EMILIO PUGNO” CGIL Regionale Del Piemonte Camera Del Lavoro Di Torino FIOM CGIL Del Piemonte
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1 ASSOCIAZIONE “EMILIO PUGNO” CGIL Regionale del Piemonte Camera del Lavoro di Torino FIOM CGIL del Piemonte Il racconto della memoria Storia della SCA a cura di Ruggero Pugno Dopo la fase decisiva di crescita degli anni ’60, il Sindacato si rinnova nei Consigli. Ma nei Consigli stessi, e, a maggior ragione, nelle strutture esterne ai luoghi di lavoro, la CGIL, e il Sindacato nella sua fase unitaria, rimane strutturalmente ambiguo. A Torino, un nucleo dirigente fondamentale attraversa queste contraddizioni mantenendo a lungo un equilibrio organizzativo e politico di forte carattere progressivo …… il cui fondamento è il potere contrattuale sui luoghi di lavoro ed una estensione dell’intervento del movimento sindacale sui temi delle riforme sociali e della programmazione economica…… su un indirizzo strategico nel quale lo sviluppo del potere contrattuale si associ, si integri con la politica delle riforme, il cui successo è legato precisamente a questa associazione e integrazione Sergio Garavini 2 Questo libro è dedicato: all’amico Michele Giannatempo, all’amico Valentino Formaggi, all’amico Franco Isnardi, ad Alessandro Tarzariol, al Signor Oddone e alla Signora Oddone Un ringraziamento a quelli che hanno contribuito e creduto alla sua realizzazione ed uno in particolare all’amico e storico Donato Antoniello 3 PREFAZIONE Il lavoro del disegnatore tecnico di carrozzeria è un’attività che nasce e si costruisce con una buona dose di perseveranza e di volontà. Deve piacere; poiché è molto selettivo ti può far stare al palo o diventare un progettista. Non esiste una laurea per il progettista di carrozzeria, esiste quella da ingegnere di meccanica, motorista, aeronautica, architettura, per cui, in carrozzeria, ti devi creare il mestiere e perfezionarlo sempre più da solo. Il periodo che si vuole affrontare va dagli anni ’30 agli anni ’80. Volutamente non si prosegue oltre perchè cambia lo scenario del lavoro in generale e per cui quel periodo sarà visto sinteticamente nel capitolo conclusivo. Si considererà volutamente e solamente l’area di Torino analizzando inizialmente il periodo fra gli anni ’30 fino agli ’60, e che, escludendo volutamente le Grandi Industrie, per esempio Fiat, sono stati nel campo automobilistico uno scenario di grande creatività artigianale e manageriale che molto ha preparato e caratterizzato i futuri progettisti di carrozzeria sia a livello di grande industria che nella crescita di uffici tecnici di carrozzeria privati. Dagli anni ’60 agli anni ’80 vi è stata una esplosione di chi ha scelto la strada del disegnatore di carrozzeria, aiutati da scuole, come il Birago, che ne insegnavano i concetti base. Negli anni ’60 erano pochi gli uffici privati di progettazione di carrozzeria, la UTS, la UTIV e la SCA (Studio Carrozzeria Automobili) che ha rappresentato uno dei più creativi uffici in cui si sono formati personaggi successivamente distribuiti in varie direzioni con crescite professionali diverse sia nell’ambito di carrozziere che in quello privato, dando anche vita ad ulteriori uffici tecnici privati di carrozzeria. Il capitolo che tratta gli anni ’30 / ’50 descrive una realtà di Torino piena di costruttori di automobili e autocarri la più variegata, uniti da una unica fonte che era la Fiat; i suoi telai della 500 e della 1100 hanno rappresentato la base di ogni iniziativa, e si vogliono qui citare in quanto vi sono presenti delle iniziative che, come concetti, sono poi state riprese molto più tardi rappresentando anche la base della grande fertilità creativa, nel campo automobilistico, della città sotto tutti i suoi aspetti. Nel 1937 ad esempio le prime porte controvento, sempre in questo periodo il primo autocarro a tre assi ricavato dalla 500 A, nel 1947 un mezzo che andava incontro ad esigenze commerciali e di famiglia contemporaneamente, nello stesso periodo gli attuali pick-up, tagliando la parte posteriore della vettura ed applicando un cassone metallico, un furgone uso ufficio con i sedili girevoli, gli schedari sulle pareti, la possibilità di appoggiare la macchina da scrivere; tutti però confluirono nella costruzione di autovetture da competizione o in elaborazioni meccaniche, e la creazione di cabriolet, spider e coupè fu collaterale e solo per pochi la primaria. Non erano indotto, ma erano la creatività e l’alternativa alla rigidità produttiva delle grandi industrie. Gli anni ’60 / ’80 permettono invece di mettere in luce e descrivere il lavoro del disegnatore di carrozzeria appunto attraverso l’evoluzione della SCA e la nascita di vari altri uffici privati, del modo di lavorare, degli attrezzi necessari e della loro evoluzione; non producendo un prodotto finito, come le officine o gli stabilimenti ancorché i modellatori o gli stampisti, si era sempre relegati come entità della filiera, non visibili. La SCA vive tutte le contraddizioni e le conquiste di quegli anni; è uno dei primi uffici tecnici privati, il primo ad esercitare le conquiste sindacali e contrattuali di quei periodi, il primo ad avere una grande espansione senza una officina collegata, il primo a seguire la strada del personale in trasferta presso altre aziende. 4 SOMMARIO Cap. 1 - La GHIA: fucina di personaggi futuri della SCA Cap. 2 – Dalla STA (Studio Tecnico Autoveicoli) alla SCA (Studio Carrozzerie Automobili) 2. 1 Gli Oddone e Tarzariol Il Signor Oddone La Signora Oddone Il Sig. Tarzariol Alessandro Cap. 3 – La SCA. Il Lavoro ed i clienti 3. 1 – Lo sport 3. 2 – Le lotte e il contratto aziendale Cap. 4 – Il movimento dei lavoratori nel periodo di vita della SCA (1966/1983) a cura di Donato Antoniello Cap. 5 – Il disegnatore tecnico di carrozzeria e i suoi strumenti Appendice L’autovettura Simca Le Carrozzerie torinesi piccole e medie dopo la prima guerra mondiale Le maestranze SCA di Corso Tassoni, Via Loano e Corso Francia di Collegno – Collaboratori – Assunzione – Dimissioni 5 Capitolo 1 – La Ghia: fucina di personaggi futuri della SCA La carrozzeria Ghia nasce nel 1915 e già negli anni trenta era uno dei nomi dello stile automobilistico italiano; una buona base per fuoriserie di grandissima eleganza e raffinatezza, progettate dallo stesso Giacinto Ghia, sotto l’influenza del Conte Revelli, suo occasionale collaboratore. Dopo la morte di Ghia, nel 1944, la sua carrozzeria mutò più volte proprietario ma soprattutto cambiarono sovente gli stilisti, cosicché si succedettero rapidamente numerose e diverse linee. Nel 1963, quando arrivai alla Ghia, l’impatto fu sicuramente gradevole. La Ghia era una carrozzeria che faceva stile, progettazione, modelli, officina per prototipi. Si trovava in Via ……….. con a fianco la ferrovia e di fronte la OSI, Officina Stampaggi Industriali. Qui ho conosciuto persone che successivamente ho poi ritrovato in altre aziende. Il capo ufficio era il Sig. Coggiola che controllava sia lo stile che la progettazione. In quell’anno lavoravano in un unico ufficio divisi solo da paratie; lo stile aveva come responsabile il Sig. Sapino e come maestranze il Sig. Fracchia ed il Sig. Faccari Roberto, la progettazione aveva come responsabile il Sig. Tarzariol Alessandro e come maestranze il Sig. Capello, il Sig. Isnardi Franco, il Sig. Giolito Vittorio, il Sig. Ballarini, il Sig. Spadetti Guido, il Sig. Prandini ed io. Il Sig. Genta, in quanto disegnatore meccanico era autonomo. Di tutto il gruppo l’Europeo fa un articolo con tanto di foto mentre si lavora. In seguito, qualche anno dopo, con l’arrivo del Sig. Giugiaro dalla Bertone, l’apparato di stile si sposta sempre sullo stesso piano ma oltre l’area direzionale e diventa una entità riservata. Il primo anno oltre a disegnare viti e staffette ed imparare a scrivere sui disegni a mano libera con centinaia di fogli riempiti da alfabeto e numeri (solo con la maturità ci si rende conto di quanto serviva il tutto ), ho fatto il fotografo nell’ufficio fotografico ed il copista per la progettazione. Le foto erano quelle delle vetture che la Ghia faceva per i vari saloni nel mondo e l’operare lì assieme al fotografo ufficiale, Sig. Marchisio Paolo, mi ha trasmesso la passione per la fotografia al punto da avere poi in casa una camera oscura e collaborare in varie iniziative private e pubbliche. Al di là della goduria di manipolare queste attrezzature della GHIA dai costi proibitivi con le quali, quando ti chiudevi dentro alla camera oscura, ti sembrava di essere un grande, la parte più folcloristica era sempre la preparazione delle buste per i giornalisti da consegnare nei vari Saloni dell’Auto. Poiché tutta la filiera era autonoma, dalle segretarie agli operativi, si era impegnati i tre giorni e le due notti prima del Salone a stampare foto, ciclostilare i comunicati, impaginare nelle buste, classificarle per importanza e sovente a cambiare tutto perché lo stile di un modello cambiava all’ultimo momento e l’officina arrivava con le modifiche poche ore prima alla partenza del modello per il Salone se non finirlo nel proprio stand al Salone; era una baraonda di persone che andava e veniva, mangiava panini, dormiva sulle poltrone ma immancabilmente tutto era pronto all’apertura del Salone dell’Auto ovunque esso fosse. La parte di copista, anche se presa sempre con spensieratezza, era la meno simpatica; sempre per un problema di autonomia di filiera anche le copie dei disegni venivano fatte all’interno; il mezzo era una struttura in fusione, fissata al muro ad altezza di uomo, di forma rettangolare con una base come una scatola da scarpe e alta circa 1,70 mt. Si apriva la parte verticale anteriore e all’interno vi era un contenitore sempre in fusione e poco più piccolo della struttura stessa, totalmente aperto nella parte superiore, ed una griglia ad una distanza di circa cinque cm dalla sommità del contenitore. Si doveva riempire a vista il contenitore con ammoniaca pura, lì nella sala tiratura copie, e collocarlo nella struttura dove preventivamente era stata inserita arrotolata la copia da 6 sviluppare; si chiudeva la struttura ed in base ad una esperienza propria e su quanto era lunga la copia si teneva la medesima dentro.