Il Dibattito Intellettuale E Politico in Albania Tra Le Due Guerre Mondiali

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Il Dibattito Intellettuale E Politico in Albania Tra Le Due Guerre Mondiali Università Ca' Foscari Venezia Dottorato di ricerca in Storia sociale europea dal Medioevo all'età contemporanea Ciclo: XXIV Anno di discussione: 2013 Il dibattito intellettuale e politico in Albania tra le due guerre mondiali Mehdi Frashëri tra "i vecchi" e "i giovani" Settore scientifico disciplinare di afferenza: M-STO/04 Tesi di Dottorato di Redi Halimi, matricola 955643 Coordinatore del Dottorato Tutore del Dottorando Prof. Mario Infelise Prof. Alberto Masoero 1 2 Indice Introduzione p. 5 Tavola delle abbreviazioni 21 Capitolo 1 Mehdi Frashëri e l'Albania 1870-1939 23 1.1 La fine dell'impero 23 1.2 Riforme, conflitti, rivoluzioni 30 1.3 Evoluzione economica e trasformazioni sociali 32 1.4 Dall'indipendenza alla fine della Grande Guerra 38 1.5 La lotta per il potere e la dittatura di Zog 44 Capitolo 2 Stampa, società e correnti culturali 51 2.1 La stampa albanese tra le due guerre mondiali 54 2.2 Un quotidiano filo-italiano a Tirana? 60 2.3 La stampa e le appartenenze sociali 71 2.4 Correnti culturali e politiche 75 2.5 Circolazioni di uomini e di idee 85 Capitolo 3 La questione economica: Banca d'Albania e riforma agraria 91 3.1 Il rapporto Calmés 94 3.2 La Banca Nazionale 100 3.2 La riforma agraria 104 3.3 Il ruolo di Mehdi Frashëri 114 3.4 Il dibattito sulla riforma agraria 119 3.5 Il pensiero di Frashëri sulle cause dell'arretratezza 125 3 Capitolo 4 Religione e Istruzione: riforme, resistenze e discussioni 131 4.1 Le comunità religiose tra le due guerre mondiali 134 4.1.1 I musulmani 135 4.1.2 Gli ortodossi 137 4.1.3 I cattolici 140 4.2 Le riforme del sistema scolastico 142 4.3 Le polemiche intorno ai nuovi codici 146 4.3.1 La reazione del Clero 148 4.3.2 Il pensiero di Mehdi Frashëri sulla religione e la polemica sull'islam 155 4.3.3 L'appoggio degli intellettuali ai nuovi codici 161 4.4 La riforma Ivanaj 165 4.4.1 Il contenzioso con Roma 167 4.4.2 La reazione del clero cattolico 171 4.5 Il dibattito intellettuale sull'istruzione 176 4.6 Grindje me klerin (Lite col clero) 189 4.7 Conclusioni 204 Capitolo 5 Il governo Frashëri: la lotta tra "vecchi" e "giovani" 207 5.1 I ministri 210 5.2 Il contesto internazionale e la politica estera del governo 213 5.3 La stampa e il governo 220 5.4 La politica interna 232 5.5 Vecchi e giovani 243 5.5.1 L'orientalismo degli intellettuali 245 5.5.2 Orientale oppure occidentale 249 5.6 Conclusioni 254 Conclusioni 257 Illustrazioni 265 Bibliografia 307 Abstract 353 4 Introduzione Questa tesi intende fornire un quadro del dibattito intellettuale e politico in Albania, negli anni tra le due guerre mondiali. Si tratta di un periodo molto interessante per la storia del paese che è rimasto a lungo poco conosciuto e che tuttora necessita di studi approfonditi. Il mio lavoro indaga alcuni aspetti della produzione intellettuale, soffermandosi su quattro questioni in particolare: il problema economico, la riforma dell'istruzione, la riflessione sulla religione e il dibattito politico. Ho cercato di analizzare alcune polemiche tra diversi attori sociali intorno ai temi sopra menzionati per apportare un nuovo contributo alla conoscenza del pensiero intellettuale albanese del periodo interbellico. Presentazione del tema e motivazioni del ricercatore Nella mia tesi di laurea specialistica mi ero occupato degli inizi del nazionalismo albanese dalla seconda metà dell’Ottocento fino all’anno dell’indipendenza. Per essere più precisi, mi ero concentrato sugli anni 1878-1912 che rappresentano per la storiografia albanese il glorioso periodo della Rilindja (Risorgimento). Studiando la stampa e le pubblicazioni dell'epoca, l'intento era quello di capire quanto la coscienza nazionale fosse diffusa nella popolazione. Pensavo, un po' ingenuamente, che nel 1912 la consapevolezza nazionale degli albanesi fosse abbastanza sviluppata. In realtà, 5 mi sono reso conto che nell’anno dell’indipendenza, la situazione era ben diversa da come l’avevo immaginata. Il problema non è isolato e la questione ha precedenti importanti. Molti stati sono arrivati all’indipendenza politica senza aver raggiunto una specifica identità nazionale. Basti pensare al classico discorso del “fatta l’Italia, bisogna fare gli Italiani”. Alcuni scritti degli anni Trenta ponevano il problema negli stessi termini: fatta l’Albania, dobbiamo fare gli albanesi.1 Si tratta, per la verità, di un problema mal posto che sottovaluta il ruolo essenziale giocato dallo stato. È lo stato che, diffondendo le sue norme nell'insieme della società, inculca negli individui ciò che Norbert Elias ha chiamato "habitus nazionale".2 Solo le grandi agenzie statali come la scuola, l’esercito e l’amministrazione, sono in grado di costruire e diffondere questo habitus che possiamo anche tradurre come consapevolezza nazionale. Per cui non aveva molto senso cercare di vedere quanto fosse diffuso l'habitus nazionale là dove uno stato non l'aveva mai creato. L'Albania indipendente nacque nel 1912. Tuttavia, a causa dei diversi conflitti che si susseguirono nella penisola balcanica, uno stato nazionale cominciò a esistere solamente negli anni Venti. L'intervallo cronologico 1920-1939 rappresenta quindi il primo esperimento di un governo nazionale albanese di una certa continuità. L’idea iniziale del progetto era quella di studiare il processo di nation-building albanese attraverso l’analisi dei movimenti culturali e le opere degli intellettuali: una storia culturale degli anni 1920-1939 integrata con un’indagine sociale dei protagonisti. Si trattava, però, di un progetto troppo ambizioso per le mie possibilità. Ho deciso allora di scegliere un personaggio in particolare per tentare di spiegare in concreto, attraverso il suo esempio, 1 FISHTA, A jemi shqyptarë a por do të bahemi? (Siamo albanesi o lo diventeremo?), "Hylli i Dritës", 12 (1930), pp. 650-657. In un articolo del 1936, Branko Merxhani utilizzava la stessa formula: Shqipëria u bë. Po shqiptarët? (L'Albania si è fatta. Ma gli albanesi?). Cfr. MERXHANI, Vepra (Opere), Tiranë, Plejad, 2003, p. 407. 2 ELIAS, Il processo di civilizzazione, Bologna, il Mulino, 1988. 6 come lavoravano le élite intellettuali. La scelta mi è stata facilitata da alcuni fattori di rilievo. Occorreva trovare un intellettuale che avesse scritto molto e la cui voce avesse avuto un certo peso. Sarebbe stato utile se fosse stato anche un politico perché in tal caso avrei potuto tentare di capire se il dibattito culturale avesse delle influenze sulla gestione politica. Ancora meglio se si fosse trattato di una personalità poco studiata. Messe insieme tutte queste ragioni, la scelta è caduta su Mehdi Frashëri (1872-1963). Mehdi Frashëri Mehdi Frashëri, che si può trovare citato anche come Mehdi Bey Frashëri, è stato un personaggio importante per la storia dell’Albania. Nato nel villaggio di Frashër, in una benestante famiglia bektashi, il 28 febbraio 1872, egli completò la propria formazione a Istanbul, diplomandosi nella grande scuola per amministratori, la famosa Mekteb-i Mülkiye. Iniziò la sua carriera come funzionario dell'Impero Ottomano, ma tornò in Albania nel 1913. Nel nuovo stato albanese Mehdi Frashëri ricoprì molti incarichi di prestigio: deputato del parlamento, rappresentante dell’Albania presso la Società delle Nazioni, capo di diverse commissioni che redassero i nuovi codici albanesi (penale, civile e commerciale). Nel 1935, Frashëri venne nominato capo del governo. L'evento fu salutato da molti come una svolta nella politica albanese dato che egli era riconosciuto come persona capace e di vedute democratiche. Il suo governo, definito solitamente come "liberale" oppure "gabinetto dei giovani", rimase in carica per poco più di un anno. Nel 1939, Frashëri fu uno dei pochi a tentare di animare una resistenza all’invasione italiana. Per questo motivo fu considerato un antifascista pericoloso. Arrestato dalle autorità italiane, venne costretto al confino in Italia fino al 1943. Dopo l’armistizio dell’8 settembre, in Albania, le truppe tedesche subentrarono a quelle italiane. Mehdi Frashëri fu 7 riportato in Albania e nominato nell’Alto Consiglio di Reggenza insieme a Lef Nosi, Anton Harapi e Fuat Dibra. Nel novembre del 1944, alla vigilia dell’entrata dei comunisti a Tirana, si trasferì con la famiglia in Italia. Abitò a Roma, in piazza Regina Margherita, fino al 1963, anno della sua morte. Oltre alla lunga e prestigiosa carriera politica, Mehdi Frashëri si distinse anche per le numerose pubblicazioni scritte in turco, albanese e francese. La sua produzione è molto varia e riguarda diverse discipline: storia, sociologia, politica, diritto, economia, finanza e letteratura. Su di lui però non esistono monografie o biografie. La mancanza di studi su Frashëri, in epoca comunista, è facilmente comprensibile. Etichettato da Enver Hoxha come “quisling, strumento cieco nelle mani dei nazisti”,3 il suo nome cadde presto in oblio e i suoi scritti furono dimenticati. Dopo la caduta del regime la situazione è cambiata. Sono stati ripubblicati due suoi lavori: Storia antica dell'Albania e degli Albanesi e Problemi albanesi.4 Inoltre, nel 2005, la casa editrice Omsca ha pubblicato le sue memorie che coprono gli anni 1913-1933.5 Questi tre libri, tuttavia, rappresentano solo una piccola parte della produzione scritta di Mehdi Frashëri. La mancanza, nella storiografia albanese, di uno studio accurato sulla sua vita è una lacuna che andrebbe colmata. Il mio progetto, tuttavia, non è quello di scrivere una biografia. Sono partito dagli scritti di Frashëri per cercare di illustrare alcune caratteristiche della discussione intellettuale albanese tra le due guerre mondiali. Per analizzare da vicino il dibattito politico ho scelto il periodo del gabinetto Frashëri (ottobre 1935 - novembre 1936) come punto centrale. In quel momento, la lotta tra il partito dei "vecchi" e quello dei "giovani" raggiunse il suo culmine.
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