DIOCESI DI MILANO (1A Parte) 9 STORIA RELIGIOSA DELLA LOMBARDIA

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DIOCESI DI MILANO (1A Parte) 9 STORIA RELIGIOSA DELLA LOMBARDIA DIOCESI DI MILANO (1a parte) 9 STORIA RELIGIOSA DELLA LOMBARDIA Diocesi di Milano(la parte) a cura di Caprioli L. Vaccaro A. - A. Rimoldi - `l/ý" EDITRICE LA SCUOLA -', .ýý e-Mý ALFREDOLuCIONI L'ETA DELLA PATARIA Fermenti e inquietudini religiose attorno alla riietä del secolo XI In seguito alla morte dell'arcivescovo Ariberto, all'inizio del 1045, i Milanesi si preoccuparono della successionesulla cattedra episcopale seguendo la prassi divenuta ormai consueta, che prevedeva la nomina di un candidato, scelto tra i preti oi diaconi del clero cardinale, da sot- toporre all'approvazione regia. Le vicende che avevano travagliato il re- cente passato di Milano e la conseguentemalcelata ostilitä del monarca verso i ceti cittadini eminenti, dai quali, appunto, doveva esser tratto 1'arcivescovo, consigliarono ai maggiorenti della cittä di far approvare dall'assemblea del clero e del popolo di Milano la candidatura non di uno soltanto, ma di ben quattro diaconi cardinali, per dare ad Enrico la III possibilitä di compiere una libera scelta, pur costringendolo a li- mitarla ai nominativi sottopostigli. Tuttavia, nonostante le precauzioni prese, la paventata autonoma iniziativa imperiale nella designazione del titolare della piü importante diocesi del regno Thalia ebbe una puntua- le conferma quando i candidati all'episcopato giunsero presso la corte germanica. Il 18 luglio 1045, infatti, Enrico III, respinti gli uomini pro- postigli, elevb alla cattedra ambrosiana Guido da Velate, un chierico ap- partenente ad una famiglia della nobiltä del contado milanese. L'elezione dell'arcivescovo era un momento chiave della vita politi- ca, sociale ed economica della cittä: 1'avocarla a se in maniera cosi de- terminata da parte di Enrico III si inseriva in un piü generale disegno di limitazione imperiale del potere delle forze locali, e, nel caso specifi- di Milano, la di co scelta un uomo non legato alla nobiltä cittadina assu- di meva il significato un preciso ridimensionamento del ceto capitanea- le, dal estromesso in tal modo controllo del piü importante centro di forse potere, e tendeva ad impedire che attorno alla persona del presule si andassero coagulando tutte le forze in gioco sulla scena milanese 168 ALFREDO LUCIONI - capitanei e valvassori, piccola nobiltä feudale, grandi e piccoli pro-' prietari - riproponendo una situazione che giä in alcuni momenti del- 1'episcopatodi Ariberto si era rivelata potenzialmente pericolosa per il potere imperiale. Nonostante cib Guido, accettato infine da alcuni per- che timorosi di opporsi alla volontä del re, da altri soltanto perche in- frangeva il monopolio capitanealedel seggiovescovile, non incontrb op- posizione al suo ingresso in Milano e fu consacrato all'inizio del settem- bre 1045. L'accordo fra 1'arcivescovoe le varie componenti della societä citta- dina milanese poggiava, perb, su fragili basi e non tardb a rompersi: il dal gesto compiuto clero ordinario di abbandonare1'arcivescovo solo sul- 1'altare della chiesacattedrale durante lo svolgimento di una liturgia pon- tificale, va considerato come 1'emergerein forme plateali di un dissenso l'ambiente dell'alta feudalitä lo profondo con - stessodal quale, come detto, giä provenivano gli ordinari -, proprio quello che mossea Gui- do, nello stesso torno di tempo, la grave accusa di simonia e la portb fin davanti al papa Leone IX. Ma la piena assoluzione ottenuta nella sinodo quaresimale romana del 1050 e il prestigio che derivb al da Vela- te dall'aver ottenuto dal papa, in quella circostanza, la restituzione al- 1'arcivescovomilanese del diritto di sedere immediatamente alla destra del pontefice romano, contro le pretese del presule ravennate, finirono col diventare fattori certo non trascurabili nel processodi appianamen- to dei vivaci contrasti sorti tra le diverse componenti del mondo eccle- siastico milanese. Dopo il 1050, infatti, si riscontra una rinnovata unitä di intenti in particolare fra 1'arcivescovoe gli ordinari della metropoli- tana. Carico di significato si presenta a questo proposito un documen- to, nel quale e descritta una assembleadel clero di Milano svoltasi il 5 settembre 1053 nella sacrestia di S. Maria Maggiore, la cattedrale iemale'. Qui compaiono, emblematicamente stretti attorno alla perso- na del loro vescovo, tutti gli ordini della Chiesa milanese, dai chierici ordinari ai decumani, agli abati dei monasteri cittadini con i loro mona-. ci al seguito, nonche un discreto numero di rappresentanti del laicato. In quell'occasione si stabili di introdurre nel calendario liturgico la so- lenne celebrazione della festa dell'esaltazione della Croce, come giä era in uso altrove. Segno tangibile, 1'assemblea,di una ritrovata unitä e, inoltre, preziosa testimonianza di nuove esigenzereligiose, della diffusa coscienza di dover corrispondere con maggior consapevolezzaagli im- pegni propri della vita cristiana: i partecipanti si accusanodi trascura- tezza, assumendoa paragone la grande cura e la diligenza con la quale la festa dell'esaltazione della Croce era dappertutto celebrata e stabili- scono che con altrettanta cura e diligenza debba esseresolennizzata a Milano. L'etä della pataria 169 del Il merito rifiorire del culto della Croce va attribuito con ogni probabilitä all'influsso del monachesimo cluniacense, giä operante nelle diocesi contermini a quella di Milano. Sempre nell'XI secolo vi sono indizi, di nel territorio milanese, un rinnovato fervore di devozione verso di Cristo, il Sepolcro che si manifesta nel piü frequente pellegrinare al luogo della sepoltura del Signore a Gerusalemme e nella dedicazione di edifici sacri al S. Sepolcro, come la chiesafondata attorno a11025 a Ter- nate, nel settore nord-occidentale della diocesi, al cui rapido successo come polo di attrazione spirituale per le popolazioni abitanti in largo raggio intorno ad essanon dovette essereestranea proprio la particolare dedicazione. Inquietudini religiose diffuse nel mondo dei laici desiderosi di non essereesclusi dalla chiamata alla santitä, sentite esigenze di una spiri- tualitä piü intensa, dove assumerilievo la figura del Cristo, e soprattut- to del Cristo crocefisso con quanto si connette alla sua passione e mor- te, come la Croce e il Sepolcro, sono solo alcuni aspetti di un'ansia reli- giosa che pervadeva l'intera cristianitä occidentale e che a Milano, tra dalle qualche sbandamento connotazioni esplicitamente ereticali - mi riferisco ai rustici del contado accorsi in cittä e facilmente conquistati dai discorsi degli di eretici Monforte -, troverä matura espressionenel fenomeno patarinico. La predicazione del diacono Arialdo Se il dall'accusa di proscioglimento simonia e il prestigioso - dei soprattutto agil occhi Milanesi - riconoscimento dei diritti della sede ambrosiana nell'annosa questione del primato d'onore con Ra- venna, ebbero la loro importanza nel rimarginare la profonda ferita inferta all'universo ecclesiastico milanese dalla scelta di Guido da Velate come arcivescovo, non meno decisiva per il prodursi di una sicura convergenza dello stesso Guido e degli ordinari verso una po- sizione comune fu una sempre piü vivace presenza nella realtä citta- dina e diocesana di persone e gruppi portatori di piü alti ideali reli- giosi e morali. I profondi intrecci di potere tra esponenti dell'alto clero e dell'alta feudalitä, del tutto naturali proprio perche si trattava di personaggi or- bitanti nella medesima galassiasociale; i risvolti economici di tali con- nessioni, sfocianti nello spregiudicato sfruttamento del patrimonio ec- clesiastico attraverso contratti di livello e di permuta sotto cui si mime- tizzavano vere e proprie alienazioni dei beni di chiese e monasteri, si ripercuotevano e si riproponevano anche nelle sfere piü bassedel clero, minando alla radice la credibilitä di una gerarchia ecclesiastica,la quale 170 ALFREDO LUCIONI pareva ormai del tutto inadeguata a proclamare agli uomini Cristo ei valori cristiani. Tra le tante, una nota pagina di un autore dell'XI secolo, Andrea da da le Strumi, dipinge con realismo - sia pure temperare per esa- la gerazioni polemiche a cui certo il testo non era estraneo - situa- zione dei chierici milanesi: «In quel tempo il ceto degli ecclesiastici era stato sviato in una tale quantitä di errori, che in esso non vi era quasi nessunoche fosse giustamente nel posto che occupava. [... ] Quasi tutti i preti conducevano una vita vergognosa con pubbliche mogli o con sgualdrine. Ognuno cercava il proprio interesse, non quello di Cristo. [... ] Tutti quanti erano talmente invischiati nell'eresia simo- niaca, che non si poteva ottenere nessun incarico o grado, dal piü pic- colo fino al piü grande, se non comprandolo»z. Tra la fine del 1056 e 1'inizio del 1057 un diacono del clero decumano, Arialdo, nato a Cucciago da una famiglia di liberi proprietari di campagna3, comin- cib a predicare nella pieve di Varese richiamando il clero alla neces- sitä di riconoscere i propri errori e di emendarsi. Ad una probabile favorevole accoglienza presso i laici, soprattutto piccoli e medi pro- prietari di campagnae contadini, piuttosto sensibili alla polemica con- tro il clero potente e benestante ed ai richiami agli ideali evangelici di povertä e di castitä, corrispose nei chierici una netta chiusura, tale da indurre Arialdo ad abbandonare il contado per portare la sua predi- cazione dentro Milano nella primavera del 1057. Fin dall'inizio, il nucleo essenzialedel suo pensiero appare consistere nella proclamata necessitä di una rigida coerenza fra la dottrina professata e la vita vis- suta. Da qui, nel primo discorso
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