Corso Di Laurea Magistrale (Ordinamento Ex D.M

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Corso Di Laurea Magistrale (Ordinamento Ex D.M Corso di Laurea Magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in Storia delle arti e conservazione dei beni artistici Tesi di Laurea Arti del tessile e dell'ago nell'editoria di Gio Ponti tra "Lo Stile" e "Fili" Relatore Prof. Stefano Franzo Correlatore Prof. Ssa Stefania Portinari Laureanda Silvia Lattuada Matricola 848450 Anno Accademico 2015/2016 A Michela Indice Introduzione 3 Capitolo 1 6 Il mondo editoriale di Gio Ponti 6 1.1. L'avvio dell'attività editorialista 6 1.2. "Linea" e "Lo Stile" 16 1.3. Il ritorno a "Domus" 21 Capitolo 2 24 Gli anni di "Stile" 24 2.1. Le premesse a "Stile" e il ruolo di Giuseppe Bottai 24 2.2. Gli pseudonimi di Ponti e la gestione editoriale 40 2.3. Le copertine 43 2.4. Gli argomenti trattati: dall'architettura all'arte 46 2.5. L'arte in "Stile" 55 2.6 La produzione artigianale 69 2.7 I collaboratori di Ponti 81 2.8 Le donne di "Stile"e le tematiche al femminile 92 Capitolo 3 109 La questione delle arti femminili 109 3.1. I lavori d'ago nell'Italia "gentile e operosa" 109 3.2. Il panorama italiano ed europeo 116 3.3 Le pagine sul pizzo e il ricamo 127 Capitolo 4 146 "Fili": una rivista mensile per i lavori dell'ago 146 4.1. Temi autarchici e “giardini di pizzi” 150 4.2 Ammaestramenti dall'Antico 169 Bibliografia 175 1 Appendice 198 Lo spoglio di "Stile" 198 Tabelle 265 Repertorio Iconografico 276 2 Introduzione "Ricco, nuovo e originale. Nessuno aveva dato per dieci lire tante cose": con questa frase Pietro Maria Bardi sintetizza l'esperienza di "Lo Stile", periodico creato e diretto da Ponti tra il 1941 e il 1947, nel suo periodo lontano da "Domus"1. A seguito di uno spoglio sistematico e inedito di "Lo Stile", è emerso il ruolo centrale di Ponti, il quale non solo ha dato un preciso orientamento editoriale al periodico, ma si è mantenuto attivo e inserito nella vita della rivista, occupandosi anche della scelta delle immagini e degli artisti da pubblicare, curando l'aspetto pubblicitario e scrivendo un numero consistente di articoli, alcuni dei quali firmati con il proprio nome, altri utilizzando diversi pseudonimi. Fondamentale per il successo di "Stile" è stato anche il patrocinio del ministro Giuseppe Bottai, il quale l'aveva sin da subito patrocinato, inserendolo nel suo programma di rinnovamento culturale dello stato fascista in cui il ruolo degli intellettuali sarebbe stato quello di fare da guide e mediatori tra la storia, l'arte e la vita che dovevano essere quanto più possibile connesse, partendo dal singolo individuo ma senza prescindere dal suo ruolo nella collettività. L'analisi verte sulle molteplici tematiche trattate dalla testata: l'architettura, intesa come compito primario dello stato di provvedere con efficienza ad una vita dignitosa per tutti i cittadini, l'arte ossia l'espressione più alta dello spirito della nazione e della sua laboriosità, ma anche arredamento, musica e letteratura. "Stile" offriva un prodotto editoriale originalissimo, che mostrava uno spaccato dell'Italia durante il secondo conflitto mondiale e nell'immediato dopoguerra, filtrato dall'esperienza di nomi illustri dell'epoca come Pietro Maria Bardi, Giorgio de Chirico, Emilia Kuster Rosselli, Pia di Valmarana e molti altri tra architetti, artisti, letterati e critici che spesso avevano esordito proprio su queste pagine. Parte dell'elaborato infatti è dedicata ai collaboratori della testata, i quali si stringevano attorno alla figura di Ponti, che 1 Bardi a Ponti, lettera del 2 febbraio 1941, Milano, Archivio Ponti, APM, d2cp, ora anche in M. Martignoni, Gio Ponti: gli anni di "Stile"1941-1947, Milano 2002, p. 107. 3 sapeva creare attorno a sé una dimensione domestica, dove la pluralità di voci e di argomenti diventava uno degli elementi più caratteristici, funzionale al suo progetto di "fare cogliere le parentele tra le moltissime cose che siano espressione, ornamento o strumento della nostra vita"2. L'elaborato approfondisce la questione dei lavori femminili, mettendo in luce la doppia valenza assunta nel Novecento da queste attività: se da un lato infatti erano fortemente legate all'idea di lavoro manuale con la funzione primaria di fornire il "pane per la mensa", dall'altro venivano riconosciuti qualità tecnica e valori culturali e tradizionali a questi manufatti, che andavano tutelato affinché rappresentassero l'eccellenza della produzione italiana all'estero. La promozione di quest'arte era volta alla riscoperta e alla valorizzazione delle radici tradizionali, ma con una particolare vocazione internazionalista in modo da rilanciare e promuovere l'artigianato d'arte anche in Europa, in una sinergica collaborazione tra stampa specializzata ed esposizioni. L'artigianato tessile secondo la visione di Ponti, è "una delle più delicate, belle e gentili espressioni del lavoro umano" da arrivare a considerare una materia prima italiana, che va tutelata come patrimonio per le future generazioni. L'ultimo capitolo si apre ad un confronto con "Fili", testata curata dall'Editoriale Domus, che negli stessi anni di "Stile" offriva uno sguardo tecnico ma anche critico sui lavori d'ago, attraverso una serie di articoli che ne raccontano la storia, l'evoluzione, le tecniche e i materiali, con una costante attenzione a mettere in luce l'eccezionalità di questi manufatti, unici nel panorama europeo. La rivista si definiva "una guida al buon gusto, all'amore per la casa e all'economia" offerta alle "amanti del ricamo d'arte, ma anche agli infiniti dettagli e alle lezioni di 'arte applicata'"3: a dirigere la testata fu per prima Emilia Kuster Rosselli, che si occupò del periodico dal 1934 al numero di marzo del 1941, successivamente le subentrò Emma Robutti, la quale restò in carica fino al numero 128 dell'agosto 1944, quando la rivista cessò le pubblicazioni, provata dalla crisi bellica. In quanto rivista femminile "Fili" aveva assunto un ruolo importantissimo durante la guerra, quasi una 2 L. Ponti, "Stile" è un'isola, in M. Martignoni, Gio Ponti: gli anni di "Stile" 1941-1947, cit., pp. 7-9. 3 Campagna per gli abbonamenti 1935, in "Fili", n. 12, dicembre 1934, p. V. 4 sorta di incoraggiamento per le sue lettrici, affinché curassero di più il loro la loro persona, ma soprattutto il loro intelletto, in modo da conservare una certa libertà di vita e pensiero anche nelle difficoltà. 5 Capitolo 1 Il mondo editoriale di Gio Ponti 1.1. L'avvio dell'attività editorialista Giovanni (Gio) Ponti nasce a Milano il 18 novembre 1891. Dopo aver prestato servizio nel Genio Pontieri durante il primo conflitto mondiale, nel 1921 si laurea in architettura presso il Politecnico di Milano, città in cui apre uno studio con gli architetti Mino Fiocchi ed Emilio Lancia. Nello stesso anno sposa Giulia Vimercati, dalla quale avrà quattro figli: Lisa, Giovanna, Letizia e Giulio. Ponti esordisce pubblicamente nel 1923 alla prima Biennale delle Arti Decorative di Monza, che inizialmente era stata concepita dagli organizzatori dell'ISIA (Istituto Superiore Industrie Artistiche)4 per esporre quanto era stato realizzato dagli allievi e con l'intento di favorire un rapporto tra le arti applicate e l'area industriale della Brianza, ma che poi viene aperta anche a contributi artistici esterni. A prevalere sono gli arazzi futuristi di Fortunato Depero accanto a grafismo, eleganza e decorazione che si ritrovano nel gusto Liberty della maggior parte delle produzioni esposte5. Ponti presenta una serie di maioliche che "traducono ad uso della borghesia italiana il gusto di Hoffmann e della Wiener Werkstätte e in seconda istanza un certo lusso francese"6. 4 L'Istituto Superiore Industrie Artistiche (ISIA) era nato a Monza nel 1922 e costituì un esempio di scuola d'arte nuovo per l'Italia del primo dopoguerra. Con un programma educativo basato sull'apprendimento di mestieri, l'ISIA aveva lo scopo di formare, tramite l'artigianato, i nuovi professionisti delle arti applicate. La fondazione dell'Istituto si deve a un consorzio dei comuni di Monza e Milano affiancati da un istituto filantropico milanese, la Società Umanitaria, partendo dal presupposto che solo attraverso lo studio e l'apprendimento di un mestiere sarebbe stata possibile l'elevazione sociale delle classi più umili. Il primo ciclo di lezioni durava tre anni dopo i quali si poteva accedere al biennio di specializzazione. Oltre alle normali materie gli allievi potevano studiare ricamo, tintura tessile, plastica decorativa, tessitura, ceramica, oreficeria e grafica pubblicitaria. Erano ammessi sia studenti italiani sia stranieri. Nel 1943 l'Istituto venne chiuso e non riaprì dopo la guerra. Per approfondimento: L'ISIA a Monza: una scuola d'arte europea, a cura di R. Bossaglia, A. Crespi, Cinisello Balsamo 1986. 5 R. De Fusco, Made in Italy. Storia del design italiano, Bari 2014, pp. 53-55. 6 La Wiener Werkstätte era stata fondata a Vienna nel 1903 dall'architetto Josef Hoffmann, dal pittore Koloman Moser e dal banchiere Fritz Waerndorfer. Era il risultato di una serie di riflessioni sugli esiti dell'Art, dello Jugendstil, dell'Art Nouveau, del Liberty inglese nonché di residui dello stile Beidermeir e tradizioni slave e boeme. Il programma, redatto da Hoffmann e Moser nel 1905, prevedeva oggetti d'uso domestico semplici e di qualità, 6 È il momento del successo tardivo delle arti decorative: l'Exposition des Arts Décoratifs di Parigi del 1925 dà origine al nome all'Art Déco, ma di fatto non ne rappresenta il punto di partenza quanto l'apogeo, poiché le idee, i prodotti e le manifestazioni che hanno costituito il movimento erano attive da quasi un ventennio7. Il progetto dell'esposizione risale infatti al 1907, l'organizzazione era cominciata già nel 1913 ma lo scoppio della prima guerra mondiale ne aveva causato il rinvio8. Se la Francia, che si trova in una condizione di inferiorità tecnica rispetto alle altre potenze europee, punta sulla creatività e sull'artisticità della produzione, le altre realtà partecipanti, preminentemente la Gran Bretagna, sfoggiano tutta la loro potenza industriale.
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