. mutevole e fluttuante, non possia- cia a conoscere e a fare i conti con Ma il male è necessario anche per mo che definirlo così. Per esempio, una realtà. un altro motivo, più sgradevole da azzardo una definizione, il male è Allora lo vedete già, io penso che il accettare, è necessario semplice- l’insieme dei comportamenti che male sia necessario perché se non mente perché c’è, e fa parte della

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vita di ognuno di noi, nessuno si protetti. Io so benissimo che forse state usando gli stessi sistemi che senta fuori dal male, nessuno pen- la maggioranza qui dentro pensa stanno usando contro di voi, ma si di non fare il male, che lo sappia- che il reparto protetti sia una ne- che senso ha? Siccome c’è una mo o no tutti facciamo del male. cessità. Io ritengo che sia un male. mancanza di empatia, che vuol E questo è uno dei motivi per cui Dunque vedete che anche qui dire saper soffrire insieme, voi non mi ha sempre interessato nel mio dentro fra di noi in questo caso sapete soffrire insieme a dei vostri mestiere di occuparmi di quelli l’idea del bene e del male è diver- compagni di pena, a me questo che “ufficialmente” fanno del male. sa. Il reparto protetti è un reparto sembra male. Perché tanto so che lo facciamo speciale che sopravvive in quasi È importante riconoscere le tutti. In questa universalità sta tutte le carceri, in Italia, e dove si nostre ombre nere, perché un possibile senso, perché se noi raccolgono i detenuti che han- questo abbatte verticalmente accogliamo il nostro male invece no commesso dei reati che sono il delirio di onnipotenza che ci e cerchiamo di riconoscerlo, cer- considerati particolarmente odio- fa credere che possiamo essere chiamo di combatterlo, ma sapen- si e particolarmente infamanti e perfetti, non lo ammettiamo do che non è eliminabile mai del particolarmente insopportabili, mai ma poi in fondo la fantasia tutto, questo può diventare una per cui devono essere isolati da- è questa. E incoraggia invece formidabile palestra per la nostra gli altri detenuti per evitare che l’accettazione di una realtà che è forza morale. Può diventare anche ci possano essere screzi, violenze, per sua natura contraddittoria, noi un contributo alla tolleranza nei aggressioni nei loro confronti. Al- siamo portatori di bene e di male confronti del male che fanno gli lora qual è il meccanismo psichico impastato insieme. C’è un film di altri, se lo facciamo anche noi. Può che c’è alla base di queste sezioni Woody Allen in cui uno scrittore diventare anche una capacità di divise dalle altre? Dicevo, quando di successo a un certo punto non provare pietà per noi stessi e per il male viene proiettato sugli altri, riesce più a scrivere. Non riesce gli altri. ecco un esempio è questo: se io più a scrivere perché è un uomo sono colpevole, ma trovo un altro troppo per bene, perché ha troppo Il male non viene un po’ più colpevole di me, se io successo, perché tutto fila liscio sono cattivo, ma trovo un altro nella sua vita, la sua ombra non riconosciuto e sofferto un po’ più cattivo di me, se io mi si vede, i suoi lati negativi non si e allora viene proiettato sento emarginato, ma io riesco a vedono, e allora non c’è l’ispira- emarginare qualcuno a mia volta, zione. La genialità di Woody Allen Una delle frasi più geniali che sia- se mi disprezzano ma io riesco è di far vedere che attraverso un no state scritte a questo proposito a disprezzare qualcuno ancora cambiamento nella sua vita in cui è : “Chi è senza peccato scagli la di più, io sto un po’ meglio. Sì? lui vive la sua parte cattiva, la sua prima pietra”. Noi invece assistia- Questo è quello che c’è al fondo di parte underground, la sua parte mo a una lapidazione costante da questa discriminazione. Su questo melmosa, pericolosa, violenta, tra- parte di tutti contro tutti. Forse sbaglio io? Me lo chiedo tante sgressiva, ritrova l’ispirazione per sarebbe il momento di smetterla. volte. A me sembra una grande scrivere. Ma perché? Perché era Ma questo succede perché il male trappola questa, e mi rivolgo falsa questa parzialità che lui vive- non viene riconosciuto e sofferto adesso alle persone in prigione, mi va prima, perché non è vero che e allora viene proiettato. Faccia- sembra una grande trappola in cui noi siamo buoni, e quando ci rac- mo un esempio che riguarda qui, voi cadete perché state facendo contiamo qualcosa che non è vero che è la questione del reparto quello che fanno contro di voi, manchiamo l’atto creativo, non è

Ristretti 25 Orizzonti n.4 - 2013 più possibile. Facendo esperienza chiesto di farlo. Un vice direttore in carcere è che loro sono dentro del suo male e riconoscendo che che non si rendeva bene conto, e io sono fuori, che io poi esco e dietro il male c’è anche il suo bene, secondo me, di dove saremmo loro non escono, che i pazienti in lo scrittore riesce a recuperare l’e- arrivati con questo sistema mi ha studio hanno una famiglia, amici, nergia creativa, riesce a diventare invitato perché nel reparto protet- bar, lavoro con cui poi confrontar- una persona a tutto tondo, una ti del carcere di Opera c’era vera- si. Loro non hanno nessuno, solo il persona complessa, e quindi più mente troppa aggressività, troppa loro gruppo, col quale si stabilisce ricca. Il problema non è eliminare violenza, e quindi voleva qualcu- infatti una grande solidarietà, ma è il male. Quando invece il male di- no che secondo lui poteva calma- tutto lì. Allora ecco che per me era venta monopolio degli altri, me- re un po’ gli animi. una grande occasione per elabo- glio se diversi, meglio se stranieri, Il secondo motivo per cui ho ac- rare un metodo, che io ho elabo- meglio se in prigione, meglio se cettato è che io ho un conto aper- rato, e che adesso viene utilizzato lontani, allora cosa succede? Da to col carcere da quando avevo dai colleghi della nostra associa- una parte il male è proiettato all’e- due anni, quindi questo conto an- zione, VIOLA si chiama la nostra sterno, dall’altro è spedito nell’in- dava in qualche modo saldato. Un associazione, per la quale lavoro. conscio, perché il nostro male conto aperto col carcere e con la L’Amministrazione Penitenziaria dove va? Dentro, dove non si vede violenza che allora mi ha portato comincia ad essere sensibile a più, è davvero nascosto dentro di via le persone che amavo di più, questo lavoro, ma perché? Perché noi. Ma questo non è solo ingiusto quindi era un discorso per me im- questo lavoro ha dato una recidi- nei confronti del nostro prossimo, portante da affrontare, andarci io va pari a zero, dal 2002, quando ho è anche ingiusto nei nostri stessi dentro, e così ero contenta di far- smesso questo lavoro nel carcere confronti. Perché? Perché quello lo. Poi perché mi interessano gli di Opera, fino ad oggi. E questo è che abbiamo nell’inconscio non ultimi, quelli che nessuno vuole, un dettaglio che all’Amministra- muore, rimane lì, e può emergere quelli di cui nessuno si vuole oc- zione Penitenziaria interessa mol- in qualunque momento, ma emer- cupare, quelli che sono dimentica- to. A me interessa molto perché ge in un altro modo, emerge con ti, quelli che sono dietro le sbarre. mi sembra prevenzione sociale la violenza dei contenuti rimossi, e E poi perché questo mi dava una questa. Però nello stesso tempo a coi contenuti rimossi noi abbiamo grande opportunità, mi dava l’op- me interessa molto, e anche di più, pochi margini di trattativa, mentre portunità di imparare qualcosa che un uomo quando esce libero se lo guardiamo, il nostro male, ci che non potevo fare nello studio, dal carcere esce libero davvero, possiamo trattare, se non lo guar- e cioè, capire, parlando con que- esca libero dentro. Non più occu- diamo quando esplode la coscien- ste persone, come si poteva fare pato dai fantasmi della sua storia, za esplode attraverso dei sintomi, lavoro nei confronti soprattutto dagli incubi del suo senso di colpa, per esempio dei comportamenti della violenza, certo della violenza basta. Esce davvero libero e può inaccettabili, e allora non abbia- sessuale, ma non solo, perché nel provare ad avere una vita diversa mo margini di manovra perché di gruppo che si era volontariamen- da prima. fronte ai sintomi noi siamo in balia te formato e col quale lavoravo in Non potete immaginare che cos’è di qualche cosa che non possiamo carcere, c’erano certo dei pedofili, di meraviglia, di sorpresa e di bel- controllare. c’erano degli stupratori, c’erano lezza questo tipo di lavoro nel Mi è stato chiesto di dire due paro- però anche dei rapinatori seriali, carcere, quale senso di utilità im- le anche sul mio lavoro al carcere. c’erano degli omicidi, degli omici- mediata offre e come fa sentire Ebbene sì, io sono quella che ha di seriali, c’era anche un matricida, che definitivamente il delitto non portato la psicoanalisi nel carce- c’era una varia umanità anche dal definisce una persona, il delitto è re. Non lo aveva fatto nessuno nel punto di vista del reato commes- stato commesso, il prezzo viene nostro paese, non lo sta facendo so. pagato, ma quella persona non è il nessuno salvo noi, nel senso che il In nove anni di lavoro da sola però suo delitto, la possibilità di riscat- mio lavoro solitario di nove anni è mi sono costruita un metodo, un to morale e sociale c’è sempre, in poi sfociato nella creazione di una modo di lavorare in carcere, per- ogni caso, basta che lo si desideri, associazione e adesso ci sono altri ché le persone sono le stesse, fuori basta che si vada nel nostro male. colleghi che insieme a me vanno e dentro, l’anima è uguale dentro Mi ricordo una frase che uno di in carcere a fare gli psicanalisti. Ma e fuori, l’intelligenza, la capacità loro mi ha detto una volta, dopo che cosa c’è di strano, continuo a e la voglia di mettersi in discus- aver pianto, io stavo in silenzio e lo pensare. In realtà di strano c’è solo sione sono uguali dentro e fuori, guardavo e lui mi ha detto : “Come che non era mai stato fatto. Perché non è quello che cambia. Quello fa bene e come fa male andare l’ho fatto? Primo, perché mi hanno che cambia nel lavoro psicologico dentro nel nostro male”.-

Adolfo Ceretti Marina Valcarenghi ha avvicinato questo tema, che è caro a tante persone che sono qui, che è quello della conversazione interiore, di come noi possiamo parlare con noi stessi delle cose peggiori che facciamo. Questo è uno dei momenti decisivi per chi vuole veramente affrontare una possibilità di cambiamento.

Ristretti 26 Orizzonti È possibile uscire dalla violenza Capitolo terzo senza infliggere ai violenti la “cura Ludovico”? Ho incontrato in alcune mie esperienze carcerarie indifferenza e violenza

Ci sono carceri dove come strumento “rieducativo” conoscono soprattutto l’uso di un atteggiamento e di un linguaggio violenti

di Luigi Guida, Ristretti Orizzonti

uesto capitolo nasce da teggiamento violento imperano pensare che un detenuto all’inter- una domanda: “Ma non ogni giorno da entrambe le parti. no di un carcere debba diventare Qpossiamo almeno sperare Molto probabilmente se sono fini- una persona peggiore di come che la violenza si possa “scardina- to in carcere qualcosa da cambia- è entrata, magari prendendo al- re” senza che lo Stato usi altrettan- re c’è, e se oggi sono qui a parlare tri anni di carcere aggiuntivi alla ta crudeltà nella sua risposta?”. con voi questo dimostra la mia pena che gli avevano erogato per Senza dubbio ci sarebbero mol- consapevolezza, ma nonostan- i reati che aveva commesso all’e- te cose da dire da parte mia sulla te siano tre anni ormai che sono sterno. Ma questo accade quando violenza, visto che ha caratterizza- nel carcere di Padova, passando una istituzione distratta non ha to buona parte della mia vita, sia ad un uso della pena diverso, fat- il tempo e la voglia di ascoltare, all’esterno quando mi sono reso to di attività come, nel mio caso, come in passato è successo con responsabile dei reati facendo- quella con la redazione di Ristretti me. Io penso che non dovrebbe la diventare uno stile di vita, che Orizzonti, acquisendo strumenti e accadere più una cosa simile per poi è lo stesso che mi ha portato consapevolezze diverse rispetto al nessuno, ecco perché ritengo che a varcare la soglia del carcere, e a passato, faccio ancora molta fatica noi tutti insieme dovremmo indi- vivere in modo violento all’interno a non ricordare l’indifferenza e la gnarci e fare una lunga riflessione dell’esperienza carceraria stessa, violenza che ho incontrato da par- sulle modalità detentive che oggi dico questo perché molto spes- te di alcune istituzioni nelle mie si vivono all’interno delle carceri, so la decisione di mantenere un esperienze precedenti, che poi in particolare là dove come stru- certo atteggiamento violento an- sono le stesse che stanno incon- mento “rieducativo” conoscono che all’interno del carcere è stata trando oggi molti detenuti che soprattutto l’uso di un atteggia- usata da me come salvagente per non hanno le possibilità che io ho mento e di un linguaggio violenti, sopravvivere all’interno di un am- in questo momento. reprimendo cosi la persona fino biente, dove il linguaggio e l’at- Dico questo perché non posso all’inverosimile, spogliandola di qualsiasi scelta e responsabilità, negandole di fatto la possibilità di un cambiamento e nei casi più estremi riducendola a meno di un essere umano.-

Ristretti 27 Orizzonti È possibile uscire dalla violenza senza infliggere ai violenti la Capitolo terzo “cura Ludovico”?

Adolfo Ceretti introduce Mauro Grimoldi “Un aspetto fondamentale della prevenzione è che, siccome noi stiamo parlando di ragazzi che dentro con- servano un nucleo di grande fragilità, indipendentemente dal fatto che fuori abbiano vestito la maglietta del trasgressivo, allora noi più li facciamo parlare, raccontare e tirare fuori le loro paure, le loro angosce rispetto al futuro, più stiamo facendo qualche cosa di comunque buono per loro”. Queste parole sono di Mauro Grimoldi, Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia, già coordinatore responsabile dei servizi psicologici destinati per il Tribunale dei minorenni di Brescia; autore di Adolescenze estreme. Il perché dei ragazzi che uc- cidono, e di Prima del digiuno, infanzia e cultura delle nuove adolescenti. Grimoldi è stato anche collaboratore dell’Istituto Minotauro, e ha assistito le Cattedre di psicologia dinamica e di Psicodinamica delle relazioni familiari della facoltà di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca.

L’ospite inquietante, indesiderato

Noi crediamo di essere in grado, con la ragione, con la nostra capacità di analizzare le cose, di controllare tutto quello che ci succede. Il delitto minorile è una realtà che dimostra che non è così

di Mauro Grimoldi, Presidente dell’’Ordine degli Psicologi della Lom- bardia, coordinatore responsabile dei servizi psicologici destinati al Tribunale Penale per i Minorenni di Brescia, autore di “Adolescenze estreme. I perché dei ragazzi che uccidono”

i sono cinque ragazzi. È una di una persona senza dimora fissa, eventi che si sono rapidamente fredda serata di Ottobre, di uno straniero. Uno di loro dice susseguiti dopo quella persona Cuna sera come tante di quel- agli altri qualcosa: “Ecco, lo vedete non è mai più tornata a casa. E’ le che trascorrono lungo le rive quello, quello è una persona che deceduto nelle acque del lago. Un del lago di Garda. I ragazzi sono alcuni anni fa, quando ero bam- omicidio commesso da minori. molto diversi tra loro, ma uniti da bino, tentò di stuprarmi, tentò di In un’altra situazione che ha avuto una forte amicizia. E’ tardi, hanno abusare di me”. un esito analogo, la storia è com- bevuto e fumato hashish, quando Gli altri ragazzi non l’avevano mai pletamente diversa, ci sono tre ra- incontrano una persona. Si tratta visto, eppure, al termine degli gazzi tra i 14 e i 16 anni e un adul- to. I tre ragazzi fanno commenti su una coetanea che in paese era nota per la sua bellezza, deside- rata, da qualcuno forse perfino un po’ amata in un certo modo e tempo. Tutti e tre avevano tentato degli approcci con lei ma tutti e tre erano stati rifiutati in momenti diversi. L’adulto interviene e pro- mette: se i ragazzi fossero riusciti a portarla in quella cascina lui si dichiara sicurissimo di convincer- la ad avere dei rapporti sessuali con tutti loro. Anche questo è un evento che ha avuto una conclu- sione tragica.

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La natura dell’incontro con l’altro la persona che tu ti ritrovi di fronte sa quasi delirante di una persona ha una caratteristica particolare ti debba suscitare una sensazione senza fissa dimora, uno straniero, per l’essere umano. Uno psicanali- di paura, o di frustrazione estrema un omosessuale, un handicappa- sta geniale, Jacques Lacan quando e intollerabile, o di odio. E’ di fron- to, uno che ha un colore di pelle parla dell’amore come modo co- te a questi sentimenti muri che diverso. E’ rassicurante la dicoto- stituente di relazionarsi con l’altro sembrano invalicabili, di un’idea mia vicino-lontano: quello che c’è lo scrive a-mur: scinde le due parti che non può essere detta, che non vicino a me, mio figlio, i miei amici, della parola e descrive l’incontro può più essere socializzata e sim- le persone che stanno attorno alla con l’altro come ostacolo. Tutti noi bolizzata che l’azione aggressiva mia famiglia, quelli non posso- nel mondo sociale siamo costan- prende corpo e prende atto. no essere cattivi. A questo serve temente in relazione con qual- In “Cosmologie violente” si ripren- la retorica del mostro, a pensare cuno, ma quando l’altro diviene de il pensiero del criminologo che ci sia una straordinaria diver- oggetto d’interesse, di desiderio Lonnie Athens che dedica pagine sità tra ciò che è bene e ciò che è tende ad apparire come muro, a poderose a descrivere la funzione male, tra ciò che è mio e tra ciò che fare muro, a divenire invalicabi- di una comunità fantasma interna, appartiene all’altro. Non è così. Le le. La natura della relazione è con residuo identificatorio la cui fun- persone che lavorano tra chi ha qualche cosa che è duro, che non zione è di giudizio rispetto ad un commesso dei reati sanno benis- si modifica, che non senti di poter altro che si può fare ostacolo e dal simo che questa è una distinzione valicare, qualcosa di complesso, quale può sembrare non ci sia più fittizia, non funziona. qualcosa di difficile che non puoi via d’uscita se non quella dell’azio- La possibilità del male è una pos- aggirare, che non puoi scavalcare. ne criminosa, dell’annientamento sibilità del reale, è una possibilità Ritroviamo il concetto anche nel dell’estraneo non più simbolizza- ontologica di qualche cosa che testo che Ceretti ha scritto con bile. può accadere, che si da nelle cose Lorenzo Natali, straordinario, “Co- che accadono non per caso. La smologie Violente” a proposito di Se per un attimo ci sforziamo di seconda retorica, quella dell’erro- questo parlamento affettivo che esplicitare alcuni pregiudizi, ci re, corrisponde all’idea che l’uso ci portiamo dentro e con il quale accorgiamo che fra questi ce ne corretto della ragione consenta di continuiamo ad avere una relazio- sono che impediscono una corret- sviluppare la capacità di analizzare ne. Parliamo costantemente con ta analisi dell’azione trasgressiva. le cose e di controllare tutto quel- le persone che ci portiamo den- La retorica del mostro ad esempio. lo che succede, di determinare gli tro, con gli altri significativi della E’ questo un teorema manicheo, eventi. nostra vita presente e passata, e parzialmente automatico, basato Questo è un tema assolutamente qualche volta in questo dialogo su un meccanismo di difesa tra i importante, perché quando si esa- costante, in questo stream of con- più antichi. Secondo questo mito minano i fatti di violenza, quando sciousness* (*flusso di coscienza, individuale esisterebbero due ti- ci si affaccia sull’abisso, ebbene che consiste nella libera rappre- pologie di uomini, i buoni e i cat- si vede qualche cosa rispetto alla sentazione dei pensieri di una per- tivi. I buoni hanno la caratteristica quale il livello di controllo che si sona così come compaiono nella della prossimità, sono quelli vicino ha è molto labile. Qualche cosa mente, prima di essere riorganiz- a noi, i cattivi sono distanti, diversi. che fa stare male, che chi vive, so- zati logicamente in frasi) prevale Il cattivo assume preferibilmente prattutto da molto giovane, tende l’idea del muro, la percezione che le fattezze, in questa forma di dife- a interpretare, a rivivere come una

Ristretti 29 Orizzonti n.4 - 2013 specie di automatismo. La consa- complesso, richiede un’analisi ap- pevolezza dei moventi, la natura profondita e attenta perché possa dei perché non è mai in questi casi essere metto in atto. il punto di partenza, ma il risultato Foucault in “Sorvegliare e Punire” di un lavoro che può e deve essere sottolinea il fatto che esiste una fatto, non si parte da li. La respon- forma di ortopedia morale, come sabilità è l’esito di un processo. se gli psicologi e gli psichiatri che entrano nelle carceri e che lavo- Ciò che abita il soggetto, che fa rano con i minori e con gli adulti succedere il male, si presenta che hanno commesso dei reati li come un ospite inquietante, in- “aggiustino” dal punto di vista mo- desiderato, qualche cosa che c’è rale. L’idea dello psicologo come e che l’attore del gesto criminale sostituto del boia e di chi un tem- non conosce razionalmente. po era incaricato di somministrare Per gli adolescenti che delinquo- punizioni fisiche è certo inaccetta- no è questo un tema centrale. bile e repellente. Agli psicologi questo tipo di vis- C’è però certamente sottointeso suto ricorderà molto da vicino il in questo un modo diverso di con- concetto di sintomo. Il sintomo cepire e di trattare il reato, consi- come compromesso, come risul- derandolo come sintomo, segnale lito di un’intera civiltà, vi è ampio tato di un conflitto, ha il vantaggio di un conflitto non simbolizzato. spazio di discussione. Il recupero di essere qualche cosa di noto, di Questo permette di realizzare il del criminale è in ogni caso fuori- conosciuto, di trattabile. Un tratta- superamento della dimensione centro, perde la dimensione di mento che somiglia ad una cura, là meramente retributiva della pena. scopo dell’intervento, con con- dove la pacificazione del rapporto E’ un fatto politico decidere se il seguenze importanti dal punto tra sé e l’altro sociale produce la ri- primo interesse sociale è la puni- di vista della sicurezza e dei costi duzione a zero della probabilità di zione, intesa come restituzione sociali di una criminalità arginata reiterazione del reato: questo inte- del male, o recuperare al sociale, solo dai muri fisici delle carceri. ressa molto anche alle istituzioni. scongiurando la probabilità di re- L’alternativa è di mettere in atto Non c’è da stupirsi. Ciò che non cidive. Cosa sta al centro? un’attività per cui, attraverso un’o- è rinunciabile, che resiste a ogni La naturalezza del desiderio di perazione di tipo diagnostico, si possibilità di compromesso, nel vendetta sociale nei confronti del possa capire - non giustificare - al momento in cui mettiamo in soggetto che ha commesso un fine di garantire al Paese e all’auto- atto un lavoro di un certo tipo, è reato porta a dare sollievo a chi re del crimine le migliori probabi- un fatto, che ha a che fare con la è stato toccato direttamente dal lità che in futuro quell’evento non competenza, la serietà, l’impegno, male e al sociale che viene dan- si possa più ripetere. In questa la presenza di risorse, tempo, for- neggiato nella lesione di diritti cornice si situano le proposte di mazione adeguata. Per riuscire a fondamentali, del patto sociale di estensione dell’istituto della mes- comprendere quale senso evoluti- cui troviamo ampie tracce in Bec- sa alla prova per i soggetti adulti, vo ha un reato nella mente di chi in caria e negli empiristi inglesi. che personalmente saluto con quel momento lo sta compiendo il Se questa deve essere l’incarnazio- entusiasmo in attesa di una speri- lavoro di indagine diagnostica è ne del desiderio sociale, dell’ane- mentazione.-

Ristretti 30 Orizzonti Quali narrative per le scienze Capitolo quarto che si occupano del male?

Quali narrative per le scienze che si occupano del male? È, questo, il tema che affronta Alfredo Verde, criminologo, quando spiega che le narrative prodotte attorno al delitto “particolarmente nel processo – ma non solo – rischiano di strutturarsi come sistemi rigidi al fine di tesse- re trame volte essenzialmente a escludere anziché a comprendere, ad espellere l’alterità anziché ad accoglierne gli aspetti vitali, a stigmatizzare la diversità del deviante anziché riconoscerne la contiguità e l’umanità”. Misu- rarci con le narrative degli specialisti, di quelli che scrivono le perizie, di quelli che al processo ti inchiodano a nient’altro che al reato, e ti trasformano in un “reato che cammina” è allora particolarmente importante per noi che dal carcere affidiamo i racconti spietati di pezzi di vite violente a tanti giovani studenti, con la speranza che si allenino così “a pensarci prima”.

La narrazione giudiziaria e quella con al centro l’umanità degli individui

Io non mi sono mai riconosciuto nella narrazione dei fascicoli, nella ricostruzione della trama del reato. Mancava il presupposto principe, la persona, la storia di Bruno Turci, Ristretti Orizzonti no una persona che giunge al pun- to di commettere dei reati. Questa ’argomento di cui intendo una figura “estranea” alla società narrazione implica una rielabora- parlare è la narrazione del de- civile, che per questo motivo non zione che comporta la presa di di- Llitto, e parto da una riflessio- si riconosce in alcun modo negli stanza da quei fatti e il superamen- ne che riguarda la mia esperienza autori del reato. to di una scellerata scelta di vita. personale, per riferirmi poi al libro A distanza di anni dagli episodi Distinguo pertanto la narrazione “Il delitto non sa scrivere”, scritto per i quali sono stato condanna- giudiziaria dalla narrazione che da Alfredo Verde insieme a tre suoi to, ho voluto leggere il dispositivo porta in evidenza l’umanità degli colleghi. di alcune sentenze che mi hanno individui, i quali pur avendo creato La narrazione giudiziaria non è riguardato. Certamente il tempo delle vittime a seguito dei loro re- quasi mai rappresentativa delle trascorso ha prodotto una distanza ati, sono persone emendabili, per- persone che hanno commesso i re- ancora più siderale tra me e quegli sone con storie di vita e con ambiti ati. Io non mi sono mai riconosciuto episodi, ma in ogni caso, anche famigliari nei quali si può ricono- nella narrazione dei fascicoli, nella cercando di ricordare com’ero in scere anche la società civile. ricostruzione della trama del reato. passato, non sono riuscito a ritro- Volevo per finire fare una domanda Mancava il presupposto principe, vare me stesso in quelle trame. Mi al Professor Alfredo Verde riguardo la persona, la storia. La narrazione sono sentito lontano da quella nar- al libro “Il delitto non sa scrivere”: giudiziaria è spesso funzionale a razione, frutto delle interpretazioni lei ha descritto la fallibilità di molti creare la figura del mostro, quindi e delle ricostruzioni operate dai di- criminologi rivelando l’approssi- versi organi giudiziari e che sono mazione con cui hanno scritto le quindi sfociate nel processo. An- loro perizie. Ha fatto emergere un cora oggi, a distanza di anni, quei fenomeno davvero preoccupante. fascicoli sono li a rappresentarmi Ha sicuramente reso un grande narrando di me cose che mi sono servizio alla giustizia. Ma cii inte- lontanissime. Eppure mi ci debbo ressa conoscere anche l’esito che confrontare. ha prodotto il libro. Sapere cosa è La narrazione di cui, invece, sono cambiato. Le perizie continuano a protagonista durante gli incontri essere scritte in quella maniera? La con gli studenti ha alla base la rico- categoria dei criminologi e degli struzione degli atti, dei passaggi, “addetti ai lavori” ha provato a stig- dei comportamenti che riguarda- matizzare certi comportamenti?-

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Una narrazione che non ci inchiodi solo al momento del reato

di Sandro Calderoni, Ristretti Orizzonti Noi narriamo pezzi delle nostre storie con l’idea di far prevalere la persona oglio partire dal progetto che facciamo con le scuole, che c’è dentro ognuno di noi, non il reato in sé Vperché la cosa più significa- tiva è proprio la diversità di narra- zione che noi facciamo con le per- sone, nel senso che in un processo Devo dire che questo genere di que abbiamo commesso dei reati, fondamentalmente è il reato quel- narrazione con gli studenti secon- di scontare una pena veramente lo che prevale, mentre noi quan- do me ha due capacità: quella di attiva, perché l’idea di fondo qual do ci narriamo, narriamo la storia, cercare di prevenire, cioè fare in è? È che ti viene inflitta una pena quello che ha portato comunque modo che gli studenti, o le per- perché hai commesso dei reati, al reato. E cerchiamo di evidenzia- sone che ci ascoltano, attraverso i quindi dovresti capire, attraverso re gli inizi, perché comunque ab- nostri errori possano vedere certi la punizione, perché sei arrivato a biamo a che fare con studenti gio- passaggi errati, noi lo chiamia- fare questi errori. vani, di 17/18 anni, quel periodo mo “un allenamento a pensarci Ma già è emerso in tutti i modi che della vita in cui la trasgressione è prima”, perché in realtà quello di le carceri in Italia fondamental- un fatto che comunque viene dato pensarci prima è un esercizio che mente non permettono di arrivare per scontato, per “normale”, e non non si riesce facilmente a fare, e a questa consapevolezza. Non per- ti rendi conto che spesso questo ti noi che non siamo riusciti a far- mettono questo perché, anche, porta ad andare oltre, fino ad ar- lo seriamente sappiamo quanto ma non solo, a causa del sovraffol- rivare anche a commettere reati, sia importante allenasrsi a una lamento, in carcere la persona che inseguendo sempre quel senso di riflessione profonda sui nostri viene rinchiusa perde ogni forma libertà che ti dà il trasgredire alle comportamenti. Dall’altro lato è di responsabilità, perché, qualsia- regole. la possibilità per noi, che comun- si cosa debba fare, deve chiedere, deve dipendere da qualcuno che decide per lei, che apre e chiude dei cancelli per farla uscire, che le impedisce di scegliere anche a che ora farsi la doccia. Ecco, con le scuole noi impariamo ad assumerci delle responsabilità, a metterci in gioco, a cominciare ad acquisire degli strumenti che una volta fuori ci possono permet- tere, magari, di non ricadere negli errori che abbiamo commesso pri- ma. Questa è in sostanza la diversi- tà, secondo me, che sta nel narrare pezzi delle nostre storie con l’idea di far prevalere la persona che c’è dentro ognuno di noi, non il rea- to in sé. Una narrazione che non ci inchiodi solo al momento del reato, non esaurisca il racconto al momento del reato.-

Ristretti 32 Orizzonti Quali narrative per le scienze Capitolo quarto che si occupano del male?

Adolfo Ceretti introduce Alfredo Verde Alfredo Verde, professore ordinario di criminologia presso l’università di Genova, ha scritto “Narrative del male” e “Il delitto non sa scrivere”. È uno dei miei colleghi più cari, volevo solo ricordare che Alfredo ha costruito questi tre livelli del discorso criminologico, che a suo giudizio dovrebbero intersecarsi perché noi possiamo capire effet- tivamente che cos’è la criminologia. Uno di questi livelli è il livello folk, cioè il livello del senso comune, ognuno di noi pensa qualche cosa sul crimine. Poi c’è un livello scientifico, che è quello delle teorie, quello delle università, quello delle accademie, e poi c’è anche ovviamente il livello giudiziario delle sentenze. Ecco il discorso è più complicato, però è molto importante avere individuato questi tre livelli, come possono intersecarsi e da li viene il pensiero criminologico un po’ più compiuto.

Noi siamo attraversati da un fascio di narrazioni di noi stessi

Allora possiamo dire che una versione di noi è anche quella del cattivo, e che tanto più siamo sani quanto più siamo in grado di riconoscere l’ombra. Se tolleriamo, se riconosciamo che anche noi potremmo essere delinquenti, siamo evoluti di Alfredo Verde, Professore straordinario di Criminologia presso l’U- niversità di Genova, autore, tra l’altro, di “Narrative del male” e “Il delitto non sa scrivere”

a anni ormai stiamo co- Adolfo Ceretti, che è stato uno dei Non basta però parlare di narrati- struendo un affresco teori- miei principali interlocutori nella ve: è necessario analizzare anche Dco sul ruolo delle narrative diversità dei rispettivi punti di vi- il livello dei discorsi, che costitui- in criminologia, evidenziando tre sta, una diversità che ha generato scono la matrice delle narrazioni, livelli in cui, nella società, si può molti pensieri in me e un senso di perché ogni narrazione è l’effetto, parlare di delitto e di delinquen- grande arricchimento. il prodotto di un discorso: e così za: appunto i tre livelli della crimi- Sicuramente è vero, per riprende- facendo ho osservato che esistono nologia. Devo però precisare che re un’immagine molto bella del due discorsi sul delitto, un discor- con il termine di “criminologia” primo dei due redattori di Ristretti so scientifico e un discorso folk, mi riferisco non solo alle narrative che hanno introdotto questa par- popolare (mutuo questo termine scientifiche, ma anche a qualsiasi te della giornata, che i fascicoli dalla folk psychology di Jerome narrativa che si occupi di definire giudiziari camminano, cammina- Bruner), che producono narrazioni e di raccontare il male. no dietro alle persone, davanti scientifiche, da una parte, e narra- Sono stato facilitato in questo lavo- alle persone, insieme alle persone, zioni folk dall’altra. Le prime sono ro dalla mia formazione, giuridica camminano sulle scrivanie dei giu- facili da definire, sono tutte le nar- e psicologica: oltre che criminolo- dici. E dentro ci sono tante narra- razioni sul delitto che sono ripor- go infatti sono anche psicoanali- zioni che vanno qua e là, si posano tate in modo implicito o esplicito sta. I miei riferimenti sono quindi su qualche scrivania, ne escono nei contributi scientifici; le secon- da un lato la psicoanalisi e anche con ulteriori narrazioni aggiunte de ricomprendono invece, metto- la psicoanalisi delle istituzioni seguite da determinate formu- no insieme, le narrazioni di chi ha (non ultima quella all’interno della le, e una persona finisce dentro. I commesso un delitto e le narrazio- quale stiamo, l’istituzione carcera- fascicoli contengono delle storie ni delle altre persone che riflettono ria), e dall’altro tutta la riflessione quindi, e queste storie hanno de- su quel delitto e in generale sulla criminologica e filosofica sulla cri- gli effetti spesso drammatici: è la gestione e controllo della crimi- minologia, a partire da Foucault e funzione appunto performativa nalità: la gente, cioè, si fa opinioni, a finire, o, forse, a cominciare con delle narrative giudiziarie. prende posizione, si schiera.

Ristretti 33 Orizzonti n.4 - 2013

Come ha spiegato Marina Valca- Detto in un altro modo: l’identità narrative che cercano di colmare renghi nel suo contributo, ogni è un mito, e non penso di essere lo iato. Altro è il discorso per chi volta che qualcuno commette un postmoderno se dico questo. Lo pianifica freddamente il delitto atto che ha a che fare con il male, il ha detto già la psicoanalisi, che è (lo psicopatico): qui, le narrazioni fatto suscita in noi una serie di cor- espressione della modernità e non sono consapevolmente utilizzate renti emotive, un duplice atteg- della postmodernità. Ci sono delle per colpevolizzare l’altro, e per di- giamento, da un lato espressione altre narrazioni di noi, che trovia- scolparsi, con le note “tecniche di di una parte di noi, la parte del mo in terapia e con cui riflettiamo, neutralizzazione”, o “meccanismi super-io per usare una termino- da cui siamo chiamati a riflettere, di disimpegno morale”, che sono logia psicoanalitica, che ci fa dire: che spesso ci vengono da fuori. stati teorizzati le prime da Sykes e “quella cosa lì non mi piace, non Potremmo dire che più le narrazio- Matza e i secondi da Bandura. esprime la mia moralità e quindi la ni di noi ci vengono da fuori, più Quindi, da un lato c’è il discor- condanno”: è l’aspetto paranoide, stiamo male, come avviene quan- so della criminologia scientifica, per cui quel fatto è male, e io devo do qualcuno ci accusa: questo è dall’altro quello della criminologia buttare fuori di me la possibilità il livello della colpa persecutoria, popolare. Esiste però un livello in- di commetterlo anch’io. Dall’al- che non è il senso di colpa che termedio, che ho definito “istitu- tro lato ci può essere un pensiero viene da dentro, ma è la concreta zionale”, in cui la definizione del opposto, del tipo: “quella cosa l’ho presenza di qualcuno nella realtà delitto e del crimine è problema- commessa anche io, se non l’ho che mi condanna. Quella narrazio- tica: è una sorta di campo di bat- commessa comunque l’ho fanta- ne di me viene da fuori, dice: “Tu taglia in cui le concezioni raffinate sticata, l’ho desiderata anch’io”: sei colpevole, vattela a spendere, della scienza e quelle più grosso- ma allora il male è anche dentro di vai dentro”. Più invece siamo ca- lane della criminologia folk si con- me, mi appartiene. paci di tenere insieme tante nar- trastano. A questo livello troviamo Dentro di me, dentro di noi, non rative diverse su noi stessi, più le narrazioni sul delitto costruite c’è però un’opinione sola, una siamo sani, più siamo tolleranti. all’interno del sistema giudiziario narrazione sola: io, noi, ce la rac- Uno psicanalista americano che si (criminologia giudiziaria), quelle contiamo in tanti modi, molto chiama Philip Bromberg ha parla- costruite dai e nei media (crimi- spesso in modo da avere sempre to di questo, dicendo che la salu- nologia mediatica) e quelle che ragione, le nostre narrazioni sono te mentale non è nell’unità ma è fanno parte dell’industria cultura- effetto delle nostre difese, per dir- nella dissociazione, il problema è le (letteratura, cinema e nuovi me- la con la psicoanalisi. Noi siamo tenere alla coscienza le parti disso- dia – criminologia di fiction). Tutte attraversati da un fascio di nar- ciate di noi: è sano chi è in grado queste narrazioni sono attraversa- razioni di noi stessi, che usiamo di stare negli spazi che stanno fra te dal problema della colpa (che per tenerci insieme e anche per le molteplici versioni di noi. Allora invece la criminologia scientifica presentarci al mondo. Questo è il possiamo dire che una versione di mette per così dire fra parentesi): le principale motivo per cui non ri- noi è anche quella del cattivo, e narrative giudiziarie cercano di as- tengo che sviluppare il livello della che tanto più siamo sani quanto segnarla in base a criteri appunto narrazione di sé, come fa la scuo- più siamo in grado di riconoscere giuridici, e con le garanzie massi- la della Bicocca, la valorizzazione l’ombra. Se tolleriamo, se ricono- me per l’imputato; le narrative me- del momento dell’autobiografia sciamo che anche noi potremmo diatiche, invece, ne stanno a poco che fa, che so, Duccio Demetrio, essere delinquenti, siamo evoluti. a poco costituendo l’alternativa sia un punto di arrivo. È un pun- Ma la criminologia folk non tolle- anticipata e forcaiola. I processi da to di partenza invece: raccontarsi ra le scale di grigio, tutto è bianco Bruno Vespa sono terrificanti: da- può voler dire anche ingannarsi, o nero, per la sua natura sociale e vanti a tante persone, è necessario raccontare di noi mentendo. Per gruppale, e nell’immaginario col- sottolineare come molto spesso dirla in un altro modo, sulla scia lettivo il delinquente appare catti- i criminologi, o alcuni fra loro, si del famoso psicanalista francese vissimo, e il buono, buono fino allo prestino a questo tipo di attività, citato prima da Grimoldi, Jacques spasimo. e vadano ai talk show ma cadano Lacan, il soggetto è sbarrato, noi nella trappola del mezzo: parli- non accediamo mai alla nostra ve- Criminologia giudiziaria, no di quello che non sanno, e, se rità, noi non siamo mai una cosa sanno quello di cui sono chiamati finita, siamo sempre qualche cosa criminologia mediatica, a parlare, che è spesso complesso, che si riconosce ma si riconosce criminologia di fiction venga loro tolta la parola perché dopo che si è raccontato, e mentre troppo prolissi per il programma. ci raccontiamo, ci raccontiamo an- Va detto, per inciso, che anche Le caratteristiche del mezzo, in- che un sacco di storie su noi stessi. chi ha commesso il reato si rac- fatti (velocità, impossibilità di ap- Diceva Lacan che “la verità si da conta, ce la racconta, anche per- profondire, tendenza ad attribuire in un ordinamento di finzione”, ché molto spesso è sceso un velo la colpa immediatamente), ovvia- che vuol dire di fiction. E allora noi nero, se ha commesso un delitto mente non permettono lo svilup- non siamo noi, siamo soltanto una di impeto, un delitto violento: ci po di un discorso approfondito versione di noi. sono la rabbia, il buio, e poi delle a un livello scientifico. Con il mio

Ristretti 34 Orizzonti n.4 - 2013 amico, collega, maestro Adolfo un po’ delinquente. Il mio maestro vediamo in tre o quattro, cadiamo Francia ci siamo posti il problema, Adolfo Francia dice sempre: “Se mi già in una situazione gruppale e e abbiamo provato ad andare in chiedono da che parte sto, dalla funzioniamo a un livello molto più TV, e abbiamo preso contatto con parte dei delinquenti o dalla parte primitivo; e la massima primitiviz- una celebre giornalista televisiva; dei custodi, io dico: sto dalla parte zazione, dicono gli studiosi inglesi ma non c’è stato verso di costruire dei delinquenti”. dei grandi gruppi, sta appunto nei un discorso possibile che permet- A mio avviso, qui si coglie il punto: gruppi di più di 40/50 persone, e tesse di mantenere presente il li- dovremmo stare, come crimino- sono le masse, che funzionano a vello scientifico, e quindi abbiamo logi, un po’ da tutte e due le parti. un livello di simbolizzazione pri- dovuto abbandonare la fantasia. E, vien da dire, questo è proprio mitiva e arcaica. Sono le masse Devo dire che spesso neppure i quanto ci insegna l’altro livello quelle che mettono in atto i lin- periti psichiatri che lavorano nel della criminologia istituziona- ciaggi per esempio, e questo crea contesto giudiziario (qui faccio le, la criminologia di fiction, che, tutta una serie di problemi eviden- riferimento al mio libro “Il delitto proprio perché ci porta in mondi temente, cioè le narrative diventa- non sa scrivere”), sono in grado di immaginari, ci dà la possibilità di no sempre più semplici, e sempre raccontare storie non punitive, te- rappresentare tanti aspetti della meno complesse. nendo in mente almeno due livelli nostra mente dissociata: i proble- Ancora una parola sul livello che narrativi, quello della società che mi, dicevo, stanno nella rigidità dovrebbe essere quello “superio- punisce e quello del reo che cerca della dissociazione, che ci può im- re”, la criminologia scientifica: a di spiegare (magari con l’aiuto del pedire di assumerci alcune parti mio parere il livello della rifles- perito stesso) quanto è accaduto. di noi stessi. Il grande Freud, in un sione scientifica molto spesso Nel libro avevo fatto riferimento saggio dei primi del novecento, perde la freschezza del contatto alla possibilità di albergare in noi “Personaggi psicopatici sulla sce- con le emozioni. Quando noi rac- versioni narrative diverse, antite- na”, diceva, riferendosi all’”Amleto”, contiamo, al livello individuale se tiche, delle posizioni delle parti, che i grandi drammaturghi come riusciamo a raccontare, e anche al definendo tale capacità, sulla scia Shakespeare rappresentano nei livello istituzionale, se ci dovessi- di Roland Barthes, come presen- diversi personaggi tanti aspet- mo riuscire, siamo sempre vicino za del codice dell’antitesi: il bene ti della nostra mente, come se i alle emozioni che sono connesse e il male tenuti insieme, visti in- personaggi diversi fossero le per- alle narrazioni: ogni narrativa è la sieme. Molti periti non sono in sonificazioni delle differenti parti storia, lo dicono i formalisti russi, grado, però, esempio, di empatiz- di noi: in questo modo la fiction di una peripezia che riguarda un zare col reo, di mettersi nei suoi ci permette di identificarci un po’ protagonista che vuole arrivare a panni, di scrivere le storie che lui con tutti, con i delinquenti, con i un certo risultato e che trova de- non è riuscito a scrivere perché giudici, con gli eroi e gli antieroi, i gli ostacoli sul suo percorso, ma è passato all’atto: uno dei più fa- colpevoli e le vittime, assumendo tutto questo però è costellato da mosi criminologi italiani, per fare il punto di vista di ciascuno. Una una serie di emozioni, che al livel- un esempio, ha scritto una perizia ginnastica straordinaria… lo della criminologia scientifica ri- d’ufficio su un autore paranoico, e C’è un altro punto molto impor- schiano di andare perdute perché l’ha riempita di “a suo dire”, pres- tante che volevo ribadire: la diffi- prevalgono gli aspetti statistici. sappoco così: “richiesto di parlare coltà della gestione collettiva del Quindi è importante secondo me, di quello che è successo, sostiene Male, “con la emme maiuscola”, e uno dei grandi contributi nella che, a suo dire…”,e questo per cin- sta nel fatto che la dimensione criminologia italiana è quello di quanta volte almeno. Il “suo dire” più “evoluta” è più facile da rag- Adolfo Ceretti con i suoi collabora- quindi, sembrava dicesse, non è “il giungere a livello individuale, ma tori, riportare il livello delle narra- mio dire”; in altre parole ci comu- sicuramente è molto più difficile tive anche nell’arengo della crimi- nicava, lui, di volersi tenere molto a livello gruppale e istituzionale. nologia scientifica e dimenticare distante da quell’autore di reato. In altre parole, le difese evolute, un pochino la quantofrenia e la le modalità evolute di raccontar- numerologia delle statistiche che Il criminologo dovrebbe ci riguardano noi nel nostro foro vanno sempre ricongiunte con gli interno, ma quando poi magari ci aspetti emotivi…- essere consapevole di essere anche un po’ Adolfo Ceretti delinquente Grazie, caro Alfredo. Quale tuo collega, ricordo che quando nel 1980 ci siamo laureati e siamo entrati negli istituti universitari la crimino- logia era ancora, sotto molti aspetti, positivista. Non dico di stampo Quello che dovremmo fare, inve- “lombrosiano”… Resta il fatto che in molti istituti universitari si dava ce, è di tentare di identificarci col reo… sto dicendo che, oltre che spazio solo a un approccio criminologico-clinico che poneva al cen- cercare di non essere troppo para- tro la diagnosi e il profilo del paziente-delinquente. Ascoltandoti ci noico, il criminologo dovrebbe es- rendiamo conto che abbiamo fatto qualche passo, avanti e a latere, e sere consapevole di essere anche di questo sono profondamente orgoglioso.

Ristretti 35 Orizzonti Alzi la mano chi ha voglia di fare l’innocente Capitolo quinto

Alzi la mano chi ha voglia di fare l’innocente Due sono i significati principali della parola “innocenza”: “Condizione morale e giuridica di chi non ha fatto del male a nessuno ed è quindi senza colpa” e “Condizione spirituale di chi è ignaro del male, senza pecca- to”. Chi la violenza l’ha usata, il male lo ha conosciuto, e se quel male decide a sua volta di farlo conoscere narrandolo anche a noi, perderemo l’innocenza perché non saremo più “ignari del male”, ma almeno sare- mo più attrezzati a conoscere anche il male che c’è dentro di noi. Le narrazioni degli autori di reato possono diventare allora un modo per pagare davvero quel debito contratto con la società per aver rotto il patto sociale: e forse è di narrazioni vere che abbiamo bisogno, ne hanno bisogno prima di tutto le vittime, per trovare finalmente un po’ di verità, ne hanno bisogno i cittadini “perbene” per capire che la linea che li divi- de da chi ha commesso un reato è a volte incredibilmente sottile, e lo è in modo particolare per i reati dei quali abbiamo più paura, quelli che la cattiva informazione attribuisce ai “mostri”, impedendoci irrespon- sabilmente di imparare qualcosa dal “male degli altri”. E quindi abbiamo un disperato bisogno di “buone narrazioni” anche da parte di chi si occupa di informazione.

Un carcere dove ti consigliano di trovare un modo per “ammazzare il tempo”

Sono così oggi moltissime carceri, e le persone si convincono di essere in galera perché sono state sfortunate ad essere arrestate, e non perché hanno fatto delle scelte sbagliate

di Clirim Bitri, Ristretti Orizzonti trovare un modo per “ammazzare il tempo”. Mentre io cercavo un i chiamo Clirim, sono ar- tante. Ho fatto questa vita per 7 modo per ammazzare il tempo rivato in Italia dall’Alba- anni, 7 anni con la paura verso tutti subentra un altro problema, la cel- Mnia nel ‘96. Prima ero un quelli che non conoscevo. Oggi so la diventa più piccola: progettata ragazzo normale con tanti sogni, che è più facile vivere in carcere per una persona, adesso ci devono studiare, lavorare e costruire una che vivere tutti i giorni con il terro- stare tre detenuti. E io comincio a famiglia. Ma sono rimasti solo so- re di essere arrestato. capire come ammazzare il tem- gni. In Italia ci sono arrivato con Nel 2009 vengo fermato e arre- po: lottare per sopravvivere, ma l’obiettivo di guadagnare qualche stato. Questa volta non c’erano lottando per sopravvivere stavo cosa che mi permettesse di co- né l’avvocato né tante carte da fir- dimenticando perché mi trovavo minciare gli studi universitari, ma mare, solo un foglio con la scritta: in carcere. In questo lottare per so- per raggiungere il mio obiettivo deve essere condotto al carcere pravvivere ho visto tanti miei com- ho scelto la strada sbagliata, scel- più vicino. Dove dovevo scontare pagni uscire a fine pena arrabbiati ta che mi ha portato varie volte in le mie vecchie condanne definiti- per aver pagato più del dovuto, e li carcere, e ogni volta aumentava la ve: quasi 13 anni di pena. ho visti convinti che non dovevano gravità dei reati, e tutte le volte fir- Carcere diverso da quello delle più niente a nessuno, che avevano mando delle carte che non capivo, mie prime carcerazioni, ma la stes- già pagato abbastanza. Lo stesso che mi portava l’avvocato, riuscivo sa scena: cella sbarre e guardie, e sentimento si stava radicando in ad uscire. l’unica regola “Non esistere” come me: la sensazione che non dovevo Nel 2002, mentre aspettavo l’ulti- persona. I primi consigli me li dà più niente a nessuno perché stavo mo processo, vedo che non pote- il mio compagno di cella: se vuoi scontando la pena in queste con- vo più sfuggire al carcere e cosi ho ottenere la liberazione anticipata dizioni di totale assenza di senso. avuto la mia ultima “brillante” idea, NON litigare e NON prendere rap- Quasi un anno fa ho comincia- non mi sono presentato al proces- porti disciplinari. Quando gli chie- to a fare parte della redazione di so, e ho cominciata la vita da lati- do che cosa posso fare, mi dice di Ristretti Orizzonti, dove oltre al

Ristretti 36 Orizzonti n.4 - 2013 giornale si fanno incontri con le me, consapevole o no, si era intro- nelle sezioni, che per mancanza scuole, e con vittime o famigliari di messo nella loro vita cambiandola di spazio e di personale non sono vittime di reati. Negli incontri con per sempre. La seconda è che mi messi in grado di capire che non gli studenti non so cosa colgono sono sentito male guardando le sono in carcere perché sono stati loro, ma io mi sento bene per due persone che avevano subito reati sfortunati ad essere arrestati, ma motivi: perché non mi sento giu- e non ci odiavano, non ho visto in perché hanno fatto delle scelte dicato, e perché mi sento utile. In loro quell’odio che mi aspettavo. sbagliate. Le stesse scelte che mi questo posto dove non si fa nien- Allora ho capito che oltre ad avere hanno portato oggi qui, a cerca- te, mi sento utile a qualcuno. Negli infranto delle leggi avevo fatto an- re di contenere i disastri della mia incontri con le vittime o i famigliari che del male. Dopo quegli incontri vita. delle vittime di reati, la prima cosa ho cercato di immaginare il male Fra qualche anno finirò di scontare che ho visto in loro, ho visto che che ho fatto a tutte quelle persone il mio debito con la giustizia, ma erano delle persone che avevano che avevo calpestato mentre inse- non so se potrò rimediare al male avuto dei sogni come i miei, stu- guivo il mio obiettivo. fatto verso chi ha avuto la sfortuna diare, lavorare e crearsi una fami- Oggi mi sento male quando guar- di trovarsi sulla mia strada mentre glia, fino a quando qualcuno come do i miei compagni che stanno inseguivo la mia illusione.-

La possibilità di una riflessione che non lascia spazio al vittimismo

È la riflessione che nasce dalle domande che fanno gli studenti, che ti spiazzano e ti costringono a fermarti a pensare a quello che hai fatto senza nasconderti

di Qamar Abbas, Ristretti Orizzonti

ono in carcere per un reato to difficile, ho reagito nel modo “progetto scuola/carcere”, a cui molto grave, omicidio, avve- più violento verso quel gruppo di partecipo attivamente da alcuni Snuto in seguito a una rissa fra persone con l’idea di difendermi anni: incontriamo migliaia di stu- connazionali: dopo una serie di so- da quelli che volevano farmi male, denti, e le domande che fanno ti prusi e violenze subite da loro, ad con la conseguenza che ho procu- spiazzano e ti portano a riflettere un certo punto si è scatenato quel rato la morte di una persona. su quello che hai fatto, una rifles- meccanismo di reazione istintiva Ma vorrei sottolineare un altro sione che non lascia spazio al vit- che era nascosto dentro di me. E punto che il carcere non ti fa mai timismo, ma che ti mette di fronte di conseguenza, oggi, sono qui a capire: perché sei qui? E cosa hai alle tue responsabilità. pagare per un lungo periodo della fatto? Ti danno una condanna e sei Domande e riflessioni che vengo- mia vita rinchiuso tra queste mura, lì buttato sulla branda, senza fare no riprese anche nelle riunioni che e sto cercando di capire come si nulla dalla mattina alla sera. Que- facciamo tra noi in redazione, dove poteva evitare quello scontro che sto tipo di carcerazione non mi fa- si approfondiscono gli argomenti si è innescato e non si è più ferma- ceva sentire in colpa, pensavo che e si impara a rispettare anche le to. Ora sto allenando la mia men- mi ero solo difeso, perché quelle opinioni degli altri. E quello che te a riflettere sul fatto di “pensarci persone volevano farmi del male, e ogni volta ricevo, soprattutto nel prima”. Quel giorno la mia reazio- poi purtroppo era successo il con- confrontarmi con questa parte di ne violenta, che mi ha coinvolto e trario, che il male lo avevo fatto io. società esterna rappresentata da- fatto perdere il controllo, ha avu- In quel momento cercavo solo di gli studenti, penso sia un passo in to l’effetto di portarmi in carcere. sopravvivere, ma poi quando sono più verso la consapevolezza di ciò Cosa che non avevo mai messo in arrivato nel carcere di Padova e ho che ho causato, del male che ho conto, anche perché i miei pensieri avuto l’opportunità di frequentare fatto, e quello che ho prodotto con erano lontani da questa realtà. la redazione di “Ristretti Orizzonti”, il mio atto violento, una rielabora- Perché dico questo? Perché io face- ho iniziato un percorso diverso da zione del mio passato che mi ha vo una vita regolare, con un lavoro quello che gli altri istituti peniten- permesso di riconoscere il danno e uno stipendio, e quando nella ziari proponevano. che ho creato alla famiglia della mia vita è arrivato questo momen- Nella redazione si aderisce ad un vittima e ai miei cari.-

Ristretti 37 Orizzonti Alzi la mano chi ha voglia di fare l’innocente Capitolo quinto

Adolfo Ceretti introduce Riccardo Iacona Riccardo Iacona è giornalista dal 1988 ed è entrato ben presto a fare parte della squadra della terza rete Rai diretta da Guglielmi. Nel 1996 lascia la Rai insieme a Michele Santoro per diventare un autore dei pro- grammi “Mobydik” e “Mobis” su Italia Uno. Ritorna in Rai, ancora insieme a Santoro, con il quale inizia a col- laborare per “Circus” e, poi, “Sciuscà”. Si occupa di giornalismo d’inchiesta caratterizzato da un forte coinvol- gimento personale. Per questa caratteristica i suoi reportage potrebbero essere definiti reportage emotivi. Ha realizzato numerose trasmissioni su Rai Tre, su varie realtà della vita italiana, quali per esempio: “Viva gli sposi”, “Viva il mercato”, “Viva la ricerca”, e la serie di inchieste “Viva l’Italia” (2006). Nel 2009, sono andate in onda, su Rai Tre, parecchie puntate del programma “Presa diretta”, che nel prossimo autunno tornerà final- mente sul piccolo schermo. È autore di vari libri, Racconti d’Italia, pubblicato nel 2007, L’Italia in presa diretta (2010) ma, quasi certamente, il motivo della sua presenza qui, oggi. è legato a una pubblicazione del 2012: Se questi sono gli uomini. Italia 2012, la strage delle donne.

C’è bisogno di una contronarrazione, fatta di tante narrazioni

Come comunicatore, come narratore sento forte, urgente la necessità di rimettere al centro del racconto le nostre responsabilità di uomini

di Riccardo Iacona, giornalista, lavora all’ideazione e alla realizzazione del programma Presadiretta. È autore dei libri L’Italia in Presadiretta e Se questi sono gli uomini

assicuro tutti che Presa diret- genere. Questo è uno degli aspet- zione, se non altro perché hanno il ta continua, e pensiamo an- ti che mi ha spinto a fare questo compito concreto della cura, Cioè Rche di tornare sui temi della lavoro d’inchiesta di cui vi parlo si sono posti l’obiettivo di mettere violenza di genere, che da soli, e oggi, che poi è sfociato in un libro in atto delle pratiche di recupero, devo dire che questa è una parte e in una puntata di Presa diretta, di cura, di salvataggio della don- del racconto che vi farò oggi po- lavoro d’inchiesta vero di quelli na e di reinserimento delle donne meriggio, abbiamo affrontato in che quando esci fuori sei più ricco maltrattate o a rischio vita, per aiu- prima serata in una trasmissione, perché hai capito delle cose, lun- tarle a riprendersi la vita in mano. nello spazio nobile dell’approfon- go nel tempo perché sono stato in Io sono partito per fare questo dimento giornalistico, là dove pas- giro per due mesi, ricco dal punto viaggio perché sentivo che c’era sano le grandi questioni nazionali. di vista degli incontri che ho fatto, qualcosa che non quadrava, non Il processo di rimozione, a fronte perché ho ricostruito una decina era possibile… cioè voglio dire, di una cronaca che raccontava di queste storie avvenute nel 2012, sono bastati e sono tantissimi 30 la morte di queste donne in con- gettando come piace a me “la rete morti nello spazio di un mese e tinuo aumento, quindi avrebbe larga”, quindi attraversando i con- mezzo a Scampia perché tutta l’I- dovuto allarmare tutti quanti, a testi, parlando con i testimoni, con talia parlasse della guerra di Scam- fronte di questo il processo di ri- i vicini di casa, con i parenti, i poli- pia, e perché Prodi in Consiglio mozione di queste questioni nel ziotti, i magistrati che hanno fatto dei Ministri andasse fino a Napoli nostro Paese è talmente potente, l’inchiesta. Ma, soprattutto, attra- per parlare di questa questione che nessuna trasmissione di quel- versando quegli straordinari labo- qui. Perché in Italia lo sappiamo le di peso, cioè di quelle che parla- ratori di questa contro-narrazione, che quando muore un ragazzo di no dei problemi nostri, economici, che in Italia non è mai in primo Scampia è un morto di criminalità sociali, politici, ne abbiamo tantis- piano perché c’è questo processo organizzata, che non è un morto simi, ha mai messo al centro ne- di rimozione in corso, che sono qualsiasi, è un morto che ha un gli ultimi anni in prima serata per i tanti centri antiviolenza che da peso nella storia del nostro Pae- due ore il tema della violenza di anni costruiscono questa narra- se. Quelle morti non sono senza

Ristretti 38 Orizzonti n.4 - 2013 senso, ci segnalano l’esistenza di Allora io voglio andare alla conclu- la Francia in tante variabili impor- un contropotere nel nostro Pae- sione del viaggio, chi poi il viaggio tanti nel nostro Paese. E poi serve se e quanto è larga quella terra di lo vuole seguire, si può leggere il a tenere lontani i responsabili veri confine dove si incontrano la Ma- libro, ed è un lavoro sul quale noi di queste violenze, cioè gli uomini, fia, l’Economia e la Politica. Invece andremo avanti, ma oggi voglio a salvaguardare noi, a tenerci lon- queste donne spesso non aveva- arrivare alla conclusione della mia tani da queste storie… appunto no un nome e cognome, finivano inchiesta. Cosa ho scoperto io? sono storie di matti, sono storie nelle cronache delle storie d’amo- Su che cosa sto lavorando, su che di altri, non sono le storie mie, di re “andate a male”. Eppure sono cosa ho lavorato? Nel disvelare Riccardo, le storie di Adolfo, le sto- 124 nel 2012. Quindi in questa questa nebbia di rimozione che rie nostre. Sono la minima parte cronaca che finiva sul tavolo della c’è attorno all’argomento e cerca- diciamo… anche su questo mini- mia Redazione, c’erano tanti punti re di capire che cosa nasconde, ci mo, e qui chiudo, ci sarebbe un po’ interrogativi che mi hanno spinto si accorge allora che nasconde un da riflettere, anche qui ci vuole un a fare questo viaggio. Paese profondamente ostile alle po’ di verità giornalistica, perché Per esempio la cronaca, oltre a donne. i dati sono alti, non possiamo più schiacciare tutte queste storie A questo serve la cortina fumoge- parlare di una minoranza. La vio- nella relazione sentimentale con na, a questo serve schiacciare que- lenza nei confronti delle donne l’uomo, spesso dipinge questi fatti ste storie tutte nella relazione sen- italiane è endemica se andiamo come qualcosa che è molto lonta- timentale come se fossero delle a vedere i numeri, non è un feno- no da noi, come se appartenesse a storie d’amore andate a male, un meno di poco conto che uno può una sorta di periferia, o culturale, raptus di gelosia, sono delle gri- far finta che non esiste, e non è un o economica, o sociale del Paese, glie interpretative legittime natu- caso che i cosiddetti femminicidi ma questo cozza con il fatto che i ralmente, perché ogni storia può aumentano perché la base della numeri sono in aumento dal 2006, essere affrontata da tanti punti piramide è larga, e anche la punta cozza con la giovane età dei pro- di vista, ma che ci dicono poco di lasciatemi dire non è proprio una tagonisti di queste storie. Non è quello che sta succedendo, che punta cosi da poco. In Spagna, nel un’Italia in bianco e nero, non ci non mettono assieme le storie di 2011, sono state uccise 63 donne. sono alibi a cui ci si può attaccare, Napoli con quelle di Torino, le sto- Una ogni sei giorni. Prima dell’ini- non possiamo dire: va bene, que- rie di ricchi con quelle dei poveri. zio dell’amministrazione Zapatero ste storie appartengono a un’Italia Quindi a questo serve questo ar- ogni 24 ore un maschio uccideva che non esiste più, moriranno con mamentario costruito sull’amore, una femmina. E da noi? Un sesto la morte di questi protagonisti an- a farle diventare una cosa fisio- delle italiane, secondo un’inda- tichi. No! è un conflitto moderno, logica. In realtà è il nostro Afgha- gine Istat del 2007, ha subito un antico e moderno allo stesso tem- nistan, il nostro Afghanistan è il abuso. La Spagna è un Paese che po. condensato di queste bugie, di ha messo in atto delle buone pra- Ma secondo la mia griglia inter- queste storie dove non si va a ve- tiche politiche attive ed è riuscito pretativa, che è quella che appli- dere veramente che cosa sta suc- a contenere la statistica delle don- co ogni volta che ho un’inchiesta cedendo. Quindi servono a tenere ne uccise e anche ad arginare la in corso, cioè cerco di mettere in lontana dall’agenda della politica violenza che anche lì era, ed è en- campo tutti gli strumenti disponi- la grande questione femminile demica come in molti Paesi. bili per tentare di fare vibrare il più nel nostro Paese, talmente grande Allora c’è bisogno di una contro- possibile le connessioni di senso che nel gender gap siamo in una narrazione, fatta di tante narrazio- fra i fatti che succedono, chiara- posizione vergognosa, talmente ni, ma per quello che è il mio com- mente c’è qualcosa che non torna grande che noi siamo più vicini pito come comunicatore, come nei racconti che vengono fatti. al nord Africa che alla Germania e narratore sento forte, urgente la

Ristretti 39 Orizzonti n.4 - 2013 necessità di rimettere al centro del In Austria grazie a questi corsi im- mettersi in circolo come persona, racconto le nostre responsabilità posti per legge la recidiva è stata avere la possibilità una volta usciti di uomini. Perché lo sguardo da abbattuta del 40%, sono risultati di non seguire un percorso di di- esterno su quelle scene del delitto importanti. struzione. Su questo noi stiamo fa- ci racconta forse un nucleo impor- Questo è il Paese dove sappiamo cendo pochissimo, perché finora tante, che spiega il conflitto e che tutto e facciamo pochissimo. Ci non c’è stato il riconoscimento del ha a che fare con la libertà. Le don- sono altri Paesi che sono un po’ più nostro Afghanistan. Perché finora ne uccise che io ho raccontato non concreti come la Germania, l’Au- non c’è stata una assunzione di erano povere vittime. Sono state stria, dove intanto cominciano a responsabilità politica a livello na- vittime, magari per tanti anni, ma fare qualcosa e poi vedono i risul- zionale che si sia posta il problema sono state uccise nel momento tati di questo fare qualcosa. Inve- della questione femminile nel no- preciso in cui hanno deciso defini- ce nell’assenza totale o nella poca stro Paese, questo è il punto. tivamente di liberarsi, di riprende- pratica politica che si fa su que- Io che in Afghanistan ci sono stato re in mano la loro vita, altrimenti ste questioni vive anche questa tante volte per lavoro e ho inco- non le avrebbero uccise, e vi sto frustrazione, tanto ben delinea­ta minciato a capire perché le don- parlando della stragrande mag- oggi da Bruno Turci, quando ha ne portano il burka in quel Paese. gioranza dei casi. Sono storie no- fatto la domanda diretta sui temi Ebbene, nessuno si domanda in stre, questo ci racconta la cronaca della giustizia: dal 2006 che cosa Afghanistan, e neanche le donne, del loro martirio, 124 donne nel è successo, che cosa è cambiato? se se lo devono togliere o met- 2012 come se fossero state uccise Bene, chiudo quindi dicendo che tere questo burka, se lo mettono tutte da un solo uomo e tutte per abbiamo bisogno di fare queste punto e basta, perché non c’è di- lo stesso motivo: libertà. Libertà di contronarrazioni, abbiamo biso- battito su questa questione. Se tu scegliere, di lasciare, di decidere di gno di costruire su queste con- non ti metti il burka rischi la vita. vivere da sola, anche con i figli a tronarrazioni una pratica politica, Sei oggetto di rapina, sei oggetto carico, voglia di riprendersi la vita tante pratiche politiche attive. di stupro, sei oggetto di violenza, in mano, una vita dove lui non è Alcune sono a costo zero, hanno perché la donna in Afghanistan previsto. Sono morte non perché a che fare con la formazione, pos- vale meno dello scarpone di un deboli ma perché forti, sono state siamo benissimo farle con il nostro uomo. Ecco, ce lo abbiamo anche uccise quando si sono liberate del Ministero, con le nostre scuole. Al- noi il nostro Afghanistan, sem- loro uomo, sono martiri della li- tre hanno bisogno di poche deci- plicemente lo copriamo, non lo bertà. Eppure vengono raccontate ne di milioni di euro, questi sono vogliamo vedere, non ce ne vo- come morti d’amore, l’amava così i soldi che servono per esempio gliamo assumere la responsabili- tanto che poi alla fine l’ha uccisa. per costruire la rete dei centri an- tà, e penso che da lì se partiamo E noi così le uccidiamo due volte, tiviolenza anche nei posti in cui possiamo anche spostare in avanti cancellando anche quel grido di li- i centri non ci sono. Altre hanno la famosa trincea culturale che in bertà che ci lanciano in Italia ogni bisogno di intervenire dopo, noi questo Paese è diventata un alibi due, ogni tre giorni. Questo ci dice siamo in un carcere, io ho fatto come tanti altri, per cui si dice che qualcosa sulla natura di questo puntate sulle carceri dove questo è una questione culturale e non si conflitto. Sentivo parlare prima “DOPO” spesso in quasi tutte le risolverà mai. No, io sono profon- Francesca Archibugi della sua ne- carceri italiane viene cancellato, damente convinto che sono temi cessità di raccontare “gli uomini abbiamo sentito le testimonianze importanti che riguardano tutti maltrattanti”, ha ragione. L’ultimo sotto questo punto di vista for- quanti, perché hanno a che fare capitolo io l’ho dedicato a loro, a tissime che non hanno neanche con la ricchezza del nostro Paese, quei pochi che seguono, purtrop- bisogno di essere commentate. questo è un Paese che non andrà po perché sono pochi, i corsi in Stiamo parlando di consapevolez- da nessuna parte contro le donne Italia cosiddetti di rieducazione. za, responsabilità, rieducazione, ri- italiane.-

Adolfo Ceretti Questo intervento appassionatissimo ha detto molte verità. Anch’io, come è già stato detto da altri, sono tra quelli che non amano la parola “femminicidio”. Però, prima di accantonarla, proviamo a essere riflessivi. Da un punto di vista criminologico, un conto è uccidere una donna… che so… sconosciuta, impulsiva- mente. Del tutto diversa, invece, è la situazione in cui un uomo uccide una donna perché non accetta di interrogarsi sul fallimento della propria vita amorosa e, anziché elaborare il lutto per ciò che ha perduto, anziché misurarsi con la sua solitudine, reagisce minacciando, perseguitando e, finanche, ammazzando chi reputa “colpevole” di avere riaperto la sua ferita narcisista. Sono due cose diverse, dunque, uccidere una donna fuori da un contesto domestico e/o di relazione di coppia, o ucciderla dopo essere entrati in questa spirale. Mi sembra che i ragionamenti che Iacona ci ha donato aiutino ad approfondire questa traccia. È molto complesso, naturalmente, esprimere concetti che toccano le sensibilità di tutti in pochi minuti. Tutti i relatori, però, sono stati a mio modo di vedere bravissimi nel ritagliare pensieri che ci hanno aiutato a pensare pensieri difficili.

Ristretti 40 Orizzonti Vittime e carnefici della Capitolo sesto violenza delle parole

Vittime e carnefici della violenza delle parole In un blog sulla violenza abbiamo letto: “Bene o male, siamo tutti stati un po’ vittime e un po’ carnefici della violenza delle parole. Tuttavia il passo che fa la differenza è utilizzare la nostra sofferenza, ciò che ci ha insegnato, per non causarne agli altri. Qui sta la consapevolezza di una persona rispetto ad un’altra”. Se chi è stato offeso dalla violenza, e anche dalle parole di qualcuno riesce a trametterci la sua sofferen- za, forse ci aiuterà a risparmiare ad altri il dolore di parole superficiali, rozze, che feriscono. Parole come un piccolo verbo, “combinare”, che usato da chi ha commesso un reato grave, “l’ho combinata grossa, ho combinato un disastro”, suona come una fastidiosa minimizzazione della responsabilità.

Non si può fare informazione raccontando l’odio, il rancore, il sentimento di vendetta

È invece quello che si cerca spesso di raccogliere da chi subisce il reato, generando altro odio e altro rancore

di Elton Kalica, Ristretti Orizzonti

uesto capitolo per noi è uccisa e gli chiede: “Lei crede nella la smetteva di piangere. Questa molto importante e de- giustizia?”. Ovviamente quello che storia l’abbiamo anche scritta. Il Qlicato, perché si tratta di raccogli è il dolore, l’odio, il ranco- ragazzo era in carcere per aver un percorso iniziato nel 2008 con re, il desiderio di vendetta. Quindi ucciso un suo coetaneo, e mi ha l’idea di costruire un dialogo con dei sentimenti, delle sensazioni detto: “In dieci anni di carcere non vittime o con familiari di vittime che sì, sono umane, ma che non ho mai pensato alla mamma della di reati. Quindi un dialogo tra au- sempre mostrano l’umanità delle persona che ho ucciso, ho tenuto tori di reato e chi il reato lo ha su- persone. Però non si può fare in- in mente il litigio, l’aggressione bito. Il nostro metodo è quello di formazione raccontando questo. che ho subito, la rissa che ne è offrire una narrazione diversa del Noi allora abbiamo pensato di scaturita e quindi ho sempre pen- reato, degli autori di reato e dei invitare alcune persone che han- sato che mi ero difeso e che avevo percorsi che portano al reato. in no subito reati gravi e ci siamo fatto bene; mentre ascoltavo Olga questo modo vogliamo fare un’in- fatti raccontare la loro sofferen- D’Antona, ho pensato a un’altra formazione alternativa, opposta a za. Questo si è trasformato in un vittima, alla mamma di chi ho uc- quella che è la narrazione ufficiale percorso che ci ha fatto riflettere ciso”. del reato, quella che si vede nei molto. Ho raccontato questo per far capi- giornali e nei telegiornali. Se ab- Abbiamo avuto qui Olga D’Anto- re come questo tipo di narrazione biamo pensato che sarebbe sta- na, Manlio Milani, Agnese Moro, può essere utile per chi sta in ga- to interessante estendere questo Silvia Giralucci, Benedetta Tobagi, lera perché fa riflettere sulle pro- metodo anche a chi il reato lo su- ne abbiamo incontrate tante, di prie responsabilità; ma dovrebbe bisce è perché noi crediamo che persone che sono state vittime di fare riflettere ancora di più chi anche per le vittime il trattamento reati, in questi anni. Tante persone pensa che la galera deve essere che i mezzi d’informazione riser- che hanno portato qui, di fronte a un luogo di sofferenza e basta: vano è più o meno lo stesso. Per centinaia di persone, una diversa quel ragazzo piangeva perché raccontare il fatto, si cerca spesso narrazione della sofferenza. È sta- stava ragionando sul male fatto, di cogliere, di raccogliere da chi to utile ai lettori più assidui di Ri- e quindi una galera diversa ci può subisce il reato, l’odio, il rancore, il stretti Orizzonti, ma è stato molto essere, ed è il carcere che fa riflet- sentimento di vendetta. importante anche per i detenuti. tere. Oggi qui abbiamo Giovanni Quando dico questo penso al Ricordo che all’incontro con Olga Ricci, si presenterà lui anche per- giornalista che va a intervistare D’Antona c’era un ragazzo che ché è molto più bravo di me a rac- subito il familiare di una persona aveva assistito all’incontro e non contarsi.-

Ristretti 41 Orizzonti Vittime e carnefici della violenza delle parole Capitolo sesto

Poi un giorno ti guardi allo specchio e capisci che non c’è più motivo di odiare…

Con i ragazzi nelle scuole spiegare la differenza tra il male e il bene laddove è possibile è una cosa grande e unica

i chiamo Giovanni Ricci, vi struggono, ti dilaniano, ti uccido- di Giovanni Ricci, racconto la storia che ha no dentro. È proprio per dire basta criminologo e sociologo, Mcaratterizzato tutta la mia a tutto questo che trovi la forza, la figlio del maresciallo dei vita. Il 16 Marzo del 1978 morì mio forza per dire basta adesso voglio carabinieri Domenico Ricci, padre in via Mario Fani a Roma du- andare avanti. Non voglio più ave- che come uomo della scorta rante il rapimento dell’Onorevole re questa immagine di mio padre dell’onorevole Aldo Moro Aldo Moro da parte delle Brigate fissa in mente, voglio ricostruire fu assassinato nel rapimento Rosse. Mio padre era uno dei 5 del- il film della mia vita, un film fatto di via Fani del 16 marzo 1978 la scorta, era l’autista quello che di ricordi di mio padre quando era da più anni, circa 22, era con Aldo ancora in vita e fatta di ricordi del- Moro. L’immagine che mi è rima- la mia famiglia anche dopo che era sta per tanti anni di quel giorno, morto. Non potevo più fossilizzare riempiono di domande, vogliono un’immagine forte, è stata quella la mia intera esistenza a un sin- sapere e capire. Posso sincera- dell’edizione straordinaria di Re- golo fotogramma di quel giorno mente dire, e oggi qui ne ho avu- pubblica di quel pomeriggio in cui a quell’ora: alle 9.05. Quindi ecco, to testimonianza dai tanti ragazzi mio padre era stato fotografato la necessità di andare dai ragazzi detenuti che sono qui intervenuti, senza lenzuolo crivellato di colpi, nelle scuole a raccontare quella come sia importante che anche decine di colpi. Quell’immagine che era stata la mia esperienza, chi abbia commesso il male una me la sono portata fissa in men- come l’avevo vissuta. Spiegare ai volta, e si sia reso conto di quello te per tanti anni, premetto che ragazzi che la violenza porta solo che ha fatto, porti la sua testimo- avevo 11 anni quando successe. alla distruzione. Spiegare ai ragaz- nianza all’interno delle scuole, una È un’immagine con cui convivevo zi che anche la violenza verbale a testimonianza fatta di sentimenti, tutti i giorni e tutte le notti. Poi cre- volte crea attriti tra le parti, crea di voglia di comunicare, di essere scendo viene voglia di conoscere violenza seppur di parole. Ma che anche colui che ha sbagliato ma è le motivazioni, capire: chi era sta- in breve può divenire anche vio- e rimane un cittadino del nostro to, per quali motivi quei 5 uomini lenza fisica, una violenza che ti Stato, un membro della nostra so- erano stati uccisi li, quel giorno e annienta, ti distrugge. Ecco, allora cietà. anche l’Onorevole Moro dopo 54 cerco di spiegare a questi ragazzi Ritengo importantissimo, laddo- giorni, ti fai una miriade di doman- il senso della legalità, l’importan- ve poi sia possibile poter portare de finché, un bel giorno di un po’ za del confronto seppur forte, ma le testimonianze della vittima e di di anni fa, ti svegli, ti guardi allo confronto tra le parti. Anche per- chi ha commesso il reato, che que- specchio e capisci che non c’è più ché anche se i ragazzi delle scuo- sto atto sia un qualcosa di unico. motivo di odiare o di avere ranco- le non sanno nulla del terrorismo Io spero vivamente che un giorno re dentro di te. Perché purtroppo, degli anni 70, quando comincio a possa ritrovarmi io o le altre vit- l’odio, il rancore ti lacerano, ti di- raccontare i fatti della mia vita mi time del terrorismo insieme agli ex terroristi a raccontare gli acca- dimenti di trent’anni fa, di qua- rant’anni fa. Anche perché quello che i nostri ragazzi rischiano real- mente è che tra un paio di gene- razioni avranno un gap storico in- credibile, una totale mancanza di memoria collettiva di quello che sono stati quegli anni. Quindi non

Ristretti 42 Orizzonti n.4 - 2013 solo si sente l’esigenza in questo caso, ma, a maggior ragione pro- prio le testimonianze in generale delle vittime dei reati e di chi ha commesso quei reati è fondamen- tale per spiegare ai ragazzi nelle scuole la differenza tra il male e il bene; e laddove è possibile è una cosa grande e unica. Ringrazio sentitamente la Reda- zione di Ristretti Orizzonti di Pado- va, il carcere di Padova e la comu- nità che porta avanti questa voglia di non lasciare nessuno indietro. Grazie!-

Essere vittime è anche un ergastolo

di Silvia Giralucci

i chiamo Silvia Giralucci e semplice: dobbiamo individuare morti sospette nelle carceri italia- come forse sapete la mia categorie a noi estranee e addita- ne ce ne sono tante, non parliamo Mstoria assomiglia a quel- re le persone che vi appartengono soltanto dei suicidi, ma delle morti la di Giovanni: il mio papà è sta- come cattivi. Riflettevo sui casi di per motivi non chiari, morti che to ucciso dalle Brigate Rosse nel attualità, Kabobo per esempio, il talvolta si potrebbero prevenire. 1974 quando si trovava all’interno ghanese che qualche giorno fa ha Quali di queste morti fanno no- della sede del Movimento Sociale. ucciso a picconate tre persone a tizia nei nostri quotidiani? Se va Ho raccontato diverse volte que- Milano. Alcuni anni fa a Milano ci bene vengono dedicate loro cin- sta storia ai convegni di Ristretti fu un’altra persona che ammaz- que righe. Perché il trattamento Orizzoni, ma oggi vorrei partire da zò a colpi d’ascia la fidanzata, era è diverso quando il fatto accade un po’ più lontano. Prima, mentre Ruggero Jucker, un rampollo della all’estero? Perché in questo caso Mauro Grimoldi parlava della reto- Milano bene: ma allora tutti par- sono le carceri degli altri che fun- rica del mostro, io pensavo al fatto larono di un caso psichiatrico, per zionano male, non serve interro- che esiste anche una retorica della Kabobo invece il dibattito si è con- garci. La violenza riguarda ciò che vittima. Pensiamo a una “piramide centrato sul tema dell’immigrazio- sta all’esterno. Possiamo essere della cattiveria” con i più abietti ne clandestina, non si è parlato di quelli che puntano il dito, e non in basso. Per tutti è importante psichiatria, del fatto che di quella serve interrogarci, cambiare i no- non trovarsi alla base: persino in persona, che si trovava in Italia da stri comportamenti. un luogo di “scarti sociali” come un anno e mezzo, nessuno si era Mi è tornata in mente una rifles- il carcere, si è trovato il modo di accorto. No, l’unico problema era sione uscita dal Gruppo di Discus- espellere quelli dell’ultimo gradi- il fatto che Kabobo fosse un immi- sione promosso da Ristretti all’in- no, sono i protetti, gli autori di rea­ grato clandestino. Perché? Perché domani del gravissimo ferimento ti sessuali, che vengono tenuti in noi non siamo immigrati e quindi del carabiniere di fronte a Monte- sezioni distaccate per proteggerli quella cosa orribile che ha fatto citorio. In quel caso alcuni detenu- dalla violenza degli altri detenuti. non ci può riguardare. ti hanno detto di non provare do- Anche in un luogo come il carcere Pensavo alla morte sospetta di lore per quello che era successo al è importante trovare il modo di far Claudio Faraldi nel carcere di Gras- carabiniere, perché tale è l’odio ac- capire e dire a se stessi che il male, se in Costa Azzurra. Dopo il caso cumulato negli anni per quelli che il vero male, è fuori di noi, in un al- Franceschi è il secondo italiano ritengono soprusi subiti da parte tro posto, più in basso. che muore in modo poco chiaro delle forze dell’ordine, che anche Come si fa a stare in alto nella pi- nello stesso carcere. Prime pagine di fronte a un fatto così grave non ramide sociale? Il meccanismo è dei giornali, servizi dei tg. Eppure, scatta l’immedesimazione con la

Ristretti 43 Orizzonti n.4 - 2013 vittima, la vittima diventa altro. la notte più in la”, Benedetta Toba- fare quella fine. E immagino che Questo per riflettere su quanto sia gi con “Come mi batte forte il tuo questa sia stata una condizione importante scegliere per gli autori cuore”, a mio modo io ho cercato di assoluta solitudine e non rico- di reato categorie a noi estranee e di raccontare la Padova degli anni noscimento. Nel suo libro “Ricor- per le vittime invece categorie cui 70 raccontando in parte anche dare stanca”, parla degli altri libri noi apparteniamo per sentirci si- la mia storia personale, è uscito di figli di vittime, e in particolare curi e gratificati. poi recentemente il libro di Luca se la prende con la categoria di In questa ‘piramide della cattive- Tarantelli. Diciamo che se prima quelli che chiama i “figli baby” , ria sociale’ la vittima sta in alto. Ha c’era una narrativa che riportava molto piccoli quando i genitori subìto, e per questo ha tutto il di- il punto di vista dei terroristi, ne- morirono in anni lontani. Vi leg- ritto di scagliare pietre. La vittima gli ultimi anni c’è stata anche una go qualche passo: “Leggo ciò che di reato è nella posizione, diciamo narrativa dei figli delle vittime, hanno scritto e riconosco il dolore, privilegiata, in cui l’odio è non solo bambini molto giovani che hanno i rimpianti questo sì, il senso di so- socialmente accettato, ma anche risposto scrivendo, ciascuno lo fa litudine, come no?, è una vecchia desiderato. Se la vittima odia, per con i suoi mezzi, a quel bisogno di conoscenza comune. Mi identifico solidarietà hanno diritto di odia- conoscenza e di riconoscimento. perfettamente in quel misurarsi re anche tutti gli altri, anche tutti Per molti di noi è stato un modo quotidiano con gli altri, quando coloro che non hanno subito quel molto importante di riappropria- ricevi l’insofferenza nell’ascolta- che ha subito lei, ma avrebbero zione della propria storia. re i tuoi diritti, le tue ragioni, la potuto essere al suo posto. Per Qualche mese fa è uscito un altro tua storia. Quando quasi nessuno questo i mezzi d’informazione si libro di una vittima che devo dire vuole comprendere che una per- rivolgono alla vittima per chiedere che mi ha colpito moltissimo, il sona ammazzata con un progetto che cosa prova: perché può legit- libro è di Massimo Coco, figlio di umano implica un dramma diver- timamente dire che odia, che vor- Francesco Coco, il magistrato che so da chi muore per malattia o for- rebbe vendetta. Il paradosso è che riuscì a trovare un escamotage tuito incidente stradale. Un dram- quando non lo dice o viene igno- giudiziario per far liberare il giudi- ma che non può essere accettato rata o le viene messo in bocca lo ce Sossi: disse che avrebbe fatto lo come tutto ciò che appartiene ai stesso. Non deve uscire dalla parte scambio con i brigatisti detenuti capricciosi disegni del destino. assegnata perché metterebbe in se il sequestrato Sossi fosse stato Comprendo l’idea di una ricerca crisi la struttura della piramide. restituito incolume. Le Br accet- paterna seguendo il calvario so- Però per chi è davvero al vertice tarono e Sossi venne liberato. A litario di una persona che è stata della piramide, l’essere vittima è quel punto Coco spiegò che un abbandonata a se stessa sino alla un ergastolo e di questo poco si prigioniero per definizione non è morte scoprendo la sua dedizione parla. Lì al vertice si è soli, si è in- mai “incolume” e che quindi non al lavoro sempre svolto. Ma, por- toccabili e anche un po’ ci si ver- avrebbe fatto nessuno scambio ca miseria e la rabbia dove cavolo gogna perché si è delle persone con i brigatisti in carcere. Per que- l’avete messa? Dissimulate l’odio lacerate, e questa lacerazione in sto venne ucciso. o avete trovato un antidoto? Pos- un contesto di vita normale va in Il figlio ragazzino di Coco soffrì sibile che tutto possa, che tutto si qualche modo nascosta. Molti di moltissimo non solo per la perdi- possa risolvere in una semplice, e voi conosceranno, hanno letto i ta del padre, ma anche perché il qui cito “sorda voglia di prendere libri di orfani di vittime di terrori- padre già in vita e ancora di più tutto a calci”, vi ha forse aiutato smo che sono stati scritti negli ulti- da morto è stato considerato il l’essere giovanissimi nel momento mi anni, ha iniziato Mario Calabre- magistrato fascista, quello che in cui avete perso il papà e quin- si con il suo bellissimo “Spingendo in qualche modo si è meritato di di portate con voi meno ricordi e meno rimpianti? È possibile che sia stato solo questo a rendere più semplice e rimuovere, superare e accettare tutto quanto? Basta dav- vero leggere la frase di un filoso- fo per capire improvvisamente il senso di tutte le cose? Ma funzio- na solo con voi la rimozione, il su- peramento del trauma per mezzo di passeggiate in bici lungo strade aperte di campagna? O scalando un assolato remoto ghiacciaio al- pino fino a trovarne la solitudine la concentrazione la memoria? O scrivendo lettere all’adorato figlio- lo come seduti davanti al caminet- to, o semplicemente sterzando,

Ristretti 44 Orizzonti n.4 - 2013 cambiando di colpo direzione per- ché “c’è sempre un’altra strada”? Apro e leggo a caso da un altro li- bro: Il rancore è un veleno che cor- rode le tue ossa, mai quelle degli altri. La fregatura del rancore è che si mangia tutto: amore, passione, energia. Non dimenticare ma non odiare, comprendere anche le ra- gioni di chi ti è stato nemico, è la mia via per guardare con serenità al futuro. Guardare avanti, cammi- nare, impegnarsi per voltare pa- gina nel rispetto della memoria. Ma vi siete messi d’accordo tra di cercato di interrogarmi. Innanzi di ascoltare ma anche di parlare voi, avete ricevuto delle istruzioni, tutto credo che ci sia una respon- raccontando la nostra storia. Que- o avete fatto tutti quanti un cor- sabilità collettiva nel non esse- sto ho pensato qualche mese fa, so collettivo di rielaborazione del re stati capaci di stare vicino alle quando ho avuto l’occasione di lutto? E chi vi ha nominati in vita vittime, nell’averle lasciate sole. parlare con Suela, la figlia di Dri- docenti di vita da vittima? Come Qualcuno ce l’ha fatta con i suoi tan, che è il detenuto che vi ha potete cercare di comprendere mezzi e qualcuno non ce l’ha fat- raccontato che è entrato in carce- le ragioni di un delitto? Invece io ta. L’altra cosa che mi sono detta re per una faida familiare quando vi dico com’è il mio punto di vi- è che probabilmente è più facile, la sua bambina non aveva ancora sta personale, premesso che non è la strada più dritta quella di ri- due anni. Ecco, mentre Suela mi ho la pretesa di essere professore manere nell’odio. Perché la strada raccontava la sua storia ricono- per nessuno. Per favore ascoltate che abbiamo scelto, quella di cer- scevo tantissimi tratti della mia: con attenzione, da trentasei anni a care di non farci divorare dal ran- l’essere privati del padre, l’essere questa parte e dico trentasei, non core, è un terreno molle nel quale vittima e il non poterne nemme- c’è stato un giorno nemmeno uno ogni giorno devi cercare l’equili- no parlare perché in questa storia che fosse, uno in cui io non abbia brio. Perché in chi ti ha fatto del c’è qualcosa di cui vergognarsi. E pensato a mio padre. Non c’è sta- male tu riconosci anche del bene, quando ci siamo parlati io ho cer- to finora un solo giorno in cui io perché lo riconosci come perso- cato d’invitarla a rompere questo non me lo sia rivisto riverso sulle na e riconosci la sua storia, non la muro di silenzio, perché solo mo- pietre della salita di Santa Brigida giustifichi ma la riconosci, ricono- strandosi con la propria lacerazio- in una pozza di sangue, lui e gli sci il suo diritto a sbagliare, rico- ne si può ritrovare il modo di ricu- altri agenti morti insieme a lui, e nosci anche che il male che c’è in cirla, ma bisogna accettare il fatto sto parlando di trentasei anni una te diventa ogni giorno veramente che non siamo dei superuomini fetta enorme di vita, oltre 10 mila una decisione da prendere, una capaci di odiare tutti e di stare lì giorni, e finché continuerò a vive- strada da scegliere ed è molto più sopra a questa piramide da soli re e sarò cosciente immagino che complicato anche per le vittime. sfidando gli altri. Bisogna essere sarà sempre la stessa cosa”. Penso che quello che ci consente capaci di mostrarci nella nostra Io devo dire sono rimasta ferita e di trovarla ogni giorno forse que- vulnerabilità per uscire da questa turbata quando ho letto questo sta strada o almeno di provarci condanna all’ergastolo che è l’es- libro, e poi nei mesi successivi ho è proprio lo sforzo di parlare, sia sere vittime.-

Ristretti 45 Orizzonti n.4 - 2013

Tutti mi chiedevano perché non parlavo mai di mio padre di Suela, figlia di Dritan

o sono Suela, non mi sono pre- peso. Addirittura neanche le mie parata un discorso ma mi col- migliori amiche lo sapevano, ne- Ilego un po’ a quello che dice- anche il mio fidanzato, mi sono va Silvia. Il fatto che mio padre è fidanzata ufficialmente in casa e in carcere, tutti i problemi che ci lui non lo sapeva ancora, l’ha sa- sono stati poi per questo, il fatto di puto dopo proprio perché mi ver- crescere da sola, sola con la mam- gognavo, ma mi vergognavo del ma in un paese straniero tra l’altro, fatto di essere giudicata, di essere visto che io sono albanese, non è emarginata perché la gente, non stato per niente facile, non è stato tutti hanno la mentalità aperta, cato perché era brutto il doversi facile dover mentire a tutti gli al- o magari cercano di capire ma la nascondere, il dover mentire in tri bambini delle elementari, che prima cosa che si fa è quella di continuazione. Il fatto di crescere comunque mi chiedevano perché giudicare. E niente… quando alla senza una figura maschile in casa non parlavo mai di mio padre, e fine ho parlato con il mio fidan- non è facile, non è facile per nien- poi ricordo tutte le domande: i zato, lui non mi ha neanche fatto te, non è facile perché il papa è il tuoi stanno insieme sono separa- delle domande, ma sono stata io a papa, non è un fratello il papa, è ti dove come? e la mia risposta è parlare, a raccontargli tutto dalla A il centro della casa, non so come sempre stata: ma no, ma qui, ma alla Z e sinceramente se l’ho fatto spiegarlo. Naturalmente chi l’ha là… Si, no, era tutto uno sviare, Silvia è anche grazie a te. Quando avuto sempre a casa sa di che cosa tutto un peso, era veramente un ne abbiamo parlato, mi hai sbloc- parlo.-

La fatica di raccontare E per la vergogna, il sentimento zia del ferimento o della morte di di avere un genitore della vergogna è opprimente, è un figlio, magari per un incidente in carcere terribile, e richiama tutti noi alle stradale, che all’idea dell’arresto e nostre responsabilità, perché sia- del carcere. E quando ti succede, di Ornella Favero mo un po’ tutti, con il nostro vizio scatta inesorabile il meccanismo di giudicare, che tante volte co- di NON DIRE, di nascondere la ve- stringiamo gli altri a nascondersi. rità, di non far sapere agli altri. ltre a Suela è presente oggi Io da quando mi occupo di car- Allora io spero che anche i ragazzi Oqualche altra figlia, c’è Bar- cere sono sempre molto colpita come Suela, i figli che hanno avu- bara per esempio, la figlia di Car- dal fatto che si rivolgono a noi to un genitore in carcere trovino, melo. Ecco, quando incontriamo genitori, persone “perbene” a cui come lei si è raccontata oggi, la i ragazzi delle scuole succede succede che arrestano un figlio, forza di scrivere e di raccontare spesso una cosa strana. I ragazzi, per problemi di droga, per un fur- queste cose. È un’illusione pensa- sentendo che le persone metto- to: ebbene, ho la sensazione che re che raccontarsi sia “liberatorio”, no davvero a loro disposizione quei genitori, in un certo modo, però aiuta e aiuta anche noi forse le loro storie, pezzi della loro vita sarebbero più preparati alla noti- a giudicare un po’ meno.- anche terribili, trovano loro stessi il coraggio di raccontare. Io ricor- do una ragazza che ha raccontato lì, di fronte ai suoi compagni che non lo sapevano, eppure viveva- no fianco a fianco con lei da anni, di avere il padre in carcere. Quin- di mi domando quanto la nostra società comprime e reprime il bisogno di verità, sempre per questa cosa terribile del giudica- re, del non capire ma giudicare.

Ristretti 46 Orizzonti n.4 - 2013

Adolfo Ceretti mare il linguaggio del rancore in sono qui e con molte persone che un linguaggio capace di include- oggi non ci sono riguarda proprio Io vorrei ancora sentire Giovanni re l’altro/nemico. Vorrei che tu ci la differenza tra la metafora del Ricci. Giovanni, noi volevamo ap- parlassi di come ti sei allontanato film e quella del fotogramma. Per profittare della tua presenza per dal fotogramma del 16 marzo del i parenti delle vittime di omicidi ridarti la parola. Ho avuto la fortu- 1978, dalla fotografia di tuo padre – ripete spesso Gherardo Colom- na di conoscerti meglio in questi riverso nell’auto che guidava per bo – la vita ripropone quotidia- ultimi mesi, e forte di questa co- accompagnare l’on. Aldo Moro, namente e senza scampo il foto- noscenza ti invito a riflettere ad da poco rapito. gramma che inquadra la perdita alta voce, con noi, sul percorso Un ragionamento che condivido del proprio congiunto, mentre il che sei riuscito a fare per trasfor- spesso con alcune persone che film della propria vita continua... Facendo riferimento alle parole che Silvia Giralucci ha letto citan- do il libro di Massimo Coco, ap- prendiamo che egli ha reputato opportuno fermarsi su quel foto- gramma, e su quel fotogramma rivendicare una sorta di diritto al rancore. Tu, come Silvia, seppure con percorsi diversi, hai provato ad andare oltre quell’immagine fissata in quel fotogramma. Non ti lasciamo tornare a Roma se non ci dici qualcosa in merito....-

Se un giorno mio figlio potesse incontrare i figli di qualche terrorista

Io mi sono sempre detto dentro di me: perché non possono essere amici loro? Perché dovrebbero odiarsi? di Giovanni Ricci

iciamo che per quanto ri- quello che successe nel periodo omicidi e stragi, ci furono più di guarda il punto in cui ho del terrorismo in Italia, in partico- 400 caduti e oltre 2500 feriti per Dlasciato l’odio e il rancore lare poi in quegli anni cosi cruenti, un totale di vittime del terrorismo fluire fuori di me, mi ha aiutato si pensi che solo nel ‘78 ci furono che ci fa essere secondi solo alla tantissimo conoscere, studiare più di 248 attentati (in totale tra Colombia delle FARC), proprio per questo mi sono impegnato a cer- care di conoscere quegli eventi e a cercare di comprenderli. Certamente stiamo parlando di avvenimenti di 35 anni fa, lontani dalle nostre menti, dove ormai la verità giudiziaria c’è tutta, come si- curamente nel caso di mio padre, d’altro canto invece ci sono casi come quelli delle stragi che hanno insanguinato il nostro Paese dove ancora la verità giudiziaria non

Ristretti 47 Orizzonti n.4 - 2013 c’è. Egoisticamente parlando per me, per il caso di mio padre io la verità giudiziaria l’ho conosciuta tutta e mi sento quasi fortunato, ma sentivo la necessità che doves- se essere riscritta la verità storica di quegli anni perché non se ne parla, non se ne vuole parlare, si cerca ogni volta di dare un colpo di spugna. Io mi sono sempre immaginato una cosa, mi sono sempre imma- ginato mio figlio, che ha 17 anni e che si chiama Domenico come mio padre, che un giorno potesse incontrare i figli di qualche terrori- sta. Mi sono sempre detto dentro di me: perché non possono esse- re amici loro? Perché dovrebbero odiarsi? Perché i figli devono pa- gare le colpe dei loro padri, so- prattutto laddove comunque il percorso giudiziario sia stato com- pletato, in particolar modo lad- dove è lapalissiana la volontà e la voglia, come oggi qui testimonia- ta da tanti detenuti, di essere cam- biati da parte di chi ha commesso per più di trent’anni, riscoprendo dere qui a questo tavolo insieme i reati, di volere anzi essere loro anche nuovi ricordi, riscoprendo ad ex terroristi a parlare di quegli stessi a parlare e far comprende- quella che è stata una vita che mi anni come oggi lo hanno fatto i re ai ragazzi delle scuole come sia sono perso. È gioco forza che un detenuti. Io lo spero vivamente, imperante la necessità di legalità, giorno arrivi il momento in cui si perché questi ragazzi che sono di di far capire le proprie scelte sba- deve scegliere, il bivio della tua fronte a me, questi detenuti che gliate. Ecco tutto questo ragiona- vita, o prendi la strada della soli- considero cittadini al mio pari mi mento mi ha portato a non voler tudine e del dolore estremizzato hanno insegnato oggi una cosa più pensare in maniera negativa all’interno di te stesso, lancinante bellissima: “Se si vuol cambiare, si a quel giorno, ma a ricreare tutto e dilaniante, o decidi che ne devi può cambiare”. Grazie!- il film della mia vita. Per quanto parlare, devi esternare, devi far mi riguarda, sono diversi anni che capire e devi essere capito, come posso dire sinceramente che que- dice l’amico Mario Calabresi nel sto bel film me lo vedo dalla mat- suo libro “Spingendo la notte più tina alla sera riscoprendo le cose in là!”. Io spero veramente e viva- più belle che mi sono mancate mente che un giorno io possa se-

Ristretti 48 Orizzonti Giornata di studi “Il male che si nasconde dentro di noi” Redazione 1 Il male ci riguarda tutti 2 Il significato e il valore delle narrazioni Miguel Arrieta Guevara, Qamar Aslam Abbas, di Ornella Favero di Adolfo Ceretti, Professore ordinario di Criminologia, Università di Gentian Belegu, Erjon Celaj, Clirim Bitri, Sandro Calderoni, Paolo Cambedda, Alain Canzian, Gianluca Milano-Bicocca, e Coordinatore Scientifico dell’Ufficio per la Mediazione Cappuzzo, Marco Cavallini, Roverto Cobertera, Penale di Milano. Ulderico Galassini, Luigi Guida, Dritanet Iberisha, Bardhyl Ismaili, Pjerin Kola, Davor Kovac, Sofian Madsiss, Enos Malin, Angelo Meneghetti, Andrea Leoni, Fabio Montagnino, Michele Montagnoli, Capitolo primo: Violenza, vendetta, “codice del disonore” Bruno Monzoni, Igor Munteanu, Carmelo Musumeci, Victor Mora, Santo Napoli, Alessandro Pfeifer, Elvin 3 Orgoglio, onore, coraggio di Dritanet Iberisha, Ristretti Orizzonti Pupi, Lorenzo Sciacca, Kleant Sula, Oddone Semolin, 4 La violenza che travolge i nostri famigliari 5 Lejdi Shalari, Flamur Spahija, Klajdi Salla, Mohamed Donne che conoscono il dominio delle mafie Tlili, Bruno Turci, Zambonin Andrea nel momento del nostro arresto di Oddone Semolin, Ristretti Orizzonti dall’interno di Renate Siebert, sociologa, è stata professoressa ordinaria Redazione Giudecca di Sociologia del mutamento Andrea, Cristina, Daniela, Elena, Manuela, Tania, Nicoletta, Venere

Capitolo secondo: La violenza che cancella le donne Direttore responsabile Ornella Favero 16 Una persona che distrugge la sua famiglia non fa calcoli di pena di Ulderico Galassini, Ristretti Orizzonti 17 Violenza fisica, violenza psicologica, violenza economicadi Fanny Marchese, assistente sociale del Soccorso Violenza Sessuale e Domestica della Clinica Mangiagalli Segreteria Redazionale 20 Quella spirale della violenza che comincia sempre da un amore molto romantico di Francesca Archibugi, regista e sceneggiatrice Gabriella Brugliera, Vanna Chiodarelli, Lucia Faggion, Silvia Giralucci

Ufficio stampa e Centro studi Capitolo terzo: È possibile uscire dalla violenza Andrea Andriotto, Elton Kalica, senza infliggere ai violenti la “cura Ludovico”? Francesca Rapanà, Francesco Morelli, Abbonamenti 21 Nessuno si senta fuori dal Paola Marchetti male, nessuno pensi di Servizio abbonamenti  Una copia 3 € non fare il male 27 Ho incontrato in alcune mie esperienze carcerarie Sandro Calderoni  Abbonamento ordinario 30 € di Marina Valcarenghi, psicotera- indifferenza e violenzadi Luigi Guida, Ristretti Orizzonti Sbobinature  Abbonamento sostenitore 50 € peuta e psicoanalista 28 L’ospite inquietante, indesiderato di Mauro Grimoldi, Filippo Filippi, Michele Montagnoli, Bruno Monzoni Versamento sul C.C. postale 67716852 intestato all’Associazione Presidente dell’’Ordine degli Psicologi della Lombardia Fotografie Dritan Iberisha e Mohamed Tlili di volontariato “Granello di Senape Padova”. Via Citolo da Perugia, Realizzazione grafica e Copertina 35 - 35138 Padova Capitolo quarto: Quali narrative Elton Kalica Per abbonarsi online Responsabile per cinema e spettacolo bisogna entrare nel “negozio” online, per le scienze che si occupano del male? Antonella Barone all’indirizzo: http://shop.ristretti.it/ (si ac- Redazione di Ristretti Orizzonti: 31 La narrazione giudiziaria e quella con al centro l’umanità degli Direttore editoriale cede anche dalla home page del sito di Ri- Via Due Palazzi, 35/a - 35136 Padova individui di Bruno Turci, Ristretti Orizzonti Noi siamo attraversati da un fascio di 33 Giovanni Vianello, Associazione di stretti), quindi ci si deve registrare (tramite Sede esterna: Via Citolo da Perugia, volontariato penitenziario “Il Granello di Senape” 32 Una narrazione che non ci inchiodi solo al momento del reato di narrazioni di noi stessi di Alfredo Verde, Professore il pulsante “login”, in alto a destra, e poi se- 35 - 35138 Padova, Sandro Calderoni, Ristretti Orizzonti straordinario di Criminologia presso l’Università di Genova Collaboratori guendo la procedura indicata). Una volta Tel/fax: 049654233, Adriana Bellotti, Angelo Ferrarini, Antonio Floris, effettuata la registrazione, si possono fare e-mail: [email protected], direttore@ Capitolo quinto: Alzi la mano Carlo Lucarelli, Daniele Barosco, Davide Pinardi, abbonamenti e ordinare libri e cd. L’ordine Donatella Erlati, Elisa Nicoletti, Fernanda Grossele, ristretti.it, [email protected] chi ha voglia di fare l’innocente Filippo Filippi, Giovanni Viafora, Giulia, Patrizia, effettuato ci arriva in tempo reale. 36 Un carcere dove ti consigliano Marco Rigamo, Mario Salvati, Paolo Moresco, Tino di trovare un modo per “ammazzare il tempo” C’è bisogno di una Ginestri, Roberto Rampanelli Menotti, Rachid Salem, 38 Germano Vetturini, Cesk Zefi di Clirim Bitri, Ristretti Orizzonti contronarrazione, Spezzare la catena del male 37 La possibilità di una riflessione fatta di tante narrazioni Stampato Tutto quello che in questo libro è raccontato ha che non lascia spazio al vittimismo di Riccardo Iacona, giornalista, lavora Tipografia Veneta - Padova una caratteristica, che lo rende diverso da altri testi di Qamar Abbas, Ristretti Orizzonti all’ideazione e alla realizzazione del Via Elia Dalla Costa, 4/6 - tel. 049.8700757 programma Presadiretta più tecnici, più documentati, più profondi sulla Pubblicazione registrata del Tribunale di Venezia mediazione penale e sulla giustizia riparativa: arriva n° 1315 dell’11 gennaio 1999. Spedizione in A.P. Capitolo sesto: Vittime e carnefici art. 2 comma 20/C. Legge 662/96 Filiale di Padova dal carcere. Perché nel carcere di Padova, nella redazione di Ristretti Orizzonti, si è deciso di affrontare della violenza delle parole La redazione garantisce la massima riservatezza dei un percorso faticoso, che però può portare davvero a 41 L’odio, il rancore, il sentimento di vendetta dati forniti dagli abbonati in conformità con il De- una assunzione di responsabilità: ascoltare le vittime, di Elton Kalica, Ristretti Orizzonti creto Legislativo 30 Giugno 2003, n. 196 (Codice in ascoltarle e basta, in un primo momento non ci 42 materia di protezione dei dati personali) e la pos- Edizioni Ristretti, 2010 Poi un giorno ti guardi allo specchio e capisci che non c’è più sibilità di richiedere gratuitamente la rettifica o la può neppure essere dialogo, ci deve essere quasi un motivo di odiare… di Giovanni Ricci, criminologo e sociologo, cancellazione scrivendo a: Ufficio abbonamenti, Ri- pag. 205, 15 euro monologo, tanto è rara e preziosa l’opportunità di figlio del maresciallo dei carabinieri Domenico Ricci, uomo della scorta stretti Orizzonti via Due Palazzi 35/a, 35136 Padova ascoltare le vittime che hanno accettato dell’onorevole Aldo Moro assassinato nel rapimento del 16 marzo 1978 Per ricevere il libro, è sufficiente fare una don- di entrare in un carcere non per parlare di Progetto “Insieme per la sicurezza sociale” azione di 15 euro sul conto corrente postale odio, ma di sofferenza, 15805302, intestato all’Associazione di Volon- 43 Essere vittime è anche un ergastolo di Silvia Giralucci Realizzato dalla Conferenza Regionale Volonta- della loro sofferenza. E poi faticosamente 46 Tutti mi chiedevano perché non parlavo mai tariato Penitenziario “Granello di Senape”. Op- riato Giustizia del Veneto pure si può prenotare all’e-mail: redazione@ris- può nascere il momento del dialogo, del di mio padre di Suela, figlia di Dritan In copertina, una rielaborazione di, Finanziato dal Comitato di Gestione del Fondo tretti.it al numero di telefono 049.654233 confronto, del cammino fatto insieme per 47 Se un giorno mio figlio potesse incontrare Rissa fra statue e modelli, Speciale Regionale per il Volontariato “spezzare la catena del male”. i figli di qualche terroristadi Giovanni Ricci Carlo Carrà (1928) La narrazioneLa giudiziaria equella con alcentro degli individui l’umanità Spedizione in A.P. art. 2 comma 20/C Legge 662/96 filiale di Padova Quali narrativeQuali lescienze per chesioccupano delmale? violenzachecancellaLa ledonne Anno 15 Numero 4

Periodico di informazione ecultura dal CarcereDuePalazzi di Padova luglio-agosto 2013

RistrettiRistretti Una persona chedistruggeUna persona lasuafamiglianonfa calcoli dipena dentro dinoi che sinasconde Il male Orizzonti Orizzonti www.ristretti.org