Dizionario-Arbereshe-Italiano
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Gajës, Nikoloit e Rozanës A Gaia, Nicolò e Rosanna www.jemi.it Distribuito da GAETANO GERBINO FJALORI ARBËRISHT-ITALISHT I HORËS SË ARBËRESHËVET Dizionario arbëresh - italiano della parlata di Piana degli Albanesi www.jemi.it PALERMO Distribuito da Pubblicazione a cura della biblioteca comunale «G. Schirò» di Piana degli Albanesi (PA) 2007 © Comune di Piana degli Albanesi Bashkia e Horës së Arbëreshëvet GERBINO, Gaetano Fjalor arbërisht-italisht i Horës së Arbëreshëvet : Dizionario arbëresh – italiano della parlata di Piana degli Albanesi / Gaetano Gerbino ; presentazione di Pietro Manali ; prefazione di Matteo Mandalà . - Palermo : [s.n.] , 2007. 168 p. ; 24 cm. – (Quaderni di Biblos : Guide e manuali ; 19/4) 1. ALBANESI D’ITALIA – Dizionari 2. PIANA DEGLI ALBANESI – Lingua – Dizionari I. MANALI, Pietro II. MANDALÀ, Matteo 491.991 Lingua albanese CDD 20 Scheda catalografica a cura di S. Fusco e G. Ferrara www.jemi.it Questo volume è stato realizzato grazie al sostegno finanziario di cui agli interventi attuativi della L. 482/99 per l’es. 2002 – Progetto “Arbëria 2002” Distribuito da PRESENTAZIONE La storia delle battaglie per la salvaguardia e per lo sviluppo delle peculiarità culturali e linguistiche delle comunità arbëreshe di Sicilia è ormai plurisecolare. Dagli sforzi geniali di Padre Giorgio Guzzetta, il più lungimirante degli intellettuali arbëreshë, a quelli di Paolo Maria Parrino, di Niccolò Chetta, Niccolò Figlia e Demetrio Camarda, alle opere letterarie di Gabriele Dara e Giuseppe Schirò, alle memorie di Giorgio Costantini e Giuseppe Bennici, alla produzione letteraria contemporanea di Giuseppe Schirò Di Maggio, agli studi linguistici di Antonino Guzzetta e quelli filologici e letterari di Matteo Mandalà, all’operosità di Gaetano Gerbino, trascurando colpevolmente molti altri il cui elenco sarebbe molto lungo, costante è stato l’impegno degli Arbëreshë per garantire la sopravvivenza culturale delle loro comunità e la ricerca degli strumenti idonei per sostenerla e svilupparla. Storicamente è stato il clero bizantino-greco delle comunità a sobbarcarsi prevalentemente questo compito storico, senza il suo intervento oggi si dovrebbe parlare e scrivere d’altro e non di presenza vitale di quella cultura. A quest’opera è doveroso aggiungere, in tempi più recenti, l’impegno di altre istituzioni, accademiche e non, pubbliche e non, le quali, superando in alcuni casi la scarsa incisività della propria azione oppure, in altri casi, una vera e propria lunga assenza, hanno cominciato a offrire, forse perché decisamente sollecitate da alcune importanti novità legislative, prima timidamente e poi sempre più efficacemente, il proprio doveroso contributo. Da pochi anni, a supporto e completamento degli strumenti a disposizione, sono intervenute anche alcune forme specifiche di tutela, previste dalla legge n. 482/99 e – ancora prima – dalla legge regionale n. 26/98, che i legislatori hanno voluto affidare alle istituzioni delle popolazioni minoritarie medesime: scuole, comuni, università, istituzioni religiose, mezzi di comunicazione di massa, associazioni, biblioteche, musei etc. A qualche tempo di distanza dalla loro promulgazione entrambe le norme, comunque, presentano lacune e tratti di obsolescenza che richiedono nuovi interventi legislativi, nazionali e regionali. Nella lunga vertenza, durata quasi mezzo secolo, con lo stato centrale per ottenere riconoscimento e tutela giuridica, le comunità hanno scelto di non attestarsi su una millenaristica attesa ma di operare, in ogni caso e con gli strumenti a loro disposizione, sulla base del convincimento, rivelatosi nel tempo vincente, che quanto non espressamente vietato dall’ordinamento offriva notevoli spazi di agibilità che meritavano di essere occupati e utilizzati. Così sono nate, ad opera di alcuni Enti locali, strutture culturali non ancora presenti nella www.jemi.it comunità, come biblioteche e musei, diventati centri propulsori di idee e di progetti. Sono stati organizzati diversi importanti convegni internazionali, fondata un’attività editoriale, ancora oggi molto cospicua e qualificata. Sono stati introdotti elementi di segnaletica bilingue e si è dato impulso, altresì, all’associazionismo privato che ha promosso la pubblicazione di riviste in lingua arbëreshe, la formazione di compagnie teatrali, di gruppi folcloristici, la fondazione di radio locali, attualmente quest’ultime purtroppo assenti.All’assoluto rilievo delle attività scientifiche delle Cattedre di lingua e Distribuito da letteratura albanese presso l’Università di Palermo si è aggiunta una nuova attenzione delle scuole dell’obbligo tradottasi in attività finalizzate allo studio e alla divulgazione della cultura “locale” . Con largo anticipo rispetto alla promulgazione della L. 482/99, erano già stati pubblicati due manuali (Udhëtimi e Rruga e mbarë) per l’insegnamento della lingua arbëreshe nelle scuole elementari e medie grazie a un progetto comunitario, “Skanderbeg 3000’’, sostenuto dalla Comunità Europea in regime di partenariato con il Comune di Piana degli Albanesi e il Comune di Palermo, la Provincia regionale di Palermo, gli altri comuni arbëreshë di Sicilia e le rispettive istituzioni scolastiche, vari Istituti universitari, nazionali e stranieri, nonché enti di altre minoranze linguistiche storiche italiane come l’Istituto culturale ladino. Prima della L. 482/99, dunque, senza affidarsi a messianiche attese di salvezza da parte di terzi, si è realizzata una politica culturale secondo un modello assolutamente originale di intervento “reticolare” e però sistemico i cui nodi (formazione, tutela, valorizzazione, sviluppo culturale e socioeconomico) concorrono al raggiungimento dei comuni obbiettivi. È, ancora oggi, il modello di riferimento del ceto dirigente delle comunità. La pubblicazione della legge quadro in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche ha segnato un punto di approdo da cui era necessario subito ripartire per renderne operanti le importantissime affermazioni di principio nonché, sulla scia del lavoro già fatto, le fasi di attuazione. A tal fine la Provincia regionale di Palermo, su impulso delle comunità ha dato vita al progetto “Brinjat”, giunto alla quarta annualità, che contiene un “pacchetto di misure” finalizzate ad attuare una politica territoriale di tutela e di salvaguardia, rivelatasi nel tempo efficace e incisiva. Prodotto di queste attività sono state numerose pubblicazioni scientifiche e una piccola enciclopedia multimediale sugli Albanesi di Sicilia in cd rom realizzata in collaborazione con la Cattedra di lingua e letteratura albanese presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Palermo. Gli interventi attuativi della Legge n. 482/99, affidati a scuole e comuni, sono stati il naturale proseguimento di quanto precedentemente progettato e attuato, nel caso di Piana degli Albanesi, mediante corsi di formazione linguistica, l’apertura di sportelli linguistici, la traduzione e stampa di testi culturalmente ed istituzionalmente rilevanti, come la guida turistica “Hora e Arbëreshëvet” tradotta in arbëresh da Giuseppe Schirò di Maggio, oppure il commento, effettuato in arbëresh da Gaetano Gerbino, di una videocassetta sul paese o, ancora, l’installazione di segnaletica bilingue. Non è mancata l’elaborazione di un progetto che nutre l’ambizione di cimentarsi con gli strumenti della comunicazione contemporanea attraverso la realizzazione di Alba, un progetto di multimedialità centrato sulla produzione di documentari d’autore sulla minoranza arbëreshe. In questo contesto e nell’ambito degli interventi attuativi della L. 482/89 per l’esercizio 2002, si colloca la pubblicazione di questo dizionario di Gaetano Gerbino, che riempie, a suo modo, un vuoto già pesantemente avvertito nelle precedenti attività. Le coordinate metodologiche e scientifiche dell’opera sono illustrate dal suo autore e da Matteo Mandalà, direttore scientifico del complesso degli interventi. La legge di tutela ha, indirettamente e definitivamente, sciolto un nodo importante, all’epoca ancora ampiamente dibattuto e non ancora definitivamente risolto ovvero quale lingua bisognasse insegnare nelle scuole o, in generale, utilizzare nella comunicazione scritta? www.jemi.it La soluzione del problema, già ampiamente acquisita in sede scientifica, ha trovato autorevole conferma nella norma, essendo del tutto ovvio che non la lingua letteraria albanese necessitasse di tutela bensì le parlate arbëreshe delle comunità. Nella preparazione delle due guide didattiche, dianzi citate, denominate significativamente Udhetimi e Rruga e mbarë, all’equipe di esperti, che le hanno curate, la difficoltà della descrizione grammaticale della parlata di Piana si è presentata in tutta la sua reale complessità, ma non per questo è stato mancato l’obbiettivo di raggiungere una sintesi anzi, a giudicare dal risultato documentato nel Distribuito da testo preparato da Giuseppe Schirò Di Maggio, è lecito affermare che esso costituisce l’approdo ottimale da lungo tempo auspicato e finalmente a disposizione della comunità. Messe in esercizio nelle attività didattiche, attuate dalle scuole di diverse realtà arbëreshe, le grammatiche hanno ricevuto una attenta e benevola accoglienza ma da subito hanno fatto emergere la mancanza di un altro strumento didatticamente necessario: un dizionario che non si aggiungesse semplicemente agli altri disponibili ma che, per meglio supportare gli sforzi di operatori e fruitori, tenesse conto della nuova problematica proposta dalla ricerca scientifica e dagli indirizzi legislativi.