uomini, tecnica, vittorie

AISA - Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile in collaborazione con CPAE - Club Piacentino Automotoveicoli d’Epoca

MONOGRAFIA AISA 108 I Lancia uomini, tecnica, vittorie

AISA - Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile in collaborazione con CPAE - Club Piacentino Automotoveicoli d’Epoca Politecnico di Milano – Sede di Piacenza, 9 maggio 2014

2 Prefazione Lorenzo Boscarelli

3 Il “gene” dell’innovazione Michele Monno

6 Dall’Alfa all’Aprilia, il contributo personale di Lorenzo Morello

10 Progettare per la Vittoria Sergio Limone

14 Francesco De Virgilio, nostro padre Luigi e Giovanni De Virgilio

MONOGRAFIA AISA 108

1 Prefazione Lorenzo Boscarelli

’amore che il marchio Lancia ha saputo ispirare senza problemi i progettisti della si rifecero al mi- L in tanti appassionati credo che nasca innanzitutto glior cambio sul mercato, e tale fu considerato quello dalla genialità di Vincenzo Lancia. Nato nel 1881, fin dell’Aprilia. da giovanissimo si interessò di meccanica e dopo es- Con la morte di Vincenzo Lancia, nel 1937, molte sere stato uno dei migliori piloti della sua epoca (corse cose cambiarono. Nel dopoguerra l’azienda fu pre- per la Fiat), nel 1906 fondò un’azienda automobilisti- sa in mano da suo figlio Gianni, che la guidò fino al ca dandole il proprio nome. 1955, dandole un’impostazione diversa. Volle entrare Le sue auto avevano un posizionamento di mercato nel mondo delle Gran Turismo, puntando sull’eccel- peculiare: erano molto ben costruite, di gamma supe- lente motore 6 cilindri a V progettato dall’ingegner riore, ma non propriamente di lusso in senso stretto. Francesco De Virgilio. Questa loro caratteristica, insieme alla genialità della I risultati furono lusinghieri: un’Aurelia B20 guidata loro progettazione, ha fatto sì che la sua azienda sia da Bracco ottenne il secondo posto assoluto alla Mille sopravvissuta, a differenza di tante altre travolte dalla Miglia del 1951 e fu anche prima di categoria nelle 24 crisi degli anni Trenta, come l’Isotta Fraschini. Anche Ore di Le Mans, sopravanzando delle . Era una nel periodo bellico, tra il 1915 e il 1918, Lancia si di- macchina di serie, perché nel 1951 si correva così, e, mostrò accorto: la sua azienda contribuì largamente dettaglio non di poco conto, fu anche la vettura scel- alle forniture militari, senza però troppo allontanarsi ta da molti piloti di Formula Uno (per esempio, Juan da ciò che sapeva fare meglio, ossia i motori, e infatti Manuel Fangio) come automobile personale. si specializzò nei motori aeronautici. Questi successi resero più ambizioso: Nei primi anni Venti presentò una vettura indimen- decise di entrare anche nelle corse per vetture Sport, ticabile, la Lambda, profondamente innovativa sotto con le D20, D23, D24, D25, e nella Formula Uno, molti aspetti, seguita da altri modelli meno innovativi, con la D50, macchine molto ben progettate, da una come la Dilambda (non a carrozzeria portante): il che squadra di tecnici coordinati da . dimostra quanto fosse capace di adattare il prodotto I successi furono importanti e numerosi: tra i più bril- alle circostanze, con un forte senso del mercato e della lanti nel 1953 vi fu la vittoria di Fangio alla Carrera domanda. Non riteneva invece opportuno schierare Panamericana, una corsa durissima che attraversava proprie automobili in competizioni; le partecipazioni tutto il Messico, e nel 1954 il trionfo di di vetture Lambda ad alcune edizioni della Mille Mi- alla Mille Miglia. glia non furono ufficiali, ma ad opera di piloti privati. La D50 partecipò alla sua prima gara in Portogallo, ad La situazione mutò con l’Aprilia. Pur non essendovi Oporto, alla fine della stagione 1954, ma non ottenne nel suo progetto alcuna intenzione di farne una mac- un risultato significativo. china da corsa, era così ben progettata e così efficiente All’inizio della successiva stagione, Ascari si impose al da avere un grande successo sportivo, sempre nelle Gran Premio del Valentino, a Torino, e al Gran Pre- mani di privati. Lo stesso Lancia la considerò “una mio di Napoli.. Durante la gara del successivo Gran macchina magnifica”: così la definì durante uno dei Premio di Monaco, il 22 maggio, però, si verificò un test finali da Torino a Bologna. episodio molto insolito e premonitore. La Mercedes D’altronde, come affermò il professor Doniselli (do- di Stirling Moss, che era in testa, con Ascari sulla cente di Costruzioni automobilistiche al Politecnico di in seconda posizione, all’80esimo giro si Milano) in un incontro Aisa di alcuni anni fa, quando ritirò, lasciando via libera alla macchina italiana. Dal la Fiat progettò il cambio della Nuova 500, presentata box non fecero però in tempo a segnalare la nuova nel 1957, si ispirò alle soluzioni tecniche del cambio classifica: Ascari arrivò alla chicane con un freno bloc- dell’Aprilia. La 500 non aveva sincronizzatori e per cato e non riuscì ad evitare un disastroso capitombo- consentire a qualsiasi guidatore di cambiare marcia lo in mare. Rapidamente ripescato da sommozzatori, Ascari parve uscirne illeso e qualche giorno dopo si recò all’Autodromo di Monza dove Eugenio Castel- lotti stava provando una Ferrari Sport. Qui avvenne Lorenzo Boscarelli, presidente AISA e studioso di storia dell’automobile. l’inspiegabile. Ascari, che passava per essere persona

2 estremamente superstiziosa e rituale, che mai avrebbe Poco tempo dopo Gianni Lancia concluse la vicenda indossato un casco altrui, chiese a Castellotti di impre- vendendo l’azienda a Carlo Pesenti e donando tutte le stargli il suo e di fargli provare la macchina. Senza una automobili di Formula Uno alla Ferrari. ragione evidente, alla curva dopo il vialone (quella che La storia Lancia proseguì; Pesenti affidò la Direzio- da allora è intitolata a lui), uscì di pista e perse la vita. ne Tecnica al professor Antonio Fessia, progettista di Fu uno shock tremendo per la Lancia perché, pur in tre Lancia famose, la Flaminia, la Flavia e la Fulvia. un gruppo di bravi piloti come e Furono vetture per diversi aspetti innovative, ma non Gigi Villoresi, Ascari era di gran lunga un campione ebbero un successo tale da consentire alla Lancia di fuori dall’ordinario. continuare la propria vicenda industriale. L’ultima gara della Scuderia Lancia in Formula Uno La Lancia fu ceduta alla Fiat nel 1969, una data che fu il Gran Premio di Spa. Durante le prove, a serba- segnò uno spartiacque. Dagli anni Settanta ai No- toi vuoti (da ricordare l’originale configurazione del- vanta la Lancia, grazie alla Stratos, alla 037, alla Delta la monoposto, con i due serbatoi laterali esterni alla Integrale ottenne numerosissimi successi nei rally, e scocca) Castellotti ottenne un tempo molto brillante, con le LC 1 ed LC 2 ottimi risultati nelle gare di ma durante la gara, a serbatoi pieni, la macchina ebbe durata, ma chi ama la Lancia ancora aspetta che il un comportamento molto diverso e non riuscì a ripe- marchio torni a riprendere il posto che gli spetta sul tere la prestazione. mercato mondiale.

3 Il “gene” dell’innovazione Michele Monno

ell’ultimo dopoguerra la motorizzazione sperimentazione nelle competizioni sportive. Ndi massa è accompagnata dal dualismo Basti pensare a ad una vettura, più recente ma Vespa-Lambretta; e non è da meno il mondo assolutamente straordinaria, come la Lancia dell’automobile dove, da tempo immemorabile, Stratos protagonista indiscussa nei rally degli “alfisti” e “lancisti” si contendono la suprema- anni ’70). zia sul piano della raffinatezza tecnica, dei ri- Ma Lancia è principalmente sinonimo di ele- sultati nelle competizioni sportive, dell’elegan- ganza italiana, ovvero di una forma che veste za delle forme. la sostanza. Tra tutti i modelli, valga il caso L’appuntamento primaverile con Cultura e dell’Aurelia che, nelle differenti versioni (c’era Motori nella sede piacentina del Politecnico la sobria berlina, ma chi non ricorda la spider, di Milano, giunto quest’anno alla dodicesima guidata da Gassman e Trintignant del film “Il edizione, racconta la storia del marchio Lancia, sorpasso”?), rappresenta l’esempio insuperabi- per lungo tempo emblema della tradizione mo- le di una armonia nelle forme che la pone al toristica italiana, ma che ancora oggi costitui- riparo dalle ingiurie del tempo. sce l’archetipo della cultura del Made in . E non è ancora abbastanza. Come già era suc- Se guardiamo alla storia, ormai più che cente- cesso per altri due storici modelli, l’Aprilia (ul- naria, di questa casa automobilistica, non pos- tima vettura alla cui progettazione aveva parte- siamo fare a meno di osservare come il fon- cipato il fondatore dell’azienda) e l’Ardea (a cui datore – Vincenzo Lancia – fosse dotato del aveva lavorato Vittorio Jano, mitico progettista “gene dell’innovazione” e quanto egli sia riu- dell’ passato alla Lancia alla fine scito ad infondere questa caratteristica nella degli anni ’30), l’Aurelia (erede dell’Aprilia nel sua azienda e nelle vetture prodotte. secondo dopoguerra) aveva una “sorella mino- La migliore definizione di innovazione rimane, re”: mi riferisco all’Appia, un modello alla por- a mio modo di vedere, quella attribuita a Tho- tata della classe media che amava distinguersi. mas Edison, l’inventore della lampadina: L’in- Circa il 50% più costosa di una Fiat 1100 (la novazione è per l’1% “ispirazione” e per il 99 berlina di maggior successo per quel periodo in % “sudorazione” ossia impegno, fatica, lavoro Italia), l’Appia aveva soluzioni tecniche raffina- necessario perché da una intuizione nasca qual- te (dall’architettura del motore, con largo im- cosa che possa diventare un nuovo prodotto. piego di alluminio, all’eleganza degli interni in Il marchio Lancia è un grande esempio in questa “panno Lancia”, alle famose portiere con aper- direzione. La sua storia, fatta di tecnica, capaci- tura ad armadio, già viste sulle Aprilia e sulle tà imprenditoriale, impegno nelle competizioni, Aurelia a quattro porte). Strizzava l’occhio e attenzione per lo stile è infatti un bell’esempio di faceva sognare la classe media negli anni del cosa il mondo si aspetta da un prodotto italiano. miracolo economico italiano, forse il decennio Portano il marchio Lancia innovazioni nella migliore del nostro rinascimento, dopo il Rina- tecnica dell’automobile quali la scocca por- scimento. tante, l’architettura motoristica con sei cilindri Ed in tempi a noi più vicini, la Lancia ha fatto disposti a V, le sospensioni indipendenti, l’im- scuola pure nel marketing e nella comunicazio- piego di leghe leggere e molto altro sono state ne. Uno per tutti lo slogan “Piace alla gente che applicate su vetture Lancia con grande anticipo piace”, tormentone della campagna pubblicita- rispetto alle automobili concorrenti. E questa ria per la Y10 degli anni ’90 (nata con il mar- capacità di innovare si è sempre avvalsa della chio Autobianchi e successivamente diventata Lancia), che ha anticipato di decenni l’evolu- zione cui assistiamo in questo ambito. Dalla antica regola del “fare bene e farlo sape- Prof. Michele Monno, Coordinatore del corso di studi in Ingegneria Mec- re” (remota reminiscenza di un corso di mar- canica, Dipartimento di Meccanica – Politecnico di Milano.. keting frequentato dal sottoscritto, nel secolo

4 scorso) all’attuale abbinamento tra vettura e marchio (del tipo “prendi un qualsiasi prodot- to nel mio catalogo, scegli un qualsiasi marchio di mia proprietà e passa in cassa a pagare”), mi sembra che il concetto della fidelizzazione del cliente abbia subito una autentica mutazione genetica. Il nostro Paese rappresenta meno dell’1% del- la popolazione del pianeta, eppure il restante 99% invidia qualcosa del nostro stile di vita, nel vestire o nel mangiare, o del nostro incredi- bile patrimonio artistico e monumentale. Do- vremmo far tesoro di questo patrimonio che, senza particolare merito, abbiamo ereditato, e non disperderlo o addirittura disconoscerlo, come proprio le recenti sorti del marchio Lan- cia sembrano indicare.

5 Dall’Alfa all’Aprilia il contributo personale di Vincenzo Lancia Lorenzo Morello

’illustrazione di tutte le innovazioni tecniche del- Prima vettura costruita dalla Lancia, l’Alfa non ha Lla Lancia darebbe luogo a una relazione troppo contenuti innovativi molto evidenti, tuttavia in ogni prolissa; per questo motivo mi limiterò a descrivere suo dettaglio tecnico è da ritenersi migliore delle vet- le innovazioni delle vetture personalmente ispirate ai ture corrispondenti della concorrenza. Lancia ha sem- concetti tecnici di Vincenzo Lancia, dalla prima auto- pre cercato di ridurre il peso al massimo e per questo mobile del marchio, l’Alfa, all’Aprilia, la cui produzio- le sue vetture ebbero ottime prestazioni anche con ne iniziò quasi contemporaneamente alla sua morte. potenze modeste. L’Alfa, pur essendo una vettura ab- Per indicare le vetture userò i nomi greci, anche se bastanza imponente, vicina ai quattro metri di passo, moltissime di esse comparvero sul mercato solo con aveva un autotelaio meccanizzato che pesava poco più la designazione della potenza fiscale. I nomi greci fu- di 700 chili. rono introdotti per la prima volta nel 1919 e applicati L’autotelaio dell’Alfa, che si vede illustrato in un di- retroattivamente su tutta la produzione. segno originale (descritto come 12 HP), era abba- Queste vetture furono impostate da Vincenzo Lancia stanza convenzionale pur possedendo alcuni dettagli ma, in realtà, progettate nel dettaglio da suoi colla- che lo rendevano diverso dalle vetture concorrenti: il boratori che per semplicità non vengono menziona- primo era dato dal fatto che motore e cambio erano ti; infatti, anche in quei tempi in cui l’azienda era or- saldamente imbullonati all’interno del telaio, sfruttati ganizzata in modo molto semplice, la progettazione per aumentarne la rigidezza nonostante l’esiguità del della vettura coinvolgeva decine di persone. Tuttavia, suo dimensionamento. La rigidezza era ritenuta giu- Lancia era presente con le proprie convinzioni e con stamente un parametro importante per il comporta- la propria autorità nelle fasi iniziali e conclusive del mento della vettura. Un secondo punto di diversità progetto e quindi sicuramente tutte queste vetture era dato dalla trasmissione cardanica; non furono mai hanno ricevuto la sua impronta personale. impiegate catene nelle vetture Lancia, ritenendole di Vincenzo Lancia era stato un grande pilota. Aveva ini- manutenzione troppo laboriosa; inoltre, il ponte era ziato la sua carriera come collaudatore alla Fiat e in sorretto da un elemento di reazione, che serviva a questa posizione sviluppò una grande sensibilità sul scaricare direttamente sul telaio la coppia motrice o funzionamento dell’automobile e sull’analisi dei guasti frenante, senza deformare le balestre, che per questo e degli inconvenienti. potevano essere molto flessibili. Il fatto più rilevante nelle innovazioni della Lancia è Per evidenziare le particolarità dell’Alfa, la si può che esse non furono studiate per rendere le vetture del confrontare con una vettura simile, la Fiat 24 Hp del marchio a tutti i costi diverse dalle altre, come magari 1907; il telaio pesava circa 200 chili di più di quello facevano altri, ma per renderle più semplici da usare; dell’Alfa e, analizzando le differenze, si notano gli at- con parole moderne, si potrebbe dire che l’innovazio- tacchi del motore e del cambio (arretrato rispetto al ne delle Lancia fu sempre ideata nell’ottica della sod- caso precedente) molto più esili, dunque con un con- disfazione del cliente. tributo strutturale più limitato nei confronti del telaio, Come già detto, in questo intervento si parlerà delle che per questo motivo dovette essere dotato di una vetture antecedenti all’Aprilia e, sempre per brevità, struttura più pesante. La trasmissione finale a catena verranno sottaciute l’Augusta, l’Artena, l’Astura e tut- comportava molti elementi aggiuntivi e pesanti rispet- te le vetture tra l’Alfa e la Theta, da ritenersi, a costo di to a quella a cardano. qualche semplificazione, delle rielaborazioni dell’Alfa. L’unico brevetto rilasciato per l’Alfa è alquanto in- teressante e merita un approfondimento soprattutto per chi non ha dimestichezza con le automobili d’epo- ca. L’elemento che si vede a fianco del motore è una Lorenzo Morello, laureato in Ingegneria Meccanica, ha collaborato con pompa di lubrificazione; essa eseguiva un compito il Centro Ricerche Fiat a numerosi progetti di innovazione riguardanti per noi oggi abbastanza noto, cioè aspirava l’olio dalla telai, carrozzerie e motori. In Fiat Auto è stato responsabile dell’Inge- coppa, lo mandava nei vari punti di utilizzazione, per gneria dei motopropulsori e, poi, dell’Ingegneria del veicolo. Ha insegnato Ingegneria dell’Autoveicolo al Politecnico di Torino e svolge studi di storia poi farlo ricadere nella coppa. Fino a quel momento della tecnologia dell’automobile. la gran parte delle automobili avevano lubrificazione a

6 perdere, ossia l’olio colava sui punti di utilizzazione e trascinava in rotazione il meccanismo della frizione, poi cadeva nella coppa per non sporcare la strada, ma tenendolo vincolato a velocità costante. Non aveva sostanzialmente non veniva più utilizzato. Nell’Alfa, bisogno di lubrificazione perché non esisteva in esso essendo la pompa comandata dal motore, il consumo alcun elemento sottoposto a strisciamenti ed era, ol- del lubrificante si interrompeva all’arresto del motore, tretutto, di tipo elastico. mentre in tutti gli altri sistemi a percolazione la lubrifi- Ultimo punto di diversità rispetto alla normale prassi cazione doveva essere interrotta chiudendo numerosi costruttiva era che l’albero a motore, per ridurre le rubinetti. In altre vetture non esisteva un dispositivo perdite di attrito, era montato sui cuscinetti a sfera e il simile, ma c’erano semplicemente dei rubinetti che ventilatore era mosso non con una cinghia trapezoi- collegavano il serbatoio dell’olio a numerosi punti di dale, allora scarsamente affidabile, ma con una turbina lubrificazione; chi guidava doveva regolare la velocità idraulica attivata dalla circolazione dell’acqua di raf- di caduta dell’olio dai vari rubinetti e, ovviamente, ri- freddamento. chiuderli quando la vettura si fermava. Passando alla Theta, si deve notare il grande successo Una vettura molto rivoluzionaria, anche se poco co- di quest’automobile di lusso costruita in quasi 1.700 nosciuta, è la Zeta. Essa uscì nel 1912 e fu accolta da esemplari. Si trattò della prima automobile in Europa un successo molto limitato: in quattro anni ne furono su cui fu installato un impianto elettrico completo, uti- costruite solo trentaquattro. Il motivo dell’insuccesso lizzato per l’illuminazione esterna e per l’avviamento non è noto con certezza; da quanto si legge, sembre- del motore. rebbe fosse soprattutto dovuto a motivi di mercato. Tuttavia, una certa diffidenza nei confronti dell’elet- In quegli anni la Lancia era diventata un riconosciuto tricità suggerì di conservare l’accensione a magnete ad costruttore di automobili di lusso e quindi la clientela alta tensione, in modo che, se anche la batteria fosse della marca era poco interessata a un modello eco- stata scarica, si poteva contare sul consueto avviamen- nomico. Ciò non di meno esistevano in essa alcuni to manuale. Un brevetto della Theta descrive il par- dettagli interessanti, tra cui un cambio con due prese ticolare interruttore a combinazione che permetteva, dirette. Sembra essere una contraddizione in termini, attraverso due leve azionabili dal posto di guida al cen- ma la Lancia escogitò un sistema per offrire un buon tro del volante, di variare l’anticipo di accensione e di rendimento meccanico della trasmissione su due mar- accendere e spegnere i vari utilizzatori dell’impianto ce, invece che solamente su una. elettrico. Il telaio di quest’automobile è particolare; la parte Altre vetture coeve avevano un impianto di illumi- strutturale è abbastanza simile alle precedenti ma il nazione ad acetilene, generato in un gasometro, nel cambio, anziché essere montato in prossimità del mo- quale veniva immerso nell’acqua del carburo di calcio; tore, è solidale al ponte. Il differenziale aveva due ri- aprendo i rubinetti si poteva prelevare acetilene per i duzioni finali diverse: una più piccola, corrispondente vari punti di utilizzazione che dovevano essere accesi al rapporto di terza, e una più grande, corrispondente singolarmente mediante fiammiferi. In questo caso le al rapporto di quarta; in questo modo il cambio aveva luci di posizione invece erano a petrolio. la possibilità di realizzare due collegamenti diretti con Altra innovazione presente sulla Theta era il freno di il differenziale. trasmissione di cui si è già riferito per la Zeta. Sulle vetture del momento erano presenti due diversi La Lancia pose particolare cura nel cercare di anti- freni; il primo, a pedale, agiva sulla trasmissione e ve- cipare i problemi che i freni all’epoca generavano di niva usato per i rallentamenti: in questo modo si po- continuo, per esempio per i frequenti grippaggi do- teva usare il differenziale anche per ripartire la forza vuti agli errori di forma delle parti a contatto. Se si frenante fra le ruote. Un secondo freno a leva, invece, legge il bellissimo diario di Luigi Barzini “La metà del agiva sui tamburi del freno posteriore ed era usato per mondo vista da un’automobile: da Pechino a Parigi in sessanta le frenate di emergenza e per tenere la vettura arresta- giorni”, si può constatare come fosse uno dei guasti ta. Con la trasmissione della Zeta non sarebbe stato più comuni e diffusi. Lancia riuscì a eliminare questo più possibile montare il freno sulla trasmissione e, per inconveniente alla radice, costruendo il tamburo non questo fatto, fu necessario applicare due diversi freni più con ganasce monolitiche ma articolate, in modo a tamburo sul ponte, uno collegato ai pedali, l’altro da adattarsi agli errori di forma del tamburo. collegato alla leva. Passiamo ai motori a V stretto, uno degli elementi tec- Questa complicazione fu accettata nella convinzione, nici più connotanti nelle vetture Lancia. Essi furono in parte giusta, che una vettura economica dovesse commercializzati per la prima volta nel 1922 sulla Tri- anche consumare poco e che l’avere due marce in pre- kappa (prima vettura a cui fu attribuito il nome greco sa diretta potesse influire positivamente sui consumi. fin dal lancio commerciale). Una vettura di gran lusso, Altro aspetto interessante di questa trasmissione è il a giudicare dagli illustri personaggi utilizzati come “te- giunto snodato; fu il primo giunto omocinetico mai stimonial” nella pubblicità. costruito ed era realizzato con un cestello di molle che Il motore a V stretto fu brevettato da Lancia già nel

7 1915 e risponde genialmente alla costruzione auto- che i cilindri sono disassati rispetto all’albero gomiti. mobilistica allora in voga. In quegli anni infatti l’unico Quest’accorgimento s’imponeva per rendere massima modo per aumentare la potenza dei motori era accre- la compattezza del motore in senso longitudinale, av- scere la cilindrata. Nacquero motori con 16, 24, 28 vicinando le canne dei cilindri nella loro parte bassa. litri di cilindrata, realizzati tuttavia con quattro cilindri; Ma con bielle lunghe come dovevano essere dimen- ovvio che, con pistoni così pesanti (150 mm di alesag- sionate a quei tempi, c’era il rischio d’interferenza gio e 200 mm di corsa erano usuali) fosse impensabile della biella con le canne, che dovevano essere tagliate poter superare mille giri al minuto come velocità mas- nella parte bassa centrale. sima. Parte, dunque, di quanto si guadagnava con la Un altro aspetto interessante di questo motore è che cilindrata veniva perso con la bassa velocità e quindi era dotato di valvole in testa: non era una primizia, ma motori anche di 26 litri erogavano poco più di 100 ca- a quei tempi era una soluzione rara e molto avanzata. valli. Sarebbe stato utile diminuire la cilindrata unitaria La Lambda fu un grande concentrato d’innovazioni. aumentando il numero dei cilindri, ma già un motore In modo non corretto viene usualmente presentata a sei cilindri aveva problemi di resistenza, poiché gli come la prima vettura a scocca portante e la prima alberi a gomiti che si potevano costruire con le dimen- con sospensione anteriore indipendente. In realtà una sioni di allora erano troppo flessibili. priorità per la scocca esisteva già nel 1911 e una nel La De Dion-Bouton provò a fare un motore a 8 cilin- 1886 per le sospensioni indipendenti. L’innovazio- dri a V; esso aveva il vantaggio di essere costruito con ne consistette nel fatto che questi due elementi, noti un albero corto quasi quanto quello per quattro cilin- ma inutilizzati, fossero integrati per la prima volta in dri, e abbastanza rigido per permettere di raggiunge- modo sapiente per ottenere un risultato diverso dalla re velocità per lo meno normali. La soluzione, però, norma. Confrontando, per esempio, una Lambda con non piacque a Lancia, per il motivo che l’ingombro una Fiat 505, ottima rappresentante dello stato dell’ar- del motore a V era ritenuto eccessivo per un cofano te del 1922, si nota la completa diversità nella dispo- di automobile e, peggio ancora, per uno di aereo, che sizione dei volumi, soprattutto per ciò che riguarda doveva sposarsi con fusoliere affusolate. l’altezza da terra. Il brevetto del motore a V stretto nacque per elimina- Quando nacque la Lambda si dovettero fare i conti re quest’inconveniente e dimostra che si può diminu- con le presse allora disponibili, per cui nacquero for- ire la larghezza del motore se i perni dei gomiti sono me molto più squadrate dell’usuale. leggermente sfasati in senso angolare; in questo modo Quando la Lambda uscì avrebbe potuto anche non si può diminuire l’angolo del V di quanto si desidera, piacere; invece piacque subito al pubblico per il suo purché la somma dell’angolo di sfasamento dei perni aspetto schiacciato a terra che dava l’immediata per- e quello di apertura del V sia tale da formare l’angolo cezione della stabilità e della velocità di cui, effettiva- di fase fra i vari cilindri. Il brevetto presenta il caso di mente, era capace. Lo stile Lambda fu riprodotto da un 8 cilindri con V di 60 gradi, anziché i canonici 90 molti concorrenti che però non potevano esibire la dell’angolo di fase; ma non è l’unica soluzione riven- stessa agilità di guida. L’agilità era esaltata dal basso dicata perché il concetto può essere applicato a qual- peso e da un impianto frenante sulle quattro ruote, sivoglia numero di cilindri. Inoltre, il brevetto riven- comandato in sincronismo; la vettura poteva affronta- dicava anche la possibilità, poi effettivamente attuata, re accelerazioni laterali notevoli, per cui in tutti i per- di costruire motori con cilindri in linea facendoli con corsi misti o di montagna, in salita o in discesa, era piccoli angoli fra i cilindri, in modo da diminuirne le prima rispetto a tutte le altre vetture della stessa classe. dimensioni d’ingombro. Le ossessioni tecniche di Vincenzo Lancia erano il Il primo esempio di motore a V stretto fu un 12 cilin- peso ridotto e la rigidezza torsionale elevata; per que- dri per l’aeronautica (Tipo B4). Il primo motore au- sto Lancia mise a punto un tipo di prova che fu utiliz- tomobilistico a V stretto aveva ancora 12 cilindri; fu zato in seguito anche dai concorrenti. La prova con- esposto al Salone di Parigi nel 1919 e apprezzato per sisteva nell’applicare al ponte posteriore un carico di la sua estrema compattezza. La prima applicazione in- rollio di 250 chilogrammetri, corrispondente a quello dustriale fu attuata però per la Trikappa nella primave- che si sarebbe avuto appoggiando una sola delle ruo- ra del 1922, con un motore a 8 cilindri a V stretto con te posteriori su un marciapiede. In queste condizioni angolo di circa 15 gradi, con cinque litri di cilindrata e Lancia pretendeva di avere una deformazione inferio- dimensioni decisamente compatte. re al grado di rotazione tra la sezione dell’assale poste- Nel disegno della sezione trasversale di questo moto- riore e della corrispondente dell’assale anteriore. Nelle re si nota un dettaglio particolare. Sono riportate due vetture successive alla Lambda questo valore diminuì linee di riferimento per il cilindro: la prima è la linea tanto da raggiungere nell’Aprilia un valore di 10 primi. d’asse del cilindro, l’altra è la linea secondo cui si alli- La scocca della Lambda aveva solo il difetto di non neano la manovella e la biella al punto morto superio- poter essere costruita con i mezzi della Lancia; lo re. Il fatto che queste linee non coincidano vuol dire stampaggio delle parti era eseguito dalle Officine Me-

8 tallurgiche Fiat, uniche a possedere le presse per pezzi cofano anche cambio e frizione, per poter procedere di queste dimensioni. Nel 1925 la Fiat sospese la for- alle operazioni di manutenzione relative in modo più nitura a causa delle necessità interne e la Lancia do- semplice e ottenere una pedana piatta, senza elementi vette reinventarsi un nuovo modo di costruire la - sporgenti. rozzeria: la lamiera era ritagliata manualmente con una L’Aprilia non aveva a sostegno un numero di brevet- roditrice. La fiancata così ottenuta era montata su una ti così elevato come la Lambda; tuttavia rappresentò forma concava e forzata a mano contro la sua forma; la sintesi della filosofia Lancia interpretata con mezzi poiché non c’era tempo per costruire stampi d’accia- produttivi molto più moderni. io, furono costruiti in cemento armato con rinforzi di Si tratta di una vettura dalla forma particolarmente ae- acciaio nelle zone critiche per eseguire le lavorazioni. rodinamica e, fatto più importante, dalla scocca por- Le fotografie che illustrano il processo non proven- tante in cui anche il tetto era chiamato a collaborare gono dall’archivio Lancia ma da una rivista americana, alla resistenza dell’insieme, come non fu possibile fare “American Machinist”. Non è un dettaglio di poco con- con la Lambda. Tutti i particolari che compongono la to, perché ci dà una idea di quanto fosse rinomata la scocca furono costruiti con lamiere stampate di grandi tecnologia Lancia. dimensioni, con un processo produttivo più razionale Esiste una serie di dodici articoli che documenta- e meno complesso. La era una vettura no l’intero processo di produzione della Lambda e di lusso con una cilindrata di quasi 1400 centimetri cu- dell’Omicron, l’autocarro che si produceva in paralle- bici, una ragguardevole cilindrata per l’Italia quando lo. La sospensione anteriore a ruote indipendenti non uscì, nel 1936: le prestazioni erano rimarchevoli grazie poteva essere brevettata ma i due brevetti comunque a un peso a vuoto inferiore a 800 chili. La modernità conseguiti dalla Lancia si riferiscono a dettagli abba- della sua struttura era illustrata del ridotto spessore stanza interessanti: il primo rivendica il fatto di creare delle lamiere della carrozzeria. Mentre sulla Lambda una struttura a traliccio in grado di guidare la ruota ammontavano in genere a un millimetro e mezzo, nel suo scuotimento in direzione parallela alla cassa; sull’Aprilia molti elementi avevano spessori inferiori nel secondo brevetto il sistema fu capovolto e furono al millimetro. La struttura era tuttavia molto rigida creati due punti di scorrimento abbastanza distanziati grazie all’introduzione generalizzata della saldatura a tra loro che permettevano di limitare l’attrito di scor- punti. Un elemento di ricercatezza, voluta da Lancia, rimento della sospensione. In questo brevetto fu pre- erano le cerniere delle portiere invisibili dall’esterno, sentata una serie di rivendicazioni molto importanti mascherate nello spessore della carrozzeria. riguardanti il fatto che la molla fosse inserita in un Facendo un passo indietro nel tempo, si ricorda che bagno d’olio che permetteva di lubrificare il gruppo uno dei punti deboli della Lambda era la scarsa possi- di scorrimento e di creare l’effetto smorzante desi- bilità d’intervento dei carrozzieri, a causa della scocca derato: il primo esempio di ammortizzatori idraulico portante. Nelle successive serie della Lambda la parte telescopico che possiamo vedere in una produzione portante della scocca fu ridotta, per consentire mag- automobilistica. giore libertà ai carrozzieri. Alla Lancia fu anche progettata una macchina che Con l’Augusta e, soprattutto, con l’Aprilia, si trovò permetteva di alesare contemporaneamente su uno una soluzione semplice a questo limite. Fu creato un stesso bancale le due sedi di scorrimento della sospen- telaio apposito per i carrozzieri a fianco della scocca sione per avere la certezza che la geometria fosse cor- portante prodotta dalla casa. Sul motore continuò retta; questo sistema di foratura contemporanea dei la tradizione del V stretto. Per contenere al massi- punti di montaggio della sospensione è qualcosa che mo la lunghezza della vettura, la dinamo fu montata si vide comparire nella produzione di serie solo negli attraverso un foro praticato nel radiatore di raffred- anni Ottanta del Novecento. damento. Per dare ai passeggeri un pavimento abba- Il motore a V stretto della Lambda era molto più cor- stanza ampio e soprattutto per avere una ripartizione to del cofano e ci si può chiedere perché avendo fatto dei pesi più propizia, il cambio fu spostato sull’assale un motore corto non si fosse accorciato convenien- posteriore con una sospensione a ruote indipenden- temente anche il cofano. Lancia desiderò sfruttare la ti con due bracci longitudinali, retti da una balestra ridotta lunghezza del motore per installare sotto il trasversale.

9 Progettare per la Vittoria Sergio Limone

ono stato assunto in nel 1972 a ventiquat- e di F1. Le successive vicende, tragiche e sfortuna- Stro anni, appena dopo la mia laurea in ingegneria te, sembrarono invece dar ragione alla prudenza del meccanica, ed ho iniziato a lavorare per il marchio capostipite, e nel 1955 ogni partecipazione sportiva Lancia dal 1980. ufficiale fu sospesa. In Lancia non vi era una tradizione di partecipazio- Così negli anni Sessanta vi fu un ritorno alle origini, ne alle competizioni, e questo per l’impostazione data con un’attività sportiva svolta da clienti privati, prima fin dall’inizio dal suo fondatore, Vincenzo Lancia, che con la Flavia, e il successivo prototipo derivato dalla nacque sì come pilota (fu un grande pilota della squa- Flavia Sport, per gare su strada come il Mugello o la dra Fiat) ma che si dimostrò subito consapevole di , primi esempi di vetture da competizione quanto le corse potessero dissanguare le aziende, con- a trazione anteriore di elevata potenza. In un secondo vogliando su di essere le migliori energie e una grande tempo con la Fulvia HF, a cui seguì la macchina da quantità di soldi. E che per questo motivo si oppose corsa concepita per vincere e voluta da : sempre ad una attività sportiva ufficiale. la Stratos! Fu un peccato, dal mio punto di vista, perché per L’arrivo di una macchina così competitiva innescò una esempio la Lambda, che esprime tutta la genialità di feroce rivalità con la Fiat, che per opporsi validamente Vincenzo Lancia, ha delle caratteristiche che la ren- alla Stratos realizzò prima la 124 spider Rally Abarth, dono una base eccellente per una macchina da corsa. quindi una versione rally della X1/9, dotandola di un I risultati sportivi lo dimostrarono ma furono risultati motore di 2000 cc di origine Lancia Montecarlo. raggiunti da clienti privati che ricorrevano a trasfor- Si trattava di una situazione paradossale, di cui la di- mazioni fatte al di fuori della casa madre. Dunque la rigenza Fiat Auto si rese conto presto, tanto da chie- Lancia non ignorava il fenomeno ma preferiva non dersi: “perché dare dei soldi a due squadre corse che gestirlo al proprio interno. Per fare un esempio, alla si battono fra di loro per far vincere una volta una vet- Mille Miglia del 1932 partecipò una Lambda su cui il tura fatta da Bertone e la volta successiva una vettura motore originale era stato sostituito dal motore della fatta ancora da Bertone? Impieghiamo il budget per Dilambda; in altri casi la vettura fu addirittura trasfor- pubblicizzare una vettura di grande serie”. mata in una monoposto per le gare in salita, sfruttan- Fu quindi presa la decisione di relegare la Stratos ai do la struttura portante molto leggera e rigida, il che campionati nazionali e di preparare una versione Ral- è riprova della validità delle soluzioni tecniche Lancia, ly della anonima 131, affidata ad Abarth, come pe- dal punto di vista sia della leggerezza sia della tenuta raltro stava facendo Ford con la Escort, per battersi di strada. nel campionato del mondo Rally, che la Fiat vinse nel Non da meno fu l’Aprilia, modello dal bilanciamento 1977, 1978 e 1980. eccezionale per quegli anni, con caratteristiche che an- E cosi arriviamo al 1980, quando entro io. La rior- cora oggi la rendono quasi imbattibile nelle gare per ganizzazione del settore sportivo di Fiat Auto stava vetture d’epoca. proseguendo con l’unificazione delle due squadre in La svolta arrivò nel secondo dopoguerra, quando le una sola unità operativa comprendente tutti gli uomi- tante vittorie di categoria della meravigliosa Aurelia ni di Abarth e di Lancia Corse, con ovvie e prevedibili convinsero Gianni Lancia, succeduto al padre nella difficoltà di rodaggio. conduzione dell’azienda, a partecipare alle gare sport I compiti però erano ben definiti: gli uomini Abarth si occupavano delle Lancia da rally, il gruppo storico della Lancia Corse capitanato da Tonti invece delle Lancia da pista. Una riprova del fatto che la Fiat cre- deva fermamente nel ruolo della Lancia, tanto da vo- Sergio Limone, laureato in Ingegneria Meccanica al Politecnico di lerne rinsaldare l’immagine di vettura sportiva su tutti Torino, entra in Abarth a 24 anni, nel 1972, diventa responsabile i campi di gara. Progettazione e Sperimentazione del Veicolo, nel 1980, e resta nell’a- zienda fino al 2005. È stato rappresentante della Commissione Co- A partire dal 1° gennaio 1982 la FIA aveva previsto struttori in seno alla Commissione Tecnica FIA. Autore di “Le Abarth una nuova impostazione dei regolamenti tecnici spor- dopo Carlo Abarth”, ha collaborato a molti libri sull’argomento. tivi, basata essenzialmente sui tre gruppi A, B e C.

10 Per Gruppo A si intendevano vetture da Turismo La SE037 ha avuto uno sviluppo iniziale molto trava- costruite in almeno 5.000 esemplari e la possibilità gliato. L’urgenza di produrre duecento esemplari per di trasformazione per la competizione; per Gruppo l’omologazione (ottenuta nell’aprile del 1982) ha ru- B, vetture da Gran Turismo costruite in almeno 200 bato tempo e risorse alla definizione della versione da esemplari; per Gruppo C vetture Sport. A questi si gara. Mi piace ricordare il ruolo di Giorgio Pianta, che aggiungerà poi il gruppo N, quello delle vetture stret- in questa macchina ha sempre creduto e si è sempre tamente di serie (5.000 esemplari). impegnato facendomi da spalla nello sviluppo senza Data questa variazione di regolamento, a partire dal mai scoraggiarsi. 1980 la preparazione delle nuove vetture da corsa per La prima vittoria assoluta arrivò soltanto nell’ottobre i campionati mondiali rally venne affidata alla Abarth. del 1982, in una gara regionale in Inghilterra. Il progetto, noto come SE037, fu definito nelle sue Con il 1983 la macchina fece un salto di competitività, linee essenziali all’inizio del 1980 e l’antivigilia di Na- vincendo il Rally di Montecarlo, e nel contempo an- tale il prototipo di questa vettura da rally girava già che i piloti iniziarono a provare gusto a guidarla e ad al Campo Volo con una carrozzeria provvisoria. Nel apprezzarla. Nel 1983 arrivò la vittoria del Campiona- frattempo ne stava studiando una linea to del Mondo Rally. elegante e funzionale. Ormai però tutto quello che era possibile trarre da La SE037 dal punto di vista strutturale è una vettura questo modello era stato tratto. La vettura a due ruo- estremamente semplice, risultato di tutte le esperienze te motrici ormai aveva fatto il suo tempo, per vince- positive e negative accumulate negli anni precedenti, re occorreva presentare una vettura a quattro ruote specie con la 131 Rally. motrici. Anche stavolta a realizzarla sarà l’Abarth, ma Per le sospensioni la scelta cadde sulla soluzione a pa- avrà un nome diverso – S4 – in modo da rallelogrammi, la migliore in assoluto per l’impiego in evocare una vettura di serie. gara. Il telaio era basato sulla cellula dell’abitacolo della Esteticamente non venne tanto bene: quando Ghidel- Lancia Montecarlo integrata da tralicci tubolari anterio- la la vide disse che assomigliava ad una suora, le suore ri e posteriori. Con innegabili vantaggi: per produrre vincenziane che portavano quei grandi copricapi con le duecento vetture richieste dal regolamento erano già i due risvolti verso l’alto. Una “somiglianza” dovuta al pronti, finiti e funzionanti, le porte, gli alzacristalli, il fatto che i tecnici avevano chiesto delle grandi prese cruscotto, gli arredi interni, tutti pezzi che fanno im- d’aria per raffreddare l’ collocato poste- pazzire quando le macchine da realizzare sono poche. riormente. Invece, per i tralicci, per le sospensioni e per il moto- Padre del progetto della Delta S4 fu Messori: io l’ho propulsore Abarth aveva ampia competenza per co- ereditata da lui, che ebbe il coraggio di fare una mac- struirli bene ed in fretta. china innovativa ma complicatissima. Per il motore, la scelta cadde su uno ben noto, deri- Partiamo dal telaio: se per la SE037 era basato sulla vato da quello della Fiat 131 Rally e successivamente cellula esistente della Lancia Montecarlo, nel caso del- sviluppato con l’applicazione della sovralimentazione la S4 era un telaio in traliccio di tubi rivestito in ma- con compressore volumetrico. teriale composito, in quegli anni semplice vetroresina. Il prototipo fu realizzato velocemente. Il primo tela- Il motore lo si voleva ancora con la prontezza di ri- io fu costruito materialmente da Dallara su disegno sposta caratteristica del compressore volumetrico, ma Abarth, perché aveva le maschere della Montecarlo senza i limiti di sovralimentazione riscontrati in prece- Gr.5, così è stato facile e rapido trasformarle e adat- denza, e fu perciò scelta la doppia sovralimentazione, tarle al nuovo modello. in modo da unire i vantaggi dei due tipi nonostante Da osservare la sospensione posteriore, dotata di due una complessità notevole di impianto. Il tutto in un ammortizzatori: dato il peso avevo pensato che due momento in cui l’elettronica di controllo non si sape- avrebbero lavorato meglio senza dare problemi. I cari- va cosa fosse: era ancora tutto comandato con degli chi verticali andavano direttamente dal portamozzo al attuatori pneumatici. telaio con una soluzione innovativa inventata dal mio Questo sistema fu realizzato e sviluppato su una 037 predecessore, il sig. Colucci. dedicata allo scopo ed è stata l’unico aspetto provato Le sospensioni erano completamente regolabili e gli in anticipo di questa nuova macchina. Per il resto ci attacchi sul telaio erano multipli. In quel momento, in- si è trovati a vivere tutti i problemi tipici di quando si fatti, le gomme che andavano per la maggiore erano le sperimentano insieme tanti pezzi nuovi, e il problema Pirelli, ma non si sapeva se ci sarebbe stato o meno uno di un organo ritarda lo sviluppo degli altri. sviluppo delle gomme non radiali. Per questo mi decisi Di conseguenza la macchina ebbe uno sviluppo lungo a dotare tutte le vetture di attacchi multipli, in modo e tormentato. I primi disegni sono del 1983 e l’omolo- da lasciare la porta aperta allo sviluppo successivo, per- gazione è arrivata a fine 1985, un lasso di tempo quasi mettendo in prospettiva innumerevoli regolazioni, an- doppio rispetto alla SE037! che di geometria, in funzione del tipo di pneumatico. L’avvio di stagione fu sfavillante: dopo l’esordio vit-

11 torioso al RAC nel novembre 1985, Toivonen portò una carrozzeria diversa, capace di ospitare i pneumati- la vettura alla vittoria anche nel Rally di Montecarlo ci della massima larghezza concessa dal regolamento. 1986, nonostante un incidente in trasferimento. Una delle nostre prime richieste fu il motore a 16 Ma l’epilogo fu inaspettato e cambiò radicalmente la valvole, che però ci fu concesso soltanto al termine situazione. L’incidente, verificatosi il 2 maggio 1986 della produzione dei cinquemila esemplari a otto val- durante il , nel quale perirono Henri vole (Lancia Delta Integrale). E siccome la macchina Toivonen ed il navigatore Sergio Cresto, causò la de- si dimostrò ancora vincente, si decise una ulteriore cisione della FIA di escludere dai rally le vetture di evoluzione, la quarta e ultima della serie, nota come Gruppo B. Avrebbero d’ora in poi potuto partecipare “Deltona”. Il motore fu quello della soltanto vetture del Gruppo A, con potenza limitata dotato di contralberi; particolarmente interessante la a soli 300 cavalli. sospensione posteriore con bracci paralleli, che ga- Il 1986 si chiuse amaramente, nonostante le vittorie rantisce un’ottima guidabilità, uno dei punti forti che nel Campionato Europeo ed Italiano. hanno permesso alla macchina una lunga carriera. Avevamo comunque pronta l’evoluzione della S4, La trasmissione, con una geometria diversa, è concet- qualcosa di eccezionale, la ECV1. La S4 era infatti tualmente quella della S4, con un differenziale riparti- stata impostata fin dall’inizio per permettere ottime tore centrale ed un giunto viscoso. evoluzioni, e così fu. La ECV ha il telaio in carbonio Tra l’altro il nostro ruolo, oltre che occuparci di pre- e motore a doppia sovralimentazione. E’, infatti, un parare le vetture per le varie corse, era anche di realiz- biturbo con un turbo a destra ed uno a sinistra, una zare piccole serie delle parti modificate da vendere ai soluzione a flusso incrociato utilizzata per prima dalla preparatori e alle scuderie. Vi erano dei veri e propri BMW per gare in salita. La stessa ECV1 avrà un ulte- cataloghi, tutto doveva essere disegnato, realizzato, riore sviluppo, la ECV2. provato ed infine messo su catalogo, un lavoro davve- L’obbligo di utilizzare nei rally le vetture del Gruppo ro impegnativo. D’altronde le Delta da competizione A ci impose di scegliere la Delta berlina, nata nel 1979, si vendevano in tutta Europa e non solo. e l’anno successivo eletta vettura dell’anno. Il passaggio dalle vetture di Gruppo B realizzate in Dimostrazione che questi sono anni in cui l’Ingegne- piccole serie di duecento esemplari commerciali e ria Lancia fa molte cose innovative, e gode di una cer- venti da corsa alle vetture del Gruppo A, a produzio- ta libertà in seno alla Direzione Tecnica Fiat. Fu infatti ni di 5.000 unità, modificò anche le prove su strada. realizzata nel 1981 una Delta Turbo 4x4 in due o tre Queste diventarono molto più frequenti ed intense, prototipi, fatti provare ai giornalisti con buon esito. anche per la maggiore disponibilità di vetture. Allora iniziavano ad apparire sul mercato vetture 4x4 Diventò consuetudine provare con due macchine, con e la Lancia ebbe il coraggio di iniziare con una serie di valutazioni comparative e in condizioni molto vicine mille vetture derivate da questi prototipi. nel tempo. Non c’era più la necessità di attendere la Ma con i nuovi regolamenti decisi dalla FIA, la Lan- trasformazione della vettura da una soluzione all’altra, cia decise di produrne cinquemila esemplari e non più e ci si organizzò via via con strumenti sempre più pro- mille: questa, implicitamente, fu una grande afferma- fessionali, attrezzandosi con furgoni laboratorio per il zione di fiducia nelle capacità del reparto corse. Se rilevamento dei dati. infatti non fossero arrivate le vittorie, le vetture sareb- Provavamo anche molto in galleria del vento, anche bero risultate invendibili! minimi dettagli come le posizioni dei fari supplemen- E le vittorie arrivarono, perché Abarth si tuffò lette- tari, e infinite soluzioni di raffreddamento, in galleria ralmente sul progetto, e partendo da una vettura di climatica, su uno speciale banco a rulli. produzione cominciò a sviluppare di gran carriera la Molto insistite le prove sui guadi, perché uno degli versione da corsa. obiettivi della Lancia era di vincere il Safari, e nono- Debutto vittorioso a Montecarlo 1987: la Delta diven- stante i tanti tentativi (con la Fulvia e la Stratos e, oltre ta il sesto modello vincente della Lancia in quella gara. alla Lancia, la Fiat con la 124 e la 131) erano arrivati Da quel momento sembrò iniziare un ciclo virtuoso soltanto piazzamenti ma non vittorie. perché la macchina vinceva, vincendo otteneva ottimi Per passare un guado occorre aver centrato tre obiet- risultati anche di vendite, e noi cominciammo ad esse- tivi: che l’impianto elettrico sia stagno, che il motore re ascoltati in tutte le nostre richieste pur di rafforzare non ingurgiti acqua, che la macchina rimanga guidabi- l’immagine del modello. le nell’acqua, affondando ma non galleggiando, altri- Le richieste non mancarono, perché la 4WD era stata menti sarebbe trasportata via dalla corrente. pensata per tutto tranne che per vincere le corse: dun- Ed ecco finalmente arrivare una vittoria Lancia nel Sa- que c’era bisogno di un motore più potente, con po- fari! La Delta lo vincerà tre volte, un grande successo tenze più elevate, e un intercooler più grande. Da 240 per l’auto e soprattutto per la squadra. i cavalli passarono a trecento, il limite imposto dalla In quegli anni si svilupparono anche i primi test speci- Federazione per la categoria. Ma chiedemmo anche fici sulla sicurezza, grazie alla collaborazione ottenuta

12 in maniera informale dai tecnici del Centro Sicurezza, ben disposti ad uscire dalla loro routine quotidiana di prove. Furono loro a suggerirci una prova comparati- va di roll-bar, un test che da tempo non si faceva più. Si trattava di una prova di caduta da un tetto per la quale occorrevano tre macchine da sacrificare. Si sperimentò anche il tamponamento posteriore, cosa inusuale per una vettura da competizione; noi lo ritenemmo utile in quanto se la macchina andava in testa coda poteva urtare un ostacolo, per esempio un albero, con possibili perdite di benzina dalle pompe. La consapevolezza di questo rischio ha fatto sì che da un certo anno in poi le pompe delle Delta fossero dentro il serbatoio stesso. Da una prova di lancio e ribaltamento su un piazzale, invece, capimmo la facilità con cui si potevano cre- are situazioni potenzialmente molto pericolose, per esempio la possibilità del copilota di uscire dal fine- strino con le braccia. Questo portò all’adozione di film antisfondamento ai cristalli delle porte anteriori. I risultati dell’attività sportiva della Delta sono noti: sei titoli consecutivi dal 1987 al 1992, con quattro mo- delli diversi, dalla 4WD alla Deltona. Dire che è stata una macchina eccezionale è ancora poco se si pensa che è stata usata ancora per anni da team privati, è servita come base per molte vetture da competizione, tanto da portare a casa la vittoria nella sua classe nel campionato delle gare in salite nel 2013, oltre due decenni dopo la presentazione!

13 Francesco De Virgilio, nostro padre Luigi e Giovanni De Virgilio

a storia di Francesco De Virgilio, nostro padre, è pratica il libro è un frutto postumo della bontà del Lstrettamente connessa a quella della Lancia non progetto Aurelia. soltanto perché vi lavorò tutta la vita, ma anche per- Francesco De Virgilio nacque a Reggio Calabria nel ché sposò una nipote di Vincenzo Lancia, Rita Lan- 1911, qualche anno dopo il terribile terremoto che cia. Rita, nostra madre, era figlia di Giovanni Lancia, aveva raso la città al suolo. Nel 1917 la famiglia di no- fratello di Vincenzo, colui che, da studioso di lingue stro padre riuscì a trasferirsi in una delle prime case antiche e di scienze moderne qual era, battezzò i mo- antisismiche, ma già negli anni Trenta il giovane Fran- delli della Casa con i nomi classici delle lettere greche cesco si trasferì a Torino per laurearsi in ingegneria (Lambda, Kappa), degli antichi siti del Lazio (Artena, automobilistica. All’epoca, aveva già avuto il suo pri- Astura) e delle vie consolari romane (Aurelia e Appia). mo incontro con la Lancia: in una via di Reggio aveva È stato proprio partendo dall’album di famiglia, con visto una Lambda parcheggiata e ne era rimasto affa- le foto dei nostri genitori, che cominciammo a pensa- scinato, tanto che, leggendo il nome Lancia sul mar- re ad un libro. Proponemmo questa idea ad un entu- chio, si chiese se fosse il nome del costruttore o della siasta americano della Marca, l’architetto di Chicago vettura, slanciata come una lancia. Geoffrey Goldberg. A laurea conseguita, svolse il servizio di leva sempre a Geoff venne apposta dagli USA a Torino per vedere Torino come allievo ufficiale nel corpo automobilisti. tutti i documenti dell’archivio tenuto da papà e, dopo Il servizio militare fu per certi versi importante: a quei pochi mesi, ci sottopose una prima bozza. In seguito tempi gli ingegneri erano merce rara. Capitò infatti riuscì anche a trovare una Fondazione americana in- che un commilitone, figlio di Giuseppe Acutis, Presi- teressata a finanziare il libro. Si trattava della Fonda- dente della Associazione Nazionale Fascista Industrie zione creata dalla famiglia Collier di cui i due fratelli dell’Automobile (ANFIA), gli dicesse che se voleva (Sam e Miles) negli anni Cinquanta parteciparono alla una lettera di presentazione per la Lancia, la Fiat o 24 Ore di Le Mans con una coupé Cadillac de Ville l’Alfa Romeo, suo padre gliela avrebbe fatta avere. di grossa cilindrata preparata da Briggs Cunningham. Francesco scelse la Lancia, forse per quel primo lon- Cunningham in persona, alla fine di Le Mans 1951, tano incontro, forse perché ne apprezzava già le capa- volle esaminare da vicino il motore dell’Aurelia che cità di innovazione tecnica e l’idea di andare a lavorare aveva vinto la sua classe (ottenendo anche un buon in un’azienda gestita da una famiglia. Fu assunto il 1° posto in classifica assoluta, 12° dietro auto di mag- Febbraio del 1939, in prova, con l’allora cospicuo sti- giore cilindrata). Vedendo che il motore era pulito, pendio di “mille lire al mese”. In quel periodo venne Cunningham chiese se fosse stato lavato dopo la cor- a sapere che la sospensione Lancia dell’Aprilia aveva sa: non si aspettava che dopo 24 ore di gara non si dei problemi, e propose a “Vigin” Gismondi, fidato fossero verificati trafilaggi d’olio! Cunningham chiese collaudatore di Vincenzo Lancia, di metterci mano. quindi a papà di vendergli la vettura e, non essendo Cominciò a studiare le variazioni di temperatura degli questo possibile, andò alla Lancia a Torino per acqui- ammortizzatori con la vettura in marcia e, grazie ad starne una nuova che si portò negli USA. Sicuramente altre prove, individuò il difetto e la soluzione. i fratelli Collier ebbero modo di vederla e apprezzarla. Il miglioramento delle sospensioni dell’Aprilia venne Ecco perché, dopo più di 60 anni da quei fatti, furo- subito apprezzato, particolarmente da Cino Miglietti, no proprio i Collier a sponsorizzare il libro proposto direttore della filiale di Torino e fratello di Adele Lan- da Goldberg e perché questo è stato pubblicato da cia, vedova di Vincenzo. Miglietti, constatato il suc- un editore americano ed è scritto in lingua inglese. In cesso delle modifiche proposte da De Virgilio, lo volle conoscere personalmente. Grazie a lui, Francesco fu invitato al compleanno per i diciassette anni di Gianni Lancia, figlio di Vincenzo e cugino di Rita Lancia. Fu Luigi e Giovanni De Virgilio, figli di Francesco, conservano l’archi- quella l’occasione “galeotta” che unì i destini dei no- vio del padre ed altri documenti relativi alla storia della Lancia ed stri genitori. intrattengono rapporti con numerose associazioni ed appassionati di Ma ritorniamo al febbraio 1939. Dopo un periodo questo marchio. presso il Reparto Esperienze (ESP), sotto la direzione

14 di Jano, passò all’Ufficio Calcoli Studi speciali e Bre- della Aprilia, ma la vettura aveva ormai fatto il suo vetti (CASB). Eravamo alla fine del 1942, periodo di tempo per cui si incominciò a progettare un modello intensi bombardamenti su Torino, particolarmente completamente nuovo. Ma ciò fece emergere alcune sulle zone industriali. La direzione decise di trasferire difficoltà. Innanzitutto il motore 538 era stato costru- tutti i tecnici a Padova e nel contempo di assicurarsi ito con un angolo del V di soli 39° per poterlo instal- copia di tutti i disegni, che vennero messi in luoghi si- lare nel vano motore dell’Aprilia. Allargando l’angolo curi nei dintorni di Torino. Papà trovò alloggio, insie- del V, l’equilibratura poteva migliorare o peggiorare e me agli altri impiegati, negli alberghi di Abano Terme: perciò Gianni Lancia, di comune accordo con Jano, da lì si spostava a Padova in tram. decise di chiedere una consulenza al professor Capetti Il lavoro in quel periodo non era molto, perché la pro- del Politecnico di Torino. duzione civile era praticamente ferma, e la fabbrica era Al termine di un’accurata analisi, Capetti rilevò una impegnata nelle forniture militari. Uno studio fatto in mancanza di equilibratura dell’albero motore allo stu- questo periodo riguardava la sospensione posteriore dio. Nostro padre, che non era stato informato del della vettura Aprilia che, essendo a bracci longitudi- coinvolgimento del professore, venne immediata- nali, aveva un forte coricamento in curva. Francesco mente convocato. Non appena vide i disegni di cui propose uno schema diverso: un sistema idraulico che si discuteva capì che la documentazione fornita al tendeva a contrastare l’eccessivo rollio della vettura. professore era sbagliata. In particolare le due bancate Molti anni dopo, nel 1956, Gianni Lancia in occasio- dei cilindri erano disposte in modo opposto a quello ne di un incontro gli disse: “Franco, hai visto che la che egli aveva disegnato. Capetti chiese di esaminare Citroën ha fatto un’auto con un dispositivo simile a la nuova documentazione e dopo qualche giorno il quello che avevamo studiato per l’Aprilia?” responso fu assolutamente positivo: la soluzione pro- In quei mesi era stato completato lo studio per un posta con il V a 60° era quella ideale. nuovo motore con 6 cilindri a V di 39°. Il direttore Da molti anni la Lancia produceva motori a 4 cilindri tecnico, ingegner Vaccarino, chiese a nostro padre, a V stretto definiti disassati, perché gli assi dei cilindri all’epoca responsabile per le richieste di brevetto, di si incontravano al di sotto dell’asse dell’albero motore. valutare se fosse il caso di procedere con la richiesta. Nostro padre ebbe l’idea di portare all’estremo que- Esaminando il nuovo albero motore si accorse però sta configurazione disegnando un motore a “cilindri che la configurazione proposta non era equilibrata ed paralleli” ovvero con angolo del V di 0°. Questa solu- il progetto fu abbandonato. zione aveva due vantaggi: rendeva possibile avvicinare Però rimase in lui la curiosità di capire se fosse possi- i cilindri al massimo senza problemi di interferenza bile realizzare un 6 cilindri a V equilibrato. Francesco e semplificava l’operazione di rialesatura perché le innanzitutto verificò che fino ad allora nessun motore canne sono parallele come in un motore in linea, una di questo tipo fosse stato prodotto. Quindi, analiz- caratteristica particolarmente apprezzata sui veico- zando più a fondo il problema, individuò 12 possibili li militari, i cui meccanici spesso non hanno grandi diverse configurazioni dell’albero motore che consen- competenze meccaniche. Con questo motore fu pro- tivano di avere gli scoppi nei diversi cilindri ad inter- gettato il carro militare CL51, fornito all’Esercito dal valli uguali di 120°. Esaminando nel dettaglio ciascuna 1951 fino agli anni Settanta. delle ipotesi, si accorse che già la prima garantiva una Un’ ulteriore evoluzione del motore a cilindri paral- equilibratura pressoché perfetta. Era il 5 agosto 1943. leli fu il motore “ad una sola biella”. In questo caso i Proseguendo nello studio, individuò un’altra configu- cilindri erano affiancati ed accoppiati a due a due per razione dell’albero che consentiva di avere gli stessi mezzo di bilancieri che azionavano l’unica biella. Il risultati. In entrambi i casi i calcoli indicavano che motore era estremamente compatto, soprattutto nel- l’angolo del V, che permetteva di ottenere la migliore la parte inferiore. Venne costruito un prototipo con equilibratura, era quello di 60°. l’intenzione di montarlo sulla futura Appia. Problemi Venne l’armistizio con gli Alleati e poi l’8 settembre di equilibratura non consentirono di completarne lo 1943. La Lancia fece rientrare tutti i suoi dipenden- sviluppo. ti a Torino. Anche se il problema del sei cilindri a V Nel 1950 fu presentata l’Aurelia B10 equipaggiata con era stato risolto, lo sviluppo di questo motore venne il motore 6V di 60°, che debuttò al Salone dell’Auto- sospeso e si privilegiò il progetto di un modello che mobile di Torino. L’Aurelia aveva una cilindrata limi- si chiamava A10, con motore ad 8 cilindri a V. In un tata in rapporto alle dimensioni della vettura e, nel- secondo tempo fu disegnato anche il 6 cilindri, con- la prima versione, il motore alimentato con benzina trassegnato dalla sigla 538 e, finita la guerra, ne furono normale aveva una potenza limitata. Pochi mesi dopo costruiti due esemplari: uno montato su una Aprilia venne introdotta la versione berlina 2 litri definita B21 che veniva utilizzata per le prove su strada e l’altro per ed all’inizio del 1951 questo motore fu montato sul- le prove al banco. Inizialmente l’intenzione di Gianni la nuova versione coupé prodotta da Pinin Farina: la Lancia e di Jano era di usarlo per una nuova versione B20. Vincenzo Lancia non aveva mai voluto che le sue

15 vetture partecipassero alle corse ed anche dopo la sua mentre era appena passato in testa alla gara. Pochi morte il divieto fu mantenuto. Con l’arrivo in azienda giorni dopo vi fu il fatale incidente del pilota a Monza del giovanissimo Gianni le cose cambiarono. Subito mentre provava una Ferrari. dopo la messa in commercio, alcuni piloti privati ini- La Lancia annunciò il ritirò dalle competizioni e qual- ziarono ad utilizzare l’Aurelia B10. che settimana dopo donò tutte le sue vetture di F1 alla Nel maggio del 1951 furono iscritte alla Mille Miglia Ferrari. La decisione fu unanimamente attribuita dalla (sempre da piloti privati, in assenza di una partecipa- stampa allo shock per la tragica fine di Alberto Ascari. zione ufficiale della Casa) quattro nuovissime B20. La Ma in realtà la Lancia aveva già un nuovo proprietario vettura guidata da Bracco si classificò seconda assolu- ed il nuovo Direttore tecnico era totalmente contrario ta dietro la Ferrari di Villoresi con cilindrata e poten- alle competizioni. L’incidente fu una comoda scusa za più che doppie. La stessa vettura fu iscritta subito per giustificare l’abbandono delle gare di F1: ilRe- dopo alla 24 Ore di Le Mans, dove si classificò al 12° parto Corse fu sciolto ed i progettisti tornarono ad posto assoluto, assistita da quattro meccanici e da no- occuparsi delle auto di serie. stro padre. Chi ne ebbe a soffrire più di tutti fu nostro padre, a cui I successi nelle competizioni accesero l’entusiasmo per un anno almeno non fu affidato alcun incarico. I e incoraggiarono la prosecuzione dello sviluppo dei rapporti tra lui e Fessia si rivelarono assai difficili, fino motori. Già nel 1951 furono introdotti numerosi mi- a sfociare, nella seconda metà del 1956, in un forte glioramenti per ottenere maggiore potenza. Una nuo- esaurimento che lo costrinse ad assentarsi dal lavoro va versione del motore 2 litri con una diversa dispo- per molti mesi. Fu in questo periodo di grande disagio sizione delle valvole fu allestita per l’anno successivo. che ricevette per la seconda volta da Ferrari la pro- Nel 1952 venne costruita anche una versione specia- posta di andare a lavorare per lui. Abbiamo ancora la le della B20 per le competizioni. L’esordio avvenne lettera in cui lo invita a recarsi a Maranello. Ma nostro al Giro di Sicilia con sei esemplari. Gino Valenzano padre non era disposto a trasferire la famiglia e decli- avrebbe vinto se non fosse stato costretto a fermarsi nò l’offerta. per un passaggio a livello chiuso. Quattro di queste Tornato al lavoro alla fine del 1956, ricevette da Fessia macchine presero quindi parte alla Mille Miglia e due l’incarico di occuparsi dei motori Diesel per gli au- alla 24 Ore di Le Mans, sempre ottenendo notevoli tocarri. Disegnò i motori per i modelli Esadelta ed risultati e sempre seguite sui campi di gara da nostro Esagamma e curò quella che fu forse la prima appli- padre. Alla fine della stagione tre vetture furono equi- cazione di un turbocompressore in Italia destinato ad paggiate di compressore volumetrico in vista della equipaggiare gli autobus urbani di Roma e Genova. partecipazione alla Carrera Messicana dove Umberto Nel 1969 la Lancia venne venduta alla Fiat e dopo Maglioli si classificò 4° assoluto. breve tempo la produzione dei veicoli industriali fu Per il 1953 Gianni Lancia decise di costruire le vetture sospesa. Nel momento in cui partì il programma della Sport, ma, con grande delusione di nostro padre, affi- Stratos, era l’inizio del 1971, nostro padre non aveva dò ad altri la progettazione dei motori da competizio- particolari incarichi e Pierugo Gobbato decise di affi- ne e lo incaricò invece di progettare un nuovo 6 cilin- dargli il coordinamento del progetto. Per alcuni mesi dri a V per il modello che avrebbe sostituito l’Aurelia. si occupò dei rapporti con le varie persone coinvolte Dopo essere stato escluso dalla progettazione delle e sviluppò il disegno delle sospensioni a quadrilateri vetture Sport, nell’estate del 1954, forse a causa dei deformabili. problemi nello sviluppo della D 50 di Formula 1, Dopo l’estate del 1971, lo sviluppo della Stratos era in Francesco De Virgilio venne nominato Capo dell’Uf- una fase di stallo per la difficoltà di trovare un motore ficio Tecnico Vetture da Competizione. adatto e quindi ebbe l’incarico di occuparsi del motore All’inizio del 1955 Alberto Ascari, al volante della per la vettura Beta. D 50 vinse il Gran Premio di Napoli e poi il Gran Nel giugno del 1975 terminò la sua carriera lavorativa. Premio del Valentino, a Torino. Ma in fabbrica la si- Continuò però a lavorare con il Reparto corse Lancia tuazione non era certo tranquilla. Il giorno dopo la e Gianni Tonti. Nel 1984 Tonti fu chiamato a dirigere vittoria al Valentino, Jano presentò le sue dimissioni il Reparto corse dell’Alfa Romeo e chiese a nostro pa- e fu sostituito, nella carica di Direttore Tecnico, da dre se fosse disposto ad aiutarlo a sviluppare il nuovo Antonio Fessia. Al successivo Gran Premio di Mon- motore quattro cilindri turbo per la Formula 1. Que- tecarlo Ascari con la D50 finì nelle acque del porto sto fu l’ultimo progetto di cui si occupò.

16 LE MONOGRAFIE AISA 92 L’Alfa Romeo di Ugo Gobbato 76 60 anni dal Circuito di Piacenza, (1933-1945) debutto della Ferrari 108 Lancia: uomini, tecnica, vittorie Conferenza Aisa in collaborazione con Tavola rotonda Aisa-CPAE Conferenza Aisa in collaborazione con CPAE Università Commerciale Bocconi Palazzo Farnese, Facoltà di Ingegneria di Piacenza (Politecnico di Milano, 2 aprile 2011 Piacenza, 16 giugno 2007 Milano), 9 maggio 2014 91 Giorgio Valentini progettista indipendente 75 Giuseppe Luraghi nella storia 107 Giotto Bizzarrini: l’ingegnere costruttore eclettico e innovativo dell’industria automobilistica italiana a cura di Lorenzo Boscarelli Settembre 2011 Tavola rotonda Aisa-Ise Università Bocconi gennaio 2015 Università Bocconi, Milano, 26 maggio 2007 90 Abarth: l’uomo e le sue auto 106 Aerospecials – Automobili con motori d’ae- Conferenza Aisa 74 La Pechino-Parigi degli altri reo prima e dopo Emilio Materassi in collaborazione con CPAE Antonio Amadelli Conferenza Aisa in collaborazione con Bibliote- Fiorenzuola d’Adda (PC), 9 maggio 2010 Palazzo Turati, Milano, 24 marzo 2007 ca Comunale, Pro Loco di San Piero a Sieve (FI) 73 Laverda, le moto, le corse e “Il Paese delle corse” 89 MV Agusta tre cilindri Tavola rotonda Auditorium di San Piero a Sieve, 28 marzo 2014 Conferenza Aisa Università di Vicenza, 3 marzo 2007 in collaborazione con GLSAA-MV 105 Passioni & Progetti Cascina Costa di Samarate (VA), 72 100 anni di Lancia Innovazione e tradizione nelle auto da corsa 22 maggio 2010 Tavola rotonda made in Italy Museo Nicolis, Villafranca, 25 novembre 2006 Conferenza Aisa in collaborazione con CPAE 88 Il Futurismo, la velocità e l’automobile Politecnico di Milano, 4 e 5 maggio 2013 Conferenza Aisa 71 1950-1965. in collaborazione con CMAE Lo stile italiano alla conquista dell’Europa 104 OM - gli uomini, le macchine, le corse Milano, 21 novembre 2009 Lorenzo Ramaciotti Presentazione del libro di Alessandro Silva Milano, 14 ottobre 2006 Museo Mille Miglia, Brescia, 19 ottobre 2013 87 Mercedes-Benz 300SL Tecnica corse storia 70 Fiat 124 Sport Spider, 103 Fermo Immagine Lorenzo Boscarelli, Andrea Curami, 40 anni tra attualità e storia Ercole Colombo fotografa la Formula 1 Aldo Zana Tavola Rotonda Conferenza Aisa, Milano, 30 novembre 2013 in collaborazione con CMAE Torino, 21 maggio 2006 Milano, 17 ottobre 2009 102 Best of British 69 L’evoluzione della tecnica motociclistica Storia e tecnica delle vetture inglesi da competizione 86 Pier Ugo e Ugo Gobbato, in 120 anni Conferenza Aisa in collaborazione con due vite per l’automobile Alessandro Colombo CPAE e Politecnico di Milano con il patrocinio del Comune Milano, 25 marzo 2006 Castell’Arquato (PC), 6 maggio 2012 di Volpago del Montello Milano, 14 marzo 2009 68 Dalle corse alla serie: 101 Velocità e bellezza l’esperienza Pirelli nelle competizioni La doppia sfida dei progettisti 85 Jean-Pierre Wimille Mario Mezzanotte Conferenza Aisa in collaborazione con il più grande prima del mondiale Milano, 25 febbraio 2006 MEF (Museo Casa ) Alessandro Silva e Fondazione Casa Natale Enzo Ferrari in collaborazione con Alfa Blue Team 67 Giulio Carcano, Modena, 16 marzo 2013 Milano, 24 gennaio 2009 il grande progettista della Moto Guzzi A. Colombo, A. Farneti, S. Milani 100 Bugatti in Italia 84 Strumento o sogno. Il messaggio Milano, 26 novembre 2005 Conferenza Aisa in collaborazione con pubblicitario dell’automobile (con la collaborazione del CMAE) Historic Club Schio e Bugatti Club Italia in Europa e Usa 1888-1970 Schio, 12 novembre 2011 Aldo Zana 66 Corse Grand Prix e Formule Libre 1945-1949 in collaborazione con CMAE Alessandro Silva 99 Gilles Villeneuve visto da vicino Milano, 29 novembre 2008 Torino, 22 ottobre 2005 Le testimonianze di chi l’ha conosciuto Modena, 19 maggio 2012 83 La Formula Junior cinquanta anni dopo 65 Ascari. Un mito italiano 1958-2008 Tavola rotonda 98 Vittorio Ghidella, il manager del rilancio Fiat Andrea Curami Milano, 28 maggio 2005 Museo Nazionale dell’Automobile di Torino Monza, 7 giugno 2008 Torino, 27 ottobre 2012 64 Itala, splendore e declino di una marca prestigiosa 82 Alle radici del mito. Giuseppe Merosi, Donatella Biffignandi 97 Modena e Motori: l’Alfa Romeo e il Portello Milano, 12 marzo 2005 gli anni Cinquanta visti da lontano Conferenza Aisa-CPAE Kees Stokkum, Graham Gauld Piacenza, 11 maggio 2008 63 Piloti italiani: gli anni del boom Rocca di Vignola, 4 giugno 2011 Tavola Rotonda 81 I primi veicoli in Italia 1882-1899 Autodromo di Monza, 96 Sessantacinque anni tra moto e auto Conferenza Aisa-Historic Club Schio 29 gennaio 2005 Sandro Colombo Vicenza, 29 marzo 2008 Milano, 31 marzo 2012 62 Autodelta, dieci anni di successi 80 Automobili made in Italy. Tavola rotonda 95 Ferrari. Mito, racconti, realtà Più di un secolo tra miti e rarità Arese, Museo Alfa Romeo, Sessant’anni dalla prima vittoria in Formula 1 Tavola rotonda 23 ottobre 2004 L. Boscarelli, F. Lombardi, V. Stradi Museo dell’Automobile Bonfanti-Vimar Fiorenzuola d’Adda (Piacenza), 8 maggio 2011 Romano d’Ezzelino, 1 marzo 2008 61 Carlo Felice Bianchi Anderloni: l’uomo e l’opera Tavola rotonda 94 Forme e creatività dell’automobile 79 Aisa 20 anni 1988-2008 Museo dell’Automobile Bonfanti-Vimar cento anni di carrozzeria 1911-2011 Riedizione della Monografia 1 Romano d’Ezzelino, 8 maggio 2004 A. Sannia, E. Spada, L. Fioravanti I progettisti della Fiat nei primi 40 anni: Museo Nazionale dell’Automobile di Torino da Faccioli a Fessia 60 I mille giorni di Bernd Rosemeyer Torino, 29 ottobre 2011 di Dante Giacosa Aldo Zana Milano, 15 marzo 2008 Milano, 20 marzo 2004 93 Materiali e metodologie per la storiografia dell’automobile 78 Vittorio Valletta e la Fiat 59 Moto e corse: gli anni Settanta Giornata in onore di Andrea Curami Tavola rotonda Aisa-Fiat Tavola rotonda ed Angelo Tito Anselmi Torino, 1 dicembre 2007 Milano, 29 novembre 2003 Conferenza Aisa Milano, 16 aprile 2011 77 Dalla Bianchi alla Bianchina Alessandro Colombo Milano, 16 settembre 2007

17 58 Le automobili che hanno fatto la storia della 39 Il futurismo e l’automobile 19 Battista Pininfarina 1893-1993 Fiat. Progressi della motorizzazione e socie- Convegno Tavola rotonda tà italiana. Milano, 16 maggio 1998 Torino, 29 ottobre 1993 Giorgio Valentini, Lorenzo Boscarelli Milano, 7 giugno 2003 38 I fratelli Maserati e la OSCA 18 Antonio Chiribiri, Tavola rotonda pioniere del motorismo italiano 57 Dalla carrozza all’automobile Genova, 22 febbraio 1998 Giovanni Chiribiri E. Aspetti, L. Boscarelli, S. Pronti Milano, 27 marzo 1993 Piacenza, 22 marzo 2003 37 Enzo Ferrari a cento anni dalla nascita Tavola rotonda 17 Gilera 4 - Tecnica e storia 56 Le moto pluricilindriche Milano, 18 aprile 1998 Sandro Colombo Stefano Milani Milano, 13 febbraio 1993 Milano, 30 novembre 2002 36 La Carrozzeria Pininfarina vista da... Tavola rotonda 16 tra storia e leggenda 55 Carrozzeria Bertone 1912 - 2002 Trieste, 14 settembre 1997 Tavola rotonda Tavola rotonda Milano, 17 ottobre 1992 Torino, 30 ottobre 2002 35 Passato e presente dell’auto elettrica 15 La vocazione automobilistica di Torino: 54 L’ingegner Piero Puricelli e le autostrade Tavola rotonda l’industria, il Salone, il Museo, il design Francesco Ogliari Milano, 26 maggio 1997 Alberto Bersani Milano, 18 maggio 2002 Milano, 21 settembre 1992 34 Gli archivi di disegni automobilistici 53 Come correvamo negli anni Cinquanta Tavola rotonda 14 Pubblicità auto sui quotidiani (1919-1940) Tavola rotonda Milano, 19 aprile 1997 Enrico Portalupi Milano, 12 gennaio 2002 Milano, 28 marzo 1992 33 D’Annunzio e l’automobile 52 L’evoluzione dell’auto fra tecnica e design Tavola rotonda 13 La nascita dell’Alfasud Sandro Colombo Milano, 22 marzo 1997 e Domenico Chirico Verona, 8 ottobre 2001 Milano, 13 giugno 1991 32 Lancia - evoluzione e tradizione 51 Quarant’anni di evoluzione Vittorio Fano 12 Tre vetture da competizione: delle monoposto di formula Milano, 30 novembre 1996 esperienze di un progettista indipendente Giampaolo Dallara Giorgio Valentini Milano, 8 maggio 2001 31 Gli aerei della Coppa Schneider Milano, 20 aprile 1991 Ermanno Bazzocchi 50 Carrozzeria Ghia - Design a tutto campo Milano, 26 ottobre 1996 11 Aspetti meno noti delle produzioni Tavola rotonda Alfa Romeo: i veicoli industriali Milano, 24 marzo 2001 30 I motori degli anni d’oro Ferrari Carlo F. Zampini Salazar Mauro Forghieri Milano, 24 novembre 1990 49 Moto e Piloti Italiani Milano, 24 settembre 1996 Campioni del Mondo 1950 10 Mezzo secolo di corse automobilistiche Alessandro Colombo 29 La Carrozzeria Touring vista da... nei ricordi di un pilota Milano, 2 dicembre 2000 Tavola rotonda Giovanni Lurani-Cernuschi Trieste, 15 settembre 1996 Milano, 20 giugno 1990 48 1950: le nuove proposte Alfa Romeo 1900, Fiat 1400, 28 75-esimo Anniversario 9 L’evoluzione del concetto di sicurezza Giorgio Valentini del 1° GranPremio d’Italia nella storia dell’automobile Milano, 8 ottobre 2000 Tavola rotonda Tavola rotonda Brescia, 5 settembre 1996 Torino, 28 aprile 1990 47 Come nasce un’automobile negli anni 2000 Tavola rotonda 27 Ricordo di Ugo Gobbato 1945-1995 8 Teoria e storia del desmodromico Ducati Torino, 23 settembre 2000 Duccio Bigazzi Fabio Taglioni Milano, 25 novembre 1995 Milano, 25 novembre 1989 46 Maserati 3500 GT una svolta aperta al mondo The Maserati 3500 GT (English text) 26 Intensamente 7 Archivi di storia dell’automobile Giulio Alfieri Nino Balestra Convegno Milano, 12 aprile 2000 Milano, 28 ottobre 1995 Milano, 27 ottobre 1989

45 25 Cesare Bossaglia: ricordi e testimonianze 6 La progettazione automobilistica Pierugo Gobbato a dieci anni dalla scomparsa prima e dopo l’avvento del computer Milano, 11 marzo 2000 Tavola rotonda Tavola rotonda Milano, 21 ottobre 1995 Milano, 10 giugno 1989 44 Il record assoluto di velocità su terra Gli anni d’oro: 1927-1939 24 Moto Guzzi e Gilera: 5 Il rapporto fra estetica e funzionalità Ugo Fadini due tecniche a confronto nella storia della carrozzeria italiana Milano, 21 ottobre 1999 Alessandro Colombo Tavola rotonda Museo dell’Automobile Bonfanti-Vimar Torino, 18 febbraio 1989 43 L’aerodinamica negli anni Venti e Trenta Romano d’Ezzelino, 7 giugno 1995 Teorie e sperimentazioni 4 Le moto Guzzi da corsa degli anni Franz Engler 23 Le Benelli bialbero (1931-1951) Cinquanta: da uno a otto cilindri Milano, 4 giugno 1999 Augusto Farneti Giulio Carcano Milano, 18 febbraio 1995 Milano, 5 novembre 1988 42 Adalberto Garelli e le sue rivoluzionarie due tempi 22 Tecniche e tecnologie innovative 3 Maserati Birdcage, una risposta ai bisogni Augusto Farneti nelle vetture Itala Giulio Alfieri Milano, 17 aprile 1999 Carlo Otto Brambilla Torino, 30 aprile 1988 Milano, 8 ottobre 1994 41 La Carrozzeria vista da... 2 Alfa Romeo: Tavola rotonda 21 I record italiani: la stagione di Abarth dalle trazioni anteriori di Satta alla 164 Trieste, 13 settembre 1998 Tavola rotonda Giuseppe Busso Museo dell’Automobile Bonfanti-Vimar Milano, 8 ottobre 1987 40 Tenni e Varzi Romano d’Ezzelino, 16 aprile 1994 nel cinquantenario della loro scomparsa 1 I progettisti della Fiat nei primi 40anni: Convegno 20 Lancia Aurelia da Faccioli a Fessia Milano, 7 ottobre 1998 Francesco De Virgilio Dante Giacosa Milano, 26 marzo 1994 Torino, 9 luglio 1987

18 AISA Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile

AISA è l’associazione culturale che dal 1988 promuove stu- di e ricerche sulla storia e sulla cultura dell’automobile, della moto e di altri mezzi di trasporto. I suoi soci sono persone, enti, associazioni o società che condividono questo interes- se per passione o ragioni professionali. L’obiettivo fondante dell’AISA è la salvaguardia di un pa- trimonio di irripetibili esperienze vissute e di documenti di grande interesse storico. Nella sua attività, l’Associazione ha coinvolto protagonisti di primo piano e testimoni privilegiati del mondo dell’auto e della moto: sono state organizzate conferenze e tavole rotonde, il cui contenuto è registrato nelle Monografie di- stribuite ai soci. La qualità e quantità delle informazioni e dei documenti delle Monografie ne fanno un riferimento di grande valore.

Per diventare soci è sufficiente compilare l’apposita richie- sta sul sito dell’Associazione: www.aisastoryauto.it

© AISA • Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile (aprile 2015)

Si ringrazia per la collaborazione Donatella Biffignandi.

Pubblicazione a cura della Società Editrice Il Cammello, Torino

19 AISA • Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile C.so di Porta Vigentina, 32 - 20122 Milano - www.aisastoryauto.it