Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa” (1748-1825)

Nacque a Parigi il 30 agosto 1748.

David compì i primi studi nella capitale francese, dove frequentò l'Académie des Beaux-Arts partecipando più volte al concorso per il premio di pittura che dava la possibilità ai vincitori di vivere per un lungo periodo a Roma a contatto con le antichità.

Neoclassicismo David è in Italia dal 1775 al 1780 (e poi dal 1784 al 1785) ed ebbe così modo di studiare la scultura e la pittura romane e la pittura di Raffaello. Dopo un viaggio a Napoli, Ercolano e Pompei, l'artista Cataratta dichiarò di aver aperto gli occhi sull'antico e fu come se Affezione degli occhi, consistente fosse stato «operato di cataratta». nell'opacamento del cristallino, che impedisce di vedere. Solo allora egli comprese che “operare come gli antichi e come Raffaello è essere veramente artisti”.

Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa” (1748-1825)

“ Non appena fui a Parma, vedendo le opere di Correggio, mi sentii scosso, a Bologna cominciai a fare tristi riflessioni, a Firenze fui convinto, ma a Roma mi vergognai della mia ignoranza…”

Così Jacques-Louis David ricordava le tappe del suo Neoclassicismo viaggio italiano nel 1775 quando, dopo aver vinto l'ambitissimo Prix de Rome (Premio di Roma) divenne pensionnaire, pensionato (oggi diremmo borsista), all'Accademia di Francia a Roma . Cataratta Rientrato in Francia ebbe numerosi incarichi di lavoro e Affezione degli occhi, consistente nell'opacamento del cristallino, che partecipò attivamente alla rivoluzione del 1789, impedisce di vedere. presidente fu deputato e poi della Convenzione Borsista Nazionale, appoggiò Robespierre e, alla morte di questi, Colui che riceve una «borsa di fu incarcerato dall'agosto al dicembre 1794. studio», cioè una somma di denaro che lo aiuta negli studi.

Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa” (1748-1825)

Così Jacques-Louis David ricordava le tappe del suo viaggio italiano nel 1775 quando, dopo aver vinto l'ambitissimo Prix de Rome (Premio di Roma) divenne pensionnaire, pensionato (oggi diremmo borsista), all'Accademia di Francia a Roma .

Successivamente, come molti altri intellettuali europei,

Neoclassicismo subì il fascino di Napoleone, tanto da diventare suo sostenitore e il 18 dicembre 1804 venne anche nominato Primo Pittore dell'Imperatore (cioè pittore ufficiale di corte). Dopo la caduta di Napoleone e la restaurazione della Cataratta legittimità prerivoluzionaria, nel 1816 l'artista fu Affezione degli occhi, consistente costretto all'esilio a Bruxelles, in Belgio, nell'opacamento del cristallino, che impedisce di vedere. dove muore il 29 dicembre 1825. Borsista Colui che riceve una «borsa di studio», cioè una somma di denaro che lo aiuta negli studi.

Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa”

(1748-1825) Jacques-Louis David, Giovane addormentato nelle braccia di un vecchio, 1775-1780. Disegno a penna e inchiostro nero, acquerello grigio, su I disegni di David non sono realizzati con tratti di matita, 15,4x21,2 cm. Parigi, Museo del Louvre. tecniche grafiche elaborate o con colori Département des ArtsGraphiques (inv. 26.132 bis). seducenti. Al contrario, si presentano molto austeri e quasi poveri di mezzi. Solitamente si tratta di disegni nei quali si nota l'uso per lo più esclusivo della matita a mina di

Neoclassicismo piombo. David impiega anche la penna e l'inchiostro, il cui segno netto è ravvivato dall'acquerello (bruno, nero o grigio) e dalle lumeggiature a tempera bianca o gessetti. Mina di piombo Detta anche «grafite inglese», si caratterizza per la sua friabilità. Le finalità che David si propone nel disegno Nel 1790 il francese Conte aggiunse dell'argilla sono la chiarezza del segno, la purezza alla polvere di grafite e portò i due elementi così dell'immagine e la sua semplificazione per uniti a cottura, dando origine alla grafite che troviamo nelle attuali matite (matite Conte). mezzo del contorno netto, della linearità. In base al grado di cottura e alla percentuale dei due componenti, il materiale risultante è più o meno duro.

Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa” (1748-1825) Jacques-Louis David il giuramento degli Orazi, 1784. Olio su tela, 330x425 cm. Parigi, Museo del Louvre. Il soggetto è scelto dalla storia della Roma monarchica quando, durante il regno di Tulio Ostilio, i tre fratelli Orazi, romani, affrontarono i tre fratelli Curiazi, albani, per risolvere in duello una contesa sorta fra Roma e la città rivale di

Neoclassicismo Albalònga. I tre Curiazi morirono e uno solo degli Orazi si salvò, decretando in tal modo la vittoria della propria patria. Il soggetto sta dunque a rappresentare le virtù civiche romane: i tre giovani giurano di vincere o morire per Roma. L'adesione di David a tale ideale è certa, come sicura è la volontà di proporla agli spettatori perché l'esempio spinga all'emulazione.

Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa” (1748-1825) Jacques-Louis David il giuramento degli Orazi, 1784. Olio su tela, 330x425 cm. Parigi, Museo del Louvre. In conformità all'estetica neoclassica, David non mostra il momento del combattimento, ma sceglie di rappresentare quello supremo del giuramento, che precede l‘azione, Neoclassicismo e congela nei gesti tutti i personaggi che in tal modo illustrino l'amor di patria.

Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa” (1748-1825) Jacques-Louis David La morte di Marat, 1793. Olio su tela, 165x128 cm. Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts.

Il 13 luglio 1793 il medico rivoluzionario Jean-Paul Marat, nato in Svizzera da padre sardo (Mèra), venne assassinato nel suo bagno dalla nobile Marie-Anne-Charlotte de Corday d'Armont.

Neoclassicismo David fu incaricato dalla Convenzione di dipingere un quadro che rendesse onore al martire della rivoluzione.

Nel dipinto non compaiono tutti quegli elementi (noti dalle cronache del tempo) che nella realtà caratterizzavano il luogo del delitto e che avrebbero fatto apparire la morte di Marat troppo simile a quella di un uomo comune.

Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa” (1748-1825) Jacques-Louis David La morte di Marat, 1793. Olio su tela, 165x128 cm. Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts.

La tappezzeria in carta da parati viene sostituita da un fondo scuro e quasi monocromo, se non fosse per le fitte pennellate gialle formanti una sorta di pulviscolo dorato che sembra voler investire Marat.

Neoclassicismo Il cesto che fungeva da tavolino viene sostituito da una cassetta di legno chiaro. Questa viene trasformata da David in una sorta di lapide, sulla quale l'artista scrive la semplicissima dedica:

“A MARAT, DAVID. 1793. L'an deux” (A Marat, David. 1793. L'anno secondo).

Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa” (1748-1825) Jacques-Louis David La morte di Marat, 1793. Olio su tela, 165x128 cm. Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts.

Una cartina della Francia e le pistole appese alla parete non vengono riprodotte, mentre il cesto che fungeva da tavolino viene sostituito da una cassetta di legno chiaro.

Neoclassicismo Questa viene trasformata da David in una sorta di lapide, sulla quale l'artista scrive la semplicissima dedica:

“A MARAT, DAVID. 1793. L'an deux”

(A Marat, David. 1793. L'anno secondo).

Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa” (1748-1825)

David racconta Marat in come un uomo buono e inerme. Il calamaio, la penna d'oca sulla cassetta, la penna ancora nella mano destra e il coltello lasciato a terra sono rappresentati come gli strumenti della Passione. Non a caso, infatti, David costruisce l'immagine del defunto come se si trattasse di una Deposizione di Cristo o di una Pietà . Il parallelo con la morte di Cristo, neppure tanto nascosto, è un modo per elevare Marat al di sopra degli altri uomini, per esaltarne maggiormente le virtù e proporlo come esempio da imitare.

Neoclassicismo Particolari di:

Jacques-Louis David, La morte di Marat;

Michelangelo, Pietà;

Caravaggio, Sepoltura di Cristo,

Raffaello, il trasporto di Cristo al sepolcro.

Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa” (1748-1825) L'adesione di David, mai venuta meno, al principio neoclassico che impone di evitare l'azione, in modo da esaltare la grandezza d'animo dei personaggi, è evidente in altre due opere di grande formato: Le Sabine e Leonida alle Termopili , dove l'artista può mostrare le conoscenze acquisite nello studio dell'antico rivolgendosi alla storia romana e a quella greca. L'evento narrato è quello della leggenda secondo la quale i Sabini, guidati da Tazio, tentano di riprendere le loro donne rapite dai Romani, guidati da Remolo, per poter popolare la neonata Roma.

Neoclassicismo Per evitare spargimenti di sangue i due condottieri decidono di ricorrere a un duello, ma nel frattempo arrivano le donne con i loro bambini a interporsi fra i contendenti che cessano così ogni ostilità.

Jacques-Louis David Le Sabine, 1794-1799. Olio su tela, 385x522 cm. Parigi, Museo del Louvre.

Jacques-Louis David “la pittura epico-celebrativa” (1748-1825) In Leonida alle Termopili, eseguito poco prima della caduta di Napoleone, il soggetto ricorda l'eroico sacrificio degli Spartani guidati da Leonida per difendere il passo delle Termopili contro l'incalzante avanzare delle armate persiane di Serse. Di nuovo David si orienta verso la rappresentazione delle virtù civiche, aiutato in ciò dalla tanto celebrata fedeltà degli spartani alla polis e dalla loro altrettanto nota rigidità di costumi. Ancora una volta l'artista utilizza nella rappresentazione

Neoclassicismo dei nudi perfetti: da quello del pensoso Leonida, al centro, a quelli dei due giovani che, rimandati indietro con uno stratagemma a causa della loro giovane età, decidono invece di restare e morire con gli altri: l'uno si allaccia un sandalo, l'altro (a destra) si stringe al vecchio genitore.

Jacques-Louis David Leonida alle Termopili, 1814. Olio su tela, 395x531 cm. Parigi, Museo del Louvre.

Jean-Auguste Dominique Ingres (1748-1825) “la perfezione della pittura tra stile neoclassico e romanticismo”

Nato a Montauban il 29 agosto 1780 , il giovane Ingres, dopo i primi studi a Tolosa, si trasferì a Parigi nel 1797 per praticare l’atelier di David. Nel 1825 fu eletto membro dell'Académie des Beaux-Arts, divenendone professorienel 1829. Ingres, visse in Italia per 25 anni, circa un terzo

Neoclassicismo della sua vita. Arrivò a Roma nel 1806, dopo aver vinto il Prix de Rome, rimanendovi fino al 1820, ben oltre la scadenza della sua borsa di studio (1810). Dal 1820 al 1824 abitò a Firenze. La sua fama crebbe senza rallentamenti pur dovendo gareggiare con le novità di Delacroix in una Francia in cui la spinta propulsiva neoclassica di David andava spegnendosi per lasciare il passo alle espressioni romantiche e, successivamente, al Jean-Auguste-Dominique Ingres, Realismo di Courbet. Accademia di nudo maschile, ca 1800. Olio su tela, 102x80 cm. L'artista muore a Parigi il 14 gennaio 1867. Parigi, École Nationale Supérieure des Beaux-Arts.

Jean-Auguste Dominique Ingres (1748-1825) “la perfezione della pittura tra stile neoclassico e romanticismo”

L’ Accademia di nudo maschile dell'École Nationale Supérieure des Beaux-Arts di Parigi è un tipico esercizio di studio anatomico dal vero. Il modello è raffigurato di profilo, volto a sinistra, e in una posa complessivamente serpentinata, a «S», come nelle statue di Prassitele. Nonostante che si tratti di un semplice soggetto di

Neoclassicismo studio, già vi è evidente il particolare trattamento del colore che modella il corpo con toni dorati: una costante nella pittura di Ingres.

La fama dell'artista è legata in gran parte alla sua eccezionale capacità di disegnatore. L'amore di Ingres per il disegno è legato alla sua passione per Raffaello, per e per Giotto, artisti studiati in patria, ma contemplati Jean-Auguste-Dominique Ingres, direttamente durante il lungo soggiorno italiano. Ritratto di Madame Destouches, 1816. Matita, 43x28,5 cm. Parigi, Museo del Louvre

Jean-Auguste Dominique Ingres (1748-1825) “la perfezione della pittura tra stile neoclassico e romanticismo” Il Neoclassicismo di Ingres si svuota del contenuto politico e rivoluzionario che aveva ispirato e infiammato le tele di JL.David, trasformandosi in puro stile. D'altra parte il grande pittore di Montauban fu sempre un conservatore in politica. Il manifesto del Neoclassi- cismo di Ingres è costituito dall’Apoteosi di Omero , opera del 1827.

Neoclassicismo Per Ingres il pittore non doveva esercitarsi nella copia della natura, ma sulle incisioni dei grandi maestri.

Jean-Auguste-Dominique Ingres, L'apoteosi di Omero, 1827. Olio su tela, 386x515 cm. Parigi, Museo del Louvre.

Jean-Auguste Dominique Ingres (1748-1825) “la perfezione della pittura tra stile neoclassico e romanticismo” L‘ispirazione pittorica di Ingres si proietta nel campo del gusto per i primitivi, tipico del preromanticismo. I soggetti del sogno, gli eroi armati e le belle eroine, morti che avevano popolato le sue ballate, prendono forma sopra e accanto a lui. La monocromia sottolinea l'incorporeità

Neoclassicismo di personaggi sognati, mentre la realtà di Ossian è richiamata dalle sue vesti colorate e dal paesaggio. L'opera fu commissionata per decorare la camera da letto di Napoleone nel Palazzo del Quirinale. Il controluce che caratterizza queste figure ricorda gli armati che vegliano l'imperatore nel Sogno di Costantino, dipinto da Piero della Francesca ad Arezzo, città visitata da Jean-Auguste-Dominique Ingres, Ingres all'epoca del soggiorno fiorentino. II sogno di Ossian, 1813. Olio su tela, 348x275 cm. Montauban, Musée Ingres

Jean-Auguste Dominique Ingres (1748-1825) “la perfezione della pittura tra stile neoclassico e romanticismo”

La grandezza di Ingres si rivela soprattutto

Neoclassicismo nei numerosissimi ritratti che eseguì, tutti definiti dalla perfezione del disegno, dall'uso sapiente del colore e da una non comune capacità introspettiva .

Jean-Auguste-Dominique Ingres, ritratti, particolari.

Jean-Auguste Dominique Ingres (1748-1825) “la perfezione della pittura tra stile neoclassico e romanticismo”

Jean-Auguste-Dominique Ingres, Monsieur Bertin, 1832. Olio su tela, 116x95 cm. Parigi, Museo del Louvre. Autoritario e forte, Louis-Francois Bertin tiene ambedue le mani piantate sulle gambe. Il suo volto è caratterizzato dai candidi capelli in disordine e da fattezze irregolari.

Neoclassicismo Una citazione colta da un tocco di estrema raffinatezza al dipinto: sullo schienale ricurvo Ingres ha raffigurato il riflesso di una finestra fuori campo, evidente omaggio al Raffaello del Ritratto di Leone X con due cardinali.

Jean-Auguste Dominique Ingres (1748-1825) “la perfezione della pittura tra stile neoclassico e romanticismo” Jean-Auguste-Dominique Ingres, Madame Moitessier, 1844-1856. Florida, ricca, Inès Moitessier è seduta su Olio su tela, 240x178 cm. Londra National Gallery of Art. una dormeuse rivestita di damasco rosso. Il suo vistoso e ampio abito bianco con mazzi di rose multicolori è reso più civettuolo da nastri, svolazzi e nappe, mentre preziosi gioielli parlano di opulenza ostentata. Un nastro rosso le orna i capelli raccolti

Neoclassicismo riflettendosi in uno specchio che occupa gran parte della superficie pittorica dietro di lei. Incorniciato d'oro, esso fa bella mostra di sé al di sopra di una console ugualmente dorata riflettendo, oltre a madame Moitessier, anche il ricco ambiente al di qua del quadro: un'infilata di porte laccate e candelieri a muro. La posa morbida della donna e il suo sguardo, che denuncia un sorriso colto sul nascere, ingentiliscono il ritratto rivelandoci un Ingres critico e commentatore attento e sensibile.

Genio e sregolatezza

Storicamente il Romanticismo si configura come un complesso movimento politico, filosofico, artistico e culturale capillarmente diffusosi in Europa tra la fine del Settecento e la prima metà del XIX secolo. Assume caratteri molto diversi nei vari contesti nazionali in cui si sviluppa, dando origine a orientamenti estremamente disomogenei - quando non

Romanticismo addirittura contrapposti - anche fra gli intellettuali e gli artisti d'uno stesso Paese.

il Romanticismo è il prodotto di una società in grave crisi economica e sociale, fortemente travagliata sia dai problemi derivanti dalla crescente industrializzazione, sia da quelli della restaurazione politica.

Genio e sregolatezza

Il concetto di popolo che il Romanticismo esalta è quello legato all'idea di Nazione, cioè un insieme di individui legati fra loro da vincoli indissolubili di lingua, religione, cultura e tradizioni.

E se ogni Nazione impara a rivendicare la propria originalità storica anche Romanticismo ciascun uomo può legittimamente vantare la propria storia personale che, in quanto soggettiva, è sempre unica, preziosa e irripetibile.

Da ciò deriva una nuova attenzione per tutta quella sfera di sentimenti, affetti e passioni caratteristici di ciascuna individualità

Genio e sregolatezza

La sensibilità romantica predilige infatti le personalità singole e tutti i fattori ambientali e culturali che hanno contribuito a formarle. Se noi siamo quello che siamo - sostenevano al riguardo i Romantici - lo dobbiamo soprattutto all'ambiente in cui abbiamo vissuto e nel quale siamo cresciuti, maturando progressivamente consapevolezze, scelte e

Romanticismo identità.

Il nostro presente, in altre parole, è profondamente intriso del nostro passato.

Non certo il passato remoto, astratto e indifferenziato, al quale faceva ideale riferimento il Neoclassicismo, ma, più concretamente, il nostro passato prossimo, quello più vicino, più sentito, più sofferto.

Genio e sregolatezza

Negli intellettuali romantici, traspare sempre una certa insoddisfazione rispetto a un presente che produce disorientamento e frustrazione e che finisce poi per risolversi nel predominio assoluto del sentimento soggettivo. Il temperamento romantico cerca rifugio nel proprio passato, al fine di alleviare la paura di un presente che spesso è percepito come ostile e Romanticismo degenerato.

Il Romanticismo si pone come momento di forte e totale contrapposizione con il Neoclassicismo e con la cultura del razionalismo illuminista.

Mentre quest'ultimo faceva infatti riferimento a un passato ideale (cioè l'antichità greco-romana), che non apparteneva a nessuno di coloro i quali vi si riferivano, il movimento romantico ricerca le proprie radici nel più vicino Medioevo, con i suoi ricchi fermenti nazionalistici.

Genio e sregolatezza

La fede, il sentimento e l'irrazionalità che il «secolo dei lumi» aveva condannato e bandito riaffiorano nel Romanticismo in mille forme. Sul piano letterario la cultura romantica predilige il romanzo storico e la poesia dei sentimenti soggettivi. Nell'ambito della continua ricerca delle proprie origini storiche e culturali si Romanticismo arriva poi a dare dignità artistica addirittura alle favole e, in Italia, ai componimenti dialettali, simbolo entrambi di un profondo radicamento nel retroterra delle tradizioni popolari più antiche e sentite.

Vi è anche un risveglio del sentimento religioso in tutte le sue componenti: da quelle più mistiche, ricerca di sicuri punti di riferimento morali, fino a quelle intrise di superstizione popolare, quasi al limite della magia.

Genio e sregolatezza

I salotti culturali e i caffè sono animati dalla presenza di intellettuali che si lasciano andare «orgogliosamente» agli eccessi di nature impulsive e passionali, nature che ricercavano nella forza dei sentimenti e delle emozioni un senso adeguato al vivere.

Romanticismo Qualcuno, infine, si chiede: cosa rende l'uomo, così piccolo di fronte alla potenza della natura (eppure segnato da un desiderio di felicità insaziabile!), un essere unico ed irripetibile?

È sull'onda di queste domande che nasce il movimento che chiamiamo Romanticismo.

Genio e sregolatezza

La rappresentazione della figura umana nelle opere romantiche è sempre espressiva: gli artisti danno importanza all'atteggiamento, alla mimica e alle caratteristiche del volto perché essi sono lo

specchio della personalità del soggetto. Romanticismo

Genio e sregolatezza

La rappresentazione della figura umana nelle opere romantiche è sempre espressiva: gli artisti danno importanza all'atteggiamento, alla mimica e alle caratteristiche del volto perché essi sono lo specchio della personalità del soggetto.

Romanticismo Dalle figure perfette, composte ed equilibrate dell'arte neoclassica si passa così a personaggi agitati, come testimonia il ritratto dell'Alienata con monomania dell'invidia di Théodore Géricault.

Genio e sregolatezza

Nelle opere romantiche le figure sono sempre colte in azione e spesso in situazione di lotta, a volte in lotta contro la natura stessa, come testimonia

nel dipinto La zattera della Medusa, sempre Théodore Géricault. Romanticismo

Genio e sregolatezza

Dal punto di vista del linguaggio visivo si attua un grande cambiamento: la preferenza per il disegno lascia il posto alla dominanza del colore, l'elemento più legato al mistero della luce e del sentimento dell'uomo. I grandi contrasti cromatici o la pennellata mossa sono sentiti più

adeguati al dramma dell'uomo, eroe non sempre vincente. Romanticismo

Francisco Goya, Fucilazioni del 3 maggio 1808, 1814. Madrid, Museo del Prado.

Genio e sregolatezza

Nei quadri di Turner abbiamo una visione grandiosa della natura che riflette le emozioni dell'uomo, quali si possono cogliere ascoltando una sinfonia di Beethoven, una poesia di Leopardi.

Beethoven , abbandona la compostezza del periodo neoclassico

Romanticismo orientandosi verso una musica passionale, evocatrice di sensazioni estreme, fortemente legata agli eventi della natura e costantemente venata da qualche nota di malinconica tristezza.

Constable, Turner, Bierstadt, Church, paesaggisti puri (quella di Constable è una veduta emozionata, quella di Turner una veduta emozionante) ; Caspar David Friedrich, il maggiore dei pittori romantici tedeschi, riesce a congiungere al sentimento panico della natura e alla vertigine dell'uomo di fronte alla sua magnificenza un profondo e sentito afflato religioso. Constable, la spiaggia di Brighton, 1827, olio su tela, 127x183 cm Genio e sregolatezza

(Tate Britain, Londra) Romanticismo Constable, Il mulino di Flatford,

1817, olio su tela, 110x127 cm Genio e sregolatezza Romanticismo Joseph Mallord William Turner, La valorosa Temeraire,

1839, olio su tela, 90.7 × 121.6 cm Genio e sregolatezza Romanticismo Joseph Mallord William Turner, Il molo di Calais,

1803, olio su tela, 172×210 cm Genio e sregolatezza Romanticismo Joseph Mallord William Turner, Tempesta di neve,

1842, olio su tela, 172×210 cm Genio e sregolatezza Romanticismo Bierstadt, Tra le monagne, 1867, olio su tela, 91,9x127,6 cm Genio e sregolatezza

(Wadsworth Atheneum Museum of Art, Hartford, CT) Romanticismo Winslow Homer, Cape Trinity, chiaro di luna sul fiume Saguenay Genio e sregolatezza 1904-1909 - olio su tela. 72,4×122 cm (Curtis Galleries, Minneapolis, MN)

Romanticismo Frederic Edwin Church - L’isola di Mount Desert 1863, olio su tela, 91,8×121,9 cm Genio e sregolatezza (Hartford, CT, Wadsworth Atheneum Museum of Art)

Romanticismo Caspar David Friedrich, Barca sul fiume Elba nella nebbia del primo mattino, Genio e sregolatezza

1820-25, Wallraf-Richartz-Museum & Fond. Corboud, Colonia Romanticismo

Genio e sregolatezza

A questo tipo di pittura è connesso il sentimento del sublime, altro carattere distintive del Romanticismo. Secondo Edmund Burke, scrittore e uomo politico inglese del Settecento, il sublime consiste in quel misterioso e affascinante insieme di sensazioni che è possibile provare solo di fronte a certi grandiosi spettacoli naturali (un Romanticismo tramonto infuocato, una tempesta impetuosa, una notte di vento, una tormenta di neve), quando le sensazioni che ne derivano «tendono a colmare l'animo di un orrore dilettevole». Nella sensibilità romantica il sublime si pone dunque all'estremo limite superiore della percezione del bello. Dove perfezione, grazia e armonia confinano con lo smarrimento della nostra mente, incapace di percepire razionalmente sensazioni così intense e assolute, là si affaccia il sublime, che è nel contempo piacere e dolore. «Il pinnacolo della beatitudine», affermavano i primi Romantici già sul finire del Settecento, «confinante con l'orrore, la deformità, la follia: un culmine che fa smarrir la mente di chi non sa guardar oltre».

Genio e sregolatezza

Fortemente legato al concetto di sublime è anche quello di genio. Genio: è colui che, grazie alla sua sensibilità artistica e ai mezzi tecnici con i quali sa tradurla in opera compiuta, ci consente di accedere alla vertigine del sublime. Nella visione romantica, dunque, geni si nasce e certo non si diventa. Romanticismo Da cui l'inutilità, ai fini creativi, dell'esperienza scolastica, che può al massimo servire ad apprendere alcune utili tecniche. Il genio, nella sua assoluta libertà morale ed espressiva, si sente simile a Dio nel momento della Creazione. È proprio da questa visione fortemente idealizzata, che discende anche una certa propensione tendente a giustificare ogni comportamento del genio che, in quanto tale, può permettersi qualsiasi intemperanza. Genio e sregolatezza, appunto.

Théodore Géricault, Theodore Gericault ( 1791-1824) La zattera della Medusa, ca 1819. Olio su tela, 491x716 cm.

Parigi, Museo del Louvre. Romanticismo

Théodore Géricault, Theodore Gericault ( 1791-1824) Alienata con la monomania del gioco, Alienato con monomania del comando militare, Alienato con monomania del furto, Alienato con monomania del rapimento di bambini,

Alienata con monomania dell'invidia, Romanticismo

Eugène Delacroix (1798-1863) «La prima qualità di un quadro è di essere una gioia per l'occhio»

Nella sua arte incarna la malinconia, il desiderio di cambiamento, l'avversione per l'accademismo, il riferimento ai fatti della storia medioevale (rivissuti attraverso le pagine dei grandi scrittori romantici Walter Scott o George Byron) piuttosto che a quelli della storia antica, l'impetuosità creativa, l'esotismo.

Romanticismo Suoi modelli furono Michelangelo, Tiziano, Rubens.

Ma il suo modo di dipingere cambiò dopo il soggiorno in Marocco nel 1832, scoprì la luminosità dei cicli nordafricani e i colori accesi.

Eugène Delacroix (1798-1863) «La prima qualità di un quadro è di essere una gioia per l'occhio»

Il suo modo di dipingere cambiò dopo il soggiorno in Marocco nel 1832, scoprì la luminosità dei cieli

nordafricani e i colori accesi. Romanticismo

Eugène Delacroix, La moglie di Abraham Benchìmol e una delle sue figlie, 1832. Acquerello e matita su carta, 22,3x16,2 cm. New York, The Metropolitan Museum of Art

Eugène Delacroix (1798-1863) «La prima qualità di un quadro è di essere una gioia per l'occhio»

Il 7 settembre 1856 scriveva nel diario:

“Vedo dalla mia finestra un operaio che lavora, nudo fino alla cintola. Osservo, paragonando il suo colore a quello del muro esterno, come le mezze-tinte della carne siano colorate a paragone delle materie inerti.

Romanticismo Ho osservato la stessa cosa ier l'altro sulla piazza di St. Sulpice, dove un monello era salito sulle statue della fontana al sole. L'arancione opaco nei chiari, i viola più vivi per il passaggio dell'ombra e i riflessi dorati delle ombre che facevano contrasto col suolo. L'arancio e il viola dominavano alternativamente e si mescolavano. Il tono dorato aveva del verde. La carne non ha il suo vero colore se non all'aperto e soprattutto al sole. Che un uomo metta la testa alla finestra, ed è tutt'altro che nell'interno. Donde la stupidità del lavoro in studio che tende a rendere falso quel colore”.

Eugène Delacroix (1798-1863) «La prima qualità di un quadro è di essere una gioia per l'occhio»

In queste osservazioni e nella pratica pittorica di Delacroix, ci sono tutte quelle linee di ricerca che apriranno all'Impressionismo. Non per nulla i grandi pittori impressionisti proveranno un indiscusso amore e un'immensa ammirazione per Eugène Delacroix, ne copieranno le opere e riterranno, secondo la significativa espressione attribuita a Cézanne, che

Romanticismo “siamo tutti in Delacroix”. L'artista si spense a Parigi il 13 agosto 1863.

Eugène Delacroix (1798-1863) «La prima qualità di un quadro è di essere una gioia per l'occhio»

Eugène Delacroix, La barca di Dante, 1822. Olio su tela, 189x246 cm.

Parigi, Museo del Louvre Romanticismo

Eugène Delacroix (1798-1863) «La prima qualità di un quadro è di essere una gioia per l'occhio»

Già in questo dipinto l'artista mostra i germi della sua ricerca coloristica. Le goccioline d'acqua sul ventre della giovane donna dannata sulla destra e quelle sotto l'ascella dell'uomo di sinistra sono formate da pennellate di colori puri giustapposti. Delacroix, infatti, non ha fatto ricorso a un colore ottenuto dalla fusione di

Romanticismo più colori, operata sulla tavolozza, né ha impiegato un colore carico di riflessi di luce (come avrebbe potuto essere), ma ha posto l'uno di fianco all'altro il rosso, il giallo, il verde e tocchi di bianco. L'unico colore, quindi, è stato diviso nei suoi componenti che, puri, sono stati posati sulla tela. Vedremo quanto questa intuizione di Delacroix fu importante per gli Impressionisti e per i Postimpressionisti.

Eugène Delacroix (1798-1863) «La prima qualità di un quadro è di essere una gioia per l'occhio»

Eugène Delacroix, La barca di Dante, 1822. Olio su tela, 189x246 cm.

Parigi, Museo del Louvre Romanticismo

Eugène Delacroix (1798-1863) «La prima qualità di un quadro è di essere una gioia per l'occhio»

Eugène Delacroix, La Libertà che guida il popolo, 1830. Olio su tela, 235x260 cm. Parigi, Museo del Louvre

Romanticismo Per Delacroix ogni colore contiene i tre colori primari: blu, rosso e giallo. L’unico colore è stato diviso nei suoi componenti che, puri, sono stati posati sulla tela La rivoluzione del Realismo

La poetica del vero

Il 1848 rappresenta, per tutta l'Europa, l'anno delle grandi e sanguinose sommosse popolari. I movimenti REALISTI nascono pertanto proprio per rispondere in modo artistico a questa prepotente richiesta di vero e di quotidiano.

Realismo In pittura come in letteratura non si vuole più ingannare, proponendo soggetti falsi o inconsistenti, ma - al contrario - si cerca di documentare la realtà nel modo più distaccato possibile, quasi analitico, similmente a quanto, in campo filosofico, veniva allora teorizzato dai pensatori positivisti.

Nel 1848 un gruppo di artisti francesi si riunisce nel villaggio di Barbizon per seguire il programma degli artisti romantici, cioè guardare con occhio nuovo la natura. Loro obiettivo era rappresentare la realtà, indagandola nella sua normalità, fino agli aspetti più drammatici. Con questa esperienza vengono poste le basi del REALISMO. La rivoluzione del Realismo

La poetica del vero

Nelle opere dei realisti cose e persone non sono abbellite, i personaggi non sono caricati nella mimica e neppure negli atteggiamenti, il colore è denso, le pennellate ben visibili, le tonalità calde, i contrasti di luce e di ombra appaiono decisi.

Realismo Le scene, insomma, hanno il rilievo e la forza della realtà stessa.

Il primo (e unico) fine dell'artista, infatti, sarà quello di annotare minuziosamente le caratteristiche del mondo che lo circonda, astenendosi il più possibile da qualsiasi giudizio di tipo soggettivo. II concetto di realismo, del resto, è sempre stato strettamente connesso con quello di arte. Ogni periodo storico ha avuto il suo realismo in rapporto a quelle che erano le specifiche esigenze sociali e culturali del tempo. La rivoluzione del Realismo

La poetica del vero

Il primo (e unico) fine dell'artista, infatti, sarà quello di annotare Per rendere compiutamente il senso del vero, cioè quella che già Delacroix chiamava «la cruda realtà degli oggetti», l'artista comprende di non poter più vivere nei modi convenzionali della società borghese.

Realismo Nel 1850 Courbet nota: «Nella nostra civiltà così incivilita bisogna che io conduca una vita da selvaggio; bisogna che mi tenga libero anche dai governi. Il popolo gode le mie simpatie; devo rivolgermi direttamente a lui, ricavarne il mio sapere, e dev'essere lui a farmi vivere. Per questo ho incominciato la grande vita indipendente del bohémien».

La rivoluzione del Realismo

La poetica del vero Jean-Francois Millet, L'Angelus, Jean-Francois Millet (1814-1896), 1858. Parigi, Louvre. decide di estendere il proprio programma dai paesaggi alla figura. Egli dipinge scene di vita contadina così come le vede, dando ai

Realismo personaggi una grande dignità ed esaltandone il senso religioso. Lasciata definitivamente alle spalle l'idea neoclassica che un soggetto “importante” fa un'opera “importante”, i pittori realisti dipingono scene di lavoro, immagini della vita di tutti i giorni, in contrasto con l'idea accademica che riteneva questi soggetti poco dignitosi e insignificanti, anzi brutti. Gustave Courbet (1819-1877)

e la rivoluzione del Realismo - La poetica del vero Gustava Courbet, Lo spaccapietre, Courbet rappresenta un manovale 1849. Olio su tela, 45x55 cm. Svizzera, Collezione privata. intento a frantumare dei sassi per ricavarne ciottoli di pezzatura inferiore. Le diversità non sono solo formali. L'occhio indagatore di Courbet

Realismo scava impietosamente nella realtà mettendone a nudo ogni risvolto. Ecco allora le toppe sulle maniche della camicia, il panciotto strappato sotto l'ascella, i calzini bucati al tallone. A sinistra, sotto un cespuglio, vi sono anche una pentola e mezzo filone di pane, evidente accenno a quello che sarà il povero pasto dello spaccapietre. La natura circostante è tratteggiata in modo essenziale, quasi scarno, senza indulgenza né compiacimenti. Courbet rifugge da qualsiasi tentazione pietistica e proprio in questo equilibrio sta la sua grandezza. Gustave Courbet (1819-1877)

e la rivoluzione del Realismo - La poetica del vero

Gustava Courbet, Funerale ad Ornans, 1849. Olio su tela, Parigi, Louvre. Realismo

Nel grande quadro (che raffigura un funerale) i partecipanti alla cerimonia, i cittadini di Ornans, sono disposti dinnanzi alla fossa pronta. Ognuno di loro mostra nel volto e nei gesti il proprio grado di partecipazione al rito: il prete, i chierichetti e i portatori, il becchino in attesa, gli amici, le donne piangenti, anche il cane con lo sguardo fisso su qualcosa al di fuori del quadro. Questo triste avvenimento, che accomuna tutti, viene osservato da Courbet con uno sguardo grave e partecipe, quasi a voler documentare un momento di vita nell'amato angolo di provincia dove è nato. Gustave Courbet (1819-1877)

e la rivoluzione del Realismo - La poetica del vero Gustava Courbet, L‘atelier del pittore. Allegoria reale determinante un periodo di sette anni della mia vita artistica e morale, 1855. Olio su tela, 359x598 cm. Parigi, Musée d'Orsay. Al centro della composizione, Courbet rappresenta se stesso intento a dipingere. Attorno a lui si affollano una

Realismo trentina di personaggi. A sinistra sono rappresentate le classi sociali che vivono ai margini della società: operai, saltimbanchi, balordi. Hanno tutti la testa reclinata e l'atteggiamento pensoso. Nei loro volti si legge il pesante fardello della vita e dei suoi dolori. A destra sono invece i sogni e le allegorie. Tra queste l'amore, la filosofia e la letteratura, alle quali Courbet ha imprestato i volti di vari amici e conoscenti. La Verità, nuda accanto all'artista, osserva con tenerezza l'opera che egli sta ultimando. Di fronte un bimbette dai vestiti laceri guarda incuriosito: la verità, vuoi dirci l'artista è semplice e innocente, oltre che nuda. Gustave Courbet (1819-1877)

e la rivoluzione del Realismo - La poetica del vero Gustava Courbet, L‘atelier del pittore. Allegoria reale determinante un periodo di sette anni della mia vita artistica e morale,

1855. Olio su tela, 359x598 cm. Parigi, Musée d'Orsay. Realismo Gustave Courbet (1819-1877)

e la rivoluzione del Realismo - La poetica del vero Gustava Courbet, Fanciulle sulla riva della Senna, 1857. Olio su tela, 174x200 cm. Parigi, Musée du Petit Palais. Anche questo dipinto, apparentemente tanto innocuo, scosse la critica benpensante del tempo.

Realismo Per la prima volta la scena appariva ambientata non in una dimensione fantastica e lontana ma lungo le ben note rive della Senna.

Le due ragazze sdraiate, non in posa ufficiale ma in un atteggiamento spontaneo, erano vestite secondo il gusto dell'epoca, e ciò escludeva definitivamente qualunque volontà di identificarle con qualche personaggio dell'antichità classica. Gustave Courbet (1819-1877)

e la rivoluzione del Realismo - La poetica del vero Gustava Courbet, Fanciulle sulla riva della Senna,

1857. Olio su tela, 174x200 cm. Parigi, Musée du Petit Palais. Realismo

Nei loro volti assonnati e un po' volgari, si poteva leggere tutta la quotidianità della loro storia… quasi avesse scattata una istantanea come un fotoreporter nascosto. Osservando alcuni particolari (il mazzo di fiori, i ricami del vestito bianco, la barca...) possiamo cogliere la grande forza pittorica dell'artista. Egli attribuisce la medesima importanza alle foglie, alla trasparenza dei vestiti, ai volti, al legno della barca. Gustave Courbet (1819-1877)

e la rivoluzione del Realismo - La poetica del vero Gustava Courbet, Fanciulle sulla riva della Senna,

1857. Olio su tela, 174x200 cm. Parigi, Musée du Petit Palais. Realismo Gustave Courbet (1819-1877)

e la rivoluzione del Realismo - La poetica del vero Gustava Courbet, Jo, la bella ragazza irlandese (o Donna d'Irlanda),

1866. Olio su tela, 54x65 cm. Stoccolma, Nationalmuseum. Realismo

Il «maledetto realista», come lo chiamavano sprezzantemente i suoi detrattori accademici, apre di fatto la strada alla fervida stagione del Realismo francese, sulla quale si innesterà poi, pur se con accenti diversi, anche tutta la straordinaria esperienza impressionista . …e in Italia?

Il fenomeno dei

E in Italia? … l'arte italiana dell'Ottocento registra in tutte le sue manifestazioni una forma di ritardo e di isolamento rispetto a quella europea (francese in particolare), poiché da un lato non riusciva a sentir propri i valori della civiltà contadina, che era in via di superamento a causa

dei processi di unificazione nazionale, dall'altro non poteva ancora riflettere i Realismo valori e le contraddizioni della stessa società borghese, che nel nostro paese si manifestavano solo in certe aree territoriali e che solo a fine secolo cominciarono a diffondersi decisamente in tutta la penisola. In pittura si formano correnti o scuole regionali o addirittura locali, favorite dalla frantumazione dell'Italia in tanti piccoli Stati: una divisione che non scompare, dal punto di vista culturale, neppure dopo l'unificazione. …e in Italia?

Il fenomeno dei Macchiaioli

Due correnti artistiche acquistano tuttavia un certo rilievo nella seconda metà del secolo: quella dei macchiaioli e quella dei divisionisti. I macchiaioli sono un gruppo di pittori attivi a Firenze, che intendono reagire alla pittura romantica ed accademica,

Realismo sia cambiando i soggetti (tratti, ad es., dalla vita e dagli avvenimenti del tempo), sia abolendo il disegno, trascurando il dettaglio e rendendo la visione d'insieme con vivaci “macchie” di colore. Nascono così i dipinti di vita borghese di “Il pergolato” e di Giovanni Fattori ”Il muro bianco” (narrato momenti di vita Militare del risorgimento italiano). …e in Italia?

Il fenomeno dei Macchiaioli

La teoria dei macchiaioli è quella secondo cui il pittore deve rendere esattamente ciò che l'occhio percepisce, cioè macchie colorate di luce e di ombra,

senza pregiudizi culturali di sorta. Realismo …e in Italia?

Il fenomeno dei Macchiaioli

Verso la fine del secolo alcuni pittori dell'Italia settentrionale, in particolare Giovanni Segantini “Trittico delle Alpi, la morte”, e Giuseppe Pellizza da Volpedo, si collegano alle ricerche francesi postimpressioniste

Realismo (in particolare al puntinismo di Seurat “Il canale di Gravelines”, e Signac “La sala da pranzo”), e scompongono il colore in minuti trattini, nelle sue componenti primarie, stese in tante piccole pennellate, non nel senso scientifico e distaccato dei pittori francesi, ma con una profonda partecipazione emotiva, e in tal senso il divisionismo italiano appartiene ancora in parte alla cultura romantica.

Dal divisionismo muoveranno artisti come Balla, Boccioni, Carrà, Severini, che daranno poi origine al futurismo, il primo movimento artistico italiano moderno di portata europea. …e in Italia?

Il fenomeno dei Macchiaioli

Fin dagli anni Quaranta dell'Ottocento Firenze è dunque una delle capitali culturali più libere e attive d'Italia, sicuro e stimolante punto di riferimento per tutti quei giovani artisti e politici di fede liberale. Questa vivace schiera di intellettuali amava ritrovarsi nel centralissimo Caffè

Realismo Michelangelo di Via Larga (l'attuale Via Cavour), l'anima intellettuale del gruppo è senza dubbio Diego Martelli (Firenze, 1838-1896), scrittore e critico d'arte fiorentino. Egli fu forse il primo a teorizzare «la macchia in opposizione alla forma» e grazie alle riviste da lui fondate («II Gazzettino delle arti del disegno» e il «Giornale artistico») i giovani artisti fiorentini entrarono in contatto anche con le contemporanee esperienze pittoriche francesi. Telemaco Signorini, Il ghetto di Firenze, 1882. Acquaforte, 62x92 cm. …e in Italia?

Il fenomeno dei Macchiaioli

Altro importante ideologo del gruppo del Michelangelo fu il pittore Telemaco Signorini (Firenze, 1835-1901) il quale propose di adottare per sé e per i Realismo suoi amici l'appellativo di «Macchiaioli», accettando con provocatoria ironia un aggettivo che la stampa del tempo aveva invece coniato a fini esclusivamente denigratori.

Il movimento macchiaiolo nasce in questo ambiente e da queste premesse. …e in Italia?

Il fenomeno dei Macchiaioli Telemaco Signorini, L’alzaia,

1864. Olio su tela. cm. 58,4x 173,2.Collezione privata Realismo

Il suo arco di sviluppo si può pertanto collocare tra il 1855 e il 1867, ma i suoi influssi sulla pittura italiana continueranno a essere vivi fino agli inizi del Novecento. …e in Italia?

Il fenomeno dei Macchiaioli Telemaco Signorini, Luna di miele,

1862-1863, Viareggio, Istituto Matteucci Realismo

La teoria dei macchiaioli è quella secondo cui il pittore deve rendere esattamente ciò che l'occhio percepisce, cioè macchie colorate di luce e di ombra, senza pregiudizi culturali di sorta. …e in Italia?

Il fenomeno dei Macchiaioli

Al gruppo dei Macchiaioli aderiscono artisti provenienti da quasi ogni parte d'Italia. Al già citato Signorini occorre aggiungere, Giovanni Fattori ,

Realismo Nino Costa, che sarà uno degli ispiratori di tutto il gruppo, Silvestro Lega, sublime interprete del mondo piccolo borghese, Odoardo Serrani (Pisa 1833-Firenze 1905), Giuseppe Abbati (Napoli, 1836-Firenze, 1868), lo scultore Adriano Cecioni (Firenze, 1836-1886), Raffaello Sernesi (Firenze, 1838-Bolzano, 1866), Federico Zandomeneghi (Venezia, 1841-Parigi, 1917), prezioso tramite con l'Impressionismo francese. …e in Italia?

Il fenomeno dei Macchiaioli

Ogni nuova pittura che miri al realismo doveva necessariamente riprodurre la sensazione stessa della luce. Poiché la luce non viene percepita in sé ma solo attraverso le modulazioni dei colori e delle ombre, ecco che per restituire pittoricamente l'effetto-luce

Realismo occorre impiegare colori e ombre variamente graduati. E, visto che nella realtà non esiste né il disegno né la linea di contorno, il nostro occhio è colpito solo dai colori, organizzati in masse contrapposte. I limiti di un oggetto sono infatti dati dal brusco passaggio da un colore all'altro ed è proprio questa differenza di colori che ce ne determina l'esatto contorno. La pittura deve pertanto cercare di ricostruire la realtà per masse di colore e il modo più semplice e utile per riuscirvi è quello di impiegare le macchie. Queste sono campiture più o meno estese di colori elementari. Il disegno scompare e la sensazione è quella di una grande solidità. Silvestro Lega (1826 – 1895)

… l’intimità del quotidiano

Silvestro Lega, il canto dello stornello, 1867. Olio su tela, 157x97 cm., Firenze, Galleria d'Arte Moderna.

Silvestro Lega, nato nel 1826 a Modigliana, presso Forlì e scomparso a Firenze nel 1895, rappresenta la voce più lirica della pittura Realismo macchiaiola. Formatosi all'Accademia di Belle Arti di Firenze, frequentò anche la scuola privata del purista Luigi Mussini. Fu volontario nel 1848 e partecipò anche Seconda guerra d'Indipendenza (1859).

Rientrato a Firenze si stabilì nella zona di Piagentina e il suo studio divenne punto d'incontro e di discussione per tutti gli amici del Caffè Michelangelo. Silvestro Lega (1826 – 1895)

… l’intimità del quotidiano

Silvestro Lega, il canto dello stornello, 1867. Olio su tela, 157x97 cm., Firenze, Galleria d'Arte Moderna. S’ispira al disegno nitido e preciso del fiorentino, dopo aver esordito come pittore storico andò avvicinandosi alla

macchia, convertendosi definitivamente ad Realismo essa attorno al 1861. Lega fornisce le sue prove più alte quando si impegna nei temi di soggetto quotidiano, rispecchianti la realtà a lui ben nota della società piccolo-borghese del secondo ‘800. Attraverso le piccole e insignificanti cose di tutti i giorni (tranquilli interni domestici, ritratti di amici e conoscenti, veloci bozzetti, squarci di paesaggi toscani inondati di sole) Lega ci restituisce il travaglio e la complessità sociale di un'intera epoca, nella difficile fase di transizione da una realtà ancora agricola ai primi fermenti di quella industriale. Silvestro Lega (1826 – 1895)

… l’intimità del quotidiano

Silvestro Lega, Un dopo pranzo (Il pergolato), 1868, Pinacoteca di Brera, Milano

S’ispira al disegno nitido e preciso del Quattrocento fiorentino, dopo aver esordito come pittore storico andò avvicinandosi alla macchia, convertendosi definitivamente ad essa attorno al 1861. Lega fornisce le sue prove più alte quando si impegna nei temi di soggetto quotidiano, rispecchianti la realtà a lui ben nota della società piccolo-borghese Realismo del secondo ‘800. Lega fornisce le sue prove più alte Attraverso le piccole e insignificanti cose di tutti i giorni (tranquilli interni domestici, ritratti di amici e conoscenti, veloci bozzetti, squarci di paesaggi toscani inondati di sole) Lega ci restituisce il travaglio e la complessità sociale di un'intera epoca, nella difficile fase di transizione da una realtà ancora agricola ai primi fermenti di quella industriale. Silvestro Lega (1826 – 1895)

… l’intimità del quotidiano

Realismo

Silvestro Lega, Il Primo dolore, 1863, Olio su tela Amministrazione Provinciale di Genova Silvestro Lega (1826 – 1895)

… l’intimità del quotidiano

Realismo

Silvestro Lega, Ritratto di , 1861, Olio su tela Museo Civico Don Giovanni Verità, Modigliana, Forlì-Cesena Silvestro Lega (1826 – 1895)

… l’intimità del quotidiano

Silvestro Lega, I fidanzati, 1869, Olio su tela - Dim: 35 x 79 cm

Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci Realismo Giovanni Fattori (1825 – 1908)

…il solitario cantore della Maremma

Fattori, uomo semplice e schivo, nasce a Livorno nel 1825 e partecipa ai moti rivoluzionari del '48 quasi per gioco. Gli esordi pittorici di Fattori sono nel solco della tradizione romantico- celebrativa cara agli accademici. Realismo Ma già dai primi anni Cinquanta egli frequenta il Caffè Michelangelo, L'adesione di Fattori alla macchia è spontanea e quasi fisiologica. Può indagare la realtà secondo il «puro verismo», obbedendo allo “stimolo acuto di fare studi di animali e paesaggio” nel tentativo di “mettere sulla tela tutte le sofferenze fisiche e morali di tutto quello che disgraziatamente accade”.

“Quando all'arte si leva il verismo che resta?” Giovanni Fattori (1825 – 1908)

…il solitario cantore della Maremma

Giovanni Fattori, Campo italiano alla battaglia di Magenta,

1861-1862. Olio su tela, 232x348 cm. Firenze, Galleria d'Arte Moderna Realismo Giovanni Fattori (1825 – 1908)

…il solitario cantore della Maremma

La pittura deve pertanto cercare di ricostruire la realtà per masse di colore e il modo più semplice e utile per riuscirvi è quello di impiegare le macchie. Giovanni Fattori, Queste sono campiture più o meno estese di colori elementari. Soldati francesi del '59, Il disegno scompare e la sensazione è quella di una grande solidità.… 1859. Olio su tavola, 15,5x32 cm.

Milano, Collezione privata. Realismo Giovanni Fattori (1825 – 1908)

…il solitario cantore della Maremma

La pittura deve pertanto cercare di ricostruire la realtà per masse di colore e il modo più semplice e utile per riuscirvi è quello di impiegare le macchie. Queste sono campiture più o meno estese di colori elementari. Il disegno scompare e la sensazione è quella di una grande solidità.… Giovanni Fattori, La rotonda di Palmieri,

Realismo 1866. Olio su tavola, 12x35 cm, Firenze, Galleria d'Arte Moderna. Giovanni Fattori (1825 – 1908)

…il solitario cantore della Maremma

Giovanni Fattori, In vedetta (o il muro bianco),

ca 1872. Olio su tela, 37x56 cm. Valdagno, Collezione privata. Realismo Giovanni Fattori (1825 – 1908)

…il solitario cantore della Maremma

La pittura deve pertanto cercare di ricostruire la realtà per masse di colore e il modo più semplice e utile per riuscirvi è quello di impiegare le macchie. Giovanni Fattori, Queste sono campiture più o meno estese di colori elementari. Bovi al carro, Il disegno scompare e la sensazione è quella di una grande solidità.… ca 1867. Olio su tela, 46x108 cm.

Firenze, Galleria d'Arte Moderna. Realismo Riassunto Riassunto