Paolo Valera Alla Conquista Del Pane
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Paolo Valera Alla conquista del pane www.liberliber.it Questo e-book è stato realizzato anche grazie al sostegno di: E-text Editoria, Web design, Multimedia http://www.e-text.it/ QUESTO E-BOOK: TITOLO: Alla conquista del pane AUTORE: Valera, Paolo TRADUTTORE: CURATORE: NOTE: Il testo è tratto da una copia in formato immagine presente sul sito Biblioteca Nazionale Braidense (http://www.braidense.it/dire.html) DIRITTI D'AUTORE: no LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet: http://www.liberliber.it/biblioteca/licenze/ TRATTO DA: "Alla conquista del pane", di Paolo Valera; collezione Biblioteca battagliera; Giuseppe Cozzi Editore; Milano, 1882 CODICE ISBN: informazione non disponibile 1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 16 ottobre 2005 INDICE DI AFFIDABILITA': 0: affidabilità bassa 1: affidabilità media 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima ALLA EDIZIONE ELETTRONICA HANNO CONTRIBUITO: Paolo Alberti, [email protected] REVISIONE: Claudio Paganelli, [email protected] PUBBLICATO DA: Claudio Paganelli, [email protected] Alberto Barberi, [email protected] Informazioni sul "progetto Manuzio" Il "progetto Manuzio" è una iniziativa dell'associazione culturale Liber Liber. Aperto a chiunque voglia collaborare, si pone come scopo la pubblicazione e la diffusione gratuita di opere letterarie in formato elettronico. Ulteriori infor- mazioni sono disponibili sul sito Internet: http://www.liberliber.it/ Aiuta anche tu il "progetto Manuzio" Se questo "libro elettronico" è stato di tuo gradimento, o se condividi le fina- lità del "progetto Manuzio", invia una donazione a Liber Liber. Il tuo sostegno ci aiuterà a far crescere ulteriormente la nostra biblioteca. Qui le istruzioni: http://www.liberliber.it/sostieni/ 2 ALLA CONQUISTA DEL PANE di PAOLO VALERA Nous disons tout, nour ne falsons plus un choix, nous n'idéalisons pas: et c'est pourquoi on nous accuse de nous plaire dans l'ordure. ZOLA MILANO GIUSEPPE COZZI, Editore Via S. Paolo 7 1882 Alla conquista del pane Paolo Valera BIBLIOTECA BATTAGLIERA 4 Alla conquista del pane Paolo Valera Alla conquista del pane seguiranno altri due volumi Battaglie — In mezzo alla Borghe- sia . Il Primo sarà un urto eterno contro uomini e cose: il secondo un'insaccatura di putredine dorata. Nell'uno e nell'altro, vedrete l'eroe di questa storia vera, in una stamberga stracca di vita, so- lo, colle sue lagrime, i suoi bocconi di pane e la a audacia, avventarsi sulla popolaglia inguantata, per fare della società incanaglita che non l'ha voluto un cimitero. 5 Alla conquista del pane Paolo Valera La prefazione è l'anticamera degli imbrattacarta per bene. Io la salto e vi introduco senza manco salutarvi. PAOLO VALERA. 6 Alla conquista del pane Paolo Valera CARA SIGNORA, Le belle, deliziose serate che passammo! Io entrava nel vostro salotto solferino-pallido, le guancie imporporate di timidezza, il cuore commosso, sfiorando i ricchi tappeti per sorprendervi il pensiero che mi chiamava alla sfuriata dei baci. Voi, spruzzata da un bagliore crepuscolare, inchi- nata sulla tastiera, le pupille lampeggianti nella dolcezza lattea, sprigionavate un sospiro che era tutta una promessa e, colle bianche manuccie che affoltavate nel mucchio dei miei capelli selvaggi, mi soffocavate la bocca sulla bocca. Quale sorgente inesauribile misteriosa di voluttà. Voi sugge- vate perdendovi e io vi rimanevo perduto. Vi ricordate signora? Mi chiamavate, premendomi al se- no che ansava, il vostro fanciullo e tremavate di non trovare l'amante. Le belle deliziose serate che passammo! Io mi risospingo a quel tempo felice, come il vecchio crivellato dagli anni e dalle battaglie che si compiace spaginare il libro vissuto. Vi dispiace, mia bella signora? Non vi mettete paurosa la mano gentile dove io nascondevo folleggiando i trasporti. Sono troppo gentiluomo per passare col piede sulle reliquie di una passione che scaldammo insieme. Mia cara, come ci amavamo, come ci adoravamo allora! Io coll'entusiasmo dei vent'anni, voi coll'anima trionfante e assetata dei ven- totto. Io cercando nelle vostre braccia morbide l'obblio dell'obblio patito, voi il poeta e l'atleta che vi facesse trasognare nei poderosi abbracciamenti. Guardiamoci indietro, Bianca. Un cumulo di cenere fredda. Frughiamola colle stesse molle. Nessun sussulto. Addio ebbrezze credute eterne. Noi non viviamo più del vostro foco. Ve lo sareste immaginato, mia superba Signora, quando ci sorri- deva la fede, quando l'uno viveva dell'altra? Eppure tutto è stato sciupato. Una notte, vi rammenta- te? Il fogliame del vostro giardino bisbigliava agitato dalla vivezza dell'aria che civettava nei vostri riccioli scomposti sulla fronte. Io, coi gomiti sui cuscini di seta, smarrito dietro un corteggio di nu- bi che si sbocconcellava pel cielo, aspiravo una delle vostre cigarelle profumate. Pensavo a voi, pensavo al fascino dei vostri occhioni bagnati di piacere, a quell'ora piena d'ansia in cui mi gettai ai vostri piedi implorando il perdono di amarvi. Che ragazzo! mi diceste con una voce che traduce- va la vostra emozione. Credetti di impazzire. Vi presi la mano, ve la copersi di baci e li lagrime e vi dissi parole incomprensibili. Erano degli anni, sapete, ch'io non provavo tanta tenerezza. ma che degl'anni? Era la prima volta che balbettavo l'amore. Perchè non mi avete lasciato alle mie evoca- zioni, perchè mi avete strappato alle fantasticherie con una frase brutale, una frase scellerata, una frase che ancora non mi so divellere dalla mente? — Dunque è vero! — mi ingiuriaste con una inflessione satanicamente beffarda. — Voi non siete che un miserabile, un ladro che si è introdotto carpone nel seno di una donna indegna di voi. Vi scaccio! Mi serrai la gola colle dita convulse. Voi, indietreggiando, piantata sulla vestaglia festeggiata dai nastri colorati alla bottoniera, minacciosa come la vendetta, mi additaste la vetrata e ricami. Quale coltellata nel cuore! Nol nego. Il mio pensiero fu di avventarmisi e contendervi l'amore che schiantavate crudelmente con un ge- sto. Ma voi, la bella faccia coperta di collera, mi agghiacciaste il sangue coll'imperiosità delle dita che fremevano colle vostre labbra. Quanto male mi avete fatto, Bianca, quanto! Ma non vi rimprovero, sapete. Oh no! Avrei paura di macchiare la pagina intessuta col sangue migliore delle vostre vene. Sì, è vero, ho mentito. Vi aveva dato un nome qualunque per nascondervi il mio bruttato di miseria. Ma credete voi che non l'abbia fatto per conservarmi il posticino sulla vostra spalla di ne- ve? Dite; se vi avessi detto: «Bianca, colui che carezzavate, che regalavate di baci e di confidenze e di estasi non è che un Giorgio — un pitocco che basiva ieri sul lastricato, mendicando la pietà di un crostino di pane.» Francamente, non vi sareste drizzata sui fianchi che tante volte cinsi, per in- segnarmi la via che chiude il romanzo? Non mi date la risposta. Riaprireste la cicatrice e mi fareste lacerare questi fogliolini inzuppati d'inchiostro — per farvi sapere quello che non ho avuto il co- 7 Alla conquista del pane Paolo Valera raggio di narrarvi sul guanciale, ove tante volte gustai secovoi la frenesia degli amplessi inenarra- bili. Leggete, mia buona Bianca. Sono tutti pezzi di carne lasciati e raccolti sui dirupi ove io ca- devo estenuato. Facendone un volume, non ho pensato che a riabilitarmi in faccia a voi, prima ed unica che mi insegnaste la grandezza dell'amore e a vendicarmi di una società grassa che mi ha condannato alle durezze della vita, quando io mi attendeva da lei i conforti dovuti alla gioventù. GIORGIO 8 Alla conquista del pane Paolo Valera ADORATA MAMMA. Pazienza e vedrai che Iddio è con noi. Il signor Gerolamo è troppo compreso della mia posi- zione per mentire. Egli ha giurato davanti a Marta, sua moglie, che il mio impiego è cosa sicura. Sai, lui è uomo influente e conosce un mucchio di personaggi quali lo riveriscono con degli inchini e gli fanno delle scappellate. Ieri, mentre passavamo la via San Giuseppe, l'ho udito buttare dall'al- tra parte del marciapiede un «ciavo, cavaliere» a un signore tutto richiuso in un abito nero a petto risvoltato. E quegli agitò la mano inguantata e sparò un sorrisetto graziosissimo. Dev'essere, mam- ma, una grande consolazione il sentirsi amato dai propri concittadini. Sta dunque tranquilla. Non è che questione di giorni. Forse neanche. Poichè per una predilezione speciale verso il signor Gero- lamo, mi si accetterà «in via affatto provvisoria.» In seguito — appena si aprirà il concorso — farò gli esami o naturalmente, andrò a «soldo.» Dove, in qual ramo? È anche per noi un mistero. Quello che so di certo, è che diventerò impiegato «d'ordine.» Mi pare di vederti, sulla tua seggiola, la calza in mano, mandare un grande sospiro. Sì, il tuo sogno, il sogno che hai accarezzato lungamente, stu- diosamente, sta per diventare una realtà vera. Io sarò impiegato. Potrai dire: mio figlio è impiegato del governo! Forbisciti la bocca. La nuova in paese farà chiasso. E lo speziale? Quel gianfrullone che s'ostinava a credermi un poco di buono? Creperà dalla bile. Lui già non è che un pessimista. Un repubblicanone che, sparla degli uomini, delle istituzioni, dei sistemi, ti ricordi? Ma perchè allora continua a fare l'ufficiale di posta governativo? Chiacchere. Mamma, sei contenta? E io? Ah, io non vivo che per i tuoi desideri. Avrei amato una posizione libera, indipendente, per rifare me stesso, per conquistarmi il posto sociale a furia di lavoro e di studio. Ma tu, mamma, hai soffiato troppo sui miei ideali perchè insista. Quando si è costretti a pensare al pane, il resto diventa un'ubbia. A dirte- la, l'ignoto alla mia età non mi sarebbe spiaciuto. Vivere di desiderî, di urti, di febbri.... Ma sì, sa- remmo stati disgiunti per sempre. Invece, appena avrò la mesata sicura, tu lascierai la casuccia e verrai qui, ad abitare col tuo povero Giorgio che ti vuol tanto bene.