Precario a Vita

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Precario a Vita Settimanale di politica, cultura ed economia realizzato dal Centro di Studi e iniziative culturali “Pio La Torre” - Onlus. Anno 6 - Numero 12 - Palermo 26 marzo 2012 ISSN 2036-4865 Precario avita I vescovi a braccetto conMarxelaCgil Vito Lo Monaco articolo 18 come ultima trincea ideologica postsessantot- scita, invertire il ciclo recessivo alimentato anche dalle politiche tina? Se lo chiede il direttore del Corriere della Sera inter- restrittive del risanamento ed evitare il fallimento. L’ pretando il pensiero di quanti pensano che dopo 42 anni Per sostenere queste azioni occorre un nuovo patto sociale di dalla sua approvazione lo Statuto dei diritti dei lavoratori possa largo respiro, che possa essere accettato anche dal sindacato, essere cambiato cancellandone uno dei capisaldi per la tutela dei simile a quello sostenuto da Di Vittorio per la ricostruzione post- lavoratori. A supporto di tale tesi si sostiene che il numero dei la- bellica del paese fino al boom economico o da Lama di fronte voratori tutelati da quell’articolo è irrisorio; la sua sopravvivenza la crisi del sistema post-fordista. scoraggerebbe gli investitori stranieri e favorirebbe la delocalizza- La coesione sociale e l’unità del mondo del lavoro valgono più zione delle industrie italiane. di ogni altra cosa e sono imprescindibile per superare la crisi. Tre risposte da parte di istituzioni e di personaggi, sicuramente Per questo appare inspiegabile l’atteggiamento rigido del go- non condizionati dalla CGIL, smentiscono queste tesi. verno per la modifica a tutti i costi dell’articolo 18 che è diven- La prima è quella venuta dal neoeletto presidente della Confindu- tata la barriera invalicabile per tutelare il lavoratore minacciato stria il quale intervistato ha dichiarato che non è l’art.18 a frenare da licenziamento ingiusto. Perché rifiutare il reintegro in caso di lo sviluppo del Paese. palese illegittimità di licenziamento per motivi economici? Per- La seconda è di Franco De Benedetti che spiega come l’art.18 ché rifiutare il ricorso al giudice? L’esempio dei tre sindacalisti vada archiviato perché “vessillo della cultura giuridica arroccata di Melfi licenziati perché iscritti alla Fiom o la mancata riassun- in difesa dell’inderogabilità delle norme dei con- zione dei lavoratori iscritti alla Fiom a Pomi- tratti collettivi”. Cioè è preferibile un sindacato gliano, indicano una scelta, questa sì, all’americana e senza alcuna possibilità nego- Anche la CEI inter- ideologica di una parte di padronato il quale, ziale nazionale e di settore, ma soltanto azien- viene in difesa del- insofferente alle regole della democrazia e in- dale, confermando che questo è il nodo cruciale capace di cimentarsi con la globalizzazione di tutta la riforma del lavoro. l’articolo 18 e della con l’innovazione di processo e di prodotto, La terza è quella della CEI che in modo inusuale dignità dei lavora- scarica tutto sul costo e sui diritti del lavoro interviene in una vicenda così complessa a di- senza strategia di lungo periodo. La globaliz- fesa del lavoro “che non può essere considerato tori: il lavoro non zazione ha accelerato la competizione tra aree una merce”, sembra di riascoltare il buon vec- può essere conside- geopolitiche e sistemi economici nazionali, ma chio Marx. anche la finanziarizzazione del sistema capi- La decisione del Consiglio dei Ministri di presen- rato una merce talistico accelerando la sostituzione della pro- tare, dopo le contestazioni del sindacato, del Pd, duzione dei beni e dei servizi con quella del delle forze dell’opposizione parlamentare e le preoccupazioni denaro fine a se stesso fino all’esplosione delle bolle finanziarie espresse da più parti comprese quelle fatte trapelare dal Quirinale, speculative. le sue proposte di riforma del mercato del lavoro con un disegno Il Parlamento, dunque, avrà la possibilità di discutere, modifi- di legge rinunciando al decreto-legge, è da considerare positiva- care e migliorare il disegno di legge che sarà presentato dal mente perché consentirà miglioramenti e modifiche di quelle Governo. Ascolti il mondo del lavoro che non è scomparso norme non condivise dal mondo del lavoro. come predicato dai neoliberisti che hanno saputo sedurre Monti sa bene che senza coesione sociale e senza un nuovo patto anche parte della sinistra. sociale sarà impossibile assicurare al paese la crescita. Egli sinora A quest’ultima spetta il compito non facile di recuperare l’ispira- ha evitato il default dell’Italia con una politica di risanamento gra- zione di fondo della nostra Costituzione fondata sul lavoro, sulla vata sui ceti più deboli, lavoratori e pensionati. tutele delle liberta individuali e collettive e sulla finalità sociale Ora siamo in attesa (ma fino a quando?) delle misure per colpire della proprietà privata. l’evasione fiscale strutturale, l’economia criminale e la corruzione È la linea ideale che separa destra e sinistra che non sono sistemica, senza le quali non saranno reperite le risorse per la cre- scomparse, ma soltanto cambiate. Gerenza ASud’Europa settimanale realizzato dal Centro di Studi e iniziative culturali “Pio La Torre” - Onlus. Anno 6 - Numero 10 - Palermo, 26 marzo 2012 Registrazione presso il tribunale di Palermo 2615/07 - Stampa: in proprio Comitato Editoriale: Mario Azzolini, Mario Centorrino, Gemma Contin, Giovanni Fiandaca, Antonio La Spina, Vito Lo Monaco, Franco Nicastro, Bianca Stan- canelli, Vincenzo Vasile. Direttore responsabile: Angelo Meli - In redazione: Davide Mancuso - Art Director: Davide Martorana Redazione: Via Remo Sandron 61 - 90143 Palermo - tel. 091348766 - email: [email protected]. II giornale è disponibile anche sul sito internet: www.piolatorre.it; La riproduzione dei testi è possibile solo se viene citata la fonte In questo numero articoli e commenti di: Bruno Anastasia, Mimma Calabrò, Simona Comi, Michelangelo Filippi, Francesco Fiordaliso, Michele Giuliano, Franco La Magna, Salvatore Lo Iacono, Antonella Lombardi, Vito Lo Monaco, Claudio Lucifora, Davide Mancuso, Emilio Mandrone, Gerardo Marrone, Giuseppe Martorana, Antonella Mascali, Angelo Mattone, Raffaella Milia, Salvo Palazzolo, Angelo Pizzuto, Gilda Sciortino, Andrea Stuppini, Maria Tuzzo, Giorgio Vaiana, Francesco Vella. Lavoro, tre anni per trovare un impiego E un quarto dei giovani è in semi-povertà Giorgio Vaiana 3 e 25. Non sono due numeri da giocare al lotto (ma se vo- lete rischiare...). Sono due numeri che sintetizzano la situa- 3zione grave ed allarmante dei giovani italiani. Alla ricerca di lavoro. 33 è il numero di mesi (quasi tre anni dunque) che impiega un ragazzo a trovare un impiego. Per dare un’idea, sei volte in più rispetto agli Stati Uniti. Lì un ra- gazzo armato di buona volontà impiega circa sei mesi. 25, invece, è una percentuale. Ed indica che il 25 percento dei ragazzi vive in una situazione di semi-povertà. Ora il ministro del Lavoro Elsa For- nero ha una grana molto complicata da sistemare. L’impiego, na- turalmente, non è a tempo indeterminato. Contratti a tempo determinato o Lap, con la “tragedia” dei call-center. Dove quasi tutti quelli che vanno a lavorare hanno un Lap come contratto e speranza di essere assunti vicina allo zero. E naturalmente questi contratti influenzano la vita presente e futura. Presente perchè le retribuzioni oscillano dai 300 ai 500 euro mensili. Future, perchè nessuna banca rilascia prestiti o mutui con questi contratti (lo ab- biamo chiesto ad Intesa ed Unicredit). Difficoltà ad affittare: molti proprietari richiedono la fideiussione fatto in un blog per 10 anni) la sua esperienza di lavoratrice in bancaria. Per non parlare dei dati allarmanti che ha fornito l’Istat. un call center. «C’è una forte manipolazione dei rapporti sociali I nuclei familiari negli ultimi 15 anni hanno perso quasi la metà – dice – Una sorta di ricatto per ottenere un nuovo contratto della loro capacità di risparmio. Nel 1995 una famiglia poteva ac- Lap. Il call center non è paradigma e luogo del precariato. Ci cantonare il 22 percento delle proprie entrare. Oggi questa cifra si sono professioni più strutturate e prestigiose dove il precariato è praticamente dimezzata. I più “bravi” mettono da parte l’11,5 per- è più radicato». cento delle proprie entrate. Per Michela il precariato è difficile da definire. «È facile incar- C’è un paradosso, però, che si chiama “pensione”: infatti chi ha narlo nel call center – dice – perchè è il fondo dei lavori che cominciato a lavorare nel 1996, con 40 anni di contributi, avrà una puoi fare. Lascia una prospettiva di speranza. Perchè da lì puoi pensione di 508 euro mensili (il 41 % della retribuzione). Andrà solo risalire». meglio per chi ha iniziato a lavorare dopo il 2010: l’aumento del In Sicilia il fenomeno è serio. Ci sono oltre 8 mila ragazzi fra contributo porterà la pensione a 601 euro al mese. Un quadro che laureati e diplomati che lavorano nei call center. «Quelli di cui preoccupa non poco le famiglie, i giovani soprattutto ed i sindacati. abbiamo conto – dice Francesco Assisi, segretario generale Che chiedono al Governo non più chiacchiere, ma interventi imme- della Fistel Cisl – Molti lavorano in call center troppo piccoli per diati. I dati di chi è costretto a vivere con una sorta di spada di Da- essere censiti». A Palermo ci sono 2.500 ragazzi che ogni mocle sulla testa che si chiama “precarietà” sono impressionanti. giorno si recano in un call center. Tutti con un contratto Lap. Dati non certi, perchè molti vivono nell’ombra. «Per un’azienda è molto più facile e più economico – dice Assisi Si parla di 8, forse 9 milioni di italiani che vivono con un contratto – I costi per questo personale sono abbattuti del 50 %. Il costo da precari. Per rendere un’idea, tanto quanto gli abitanti della Sve- della previdenza è basso. Il costo ora/lavoro non esiste. Uno zia. C’è un solo adulto, però, disoccupato ogni quattro giovani stipendio da 300 a 500 euro». Per Assisi il problema sta proprio nelle stesse condizioni.
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