Paolino Pieri, Croniche Di Firenze, Edizione Critica
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Università degli Studi di Padova Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari Corso di Laurea Magistrale in Filologia Moderna Classe LM-14 Tesi di Laurea Paolino Pieri, Croniche di Firenze, edizione critica. Relatore Laureando Prof. Davide Cappi Andrea Bego n° matr.1103748 / LMFIM Anno Accademico 2015 / 2016 Indice ♦ Introduzione......................................................................................................1 ♦ Descrizione del manoscritto.............................................................................5 ♦ Criteri di trascrizione e di edizione..................................................................7 ♦ Paolino Pieri, Croniche...................................................................................11 ♦ Note storiche...................................................................................................87 ♦ Glossario.......................................................................................................121 ♦ Indice dei nomi di persona...........................................................................125 ♦ Indice dei nomi di luogo e di nazionalità.....................................................133 ♦ Appendice.....................................................................................................141 ♦ Bibliografia...................................................................................................145 Introduzione 1 Le cronaca di Paolino Pieri (o «Paulino di Piero» 1.2-3) ci è pervenuta in copia unica nel ms. Magliabechiano XXV 260 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze2. Il testo, che continua la tradizione cronachistica derivata dal Chronicon pontificum et imperatorum di Martino Polono e dai Gesta Florentinorum3, racconta gli avvenimenti dal 1080 (discesa in Italia di Enrico IV4) al 1305 (entrata in carica del nuovo podestà Tegnacca de' Pallavicini) in particolar modo toscani e specialmente fiorentini5. Si tratta di una compilazione da più fonti (assimilabile a quella di Giovanni Villani)6, a cui P. aggiunge particolari e dettagli individuali. Dopo un breve proemio, nel quale viene presentato l'argomento, segue una narrazione ad annum modulata dall'entrata in carica delle nuove magistrature fiorentine (consoli, podestà con ufficio annuale e dal 1294 semestrale). La narrazione, scarna per gli anni più remoti, acquista via via ampiezza e respiro, arricchendosi di dettagli man mano che ci si avvicina nel tempo e arriva a coprire gli anni di cui l'autore è stato testimone (basti pensare, ad esempio, che i fatti dal 1280 in poi occupano circa la metà dell'intero testo). Lo stesso P. 7 ci informa infatti (133.14-20) che fu testimone dell'ingresso a Firenze di Carlo d'Angiò nel 1284 (in realtà nel 1283), e che in precedenza aveva assistito alla condanna dei figli di Farinata degli Uberti («perciò che li vidi» 119.8), da lui annotata sotto il 1268 e ridiscussa sotto il 12708 (v. infra). La stesura delle Croniche iniziò verosimilmente intorno al 1302, come sembra indicare P. quando, in uno dei primi anni annotati (1118), parlando di un pezzo di terra comprato dai Fiorentini a Pisa per impiccarvi un uomo, afferma: «e quel pezzo de la terra […] non si lavora infino a 1 Allo stesso autore è attribuita anche una Storia di Merlino pubblicata da Sanesi (1898) e recentemente da Cursietti (1997). Fu Sanesi ad associare il nostro cronista al «Paulino Pieri» nominato nella Storia, e l'ipotesi è stata sostanzialmente accettata dagli studiosi successivi. Cfr. Coluccia, ed. cit., pp. XV e XVI. 2 Manni affermava di aver emendato una lezione «qualmente ha un'altra copia». In realtà il luogo in questione non necessita di correzione, e l'ipotesi di un altro testimone non pare avere fondamento. 3 Già Hartwig (Quellen und Forschungen, II, p. 247) si servì del testo per la ricostruzione dei Gesta Florentinorum, con risultati poco apprezzabili almeno per lo studio di P., presupponendo ad es. che egli avesse come fonte una cronaca che terminava al l308, e di conseguenza dovesse aver proseguito il suo lavoro fino a quell'anno. 4 Ma in realtà Enrico giunse in Italia più tardi, v. note storiche (♦ 2.1-3). 5 Non mancano eventi di carattere extratoscano, ma tuttavia legati alla politica fiorentina, come ad esempio i Vespri Siciliani, l'aggressione di Bonifacio VIII ad Anagni ecc. 6 Cfr. G. Villani, I I 26-28 «[...] mi travaglierò di ritrarre e ritrovare di più antichi libri, e croniche e autori, le geste e' fatti de' Fiorentini compilando in questo». Già Monod aveva rilevato l'analogia tra le due cronache, smentendo l'ipotesi di una derivazione del testo di P. da quello di Villani. Cfr. «Revue critique d'histoire et de littérature» 1872/1, pp. 89-91. 7 Già Coluccia (ed. cit., p. XI) ha individuato nel frequente uso della prima persona e nel gusto per il dettaglio, talvolta minuto, segnali di un'effettiva partecipazione di P. agli eventi narrati. 8 È plausibile che P. fosse molto giovane nel 1270 «e abbastanza grande [nel 1283] per assistere all'ingresso di Carlo d'Angiò» (Monod, «Revue critique d'histoire et de littérature» 1872/1, cit., p. 89). Il Nostro sarebbe stato perciò quasi coetaneo di Dante e di Giovanni Villani. 1 presente iorno, ciò fu a dì IIII di luglio anni CCCII più di mille, allora ch’io la vidi soda» (8.36-38). Poco o nulla sappiamo sull'autore. Ad oggi l'unico documento che sembri riguardarlo è quello pubblicato dal Manni, che identifica il Nostro col «Paolinus Pieri» nominato in un atto notarile del 12 nov. 1324, appartenente al popolo di San Piero Maggiore9 e appaltatore della gabella di trecconi, treccole e pagliaiuoli10. Se così fosse, P. sarebbe stato in vita vent'anni dopo l'interruzione della sua opera, ammesso che non ne avesse proseguito la stesura in una parte non pervenutaci11. Tornando al testo, che esso sia una compilazione, almeno per i fatti più lontani, è evidente, ma andrà tuttavia notata la cura posta da P. nei confronti delle sue fonti, e in special modo qualora recassero notizie contrastanti. In due luoghi (63.3-5; 94.11-12) il Nostro dichiara di seguire una fonte ritenuta la più affidabile, in un altro (119.6-9) di essere incerto sulla effettiva datazione della condanna a morte dei figli di Farinata degli Uberti (se al 1268 o al 1270)12. Il contributo “originale” di P. risalta in particolare le volte in cui sia fonte unica o ci informi nel dettaglio di fatti altrove ignoti. A questi sarà indirizzato molto dell'interesse dei moderni, a partire dal Davidsohn13, che rilevando la scarsa valorizzazione delle C. le giudicava invece imprescindibili almeno per gli avvenimenti fiorentini. Le C. furono pubblicate per la prima volta da Anton Filippo Adami nel 1755, con una notevole (per i tempi) fedeltà alla lezione del ms.; e quindici anni dopo da Manni, la cui edizione risulta sostanzialmente descripta dalla precedente14. Recentemente Coluccia (2013) ha pubblicato il testo in edizione diplomatico-interpretativa, corredandolo di un'ampia descrizione linguistica15. Dal punto di vista politico, Coluccia descrive P. come ostile al popolo, agli Ordinamenti di Giustizia (definiti 16 «“di Tristizia”» 145.5) e a Giano , e favorevole ai Neri. Tutto sommato pare più equilibrato il giudizio formulato dal Davidsohn di un P. «né guelfo né ghibellino, ma senza partito e perciò il tipico prudente borghese medio fiorentino17», e ancora di un P. «[…] non seguace dei Grandi»18. 9 Monod («Revue critique d'histoire et de littérature» 1872/1, p. 89) trovava riscontro a ciò nella presenza nel testo delle C. di alcuni episodi lì circoscritti (cfr. 148.16-17, 154.10-19, 162.29-32, 166.10-14). 10 Cfr. Manni, ed. cit., p. IV; la segnatura attuale in Coluccia, ed. cit., p. XXIX. 11 Non possiamo escludere con certezza, date la condizioni del codice, che manchino delle carte (v. qui descrizione del ms.) 12 Resta ovviamente aperta la questione su quali fossero le fonti a dispozione di P., e soprattutto da dove abbia attinto le liste coi nomi dei magistrati fiorentini, essenziali per la sua scansione temporale. 13 Cfr. Storia di Firenze, IV, p. 412. 14 La prova della derivazione del testo di Manni da quello di Adami è in Coluccia, ed. cit., p. XXX , n. 18. 15 In ragione della quale non si è ritenuto utile ripeterla in questa sede. 16 Cfr. Coluccia, ed. cit., p. XII. 17 I frequenti ragguagli sul costo del grano (29.3, 66.6, 87.7, ecc.) potrebbero valere come conferma dell'appartenenza di P. al ceto mercantile. 18 Storia di Firenze, cit., III, pp. 282 e 642. 2 È indubbio che alla massa delle informazioni contenute nelle C. occorra applicare un adeguato filtro critico, necessario a distinguere le notizie esatte dalle incomplete o inesatte, ma appare tanto più l'importanza del Nostro nei casi in cui sia stato ritenuto fonte più precisa di altri cronisti suoi contemporanei, quali ad esempio Giovanni Villani o Dino Compagni19. Ciò non toglie che il testo contenga alcuni luoghi oscuri o dubbi, in parte per la sintassi libera di P., in parte per le cospicue ellissi che rendono alcune notizie difficilmente comprensibili senza il confronto con gli altri testi coevi20. Le C. hanno goduto nel tempo di scarsa fortuna, e perlopiù sono state utilizzate come testo di confronto (v. nota 3) o citate per discuterne le fonti. In realtà rimane il Davidsohn lo studioso che meglio ha saputo valorizzare la testimonianza di P., fino ad allora messa in ombra da quella del suo contemporaneo più illustre Giovanni Villani. Si imporrà dunque la necessità di uno studio più approfondito di una fonte a lungo negletta, tuttavia essenziale per capire i rapidi mutamenti