I Luoghi Del Sublime Modern Oo
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Testiiiiii e Contestiiiiii —————————————————————— I LUOGHI DEL SUBLIME MODERNO PERCORSO ANTOLOGICO-CRITICO A cura di Piero Giordanetti e Maddalena Mazzocut-Mis Testiiiiii e Contestiiiiii —————————————————————— I LUOGHI DEL SUBLIME MODERNO PERCORSO ANTOLOGICO-CRITICO A cura di P. Giordanetti e M. Mazzocut-Mis ISBN 88-7916-289-6 Published in Led on Line - Electronic Archive by http: //www.ledonline.it - http://www.lededizioni.it http://www.ledonline.it/ledonline/giordanettimazzocutluoghi.html Settembre 2005 Copyright 2005 LED Edizioni Universitarie di Lettere Economia Diritto I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica e pubblicazione con qualsiasi mezzo analogico o digitale (comprese le copie fotostatiche e l’inserimento in banche dati) sono riservati per tutti i paesi. INDICE Introduzione di P. Giordanetti e M. Mazzocut-Mis 7 1. IL SUBLIME NELLE ARTI 21 1.1. John Milton. Satana, la morte, l’Arcangelo (p. 21) – 1.2. Albrecht von Haller. La vertigine dell’infinito (p. 25) – 1.3. Nicolas Boileau-Despréaux. Il sublime delle «grandi parole» e il «meraviglioso nel discorso» (p. 28) – 1.4. John Dennis. Poesia sublime e rivelazione (p. 35) – 1.5. Joseph Addison. Grandezza e immaginazione (p. 40) – 1.6. Ed- mund Burke. Arti e passioni (p. 46) – 1.7. Moses Men- delssohn. L’Inquiry di Burke (p. 50) – 1.8. Gotthold Eph- raim Lessing. Il grido di Laocoonte (p. 62) – 1.9. Johann Georg Sulzer. Il sublime dello spirito e del cuore (p. 71) – 1.10. Claude Etienne Savary. La vista delle piramidi (p. 77) – 1.11. Immanuel Kant. Savary e le piramidi (p. 81) – 1.12. Immanuel Kant. L’espressione di idee estetiche (p. 83) – 1.13. Friedrich Wilhelm Joseph Schelling. Informità della forma e forma dell’informe (p. 93) – 1.14. Georg Wilhelm Friedrich Hegel. Il simbolismo della sublimità (p. 101) – 1.15. Victor Hugo. William Shakespeare (p. 107) – 1.16. Hans Blumenberg. Un naufragio con spettatore (p. 128) – 1.17. Harold Bloom. «L’abisso del mio io» (p. 138) – 1.18. Paul Fry. Sublime Inferno (p. 148) – 1.19. Frances Fergu- son. Mont Blanc di Shelley (p. 155). 2. IL SUBLIME NELLA NATURA E NELLE SCIENZE 165 2.1. Alexander Pope. La grande catena dell’essere (p. 165) – 2.2. Edmund Burke. L’infinità sublime (p. 168) – 2.3. Jo- hann Georg Sulzer. La mirabile comparazione (p. 171) – 2.4. Immanuel Kant. Il sublime naturale. Il cielo stellato, le 5 Piero Giordanetti e Maddalena Mazzocut Mis Alpi (p. 175) – 2.5. Friedrich Schiller. L’armonia tra bello e sublime (p. 187) – 2.6. Friedrich Wilhelm Joseph Schelling. Il sublime etico: la riconciliazione con la natura «terribile» (p. 193) – 2.7. Georg Wilhelm Friedrich Hegel. La sublima- zione della sostanza (p. 196) – 2.8. Arthur Schopenhauer. Il sublime è mia rappresentazione (p. 200) – 2.9. Neil Hertz. Il sublime edipico (p. 207) – 2.10. Jean-François Lyotard. Il sublime tra legge e immaginazione (p. 214). 3. IL SUBLIME PATETICO E L’EMOZIONE 227 3.1. Descartes. Le passioni dell’anima (p. 227) – 3.2. Bernhard Lamy. Il sublime è uno stile (p. 234) – 3.3. René Rapin. Il sommo grado di perfezione (p. 239) – 3.4. Silvain. Una voce controcorrente (p. 257) – 3.5. John Dennis. Poesia e passioni (p. 279) – 3.6. Jean-Baptiste Du Bos. Estetica dell’emozione (p. 289) – 3.7. Denis Diderot. Elogio di Richardson (p. 313) – 3.8. Edmund Burke. Ec- citare le passioni (p. 332) – 3.9. Henry Home, Lord Kames. Le passioni sociali (p. 350). 6 3. IL SUBLIME PATETICO E L’EMOZIONE 3.1. DESCARTES. LE PASSIONI DELL’ANIMA * Descartes (1596-1663), fondatore della teoria fisiologica delle emozioni, riesce a comprendere e interpretare il fenomeno del piacere del tragico proprio al- l’interno di una psicofisiologia, capace di trovare una soluzione alla nascente estetica dell’emozione che svolta verso quel sublime patetico, la quale avrà un successo stabile e duraturo fino ai nostri giorni, senza che, in effetti, dal Set- tecento a oggi le trame e le tracce della ricerca si siano di fatto modificate o spostate di molto. L’ambiente francese sarà uno dei più predisposti ad accogliere e a svi- luppare una teoria emozionale, che vede in Du Bos uno dei maggiori teorici. Non è dunque un caso che proprio Descartes, in una lettera inviata alla Principessa Elisabetta (Egmond, 6-X-1645), affermi che le tragedie piacciono tanto più se sono in grado di stimolare in noi un sentimento di tristezza che ha origine proprio nella compassione. Dalle osservazioni cartesiane contenute nel Traité des passions de l’âme (1649) si possono sintetizzare alcuni motivi che avranno grande sviluppo e forte interesse nell’estetica settecentesca: il piacere può essere generato dall’ac- crescimento dell’autocoscienza a sua volta stimolata dall’aumento dell’attività psichica o fisica; ogni emozione estetica causa un piacere puro; la natura del piacere estetico è intellettuale 1. La compassione si rivela il fulcro entro il quale ruota il tema del piacere del pianto (teorizzato anche da Burke, recuperando il passaggio attraverso la pietà). D’altra parte nei Saggi, Montaigne connetteva la simpatia alla «muta elo- quenza», a sua volta collegata al tema della pietà. Esiste ad esempio nel- ———————— * Nota di M. Mazzocut-Mis. 1 Cfr. Martino 1998, p. 30. 227 Capitolo 3 l’animale – ed è quindi originaria e «naturale» – una comunicazione muta e simpatetica che si avvale di sguardi, gesti, atteggiamenti e lamenti a cui l’uomo non può e non deve sottrarsi. «Non ho mai potuto veder senza dispiacere in- seguire e uccidere neppure una bestia innocente, che è senza difesa e dalla qua- le non riceviamo alcuna offesa. È quello che accade comunemente, che il cer- vo, sentendosi senza fiato e senza forza, non avendo più altro scampo, si ri- mette e si arrende a noi stessi che lo stiamo inseguendo, chiedendoci grazia con le sue lacrime, […] questo mi è sempre sembrato uno spettacolo spiacevo- lissimo» 2. Il porsi al di fuori della comunicazione animale, il non condividere un linguaggio gestuale o emozionale è dunque condizione – già lo sottolineava Plutarco – per esercitare l’ingiustizia, per commettere i più atroci delitti. «Per di più, crediamo che i suoni e le strida che gli animali emettono siano voci i- narticolate, e non piuttosto preghiere, suppliche e richieste di giustizia» 3. Una richiesta di aiuto, che può quindi essere ignorata dall’uomo che non compren- de, per natura o per educazione, il «linguaggio» animale. Eppure l’uomo può anche coltivare il disinteresse per questo tipo di comunicazione. Può crescere nell’indifferenza per la sofferenza dell’animale e quindi dell’uomo. Dopo tanti anni e tanta «storia della filosofia», sarà Rousseau a ricordare il lungo esercizio con cui l’uomo, «[mettendosi] le mani sugli orecchi, e [ragionando] un po’» 4, riesce a isolarsi dalla sofferenza altrui e «dice in segreto, al vedere un uomo che soffre: “Muori, se vuoi; io sono al sicuro”» 5. Il tema della «muta eloquenza» delle bestie, avvicina l’animale all’uomo toccando le corde dell’emotività. D’altra parte il tema dell’emozionalità ha qui una delle sue radici. La concezione estetica, che pone come fine ultimo dell’ar- te quello di suscitare un’emozione più o meno intensa, ritrova uno dei suoi fondamenti proprio nella «simpatia» intesa come proprietà universale dell’es- sere umano oppure come qualità che va fatta crescere e viene alimentata fin dalla più giovane età. La teoria delle emozioni, applicata al piacere estetico e soprattutto agli oggetti tragici – cioè le passioni suscitate dalla tragedia – non può prescindere dall’analisi delle teorie di Descartes, per un lato, e di Leibniz, dall’altro, proprio in riferimento alla nascita di quelle sensazioni miste – di pia- cere e ripulsa – fondamento del sublime settecentesco, e di quel «Muori, se vuoi; io sono al sicuro» ricordato da Rousseau. L’arte sa sapientemente fruttare questo aspetto comune all’uomo e all’animale. La consapevolezza di un peri- colo, la percezione di una sofferenza, la paura di una catastrofe, a lungo pre- sentite, suscitano un’inquietudine tanto più intensa quanto più lontano appare l’epilogo. L’arte si affranca dall’istinto di conservazione, spingendo la potenza del bisogno fino a farne un desiderio appassionato. Non è un caso che uno dei ———————— 2 Montaigne 1992, p. 559. 3 Plutarco di Cheronea 2001, p. 60. 4 Rousseau 1997, p. 124. 5 Ibid., p. 123. 228 Il sublime patetico e l’emozione fondatori dell’emozionalità, Du Bos, sarà anche l’ispiratore di Burke, il teorico del sublime. Tornando a Descartes, «il piacere tragico viene fatto risalire da una par- te, nel solco della tradizione agostiniana, all’esercizio della nostra compassione e al sentimento di autosoddisfazione che ci deriva dalla constatazione della no- stra bontà, dall’altra, reso autonomo dalla sfera etica, e considerato come puro fenomeno psico-fisiologico, è fatto risalire all’attività emotiva. Infatti, essendo ogni emozione, indipendentemente dalla sua qualità, fonte di piacere per l’anima a condizione che essa ne rimanga padrona, le emozioni teatrali, ri- spondendo a questa condizione, sono piacevoli» 6. Il gradimento e l’orrore Trovo una sola distinzione considerevole, che sia simile nell’uno e nell’altro. Consiste nel fatto che gli oggetti, sia dell’amore sia del- l’odio, possono essere rappresentati all’anima dai sensi esterni o da quelli interni e dalla propria ragione. Siamo soliti chiamare, infatti, bene o male, ciò che i nostri sensi interni o la nostra ragione ci fan- no giudicare conveniente o contrario alla nostra natura; tuttavia chiamiamo bello o brutto ciò che ci è rappresentato così dai nostri sensi esterni, soprattutto da quello della vista, che da solo prendia- mo in considerazione più di tutti gli altri. Hanno da qui origine due specie di amore, e cioè, quello che si prova per le cose buone e quello che si prova per le belle, che si può chiamare gradimento, per non confonderlo con l’altro, e neppure con il desiderio, a cui spesso si dà il nome di amore.