Maurizio Basili Ultimissimo
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Le tesi Portaparole © Portaparole 00178 Roma Via Tropea, 35 Tel 06 90286666 www.portaparole.it [email protected] isbn 978-88-97539-32-2 1a edizione gennaio 2014 Stampa Ebod / Milano 2 Maurizio Basili La Letteratura Svizzera dal 1945 ai giorni nostri 3 Ringrazio la Professoressa Elisabetta Sibilio per aver sempre seguito e incoraggiato la mia ricerca, per i consigli e le osservazioni indispensabili alla stesura del presente lavoro. Ringrazio Anna Fattori per la gratificante stima accordatami e per il costante sostegno intellettuale e morale senza il quale non sarei mai riuscito a portare a termine questo mio lavoro. Ringrazio Rosella Tinaburri, Micaela Latini e gli altri studiosi per tutti i consigli su aspetti particolari della ricerca. Ringrazio infine tutti coloro che, pur non avendo a che fare direttamente con il libro, hanno attraversato la vita dell’autore infondendo coraggio. 4 INDICE CAPITOLO PRIMO SULL’ESISTENZA DI UNA LETTERATURA SVIZZERA 11 1.1 Contro una letteratura svizzera 13 1.2 Per una letteratura svizzera 23 1.3 Sull’esistenza di un “canone elvetico” 35 1.4 Quattro lingue, una nazione 45 1.4.1 Caratteristiche dello Schweizerdeutsch 46 1.4.2 Il francese parlato in Svizzera 50 1.4.3 L’italiano del Ticino e dei Grigioni 55 1.4.4 Il romancio: lingua o dialetto? 59 1.4.5 La traduzione all’interno della Svizzera 61 - La traduzione in Romandia 62 - La traduzione nella Svizzera tedesca 67 - Traduzione e Svizzera italiana 69 - Iniziative a favore della traduzione 71 CAPITOLO SECONDO IL RAPPORTO TRA PATRIA E INTELLETTUALI 77 2.1 Gli intellettuali e la madrepatria 79 2.2 La ristrettezza elvetica e le sue conseguenze 83 2.3 Personaggi in fuga: 2.3.1 L’interiorità 102 2.3.2 L’altrove 111 2.4 Scrittori all’estero: 2.4.1 Il viaggio a Roma 120 2.4.2 Parigi e gli intellettuali svizzeri 129 2.4.3 La Berlino degli elvetici 137 2.5 Letteratura di viaggio. Tre casi esemplari 145 5 CAPITOLO TERZO L’INTERESSE PER LE VICENDE STORICHE 167 3.1 L’interesse per la storia 169 3.2 Tra storia e mito: Guglielmo Tell 191 3.3 Il secondo conflitto mondiale dalla prospettiva elvetica 212 3.4 Islam e Svizzera 252 CAPITOLO QUARTO IL LEGAME CON LA TRADIZIONE 261 Forma: 4.1 Il legame con la tradizione letteraria: il romanzo di formazione 263 4.2 Memorie d’infanzia 279 4.3 Tre esempi di riscritture: Ifigenia, Orfeo, Giuditta 292 4.4 Romanzo poliziesco e critica sociale 299 4.4.1 Glauser e le regole del genere poliziesco 299 4.4.2 I gialli di Friedrich Dürrenmatt 309 4.4.3 Il romanzo poliziesco di Andrea Fazioli e Michel Bory 326 Temi: 4.5 La natura come motore della creazione artistica 332 4.5.1 La montagna 342 4.5.2 La passeggiata 354 4.6 Critica alla società moderna e al progresso 365 4.7 Le tragicommedie dell’assurdo di Frisch e Dürrenmatt 381 SCHEDE BIO-BIBLIOGRAFICHE 389 BIBLIOGRAFIA 463 6 CAPITOLO PRIMO SULL’ESISTENZA DI UNA LETTERATURA SVIZZERA CAPITOLO PRIMO SULL’ESISTENZA DI UNA “LETTERATURA SVIZZERA” Dal punto di vista geografico ed economico la formazione di uno stato svizzero e la creazione di una coscienza nazionale sono difficilmente spiegabili e, agli occhi di uno storico attento e forse eccessivamente meticoloso, potrebbero addirittura sembrare improponibili: l’assenza di un confine naturale fatto di monti o acque fa cadere subito l’idea di un’unità dovuta a esigenze naturali; le montagne, per di più, sono al centro del Paese e le Alpi occupano gran parte del territorio, per cui logica deduzione sarebbe che la Svizzera è un paese improduttivo. Ci indurrebbe a tale pensiero anche l’assenza di materie prime, ma si sa bene che la Confederazione ha raggiunto da anni un ottimo livello economico, limitando il più possibile gli acquisti dall’estero e, non a caso, nell’immaginario collettivo, è tutt’altro che una nazione povera e poco efficiente. Agli occhi dello stesso storico diligente e razionale, degna di una qualche preoccupazione potrebbe anche essere la gran varietà di etnie, lingue e dialetti: ma in un territorio di 41.285 Kmq convivono tranquillamente — per quanto possibile — quasi 7.600.000 persone: circa il 64% di queste è di madrelingua tedesca, il 21% ha il francese come idioma principale, il 6% è di lingua italiana, una minoranza, lo 0,5% della popolazione, ha come prima lingua il romancio — un idioma neolatino appartenente al sottogruppo delle lingue retoromanze che, come tale, ha grandi affinità col ladino e col friulano parlati in Italia — e il 9% circa rimanente è rappresentato dai numerosi stranieri che hanno portato sul suolo elvetico i loro idiomi come, ad esempio, i serbo-croati, che costituiscono il maggior gruppo linguistico straniero.1 Anche la situazione religiosa elvetica si presenta variegata: il 41% degli svizzeri aderisce al cattolicesimo, il 42% alla Chiesa protestante, circa il 12% si professa ateo, in aumento la popolazione islamica. Già considerando gli elementi 1 I dati sono relativi al censimento del 2000. 11 linguistici e religiosi, appare evidente che l’unità della Svizzera è stato qualcosa di fortemente voluto.2 Ma lo storico generalmente non tiene presente questo fattore, non considera che le vicende della Confederazione, che risultano tra le più ignorate, hanno spesso proposto modelli per le potenze europee: del piccolo stato dell’Europa centrale si sottolinea di solito il suo spirito di neutralità — ma se ne parla abitualmente come di un’opportunistica scelta politico-economica —, i miti, quello di Guglielmo Tell in particolare, e poi una serie di luoghi comuni come la leggendaria e rassicurante riservatezza delle banche — minata, per la verità, negli ultimi tempi dall’invadenza statunitense e francese —, il finissimo cioccolato con costanti tentativi di imitazione e contraffazione da parte delle industrie di tutto il mondo su cui vigila la Chocosuisse — l’organizzazione dell’industria svizzera del cioccolato che nel 1999 vinse una causa intentata contro l’azienda inglese Cadburys, rea di aver messo in commercio un prodotto con il nome di Swiss Chalet e utilizzato una foto del Cervino sull’involucro —, gli orologi — con la garanzia Swiss made, marchio che allude non soltanto al paese di origine ma veicola anche la grande reputazione degli oggetti in questione —, la conseguente puntualità, il coltellino svizzero che nasconde nel manico innumerevoli lame e attrezzi vari, i colori della natura elvetica — dal bianco dei ghiacciai al verde dei prati fino all’azzurro dei laghi e dei fiumi —, le imponenti montagne e, infine, Heidi, la fanciulla che tutti i bambini del mondo conoscono come la protagonista di una serie a cartoni animati frutto del lavoro dei giapponesi Hayao Miyazaki e Isao Takata, e che per gli elvetici è invece, soprattutto, la protagonista di alcuni romanzi della scrittrice di Hirzel, comune del cantone zurighese, JOHANNA SPYRI. Ma la Svizzera non è solo questo insieme di luoghi comuni. 2 Per un approfondimento sulla storia della Svizzera e le sue caratteristiche culturali e sociali si veda: AA.VV., Nuova storia della Svizzera e degli Svizzeri, Bellinzona, Casagrande, 1983; MARIO AGLIATI e GUIDO CALGARI, Storia della Svizzera, Lugano, Fondazione Ticino Nostro, 1969; EMILIO R. PAPA, Storia della Svizzera, Milano, Bompiani, 1993; JEAN ROHR, La Suisse contemporaine, Paris, Armand Colin, 1972. 12 1.1 CONTRO UNA LETTERATURA SVIZZERA Nonostante le premesse evidenziate nel paragrafo introduttivo, dati di fatto accessibili a tutti, c’è sempre stato, e vi è tuttora, chi sostiene fermamente che la Svizzera — e, di conseguenza, qualsivoglia forma artistico-culturale elvetica, letteratura compresa — non esiste. Il più accanito nichilista in materia appare essere l’intellettuale vodese CHARLES-FERDINAND RAMUZ. Lo scrittore ne fa una questione soprattutto linguistica: non si può slegare, secondo il suo parere, il concetto di “letteratura nazionale” da quello di “idioma nazionale”, l’arte si deve esprimere nella stessa lingua che trasmette i valori dell’identità patriottica e deve essere manifestazione di una propria appartenenza mentale e culturale; alla Svizzera manca la base per essere considerata una nazione, è uno stato privo, vale a dire, di una lingua comune con la quale esprimere una memoria collettiva. È il concetto romantico, e al contempo utopistico, di “una lingua, una nazione” quello portato avanti dallo scrittore originario di Losanna, una nozione che ha contribuito molto, durante l’Ottocento, allo sviluppo degli Stati-nazione in Europa. Lecito chiedersi cosa sarebbe quindi la Svizzera per Ramuz. Une province qui n’en est pas une (1938) è il titolo di una sua opera che riassume bene l’essenza del suo pensiero: il territorio elvetico — non tanto da un punto di vista politico- amministrativo bensì « par la langue et la race »1 — non è altro che un insieme di province; nella concezione di Ramuz, i cantoni Vaud, Vallese, Neuchâtel e Giura vengono valutati dipartimenti della Francia alla stregua dei vicini Doubs, Giura francese e Alta Savoia, i cantoni germanofoni vanno ad arricchire la Germania, e il Ticino, più quella parte dei Grigioni dove si parla italiano, sono da considerare province del Belpaese. Per Ramuz invece la Francia è « mon pays, bien que ce ne soit pas ma patrie. J’appartiens au pays français, je n’appartiens pas à la nation française »2. Ma negli scritti di Ramuz non c’è la sofferenza tipica dell’apolita, quel desiderio ardente di appartenenza a una cerchia locale frammisto al terrore di 1 CHARLES-FERDINAND RAMUZ, Lettre en réponse à la question: que pensez-vous de la France?, in ID., Une province qui n’en est pas une, Lausanne, Rencontre, 1952, p. 68. 2 Ivi, p. 69. 13 esserne escluso che si può riscontrare in altri intellettuali — come per esempio, limitandosi agli emigrati illustri sul territorio francese nel Novecento, Kundera, Ionesco e Todorov — che vivono l’instabile condizione dell’entre-deux.