Cosa Nostra: Lobby O Partito ?
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COSA NOSTRA: LOBBY O PARTITO ? Ideali e convenienze. Francesco Campanella è conosciuto come l’uomo che mise il timbro sulla falsa carta di identità con cui Provenzano affrontò il viaggio per Marsiglia. Ma quella immagine è riduttiva. La sua storia esprime un metodo politico, un sistema di rapporti d’affari, un costume nella gestione della res publica. La sua storia permette di comprendere come possono intersecarsi agire politico e agire mafioso; quale sia il contenuto delle richieste che Cosa Nostra formula ad politico che si muove nella sua orbita. Lo confessa lui stesso ai giudici142. Non ha mai partecipato a riti di affiliazione, “punciute”, presentazioni formali. Cosa Nostra, però, la conosce bene, l’ha servita, l’ha sostenuta. Cosa Nostra lo ha condizionato fin da quando era ragazzo. Di quella organizzazione è in grado di indicare uomini, strategie, investimenti, debolezze. Molte informazioni le ha assunte stando vicino a Nicola Mandalà, suo compaesano di Villabate, diventato “uomo d’onore” per volontà di Francesco Pastoia, uno della ristretta cerchia dei boss che dalla fine degli anni novanta risponde direttamente a Bernardo Provenzano. Una amicizia, quella con Mandalà, che nasce dalla regia occulta dei “padrini” dietro le elezioni della amministrazione 142 Cfr. esame Francesco Campanella innanzi al giudice dell’abbreviato, udienza 30 ottobre 2007; interrogatori innanzi al Pm del 19.9.2005; 23.10.2005, 19.10.2005. 292 comunale. Una amicizia che si consolida con gli interessi della famiglia mafiosa di Villabate nel settore del gioco d’azzardo e del traffico della droga, negli investimenti della grande distribuzione organizzata143. Ha solo diciotto anni e già è molto attivo sulla scena politica di Villabate, una roccaforte della mafia di circa ventimila abitanti. Guida con passione il movimento giovanile nella sezione dei giovani della Democrazia Cristiana e partecipa alle iniziative della Azione cattolica. Ha tanti progetti e non a paura di mettersi in gioco. Ambisce ad un seggio al consiglio comunale e ha deciso di candidarsi alle elezioni del 1990. Ma c’è un imprevisto. Il cugino, Francesco Cottone, fa sapere a Campanella che sarà osteggiato dal boss locale Francesco Montalto. Il giovane candidato ha commesso una grave leggerezza. Prima di fare quella scelta avrebbe dovuto chiedere il permesso all’ “autorità mafiosa” di Villabate e non lo ha fatto. Campanella va avanti con le sue forze, senza preoccuparsi dell’avvertimento. Con un certo compiacimento racconta ai magistrati di avercela fatta comunque. Riporta 112 preferenze e tanto basta per essere eletto nella lista “Insieme”. Ma la sua “spavalderia” dura poco. Se vuole contare qualcosa deve scendere a patti con l’ “autorità”. Neanche fosse un “figliol prodigo”, fa atto di contrizione. Torna sui suoi passi e comincia a frequentare il clan politico dei Montalto. Cena spesso con Giuseppe Giannone, presidente del consiglio comunale, con il ragioniere generale del comune Gaetano Giannone, con ex assessori della precedente giunta, con altri consiglieri eletti nello stesso gruppo. Spesso, nei momenti conviviali, si vedono anche Francesco e Vincenzo Montalto. Ideali e ambizione non 143 Su tali argomenti le dichiarazioni di Francesco Campanella rese all’ udienza 30 ottobre 2007 e negli interrogatori innanzi al Pm del 19.9.2005; 23.10.2005, 19.10.2005 si saldano con le dichiarazioni di Cusimano Mario rese all’udienza del 30 ottobre 2007 e negli interrogatori innanzi al PM del 25.1.2005, 26.1.2005, 28.1.2005, 15.2.2005 293 sempre vanno d’accordo. Campanella è giovane, per la carriera è disposto a mettere da parte i rancori. Dal 1994 in poi, stare con il gruppo di Montalto significa contrastare i rappresentanti locali di Forza Italia. A sostenere gli “azzurri” a Villabate c’è la famiglia Mandalà. Non si tratta solo di una contrapposizione politica. E’ in atto una faida mafiosa tra i Montalto e i Di Peri, con cui si alleano i Mandalà. Si ripropongono gli schieramenti del “dopo Riina”, Bagarella e Brusca da una parte e Provenzano dall’altra. Ci sono i morti per le strade: Buscemi, Spataro e, alla fine, cade anche Francesco Montalto. Lo scontro per il controllo del paese va ben oltre la “visione” diversa della società, il dibattito sul passaggio dalla prima alla seconda repubblica e le differenti opzioni partitiche . Francesco Campanella non è convinto della scelta di schieramento. Non dimentica l’ostracismo del boss Montalto che lo aveva ostacolato in tutti i modi in campagna elettorale. Non dimentica la conquista del seggio solo con le sue forze, con il suo impegno e con l’aiuto dei suoi parenti. E poi, il ruolo di subalterno gli sta stretto. Dall’altra parte c’è il coetaneo, Nicola Mandalà. Il padre di Nicola, l’avvocato Nino Mandalà, gli propone di cambiare casacca per sostenere una giunta capeggiata da Forza Italia. Non è facile saltare il fosso. Ma, unendosi ai Mandalà, Francesco Campanella crede di poter fare “grandi cose”. I Mandalà sono molto influenti nel paese. Hanno collegamenti con i nuovi protagonisti della politica italiana. Le perplessità sono tante. Francesco vuole protezione e garanzie per il gesto che sta compiendo. Chiede l’assenso ad un altro “uomo d’onore” del paese, Salvatore Pitarresi. Ottiene la benedizione. E’ contento. Sa che con Nicola si apre una stagione diversa. Non solo interminabili riunioni politiche e trame per ridimensionare avversari, in particolare quelli interni al partito; con Nicola, finalmente, si ragiona di 294 affari. Nel 2000, i due costituiranno una società, la Enterprise Service, per la gestione di sale di scommesse ippiche e una sala Bingo a Palermo. Nicola Mandalà, naturalmente, non figura in via ufficiale. Può occuparsi di denaro, Campanella. E’il suo “pallino”, anche professionale. Lavora in banca come consulente finanziario del Credito Siciliano. Gestisce fondi pubblici di investimento per imprese, fondi europei. E’ abile, preparato, spregiudicato. Coltiva sempre la passione per la politica. Ha contatti importanti. Al suo matrimonio sono suoi testimoni il leader dell’Udeur Clemente Mastella e l’on. Salvatore Cuffaro, che poi diventerà governatore della Sicilia. Francesco può essere una risorsa per la politica ma anche per i mafiosi emergenti di Villabate, i Mandalà. Binnu ha riorganizzato il mandamento a est di Palermo. Nicola Mandalà è designato al comando di cinque famiglie: Bagheria, Ficarazzi, Villabate, Belmonte Mezzagno e Misilmeri. Il capo mandamento incassa il “pizzo”, ricicla, investe in partite di cocaina, paga stipendi agli “uomini d’onore” e sostiene i familiari dei carcerati. Nicola ha bisogno di consigli e del sostegno di un esperto con postazione da un istituto di credito. Francesco Campanella è lui la persona giusta. Può curare investimenti, rilasciare carte di credito di copertura, attivarsi per mettere liquidi a disposizione in breve tempo, da utilizzare anche per motivi di natura personale; può gestire i conti correnti dei “picciotti” vicini al boss. Nel 2004, Nicola Mandalà presenta a Campanella anche Giovanni Nicchi. Sono in affari insieme i due “rampanti” di Cosa Nostra; vogliono ritornare ad essere protagonisti nel narcotraffico internazionale. Il “delfino” di Rotolo ha la necessità di procurarsi una carta di credito per coprire le spese dell’imminente partenza per gli U.S.A. al fianco di Mandalà. Occorre aprire un conto corrente, per cui sono previsti defatiganti adempimenti 295 tecnici che rischiano di impedire il viaggio. Ancora una volta, pensa a tutto Francesco in tempo record. Ma Nicola Mandalà chiede di più al politico Francesco Campanella. Provenzano è malato. Nicola gestisce la sua latitanza, e per salvarlo da un tumore alla prostata lo deve portare in una clinica di Marsiglia144. Le forze dell’ordine cercano le orme del “fantasma di Corleone”. La minima traccia può essere sfruttata dai segugi della polizia. Serve un documento per la trasferta. Altrimenti il rischio di essere scoperti è altissimo. Nicola confida tutto all’amico Francesco Campanella e pretende un aiuto da lui che in quel momento presiede il consiglio comunale di Villabate. Francesco non si tira indietro, non può farlo, teme la reazione di Nicola. Data la sua carica, accede con facilità ai servizi del municipio. E può permettersi di chiedere aiuto al sindaco Carandino. In una notte preparano il documento con la foto del padrino intestandolo a Gaspare Troia, il papà di uno degli uomini di Mandalà. Non basta. Campanella, attraverso la Enterprise Service, prepara anche i telefonini per la “staffetta” che conduce l’anziano boss fino in Francia. Siamo di fronte, dunque, ad un uomo completamente “a disposizione”, “nelle mani” della cosca. Un uomo che ricambia la mobilitazione in suo favore in occasione delle campagne elettorali. Ma il rapporto tra Mandalà e Campanella è solo una delle possibili forme di interazione tra l’organizzazione mafiosa e il politico. L’ambizione avvicina Campanella a Cosa Nostra, ma la frequenza di quel contatto e la natura delle prestazioni rese dal primo lo rendono subordinato ai desiderata della cosca di Villabate. Per l’organizzazione è una soluzione “comoda”. Offre il vantaggio di semplificare il problema dei 144 La vicenda è ricostruita in Ord. di custodia cautelare del Trib.di Palermo nei confronti di Paparopoli+17 n.12847/05 R.G.n.r. (faldone 11 n.1) 296 rapporti con il circuito istituzionale locale, eliminando la necessità di dover ricorrere, per ogni singola questione, a lunghe trattative, pressioni, accordi ed alleanze con uomini politici esterni alla famiglia mafiosa. E’ più facile in questo modo condizionare l’amministrazione comunale e strumentalizzarla per i propri interessi. “Uomo ponte” Le ammissioni di fronte ai magistrati di Palermo non lasciano dubbi. Nel momento in cui diventa consulente in materia di sviluppo locale del sindaco Carandino, Campanella agisce in nome e per conto della famiglia mafiosa di Villabate145. Si interessa di ogni provvedimento relativo alla programmazione edilizia, agli appalti, ai cottimi fiduciari, alla raccolta dei rifiuti. Insomma controlla per i Mandalà ogni determinazione che possa in qualche modo coinvolgere gli affari della cosca.