I Padrini Del Ponte. Affari Di Mafia Sullo Stretto Di Messina

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I Padrini Del Ponte. Affari Di Mafia Sullo Stretto Di Messina Tempi moderni I Padrini del Ponte Affari di mafia sullo stretto di Messina di Antonio Mazzeo Per favorire la libera circolazione della cultura, è consentita la riproduzione di questo volume, parziale o totale, a uso personale dei lettori purché non a scopo commerciale. © 2010 Edizioni Alegre - Soc. cooperativa giornalistica Circonvallazione Casilina, 72/74 - 00176 Roma e-mail: [email protected] Analisi, notizie e commenti sito: www.edizionialegre.it www.ilmegafonoquotidiano.it Indice Prefazione. Il Ponte e le mafie: uno spaccato di capitalismo reale 7 Solo pizzi e dintorni? 7 L’inchiesta Brooklyn e il contesto mondiale 8 Avvertenza e ringraziamenti 13 Capitolo uno. Brooklyn, la mafia del Ponte 17 Premiata ditta Zappia & soci... 17 «...Il Ponte lo faccio io...» 20 Il segreto d’onore 23 L’odore dei soldi 25 Il Principe Bin d’Arabia 28 Capitolo due. Il clan dei canadesi 31 A Scilla la ’ndrangheta, a Cariddi la mafia 32 Per riscuotere dall’emiro 34 Una holding made in Siculiana 36 Ci vediamo tutti al Reggio Bar 37 L’internazionale degli stupefacenti 40 L’ascesa di don Vito 42 I nuovi manager della coca 45 L’Uomo del Colosseo 48 Capitolo tre. I Signori delle Antille 53 Tra corsari e governatori 56 Le amicizie pericolose di Trinacrialand 58 Come invecchiare all’ombra del Ponte 62 Alla fine arrivò il Pippo d’America 65 Le Terrazze sullo Stretto 68 La guerra per gli appalti 69 Il ponte riemerso di Tourist e Caronte 74 Alla conquista dell’Est 77 Campione dell’undici settembre 81 Grandi mercanti sauditi 86 Kabul-Messina la rotta dei capi dei servizi segreti 89 Moschee, dissalatori, armi... 93 Filippo l’Augusto 97 Il salvatore di Sindona 100 Le armi, l’acqua, il Ponte 103 Così parlò l’uomo di Berlusconi 105 Messinesi in trasferta 112 Capitolo quattro. Il fantasma dello Stretto 117 Nel cortile di Casa nostra 119 Mafiosi di ferro 121 Lavori a... pizzini 123 Il Ponte? Una monnezza! 126 I carpentieri della Zona falcata 129 La Smeb? Colpita e affondata 133 Inceneritori di soldi 138 Capitolo cinque. Il tesoro dello Stretto 143 Potenti e mutanti 147 Nelle mire dei barcellonesi 150 Guardiani del Faro 154 I fratelli muratori di Capo Peloro 157 Il generale e l’avvocato 161 Pesenti e la Gazzetta del Ponte 164 I fondi neri di Calcestruzzi 170 Cave e cemento per l’affare del terzo millennio 176 Le strade della ‘ndrangheta 179 Da Africo a Barcellona 187 Epilogo 193 Bibliografia 201 Prefazione Il Ponte e le mafie: uno spaccato di capitalismo reale di Umberto Santino Centro Siciliano di Documentazione “Giuseppe Impastato” Durante la campagna per le elezioni politiche e regionali del 13 e 14 aprile 2008 il fantasma del Ponte sullo Stretto di Messina è tornato a materializzarsi assumendo un ruolo centrale sia nei programmi di Berlusconi che in quelli di Lombardo, candidato alla presidenza della Regione siciliana dopo le dimissioni di Cuffaro. Con il trionfo di en- trambi si parla di affrettare i tempi per la posa della prima pietra. Ci sono già le date: nel 2010 dovrebbero iniziare i lavori, e dovrebbero essere ultimati nel 2016. Rischiano così di essere spazzate via tutte le osservazioni che sono state mosse alla costruzione della megaopera: il Ponte è inutile, è dannoso, si inserisce in un’area tra le più sismiche del pianeta, è una voragine di soldi che potrebbero essere spesi per promuovere un reale sviluppo della Sicilia e della Calabria. Il Ponte vogliono farlo, sia Berlusconi che Lombardo, perché sarebbe qualcosa come le piramidi per i faraoni, un monumento con cui consegnarsi alla storia. E, tenendo conto di come sono fatti tali personaggi, l’immagine delle piramidi sembra fatta su misura per loro. Ma è un’immagine che può andare benissimo non solo per la grandiosità del progetto ma soprattutto perché esso è una summa ancora più grande di interessi. Solo pizzi e dintorni? Sul ruolo che la mafia, le mafie, potrebbero avere nella costru- zione del Ponte sullo Stretto di Messina sono apparsi in questi ultimi anni articoli, resoconti di ricerche e di inchieste, considerazioni all’in- terno delle relazioni della Direzione investigativa antimafia. Eppure il quadro che emerge da gran parte di queste prese di posizione può 7 I Padrini del Ponte considerarsi inadeguato. Poiché inadeguata è l’idea di mafia che sta alle loro spalle. Una mafia che al più potrebbe esercitare la vecchia pratica dell’estorsione-protezione, rispolverata da analisi di successo, nonostante la loro evidente infondatezza o parzialità; potrebbe acca- parrarsi subappalti, fornire materiali, reclutare manodopera, lucrare in mille modi ma comunque limitarsi a un ruolo parassitario-predatorio. Questo libro, sulla base di una documentazione rigorosa, dà un’im- magine diversa, poiché parte da un’idea di mafia molto più complessa. Non solo e non tanto la cosiddetta “mafia imprenditrice” di cui si è parlato a partire dagli anni Ottanta, in base a un’analisi frettolosa e su- perficiale, ma una mafia finanziaria, forte di un’accumulazione illegale sviluppatasi esponenzialmente e quindi in grado di giocare un ruolo da protagonista e non da parente povero dei grandi gruppi imprendi- toriali. La stampa ha parlato di personaggi come l’anziano ingegnere Zappia, ma scorrendo le pagine di questo libro si incontrano gruppi e figure che non lasciano dubbi sulla loro natura e sulle loro intenzioni. In primo luogo la mafia siculo-canadese, dagli storici Caruana e Cun- trera a Vito Rizzuto, poi i signori del petrolio, tutti personaggi indicati con nomi e cognomi e sulle cui disponibilità finanziarie non si posso- no nutrire dubbi. E questo campionario non è il frutto di una sorta di chiamata di correo general-generica ma poggia sulla base di relazioni ricostruite con puntigliosa precisione attraverso una documentazione che privilegia le fonti giudiziarie, anche se non definitive. L’inchiesta Brooklyn e il contesto mondiale La fonte più significativa è l’inchiesta Brooklyn, coordinata dal- la Direzione distrettuale antimafia di Roma, al cui centro è un’ope- razione orchestrata dalla mafia siculo-canadese per investire cinque miliardi di euro provenienti dal traffico di droga. Giuseppe Zappia e la sua cordata nel 2004 sono stati esclusi dalla gara preliminare per il general contractor e l’ingegnoso professionista si è affrettato a indicare una fonte finanziaria insospettabile: una società in mano alla famiglia reale dell’Arabia Saudita che prenderebbe i soldi dal business del pe- trolio. Il quadro che emerge dall’inchiesta è uno spaccato significativo del capitalismo reale contemporaneo, in cui l’accumulazione illegale 8 Prefazione. Il Ponte e le mafie: uno spaccato di capitalismo reale convive con quella legale, accomunate da processi di finanziarizzazio- ne speculativa per cui diventa sempre più difficile distinguere i due flussi. È una prospettiva indicata da tempo da chi scrive, per anni in sostanziale isolamento, e che a lungo andare si è presentata come la più adeguata per capire l’evoluzione dei fenomeni criminali e la per- meabilità del contesto economico, politico e istituzionale. Il quadro si amplia ulteriormente se si considerano le vicende belliche recenti e in corso, che hanno fatto degli ultimi anni una micidiale mistura di violenze che consegnano un tragico testimone al nuovo millennio. Se il Novecento è stato il secolo, tutt’altro che breve per chi l’ha vissuto, che ha visto rivoluzioni abortite e totalitarismi tra i più feroci, ma pure tra i più legittimati dal consenso delle folle, della storia dell’umanità, il Duemila nasce all’insegna della contrapposizione tra guerra e terro- rismo, entrambi elevati a religione identitaria, in un duello barbarico che impropriamente si definisce “scontro di civiltà” mentre sarebbe più congruo parlare di morte delle civiltà. Cosa c’entra tutto questo con il Ponte? Nelle pagine del libro troviamo vecchi e nuovi perso- naggi, alcuni notissimi, altri meno, che all’interno del mondo finan- ziario si incontrano e danno vita a un carosello che sembra fatto per confondere le acque ma in cui tutto sommato è possibile seguire il filo degli interessi e ricostruire il gioco delle parti. I dignitari arabi chiamati in causa da Zappia sarebbero personaggi che direttamente o indirettamente sono legati agli strateghi del terrorismo internazionale. Qualche esempio: risulta che il Saudi Binladin Group operi congiun- tamente con Goldman & Sachs che ha una partecipazione del 2,84% in Impregilo, la società che si è assicurata la costruzione del Ponte, mentre un altro gruppo, l’Abn Amro, sempre in collegamento con la società della Famiglia Bin Laden, ha il 3%. Si dirà: i familiari di Osama non sono direttamente coinvolti nel terrorismo islamico, ma i movimenti islamisti radicali che si ispirano al wahhabismo contribu- iscono a costruire e diffondere un credo identitario che costituisce il contesto ospitale per scelte che portano in quella direzione. E gli affari sono affari per tutti, anche se ci si trova ad operare in schieramenti contrapposti. Al di là di credi religiosi, di fedi politiche, il business è una sorta di dio unico di un monoteismo devotamente praticato da chi ha capitali da investire e interessi da far valere. 9 I Padrini del Ponte Le grandi opere sono uno dei terreni principali in cui si cementano i blocchi sociali e si formano e consolidano le borghesie mafiose. Non è una novità. Tra le grandi opere spicca per la sua emblematica esem- plarità l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, un vero e proprio croce- via in cui si incontrano tutti: grandi imprese, famiglie mafiose, storiche ed emergenti, politici e amministratori di varia estrazione, ormai tutti, o quasi tutti, accomunati dal credo del business a portata di mano. E anche in questi casi non si tratta solo di pagare pizzi, “rispettare” com- petenze territoriali, ma di cointeressenze, proficue per tutti. Più che di accoppiamenti forzati si deve parlare di matrimoni consensuali.
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