Lancia Uomini, Tecnica, Vittorie
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Lancia uomini, tecnica, vittorie AISA - Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile in collaborazione con CPAE - Club Piacentino Automotoveicoli d’Epoca MONOGRAFIA AISA 108 I Lancia uomini, tecnica, vittorie AISA - Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile in collaborazione con CPAE - Club Piacentino Automotoveicoli d’Epoca Politecnico di Milano – Sede di Piacenza, 9 maggio 2014 2 Prefazione Lorenzo Boscarelli 3 Il “gene” dell’innovazione Michele Monno 6 Dall’Alfa all’Aprilia, il contributo personale di Vincenzo Lancia Lorenzo Morello 10 Progettare per la Vittoria Sergio Limone 14 Francesco De Virgilio, nostro padre Luigi e Giovanni De Virgilio MONOGRAFIA AISA 108 1 Prefazione Lorenzo Boscarelli ’amore che il marchio Lancia ha saputo ispirare senza problemi i progettisti della Fiat si rifecero al mi- L in tanti appassionati credo che nasca innanzitutto glior cambio sul mercato, e tale fu considerato quello dalla genialità di Vincenzo Lancia. Nato nel 1881, fin dell’Aprilia. da giovanissimo si interessò di meccanica e dopo es- Con la morte di Vincenzo Lancia, nel 1937, molte sere stato uno dei migliori piloti della sua epoca (corse cose cambiarono. Nel dopoguerra l’azienda fu pre- per la Fiat), nel 1906 fondò un’azienda automobilisti- sa in mano da suo figlio Gianni, che la guidò fino al ca dandole il proprio nome. 1955, dandole un’impostazione diversa. Volle entrare Le sue auto avevano un posizionamento di mercato nel mondo delle Gran Turismo, puntando sull’eccel- peculiare: erano molto ben costruite, di gamma supe- lente motore 6 cilindri a V progettato dall’ingegner riore, ma non propriamente di lusso in senso stretto. Francesco De Virgilio. Questa loro caratteristica, insieme alla genialità della I risultati furono lusinghieri: un’Aurelia B20 guidata loro progettazione, ha fatto sì che la sua azienda sia da Bracco ottenne il secondo posto assoluto alla Mille sopravvissuta, a differenza di tante altre travolte dalla Miglia del 1951 e fu anche prima di categoria nelle 24 crisi degli anni Trenta, come l’Isotta Fraschini. Anche Ore di Le Mans, sopravanzando delle Ferrari. Era una nel periodo bellico, tra il 1915 e il 1918, Lancia si di- macchina di serie, perché nel 1951 si correva così, e, mostrò accorto: la sua azienda contribuì largamente dettaglio non di poco conto, fu anche la vettura scel- alle forniture militari, senza però troppo allontanarsi ta da molti piloti di Formula Uno (per esempio, Juan da ciò che sapeva fare meglio, ossia i motori, e infatti Manuel Fangio) come automobile personale. si specializzò nei motori aeronautici. Questi successi resero Gianni Lancia più ambizioso: Nei primi anni Venti presentò una vettura indimen- decise di entrare anche nelle corse per vetture Sport, ticabile, la Lambda, profondamente innovativa sotto con le D20, D23, D24, D25, e nella Formula Uno, molti aspetti, seguita da altri modelli meno innovativi, con la D50, macchine molto ben progettate, da una come la Dilambda (non a carrozzeria portante): il che squadra di tecnici coordinati da Vittorio Jano. dimostra quanto fosse capace di adattare il prodotto I successi furono importanti e numerosi: tra i più bril- alle circostanze, con un forte senso del mercato e della lanti nel 1953 vi fu la vittoria di Fangio alla Carrera domanda. Non riteneva invece opportuno schierare Panamericana, una corsa durissima che attraversava proprie automobili in competizioni; le partecipazioni tutto il Messico, e nel 1954 il trionfo di Alberto Ascari di vetture Lambda ad alcune edizioni della Mille Mi- alla Mille Miglia. glia non furono ufficiali, ma ad opera di piloti privati. La D50 partecipò alla sua prima gara in Portogallo, ad La situazione mutò con l’Aprilia. Pur non essendovi Oporto, alla fine della stagione 1954, ma non ottenne nel suo progetto alcuna intenzione di farne una mac- un risultato significativo. china da corsa, era così ben progettata e così efficiente All’inizio della successiva stagione, Ascari si impose al da avere un grande successo sportivo, sempre nelle Gran Premio del Valentino, a Torino, e al Gran Pre- mani di privati. Lo stesso Lancia la considerò “una mio di Napoli.. Durante la gara del successivo Gran macchina magnifica”: così la definì durante uno dei Premio di Monaco, il 22 maggio, però, si verificò un test finali da Torino a Bologna. episodio molto insolito e premonitore. La Mercedes D’altronde, come affermò il professor Doniselli (do- di Stirling Moss, che era in testa, con Ascari sulla cente di Costruzioni automobilistiche al Politecnico di Lancia D50 in seconda posizione, all’80esimo giro si Milano) in un incontro Aisa di alcuni anni fa, quando ritirò, lasciando via libera alla macchina italiana. Dal la Fiat progettò il cambio della Nuova 500, presentata box non fecero però in tempo a segnalare la nuova nel 1957, si ispirò alle soluzioni tecniche del cambio classifica: Ascari arrivò alla chicane con un freno bloc- dell’Aprilia. La 500 non aveva sincronizzatori e per cato e non riuscì ad evitare un disastroso capitombo- consentire a qualsiasi guidatore di cambiare marcia lo in mare. Rapidamente ripescato da sommozzatori, Ascari parve uscirne illeso e qualche giorno dopo si recò all’Autodromo di Monza dove Eugenio Castel- lotti stava provando una Ferrari Sport. Qui avvenne Lorenzo Boscarelli, presidente AISA e studioso di storia dell’automobile. l’inspiegabile. Ascari, che passava per essere persona 2 estremamente superstiziosa e rituale, che mai avrebbe Poco tempo dopo Gianni Lancia concluse la vicenda indossato un casco altrui, chiese a Castellotti di impre- vendendo l’azienda a Carlo Pesenti e donando tutte le stargli il suo e di fargli provare la macchina. Senza una automobili di Formula Uno alla Ferrari. ragione evidente, alla curva dopo il vialone (quella che La storia Lancia proseguì; Pesenti affidò la Direzio- da allora è intitolata a lui), uscì di pista e perse la vita. ne Tecnica al professor Antonio Fessia, progettista di Fu uno shock tremendo per la Lancia perché, pur in tre Lancia famose, la Flaminia, la Flavia e la Fulvia. un gruppo di bravi piloti come Eugenio Castellotti e Furono vetture per diversi aspetti innovative, ma non Gigi Villoresi, Ascari era di gran lunga un campione ebbero un successo tale da consentire alla Lancia di fuori dall’ordinario. continuare la propria vicenda industriale. L’ultima gara della Scuderia Lancia in Formula Uno La Lancia fu ceduta alla Fiat nel 1969, una data che fu il Gran Premio di Spa. Durante le prove, a serba- segnò uno spartiacque. Dagli anni Settanta ai No- toi vuoti (da ricordare l’originale configurazione del- vanta la Lancia, grazie alla Stratos, alla 037, alla Delta la monoposto, con i due serbatoi laterali esterni alla Integrale ottenne numerosissimi successi nei rally, e scocca) Castellotti ottenne un tempo molto brillante, con le LC 1 ed LC 2 ottimi risultati nelle gare di ma durante la gara, a serbatoi pieni, la macchina ebbe durata, ma chi ama la Lancia ancora aspetta che il un comportamento molto diverso e non riuscì a ripe- marchio torni a riprendere il posto che gli spetta sul tere la prestazione. mercato mondiale. 3 Il “gene” dell’innovazione Michele Monno ell’ultimo dopoguerra la motorizzazione sperimentazione nelle competizioni sportive. Ndi massa è accompagnata dal dualismo Basti pensare a ad una vettura, più recente ma Vespa-Lambretta; e non è da meno il mondo assolutamente straordinaria, come la Lancia dell’automobile dove, da tempo immemorabile, Stratos protagonista indiscussa nei rally degli “alfisti” e “lancisti” si contendono la suprema- anni ’70). zia sul piano della raffinatezza tecnica, dei ri- Ma Lancia è principalmente sinonimo di ele- sultati nelle competizioni sportive, dell’elegan- ganza italiana, ovvero di una forma che veste za delle forme. la sostanza. Tra tutti i modelli, valga il caso L’appuntamento primaverile con Cultura e dell’Aurelia che, nelle differenti versioni (c’era Motori nella sede piacentina del Politecnico la sobria berlina, ma chi non ricorda la spider, di Milano, giunto quest’anno alla dodicesima guidata da Gassman e Trintignant del film “Il edizione, racconta la storia del marchio Lancia, sorpasso”?), rappresenta l’esempio insuperabi- per lungo tempo emblema della tradizione mo- le di una armonia nelle forme che la pone al toristica italiana, ma che ancora oggi costitui- riparo dalle ingiurie del tempo. sce l’archetipo della cultura del Made in Italy. E non è ancora abbastanza. Come già era suc- Se guardiamo alla storia, ormai più che cente- cesso per altri due storici modelli, l’Aprilia (ul- naria, di questa casa automobilistica, non pos- tima vettura alla cui progettazione aveva parte- siamo fare a meno di osservare come il fon- cipato il fondatore dell’azienda) e l’Ardea (a cui datore – Vincenzo Lancia – fosse dotato del aveva lavorato Vittorio Jano, mitico progettista “gene dell’innovazione” e quanto egli sia riu- dell’Alfa Romeo passato alla Lancia alla fine scito ad infondere questa caratteristica nella degli anni ’30), l’Aurelia (erede dell’Aprilia nel sua azienda e nelle vetture prodotte. secondo dopoguerra) aveva una “sorella mino- La migliore definizione di innovazione rimane, re”: mi riferisco all’Appia, un modello alla por- a mio modo di vedere, quella attribuita a Tho- tata della classe media che amava distinguersi. mas Edison, l’inventore della lampadina: L’in- Circa il 50% più costosa di una Fiat 1100 (la novazione è per l’1% “ispirazione” e per il 99 berlina di maggior successo per quel periodo in % “sudorazione” ossia impegno, fatica, lavoro Italia), l’Appia aveva soluzioni tecniche raffina- necessario perché da una intuizione nasca qual- te (dall’architettura del motore, con largo im- cosa che possa diventare un nuovo prodotto. piego di alluminio, all’eleganza degli interni in Il marchio Lancia è un grande esempio in questa “panno Lancia”, alle famose portiere con aper- direzione. La sua storia, fatta di tecnica, capaci- tura ad armadio, già viste sulle Aprilia e sulle tà imprenditoriale, impegno nelle competizioni, Aurelia a quattro porte).