Vincent Van Gogh Lettere a Theo
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VINCENT VAN GOGH LETTERE A THEO A cura di Massimo Cescon con un saggio introduttivo di Karl Jaspers UGO GUANDA EDITORE IN PARMA Traduzione di Marisa Donvito e Beatrice Casavecchia In copertina: Vincent Van Gogh, Autoritratto, 1889 Grafica di Guido Scarabottolo Per essere informato sulle novita` del Gruppo editoriale Mauri Spagnol visita: www.illibraio.it www.infinitestorie.it ISBN 978-88-235-0601-5 Per il saggio di Jaspers g 1954 Karl Saner g 1984 Ugo Guanda Editore S.p.A., Viale Solferino 28, Parma Gruppo editoriale Mauri Spagnol www.guanda.it Prima edizione digitale 2013 Quest’opera e` protetta dalla Legge sul diritto d’autore. E` vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata. Van Gogh* di Karl Jaspers Patografia Quello di Van Gogh (nato nel 1853) non e` un carattere comune. Tende ad isolarsi, ma al tempo stesso e` sempre alla ricerca di amore e d’amicizia. Molti – non tutti – trovano che e` difficile vivere con lui. Non ha fortuna con la gente. « Il comportamento di Van Gogh appariva ridicolo, perche´ agiva, pensava, sentiva, viveva in modo diverso dai suoi coetanei... aveva sempre un’aria assorta, grave, ma- linconica. Ma quando rideva, rideva con cordialita` e giovialita`, e allora il suo viso si rischiarava. »1 Gli e` difficile, anzi impossibile adattarsi, non sembra avere una meta, e nonostante cio`e` profonda- mente animato da qualcosa che bisogna chiamare fede. Malgrado lunghi periodi d’inattivita`, resto` sempre convinto di essere chiamato dal destino. Molto religioso fin dalla giovinezza, fino alla fine fu sostenuto da una fede che niente doveva alla chiesa o ai dogmi. Guardo` sempre alla sostanza, al senso profondo dell’esistenza. L’an- tiquario Goupil, presso il quale lavora per qualche tempo, non e` soddisfatto di lui: antepone agli interessi commerciali la qualita` degli oggetti, il loro valore artistico. Anche come insegnante in Inghilterra fallisce; gli vengono chieste anche qui cose in fondo estranee alla professione pedagogica. Non ha maggiore fortuna nemmeno nella teologia, perche´ gli studi accademici lo allontanano dalla sua voca- zione, che e` quella di diffondere il Vangelo tra gli uomini. Considera « l’universita`, almeno per quello che riguarda la teologia, una scuola di falsita` e di fariseismo ». Infine diventa « evangelista » ed assistente volontario tra i minatori del Borinage, ma deperisce a tal punto che il padre lo costringe a tornare a casa. A quel tempo aveva 26 anni. * Questo saggio apparve per la prima volta nel volume Strindberg und Van Gogh, edito nel 1922. 1 M.J. Brusse, Van Gogh commesso di libreria, in « Kunst und Ku¨ nstler », XII, 1914, p. 590. 5 Fu quello, per Van Gogh, un periodo tormentato: « Il mio tor- mento non e` altro che questo: in che cosa potro` riuscire, non potrei servire o riuscire utile a qualcosa... » Ma e` proprio allora che il sentimento di una vocazione viene finalmente a colmare la sua vita: « Mi sono detto: ... riprendero` la matita, mi rimettero` a disegnare, e da allora mi sembra sia tutto cambiato per me ». Si voto` all’arte, prima a casa, come autodidatta, poi all’Aia, studiando i grandi mae- stri olandesi, in seguito ad Anversa e in frequenti soggiorni in cam- pagna. Nel 1881 s’innamora di una giovane vedova e si vede respinto, come gia` lo fu nel 1873 dal suo primo amore. Poco piu` tardi accoglie presso di se´ una poveretta mal ridotta e incinta, mette in quest’av- ventura tutta la sua sete di tenerezza, fino al giorno in cui, suo mal- grado e desolato, si separa dalla miserabile creatura, che d’altronde non era che un’intrigante. Dall’inizio del 1886 fino alla primavera del 1888 Van Gogh vive a Parigi presso il fratello Theo e scopre gli impressionisti. Il fratello provvedera`, fino alla fine, alla sua sopravvivenza materiale. Questo legame, fatto di profonda comprensione e di amore generoso, e` uno degli elementi essenziali della vita affettiva di Van Gogh. Passando in rassegna le lettere di Van Gogh alla ricerca dei primi segni della malattia, troveremo che dal dicembre 1885 in poi parla incessantemente di disturbi fisici dovuti certamente al fatto che per lunghi periodi impiegava i suoi pochi soldi per comprare tele e colori, mangiava raramente cibi caldi, si nutriva di solo pane e fumava molto per ingannare la fame. Spesso si sente « fiacco », dopo uno sforzo prova « una sensazione di debolezza in tutto il corpo ». Riflette sulla propria costituzione e si rallegra quando un medico lo prende per un fabbro. Ma lo stomaco alla fine non regge, Van Gogh comincia a tossire e si dichiara « lette- ralmente esausto ». Questo accade all’inizio del 1886; non se lo aspet- tava, si sente debole e febbricitante. Non e` che « l’ombra di quello che avrebbe potuto essere, anche se la sostanza e` ancora buona ». Migliora, poi ci sono ricadute, e negli anni parigini, dal 1886 fino alla primavera del 1888, pare che il suo stato sia rimasto precario. Quando nel febbraio 1888 va ad Arles – e qui riprendono le sue lettere – si sente molto meglio di quand’era a Parigi. « Veramente non potevo continuare cosı`. » « Quando ti ho lasciato alla Gare du Midi ero molto afflitto e quasi ammalato e quasi alcoolizzato, a forza di 6 montarmi la testa. » « Ero certamente sulla buona via per buscarmi una paralisi, quando ho lasciato Parigi. C’ero dentro un bel po’! Dopo che ho smesso di bere, dopo che ho smesso di fumare, ho cominciato a riflettere invece di cercare di non pensare. Dio mio, che malinconia e che abbattimento! » Presto migliora; continua tut- tavia a dar notizie della sua salute; ora le sue lettere sono sempre piu` costellate di notizie ed allusioni a disturbi psichici. Van Gogh parla del febbraio 1888 come di cosa passata, di uno stato in cui « il suo cervello era quasi rovinato », ma insieme al miglioramento fisico appare un cambiamento psichico che cercheremo di rintracciare nel- le sue lettere. Dice d’essere « veramente infuriato » con se stesso, e vorrebbe avere un « temperamento forte e sangue buono ». « Trattato con prudenza, il mio corpo non rifiuta i suoi servigi. » « Lo stomaco e` ancora molto debole. » « Un solo bicchierino di cognac mi rende brillo. » « Solo ho lo stomaco terribilmente debole. » « Certi giorni sono terribili. » Si lamenta del cibo « cattivo e mal preparato ». In maggio vorrebbe « tranquillizzarsi i nervi ». Con un po’ di calma spera di « non restare senza fiato troppo presto ». Dopo un intenso lavoro e` « cosı` malato che non ha il coraggio di restare solo ». « Mi sono troppo trascurato. » Il suo stomaco va meglio, poi di nuovo: « Sono malato e non guariro`, non ci posso fare nulla ». Gli torna la speranza: « Mi sto rifacendo decisamente, e dal mese scorso lo sto- maco si e` avvantaggiato enormemente. Soffro ancora di emozioni non giustificate e involontarie, e in certi giorni di ebetismo, ma anche questo va calmandosi ». Riassume: « A me e` costato solo che ora la mia carcassa e` sfinita, il mio cervello completamente tocco per quello che concerne vivere come potrei e dovrei da vero filantropo ». « E` il bel caldo che mi restituisce le forze... sı`, ora sto bene come le altre persone. » « Sono felice di sentire le vecchie forze ritornarmi piu` di quanto non potrei pensare. » Contemporaneamente scompaiono an- che i desideri sessuali: « Questo desiderio sparisce appena uno si rimette ». Si sente tuttavia ancora « su un vulcano ». « Sento anche il pericolo di abbrutirmi e di lasciar passare il momento di potenza lavorativa, come con l’andare degli anni si perde la virilita`. » Trova la sua vita « agitata, inquieta », e non sa « se potra` continuare a lavorare cosı` ». « Comunque riprendo le forze e soprattutto lo stomaco si e` rinforzato. » « Mi sento la testa piu` libera. » Verso settembre: « Se non fossi sempre tanto confuso e non dovessi lavorare in questa 7 irrequietezza, potrei quasi dire che sto facendo dei progressi ». In ottobre: « Ho la vista affaticata... e la zucca vuota ». « Non sono ammalato, ma mi riammalerei senza dubbio se non mi nutrissi molto, esenonsmettero` di dipingere per alcuni giorni. Insomma sono nuovamente ridotto quasi al caso di follia di Hugo van der Goes nel quadro di Emile Wauters. E se non fosse che ho una doppia natura, di monaco e di pittore, sarei, e cio` da molto tempo e in modo completo, ridotto al caso sopra nominato. Pero` anche in questa eventualita` non credo che la mia sarebbe una follia di persecuzione, perche´ i miei pensieri, quando sono in uno stato di esaltazione, si volgono piuttosto verso le preoccupazioni di eternita` e della vita eterna. Pero` devo comunque stare in guardia dai miei nervi. » Nel momento in cui la crisi si avvicina arriva Gauguin: « Per un momento ho avuto la sensazione che mi sarei ammalato, ma la venuta di Gau- guin mi ha talmente distratto che sono sicuro mi passera`». Se ci basiamo su questi dati per stabilire l’inizio della malattia che presto, nel dicembre del 1888, sfocia in una psicosi acuta, dobbiamo tener presente che i primi disturbi fisici si spiegano sufficientemente con la vita disordinata. La condotta a Parigi non e` nota, perche´ non abbiamo lettere di questo periodo. Verso la fine del suo soggiorno a Parigi, nonostante la convivenza col fratello gli assicuri migliori con- dizioni di vita, i suoi malesseri, che tenta di placare con fumo e alcool, si aggravano in maniera tanto evidente, quanto lo sara` il successivo miglioramento. Insieme a questo miglioramento delle condizioni fi- siche compaiono i primi disturbi psichici che, in retrospettiva, pos- siamo con certezza considerare come l’inizio della psicosi. Mi sembra infatti verosimile che il processo morboso abbia avuto inizio intorno alla fine del 1887, o al principio del 1888, e comunque nella prima- vera del 1888 si era certamente gia` avviato.