I camion italiani dalle origini agli anni Ottanta

AISA Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile

MONOGRAFIA AISA 124 I I camion italiani dalle origini agli anni Ottanta

AISA - Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile Brescia, Fondazione Negri, 19 ottobre 2019

3 Prefazione Lorenzo Boscarelli 4 I camion italiani Massimo Condolo

15 Nasce l’autocarro italiano Antonio Amadelli

Didascalia

MONOGRAFIA AISA 124

1 Prefazione Lorenzo Boscarelli

l camion è nato pochi anni dopo l’automobile e se di rado frutto di progetti originali, ma fruitori in buo- Ine è ben presto differenziato, per soluzioni costrut- na parte di componenti – innanzitutto il motore – di tive, dimensioni e quant’altro. Potremmo chiederci origine camionistica. Un comparto particolare sono perché si ebbe quel sia pur breve “ritardo”; un motivo le macchine movimento terra, per l’iniziale sviluppo con ogni probabilità fu che per i pionieri dell’auto- dei quali tra i paesi europei un ruolo importante ha mobile era molto più attraente fornire un mezzo di avuto l’Italia. trasporto a persone, suscitando curiosità e di diverti- La varietà degli utilizzi dei camion, da veicolo com- mento, piuttosto che offrire uno strumento per il tra- patto per consegne cittadine o di prossimità a mezzo sporto di cose. Un secondo motivo fu senza dubbio la per trasporti di grande portata, da veicolo stradale a limitatissima potenza che avevano i primi motori per mezzo da cantiere, da antincendio a cisterna aeropor- automobili, a fine Ottocento, a stento in grado di por- tuale, e chi più ne ha più ne metta, ha prodotto una tare due o quattro passeggeri, di certo non un carico varietà di soluzioni tecniche e progettuali senza pari, significativo. Infine, il costo molto elevato che i mezzi la cui originalità e raffinatezza possono sfuggire a chi a motore ebbero fino alla Grande Guerra poteva esse- non abbia specifico interesse a conoscerla e studiarla. re sostenuto, dai pochi che se lo potevano permettere, Gli appassionati di camion sono però profondi cono- in quanto un’automobile, oltre che strumento pratico, scitori del mezzo, tanto più se lo vivono come colle- era segno di ricchezza e dava prestigio. Al contrario, zionisti, ed è evidente in loro l’attenzione a rimarcarne un camion doveva giustificare il proprio costo con i le peculiarità e le innovazioni, rispetto all’epoca in cui vantaggi economici che arrecava al suo possessore furono introdotte. e questo non era così facile da ottenere all’inizio del Questo ci porta a sottolineare un aspetto che pos- Novecento. siamo definire di “epopea” del lavoro di camionista, La Grande Guerra fu il vero momento di sviluppo dei quando le strade erano strette e spesso, soprattutto camion italiani, sostenuto da una forte domanda da in montagna, non asfaltate, i mezzi, non avendo ser- parte del Regio Esercito e da altri dell’Intesa, l’alleanza vocomandi, richiedevano grande prestanza fisica, il di cui faceva parte l’Italia. I modelli 15 ter e 18 BL comfort era praticamente inesistente. Era un mestiere furono prodotti in decine di migliaia di esemplari; per per uomini robusti, che non temevano la fatica. Per- confronto, le tre automobili Fiat più diffuse dell’ante- correndo strade lontane e frequentando luoghi ignoti guerra, la Zero A, la 2 B e la 3 B, furono costruite in ai più, in un’Italia ancora contadina o comunque mol- poco più di 2.000 esemplari ciascuna. to legata ai luoghi d’origine, i camionisti avevano nel Tra il 1918 e il 1940 furono adottate soluzioni tecni- mondo del lavoro un prestigio e un’autorevolezza che che che ancora oggi caratterizzano i camion: il motore li faceva sentire e riconoscere come appartenenti a Diesel, la cabina avanzata, il trattore per semirimorchi; una genia particolare, che ricordava quella dei “giganti il mezzo era diventato “adulto” e poteva percorrere buoni”, così come “giganti” erano i mezzi che loro linee di sviluppo autonome rispetto alle automobi- dominavano. Quel mondo non esiste più, ma chi ha li. Questa tendenza si è accentuata dopo la Seconda passione per i camion ben lo ricorda, come traspare Guerra Mondiale, con la creazione di innumerevoli dalle parole di Massimo Condolo, uno degli studiosi di veicoli speciali basati sulla struttura dei camion, non camion italiani più competenti e appassionati.

Lorenzo Boscarelli, presidente AISA e studioso di storia dell’automobile.

2 I camion italiani Massimo Condolo

I primordi e la Grande Guerra A dare molto impulso allo sviluppo dei veicoli com- Se, per convenzione diciamo che le prime automo- merciali e industriali furono gli impieghi militari. Nel bili nascono intorno all’inizio degli anni Novanta del primo decennio del 1900 l’esercito indisse molti con- 1800, il camion nasce poco dopo, quindi attorno al corsi, cui parteciparono costruttori di camion italiani 1897/’98, in periodo ancêtre (che copre gli anni fino al e stranieri, con lo scopo di far emergere le soluzioni 1904). Il vero sviluppo lo abbiamo invece nel periodo tecniche più adatte all’impiego militare degli autocarri. veteran (1905-18), quando aumentano le dimensioni A uno dei concorsi tenuti dall’esercito italiano, quel- delle automobili: i telai si allungano e i motori diven- lo del 1909 (i concorsi si svolgevano in occasione di tano più potenti. Si manifestano quindi le caratteristi- grandi manovre militari, ce ne furono uno nel bre- che che consentono di costruire veicoli industriali. I sciano e un altro a Torino) partecipò la Züst. Roberto primi veri camion sono del 1903-1905; nel 1903 nasce Züst, ingegnere svizzero fondatore dell’azienda, im- il primo autocarro Fiat. Curiosamente, per lo meno piantò una fonderia a Intra e poi si trasferì a Milano per come pensiamo di solito ai camion del lontano per produrre automobili di grandi dimensioni, i cui passato, quel veicolo non ha la guida arretrata, bensì telai si adattarono bene a un impiego camionistico. avanzata (come l’autobus che fu costruito su quello Oggi ricordiamo la Züst soprattutto perché assorben- stesso telaio). La guida arretrata nasce in un secondo do la Brixia, casa automobilistica bresciana dedita alla momento, alla fine del primo decennio del Novecen- produzione di veicoli leggeri, diede poi vita all’OM, il to, per questioni di praticità. Chi ha dimestichezza con marchio bresciano per eccellenza. vetture ancêtre, veteran o vintage sa che le occasioni Ben presto, oltre agli autocarri, per impieghi milita- di mettere le mani nel motore sono molto frequen- ri furono sviluppati dei trattori, che erano usati per ti e così era all’epoca. Un motore collocato sotto il spostare pezzi d’artiglieria. Questi in precedenza era- posto guida con il guidatore seduto a cassetta, come no spostati con cavalli da tiro o con muli, a secon- su una diligenza, era poco pratico; quindi, pur sacri- da che fossero rimorchiati o someggiati. Il cannone ficando un po’ di spazio carrozzabile, si preferì privi- veniva poi composto dove veniva piazzato: l’affusto, legiare l’accessibilità, realizzando un volume esterno la ralla per il piazzamento, la base, le munizioni, le che ospitava il motore, come nelle automobili di quel blindature che dovevano proteggere l’operatore e la periodo. mitragliatrice venivano portate con più carri, muli o Insieme ai camion e alle case automobilistiche nasco- cavalli. Con i trattori si attuò una diversa soluzione: no gli allestitori. L’allestitore costruisce il corpo di dietro al trattore erano attaccati vagoncini mono- un veicolo, cioè il cassone, la cisterna, il furgone o il asse, disposti a formare un treno. I trattori erano i veicolo rimorchiato. Una delle aziende che si dedica- veicoli più potenti dell’epoca, all’inizio con motori rono a questa attività, purtroppo scomparsa qualche da 35/40 cavalli. Dal 1918 in avanti, in periodo di anno fa, poco dopo aver compiuto i cento anni, fu pace, i trattori furono adibiti a traini eccezionali, in la Dalla Via di Schio (Vicenza), poi diventata famosa un primo momento soprattutto per i trasferimenti carrozzeria di autobus gran turismo. Ha iniziato come dei carri merci delle ferrovie e delle tramvie interur- allestitore di veicoli ippotrainati perché i camion nel bane dalla stazione ferroviaria o tramviaria al punto 1905, quando la Dalla Via nacque, erano rarissimi. I di consegna finale, per il carico e lo scarico, e vice- dati ANFIA ci dicono che in Italia nel 1905 circola- versa. Questa attività continuò fino a quando il tra- vano 2119 auto, 10 autocarri, 45 autobus, e nel 1906 sporto merci per ferrovie divenne quasi interamente 3244 auto, 25 autocarri, 97 autobus. intermodale, con l’utilizzo di container. Durante la Grande Guerra si sviluppò la produzione di serie dei camion, in conseguenza delle grandi quantità richie- ste dagli eserciti belligeranti. Le nostre aziende for- nirono non solo l’esercito italiano, ma anche le unità Massimo Condolo (Torino, 1968), giornalista e storico dell’auto e dei mezzi di trasporto, collabora con diverse testate di settore fra cui Tutto- degli eserciti britannico e francese che operavano sui trasporti e Ruoteclassiche (Editoriale Domus). È autore di dodici mo- fronti trentino, veneto e friulano. nografie storiche su veicoli stradali e ferroviari per la Fondazione Negri. Con la Grande Guerra, quindi, inizia la produzione

3 in serie. Possiamo ricordare i Fiat 15 ter e 18 BL, che parlato tanto di Fiat perché fa la parte del leone nella ebbero larga diffusione, i serie Jota, gli Isot- storia del camion italiano, non tanto se si considera ta Fraschini tipo 16 e tipo 17, che costituirono l’os- l’innovazione, ma per le quantità prodotte. satura del parco dell’esercito, con la parte del leone Dagli anni Trenta, la Fiat affiancò alla produzione svolta dalla Fiat perché aveva la più grande capacità industriale una società finanziaria, la Sava, che con produttiva dell’epoca, pur non disponendo ancora né questo nome è esistita fino a circa dieci anni fa; ora dello stabilimento del Lingotto né di quello SPA Stu- si chiama FCA Bank. La Sava permetteva a chi ave- ra. Le officine di corso Dante, che oggi ospitano il va bisogno di un prodotto Fiat di acquistarlo a rate. Centro Storico Fiat, avevano una capacità produttiva Per l’Italia la vendita rateale era una novità assoluta, che a Lancia e mancava. Il 15 ter, più mutuata da uno schema che si era andato affermando leggero, e il 18 BL, più pesante, avevano entrambi la negli Stati Uniti. Grazie alla vendita rateale, Fiat favo- trasmissione a catena, mentre quella a cardano era ri- rì grandemente l’incremento della motorizzazione in servata alle potenze minori. Italia, automobili e veicoli industriali. Da metà anni Venti e fino agli Ottanta la quota di Il primo dopoguerra mercato della Fiat in Italia si mantenne sempre alme- Dall’inizio degli anni Venti, con la fine della guerra, no al 50%. grazie ai nuovi impulsi della tecnica la trasmissione La Fiat ha avuto un importantissimo ruolo nella a catena rimase solo per traini eccezionali e i grandi motorizzazione di massa in Italia, ma altri ebbero trattori d’artiglieria; sparirà comunque da lì a dieci un ruolo di rilievo, in particolare una famiglia che anni. Sui modelli più leggeri, derivati da automobili, contribuì pure alla fondazione della Fiat: i fratelli la trasmissione a cardano si impose subito. La Fiat Ceirano. Erano sette, originari di Cuneo, meccani- in particolare, che più di ogni altra azienda adattò su ci di precisione, orologiai, si trasferirono a Torino scala industriale la meccanica delle vetture ai camion, per impiantare una fabbrica di biciclette. Numerosi produceva tre fasce di veicoli. La prima, la più stret- costruttori di biciclette diedero vita a case automo- tamente derivata da modelli di autovettura, aveva la bilistiche, altri nacquero da aziende che producevano stessa meccanica e una carrozzeria diversa. Si iniziò materiale ferroviario. I Ceirano erano consci di come con il modello 501, che potremmo definire la “non- la fama della metallurgia italiana non fosse molto na” del Ducato, capostipite di una linea di veicoli che positiva: gli acciai italiani sono considerati di scarsa piano piano si affrancò nella carrozzeria dalla vettura qualità. Acquistavano acciai italiani, ma non voleva- di origine, ma mantenne un motore e un cambio di no si sapesse. Per le loro biciclette non usarono il derivazione automobilistica. Con le più recenti evo- nome Ceirano, che avrebbe suggerito trattarsi di un luzioni, in realtà, anche i motori di questa fascia si prodotto italiano, ma Welleyes, parola inventata che sono allontanati da quelli da autovettura; fino a ieri non significa nulla, ma fa pensare ad una produzione il motore che trovavamo in un veicolo commercia- nordeuropea. Alle biciclette seguì la prima vetturetta le era sostanzialmente quello di una berlina del seg- leggera Welleyes, che poi divenne la prima Fiat. Al mento D. Centro Storico Fiat ne sono esposte due, con carroz- A questo gruppo di veicoli industriali la Fiat affiancò zerie diverse: un tonneau e un vis-à-vis: derivano dai una seconda linea un po’ più pesante: motore e cam- brevetti dei fratelli Ceirano. I Ceirano poi litigarono bio rimanevano gli stessi della vettura d’origine, ma tra loro e ciò probabilmente favorì la loro partecipa- il ponte posteriore era irrobustito con differenziale a zione alla fondazione di tante aziende, tra cui , vite senza fine, da cui il suffisso F che li connotava: Scat, Ceirano e diverse altre. la 503 F era quindi un derivato della 503. Al di sopra Di queste, la Ceirano divenne molto importante nella della fascia della 503 F esisteva una classe di veicoli produzione dei veicoli industriali, così importante che con meccaniche ulteriormente irrobustite, identificati la Fiat attraverso una serie di accordi piano piano la dalla cifra 6 al posto della 5 iniziale. assorbì. Negli anni Trenta la proprietà della Ceirano Purtroppo da diversi anni su Wikipedia c’è una defini- diventò completamente Fiat; il marchio fu mantenu- zione che fa accapponare la pelle: “camion Fiat serie to perché aveva una buona fama e insieme alla SPA 600” per parlare del 650, 682, 690 e via dicendo. 600 (altra azienda fondata dai fratelli Ceirano) e alla Fiat in Fiat significa camion così come le sigle delle au- stessa formò il Consortium Fiat Veicoli Industriali, tovetture iniziano per 1: per esempio 101 è la prima da cui deriverà l’. C’è ancora, comunque, una vettura autoportante, la 1400, 110 è la Nuova 500 e via traccia di questa origine Ceirano nell’attuale Iveco: lo dicendo; “6” significa camion e “7” mezzi ferroviari. stabilimento di Torino si chiama tuttora stabilimen- Questo schema nacque negli anni Venti; in quell’epo- to SPA Stura. Iniziò a produrre nel 1941-42 autocarri ca i motori erano ancora derivati dalle autovetture, ad militari marchiati SPA; all’epoca, comunque, il mar- esempio il 621 a benzina aveva il motore della 521, chio era ormai completamente sotto il controllo Fiat. però cambio, albero di trasmissione e ponte erano di- La gamma era composta dal modello 22, leggero, dal versi e, ovviamente, il telaio era più robusto. Abbiamo 47, militare, e dal 50, per uso civile. Tutti disponevano 4 di trasmissione a cardano, motori a benzina 4 cilindri delli Mercedes-Benz prodotti su licenza, esattamente in linea, una caratteristica largamente prevalente tra uguali a quelli tedeschi. Addirittura c’è il sospetto che i costruttori italiani. I motori, negli anni Venti erano non fossero prodotti in Italia, ma importati completa- monoblocco, al contrario dei biblocco e triblocco del mente smontati (sistema “CKD”, “Completely Kno- decennio precedente. cked Down”) e rimontati negli stabilimenti Bianchi: la marchiatura di molti pezzi non è infatti Bianchi, ma Gli anni Trenta e il periodo bellico Mercedes. Con il nuovo decennio si registrò un notevole pro- L’OM si accordò con la Saurer, inizialmente per una gresso della tecnica, che si tradusse in maggiore po- produzione su licenza, che riguardava modelli leggeri tenza, aumento della velocità, maggiore portata utile. e medi, mentre i pesanti erano assemblati in CKD. Uno dei primi grandi camion italiani fu il Fiat 634. Nella gamma all’epoca della Seconda Guerra Mondia- Passando dalla generazione dei camion come il Cei- le, per esempio, il medioleggero Taurus era prodotto a rano C50 o il Fiat 621 al 634, non si ebbe solo un Brescia su licenza, mentre tra i modelli in CKD c’era il incremento della potenza, ma anche il cambio dell’a- Titano 137. Riconosciamo i modelli CKD perché sui limentazione dalla benzina al gasolio. Il motore die- mozzi ruota di quei veicoli lo stemma OM è inscritto sel ha un rendimento superiore e quindi permette di in quello Saurer. Infine, l’ si accordò con costruire veicoli che riescono a portare, tra macchina due case tedesche: la Büssing-Nag per i telai e le tra- trainante e rimorchio, tonnellaggi inimmaginabili all’e- smissioni e la Deutz per i motori. Uno dei primi Alfa poca del 621. Il 634 divenne famoso per gli impieghi Romeo, tra l’altro una macchina bellissima anche dal sia in patria sia nelle colonie perché la sua uscita sul punto di vista estetico, fu il modello 85 che, come il mercato coincise con l’avventura italiana coloniale nel contemporaneo modello a tre assi, il 110, erano dotati Corno d’Africa. Divenne perciò il camion degli im- di motori Deutz. pieghi civili, soprattutto in Eritrea e Somalia, perché Insieme allo sviluppo dei grandi veicoli industriali aiutava la colonizzazione italiana di quelle terre. Il 634 progredì quello dei commerciali. Vetture come la Fiat già nella seconda fase della prima serie fu dotato di 509 favorirono la diffusione della motorizzazione (co- ruote a raggi e cerchi Trilex, con il radiatore a tempio munque, l’operaio della Ferriera Togni di Brescia non ispirato a quello della prima serie della Fiat 508 “Balil- poteva certo comprarsi la 509; chi l’aveva era un me- la”; pure la volumetria del mezzo ricorda la Balilla. La dio-alto borghese dell’epoca) diffusione che aumentò Fiat progettò in proprio i motori diesel sin dall’inizio. più ancora con la Balilla. Della Balilla furono subito Ne aveva già costruiti nell’epoca della prima guerra presentate le versioni furgone e camioncino con cas- mondiale, per impieghi navali e ferroviari; quello del sone, che affiancarono le berline e le versioni sportive. 634 fu il primo per impiego automobilistico. Il primo Nel 1935 l’Italia invase l’Etiopia e nel novembre di camion con motore diesel in Italia, però, non nacque quell’anno fu sanzionata dalla Società delle Nazio- in Fiat, ma all’Isotta Fraschini; l’Isotta ne aveva acqui- ni, l’organizzazione internazionale che precedette sito la licenza dalla MAN tedesca. La MAN era una l’ONU. Le sanzioni ostacolarono l’importazione di delle due aziende, insieme alla Saurer svizzera, in cui idrocarburi e altre materie prime, come l’acciaio. L’au- aveva lavorato Rudolf Diesel per lo sviluppo del suo totrasporto ne fu danneggiato e si studiarono allora motore. Un motore MAN prodotto su licenza dall’I- alimentazioni alternative, come il metano o il gasso- sotta Fraschini era stato montato su un autocarro geno di legna. Il gassogeno consisteva in una caldaia Isotta (tipo 16 o 17) di proprietà dell’Esercito durante verticale in cui veniva bruciata della legna verde che la prima guerra mondiale, per sperimentare la trazione sviluppava un gas con potenzialità detonanti, tali da diesel. La sua buona riuscita aveva convinto le autorità poter essere utilizzato come carburante, iniettandolo militari della validità del motore a gasolio. nei cilindri. Insieme alla Fiat anche le altre quattro grandi case Il più potente camion italiano degli anni Trenta fu automobilistiche italiane adottarono motori a gaso- l’OM Titano 137, che era un Saurer BUD prodotto lio, tutte attraverso licenze straniere. La Lancia acqui- su licenza. Aveva ben 137 cavalli, contro gli 80 del sì quella del motore d’aereo Junkers a due cilindri e Fiat 634. Una macchina per trasporti molto pesanti, quattro pistoni (lo Junkers Ju52 è stato l’unico aereo costosa di acquisto e manutenzione; fu l’aspirazione con motore diesel al mondo, salito recentemente alle di molti autisti di allora, che guidavano il Fiat 634. Fu cronache perché purtroppo un esemplare restaurato assai poco diffuso, oggi si contano solo cinque esem- durante un volo in un raduno si è schiantato). La Lan- plari sopravvissuti in tutto il mondo (oltre ad alcuni cia utilizzò il motore Junkers sul proprio autocarro originali Saurer). La forma dei cofani del Titano rivela Ro, il cui telaio, cambio e trasmissione erano stati pro- qualche attenzione all’aerodinamica, che comunque gettati in Lancia. Il Ro fu il primo Lancia pesante, del non si giustifica con le esigenze pratiche del mezzo, quale quasi subito fu sviluppata anche una variante a che, pur con tutta la sua potenza, raggiungeva non tre cilindri e sei pistoni. La Bianchi iniziò con dei mo- più di 55/60 km/ora, pienamente lanciato e in legge-

5 ra discesa: avrebbe potuto avere l’aerodinamica di un anni della guerra anche la Lancia produsse veicoli elet- muro e nulla sarebbe cambiato. trici, con una linea di autocarri medi: un modello a tre L’estetica degli anni Trenta, ispirata dai canoni dell’ar- assi, l’E290, e uno a due assi, l’E291; purtroppo l’uni- chitettura razionalista e dallo streamlining adotta- co sopravvissuto è un 291, meno interessante del 290. to soprattutto dai costruttori americani (pensiamo Il 290 era piuttosto robusto, con telaio interessante e a vetture come la Airflow nata nel 1934 o guida avanzata, un’impostazioni molto corretta, tan- alla Cord 812 del 1936), suggeriva le forme aerodi- to che molti 290 e 291 (tra cui quello sopravvissuto) namiche anche per camion, tram e veicoli incapaci di sono stati convertiti dalla utilizzando il motore raggiungere grandi velocità. Negli stessi anni, però, le da 1.352 cm3 dell’Aprilia prima serie. Lo schema dei Ferrovie dello Stato italiane fecero entrare in servizio 290/291 è quello di un camion a motore termico: il l’ETR 200, che fu il primo treno al mondo a superare motore è anteriore, ha le dimensioni di quello di tra- i 200 km/h. zione di un tram, è a corrente continua, alimentato L’attenzione all’aerodinamica contagiò anche i ca- da due batterie da 24 volt l’una; il cofano motore è in mion. Angelo Orlandi per la carrozzeria del Titano cabina. Dal motore elettrico parte l’albero di trasmis- si limitò a dare una forma aerodinamica alla cabina, sione che va al ponte (o ai ponti) posteriore. Sfilare ma altri si spinsero oltre, aiutati magari dall’esigenza questo motore, aprire il frontale per metterci una ma- di costruire una cisterna, di per sé molto più “aero- scherina col radiatore e montare il motore dell’Aprilia dinamica” di un cassone aperto. Candido Viberti, re- è quindi una trasformazione relativamente semplice. S alizzò su un Lancia 3Ro prima serie un veicolo che i f e c e sia su veicoli già circolanti come quello tuttora sembra spaziale, nonostante percorresse le strade de- esistente, sia su alcuni fondi di magazzino che erano gli anni Trenta e non avesse esattamente la velocità nello stabilimento di Bolzano all’atto della Liberazio- di una Formula 1. Il 3Ro fu dotato del primo motore ne, nella primavera del 1945. diesel progettato completamente in Lancia. Per la ri- La combinazione autocarro più rimorchio, cioè l’au- cerca della bella meccanica e della soluzione origina- totreno, è stata la modalità più diffusa di trasporto le, che sono caratteristiche tipiche sue, il 3Ro è stato di grandi carichi fino ad alcuni decenni fa, ma il se- considerato insieme all’Aprilia il testamento tecnico mirimorchio, oggi la forma nettamente prevalente di di , che ne aveva seguito di persona il trasporto pesante, esisteva già negli anni Trenta. Un progetto, ma non riuscì a vedere i primi esemplari. Il esempio è il Bianchi Mediolanum, che assumeva il motore è a quattro tempi con cinque cilindri, soluzio- suffisso Civis o Miles a seconda che l’impiego fosse ne abbastanza inedita per l’epoca. civile o militare; fu la seconda generazione del Me- Dal 1935 la scarsa disponibilità di carburanti stimolò diolanum, che era nato come clone Mercedes. Con i la ricerca di fonti alternative. Oltre al gassogeno, in Mediolanum Civis e Miles la Bianchi si affrancò dal molte zone d’Italia si diffuse il metano: per esempio progetto tedesco; il motore era ancora Mercedes, nel Delta del Po, dove c’erano i giacimenti, o nelle ma il telaio era progettato a Milano. Un’azienda che grandi città, dove c’era una rete di distribuzione per operò moltissimo per diffondere i semirimorchi fu la usi civili. In città si diffusero anche i veicoli elettrici, bresciana Vincenzo Orlandi, che trasformava gli au- che oggi sembra essere l’ultima frontiera della tecnica. tocarri in trattori con ralla e costruiva semirimorchi, In realtà l’automobile elettrica è nata quasi insieme a in particolare del tipo monotraccia, cioè con ruote quella con motore a scoppio: fino al 1910 una discreta singole su tutti gli assi. In seguito la Orlandi sarebbe percentuale dei veicoli immatricolati negli Stati Uniti diventata famosa per i sistemi di traino, come le ralle era elettrica. Dagli anni Trenta ai Quaranta nelle città per i semirimorchi, e i ganci di traino che derivava- italiane era comunissimo vedere veicoli elettrici: era- no da questa esperienza; era il secondo costruttore no diffusi modelli Fiat, come il 621 elettrico, modelli europeo di ralle ed è stata recentemente venduta al Lancia ancora risalenti al periodo di guerra, e anche primo, la Jost tedesca. A volte la Vincenzo Orlandi modelli di Case specializzate in veicoli elettrici, come si limitava a montare la ralla sull’autocarro, come nel per esempio, a Milano, le Officine ferroviarie Tallero, caso del Fiat 626 che aveva già dimensioni adatte, in la Stigler e la Turrinelli. Queste ultime, specializzate in altri casi, come per i Bianchi, ne accorciava il passo, veicoli stradali elettrici e sopravvissero fino all’inizio per renderli adatti all’accoppiamento con il semiri- degli anni Cinquanta; la Stigler si specializzò poi negli morchio. ascensori e verrà assorbita dalla Otis. Dal 1943 in poi i costruttori italiani hanno prodotto La Stigler collaborò con la Bertone che, prima che autocarri solo per impiego militare da parte dell’occu- Nuccio, figlio del fondatore, ne prendesse la direzione, pante tedesco, come il Lancia Esarò, versione ridotta era una carrozzeria di veicoli utilitari. Tra le sue realiz- e a carreggiata ristretta del 3Ro; il motore era lo stesso, zazioni un furgone, con linea ispirata a quella del Fiat depotenziato. Fu prodotto in 2050 esemplari, 50 civili 621; nato su meccanica Stigler, era usato da un’azienda e 2000 militari: ne sopravvivono tre. Nella versione che distribuiva tabacchi e generi di monopolio. Negli militare poteva essere equipaggiato con il gassoge-

6 no; una serpentina davanti al radiatore di raffredda- elargì materiali e finanziamenti all’Italia per ripren- mento del motore serviva per tenere in temperatura dersi dalla guerra. I camion americani avevano mo- il gas iniettato nei cilindri. La cabina è quella definita tori a benzina perché, allora come oggi, in America Einheit (unificata) dalla Wehrmacht, in quegli anni spesso i motori a benzina erano prevalenti fino alla l’unico cliente di Lancia e Fiat. Era in masonite con classe del nostro Iveco Eurocargo, mentre il gasolio struttura di profilati quadrati di acciaio, molto facile si usava principalmente per i motori pesanti. All’e- da riparare, ma in azioni di guerra non offriva nessuna poca, quindi, gli americani montavano un diesel sol- protezione agli occupanti. tanto sui grandi trattori, getta-ponti, trasporto carri Il gassogeno, il metano, l’elettricità a batterie sono armati, trattori da artiglieria come i citati Diamond fonti di energia alternative (o meglio, di ripiego); un’al- T, o anche i Brockway o i grandi White. tra soluzione consiste nel porre due aste sul tetto, così In Italia il primo V8 (diesel, però) fu un OM costruito un camion funziona come un filobus. Fu attuata con su licenza Saurer, che arrivò con l’Orione 400. Un’e- il Fiat 666F, un modello a due assi realizzato da Vi- voluzione del 400 fu l’Orione 400/8, chiamato così berti per la filovia dello Stelvio, realizzata per portare per il riduttore che trasformava il cambio a quattro il materiale per la costruzione della centrale elettrica marce in otto, e quindi nel Super Orione, che è stato al fondo della Valtellina. Le ultime tracce della linea il modello più diffuso dei V8 OM. Se non si potevano purtroppo sono state demolite da poco; una decina costruire 6x4, erano invece ammessi i 6x2, con il terzo di anni fa passando sulla statale si vedevano ancora asse trainato o spinto che permetteva un aumento del- i pali in cemento che reggevano il bifilare. La filovia la portata. A credere nel terzo asse come produzione aveva soprattutto filocarri a tre assi, più due veicoli di diretta della Casa, inizialmente fu soltanto la Lancia. servizio a due assi e due filobus che servivano per il L’Esatau 964, che è la versione a tre assi dell’864, è trasporto del personale. Inaugurata nel ’42, è stata in stato prodotto in pochissimi esemplari (una dozzina; servizio fino alla metà degli anni Cinquanta. ne esisteva ancora uno abbandonato qualche anno fa); erano utilizzati soprattutto per le cisterne, perché la Il secondo dopoguerra distribuzione dei pesi che serviva per il loro allesti- e gli anni Cinquanta mento si avvantaggiava di un telaio 6x2. Almeno uno Il 666 è stato il primo camion Fiat con la guida avan- è però nato come cassone, realizzato dalla Viberti, che zata; dal suo adattamento a impieghi cava-cantiere è carrozzava le versioni ufficiali Lancia. A metà degli nato il 10.000, non marchiato Fiat, ma SPA perché la anni Cinquanta riprese, pur molto contingentata, la SPA dell’epoca era ciò che è l’ oggi per l’Iveco, produzione di Breda 6x4, trattrici per impiego mili- il marchio dedicato alle applicazioni speciali. Con due tare o per aziende come Enel o Ferrovie, che erano assi di trazione divenne il primo 6x4 italiano; doveva i più grandi utenti di trattori di questo tipo. Verso il servire per impieghi militari e paramilitari, come i Vi- 1960/61 si giunse all’abolizione del contingentamen- gili del Fuoco, o alcuni civili, di grandi aziende di Stato to; nel decennio successivo Fiat, Lancia e OM produs- come Enel, Ferrovie dello Stato, SIP e via dicendo, o sero numerosi 6x4. per i trasporti eccezionali civili. I trattati di pace stipu- Fino al 1950 (fissiamo questa data per comodità di lati con i vincitori della Seconda Guerra Mondiale im- cronologia, ma il fenomeno dura almeno per tutto il pedirono però ai paesi sconfitti di produrre autocarri decennio precedente e parte di quello successivo), chi 6x4 perché si temeva che potessero essere militarizzati aveva bisogno di un camioncino prendeva una vettura nel caso di guerra e utilizzati contro gli eserciti vinci- vecchia di almeno dieci anni, eliminava la parte poste- tori. La produzione dello SPA 10.000 durò quindi un riore della carrozzeria e ci montava un cassone. La tra- solo anno e l’Italia non poté immatricolare dei 6x4 per sformazione era fatta dal mastro d’ascia, dal carradore uso civile fino al 1960 all’incirca. I 6x4 erano concessi del paese, che costruiva cassone e relativo supporto; solo alle aziende di Stato, che quando avevano neces- per la Balilla era disponibile il ricambio originale Fiat, sità di un 6x4 si rivolgevano all’industria americana; in il cassone del camioncino che veniva sistemato dopo particolare i Diamond T diventarono il classico traino aver tagliato l’abitacolo per ricavarne una cabina bi- dei trasporti eccezionali. Gli ultimi sono usciti dal ser- posto. Il camioncino originale Fiat non aveva però la vizio negli anni Ottanta. cabina chiusa, ma quella telonata: quando oggi si vede In tempo di pace si tornò a curare l’estetica dei veico- un camioncino Balilla con la cabina chiusa certamente li. Ne è un esempio il Lancia 3 Ro seconda serie fur- si tratta di una vettura o di un furgone tagliato. Oggi gonato carrozzato da Viberti, la cui mascherina e co- sopravvivono veramente poche Balilla nate come ca- fani prefigurano quelli dell’Esatau come, anni dopo, mioncini. la Florida II di Pinin Farina anticiperà la Flaminia A un certo punto, sia per le mutate condizioni eco- Coupé. Nel frattempo i trasporti civili riprendevano nomiche che negli anni Cinquanta cominciarono a soprattutto grazie ai residuati bellici americani o a migliorare sia perché le vetture passano dal telaio se- modelli statunitensi giunti con il piano Marshall, che parato, che permetteva qualsiasi trasformazione, alla

7 scocca portante, non si tagliarono più le vetture per quattro cilindri sfalsati, alimentato a benzina; questo trasformarle. Le ultime trasformazioni annotate sul li- veicolo ebbe discreto successo anche se l’attenzione ai bretto sono state fatte intorno al ’68, su vetture come consumi rendeva un motore a benzina non più ideale. le E. Il motore del Beta non si adattava alle trasformazioni Con la scocca portante la trasformazione di vetture a metano, ancora in auge negli anni Cinquanta, per cui circolanti diventò tecnicamente più complessa, per cui la Lancia fece evolvere il modello nel Beta Diesel e la Fiat riprese l’idea di veicolo con telaio da camion e quindi nel Beta 190, che utilizzavano un motore ame- meccanica d’auto, come era stato negli anni Venti, con ricano Detroit Diesel. Era un due tempi a due cilindri modelli quali il 618, che tuttora è alla base dell’Iveco e quattro pistoni, come quello del Ro, però molto più Daily, camioncino leggero con struttura a longheroni. piccolo. La Bianchi invece fece succedere allo Sfor- Il primo modello di questo nuovo corso fu il 615, che zesco il Visconteo, un po’ più grande di struttura e usava il motore diesel o benzina della 1400, la prima sempre con motori OM. Meccanicamente Visconteo vettura Fiat a scocca portante, nonché la prima con e Sforzesco seguirono gli aumenti di cilindrata del Le- motore diesel. Quei solidi motori si rivelarono ideali oncino però continuando ad utilizzare il telaio tubo- per l’utilizzo in veicoli commerciali da 35 quintali. Tra lare progettato dalla Cabi Cattaneo e il cambio con il 1950 e il 1951 nacque un altro modello iconico del riduttore. Su questa struttura nacquero quasi esclusi- trasporto italiano, l’OM Leoncino, il capostipite del- vamente cabinati originali, con l’eccezione di qualche la serie di “cuccioli” OM che arriverà a contare sette carrozzeria allestita per uno scopo specifico come la modelli. La primissima serie si riconosce per le aso- distribuzione di bibite. le sui cerchi ruota, molto grandi. Sono sopravvissuti Alla base della gamma Fiat, al di sotto del 615, si tro- pochissimi esemplari di questa prima versione, che vavano le versioni camion della 1100: prima la 508 nacque con un motore da tre litri: forse una venti- C del 1937, le 1100 A e poi, dopo la guerra, 1100 B na in tutta Italia. Il motore diesel è un progetto OM e 1100 E hanno sempre avuto versioni camioncino che utilizza brevetti Saurer; da allora in poi il rapporto derivate dalle auto, come succedeva con le versioni tra OM e Saurer si trasformò in reciproco scambio: F delle auto anni Venti e Trenta. Chiamate nel lin- OM importava e costruiva su licenza i grandi motori guaggio comune “1100 10 quintali”, avevano il ponte Saurer, che montava su telai e cabine adatti al merca- posteriore rinforzato. Passando dai telai separati 1100 to italiano, come accadde con i citati Orione e Super a quello autoportante della 1100/103, la Fiat si trovò Orione. Altro esempio fu il Taurus, nato in Svizzera senza una base adatta per un commerciale, che deve con il musetto ed evoluto solo in Italia nel Taurus 340 sopportare carichi concentrati. Nacque quindi il 1100 con guida avanzata. In Svizzera, dove mancava una I (Industriale), che altro non era se non un telaio an- gamma leggera, la Saurer importò i modelli OM e li cora derivato da quello dalle vecchie 1100 con una marchiò in seconda battuta: il marchio principale ri- cabina costruita con i lamierati esterni della 103; non mase OM, quello Saurer appariva più piccolo. In Sviz- innovò particolarmente la tecnica, ma in compenso zera ci sono tantissimi modelli leggeri OM importati; migliorò nettamente l’immagine delle 1100 “10 quin- la situazione durò fino all’era delle prime gamme X e tali”. Z negli anni Ottanta. Il Leoncino nel frattempo evolveva nella terza serie, Come OM, la Cabi Cattaneo di Milano tentò di pro- quella oggi più comune tra i collezionisti, la più facile durre un veicolo commerciale leggero con lo stesso da trovare per chi è affezionato alla vecchia estetica motore del Leoncino. L’azienda, che costruiva mo- con la mascherina piccola e il vetro sdoppiato in due tori e propulsori per barche, realizzò un veicolo di cristalli piani. Ha un motore da 4.150 cm3 di cilindrata tonnellaggio lievemente inferiore al Leoncino; non e lo si riconosce per le asole sul cerchio, fitte e piccole. arrivò mai alla produzione di serie perché brevetto Nel 1948 l’autocarro medio Fiat era ancora basato sul e linee di produzione furono ceduti alla Bianchi. Dal 626 del 1939, il primo camion a guida avanzata della Cabi Cattaneo 20, di cui oggi è persino difficile trova- Casa, prodotto per tutti gli anni della guerra. Gli era- re una foto, nacque il Bianchi Sforzesco, oggi molto no succeduti il 640, evoluzione abbastanza timida, e raro (mentre non si hanno notizie di Cabi Cattaneo il 642 che introduceva il cambio col riduttore, quindi sopravvissuti).La cabina è molto simile a quella dell’I- maggior portata e più peso rimorchiabile. Nel 1955 sotta Fraschini D65 carrozzato . La carrozze- il 642 abbandonò il disegno della cabina derivato da ria milanese, infatti, ha realizzato anche cabine: per quello del 626 adottandone una simile ai 682 N2 e Isotta Fraschini, ma anche per Lancia, Cabi Cattaneo successivi, con il famoso disegno con l’ovale e il baffo e probabilmente anche per qualche Fiat. Chi si lanciò cromato al centro; ci sono state anche versioni con nella produzione di serie di un camion al di sotto della doppia cabina, allestite da carrozzieri, per il Corpo fascia di peso del Leoncino, ma al di sopra di quella Nazionale dei Vigili del Fuoco. Il 642 è stato molto del 615 fu la Lancia, che inaugurò il motore 4 cilindri diffuso: gli ultimi sono spariti dalla circolazione nel a V di zero gradi e lo montò sul Beta. È un motore a primo decennio del nuovo millennio; se ne vedono

8 tanti ai raduni perché i veicoli medi si conservano loro sviluppo. Purtroppo i raffinati e costosi camion molto più facilmente di quelli pesanti, essendo meno si sarebbero rivelati la tomba della Lancia, così come stressati dei pesanti, impiegati sul lungo raggio. Spes- lo era stata la squadra corse nel periodo di Gianni so lavorano per aziende che li usano in conto proprio Lancia. Sono scelte da un lato lungimiranti, ma, come per tratte brevi. Restaurare un 642 (o un Esadelta o vuole un concetto molto caro agli storiografi ufficiali ancora un Alfa 430) spesso è per il collezionista meno della Fiat, non adeguate alla potenza finanziaria della arduo rispetto al restauro di un 682 o di un Esatau. Casa: come non ci si poteva permettere di distrarre dal bilancio le risorse per sviluppare le D 24, le D 50 e I nuovi camion di metà anni Cinquanta altre bellissime macchine, non ci si poteva permettere Gli autocarri pesanti Lancia, fino a metà anni Cin- di fare grandi utili mettendo sul mercato gli Esatau B, quanta, avevano la guida arretrata. Nel 1955, in coin- gli Esagamma e altri camion che costavano una volta cidenza con la fine del rapporto con la Viberti, che e mezzo gli omologhi Fiat. Oggi si dice a volte che aveva lo stabilimento di carrozzeria accanto a quello chi allora comprava Fiat oggi ha ancora l’azienda di delle meccaniche Lancia a Bolzano, la Casa fece evol- trasporti, mentre chi aveva comprato Lancia non ce vere l’Esatau 864 nell’864A a guida avanzata. La cabi- l’ha più. Ci sono tuttavia esempi per smentire questa na, molto classica e tondeggiante, non era più fornita diceria, ad esempio la Fercam, ma bisogna ricono- da Viberti, ma da Casaro; lo stabilimento Viberti fu scere che veicoli raffinati come i camion Lancia non assorbito dalla Lancia che vi costruì i cassoni per i erano adatti ad un impiego nelle grandi flotte. Erano suoi camion. I cassoni Lancia di questo periodo sem- macchine o per il padroncino o, nelle flotte piccole e bravano dei Viberti, proprio perché le sponde erano medie, per l’uso del titolare o per premiare gli auti- costruite con gli stampi che la Viberti utilizzava a Bol- sti migliori. È una situazione che perdura, per quanto zano. Con il notevole incremento della produzione con altri marchi: se all’epoca c’erano aziende di dieci Lancia, le linee dei cassoni di produzione dei cassoni veicoli con otto Fiat e due Lancia, oggi ci sono flotte furono quasi completamente convertite alla costru- di otto Daf e due Scania. zione di cabine. In quegli anni, gli stessi dell’Aurelia, Nel mercato dei veicoli leggeri si lanciarono anche i Lancia si affermava di nuovo come costruttore molto costruttori di moto, come la MV Agusta (Meccanica innovativo e l’Esatau non era la macchina all’altezza Verghera): il 1100 D2 era un concorrente del Romeo della sua fama, né dal punto di vista del design né da dell’Alfa. Quest’ultimo era uno dei veicoli più inno- quello della meccanica. È una macchina ben costruita, vativi mai prodotti dalla Casa del Biscione. È stato il raffinata, affidabile a patto che non gli si carichi un primo veicolo italiano a trazione anteriore, dieci anni chilo in più del previsto e che si esegua manutenzione prima della ; montava il motore bialbero regolare. Ma non è innovativa. Due anni dopo l’usci- della Giulietta e grazie alla trasmissione tutta avanti ta dell’Esatau A arrivò l’Esatau B, che rivoluzionava aveva piano di carico basso e di forma molto rego- completamente il disegno della cabina del camion. lare. È lo stesso vantaggio competitivo che oggi può Attribuita, pur senza evidenze ufficiali, a Raymond avere un veicolo come il nei confronti Loewy, è una delle due cabine fortemente innovative del Mercedes-Benz Sprinter, che a causa della trazio- che compaiono in Europa nel lustro 1955-60: l’altra è ne posteriore ha il pianale più alto. La MV scelse un quella del Bernard TDA uscito dalla matita di Philippe motore bicilindrico diesel 1100, soluzione abbastan- Charbonneaux. za simile a quella che adottò l’Alfa sul Romeo diesel. Raymond Loewy è noto per essere il designer di di- L’Alfa montava un motore a due tempi sovralimenta- verse automobili Studebaker, tra le quali le Champion, to, la MV utilizzava un più semplice quattro tempi ad Starliner/Starlight e Avanti, l’autore del logo Shell, di alimentazione atmosferica. Negli stessi anni, quaranta quelli BP e Lucky Strike e soprattutto della bottiglia chilometri a sud-est, la lanciava il 400: un piccolo della Coca Cola, cioè di uno degli oggetti di design commerciale, alternativa ai tre ruote come il più iconici al mondo. Se si osservano alcuni stilemi Ape o il Guzzi Ercolino, con le dimensioni dell’attuale della cabina dell’Esatau B la matita di Loewy si intu- Piaggio Porter. La costruzione era molto leggera, con isce. Una possibilità è che il lavoro sia stato pagato telaio tubolare e motore di impostazione motociclisti- non in denaro ma in beni: ad esempio, con il telaio ca, anche se non aveva un corrispondente diretto sulle Flaminia che sarà carrozzato da Rocco Motto diven- moto della Casa. tando la famosa Loraymo. Non è una storia ufficiale: Anche nella fascia dei camion di media portata du- è una ricostruzione ipotetica, ma plausibile. L’Esatau rante gli anni Cinquanta furono presentati veicoli di B fu allestito anche con un semirimorchio per il tra- nicchia: fu il caso del C50, che pure era a catalogo sporto di cemento sfuso: probabilmente apparteneva Fiat. Fu sviluppato per partecipare a una gara NATO all’Italcementi, di proprietà di Pesenti, che nel 1955 per la fornitura di un veicolo per gli Eserciti Europei, aveva acquistato la Lancia. La gestione Pesenti crede- riuscì a qualificarsi. Doveva essere gradito agli ame- va moltissimo nei veicoli industriali e puntò molto sul ricani, per questo ha la guida arretrata, che in Italia

9 non voleva più nessuno. La gara fu annullata e la Fiat non derivò tanto da un’inaffidabilità vera o presun- si ritrovò con un veicolo ormai pronto, con tutti gli ta dei compressori dell’epoca, ma dalla scarsa abitu- stampi e il telaio. Inoltre, nella gamma Fiat mancava dine degli autisti a usarli: i turbo all’epoca entravano un veicolo di questa fascia, coperta invece dai model- in azione di colpo e con molto ritardo, mentre i vo- li OM, azienda di proprietà Fiat dal 1935 ma ancora lumetrici venivano sovraccaricati per non scalare una completamente autonoma dal punto di vista tecnico. marcia. Come tutti i modelli citati, l’OM Tigre esisteva La Casa torinese pensò allora di lanciare sul mercato anche in versione aspirata. Era un medio piuttosto ru- civile due modelli derivati dal progetto NATO; il C40 vido, con motore a quattro cilindri, pur già con quat- e il C50. Nelle versioni di serie C40 e C50 avevano la tro valvole per cilindro; nella prima versione aveva cabina a giorno (qualcuna con il letto fu realizzata da una cabina derivata da quella del Super Orione ma in carrozzieri bresciani come Angelo Orlandi), le ruo- versione stretta. Nonostante la sua scarsa raffinatezza, te a disco su avantreno e retrotreno e uno stile anni tecnicamente inferiore ai concorrenti Fiat a 6 cilindri, Cinquanta, moderno ma non certo avveniristico. Un è stato usato per il trasporto più delicato del mondo, modello a guida arretrata, in Italia e in questa fascia ancora famoso oggi: quello della Pietà di Michelan- di peso, non poteva avere successo: i C40 e C50 ri- gelo che grazie agli auspici del cardinale Spellman fu masero in produzione per soli due anni, 1955 e 1956. inviata in esposizione a New York. Il suo trasporto Nel 1957, applicando una cabina che conservava il più ha dato fama imperitura alla Gondrand, azienda che possibile elementi in comune con quella del 682 N2 non esiste più, oggi è un secondo marchio di Fercam. e N3 ma più stretta, nacquero i nuovi medi a guida In realtà il Tigre, immortalato nelle foto in piazza San avanzata: 645, 650 e 662. Pietro all’uscita della Basilica, era stato utilizzato solo Le cabine della generazione del 682 N2, che con varie nel tratto urbano, mentre fuori Roma la statua era sta- modifiche e varianti caratterizzarono tutta la produ- ta spostata su un Fiat 662; al ritorno dagli Stati Uniti zione Fiat dei tre lustri 1955-1970, sono il volto più aveva invece viaggiato su un 643. noto del 682: mascherina ellittica e “baffo” orizzonta- Negli stessi anni l’Alfa Romeo produceva modelli le che la attraversa. Il modello, però, nacque nel 1952 ancora derivati da quelli anteguerra, aggiornati, ma con una cabina molto spartana, in lamiera stampata, di vecchia concezione nella struttura della cabina e un po’ come sui contemporanei modelli Bianchi. Era nei motori. I medi derivati dal 430 del 1939 si chia- assai poco confortevole, impossibile da coibentare, mavano 450 e 455, tra i modelli pesanti il capostipite per cui la Fiat la sviluppò tre anni dopo nell’iconi- è l’800 del 1940, da cui nacquero i 900 e 950 e, paral- ca versione con che esordì appunto con il 682 N2. lelamente, la gamma di modelli per il mercato brasi- Questo modello, che conobbe volumi di produzione liano. I primi esemplari furono fabbricati a Milano, mai visti prima, esisteva anche in versioni di nicchia: al Portello, ma gradualmente le lavorazioni furoro il trattore stradale 682 T2, ancora poco diffuso per- trasferite agli stabilimenti Aerfer (azienda che come ché i semirimorchi sarebbero diventati d’uso comune l’Alfa apparteneva al Gruppo IRI) di Pomigliano vent’anni dopo, e le versioni sovralimentate 682 N2S d’Arco, dove presto anche l’Alfa inaugurò la sua fab- e T2S, capaci di 25 CV in più (175 contro 150). Dal brica. I camion “carioca” furono inizialmente realiz- 682 N2S è stato derivato un trattore 6x2 con terzo zati in Italia e spediti completi, in un secondo mo- asse spinto (che sarebbe stato impossibile sistemare mento spediti smontati in casse e montati in Brasile, nell’interasse corto della versione trattore) allestito infine prodotti completamente là. Gli studi intanto dalla Vincenzo Orlandi. La sovralimentazione del in Alfa Romeo proseguirono e quando nel 1957 la 682 derivava dall’esperienza in Messico, dove il 682 Lancia uscì con una “astronave”, l’Esatau B, anche era costruito su licenza dalla Dina; siccome le potenze l’Alfa era pronta con un modello d’avanguardia, il per le strade messicane e il lavoro in quota con aria Mille. Era una macchina modernissima e potente, rarefatta non erano sufficienti, era stato aggiunto un molto comoda da guidare, probabilmente come im- turbocompressore. In Italia si era invece adottato il postazione di guida la più moderna dell’epoca. La volumetrico, sia sul 682 camion sia sul 306, che era la cabina aveva una linea al passo con i tempi, un bellis- versione autobus. La soluzione non ebbe fortuna per- simo disegno del cassone originale, ma scontava due ché l’insieme si rivelò piuttosto delicato: con l’uscita limiti: una certa delicatezza della meccanica e una del 682 N3 (1962) il cui motore aspirato aveva 177 certa mancanza di strategia, in quanto l’Alfa Romeo cavalli - due in più del 682 N2S - l’avventura della so- non credeva più tanto nella commercializzazione del vralimentazione finì. Anche la OM adottò, negli stessi camion e puntava più alle commesse pubbliche, cioè anni, il compressore volumetrico: lo fece sui Tigre S autobus e filobus. Vedendo che il Mille non aveva del 1958 e Titano S del 1961, con innesto manuale at- un gran successo commerciale, non ne proseguì lo traverso una frizione comandata da una leva sul pian- sviluppo e nel 1962 lo tolse dal listino. Continuò per tone dello sterzo. Nel 1962, invece, la Lancia adottò qualche anno a produrre gruppi per autobus, perché il turbo. Lo scarso successo della sovralimentazione diverse aziende di trasporto pubblico italiane e su-

10 damericane richiedevano ancora le meccaniche Alfa. 682 N3 (con mascherina specifica e doppi fari delle All’epoca del Mille il 455 proseguiva la stirpe degli berline 1300/1500) e un motore inglese Aec/Leyland. Alfa vecchio stile. Vincenzo Orlandi partendo dal te- Al posto del servosterzo dei Fiat, montavano la più ef- laio cabinato realizzò la versione trattore, cui abbinò ficace idroguida, come i Lancia, che permetteva di ster- un suo semirimorchio monoasse su cui Viberti co- zare da fermo senza accelerare il motore. Nonostante struì bellissime cisterne aerodinamiche proseguendo l’intuizione commerciale fosse buona, l’MF ebbe poca il cambio di quota delle fiancate della cabina, in que- fortuna. Una ragione fu la fragilità dei motori Leyland, sto caso. La fiancata con tre cambi di curvatura, e che a metà produzione furono sostituiti dal Fiat da 177 la coda sono decisamente di ispirazione americana, cavalli del 682 N3. Un’altra fu la capillare rete commer- così come riprendeva le linee di mezzi americani il ciale Fiat fiancheggiata dalla finanziaria Sava: l’MF era 3Ro Viberti del 1938. All’inizio degli anni Sessanta, disponibile sul mercato, già allestito e con garanzia del come già ricordato, l’industria italiana poté tornare a costruttore su tutto l’insieme, ma non era difficile otte- costruire camion 6x4. Sono esistiti almeno due 682 nere, tramite il concessionario Fiat, la trasformazione di N2 con il doppio ponte posteriore, che prefigurano un 690 a quattro assi e il relativo allestimento. il 693, mantenendo però la meccanica del 682: fu- In OM, nonostante il discreto successo commercia- rono dati ai Vigili del Fuoco, a quelli di Roma per il le del Super Orione, per il nuovo pesante, il Titano, servizio alle Olimpiadi del 1960, e a quelli di Torino si tornò al sei cilindri, soluzione oggi generalizzata, per Italia ’61; quello di Torino esiste ancora. È pos- tanto che lo adotta il camion stradale di serie più po- sibile che un 6x4 sia stato realizzato anche sulla base tente sul mercato (Volvo FH 770). Il Titano era una dell’OM Super Orione terza serie, ma bisognerebbe macchina molto moderna, la prima italiana a pre- avere una foto laterale per capire se in coda a questo sentare un parabrezza unico. Il suo motore nacque tre assi ci sono due ponti o un ponte e un assale folle da un progetto congiunto di OM e Saurer (Saurer con ruote gemellate (come sugli Scania LBS) e un tenterà invece di utilizzare la cabina del Titano su ponte motore. un suo modello rimasto allo stato di preserie). Nelle versioni successive il Titano adottò anche il com- Gli effetti del nuovo Codice della Strada pressore volumetrico e fu per un certo periodo il Nel 1959 fu adottato il nuovo Codice e aumentarono camion più potente d’Europa, con 237 cavalli. Per i pesi ammissibili. La Fiat introdusse nel 1960 il primo il grande comfort e visibilità occorre ricordare l’e- modello a tre assi: è il 6x2 690, con doppio avantreno. semplare unico ordinato nel 1961 dalla Centrale del Il Codice prevedeva anche i quattro assi; come in pre- Latte di Torino a Giovanni Michelotti, designer cui cedenza si trasformavano i modelli a due assi in tre, si devono camion famosi per Scammell e . Il così ora gli allestitori cominciarono a realizzare i quat- modello di Michelotti, prodotto da Vignale, prefigu- tro assi sulla base dei tre, così il 690 da 6x2 diventava rò i veicoli da distribuzione a guida ribassata come 8x2. Una piccola azienda di Tortona, invece, pensò Iveco Euromover, Mercedes Econic e Scania Serie di immettere sul mercato direttamente l’8x2 originale. L. La base era un telaio da autobus Lancia Esatau Era la OMT, Tortonesi, di pro- 703, modificato nella parte anteriore per abbassare prietà della famiglia Franzosi, che produceva i camion la zona guida. La porta sul fianco destro era quel- serie MF Meccanica Franzosi. la di un bus urbano, esattamente come sull’Econic, (Nota personale: l’OMT mi riporta al motivo per cui che però nacque trent’anni dopo. Il 703 di Michelotti ho conosciuto l’AISA: una conferenza sull’Itala di non fu prodotto in serie, ma le sue idee furono ripre- ventisei anni fa, tenuta al Museo della Scienza e della se da Rolfo per una piccola produzione, sempre su Tecnica dal mio collega Carlo Otto Brambilla. Carlo un telaio Lancia ma questa volta da camion, l’Esadel- Otto aveva raccontato la storia societaria dell’Itala, e ta C (tra i due veicoli ci fu un secondo prototipo, su quindi della società nata per liquidare l’Itala rilevan- Esadelta B). Il Rolfo era meno curato esteticamen- done i componenti e i pezzi di ricambio: aveva sede a te e soprattutto non usava più un telaio di autobus, Tortona ed era proprio l’OMT, della famiglia Franzosi. pratico nelle salite e discese, ma molto ingombran- L’OMT, che esiste tuttora come allestitore di cisterne, te, bensì uno da camion. Gli Esadelta Rolfo hanno è quindi l’erede dell’avventura industriale dell’Itala). dato buona prova: sono stati in servizio dagli anni All’epoca degli MF la OMT costruiva già cisterne per Sessanta al 1984; uscirono dal mercato non perché motrici, così come rimorchi e semirimorchi cisterna; l’impostazione della carrozzeria fosse superata, ma offriva autoarticolati e autotreni “chiavi in mano”, con a causa di nuove norme igieniche che imponevano la massima portata possibile: autoarticolati a sei assi e la refrigerazione del trasporto del latte (questi vei- autotreni a otto. Gli MF avevano il telaio OMT, due coli erano soltanto coibentati). I citati Esadelta ed avantreni Fiat, un ponte anch’esso Fiat, un quarto asse Esadelta B sono stati anche la base per un’autobotte- che, essendo un avantreno montato a rovescio era an- pompa con doppia cabina fornita in una cinquantina cora un complessivo Fiat, i lamierati di una cabina del di esemplari al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.

11 L’Esadelta era un camion medio, concorrente del Fiat no, Mario Bertuzzi, aveva fondato un’azienda che co- 642 e dell’Alfa Romeo 455, che si caratterizzava per struiva mezzi da cantiere riutilizzando le meccaniche un comando del riduttore non più meccanico come dei mezzi che gli eserciti alleati avevano lasciato nelle sul 642, bensì elettrico. Il riduttore era prodotto dalla basi sarde. L’azienda si chiama Astra, Anonima Sar- Eaton e la Lancia per prima lo applicò in Italia; esiste- da Trasporti, e iniziò la produzione con un dumper va già su alcuni veicoli inglesi e americani e si inseriva chiamato BM1. La sigla, che sta per Bertuzzi Mario, con un pulsante al centro del pomello del cambio, con fu utilizzata per diversi anni, anche quando l’azien- un comando simile a quello dell’overdrive di alcune da iniziò a produrre modelli con componenti nuovi, automobili. Insieme ai medi la Lancia produsse an- utilizzando motori Fiat, General Motors e Mercedes, che i leggeri. Negli anni Cinquanta presentò il Jolly su come nel BM19 di fine anni Sessanta, classico esem- meccanica dell’Appia; la trazione posteriore portava pio degli Astra a cabina singola, utilizzato come base il pianale di carico troppo in alto e la trasmissione si per ribaltabili e betoniere. rivelò poco adatta ai carichi rilevanti, perché il motore L’aumento del peso dei veicoli a due assi a 19 ton- era piccolo e relativamente poco potente. Il Jolly, con- nellate, deciso da alcuni importanti mercati sudame- corrente dell’MV o del Romeo, fu sostituito dal Super ricani e poi ventilato (e in misura minore messo in Jolly, più grande e con trazione anteriore (quindi con atto) anche in Europa, fece nascere nelle gamme dei pianale basso) e il motore boxer a quattro cilindri della costruttori italiani nuovi modelli più pesanti e robusti Flavia. Era leggero e veloce, con i limiti di una mec- di quelli degli anni Cinquanta, pensati per 14 tonnella- canica che accoppiava a un motore nato per le lunghe te. In casa Fiat il modello si chiamò 619, sigla anomala distanze e velocità elevate il cambio dell’Appia, mon- che sta all’incirca per “682, 19 tonnellate” e nacque tato su un avantreno con una meccanica a trazione con la cabina del 682 N3 per il mercato argentino; anteriore: una catena cinematica un po’ delicata che sarà venduto anche in Europa, presto sostituito da ne limitò la diffusione. Rimase comunque un ottimo una seconda serie, che si riconosce per i proiettori nel concorrente per il futuro Fiat 238, uscito nel 1967 e paraurti anziché in cabina. Lo stesso modello fu ven- basato sulla meccanica dell’ Primula. duto anche in Italia, dove il limite rimase 14 tonnella- Nel 1965 l’OM sostituì le sue cabine con quella pa- te, con la sigla 683 (anche in questo caso alludendo a noramica a parabrezza unico, decisamente più co- un’evoluzione del best-seller 682). Il 619 sarà un mo- moda. Il motore era ancora anteriore, sistemato tra dello di successo, tanto che il nome verrà mantenuto il passeggero e l’autista. Questo limite fu superato per il modello del 1969 completamente nuovo (619 quasi subito da una nuova serie con il motore spo- N1). La Lancia reagì con la serie degli Esagamma E stato in posizione paracentrale. Per il Leoncino si (dove la “E” sta per “Europa”, in quanto le 19 ton in trattò della settima generazione; arriverà a contarne discussione avrebbero riguardato tutti i Paesi CEE). Il otto, record assoluto tra i “cuccioli” OM. Il moto- primo modello fu il 519, che conservava grosso modo re era ancora collocato sull’avantreno, ma spostato la cabina della prima serie dell’Esagamma, il 516. Nel verso la parte posteriore del mezzo, per ricavare una 1968 arrivò il 520 migliorato anche nella distribuzione cabina con pavimento piatto e terzo posto centrale. dei pesi grazie alla cabina collocata a sbalzo dell’avan- Gli esemplari di questa serie si riconoscono per la treno. Il suo motore era l’unico in grado di fornire la mascherina divisa in tre fasce e con il nome del mo- potenza continuativa necessaria a travasare dal semiri- dello scritto al centro, mentre quelli che pur con la morchio cisterna ai serbatoi dell’aeromobile i 65mila cabina panoramica hanno il cofano in cabina hanno litri di carburante per un Boeing 747 contenuti nel più il modello scritto piccolo in diagonale e la mascheri- grande avio-rifornitore dell’epoca, il Viberti JR65. na con una griglia uniforme. Al motore si accedeva dalla cabina, fissa; il comando delle marce, che prima Da fine anni Sessanta potenza, era al volante divenne a pavimento. portata e anche comfort Il panorama dei camion costruiti in Italia dopo la Se- Un anno dopo la Fiat rinnovò i medi con una cabina conda Guerra Mondiale non include solo Alfa Romeo, luminosa, confortevole e innovativa, anche se critica- Fiat, Lancia e OM, nonché gli ultimi modelli Isotta ta per le sue misure d’accesso che penalizzavano gli Fraschini. Nel 1965 un importantissimo costruttore autisti più alti. Fu inaugurata con la generazione N2 di trattori agricoli, la Same di Treviglio, tentò di entra- del 645, 650 e 662, che per l’occasione ampliarono la re nel mercato dei trasporti eccezionali, in particolare gamma con il modello intermedio 655 e i semipesanti quello della consegna dei carri ferroviari a domicilio. 672 e 673. In Italia avranno successo, ma rimarran- Il suo Elefante nacque come trattore stradale 4x4 ma no a listino solo quattro anni, soppiantati dalla prima fu trasformato anche in trattore o carro a tre assi, sia gamma unificata Iveco. La produzione di questa cabi- nell’insolita configurazione 6x4 con i primi due assi na, soprannominata “Pancho”, fu trasferita alla parte- motori sia in una più normale versione 6x4. cipata brasiliana FNM, che produceva derivati del 673 Nei primi anni del dopoguerra un meccanico piacenti- come l’FNM 130, che rimasero in produzione fino a

12 metà anno Ottanta. Negli ultimi anni l’obbligo di ri- potenza adeguato alle richieste del nuovo Codice della spettare i volumi di produzione concordati dalla FNM strada per i trasporti internazionali. Su alcuni mercati con il governo brasiliano, che aveva sostenuto finan- d’esportazione il modello si chiamò 190.33 (o .35), in ziariamente gli stabilimenti automobilistici nazionali, quanto omologato per 19 tonnellate. Dal 170 evolve- portò la Fiat a importare in Italia i derivati del 673, ranno i 190, giunti con la serie Turbotech/Turbostar commercializzati come Iveco 129. L’eredità dei gran- all’inizio degli anni Novanta. di 6x4 italiani, Fiat 693, Lancia Esagamma 520.220 La generazione di nuovi motori per i pesanti stradali e OM Titano fu raccolta nel 1969 dal Fiat 697, che arrivò anche sui veicoli da cava, dove il 330.35 con il per un paio d’anni si affiancò ai Lancia e OM per poi motore V8 aspirato da 352 CV, erede dei 697 e 300, sostituirli. Montava il motore del 619 N1 e la nuova incontrò una notevole popolarità. In Italia all’epoca le cabina serie H; evolverà poi nel Fiat 300, commercia- 33 t distribuite su tre assi erano il massimo concesso lizzato anche con il marchio OM e una mascherina di ai veicoli da cantiere, mentre per altri mercati lo stesso poco diversa. Il 697 raccolse l’eredità dell’Esagamma mezzo veniva proposto come 8x4 da 40 t. Chiude la per il traino degli aviorifornitori Viberti. Per il mer- storia di questa generazione di veicoli la serie Turbo- cato argentino verrà prodotta anche una versione star/Turbotech, dove quest’ultimo, dotato solamente 6x6. Ancora con la cabina H, ma per la prima volta di motori a sei cilindri in linea da 300, 320 e 360, CV in versione ribaltabile, il 697 anticipava l’unione delle era il multiruolo per distribuzione regionale e compiti aziende di veicoli industriali del gruppo Fiat in quella speciali, meno famoso del glorioso fratello maggiore che nel 1975 sarà l’Iveco. Era ancora il 1969 e il mo- ma molto apprezzato per la sua robustezza ed econo- dello si chiamò OM 190 (sul mercato italiano; altrove mia d’esercizio. si chiamò Unic 340 o Fiat 340). Montava un motore Anche tra i medi la seconda metà degli anni Settan- V8 da 340 CV e 14 litri, progettato dell’Unic per la sua ta vide un fermento progettuale che unificò sotto serie Izoard, su un telaio completamente nuovo. Non una stessa cabina i modelli dei quattro marchi con- ebbe molto successo, soprattutto a causa di problemi fluiti nell’Iveco. Fiat, OM e Unic utilizzavano motori di cavitazione e correnti passive nel monoblocco, e fu raffreddati ad acqua e i loro modelli erano identici, sostituito dal più potente V8 da 17 litri di progetta- mentre la Magirus proseguì ancora per un decennio zione Fiat. L’eredità del “millepiedi” 690 con doppio l’offerta di motori raffreddati ad aria cui si affianca- avantreno, configurazione che soltanto la Fiat produ- rono, per le fasce di peso rimaste scoperte, quelli raf- ceva di serie, fu raccolta prima dal 691 N e poi dal freddati ad acqua di origine Fiat/Unic. Uno di questi 180 NC 6x2, entrambi con cabina H e ampiamente modelli fu il medio pesante 159.20, espressione mas- trasformati a quattro assi. Grazie alla disponibilità di sima della gamma media, omologato per 16 ton ma trattori potenti come i 683 ed Esagamma E si diffuse chiamato 159 per evitare l’omonimia con il 160 che anche in Italia il semirimorchio, a partire dai trasporti arrivava dalla gamma pesante. La gamma media si era internazionali dove i veicoli italiani si standardizzaro- rinnovata a partire da inizio decennio, ancora prima no rispetto a quelli dei trasportatori del resto d’Euro- della comparsa del logo Iveco (che per ora rimaneva pa; le versioni trattore 691 T e 180 NT 6x2 conobbero in second’ordine, al di sotto del marchio principale). quindi un discreto successo commerciale. Le cabine erano due, una più piccola utilizzata fino ai A metà anni Settanta giunse a fine carriera la serie dei modelli da 7,5 t, e una più grande che copriva la fascia “cuccioli” OM, sostituiti dai medi unificati Iveco serie da 8 a 10 t, come l’80NC. I loro motori a quattro o X e poi Z. Alla base della gamma, però, rimase un a sei cilindri (di origine sia Fiat sia OM) avranno una modello ancora derivato da quella popolarissima serie: vita molto lunga; agli inizi degli anni Duemila erano l’OM 40, venduto anche come Fiat o Unic 40 NC, che ancora in produzione in India, utilizzati dalla Ashok copriva la fascia di peso dell’Orsetto e utilizzava una Leyland per un modello che utilizzava la cabina del cabina derivata dall’ultima montata sui modelli OM, Ford Cargo (modello acquisito dall’Iveco con la Ford con un frontale ridisegnato. La popolarità dei suoi inglese). predecessori e una robustezza leggendaria lo man- Il 1978 vide anche l’esordio di un rivoluzionario com- tennero sulla breccia per molti anni, tanto che uscì di merciale che affiancava la struttura a telaio aperto dei produzione soltanto nei primi anni Ottanta, subendo camion con una cabina moderna a guida arretrata e anche un restyling a inizio decennio. un comfort di viaggio automobilistico: è il Daily, ven- Il nuovo V8 Fiat da 17 litri apparve nel 1975 e fu duto con i marchi Fiat, Magirus e Unic o con quello montato su un modello pesante pensato per i tra- OM con il nome di Grinta. Al primo motore di ori- sporti internazionali, per i quali esordì una versione gine automobilistica ( a quattro cilindri, 80 CV, a tetto alto della cabina H. Si chiamava 170.33 (NC lo stesso delle berline 131 e 132 in versione diesel) se autocarro, NT se trattore), commercializzato con si affiancarono via via motorizzazioni sovralimentate i marchi Fiat, OM e Unic; da lì a poco evolverà nella sempre più potenti. Tuttora il catalogo Iveco prevede versione da 352 CV 170.35, con un rapporto peso/ un Daily: il modello è giunto alla sesta generazione e

13 mantiene il telaio camionistico; i suoi motori arrivano a 210 CV e il peso raggiunge le 7,5 t, un tempo appan- naggio delle gamme medie. Un accordo commerciale con la International Harvester fece sbarcare a inizio anni Ottanta i veicoli Iveco negli Stati Uniti. La gam- ma media Z conobbe immediato successo per la sua economia d’esercizio, sconosciuta ai veicoli americani che in questa fascia utilizzavano motori a benzina “big block”, e per la capillare rete di assistenza garantita dall’International. Le difficoltà finanziarie della Casa americana porteranno però l’Iveco ad abbandonare il mercato Usa a circa un decennio dall’esordio.

14 Nasce l’autocarro italiano Antonio Amadelli

l veicolo industriale con propulsione a motore decenti più tardi: la cabina di guida avanzata posta sul Icompie quest’anno il suo ottantesimo* anniversa- gruppo propulsore e a sbalzo rispetto all’assale delle rio. Risale infatti alla primavera 1903 la realizzazione ruote direttrici, permetteva uno sfruttamento massi- dell’autocarro Fiat denominato 24 HP (dalla potenza mo del piano di carico posto sul telaio. nominale del motore a quattro cilindri che lo aziona- Il carro Fiat 24 HP pesava due tonnellate, era lungo va); a lui la giovane azienda torinese affidava le proprie cinque metri e 25 con un piano di carico di ben quat- chances di affermazione motoristica che già avevano tro metri, capace di una portata utile di 4000 kg alla trovato nelle prime vetture e vetturette costruite a par- velocità massima di 12 km all’ora. La trasmissione alle tire dal 1899 (anno di fondazione della società) signi- ruote posteriori avveniva per mezzo di catena. ficativi e immediati successi commerciali e sportivi, e L’inedito veicolo, oggetto dì interesse generale, venne non solo in Italia. accolto con unanime consenso, risultando evidente il “E’ nostro programma non solo quello di procede- vantaggio di trasportare merci con un mezzo più ra- re bene, ma di progredire”. Era un’esplicita dichiara- pido di quanto offerto con la trazione animale, desti- zione a voler fare sempre più e sempre meglio che la nato col tempo a diventare un poderoso elemento di Fiat rendeva nota ai suoi azionisti sul finire del 1902 progresso economico e sociale. impegnando le proprie risorse tecniche economiche Nel gennaio 1904 uno dei primi esemplari del camion e manageriali in settori che potremmo definire oggi Fiat partecipò con successo a due prove impegnative: “diversificati”, prevedendo l’applicazione del motore la prima, partendo da Torino per raggiungere Niz- a scoppio a ogni genere possibile di veicolo: terrestre, za via Genova con un carico di 3300 kg alla velocità marittimo, aeronautico. media di 13 km all’ora, senza che sì lamentasse in- Così, mentre le automobili della marca del sole nascen- conveniente; la seconda gareggiando (per la categoria te (tale era definita all’inizio del secolo la Fiat, per via autocarri) alla prova motoristica Milano-Nizza, orga- del suo marchio di fabbrica in cui compariva appunto nizzata parallelamente alla corsa motociclistica sullo un sole sorgente all’orizzonte) si facevano valere su una stesso tracciato stradale. concorrenza, soprattutto straniera, in parte già affer- Un exploit unico che confermò la validità del mez- mata commercialmente, i responsabili di corso Dante zo e che valse alla marca torinese le prime commesse (dove c’erano le prime officine Fiat) si lanciavano in dall’estero in questo campo. Fu, infatti, il ministero progetti nuovi e non meno importanti. della Guerra del Portogallo il primo ad acquistare su- Se il trasporto privato di persone era un fatto ormai bito il nuovo veicolo, imitato via via da altri enti pub- acquisito, il trasporto delle merci con sistemi motoriz- blici e privati Italiani ed esteri. zati era tutto da inventare. Un capitolo industriale e Lo stesso esercito impiegò un 24 HP nel corso del commerciale nuovo, dunque, non un semplice adatta- primo esperimento di “automobilitazione” a Brescia mento di progetti puramente ed esclusivamente auto- nel 1904 e poi nelle grandi manovre nella Valle del mobilistici già previsti e realizzati per altri scopi. Volturno. In quest’ultima occasione la Fiat aveva pre- Il primo autocarro Fiat (che era anche il primo in Ita- parato appositamente alcuni suoi autocarri per attac- lia) si presentava come novità e come innovazione carvi dei carri rimorchio, accrescendo in tal modo le concettuale. Novità perché mai prima di allora si era possibilità di carico e di impiego degli automezzi. affidato a un veicolo non a trazione animale il compi- Del camion 24 HP la Fiat produsse fino al 1906 circa to di trasportare con celerità, convenienza e sicurezza, trenta esemplari e da esso derivò, proprio in quell’an- su strade piane come in salita, merci di varia natura e no, il primo “omnibus” per servizio urbano di tra- di peso e ingombro anche notevoli. sporto passeggeri. Un autoveicolo nuovo e innovato- Innovazione, perché questo automezzo era stato stu- re anche questo che, con la inconfondibile­ sagoma a diato e realizzato anticipando addirittura (e di parec- due piani con “imperiale”, si inserì presto nel traffico chi anni) soluzioni tecniche che sarebbero riapparse cittadino delle principali città europee.

Antonio Amadelli, storico dell’industria, già direttore del Centro Storico *L’articolo è comparso per la prima volta sulla rivista “Il- Fiat e quindi del Museo Nazionale dell’automobile di Torino. Autore di lustratofiat”, nel maggio 1983, a firma di Antonio Amadelli, numerose pubblicazioni e collaborazioni giornalistiche. all’epoca direttore del Centro Storico Fiat.

15 Le Monografie AISA

124 I camion italiani 113 Topolinottanta 102 Best of British - Storia e tecnica del- dalle origini agli anni Ottanta L. Morello, A. Sannia, A. Silva le vetture inglesi da competizione Massimo Condolo Conferenza Aisa, Mirafiori Motor Villa- Conferenza Aisa in collaborazione con Conferenza Aisa, Fondazione Negri, ge, Torino, 19 giugno 2016 CPAE e Politecnico di Milano, Brescia, 19 ottobre 2019 Castell’Arquato (PC), 6 maggio 2012 112 La motorizzazione del Regio Eserci- 123 & Strips to nella Grande Guerra 101 Velocità e bellezza Le auto di Paperino e Topolino A. Saccoman, A. Molinari, F. Cappella- La doppia sfida dei progettisti Riccardo Daglia, Aldo Zana no, L. Ceva Valla F. Lombardi, A. Orsi, M. Forghieri, E. Conferenza Aisa, Milano, 23 marzo 2019 Conferenza Aisa, Scuola Militare Teullié Spada, L. , G. Rosani Milano, 5 marzo 2016 Conferenza Aisa in collaborazione con 122 Alfetta MEF (Museo Casa Enzo ) e Fon- la “vetturetta” che corse con i grandi 111 Scuderia Brescia Corse dazione Casa Natale , Patrick Italiano, Alessandro Silva, Fabio Dino Brunori Modena, 16 marzo 2013 Morlacchi, Lorenzo Ardizio Conferenza Aisa, Museo Mille Miglia, Conferenza Aisa, Museo Storico Alfa Ro- Brescia, 7 novembre 2015 100 Bugatti in Italia meo, Arese (MI), 10 novembre 2018 Conferenza Aisa in collaborazione con 110 La motorizzazione del dopoguerra Historic Club Schio e Bugatti Club Italia, 121 Jim Clark L. Boscarelli, A. Colombo, A. Sannia Schio, 12 novembre 2011 Graham Gauld, Gianni Cancellieri Conferenza Aisa, CMAE, Milano, Conferenza Aisa, Museo Nazionale 13 giugno 2015 99 Gilles Villeneuve visto da vicino dell’Automobile, Torino, 16 febbraio 2019 Le testimonianze di chi l’ha conosciuto 109 Fermo Immagine M. Forghieri, P. Scaramelli, S. Stohr, 120 Riflessioni tecniche sulla Formula 1 La fotografia e l’automobile - 1900-1940, J. Giacobazzi dagli anni Ottanta a oggi e l’obiettivo Modena, 19 maggio 2012 Enrique Scalabroni G. Cancellieri, G. Calvenzi Conferenza Aisa, Rocca di Vignola Conferenza Aisa, CMAE, Milano, 98 Vittorio Ghidella, (MO), 24 marzo 2018 28 marzo 2015 il manager del rilancio Fiat R. Gaffino Rossi, C. Callieri, P. G. Tron- 119 Riccardo Moncalvo. 108 Lancia: uomini, tecnica, vittorie ville, F. Zirpoli, L. Morello, M. Coppini Il fotografo dell’eleganza Conferenza Aisa in collaborazione con Museo Nazionale dell’Automobile di L. Boscarelli, E. Moncalvo, P. Giusti, L. CPAE e Facoltà di Ingegneria di Piacen- Torino, 27 ottobre 2012 Fioravanti, L. Ramaciotti, A. Sannia za (Politecnico di Milano), Castell’Ar- Conferenza Aisa, Museo Nazionale del- quato (PC), 9 maggio 2014 97 Modena e Motori: la Montagna, Torino, 17 febbraio 2018 gli anni Cinquanta visti da lontano 107 Giotto : K. Stokkum, G. Gauld 118 . I 60 anni del mito l’ingegnere costruttore Rocca di Vignola (MO), 4 giugno 2011 L. Boscarelli, R. Giolito, L. Morello, A. a cura di Lorenzo Boscarelli Sannia, R. Donati, C. Giuliani gennaio 2015 96 Sessantacinque anni tra moto e auto Conferenza Aisa, Museo Nazionale Sandro Colombo dell’Automobile, Torino, 18 novembre 106 Aerospecials - Automobili con moto- Milano, 31 marzo 2012 2017 ri d’aereo prima e dopo Emilio Ma- terassi 95 Ferrari. Mito, racconti, realtà - 117 Giovanni Savonuzzi Conferenza Aisa in collaborazione con Sessant’anni dalla prima vittoria in Il designer dei due mondi Biblioteca Comunale, Pro Loco di San Formula 1 G. Boetto Cohen, A. Silva, A. Sannia Piero a Sieve (FI) e “Il Paese delle corse”, L. Boscarelli, F. Lombardi, V. Stradi Conferenza Aisa, Museo Nazionale Auditorium di San Piero a Sieve, Fiorenzuola d’Arda (Piacenza), dell’Automobile, Torino, 31 marzo 2017 28 marzo 2014 8 maggio 2011

116 Correre nel dopoguerra. 105 Passioni & Progetti 94 Forme e creatività dell’automobile La scuderia Milan, 1946-1966 Innovazione e tradizione nelle auto cento anni di carrozzeria 1911-2011 A. Silva, A. Zana, L. Boscarelli da corsa made in A. Sannia, E. Spada, L. Fioravanti Conferenza Aisa, CMAE, Conferenza Aisa in collaborazione con Museo Nazionale dell’Automobile di Milano, 3 dicembre 2016 CPAE, Politecnico di Milano, Piacenza, Torino, 29 ottobre 2011 4 e 5 maggio 2013 115 Il record assoluto di velocità 93 Materiali e metodologie per motocicli 104 OM - gli uomini, le macchine, le corse per la storiografia dell’automobile A. Colombo Presentazione del libro di A. Silva Giornata in onore di Andrea Curami Conferenza Aisa, CMAE, Museo Mille Miglia, Brescia, ed Angelo Tito Anselmi Milano, 5 novembre 2016 19 ottobre 2013 Conferenza Aisa, Milano, 16 aprile 2011 114 Leonardo Fioravanti 103 Fermo Immagine rigore progettuale, onestà estetica Ercole Colombo fotografa la Formula 1 Conferenza Aisa, Show-room Fioravan- Conferenza Aisa, Milano, ti, Moncalieri, 10 settembre 2016 30 novembre 2013

16 92 L’Alfa Romeo di Ugo Gobbato 79 Aisa 20 anni 1988-2008 65 Ascari. Un mito italiano (1933-1945) Riedizione della Monografia 1 Tavola rotonda F. Amatori, E. Borruso, L. Boscarelli, M. I progettisti della Fiat nei primi 40 Milano, 28 maggio 2005 Fazio, A. Mantoan, P. Italiano, F. Morlacchi anni: da Faccioli a Fessia Conferenza Aisa in collaborazione con di 64 Itala, splendore e declino di una Università Commerciale Bocconi, Milano, 15 marzo 2008 marca prestigiosa Milano, 2 aprile 2011 Donatella Biffignandi 78 Vittorio Valletta e la Fiat Milano, 12 marzo 2005 91 Giorgio Valentini progettista indi- Tavola rotonda Aisa-Fiat pendente eclettico e innovativo Torino, 1 dicembre 2007 63 Piloti italiani: gli anni del boom settembre 2011 Tavola Rotonda 77 Dalla Bianchi alla Bianchina Autodromo di Monza, 90 : l’uomo e le sue auto Alessandro Colombo 29 gennaio 2005 Conferenza Aisa in collaborazione con Milano, 16 settembre 2007 CPAE, Fiorenzuola d’Arda (PC), 62 , dieci anni di successi 9 maggio 2010 76 60 anni dal Circuito di Piacenza, Tavola rotonda debutto della Ferrari Arese, Museo Alfa Romeo, 89 MV Agusta tre cilindri Tavola rotonda Aisa-CPAE 23 ottobre 2004 Conferenza Aisa in collaborazione con Palazzo Farnese, Piacenza, GLSAA-MV 16 giugno 2007 61 Carlo Felice Bianchi Anderloni: Cascina Costa di Samarate (VA), l’uomo e l’opera 22 maggio 2010 75 Giuseppe Luraghi nella storia Tavola rotonda dell’industria automobilistica italiana Museo dell’Automobile Bonfanti-Vimar 88 Il Futurismo, la velocità e l’automobile Tavola rotonda Aisa-Ise Università Boc- Romano d’Ezzelino, 8 maggio 2004 Conferenza Aisa in collaborazione con coni, Università Bocconi, Milano, 26 CMAE, Milano, 21 novembre 2009 maggio 2007 60 I mille giorni di Bernd Rosemeyer Aldo Zana 87 Mercedes-Benz 300SL 74 La Pechino-Parigi degli altri Milano, 20 marzo 2004 Tecnica corse storia Antonio Amadelli L. Boscarelli, A. Curami, A. Zana Palazzo Turati, Milano, 24 marzo 2007 59 Moto e corse: gli anni Settanta in collaborazione con CMAE Tavola rotonda Milano, 17 ottobre 2009 73 Laverda, le moto, le corse Milano, 29 novembre 2003 Tavola rotonda 86 Pier Ugo e Ugo Gobbato, Università di Vicenza, 3 marzo 2007 58 Le automobili che hanno fatto la sto- due vite per l’automobile ria della Fiat. Progressi della moto- con il patrocinio del Comune di Volpa- 72 100 anni di Lancia rizzazione e società italiana. go del Montello, Milano, 14 marzo 2009 Tavola rotonda, Museo Nicolis, Giorgio Valentini, Lorenzo Boscarelli Villafranca di Verona (VR), Milano, 7 giugno 2003 85 Jean-Pierre Wimille 25 novembre 2006 il più grande prima del mondiale 57 Dalla carrozza all’automobile Alessandro Silva 71 1950-1965. Lo stile italiano E. Aspetti, L. Boscarelli, S. Pronti in collaborazione con Alfa Blue Team alla conquista dell’Europa Piacenza, 22 marzo 2003 Milano, 24 gennaio 2009 Lorenzo Ramaciotti, Palazzo dell’Arte, Milano, 14 ottobre 2006 56 Le moto pluricilindriche 84 Strumento o sogno. Il messaggio Stefano Milani pubblicitario dell’automobile 70 Sport Spider, Milano, 30 novembre 2002 in Europa e Usa 1888-1970 40 anni tra attualità e storia Aldo Zana in collaborazione con Tavola Rotonda 55 Carrozzeria Bertone 1912 - 2002 CMAE, Milano, 29 novembre 2008 Torino, 21 maggio 2006 Tavola rotonda Torino, 30 ottobre 2002 83 La Formula Junior 69 L’evoluzione della tecnica cinquanta anni dopo 1958-2008 motociclistica in 120 anni 54 L’ing. Piero Puricelli e le autostrade Andrea Curami Alessandro Colombo Francesco Ogliari Monza, 7 giugno 2008 Milano, 25 marzo 2006 Milano, 18 maggio 2002

82 Alle radici del mito. Giuseppe Merosi, 68 Dalle corse alla serie: l’esperienza 53 Come correvamo negli anni Cinquanta l’Alfa Romeo e il Portello nelle competizioni Tavola rotonda Conferenza Aisa-CPAE, Mario Mezzanotte Milano, 12 gennaio 2002 Piacenza, 11 maggio 2008 Milano, 25 febbraio 2006 52 L’evoluzione dell’auto 81 I primi veicoli in Italia 1882-1899 67 Giulio Carcano, il grande progettista fra tecnica e design Conferenza Aisa-Historic Club Schio, della Moto Guzzi Sandro Colombo Vicenza, 29 marzo 2008 A. Colombo, A. Farneti, S. Milani Verona, 8 ottobre 2001 Conferenza Aisa in collaborazione con 80 Automobili made in Italy. CMAE, Milano, 26 novembre 2005 51 Quarant’anni di evoluzione Più di un secolo tra miti e rarità delle monoposto di formula Tavola rotonda 66 Corse Grand Prix Giampaolo Museo dell’Automobile Bonfanti-Vimar, e Formule Libre 1945-1949 Milano, 8 maggio 2001 Romano d’Ezzelino (VI), 1 marzo 2008 Alessandro Silva Torino, 22 ottobre 2005 50 Carrozzeria Ghia Design a tutto campo Tavola rotonda Milano, 24 marzo 2001

17 49 Moto e Piloti Italiani 33 D’Annunzio e l’automobile 17 Gilera 4 - Tecnica e storia Campioni del Mondo 1950 Tavola rotonda Sandro Colombo Alessandro Colombo Milano, 22 marzo 1997 Milano, 13 febbraio 1993 Milano, 2 dicembre 2000 32 Lancia - evoluzione e tradizione 16 Tazio Nuvolari tra storia e leggenda 48 1950: le nuove proposte Alfa Romeo Vittorio Fano Tavola rotonda 1900, Fiat 1400, Milano, 30 novembre 1996 Milano, 17 ottobre 1992 Giorgio Valentini Milano, 8 ottobre 2000 31 Gli aerei della Coppa Schneider 15 La vocazione automobilistica di To- Ermanno Bazzocchi rino: l’industria, il Salone, il Museo, 47 Come nasce un’automobile Milano, 26 ottobre 1996 il design negli anni 2000 Alberto Bersani Tavola rotonda 30 I motori degli anni d’oro Ferrari Milano, 21 settembre 1992 Torino, 23 settembre 2000 Mauro Forghieri Milano, 24 settembre 1996 14 Pubblicità auto sui quotidiani 46 3500 GT 29 La Carrozzeria Touring vista da... (1919-1940) una svolta aperta al mondo Tavola rotonda Enrico Portalupi The Maserati 3500 GT (English text) Trieste, 15 settembre 1996 Milano, 28 marzo 1992 Giulio Alfieri Milano, 12 aprile 2000 28 75-esimo Anniversario 13 La nascita dell’Alfasud del 1° Gran Premio d’Italia e Domenico Chirico 45 Tavola rotonda Milano, 13 giugno 1991 Pierugo Gobbato Brescia, 5 settembre 1996 Milano, 11 marzo 2000 12 Tre vetture da competizione: espe- 27 Ricordo di Ugo Gobbato 1945-1995 rienze di un progettista indipendente 44 Il record assoluto di velocità su terra Duccio Bigazzi Giorgio Valentini Gli anni d’oro: 1927-1939 Milano, 25 novembre 1995 Milano, 20 aprile 1991 Ugo Fadini Milano, 21 ottobre 1999 26 Intensamente 11 Aspetti meno noti delle produzioni Nino Balestra Alfa Romeo: i veicoli industriali 43 L’aerodinamica negli anni Venti e Milano, 28 ottobre 1995 Carlo F. Zampini Salazar Trenta - Teorie e sperimentazioni Milano, 24 novembre 1990 Franz Engler 25 Cesare Bossaglia: ricordi e testimo- Milano, 4 giugno 1999 nianze a dieci anni dalla scomparsa 10 Mezzo secolo di corse automobilisti- Tavola rotonda che nei ricordi di un pilota 42 Adalberto Garelli Milano, 21 ottobre 1995 Giovanni Lurani Cernuschi e le sue rivoluzionarie due tempi Milano, 20 giugno 1990 Augusto Farneti 24 Moto Guzzi e Gilera: Milano, 17 aprile 1999 due tecniche a confronto 9 L’evoluzione del concetto di sicurez- Alessandro Colombo za nella storia dell’automobile 41 La Carrozzeria Zagato vista da... Museo dell’Automobile Bonfanti-Vimar, Tavola rotonda Tavola rotonda Romano d’Ezzelino, 7 giugno 1995 Torino, 28 aprile 1990 Trieste, 13 settembre 1998 23 Le Benelli bialbero (1931-1951) 8 Teoria e storia 40 Tenni e Varzi nel cinquantenario Augusto Farneti del desmodromico Ducati della loro scomparsa Milano, 18 febbraio 1995 Fabio Taglioni Convegno Milano, 25 novembre 1989 Milano, 7 ottobre 1998 22 Tecniche e tecnologie innovative nelle vetture Itala 7 Archivi di storia dell’automobile 39 Il futurismo e l’automobile Carlo Otto Brambilla Convegno Convegno Milano, 8 ottobre 1994 Milano, 27 ottobre 1989 Milano, 16 maggio 1998 21 I record italiani: 6 La progettazione automobilistica 38 I fratelli Maserati e la OSCA la stagione di Abarth prima e dopo l’avvento del computer Tavola rotonda Tavola rotonda Tavola rotonda Genova, 22 febbraio 1998 Museo dell’Automobile Bonfanti-Vimar, Milano, 10 giugno 1989 Romano d’Ezzelino, 16 aprile 1994 37 Enzo Ferrari a cento anni dalla nascita 5 Il rapporto fra estetica e funzionalità Tavola rotonda 20 Lancia Aurelia nella storia della carrozzeria italiana Milano, 18 aprile 1998 Francesco De Virgilio Tavola rotonda Milano, 26 marzo 1994 Torino, 18 febbraio 1989 36 La Carrozzeria vista da... Tavola rotonda 19 Battista Pininfarina 1893-1993 4 Le moto Guzzi da corsa degli anni Trieste, 14 settembre 1997 Tavola rotonda Cinquanta: da uno a otto cilindri Torino, 29 ottobre 1993 Giulio Carcano 35 Passato e presente dell’auto elettrica Milano, 5 novembre 1988 Tavola rotonda 18 Antonio , Milano, 26 maggio 1997 pioniere del motorismo italiano 3 Maserati Birdcage, Giovanni Chiribiri una risposta ai bisogni 34 Gli archivi di disegni automobilistici Milano, 27 marzo 1993 Giulio Alfieri Tavola rotonda Torino, 30 aprile 1988 Milano, 19 aprile 1997

18 2 Alfa Romeo: dalle trazioni anteriori di Satta alla 164 Giuseppe Busso Milano, 8 ottobre 1987

1 I progettisti della Fiat nei primi 40 anni: da Faccioli a Fessia Dante Giacosa Torino, 9 luglio 1987

I libri AISA riservati ai soci

Piloti dell’altro mondo Come non ci fosse un domani Come si correva tanto tempo fa Stile di corsa e di vita anni Cinquanta Nuova edizione delle Monografie Nuova edizione delle Monografie Nuvolari (16), Varzi (40), Lurani (10) Maserati e OSCA (38), Le corse negli a cura di Aldo Zana anni ‘50 (53), Ascari (65) Copertina cartonata a cura di Aldo Zana Pagine 166 Copertina cartonata Formato 230 x 280 mm Pagine 192 Formato 230 x 280 mm

Didascalia

19 AISA Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile

AISA è l’associazione culturale che dal 1988 promuove studi e ricerche sulla storia e sulla cultura dell’au- tomobile, della moto e di altri mezzi di trasporto. I suoi soci sono persone, enti, associazioni o società che condividono questo interesse per passione o ragioni professionali. L’obiettivo fondante dell’AISA è la salvaguardia di un patrimonio di irripetibili esperienze vissute e di documenti di grande interesse storico. Nella sua attività, l’Associazione ha coinvolto protagonisti di primo piano e testimoni privilegiati del mondo dell’auto e della moto: sono state organizzate conferenze e tavole rotonde, il cui contenuto è re- gistrato nelle Monografie distribuite ai soci. La qualità e quantità delle informazioni e dei documenti delle Monografie ne fanno un riferimento di grande valore.

Per diventare soci è sufficiente compilare l’apposita richiesta sul sito dell’Associazione: www.aisastoryauto.it

Since 1988 AISA, an Italian cultural association, has promoted and published researches and documents about culture, development, and history of the automobile, the motorbike and other means of transportation. AISA members are individuals, companies, institutions sharing the interest in motoring either as a personal passion or for professional reasons. AISA founding objective was, and still is today, the preservation of the wealth of personal and corporate expe- riences and documents of historical value. AISA organizes conferences, roundtables, and symposia focusing on protagonists and key moments of the automobile and motorbike history. The proceedings are scholarly edited and published in illustrated booklets, the “Monografie”, distributed free to members. The booklets create a collection of unique historical documen- tation.

The form to join AISA is in the Association’s Website: www.aisastoryauto. it

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AISA si dichiara disponibile a regolare eventuali spettanze per quelle immagini di cui non sia stato dato reperire la fonte. Si ringraziano per la collaborazione: Donatella Biffignandi, Mauro Negri Pubblicazione a cura della Società Editrice Il Cammello, Torino

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