I Confini E L'identità
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I confini e l’identità Il Parlamento Europeo e gli allargamenti della CEE 1961-1986 Daniele Pasquinucci A Nina Polo Interregionale di Eccellenza Jean Monnet - Pavia Jean Monnet Interregional Centre of Excellence - Pavia I CONFINI E L'IDENTITÀ. IL PARLAMENTO EUROPEO E GLI ALLARGAMENTI DELLA CEE 1961-1986 Daniele Pasquinucci Settembre 2013 This project has been funded with support from the European Commission. This publication reflects the views only of the authors, and the Commission cannot be held responsible for any use which may be made of the information contained therein. Scientific Committee: Oreste Calliano, Jean-Claude Gautron, José Mª Gil-Robles Markus Krienke, Marco Mascia, Daniela Preda, Vincenzo Salvatore Carlo Secchi, Giuseppe Usai, Dario Velo Editorial Board: Laura Bottinelli, Silvia Bruzzi, Enrica Pavione, Francesco Velo, Fabio Zucca © Polo Interregionale di Eccellenza Jean Monnet Università degli Studi di Pavia Via San Felice, 5 – 27100 PAVIA - ITALY Internet Site: www.jeanmonnet-pv.it Contact: [email protected] Daniele Pasquinucci: I confine e l’identità. Il Parlamento Europeo e gli allargamenti della CEE 1961-1986 ISBN: 978-88-96890-14-1 Publisher: Jean Monnet Centre of Pavia Università degli Studi di Pavia 2013 - Pavia - IT Printed in September 2013 at Studio Pixart srl - Quarto d’Altino VE – IT Cover Image: Bernardino Lanzani (1522), Veduta di Pavia. Edited detail. Fresco Painting. Basilica S. Teodoro, Pavia This publication may only be reproduced stored or transmitted in any form or by any means, with the prior permission in writing of the publisher. Enquires concerning reproduction outside these terms should be sent to the Jean Monnet Centre of Pavia INDICE Summary p. 7 Introduzione p. 9 1. L'Europa fuori dall'“Europa”. I confini politico-ideologici della Comunità p. 23 1.1 Oltre i confini. L'Assemblea parlamentare europea e il processo di decolonizzazione » 27 1.2 La Risoluzione Birkelbach » 40 1.3 I confini dell'acquis comunitario » 44 2. La storia infinita. Il Parlamento Europeo e l'ampliamento alla Gran Bretagna 2.1 Adelante con juicio: il Parlamento Europeo e la prima domanda di adesione britannica p. 49 2.2 Il “second try” di Londra » 85 2.3 Il Parlamento Europeo e la “Comunità dei nove”: verso una identità politica per la CEE? » 91 3. Verso sud: l'allargamento a Grecia, Spagna e Portogallo 3.1 Prima dei negoziati: il Parlamento Europeo e la transizione alla democrazia in Portogallo, Grecia e Spagna p. 121 3.2 Il Parlamento Europeo e i negoziati con la Grecia » 141 3.3 “Politique d'abord”: il PE e l’allargamento al Mediterraneo » 148 Conclusioni p. 181 Bibliografia p. 187 6 Summary This book examines the role of the European Parliament in the enlargement processes of the European Community (EEC). Therefore, it covers the period between 1961 (first application for membership of United Kingdom, Denmark, and Ireland) and 1986 (entry of Spain and Portugal into the EEC). In his introduction, the author discusses the thesis, defended by several political scientists, that the EEC institutions (European Parliament, European Commission and Court of Justice) have not been a major player in the process of European integration. According to this thesis, developments in European integration are an exclusive consequence of choices made by the national governments. On the contrary, the historical analysis shows that the institutions of the EEC/EU gave an important contribution to the dynamics of European integration. The first chapter analyses the role of the European Parliament in drawing a "political identity" of the EEC, through the definition of the relations with the European countries (and the former European colonies) that were outside the European Community. Thus, the European Parliament establishes some basic criteria for the future enlargements of the EEC. The second chapter deals with the enlargement to the United Kingdom. During the years of the first UK application (1961-1963), the European Parliament sought to defend the acquis communautaire, which was challenged by the exceptions to the treaty of Rome required by the British government as a condition for entering the EEC. The entry of Britain into the European Community (1973) proposes once again the issue of the political identity of the EEC, especially in relation with the Europe's role in the world. The Mediterranean enlargement is examined in the third chapter. In this case, the activity of the European Parliament has had a threefold purpose: 1) to facilitate the entry of Greece, Spain and Portugal into the EEC also to support their transition to democracy, 2) to emphasize the political dimension of enlargement with respect to its economic and commercial dimension, and 3) to exploit the opportunity offered by the enlargement to ask for more powers and competencies. Note on the Author: Daniele Pasquinucci is associate professor of Storia contemporanea at Dipartimento di Scienze sociali, politiche e cognitive of the University of Siena, where he teaches History of European Integration. From 2007 to 2012 he was Secretary General of Associazione universitaria di studi europei - AUSE. His most recent book is Uniti dal voto? Storia delle elezioni europee 1948-2009, Milano, FrancoAngeli, 2013. 8 INTRODUZIONE “We must ask ourselves: does the European Parliament matter at all? If we are to be honest, we must all admit that, if the European Parliament were to close its doors tomorrow, nobody apart from the taxi drivers of Strasbourg would notice”. Sir Teddy Taylor (Rochford and Southend, East), House of Commons Hansard Debates for 2 december 1998, Column 969. Ogni ricerca storica è anche una sfida. Il libro che qui viene introdotto non fa eccezione. Sul Parlamento Europeo (PE) esistono infatti convinzioni consolidate e apparentemente non scalfibili, sedimentatesi nella letteratura e quindi nella communis opinio degli studiosi - e non solo nella loro, come rivela la frase in esergo. Quell'opinione diffusa restituisce l'immagine dell'Assemblea di Strasburgo quale “cenerentola” del sistema istituzionale della Comunità Europea, giacché relegata ai margini dei meccanismi decisionali in ragione di un ruolo meramente consultivo, abbandonato assai parzialmente con l'Atto unico del 1987 e, con maggior decisione, solo dopo l'entrata in vigore del trattato di Maastricht nel 1993. Se però ancora oggi il Parlamento Europeo, vigente il trattato di Lisbona che gli attribuisce un ampio potere di co- decisione, viene ritenuto complessivamente poco influente, è intuibile come, nella fase pre-Maastricht, alla sua attività sia stata dedicata scarsa e distratta attenzione1. L'idea che il PE sia un attore trascurabile o che “conti” ben poco, e perciò non sia meritevole di particolare interesse, non è tuttavia conseguenza solo di percezioni soggettive, più o meno fondate, o di un'irriflessa ricezione di rappresentazioni 1 Come sempre, la regola conosce delle eccezioni: una recente rassegna della bibliografia (ma solo in lingua inglese) sul Parlamento Europeo è in Richard Corbett, Francis Jacobs, Michael Shackleton, The European Parliament, London, John Harper, 20118. stereotipate. Al contrario, esistono teorizzazioni scientifiche che riconducono la sua marginalità nel quadro di una più generale valutazione critica dell'effettivo contributo dato dalle istituzioni sovranazionali (il Parlamento Europeo, appunto, ma anche la Commissione) allo sviluppo del processo di integrazione europea. L'“eurosfera” sarebbe stata - e rimarrebbe - essenzialmente modellata dai governi degli Stati membri, vuoi grazie all'imposizione della loro volontà attraverso l'uso o la minaccia del potere di veto, vuoi in virtù della capacità di gestire gli “effetti collaterali” delle scelte da essi compiute nell'arena comunitaria, impedendo in tal modo il dispiegarsi di conseguenze indesiderate - riassumibili nella possibile erosione di sovranità nazionale a causa della dinamica integrazionista da essi stessi innestata. Le istituzioni della CEE prima citate sarebbero in tal modo costrette a una funzione ancillare, per così dire, comunque rigidamente limitata da quanto disposto dai trattati, che precluderebbe loro l'esercizio di un'autonoma capacità di iniziativa politica. Questa concezione riduttiva del sistema istituzionale sovranazionale è alla base della versione moderna del Liberal Intergovernmentalism, che se da un lato ammette l'impossibilità di ricondurre la CEE nell'alveo delle classiche organizzazioni internazionali, dall'altro ne interpreta le dinamiche e lo sviluppo come prodotto esclusivo delle scelte dei leader nazionali - e in particolare di quelli più influenti. Così stando le cose, ogni studioso che voglia effettivamente approfondire le vicende dell'integrazione europea (quale che sia la prospettiva disciplinare da lui adottata) dovrebbe concentrare le proprie ricerche soprattutto sui negoziati interstatali, avendo peraltro sempre presente che ciò che muove i governi della CEE è la tutela dei rispettivi interessi nazionali, in primo luogo quelli economici e commerciali. Nell'influente volume The Choice for Europe, di Andrew Moravcsick, uno dei caposcuola del Liberal Intergovernmentalism, l'intero sistema comunitario (comprese le sue regole formali, come ad esempio i meccanismi di formazione delle decisioni) viene considerato subordinato al gioco politico-diplomatico dei décideurs nazionali. 10 Pertanto, sempre secondo Moravcsick, risulterebbe non solo trascurabile, ma addirittura “controproducente” l'azione che le istituzioni comunitarie hanno condotto in occasione dei grandi negoziati,