Milano ricorda Famedio del Cimitero Monumentale

2 novembre 2008

Civica Stamperia Commissione Consultiva per le Onoranze al Famedio

Manfredi Palmeri Presidente del Consiglio comunale Davide Corritore Componente dell’Ufficio di Presidenza Stefano Di Martino Componente dell’Ufficio di Presidenza Andrea Fanzago Componente dell’Ufficio di Presidenza Claudio Santarelli Componente dell’Ufficio di Presidenza Stefano Pillitteri Assessore ai Servizi al Cittadino Massimo Accarisi Direttore Centrale Cultura Valentino Balladore Direttore del Settore Servizi Funebri

Manfredi Palmeri Presidente del Consiglio comunale

Giuseppe Troian Direttore del Settore Presidenza del Consiglio comunale

Piazza della Scala, 2 20121 Milano tel. 02884.50300-50184 fax 02884.50594 [email protected]

2 novembre 2008

In questo importante giorno di raccoglimento privato e collettivo, Milano conferisce l’onore del Famedio a quattordici cittadini che sono entrati a far parte della sua Storia. Donne e uomini benemeriti, illustri e distinti nella Storia Patria che, con le loro capacità professionali, civiche, umane, hanno onorato la nostra Città e ci rendono orgogliosi di essere milanesi: l’editore Franco Angeli, il giornalista e scrittore Enzo Biagi, lo scultore Pietro Cascella, il tenore Giuseppe Di Stefano, il compositore Aldo Finzi, il direttore di coro e orchestra Romano Gandolfi, il filologo Dante Isella, l’attrice Isa Miranda, la fondatrice e Presidente dell’Associazione nazionale Emodializzati Franca Pellini Gabardini, l’attrice e drammaturga Teresa Pomodoro, gli imprenditori Ennio Presutti e Cesare Rinaldi, la stilista Mila Schön, il ricercatore Mario Silvestri. In tempi e ambiti d’impegno diversi, la ricchezza dei loro contributi ha ben rappresentato Milano in Italia e nel mondo e, con essa, i valori che la caratterizzano: l’arte nelle sue molteplici declinazioni, l’imprenditoria, la ricerca, la letteratura e il giornalismo, la solidarietà e il volontariato. È per questi motivi che noi, testimoni del loro valore, abbiamo il dovere di consolidarne la memoria e di valorizzarne l’esempio iscrivendo i loro nomi nel Pantheon dei Grandi. Non solo per rafforzare il legame con le nostre radici indicando al contempo una strada per la nostra comunità, ma anche per citare la laboriosità consapevole e orientata al bene comune di cui i milanesi sono, da sempre, tra i principali interpreti.

Il Sindaco Il Presidente del Consiglio comunale Manfredi Palmeri

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Franco Angeli

Editore illuminato attento al mondo dell’impresa e dell’università, Franco Angeli ha creato la più grande “biblioteca” specializzata del nostro Paese: con 15mila titoli in catalogo, mille novità all’anno, 82 riviste e 30mila autori, il suo impegno professionale è stato per oltre mezzo secolo motore di cultura e di modernizzazione, favorendo la diffusione, anche al grande pubblico, della ricerca scientifica e del sapere accademico in Italia. Nato a Milano nel 1930, laureatosi in Storia economica alla Bocconi, nel 1952 entrò nella ditta paterna dove, attraverso due riviste di settore, divulgò nuovi modelli di organizzazione aziendale nella stagione del miracolo economico. Persuaso che “un’impresa moderna e ben gestita non potesse che fare bene al Paese e ai lavoratori”, fondò nel 1955 la Franco Angeli: prima casa editrice di management capace, fin da subito, di assumere una posizione di leadership nella formazione e nell’aggiornamento della classe dirigente nazionale. Negli anni Sessanta e Settanta ampliò la produzione ai testi universitari e post universitari, accompagnando, anche attraverso voci giovani ma autorevoli, l’evoluzione del pensiero storico-filosofico e le innovazioni nel campo delle scienze umane e sociali. Dall’economia alla psicologia, dall’antropologia all’urbanistica, dall’informatica al diritto al lavoro, nacquero nuove collane: ad esse Franco Angeli si appassionò come editore, umanista e persino redattore, accanto a personalità di alto profilo quali Achille Ardigò, Mario Dal Pra, Federico Caffé, Gino Giugni, Marcello Cesa Bianchi, Luigi Frey, Sergio Vaccà, Renato Treves. Cittadino benemerito di Milano, fu insignito della Medaglia d’Oro il 7 dicembre 1972 per aver “fondato una casa editrice che si è rapidamente affermata anche in campo internazionale e creato numerosi istituti e centri di studio e ricerca”. Ripercorrendo le tappe di questo successo scriveva: “Nella piena convinzione che il libro per tutti non esista, ho cercato di promuovere un’editoria alta e, nello stesso tempo, una più mirata ai bisogni, anche minuti e contingenti, della società. Ho sempre cercato di proporre e pubblicare libri che meglio interpretassero le esigenze dei tempi e che fossero sensibili ai cambiamenti”. Franco Angeli legava la fortuna della propria azienda al fatto che “ognuno è responsabile del proprio settore e il controllo viene esercitato da tutti”, testimoniando così grande fiducia nei collaboratori che, all’indomani della sua scomparsa, lo hanno ricordato con affetto e ammirazione: “Facendo tesoro dei suoi insegnamenti e ideali, la casa editrice proseguirà con la sua stessa passione e rinnovato impegno”.

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Enzo Biagi

Testimone del Novecento, Maestro del giornalismo, Enzo Biagi amava dire di sé: “Sono solo un cronista”. Voce libera, autorevole, capace di dividere, ha raccontato l’Italia e il mondo attraverso i fatti e i protagonisti più importanti dell’ultimo secolo: dal grande cinema al pontificato di Karol Wojtyla, dalla caduta del Muro di Berlino all’11 settembre. Nato nel 1920 a Lizzano in Belvedere (Bologna), scrisse a soli 17 anni il primo articolo per l’Avvenire d’Italia; nel 1940 approdò stabilmente al Carlino Sera, quindi al Resto del Carlino. Durante la guerra entrò nelle brigate di Giustizia e Libertà, legate al Partito d’Azione che, come lui stesso ricordava, fu l’unico movimento politico ad averlo annoverato tra i propri iscritti. Il suo legame con Milano, sempre profondo, risaliva al 1952: caporedattore di Epoca, poi direttore, arrestò la crisi del settimanale decretandone un significativo successo. La guida di Enzo Biagi rappresentò un nuovo punto di riferimento per la stampa periodica, che voleva essere attenta a fotografare la realtà del Paese senza mai scivolare nel pettegolezzo o nello scandalismo. La tv diede un volto a un nome: direttore del telegiornale nel 1961, nel 1963 curò la nascita del Tg sul secondo canale Rai. Nello stesso anno lanciò RT-Rotocalco televisivo, trasmissione quindicinale d’attualità e di approfondimento che inaugurò la fortunata era dei giornalisti-conduttori: un modello riproposto anche in anni recenti, con storiche inchieste per i programmi “Film Dossier”, “Linea Diretta”, “Il Fatto”, seguiti da milioni di telespettatori fino alla rinascita di RT il 22 aprile 2007. Inviato speciale della Stampa, collaboratore per l’Europeo, direttore del Resto del Carlino, editorialista di Repubblica, firma di punta del Corriere della Sera, Oggi, e Panorama, autore-simbolo della casa editrice Rizzoli, Biagi ha illuminato Milano, eleggendola come luogo di vita e di lavoro, dei propri affetti familiari e della propria opera di giornalista e scrittore. Un’attività creativa svolta ogni giorno a pochi metri da Palazzo Marino, nello studio in Galleria Vittorio Emanuele, dove sono nati suoi successi librari tradotti in quasi tutti i Paesi: da “La bella vita” a “Dizionario del Novecento”, da “Cara Italia” a “Il Signor Fiat”. Al rigore nella professione Enzo Biagi ha unito un generoso impegno nel sociale, in particolare per il Piccolo Cottolengo di don Orione, nel solco della più nobile tradizione del volontariato nella nostra città. Cittadino benemerito, ha ricevuto la Medaglia d’Oro del Comune il 7 dicembre del 1979: “Vicino e sensibile ai problemi di Milano – si legge in quella motivazione – si è affermato per la sua spiccata personalità che lo ha portato ad analizzare con acuta immediatezza la vita del nostro tempo”.

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Pietro Cascella

Artista del marmo e della pietra, protagonista del Novecento italiano ed europeo, Pietro Cascella ha coniugato impegno estetico ed etico, attraverso le sue opere ispirate a messaggi universali e a grandi temi collettivi del nostro tempo: la pace e la non violenza, il dialogo tra i popoli, la dignità del lavoro, la giustizia sociale. Nato a Pescara nel 1921, si avvicinò alla pittura sin da giovanissimo, seguendo la passione del padre Tommaso, del fratello Andrea e del nonno Basilio. Nel 1938 si trasferì a Roma per frequentare l’Accademia di Belle Arti e, in particolare, i corsi di Ferruccio Ferrazzi. Poco più che ventenne partecipò, nel 1943, alla Quadriennale di Roma e, nel 1948, alla prima Biennale post-bellica di Venezia, dove tornò nel 1956. Esperienza creativa fondamentale di quegli anni fu la decorazione del soffitto della Sala delle Conferenze internazionali alla Farnesina, che gli permise di approfondire il concetto di spazio. Appassionato quindi sia di pittura sia di scultura, Cascella si specializzò nella seconda, divenendone uno dei maggiori interpreti del Dopoguerra e dei successivi decenni. Nel 1957 prese parte, vincendolo, al concorso per il “Monumento di Auschwitz”: l’opera, dedicata al martirio del popolo polacco e di tutti gli uomini che subirono la violenza dello sterminio durante la Seconda guerra mondiale, fu realizzata nel 1967. Nei primi anni Settanta allestì a Milano due retrospettive, alla Galleria del Milione e alla Rotonda della Besana, giudicate vere e proprie pietre miliari della sua attività. Espose anche all’estero, in particolare al Salon de la Jeune Sculpture di Parigi e al Palais de Beaux Arts di Bruxelles. Accanto ai progetti nazionali e internazionali su scala urbana – “L’Agorà” dell’Università di Chieti, il “Monumento della via Emilia” a Parma, la “Porta della Sapienza” a Pisa, il “Teatro della Germinazione” nel Parco nazionale d’Abruzzo, la “Nave” a Pescara, “Sole e Luna” a Riad – Cascella ha dato forma ed espressione alla propria sensibilità civica con il “Monumento alla Resistenza” per Massa Carrara, il “Monumento ai caduti di Marcinelle” a Manoppello (Pescara), “L’Arco della Pace” a Tel Aviv, “L’Omaggio all’Europa” per Strasburgo, città sede del Parlamento europeo. Amava la pietra, che definiva “l’ossatura della terra”, per la capacità di rimandare alla tradizione arcaica e, insieme, di riprodurre la contemporaneità di un’arte ispirata al cubismo e al purismo geometrico. Amato e apprezzato da collezionisti ed esperti ma anche da semplici appassionati, Cascella aveva un legame speciale con Milano e il suo territorio, dove sono tra l’altro presenti alcune testimonianze significative della sua creatività: il “Monumento a Giuseppe Mazzini” in piazza della Repubblica e la piazza di Milano Tre.

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Giuseppe Di Stefano

Ultima figura leggendaria della lirica, ambasciatore dell’opera italiana nel mondo, Giuseppe “Pippo” Di Stefano è stato tra i più grandi interpreti del melodramma del Dopoguerra. Definito dai critici il “tenore moschettiere” per i suoi “assalti vocali all’arma bianca o in punta di fioretto”, era particolarmente amato dal pubblico che ne apprezzava la qualità del suono, uno dei più belli del Novecento, la teatralità istintiva e geniale, la generosità in scena così come nella vita. Originario di Motta Santa Anastasia (Catania), dove era nato nel 1921 da padre Carabiniere e madre sarta, nel 1927 si trasferì con la famiglia a Milano, iniziando a studiare canto. Nel 1938 vinse il concorso nazionale “Voci grezze”, ottenendo le prime audizioni con Gino Marinuzzi e con il baritono Luigi Montesanto. Nel 1943, con il nome d’arte di Nino Florio, scoprì il proprio talento in alcuni locali milanesi d’avanspettacolo, dall’Ambrosiano al teatro-cinema Cristallo, riscuotendo un notevole successo. Riparato in Svizzera dopo l’8 settembre, fu scritturato da Radio Losanna per una registrazione de “L’elisir d’amore” di Donizetti, preludio del suo debutto ufficiale operistico: nel 1946, a Reggio Emilia, il ruolo di Des Grieux nella “Manon” di Massenet aprì le porte a una folgorante carriera, quale protagonista di un vastissimo repertorio, in tutti i più grandi teatri del mondo. Fu, tra gli altri, il Duca di Mantova nel “Rigoletto” di Verdi al Metropolitan di New York, Mario Cavaradossi nella “Tosca” di Puccini al Covent Garden di Londra, Nemorino ne “L’Elisir d’amore” al Festival lirico di Edimburgo. Il Piermarini consolidò la fama del “più scaligero dei tenori” dell’ultimo secolo, con 26 titoli, 43 produzioni, 185 rappresentazioni, dal 1947 al 1971, accanto a Maria Callas, Renata Tebaldi, Mafalda Favero, Giulietta Simionato, e sotto la direzione di Herbert von Karajan, Victor De Sabata, Gianandrea Gavazzeni, Leonard Bernstein, Georges Prêtre, Carlo Maria Giulini. In particolare, il sodalizio artistico con Maria Callas, iniziato nel 1951 a San Paolo del Brasile con la “Traviata” di Verdi diretta dal maestro Tullio Serafin, proseguì nei primi anni Settanta con 50 concerti in ogni continente: Germania, Regno Unito, Francia, Stati Uniti, Giappone, Corea, Australia, Nuova Zelanda. Accanto alle esibizioni in pubblico, Di Stefano si dedicò a coltivare giovani talenti, offrendo a molti di loro l’opportunità di farsi conoscere attraverso il concorso per voci nuove da lui promosso nella città di Trapani. Il Comune di Milano gli conferì la Medaglia d’Oro il 7 dicembre del 1973, a coronamento di “un ventennio di splendida attività che ha contribuito al rilancio del prestigio internazionale della Scala ricostruita”.

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Aldo Finzi

Musicista di religione ebraica, giovane talento italiano tra le due guerre, autore tra i più promettenti di Casa Ricordi, di cui quest’anno ricorre il 200° anniversario, l’opera e il nome di Aldo Finzi furono vergognosamente cancellati dalle tragiche leggi razziali del 1938. Nato a Milano nel 1897, dopo gli studi al liceo classico Parini si laureò in Giurisprudenza all’Università di Pavia e, contemporaneamente, si diplomò in composizione all’Accademia di Santa Cecilia a Roma. Ebbe ben presto successo e fama con gli editori Fantuzzi, Sonzogno e, soprattutto, Ricordi che pubblicò alcuni tra i suoi capolavori, come i poemi sinfonici “L’Infinito” e “Cirano di Bergerac”, segnalato in un concorso con Toscanini nella giuria. Nel 1937 Finzi partecipò con “La serenata al vento” al concorso bandito dalla Scala per un’opera nuova da presentare nella successiva stagione: l’annuncio ufficiale della vittoria, anticipatagli in via confidenziale dall’allora direttore del Conservatorio Pick-Mangiagalli, non gli giunse mai, diventando tra le prime testimonianze della campagna antisemita che, di lì a pochi mesi, avrebbe oscurato il nostro Paese. Nel buio dell’umanità la sua vena creativa non si inaridì mai ma, nell’impossibilità di far suonare le proprie musiche, Finzi fu costretto a lavorare nell’anonimato o sotto falsa identità. Oltre al dramma incompiuto “Shylock” (il cui primo atto sarà eseguito il prossimo 17 dicembre al Teatro Dal Verme), simbolo delle persecuzioni degli ebrei, scrisse un poema sinfonico cui, a guerra finita, la sorella Matilde diede come titolo un verso del Paradiso di Dante, “Come all’ultimo suo ciascun artista”, volendo così significare che il fratello non aveva mai potuto vederne l’esecuzione in pubblico durante la sua breve vita. A Torino, dove si era rifugiato dopo l’8 settembre, compose “Preludio e fuga per organo”. Denunciato durante l’occupazione tedesca, riuscì a evitare la perquisizione del proprio alloggio dove si era nascosto il figlio e, quindi, la sua cattura, consegnandosi spontaneamente alle SS italiane che, corruttibili, lo rilasciarono. Fece del “Salmo per coro e orchestra”, composto in clandestinità, il proprio testamento musicale: questa preghiera e, insieme, questo ringraziamento al Signore per aver salvato la famiglia dallo sterminio, esprime e realizza pienamente la sua fede, ma anche la sua visione della musica come il “mezzo espressivo più possente per elevare l’umanità nella contemplazione di Dio”. Le sue ultime parole, sussurrate ai suoi cari prima di morire, sono state: “Fate eseguire la mia musica”. Sepolto sotto falso nome nel febbraio del 1945, la moglie di Aldo Finzi dovette attendere il Dopoguerra e l’abrogazione delle leggi razziali prima di potere redigere un documento che le permettesse di riportare i resti mortali del compositore nel reparto israelitico del Cimitero Monumentale di Milano. 7

Romano Gandolfi

Leggendario direttore di coro e orchestra nei più importanti teatri lirici del mondo, Romano Gandolfi ha illuminato Milano con la propria arte attraverso la Verdi e la Scala, nella cui storia occupa oggi un posto d’onore. Era originario di Medesano, un paesino del Parmense dove era nato nel 1934: ricordando la propria infanzia modesta, il Maestro soleva dire che in quei luoghi ricchi di cultura nel segno di Verdi “la musica si ascoltava solo in chiesa”. Diplomatosi con lode in pianoforte e composizione al Conservatorio di Parma, scritturato a Salsomaggiore per un’opera con una Maria Callas debuttante, Gandolfi entrò alla Scala nel 1963, come assistente di Roberto Benaglio. Dal 1968 al 1970 guidò il Coro del Teatro Colòn di Buenos Aires, uno dei primi sulla scena internazionale, e dal 1971 al 1983 il Coro della Scala, collaborando con i più Grandi del Novecento: Herbert von Karajan, Leonard Bernstein, Georges Prêtre, Carlos Kleiber, Carlo Maria Giulini, Riccardo Muti, Riccardo Chailly e, soprattutto, Claudio Abbado, artefice con Strehler di una memorabile produzione verdiana. Anche la direzione d’orchestra lo ha visto protagonista dal 1970 su tutti i palcoscenici più prestigiosi in Italia e all’estero: oltre alla Scala, il San Carlo di Napoli, l’Opera di Roma, il Regio di Parma, il Comunale di Bologna, il Verdi di Trieste, la Zarzuela e il Teatro Real di Madrid, lo stesso Colòn di Buenos Aires, il Municipal di Rio de Janeiro, il Gran Teatro del Liceu di Barcellona dove, dal 1984 al 1992, presentò, anche nella veste di consulente artistico, numerosi capolavori operistici di fine Ottocento e concerti sinfonico-corali. Impegnato al Metropolitan di New York nel 1998, nel settembre dello stesso anno fondò il Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi, che ha continuato a seguire con passione e dedizione fino a pochi giorni prima della scomparsa, avvenuta nel febbraio 2006, con la “Messa in Do minore” di Mozart, ultima sua presenza pubblica sul podio. “Un legame – hanno spiegato i suoi coristi – non solo musicale, ma intriso di umanità” come testimonia, in particolare, l’esecuzione del “Requiem” di Mozart in memoria delle vittime dell’11 settembre nel primo anniversario della tragedia, che ha regalato poesia ed emozioni agli spettatori dell’Auditorium di largo Mahler. Insignito della Medaglia d’Oro del Comune il 7 dicembre del 1979 per aver “portato il coro scaligero ad alte vette d’arte degne delle sue migliori tradizioni”, Gandolfi auspicava che Milano continuasse a essere “la città da gran passerella musicale” degli anni d’oro e dei Maestri più amati.

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Dante Isella

Critico e filologo di fama internazionale, Dante Isella è stato il massimo studioso della letteratura milanese e lombarda dal XVIII secolo a oggi, attraverso un lavoro di ricostruzione storica e di analisi del testo attento, rigoroso, competente, appassionato. Da Giuseppe Parini ad Alessandro Manzoni, da Carlo Porta a Carlo Emilio Gadda e a Eugenio Montale, le sue ricerche hanno permesso di approfondire l’identità culturale non solo della nostra città ma dell’intero nostro Paese, meritandogli l’ingresso nell’Accademia della Crusca nel 1988 e nell’Accademia dei Lincei nel 1997. Nato a Varese nel 1922, dopo la guerra si occupò per 14 anni della piccola azienda di trasporti del padre, portando il proprio talento versatile in tutti i settori di quella attività. “Mi chiamavano ragioniere se si trattava di bollette – ricordava Isella – e ingegnere se ci si doveva occupare di macchinari”. Allievo di Gianfranco Contini, Isella si formò a Friburgo e a Firenze, dove si laureò nel 1947 con una tesi su Carlo Dossi, ed insegnò Letteratura italiana all’Università di Pavia e al Politecnico di Zurigo, nella stessa cattedra che fu di Francesco De Sanctis. Interprete di un’idea di cultura come civiltà e memoria del passato, maestro di labirinti testuali capace di far rinascere i classici e di divulgare i contemporanei, Dante Isella ha confermato la tesi per cui “penetrare nel pieno dell’invenzione e della poesia di un autore significa risalire alla genesi dei testi, recuperare tutto il mondo che vi si muove rendendoli vivi”. Il suo metodo d’indagine scientifico, basato anche su sicure conoscenze dialettologiche, rese possibili eccellenti edizioni del Parini e del Porta, commentato nelle fonti e in tutte le allusioni alla Milano del tempo. Altrettanto significativa fu la sconfessione dell’autenticità del presunto Diario postumo di Montale, diffuso con clamore mediatico nel 1996, nel centenario della nascita del poeta. Direttore della rivista “Strumenti critici”, fondata con Cesare Segre e Maria Corti, e delle collane “Classici Mondadori” dal 1961 al 1993, “Testi e strumenti di Filologia italiana”, “Biblioteca di Scrittori italiani”, Isella curò le opere di Gadda, Fenoglio, Vittorini, Sereni. Collaboratore del Corriere della Sera, pubblicò “I lombardi in rivolta” (1984), “L’idillio di Meulan” (1994), Carlo Porta (2003), Lombardia stravagante (2005), vincendo nel 2005 il Premio Imola con “Vita di critico” e nel 2006 il Premio Chiara alla carriera. È stato insignito della Medaglia d’Oro del Comune di Milano il 7 dicembre del 1971.

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Isa Miranda

Diva del cinema italiano, attrice dalla forte carica interpretativa e dalla bellezza inquieta e raffinata, Ines Isabella Sampietro, in arte Isa Miranda, ha saputo emozionare milioni di persone in quarant’anni di carriera in Europa e a Hollywood. Nata a Milano nel 1905 nel quartiere di Porta Genova, figlia di un tranviere, aveva iniziato a lavorare come apprendista in sartoria, operaia, dattilografa e modella a Brera, dedicandosi contemporaneamente allo studio dell’arte drammatica all’Accademia dei Filodrammatici. Il suo esordio sul palcoscenico avvenne nel 1932, con una piccola parte in una commedia leggera nell’antico Teatro Arcimboldi in via Unione. Scelta tra duemila ragazze in un concorso lanciato da Rizzoli, raggiunse il successo sul grande schermo nel 1934, nel ruolo di una fascinosa avventuriera in “La signora di tutti” di Max Ophuls. Il trionfo le aprì la strada ad altri lavori da protagonista in Italia e all’estero: “Passaporto rosso” (1935), dedicato alle vicende di un gruppo di emigrati di ritorno dall’Argentina in Italia per combattere durante la Prima guerra mondiale, “Il fu Mattia Pascal” (1936), scelta dallo stesso Pirandello per la parte di Luisa, “Hotel Imperial” (1939) e “Adventure in diamonds” (1940), girati entrambi a Hollywood, “Malombra” (1942) di Mario Soldati, Zazà (1942) di Renato Castellani, sulla rievocazione della Belle Époque, “Le mura di Malapaga” (1949) di René Clément che, al fianco di Jean Gabin, le fece meritatamente guadagnare la Palma d’Oro al Festival di Cannes, “I sette vizi capitali” (1952), voluta da Eduardo De Filippo, “Il portiere di notte” (1974), diretta da Liliana Cavani, “Apocalisse di un terremoto” (1982), sua ultima pellicola. Con uguale consenso di pubblico e di critica recitò anche a teatro, negli Stati Uniti, in Francia e in Inghilterra, dove rappresentò una magnetica Lady Torrance in “Orpheus Descending” (1959) di Tennessee Williams. Paragonata a Greta Garbo, Marlene Dietrich, Eleonora Duse, ammirata dai giornalisti che arrivarono a definirla “la donna dai mille volti” e “la lombarda del Manzoni”, Isa Miranda fu ritratta da alcuni dei più grandi pittori del Novecento come De Chirico, De Pisis, Mafai, e considerata da Enzo Biagi “la migliore attrice italiana di tutti i tempi: brava, umana, semplice, vera”. Attenta a dedicarsi agli altri con opere di bene, il 7 dicembre del 1994 il Comune di Milano ha conferito la Medaglia d’Argento alla sua memoria, per aver “reso nei film la sensibilità contenuta e drammatica della terra padana. Profondamente innamorata della nostra città, ha devoluto alla Cineteca i ricordi di un’intera vita artistica”.

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Franca Pellini Gabardini

“Vi sono malattie curabili soltanto attraverso un trapianto d’organo, e i trapianti si possono realizzare esclusivamente attraverso l’impegno solidale di una comunità”. Così scriveva Franca Pellini Gabardini, da sempre accanto alle istituzioni nazionali e locali in numerose campagne intorno a quella che lei stessa definiva una vera e propria “battaglia di civiltà”, a beneficio non solo dei malati cronici ma, più in generale, della sanità, dell’assistenza e del welfare in Italia. Con questi obiettivi ha fondato nel 1972, e presieduto per 35 anni, l’Aned – Associazione nazionale Emodializzati, offrendo una nuova speranza a generazioni di persone dializzate e trapiantate. Franca Pellini Gabardini è stata promotrice del primo censimento dei pazienti in dialisi e nel 1976 della prima “Carta dei diritti e dei doveri dei malati in Italia”. Team manager della Nazionale Trapiantati e Dializzati, si è fatta interprete di un importante messaggio di informazione e sensibilizzazione anche attraverso i Giochi europei e mondiali organizzati dall’Aned: “Le gare e i risultati prestigiosi dei partecipanti – spiegava Franca Pellini Gabardini – testimoniano, meglio di qualsiasi statistica o fredda cifra, la validità di un trapianto di organo. Con una forte motivazione e una speranza nel cuore, loro che hanno già vinto la battaglia della vita contro la morte e la malattia, giocano e gareggiano per parlare dei loro compagni di strada che un trapianto ancora lo attendono; per sollecitare cuori e menti a comprendere il miracolo di un trapianto; perché più nessuno debba morire per un no; perché tutti abbiano salva la vita e recuperino anni e salute dalla solidarietà attenta e partecipe di tutti noi”. L’ultimo suo progetto risaliva al maggio del 2007, appena un mese prima della sua scomparsa, in occasione della X edizione delle Giornate nazionali del Trapianto e della Donazione d’Organi: un concorso per i giovani intitolato “3 minuti per la vita”, volto a premiare il miglior cortometraggio sul tema del trapianto. Il 7 dicembre del 1976 era stata insignita dal Comune di Milano dell’Attestato di Civica Benemerenza, con una motivazione che ne riassumeva la costante, attenta e generosa presenza al fianco dei malati: “Assistente sociale presso la Commissione Visitatrici degli ospedali milanesi, ha dato vita all’Associazione nazionale Emodializzati, che raccoglie 7mila aderenti, ai quali dedica le sue rare doti di comprensione umana e di competenza specifica, con assoluto disinteresse e senza limiti di tempo”.

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Teresa Pomodoro

Indimenticabile protagonista della cultura ambrosiana, voce coraggiosa di libertà, drammaturga, attrice, regista, Teresa Pomodoro è stata fondatrice e anima di No’hma, il centro di ricerca e sperimentazione in via Orcagna a Milano: un teatro del territorio, “laboratorio di pensiero e cuore senza profitto”, dove l’arte non è mai stata una merce, ma un’offerta generosa alla città. Nata a Molfetta (Bari) nel 1940, milanese d’adozione, cresciuta alla scuola del Piccolo di Strehler accanto agli autori della contemporaneità, Teresa Pomodoro considerava il teatro come “il paese dove Dio sprofonda in se stesso, abisso di contraddizioni ma anche deposito di sogni”, uno strumento di riscatto, dignità e speranza anche per gli ultimi. Il suo percorso spirituale e laico ha attraversato le dolorose terre della marginalità, entrando nelle carceri e nei luoghi di accoglienza, come la Casa della Carità che lei stessa, accanto alla decisione e al sostegno economico del Comune di Milano, aveva contribuito a inaugurare nel 2004, per gli extracomunitari, i senza dimora, gli esclusi, i sofferenti. Presente dal 1995 a Opera e, dal 2000, a San Vittore, ha coinvolto centinaia di detenuti-attori in spettacoli di alto livello aperti al pubblico – da “La peste” di Camus a “La tempesta” di Shakespeare, da “Gli uccelli” di Aristofane a “Santa Giovanna dei Macelli” di Brecht fino a “La grande magia” e a “Il Sindaco del Rione Sanità” di De Filippo – favorendone la partecipazione e il reinserimento nella società. “Faccio recitare i carcerati per educarli ai sentimenti – spiegava Teresa Pomodoro – perché la loro vita non sia ulteriormente offesa, ma avvenga la scoperta delle proprie potenzialità. Rifuggendo da ogni pietà, in questi luoghi di solitudine ho incontrato realmente l’umanità”. Nella Basilica di Sant’Ambrogio si era fatta interprete della parola di Sant’Agostino in occasione della traslazione dal Duomo delle spoglie del Santo nel 2004; altrettanto memorabili sono stati il ciclo di letture “Vita, pensiero e fede”, ideato con l’Arcivescovo vicario di Milano Monsignor Erminio De Scalzi e portato in scena tra il 2005 e il 2006, e lo spettacolo “Madre Teresa di Calcutta” rappresentato nel 2007. Il 7 dicembre del 2005 era stata insignita della Medaglia d’Oro del Comune di Milano per aver “vissuto la propria arte al servizio degli umili e degli emarginati”. Raccogliendo la preziosa eredità della sorella, Livia Pomodoro, Presidente del Tribunale di Milano, ha lasciato una commovente testimonianza di amore e di continuità di un impegno, non solo culturale ma anche etico, al servizio della comunità civica: “No’hma non finisce con Teresa, lo prometto: continuerà a vivere attraverso il suo straordinario messaggio”.

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Ennio Presutti

Imprenditore illuminato, attento ai valori dell’innovazione e della formazione, Ennio Presutti è stato capace di guardare allo sviluppo di Milano e del Paese in una dimensione molto più ampia di quella del mercato. Insignito della Medaglia d’Oro del Comune il 7 dicembre del 1987, ricopriva con serietà e competenza un ruolo di grande responsabilità all’interno della civica Amministrazione, scelto dal Consiglio comunale quale componente della Commissione di esperti per le nomine dei rappresentanti in società ed enti. Nato a Roma nel 1931, si laureò a soli 26 anni in Ingegneria elettrotecnica. Nel 1957 venne assunto in Ibm Italia, fino a diventare direttore generale, Presidente e amministratore delegato nel 1984. Sotto la sua guida il gruppo realizzò importanti progetti in tutto il Paese e, in particolare, a Milano dove, in collaborazione con le istituzioni, avviò un programma per i giovani al primo impiego. Tra il 1984 e il 1985 Presutti ebbe un ruolo determinante nella fondazione dell’Aspen Institute Italia: vi vedeva una scuola per le classi dirigenti imprenditoriali, orientate ai principi di leadership, rinnovamento, trasparenza e partecipazione, che egli stesso applicava in azienda. Sostenitore di un’etica del lavoro e del capitalismo, sotto la sua direzione Ibm non fu mai sfiorata dalle inchieste giudiziarie dei primi anni Novanta. Commentando quel periodo difficile della storia recente, Presutti reagiva con ottimismo ai giudizi più severi: “Milano è la prima città che abbia avuto il coraggio di prendere di petto certe degenerazioni. Avevamo un cancro e ce lo siamo tolto: ora possiamo guardare al futuro”. Soprannominato il “Cardinale laico” di Milano, si impegnò per il rilancio ambrosiano pur senza intraprendere direttamente la strada della politica. Presidente di Assolombarda dal 1991 al 1997 e di Confindustria Lombardia dal 1997 al 2001, lanciò l’appello al “buon mercato” con l’obiettivo di trasformare via Pantano nel punto di aggregazione di un nuovo establishment cittadino. Cavaliere del lavoro dal 1987, fu consigliere d’Amministrazione in Rai a metà degli anni Novanta, dedicandosi al miglioramento dell’efficienza aziendale. Guidato da una visione moderna di Milano come “centro di una megalopoli che, per intensità industriale, si pone al primo posto in Europa”, Presutti sottolineava la necessità di riqualificare le aree dimesse: “Potrebbero diventare giardini, nuove sedi di atenei, ‘città della moda e del design’ con scuole e musei, o parchi scientifici dove si possano incontrare il sapere e il saper fare, la ricerca e le imprese”.

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Cesare Rinaldi

Da quasi un secolo il nome di Cesare Rinaldi è sinonimo della “posta dei milanesi”: fondatore nel 1919 dell’omonima agenzia di recapito espressi, ha dato vita a una realtà che ha accompagnato la storia della città. I suoi 200 postini rossoblu in bici e in motorino hanno rappresentato un modello di precisione, puntualità, affidabilità ed efficienza, consolidando l’immagine di un’azienda fondata sul connubio vincente fra tradizione e innovazione tecnologica. Nato a Soresina (Cremona) nel 1894, milanese d’adozione dal 1909, cittadino d’Europa per lavoro, soldato del Genio in Macedonia e Bulgaria, subito dopo la Prima guerra mondiale Cesare Rinaldi aprì nel Verziere un’agenzia di spedizione merci, dotandola di un regolamento interno all’avanguardia sotto il profilo della tutela dei lavoratori. La crescita dell’attività avvenne nel 1923, con l’aggiudicazione e il rinnovo per 25 anni dell’appalto del Ministero delle Telecomunicazioni per l’invio di raccomandate e telegrammi: un servizio esercitato a beneficio dell’intera comunità e mai interrotto, neppure durante i bombardamenti del periodo bellico, grazie a una rete di posta pneumatica sotterranea e all’impiego di centinaia di ragazze in sostituzione degli uomini al fronte. Alla distribuzione delle tessere per il pane dopo i razionamenti alimentari subentrò, in tempo di pace, la consegna delle partecipazioni di nozze, vera e propria tradizione per gli sposi milanesi, oltre alle lettere ordinarie, alle raccomandate, alla posta prioritaria e alla pubblicità. Accanto a questa realtà imprenditoriale ambrosiana, divenuta negli anni Novanta la più grande in Italia nel proprio ambito e riconosciuta nel 2002 come la migliore al mondo, Cesare Rinaldi affiancò sin dal 1926 e sempre a Milano una delle prime agenzie di viaggio del Paese: attraverso lo Skal club lombardo, un’associazione di professionisti del settore da lui fondata e presieduta, affermò l’importanza del turismo come risorsa non solo economica, ma anche e soprattutto “sociale e politica”. Consigliere comunale dal 1951 al 1964 durante i mandati dei Sindaci e , Cesare Rinaldi propose con successo la trasformazione di Linate da infrastruttura militare, utilizzata in parte per il traffico dei piccoli aerei privati, ad aeroporto internazionale. Oltre a numerosi altri incarichi pubblici in Fiera, per l’Unione Commercianti, in Università, si impegnò nel sociale quale benefattore e Presidente dal 1958 dell’Opera Pia Castiglioni, fondazione per l’infanzia. Il 7 dicembre del 1966 fu insignito della Medaglia d’Oro del Comune di Milano per aver “seguito con spirito attento e sensibile numerosi problemi della città, contribuendo ad elevarne il prestigio”.

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Mila Schön

Ambasciatrice dell’eleganza di Milano nel mondo, Mila Schön ha contribuito all’affermazione della moda e della creatività italiane. Proprio quest’anno ricorre il 50° anniversario della sua straordinaria carriera: un impegno riconosciutole non solo dagli addetti ai lavori ma anche dal grande pubblico e dal Comune di Milano che, il 7 dicembre del 1987, le ha conferito la Medaglia d’Oro e, il 19 settembre scorso, ha inaugurato a Palazzo Reale la mostra “Linee, Colori, Superfici” dedicata alla “Signora dello stile”. Mila Schön era nata a Trau, in una piccola isola della Dalmazia, e nella nostra città si era trasferita nel 1940, al seguito del fratello giornalista Nino Nutrizio, direttore della Notte. Nel 1958 aprì un piccolo atelier in via San Pietro all’Orto e disegnò i primi modelli ispirandosi ai grandi sarti francesi come Balenciaga. Nel 1965 sfilò per la prima volta a Palazzo Pitti, nel cuore di Firenze, imponendosi soprattutto nel prêt-à-porter di classe e legando gran parte del proprio successo di quegli anni all’invenzione del tessuto double. Grazie alla prima collezione monocromatica fiorentina basata su oltre 20 sfumature di viola, l’International Herald Tribune definì Mila Schön “The Italian Coco Chanel”, consacrandone così il successo internazionale che la vide vincitrice dell’Oscar del colore a Houston nel 1966. In quello stesso anno la stilista inaugurò nella storica via Montenapoleone la sua prima boutique, cui seguirono numerosi altri negozi in ogni continente. Autrice di sofisticate collezioni di abbigliamento e di linee di accessori sia maschili sia femminili, disegnò anche le divise per le hostess dell’Alitalia e dell’Iran Air. Maestra del buon gusto, attenta a cogliere tutte le novità della ricerca nel campo della moda, capace di portare la sperimentazione in sartoria e di inventare nuovi linguaggi, Mila Schön trovò ispirazione nei Grandi dell’arte moderna – Klimt, Mondrian, Calder, Vasarely, Pollock, Fontana – caratterizzandosi per uno stile essenziale, sobrio, sempre raffinato e pienamente coerente con la sua visione della vita e del lavoro: “Io noto solo il brutto delle cose – sosteneva Mila Schön – eliminandolo rimane il bello”. L’eleganza e il “lusso silenziosamente opulento” delle sue creazioni conquistarono le donne più celebri di un’epoca: Jacqueline Kennedy, Ira Furstenberg, Mina, Marella Agnelli, quelle della famiglia Rockefeller. Commendatore della Repubblica, ha ricevuto il Leone d’Oro premio speciale per la moda nel 1985 e, due anni dopo, la Civica Benemerenza del Comune di Milano.

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Mario Silvestri

Scienziato e docente universitario di fama internazionale, Mario Silvestri è stato il pioniere del nucleare nel nostro Paese, con la consapevolezza, maturata fin dagli anni Quaranta, che “la fissione poteva rappresentare una nuova fonte di energia”. Nato a Verona nel 1919, nel 1941 divenne ingegnere industriale elettrotecnico presso il Politecnico di Milano, con medaglia d’oro quale miglior laureato. Coinvolto nella Seconda guerra mondiale, fu sottotenente dell’8° Reggimento Genio in Slovenia e, successivamente, protagonista delle formazioni clandestine impegnate a proteggere gli impianti milanesi dalle ritorsioni dei tedeschi in ritirata, meritando così la tessera di “Patriota” del Comitato di Liberazione Alta Italia. Dirigente di Aem, nel 1945 entrò in Edison dove, in sinergia con la Facoltà di Fisica, iniziò a occuparsi del possibile utilizzo a scopi pacifici del nucleare, a partire dal “Rapporto Smith”: il libro bianco sul “progetto Manhattan” importato dagli Usa dal celebre professor Amaldi. “Tutti eravamo convinti dell’enormità dell’impresa – ricordava Silvestri – anche limitata al solo obiettivo di riprodurre la reazione a catena che Enrico Fermi aveva realizzato a Chicago il 2 dicembre del 1942”. Con il supporto delle proprie ricerche, Silvestri fu tra i promotori del centro studi Cise di Segrate, sorto nel 1946 dal consorzio di grandi aziende: Adriatica di Elettricità, Fiat, Falck, Montecatini, Pirelli. Direttore del laboratorio di Ingegneria nucleare, guidò il progetto Cirene per la realizzazione di un reattore italiano con il finanziamento della Comunità europea: il prototipo, così come la centrale di Trino Vercellese da lui avviata, furono però bloccati dal referendum del 1987 dopo la catastrofe di Chernobyl. Cittadino benemerito di Milano, Medaglia d’Oro nel 1986, ha ricoperto numerosi incarichi accademici per il nostro Politecnico e il Comitato tecnologico del Cnr. Accanto all’intensa attività tecnico-scientifica testimoniata da oltre 340 pubblicazioni, Silvestri ha affiancato un forte interesse umanistico orientato all’approfondimento e alla divulgazione della storia, per “ritrovare nell’analisi del passato le costanti di una vicenda collettiva e del carattere di tutto un popolo”. È stato autore di “Isonzo 1917”, “La decadenza dell’Europa occidentale”, “Cento anni di storia d’Italia”, “Caporetto: una battaglia e un enigma”, “Riflessioni sulla Grande guerra”. Legati all’attualità e, in particolare, alla questione del nucleare, sono invece “Il costo della menzogna” e “Il futuro dell’energia”, con l’invito rivolto a tutti i diversi soggetti coinvolti – politici, tecnici, scienziati, parti sociali – a “guardare agli interessi della Nazione anziché della fazione”, cogliendo l’essenza delle verità che devono ispirare scelte e comportamenti al servizio dell’intera comunità civica.

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Cittadini illustri, benemeriti e distinti nella Storia Patria tumulati al Famedio

Alessandro Manzoni Carlo Cattaneo Luca Beltrami Leo Valiani Bruno Munari Carlo Forlanini Salvatore Quasimodo

Cittadini illustri, benemeriti e distinti nella Storia Patria ricordati con busto al Famedio

Luca Beltrami Giuseppe Mazzini Giuseppe Verdi

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Cittadini illustri, benemeriti e distinti nella Storia Patria tumulati nella cripta sotto il Famedio

Aldo Aniasi Giovanni Raboni Leone (Lionello) Beltramini Anna Radius Zuccari Neera Agostino Bertani Giuseppe Rovani Giovanni Bertini Milla Sannoner Francesco Brioschi Giovanni Schiapparelli Oreste Bronzetti Renato Simoni Luigi Cagnola Giuseppe Sirtori Laura Solera Mantegazza Renato Cepparo Mario Talamona Cesare Correnti Antonio Tantardini Tranquillo Cremona Giulio Tarra Guido Crepax Carlo Tenca Franco Faccio Delio Tessa Giuseppe Ferrari Andrea Verga Ambrogio Fogar Giorgio Gaber Paolo Grassi Tommaso Grossi Francesco Hayez Gerolamo Induno Domenico Induno Duilio Loi Elia Lombardini Giuseppe Marcora Antonio Maspes Achille Mauri Giuseppe Meazza Giuseppe Missori Giovanni Battista Monteggia Tancredi Pasero Giovanni Pesce Francesco Maria Piave Giuseppe Piolti de Bianchi Amilcare Ponchielli Giuseppe Pozzone

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Cittadini illustri, benemeriti e distinti nella Storia Patria iscritti al Famedio

Lato Levante

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Alighiero De Micheli Giovanni Battista Candiani Carlo De Angeli Romeo Invernizzi Giuseppe Ponzio Luciano Chailly Mario Buccellati Carlo Mangiarotti Fantasio Piccoli Mario Merz Carlo Cannara Anna Del Bo Boffino Tommaso Zerbi Claudio Dematté Giuseppe Prisco Riccardo Malipiero Ardito Desio Bruna Moretti Alfredo Malgeri Enzo Vicari Gabriele Mucchi Gina Lagorio Maria Corti Alberto Lattuada Salvatore Guglielmino Massimo della Campa Luigi Mengoni Elda Scarzella Mazzocchi Franco Brambilla Guido Vergani Augusto Morello Gianni Comencini Ottiero Ottieri Renata Tebaldi Massimo Martini Giancarlo Vigorelli Raffaele Durante Gino Bramieri Leonardo Mondadori Giorgio Covi Monsignor Angelo Majo Lidia De Grada Marisa Bellisario Gaetano Afeltra Enrica Pischel Collotti Giorgio Rumi Achille Castiglioni Vico Magistretti Carlo Camerana Maria Antonietta Setti Carraro Ulrico Hoepli Giacinto Facchetti Lodovico Barbiano di Belgiojoso Stefano Pastorino Luciano Minguzzi Laura Conti Fratel Ettore Monsignor Pietro Rampi Benito di Lauro Carlo Ramous

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Giuseppe Pagano Pogatschnig Anna Kuliscioff Aldo Rossi Emilio Alemagna Marino Marini Nicola Benois Arturo Martini Raffaele Mattioli Francesco Messina Clemente Rebora Medardo Rosso Cesare Musatti Adolfo Wildt Julien Green Giacomo Manzù Ulisse Stacchini Ulrico Hoepli Ernesto N. Rogers Gianni Mazzocchi Antonio Banfi Arnoldo Mondadori Fausto Melotti Angelo Rizzoli Ada Negri Valentino Bompiani Ignazio Gardella Edilio Rusconi Edoardo Sonzogno Enrico Mattei Emilio Treves Piero Bottoni Giovanni Scheiwiller Edoardo Persico Aldo Garzanti Giuseppe Eugenio Luraghi Mario Spagnol Luigi Veronesi Adriano Bausola Angelo Salmoiraghi Enrico Cuccia Luigi Barzini junior Alik Cavaliere Ludovico Geymonat Arrigo Recordati Giulio Ricordi Gaetano Baldacci Pietro Mascagni Luigi Mattioni Lalla Romano Indro Montanelli Gina Cigna Carlo Bo Marco Zanuso Gaudenzio Fantoli Emilio Tadini Enrico Baj Gio' Pomodoro Attilio Rossi Giuseppe Pontiggia Luigi Santucci

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Giovanni Schiaparelli Riccardo Bacchelli Cardinale Andrea Ferrari Giovanni Testori Gerolamo Rovetta Tommaso Gallarati Scotti Contardo Ferrini Elio Vittorini Ambrogio De Marchi Gherini Emilio De Marchi Giuseppe Mercalli Antonio Fogazzaro Carlo Baravalle Luigi Albertini Giovanni De Castro Orio Vergani Vittorio Sereni Ernesto Teodoro Moneta Luigi Barzini Carlo Maciachini Leo Longanesi Giuseppe Colombo Giulio Natta Giuseppe Brentano Luchino Visconti Henry Beyle "Stendhal" Arturo Toscanini Umberto Giordano Guido Cantelli Giorgio De Chirico Victor De Sabata Lucio Fontana Giacomo Puccini Alberto Savinio Maria Callas Mario Sironi Giorgio Strehler Filippo De Pisis Gio Ponti Umberto Boccioni Giuseppe Terragni Carlo Carrà Giovanni Muzio Filippo Tommaso Marinetti Emilio Lancia Dino Buzzati Piero Portaluppi Eugenio Montale Antonio Sant'Elia Nicola Abbagnano Luigi Figini Carlo Emilio Gadda Gino Pollini Guido Piovene Giuseppe De Finetti Oreste Del Buono Carlo Maria Giulini Carlo Mo Roberto Negri

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Cittadini illustri, benemeriti e distinti nella Storia Patria iscritti al Famedio

Lato Ponente

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Tomaso Grossi Francesco Brioschi Giovanni Berchet Giovanni Cantoni Giuseppe Ferrari Felice Cavallotti Elia Lombardini Antonio Mosca Angelo Maj Carlo Tenca Francesco Hayez Giuseppe Balzaretto Tranquillo Cremona Giberto Borromeo-Arese Amilcare Ponchielli Benedetto Cacciatori Giovanni Raiberti Federico Faruffini Giuseppe Rovani Alessandro Focosi Carlo Mascheroni Stefano Jacini Agostino Bertani Pietro Magni Cesare Cantù Pietro Maestri Giulio Carcano Emilio Praga Emilio Cornalia Antonio Tantardini Cesare Correnti Cristina Trivulzio Massimo D'Azeglio Giulio Uberti Paolo Ferrari Graziadio Ascoli Domenico Induno Arrigo Boito Pietro Lazzati Giovanni Gherardini Pompeo Litta Eugenio Camerini Achille Mauri Giuseppe Mengoni Antonio Rosmini Carlo Forlanini Abbondio Sangiorgio Antonio Stoppani Giovanni Segantini Giovanni Torti Gaetano Previati Vincenzo Vela Carlo Mirabello Andrea Verga Alfredo Catalani

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Laura Solera Mantegazza Agostino Rocca Antonio Kramer Giordano Dell'Amore Paolo Marchiondi Achille Bertarelli Enrico Mylius Ferdinando Bocconi Giorgio Jan Ernesto Breda Giovanni Battista Piatti Cristoforo Benigno Crespi Eugenio Villoresi Ettore Conti Davide Campari Giuseppe Sacchi Ernesto De Angeli Michele Barozzi Ercole Marelli Vitaliano Borromeo-Arese Serafino Belfanti Battista Nazari-Scagliapesci Giacinto Motta Giulio Tarra Gianni Caproni Virgilio Ferrari Franco Tosi Lino Montagna Vittore Buzzi Ettore Bugatti Alfredo Ildefonso Schuster Manfredo Camperio Giovanni Battista Pirelli Giangiacomo Poldi Pezzoli Riccardo Jucker Guido Ucelli di Nemi Antonio e Marieda Boschi Antonio Ghiringhelli Senatore Borletti Guido Venosta Marcello Candia Gino Alemagna Giuseppe De Capitani D'Arzago Angelo Motta Giuseppe Menotti De Francesco Ambrogio Cecchini Agostino Gemelli Luciano Elmo Armando Sapori Pietro Rondoni Giorgio Enrico Falck Dino Villani Giuseppe Lazzati Giorgio Ambrosoli

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Silvio Pellico Giovanni Spadolini Federico Confalonieri Giovanni Battista Montini Teresa Casati Confalonieri Carlo Alberto Dalla Chiesa Giorgio Pallavicino Cesare Merzagora Pietro Maroncelli Ferruccio Parri Amatore Sciesa Alfredo Pizzoni Luciano Manara Filippo Corridoni Carlo De Cristoforis Giovanni Malagodi Giovanni Battista Carta Riccardo Bauer Gerolamo Induno Mario Enrico Sironi Antonio Lazzati Ester Angiolini Giovanni Pezzotti Carlo Maria Badini Giuseppe Piolti de Bianchi Gaspare Barbiellini Amidei Giuseppe Sirtori Floriano Bodini Luigi Anelli Corso Bovio Francesco Arese Jolanda Colombini Monti Gabrio Piola Monsignor Luigi Crivelli Carlo Porro Alberto Falck Emilio Dandolo Mercedes Garberi Enrico Dandolo Giorgio Pardi Camillo Vaccani Luciano Pavarotti Carlo Bellerio Amato Santi Giuditta Sidoli Bellerio Walter Valdi Giuseppe Marcora Gianni Versace Giacomo Ciani Filippo Ciani Pasquale Sottocorno Filippo Meda

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28 Commissione Consultiva per le Onoranze al Famedio

Manfredi Palmeri Presidente del Consiglio comunale Davide Corritore Componente dell’Ufficio di Presidenza Stefano Di Martino Componente dell’Ufficio di Presidenza Andrea Fanzago Componente dell’Ufficio di Presidenza Claudio Santarelli Componente dell’Ufficio di Presidenza Stefano Pillitteri Assessore ai Servizi al Cittadino Massimo Accarisi Direttore Centrale Cultura Valentino Balladore Direttore del Settore Servizi Funebri

Manfredi Palmeri Presidente del Consiglio comunale

Giuseppe Troian Direttore del Settore Presidenza del Consiglio comunale

Piazza della Scala, 2 20121 Milano tel. 02884.50300-50184 fax 02884.50594 [email protected] Milano ricorda Famedio del Cimitero Monumentale

2 novembre 2008

Civica Stamperia