ESTRATTI DALLA STAMPA LOCALE

IL MESSAGGERO VENETO

2 FEBBRAIO 2021

L'obiettivo resta quello di avviare la campagna per gli over 80 dalla prossima settimana

Pressing di Fedriga per ottenere più fiale. Oggi si attendono novità per l'uso di AstraZeneca

Preoccupano i vaccini Meno di 90 mila dosi attese entro fine mese

Mattia Pertoldi /

Le incognite sulla fornitura dei vaccini. I dubbi sulle categorie cui destinare il nuovo prodotto targato AstraZeneca - consigliato da parte dell'Aifa soltanto per gli under 55 - e una campagna che doveva essere rapidissima, ma che invece procede a rilento, soprattutto se paragonata a quanto sta accadendo in Gran Bretagna, Israele, ma anche negli Stati Uniti. Le vaccinazioni, insomma, diventano la vera questione da affrontare e la sfida da vincere per l'Italia e per il con Massimiliano Fedriga che ne ha fatto pure il perno centrale del suo intervento in Consiglio regionale in quello che è diventato una sorta di appuntamento fisso per tracciare una sintesi della lotta alla pandemia.numeri e unione europeaIl presidente sta cercando di convincere le altre Regioni e il Governo - in questo senso un nuovo vertice è previsto per oggi - della necessità di tarare le future consegne dei vaccini non in percentuale alla popolazione tout court, bensì in relazione alla presenza in un determinato territorio di più o meno residenti della categoria ritenuta prioritaria. Considerato, pertanto, che la fase due della campagna dovrebbe riguardare innanzitutto gli over 80, Fedriga, assieme al collega Giovanni Toti, ha chiesto un aumento di dosi per il Friuli Venezia

Giulia, seconda regione più vecchia d'Italia dopo, non a caso, la Liguria. I numeri, d'altronde, sono chiari e al momento prevedono l'arrivo annunciato, da qui a fine mese, di 49 mila 140 dosi di Pfizer e 13 mila 900 di Moderna. Poi c'è la questione di AstraZeneca che ha ricevuto l'ok dall'Ema venerdì e sabato - consigliandolo esclusivamente per gli under 55 - dall'italiana Aifa. Domenico Arcuri non ha ancora comunicato alle

Regioni quante fiale di questo vaccino riceveranno a febbraio, ma, come spiegato da Fedriga ieri, è plausibile che se il metro di paragone diventerà il classico 2,16% della somma utilizzato da tradizione per il Friuli

Venezia Giulia, saremo attorno alle 23 mila 500 unità. Complessivamente, dunque, in regione dovrebbero arrivare a febbraio poco meno di 87 mila dosi con le quali immunizzare attorno alle 43 mila persone. Non un granchè, onestamente. «La situazione con il rallentamento delle forniture di vaccini - ha detto Fedriga - mi preoccupa molto sia dal punto di vista della tutela della salute pubblica sia della salvaguardia dell'economia. La responsabilità, voglio essere chiaro, non è del Governo oppure di Arcuri, ma dell'Europa che si è fatta trovare impreparata. La Gran Bretagna ha siglato i primi contratti per il vaccino tra marzo e aprile dello scorso anno, Bruxelles soltanto ad agosto. Avrei preferito pagare il vaccino anche il doppio del costo attuale, ma essere davvero pronto alla campagna. Uscire dalla pandemia un mese o due dopo gli altri Paesi non è indifferente perchè in ballo ci sono milioni di posti di lavoro e centinaia di migliaia di aziende. Ci sono realtà come Israele che hanno già immunizzato oltre il 10% della popolazione, parlando di entrambe le dosi, mentre l'Europa fa fatica a raggiungere il 2%».IL PIANO VACCINALEIl prossimo step, come accennato, dovrebbe riguardare, stando a quando approvato dal Parlamento, le vaccinazioni per gli over 80 non residenti nelle case di riposo, cioè una platea, per il Friuli Venezia Giulia, di oltre 108 mila persone. La volontà della Regione è quella di aprire le prenotazioni a metà settimana per avviarle dall'inizio della prossima, ma è chiaro che in questo senso il vicepresidente Riccardo Riccardi attende indicazioni da Roma su due piani diversi. Il primo riguarda proprio la richiesta, che dovrebbe essere ufficializzata oggi dopo un nuovo incontro tra gli assessori alla Salute, di ancorare le forniture di vaccino Pfizer e Moderna all'età anagrafica media dei territori. La seconda, invece, gira attorno a quali categorie immunizzare con

AstraZeneca - si parla di insegnanti, forze dell'ordine e militari - considerato che non si potrà utilizzare per gli over 80, ma con ogni probabilità soltanto per coloro che hanno meno di 55 anni. Le due decisioni sono interconnesse tra di loro sia perchè da una parte consentirebbero al Friuli Venezia Giulia di incrementare la dotazione mensile di vaccini, sia perchè, dall'altra, parliamo di prodotti diversi tra loro da un punto di vista della conservabilità - Pfizer e Moderna necessitano della catena del freddo, AstraZeneca no - e della distanza necessaria per effettuare i richiami compresi in un delta tra due e dodici settimane. Bisogna ritarare le agende vaccinali, in altre parole, dopo una fase uno che si sta lentamente avviando al completamento con un più che discreto successo se consideriamo gli oltre 39 mila prenotati alla prima inoculazione e gli attuali 34 mila per la seconda. Tenuto conto di coloro che hanno avuto il Covid e che dunque in questa fase non verranno immunizzati, infatti, la platea di potenziali beneficiari si muoveva attorno alle 48 mila unità. Con le adesioni che hanno sfiorato quota 40 mila, quindi, il totale di personale socio-sanitario e di coloro che lavorano oppure sono ospitati nelle case di riposo del Friuli Venezia Giulia aderente supera l'83% del totale: una quota che in pochi si sarebbero aspettati di raggiungere a inizio campagna.l'andamento della pandemiaQuella di ieri a piazza Oberdan è stata anche l'occasione per Fedriga di analizzare lo stato dell'arte della pandemia che, rispetto a qualche settimana fa, pare essere leggermente migliorata. «Nel corso della seconda ondata - ha detto il presidente - abbiamo registrato un notevole aumento delle ospedalizzazioni in area medica che hanno toccato la quota più alta il 10 gennaio con 703 pazienti ricoverati. Negli ultimi sei giorni, invece, si è assistito a una notevole diminuzione dei ricoveri pari a oltre 100 unità. Lo stress, inoltre, ha riguardato anche le Terapie intensive per quanto su dati simili alla prima ondata visto che siamo passati da un picco di 61 ricoveri in primavera ai 69 del 13 gennaio». Fedriga, poi, ricordando come «l'età media dei decessi sia pari a 84 anni nelle case di riposo e a 82 in linea generale» ha anche voluto evidenziare il lavoro svolto a livello di test. «Siamo tra le Regioni che hanno testato più persone, intese come nuovi soggetti, sulla popolazione, cioè il 34,55% dei residenti, Meglio di noi hanno fatto soltanto Lazio, il cui dato però è influenzato dalla presenza dello Spallanzani, e il Molise. Siamo anche al secondo posto, dopo Trento, come tamponi molecolari effettuati con 921 tamponi ogni mille abitanti. A preoccupare molto, invece, è il dato sulla mortalità dove, purtroppo, occupiamo il settimo posto in Italia come incidenza media». partito democratico

Moretti: riconosciute

le difficoltà del Fvg

udine

«L'intervento di Massimiliano Fedriga, più istituzionale rispetto i toni manifestati qualche tempo fa, non ha nascosto le difficoltà che la nostra regione sta vivendo e, soprattutto, le condizioni estreme in cui versa da tempo il nostro sistema sanitario, il numero di decessi e di contagi». Così il capogruppo del Pd, Diego Moretti.«La serietà della situazione - aggiunge - è sotto gli occhi di tutti e oggi la preoccupazione per la salute dei cittadini, che si riflette in maniera drammatica anche sull'economia, è emersa con tutta la sua evidenza, riconosciuta finalmente anche dal presidente Fedriga».

Cgil, Cisl e Uil sollecitano l'immunizzazione del personale

I limiti di AstraZeneca impongono la ridefinizione del piano

«Rientro in classe senza problemi

Vaccinate anche professori e bidelli»

Giacomina Pellizzari / udine

Se l'obiettivo è permettere ad alunni e studenti di concludere l'anno in presenza, così come assicura il presidente Massimiliano Fedriga, il personale della scuola deve essere vaccinato in tempi rapidissimi. I segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil scuola insistono sull'immunizzazione di insegnanti e collaboratori scolastici proprio per evitare di dover interrompere il percorso riavviato ieri, nelle scuole superiori del Friuli

Venezia Giulia.Nonostante il ritorno in classe del 50 per cento degli allievi sia avvenuto in modo ordinato, Adriano Zonta (Cgil), Concettina Cupani (Cisl) e Ugo Previti (Uil) temono possibili ricadute a seguito dei limiti imposti dall'Ema ad AstraZeneca autorizzando il vaccino per le persone fino a 55 anni. «Un buon numero di insegnanti e collaboratori scolastici ha più di 55 anni» fa notare Cupani auspicando che il piano vaccini venga rimodulato al più presto sulla base delle disponibilità delle dose e delle tipologie di vaccino. «A livello di consapevolezza - insiste la segretaria regionale della Cisl scuola - tutti hanno compreso che il personale della scuola deve far parte delle categorie a rischio, ma noi continuiamo a chiederlo perché non abbiamo certezze sulla disponibilità delle dosi». Le rappresentanze sindacali prendono a esempio la campagna vaccinale in corso in Israele dove tutto il personale della scuola è già stato vaccinato. Che il tema sia centrale lo conferma il mancato ritorno in classe nei licei di Cividale dopo aver riscontrato la positività al Sars-CoV2 di alcuni docenti. Nella città ducale la didattica in presenza riprenderà non appena il quadro epidemiologico sarà più chiaro.Ribadito questo punto, Zonta richiama l'attenzione su alcuni particolari che potrebbero essere migliorati. «Molti genitori accompagnano i figli a scuola per evitare di sottoporli al rischio assembramenti sugli autobus. Peccato che poi quando vanno a prenderli si ammassano davanti agli ingressi. Basterebbe, per evitare tutto questo, scaglionare ogni cinque minuti le entrate e le uscite. Zonta apprezza comunque il lavoro fatto dai dirigenti e come i colleghi spera che questo sia solo l'inizio del percorso che riporta tutti i ragazzi a scuola.Dello stesso avviso Previti, il quale non manca di soffermarsi sui problemi vecchi e nuovi dell'Istruzione. Convinto che le mascherine chirurgiche non siano sufficienti a proteggere insegnanti e studenti costretti a rimanere in classe cinque ore, Previti propone di mettere a disposizione del personale della scuola le mascherina Ffp2. «A noi interessa la salute dei lavoratori» sottolinea il segretario regionale della Uil scuola nel soffermarsi anche sul mancato pagamento degli stipendi a docenti e bidelli assegnati in più per fronteggiare l'emergenza sanitaria. «Ci sono persone che da tre mesi non ricevono lo stipendio» spiega nell'auspicare che il Governo possa mettere fine a questo disagio. Sembra davvero impossibile invece - fa notare Previti - il Ministero dell'economia non sta finanziando gli stipendi destinati ai docenti arrivati all'inizio dell'anno scolastico in ogni plesso. Questa situazione è umiliante per tutti».Allo stesso modo, il rappresentante della Uil scuola invita i vertici ministeriali e dell'Ufficio scolastico regionale a valutare per tempo il ritorno a scuola in presenza nel prossimo anno: «Bisognerebbe iniziare a formare classi meno numerose e a studiare sistemi in grado di mettere al riparo il personale dal possibile contagio». schermaglie e slogan un friuli che non c'è più

Fontanini non si smentisce e mostra il lato più inadeguato per potersi considerare guida politica di processi di progresso in Friuli. Salt, onest e lavotador è la definizione che lui utilizza, ancora ancora oggi, per descrivere di un rappresentante friulano che non esiste più da moltissimo tempo. Una immagine retorica di una persona votata al sacrificio, silente e occupato a lavorare chino sulla sua fatica. Un friulano che forse può essere riconoscibile fino all'immediato secondo dopoguerra, in cui la nostra terra era la più misera del nord Italia. Lo sviluppo economico, il boom degli anni sessanta e la definitiva spinta alla crescita dell'epoca della Ricostruzione post terremoto del '76, ha cambiato i connotati del Friuli e dei friulani. Tito Maniacco ne "I Senzastoria" oppure in "L'ideologia friulana. Critica all'Immaginario collettivo" ha raccontato, con grandissima lucidità, che quella definizione retorica era una delle etichette che la classe dirigente ha appiccicato al popolo per lisciarne il pelo, per rassicurarlo e per lasciarlo nella sua posizione di sotan. A un ragazzo di vent'anni che si laurea in Friuli e che è costretto a emigrare perché il sistema produttivo non è capace di dargli possibilità, che gli diciamo? che è erede di un popolo sant, onest e lavorador? Paolo

Ermano su questo giornale ha spiegato che l'economia friulana sta comunque andando avanti e creando ancora ricchezza. Il problema è che non c'è più un riconoscimento reciproco tra economia e società friulana.

Ognuno va per conto suo. E invece di proporre un modello di territorio originale e riconoscibile, la classe dirigente politica ed economica, si accontenta di avere un dialogo esclusivo al suo interno e non prova a rappresentare la società con i suoi temi e problemi contemporanei. Vale per la politica, vale per le categorie economiche, parlano fra di loro con la presunzione di avere tutto sotto controllo. Intanto il Friuli si spopola e invecchia. Due temi: spopolamento e invecchiamento che sono indici di un declino incipiente.Il Friuli Venezia Giulia si è giovato del confronto tra modelli distinti, Friuli e area Giuliana, ma dialoganti e questo è stata la sua forza. Essere rivendicativi come fa il sindaco di Udine nei confronti di Trieste significa nascondersi dietro un dito. E così mentre "Porto di Trieste" non vuol dire solo "rigenerazione urbana", ma prima di tutto grande occasione di sviluppo economico, cioè posti di lavoro, vuol dire anche occasione con cui interloquire a "modo nostro" in quanto Friuli, il sindaco di Udine Fontanini e il Professor Fabro, ci propongono una Udine del 2050 che, nel loro progetto, renderebbe certamente fluida la mobilità sud-nord in città, riempirebbe gli spazi vuoti, recupererebbe spazi abbandonati, creerebbe nuovi parcheggi, metterebbe insomma in ordine le cose vecchie, fermandosi lì, però.Non ci dicono qual è la vocazione di Udine e quindi di una parte importante del Friuli di qui in avanti. Non come Udine, Pordenone e tutto il Friuli con le sue città, in un dialogo strutturato, scommette nel futuro globalizzato. Come insieme, il Friuli, si specializza, si rende indispensabile al progresso della nostra terra e di tutta la Regione, con un confronto positivo con Trieste. Siamo fermi alle schermaglie, agli slogan, a un Friuli che da tempo non esiste più. Intanto un futuro dirompere spinge sul territorio, che invecchia e alle giovani generazioni non dà alcuno spazio di rilievo, per esprimersi veramente. Tutte questioni che se non affrontate seriamente e definitivamente possono portare dritti dritti a un declino irreversibile, che fa già sentire i suoi umori.

L'aggregazione del territorio anche con la mobilità

Siede la patria mia tra il monte e il mare,quasi teatro che abbia fatto l'arte,non la natura, a' riguardanti appare,e 'l Tagliamento l'interseca, e parte.Questi sono i primi versi con cui Erasmo da Valvason descrive il

Friuli del '500. Sono parole su cui spesso mi cade l'occhio quando entro nel mio ufficio poiché il poeta è tra i personaggi più celebri del mondo culturale del borgo antico di Valvasone. Per fortuna chi mi ha preceduto ha arricchito l'ufficio con una delle più celebri opere del poeta amico di Torquato Tasso.Qualche verso più in là Erasmo aggiunge che nella geografia del suo Friuli il confine occidentale è segnato dalla

Livenza. Un confine fisico che sulle carte della geografia politica di oggi pare essere dimenticato, almeno dalle istituzioni regionali, dal sindaco di Udine e da importanti esponenti della cultura che leggo nell'interessante discussione sul futuro del Friuli nata sul Messaggero Veneto. Una questione, quella del Friuli Occidentale, che registra crescenti e mai sopite pulsioni. Alcuni giorni fa a Sacile un gruppo di cittadini di San Odorico, frazione del "Giardino della Serenissima" chiamato da sempre anche "Porta del Friuli", perorava l'avvio di una raccolta di firme per proporre un referendum confermativo per abbandonare l'autonomia speciale del Friuli-Venezia Giulia per approdare all'apparente meno conveniente "ordinarietà" di Zaia. Seppur autorevoli esponenti della politica sacilese abbiano ridimensionato i desideri di abbandono del Friuli, questi sono un vero e proprio campanello d'allarme che mette in luce come i territori oltre il Tagliamento non si sentano più figli di una matrigna udinese o triestina, ma semplicemente stiano ragionando che forse è meglio essere l'ottava provincia del Veneto rinnegando il senso di appartenenza alla Patria del Friuli.Ecco che tra i tanti pensieri e problemi su come disegnare il Friuli e la Regione del 2050, che dovrebbero essere tenuti in considerazione dai numerosi, in realtà la maggioranza, rappresentanti friulani in Consiglio regionale vi dovrebbe anche essere l'adozione di progetti finanziabili dalle risorse derivanti dal

Next generation EU o da altre fonti per l'individuazione di interventi che aumentino la coesione tra i territori in cui è costituito il Friuli: Friuli orientale, Carnia, territorio udinese, il Pordenonese e tutta la Destra

Tagliamento. È sufficiente ricordare che per attraversare il Friuli Occidentale da Sacile al Ponte della Delizia, in Comune di Valvasone Arzene, per poi proseguire verso Udine la percorrenza media è ancora di oltre

50 minuti mentre se si volesse utilizzare l'autostrada da Pordenone per Udine l'unica esistente impone di scendere fino a Palmanova per poi risalire verso la capitale del Friuli. Il servizio ferroviario è altrettanto carente, ma soprattutto non integrato con gli altri trasporti pubblici. Anche Gorizia è raggiungibile da Udine solo attraverso arzigogolate strade regionali di interesse provinciale ed è ancora più scoraggiante il collegamento autostradale. Nel mio ruolo di presidente dell'Assemblea di Comunità Linguistica Friulana è doveroso sottolineare che già nell'Ottocento la prima forma di aggregazione è avvenuta attraverso lo sviluppo della mobilità con la realizzazione di strade e ferrovie e di questo si dovrà tener conto anche nel Friuli del 2050 creando finalmente un vero canale di comunicazione veloce tra Pordenone, Udine e Gorizia anche per poter intercettare e valorizzare il traffico che la costruenda Pedemontana veneta inevitabilmente dirotterà sul Friuli: nol è mai un mâl che nol sedi ancje un ben. --sindaco Valvasone Arzene

Honsell (open fvg)

«Distretto sanitario senza dirigente: grave»

Luigi Canciani non è più il direttore del distretto sanitario di Udine. Da ieri è in pensione. Al suo posto è stato indicato, come facente funzione, il responsabile dei servizi sociosanitari, Denis Caporale. Un avvicendamento deciso ieri, che per le modalità e le tempistiche con cui è avvenuto, non è affatto piaciuto al consigliere regionale di Open Sinistra Fvg, ed ex sindaco di udine, Furio Honsell. «Un momento difficile come questo, di piena pandemia - evidenzia Honsell - avrebbe richiesto molta attenzione nei riguardi della sanità territoriale. Dallo scorso agosto era stata indicata la scadenza del direttore. Nulla è stato fatto fino a che gli operatori e il sottoscritto non si sono mossi. È inevitabile - conclude - che la leggerezza con cui è stata gestita la situazione porti lo sconcerto e il disorientamento tra chi opera nell'ambito della sanità cittadina, per il disinteresse mostrato fino a ieri nei confronti del più grande distretto sanitario del Fvg, che al suo centro ha Udine».

Sandra Savino: Cecotti non può parlare, non è neppure iscritto

La replica: gli assessori dovevano lasciare il posto in consiglio

Forza Italia divisa tra patti disattesi sgarbi elettorali e correnti regionali

Alessandro Cesare Non arretra di un passo Stefano Cecotti. Mette nel mirino l'operato dell'amministrazione Fontanini, e lo fa parlando da coordinatore cittadino di . «Sono in carica dal 2015. Non mi risulta ci sia stato un altro congresso», sostiene. Ma la coordinatrice regionale dei forzisti, Sandra Savino, è di un altro avviso: «Per esprimersi a nome di Fi bisogna essere iscritti al partito. Cecotti non lo è, quindi parla a titolo personale, spacciandosi per coordinatore cittadino». Un caos che fa venire a galla le contraddizioni di un movimento che a Udine, dopo l'uscita di scena di Massimo Blasoni, pare aver perso la bussola.

Le fazioni non mancano, e tra chi si schiera dalla parte del vicepresidente della giunta regionale Riccardo Riccardi, e chi parteggia per il presidente del Consiglio regionale Piero Mauro Zanin, le provocazioni sono all'ordine del giorno. Ecco perché c'è chi vede nella presa di posizione di Cecotti (rimasto in silenzio negli ultimi due anni) una ripicca dell'area che si rifà a Zanin per la mancata nomina alla presidenza de La Quiete di Ferruccio Anzit, scavalcato all'ultimo da Alberto Bertossi, nome sostenuto dalla corrente riccardiana, che tra i suoi esponenti ha Giovanni Barillari.«La lettera contro l'operato dell'amministrazione non mi sembra tutta farina del sacco del giovane Cecotti», puntualizza Barillari, che ricorda l'imprevedibilità dei forzisti udinesi: «In occasione delle comunali del 2018, una parte di Fi, non ricordo bene chi, raccolse firme per

Enrico Bertossi sindaco, e non fu facile ribaltare, nel poco tempo utile rimasto, la situazione a favore di Fontanini».Ma c'è dell'altro. La frattura all'interno del movimento, resa evidente da Cecotti, ha finito per far venire a galla pure il patto che gli eletti di Fi a palazzo D'Aronco hanno siglato nel caso di nomina ad assessori, impegnandosi a dimettersi da consiglieri per lasciare spazio ai primi dei non eletti (Vincenzo Tanzi e, guarda caso, Stefano Cecotti). «Il patto esisteva ma non è stato rispettato» conferma il coordinatore provinciale Anzit. Anche l'assessore Fabrizio Cigolot ammette l'esistenza dell'accordo sulle dimissioni: «C'era la mia disponibilità, poi la situazione politica ha preso altri sviluppi». Tranciante Barillari: «Difficile ipotizzare le dimissioni da consigliere in assenza di una struttura del partito radicata e organizzata a livello comunale». Il gruppo consigliare di Fi ha preso le distanze da Cecotti, ribadendo il proprio sostegno al sindaco Pietro Fontanini (che ha apprezzato), ma questo non è servito: «La mia posizione è frutto di un malcontento che si avverte in città per l'azione politica della maggioranza. Si ha l'impressione che alla squadra di Fontanini manchi una visione. Ho voluto smuovere le acque e riportare l'attenzione su alcuni temi», conclude.

TOLMEZZO

Maltempo in 50 Comuni montani: la Regione anticipa il 70% dei costi

tolmezzo

La Regione è pronta ad anticipare il 70 per cento delle spese sostenute dai 50 Comuni dell'area montana che hanno dovuto affrontare la prima fase dell'emergenza legata alle eccezionali nevicate dei primi giorni di gennaio. Si tratta di oltre 710 mila euro che copriranno le risorse attinte direttamente dai bilanci comunali, in attesa del riconoscimento da parte del dipartimento nazionale della Protezione civile dello Stato di emergenza. Lo hanno confermato il vicegovernatore del Friuli Venezia Giulia, Riccardo Riccardi, e l'assessore regionale alle Autonomie locali Pierpaolo Roberti rimarcando la volontà di intervenire affinché gli oneri non restino a carico del solo bilancio comunale. «Nonostante gli interventi di somma urgenza attuati dalla Protezione civile regionale, per un valore di 800 mila euro - ha spiegato Riccardi - le amministrazioni locali hanno sostenuto spese rilevanti che, soprattutto per i piccoli Comuni, incidono in maniera importante sui bilanci. Con quest'intervento solleviamo quindi gli Enti locali da quest'improvvisa esposizione, che complessivamente corrisponde a poco più di un milione di euro di spese documentate, erogando oltre 710 mila in attesa che Roma decreti lo stato di calamità nazionale» . «In seguito alle forti nevicate che si sono verificate dal 2 al 10 gennaio - ha aggiunto il vicegovernatore - i Comuni hanno garantito lo spargimento del sale e lo sgombero della neve, sostenendo costi elevati. In attesa dell'erogazione dei fondi statali a copertura di queste spese la Regione, attraverso la Protezione civile del Friuli Venezia Giulia, supporta le amministrazioni locali erogando immediatamente il 70 per cento dell'importo concesso dal finanziamento, mentre il saldo verrà erogato a seguito di presentazione della rendicontazione» . «Abbiamo mantenuto fede all'impegno preso per sostenere i Comuni alle prese con il maltempo e valutato tutte le opzioni per verificare quali strumenti e capitoli di bilancio potessero essere utilizzati» ha quindi indicato l'assessore Roberti, evidenziando gli importanti incontri effettuati sui territori e la vicinanza dell'amministrazione regionale alle località che sono state colpite dall'eccezionale ondata di maltempo nell'area montana. fagagna

Il futuro dell'ospedale mobilita l'opposizione:

«Subito nuovi primari»

fagagna

«Il futuro dell'ospedale di San Daniele, quale centro di primaria importanza, è ciò che oggi sta più a cuore alla cittadinanza del Friuli Collinare». È il pensiero dei consiglieri del gruppo di minoranza "Proposta per

Fagagna" Giuseppe Monaco, Gianluigi D'Orlandi e Daniele Zoratti, i quali, nutrendo preoccupazione per il futuro del nosocomio, si sono attivati per comprenderne le problematiche e individuare le soluzioni.

«Dall'entrata in vigore della riforma "Serracchiani - Telesca", che prevedeva significative misure tese al contenimento della spesa pubblica in materia sanitaria - osservano -, si è determinata una sensibile riduzione dei professionisti in servizio e una grave perdita in termini di professionalità. Fino a giungere alla situazione attuale, con la conversione "a struttura Covid" che ha avuto come conseguenza la sospensione dell'attività ospedaliera». Una situazione aggravata dalle nomine di primari "a scavalco che portano i dirigenti a occuparsi, allo stesso tempo, di reparti ed ambulatori dell'ospedale di Tolmezzo e di quelli attivi a

San Daniele. Oggi, operano solo il punto nascita con la pediatria, le attività ambulatoriali e il pronto soccorso per la fase valutativa. Le urgenze e gli interventi vengono "dirottati" all'ospedale di Udine e di

Tolmezzo. «Il prezzo da pagare in termini di disagio per medici e pazienti è troppo alto e non più sostenibile» commentano i consiglieri sollevando il problema del mancato ricambio generazionale del personale ospedaliero.È necessario dicono «bandire, quanto prima, i concorsi per l'assunzione di nuovi primari, capaci di infondere energie, competenze e innovazione tecnologica ».

Mozione presentata dal "gruppo Scapolan": «Non ha convocato per discutere la crisi». Calderan e Tomizza: si dimetta prima

L'ex maggioranza: «Sfiduciamo Giugovaz»

Milena Bidinost / san quirino

Si complica la crisi politica a San Quirino: il sindaco Gianni Giugovaz rischia di andare a casa. Il "gruppo Scapolan", oramai ex maggioranza, ha presentato mozione di sfiducia che potrebbe andare a buon fine.

Manca un solo voto perché la mozione passi, il nono, e c'è già il gruppo di Remo Calderan (Lega) che si espone dicendo: «Appoggeremo la mozione, non potremmo fare diversamente dopo cinque anni di questa amministrazione e dopo che il sindaco è stato sconfessato dalla sua stessa maggioranza. Consiglio a Giugovaz un atto di umiltà: si dimetta». La goccia che ha fatto traboccare il vaso e scattare la decisione di otto consiglieri (Scapolan, Antonel, Lot, Cortina, Palmieri, Di Narda, Rossi e Rosso) è stato il fatto che il sindaco abbia "snobbato" la loro richiesta di convocazione di un consiglio comunale straordinario da tenersi entro

20 giorni, per chiarire la crisi in corso. La richiesta era del 15 gennaio e il termine scade domani (la seduta deve essere convocata cinque giorni prima). «Vista la mancata convocazione del consiglio comunale straordinario chiesto dall'ex maggioranza - evidentemente il sindaco ha paura e sfugge al confronto - ci vediamo costretti nostro malgrado, a forzare la mano», dicono i firmatari. Per loro questa è l'«ennesima dimostrazione che il confronto e il chiarimento sono pratiche che non fanno parte del bagaglio culturale del sindaco».«Oltre a averci escluso da diverse decisioni importanti, in un periodo delicato a livello sanitario - insiste il gruppo - continua a sottrarsi al confronto e al coinvolgimento. Stanchi e frustrati dal suo atteggiamento, abbiamo chiesto la mozione di sfiducia». Questa è stata presentata come integrazione alla

«mozione sull'azzeramento della giunta» del 15 gennaio, così che al sindaco resterebbe l'opzione di convocare un consiglio comunale urgente in ventiquattro ore. «Il sindaco ha formato una nuova giunta con una parte dei consiglieri di minoranza - si legge nella mozione - in seguito alla revoca della nomina a vicesindaco di Guido Scapolan e alle dimissioni di tutte gli assessori, senza chiedere ufficialmente l'appoggio della maggioranza che fin qui l'ha sostenuto, di fatto sfiduciando per primo i suoi stessi consiglieri». Tra le minoranze, oltre a Calderan, a commentare è il consigliere Maurizio Tomizza che si limita a un eloquente:

«Voglio dare un consiglio al sindaco, si dimetta e farà più bella figura. Così potremo risparmiare anche il gettone di presenza». Gianni Giugovaz si dimetterà, affronterà il consiglio comunale, oppure continuerà a forzare le mano? Intanto la sua nuova giunta (di cui fa parte anche il consigliere di minoranza Ortensia Modolo) ha approvato l'atto di indirizzo della "Piattaforma di resilienza anti pandemia", un programma di interventi a livello locale per rispondere alla pandemia, che arriva a un anno dall'inizio dell'emergenza sanitaria, ispirata al sindaco dalla sua esperienza di ex paziente Covid-19.

Il coordinatore Elisa Palù:

«Ci schieriamo al fianco del sindaco Delle Vedove, ma comprendo le ragioni dello strappo di Baletti»

Progetto Fvg: «È deciso, siamo nel centrodestra»

cordenons

Si chiude il cerchio nel centrodestra cordenonese che andrà unito alle urne. Anche Progetto Fvg, per voce della coordinatrice provinciale Elisa Palù, ha sciolto le riserve e annuncia che correrà con la coalizione che sostiene il sindaco uscente Andrea Delle Vedove, confermando le indiscrezioni che giravano da giorni. Nel farlo, Palù "benedice" al contempo la scelta del consigliere e per il momento ancora coordinatore locale del partito Mauro Baletti (e del suo gruppo consiliare oggi all'opposizione) che non sosterrà Delle Vedove. Le strade si separano «consensualmente»: da un lato il partito che sceglie l'unità del centrodestra, dall'altro i voti che a livello locale Baletti, già assessore, riuscirà a convogliare come lista civica a favore della coalizione antagonista alla quale sta lavorando con le altre forze di opposizione.«Progetto Fvg ha la sua collocazione naturale nel centrodestra - dice Palù - e la coalizione unita funziona e lavora bene in Regione così come in altre realtà comunali. Pertanto anche a Cordenons lavoreremo in questa direzione, superando gli atti politici degli ultimi anni che di fatto ci hanno estromesso dall'attuale maggioranza, puntiamo a avere una visione più ampia e lungimirante». Progetto Fvg "gira" pagina: da quanto appreso potrebbe stringere un accordo cpon Forza Italia (entrambi i simboli in una lista unica) che è l'altro partito rimasto per cinque anni all'opposizione. «Nei territori le coalizioni si costruiscono nel tempo con riconoscimento e rispetto reciproco - sottolinea intanto Palù - pertanto diamo fiducia alla coalizione ma pretendiamo da tutte le forze coinvolte lealtà, correttezza e trasparenza al fine di evitare gli errori del passato».Su Baletti, Palù ritiene «che lo stesso ha ben spiegato e argomentato le ragioni che portano lui e il suo gruppo a prendere le distanze dal sindaco Delle Vedove e che impediscono di riconoscergli il sostegno alle prossime elezioni».

«È innegabile che nel tempo l'attuale amministrazione con atti politici ha di fatto estromesso Forza Cordenons, poi Progetto Fvg, senza poi più riuscire a dare la legittima rappresentanza ad un partito della coalizione - riconosce la coordinatrice provinciale - e il sindaco ha sempre un ruolo di responsabilità nella gestione dei rapporti con le forze politiche. Credo che la decisione di Baletti vada rispettata, così come lui stesso rispetterà la posizione del partito che manterrà la propria identità all'interno della coalizione di centrodestra». Baletti concorda con Palù sulle logiche politiche di coalizione, «ma noi dobbiamo rendere conto per primo al nostro elettorato - dice - che per logiche politiche senza senso di Andrea Delle Vedove, si è trovato privato del proprio rappresentante in quella coalizione di maggioranza che lo aveva sostenuto, non rispettando gli accordi».

Protesta a Sarone perché lo sportello è aperto soltanto tre giorni la settimana

A presentare l'istanza è stata l'Associazione per i diritti degli anziani

In fila fuori dell'ufficio postale

Scatta l'esposto in Prefettura

Chiara Benotti / caneva

Ottantenni in fila al freddo davanti allo sportello postale a Sarone, aperto tre giorni la settimana: il rischio salute ha fatto scattare l'esposto alla Prefettura dell'Ada (Associazione per i diritti degli anziani).

«Chiediamo l'apertura dell'ufficio sei giorni su sette a Sarone - dice Paolo Riccio, storico sindacalista della Uil che presiede Ada -. Siamo preoccupati per le continue lamentele da parte degli anziani,anche in altri piccoli comuni del Friuli occidentale, sulle aperture "part-time" degli uffici postali. Servizio a giorni alterni oppure uno o due giorni la settimana e il risultato è quello di code fuori degli uffici, nonostante le basse temperature e con il rischio di assembramenti».«Negli uffici di montagna il servizio deve essere garantito a tampo pieno - va avanti Riccio -. L'apertura continuativa è stata autorizzata negli uffici a Polcenigo e

Arzene. Speriamo che Poste italiane proceda anche a Sarone, Claut, San Giovanni di Casarsa e Valeriano. Alcuni utenti ci hanno consegnato una petizione con tante firme». A Sarone gli anziani in fila battono i denti per il freddo in piazza della Vittoria. L'apertura di tre giorni la settimana è finita nel mirino. «Mille 200 utenti penalizzati - tuona Riccio -. Sono tante le proteste degli anziani che, davanti all'ufficio postale aperto pochi giorni la settimana, sono costretti a fare la fila malgrado le basse temperature e con il rischio di assembramenti. Le cose devono cambiare».L'emergenza Covid ha ridotto le aperture otto mesi fa a tre giorni settimanali nell'ufficio di Poste a lato del campanile. «L'azienda apre gli sportelli sei giorni su sei a Polcenigo e Arzene - ripete Riccio -. Quindi apra tutti gli altri uffici che sono un servizio essenziale. I sindaci dovrebbero interessarsi per l'apertura e possono chiedere l'intervento della Prefettura». A Sarone ci sono centinaia di residenti che accedono allo sportello postale: arrivano anche dalle altre frazioni. «Tanti pensionati e residenti non vogliono rinunciare al rapporto attivato da generazioni con Poste - conclude Riccio -. Nell'ufficio è stato installato lo schermo protettivo contro il rischio contagio, ma il problema è quello dell'organico ridotto». L'ufficio postale è stato riattivato nel 2018, dopo 18 mesi di blocco del servizio in via Montello.

La denuncia di un ex ferroviere: «Serve più attenzione»

Ma in stazione tagliano corto: «È un regolamento interno»

Le luci accese 24 ore nella sala d'aspetto chiusa al pubblico

Chiara Benotti / sacile

Nessuno spegne la luce nella sala d'attesa nella stazione ferroviaria, chiusa al pubblico da anni. Nell'immobile in piazzale Libertà il contatore elettrico gira non stop anche a mezzogiorno, come a mezzanotte nella sala dove non si entra nemmeno con il biglietto di prima classe e il dubbio insorge sulle ragioni dello scialo in bolletta. «A chi giova la luce accesa senza interruzioni? - si chiede l'ex ferroviere Evio Bonas -. La lotta ai consumi inutili ha le armi spuntate nella stazione illuminate anche di giorno e nei locali dove il lucchetto a doppia mandata vieta l'accesso». Visibile a tutti lo spreco: alcuni studenti pendolari hanno scattato foto

"ricordo". Il contatore dell'elettricità si impenna con i neon accesi nella sala dove, forse, si concentrano le distrazioni amministrative: vietato entrare ma luce sempre accesa. «Per chi accendono la luce, non si sa - aggiunge Bonas -. L'immobile andrebbe ristrutturato da cima a fondo e la meraviglia nasce sul silenzio del Comune. Lo snodo ferroviario è importante per le linee Venezia-Udine e Pedemontana-Bassa, ma sembra una stazione dimenticata». L'occhio spregiudicato di alcuni studenti pendolari ha colto in fallo i distratti sull'interruttore elettrico: gli addetti alle pulizie oppure ferrovieri, per la fretta, dimenticano le luci accese.

«L'obiettivo del risparmio energetico, in tempi di crisi, lievita le bollette Enel - ironizza Bonas -. Ci sono perfino scuole che risparmiano circa il 17 per cento di spesa sulla elettricità e sono insignite con l'elogio istituzionale per le buone pratiche dal ministero dell'Istruzione. Ferrovie invece accende la luce anche con il sole e paga». Chi adotta la politica del risparmio a scuola può incassare un risparmio medio di duemila euro all'anno e nelle stazioni, idem. «Una volta il capostazione diceva ai passeggeri "fai prima il biglietto del treno e poi aspetta il treno comodo" - ricorda Bonas -. A Sacile il capostazione è sparito da anni e dopo le 22 chiude anche l'atrio. Il libero accesso non è stato garantito ai diversamente abili ai binari».Sul mistero della sala d'attesa chiusa e con la luce accesa, si fanno ipotesi. Le risposte? Vaghe. «Si tratta di un regolamento interno», tagliano corto alla biglietteria. «A qualcuno non garba pagare l'abbonamento ferroviario e non avere i servizi dopo le 22 - conclude Bonas -. Le ferrovie sono un servizio a tempo determinato che crea disagi ai viaggiatori, ma di sicuro è sempre... illuminato».

IL PICCOLO

2 FEBBRAIO 2021

Fedriga rivede i tempi della campagna dopo i tagli alle dosi

La Ue cancella il "rosso scuro": il Fvg torna in rosso semplice

Entro fine estate obiettivo vaccini per tutti gli over 65 e i cittadini malati

Diego D'Amelio / trieste

«La campagna vaccinale doveva vederci con molte più dosi per coprire il 100% della popolazione entro fine estate. Con questi ritardi dovremo limitarci alle fasce più fragili». Nella sua relazione al Consiglio regionale, il presidente Fedriga certifica il pesante slittamento del piano anti Covid. Il governatore sottolinea che, nell'incontro di oggi con il commissario Arcuri, la Regione tornerà a pretendere che la distribuzione avvenga in base alla percentuale di ultraottantenni rispetto alla popolazione. Fedriga prevede poi un futuro «nefasto» per l'economia, nella giornata in cui l'Aula approva 21 milioni di nuovi Ristori. Dal governatore nessun commento invece rispetto al dietrofront della Ue che ha cancellato tutte le zone "rosso scuro" e inserito il Friuli Venezia Giulia tra le aree "rosso semplice", vale a dire rischio generico, per le quali non sono previsti vincoli o limitazioni particolari. Il vertice e gli approvvigionamenti«Domani (oggi,ndr) c'è la nuova riunione con il commissario - ha detto Fedriga - e cercheremo di far capire che la distribuzione deve avvenire sulla base del target: gli over 80. Quasi tutte le Regioni lo hanno capito: penso troveremo un accordo nei prossimi giorni». E dovrà essere così, perché le prenotazioni per i più anziani stanno per essere avviate, con le prime somministrazioni programmate entro metà mese. La campagna vaccinaleIl resoconto al Consiglio ha fatto il punto sulle dosi attese, dopo la parziale compensazione del taglio unilaterale del

54% da parte di Pfizer al Fvg. «Nella prima settimana di febbraio - ha spiegato Fedriga - riceveremo 14 mila dosi Pfizer e 1.300 Moderna e dall'8 al 14 febbraio arriveranno 10.530 dosi Pfizer e, se passerà il principio del target, potrebbe esserci un lieve aumento». Nella seconda settimana arriveranno altre 2.700 dosi di Moderna, ma Fedriga spera di ottenere anche il «2% delle 428 mila dosi di AstraZeneca all'Italia», pari a 8.500 unità. Ricordando che per AstraZeneca saranno vaccinabili solo gli under 55, con priorità quasi certa alle forze dell'ordine. Fra terza e quarta settimana dovrebbero giungere infine altre 24.500 Pfizer e

9.900 Moderna. Ma «sono dati tutti da confermare: l'incertezza delle forniture è estremamente concreta», è la conclusione del governatore, che conferma invece l'arrivo dei primi 56 medici e infermieri assunti a tempo dal governo per la campagna vaccinale. «Spero in settimana, ma ne avevamo chiesti 106 in questa prima fase». La Regione conta di vaccinare tutti gli ultra 65enni e i soggetti con patologie entro la fine dell'estate. «Quando vaccineremo loro, avremo messo il vero argine alla pandemia. Dobbiamo concentrarci su quello, per far quasi scomparire le pressioni sugli ospedali e le conseguenze mortali, visto che la media dei deceduti è di 82 anni», ha evidenziato Fedriga. Il presidente si è detto «molto preoccupato dal dato della mortalità», fra i più alti in Italia, «ma incide molto l'età della popolazione». Il 10 gennaio è stata raggiunta la quota più alta dei ricoveri, con 703 posti letto occupati. Oggi sono 590, di cui 113 svuotati negli ultimi sei giorni, con una forte crescita della tendenza. l'Europa e il rosso scuroNon è mancata la critica all'Ue sulla lentezza degli approvvigionamenti: «Avrei preferito pagare di più invece di fare denunce. La Gran Bretagna ha vaccinato il 10% degli abitanti e l'Europa il 2%». A proposito di Bruxelles, ieri si è appresa la notizia della cancellazione delle zone "rosso scuro". L'Ue in pratica ha rivisto i parametri e ammorbidito la linea. Dopo i timori iniziali, il Fvg torna dunque rosso "semplice" assieme a buona parte del continente.

Una classificazione che non impone più tamponi e quarantene obbligatorie in caso di spostamenti fuori dai confini della regione, ma invita comunque alla prudenza per eventuali viaggiatori in arrivo vista l'esistenza di situazione giudicate in ogni caso a rischio. Economia e ristoriPoi l'ennesimo invito alla cautela per salvaguardare salute e possibilità di far ripartire le attività economiche, per le quali il governatore teme «un riscontro particolarmente nefasto nei prossimi anni». Ieri il Consiglio ha approvato all'unanimità una nuova tornata di Ristori, dal valore di 21 milioni per i settori produttivi. I destinatari saranno definiti con apposito regolamento. «Arriviamo a 70 milioni complessivi di risorse a fondo perduto erogate dall'inizio della pandemia», ha calcolato l'assessore Sergio Bini. Finora sono state ammesse 41.845 domande, con 48,5 milioni di euro liquidati. Fedriga ha riconosciuto che «i Ristori sono insufficienti, ma siamo la Regione che ha garantito più risorse rispetto agli abitanti». dopo le polemicheDopo i duri botta e risposta dei giorni scorsi, il presidente si è limitato a stigmatizzare il tweet del dem Salvatore Spitaleri con la foto di un clown. Nessuno scontro in Aula, però: per il Pd, Diego Moretti parla di «intervento più istituzionale, che non ha nascosto le difficoltà che la nostra regione sta vivendo», mentre Cristiano Shaurli ricorda «un'estate intera a raccontare che eravamo i migliori del mondo». Il M5s apprezza «i toni istituzionali, ma Fedriga dovrebbe spiegare perché abbiamo toccato picchi di decessi tra i più alti in Italia».

Obiettivo indicato dal prefetto Valenti. Istituzioni soddisfatte per l'avvio di ieri: «Il piano funziona»

Rientro in aula per 3 studenti su 4 dopo la prima fase di rodaggio

Marco Ballico / udine

Il debutto è positivo. Tra ingressi scaglionati e doppi turni, gli attori che hanno messo a punto la ripartenza della didattica in presenza nelle scuole superiori del Friuli Venezia Giulia archiviano con soddisfazione la campanella di ieri per circa 25 mila studenti (il 50% degli iscritti) e 4.500 docenti costretti dal 5 novembre alle lezioni in modalità telematica causa seconda ondata della pandemia. Tra le criticità di giornata, una manciata di ritardi in Alto Friuli su autobus turistici da noleggio utilizzati a supporto del Tpl; ma complessivamente i piani che erano stati predisposti per il rientro dal 7 gennaio, poi slittato, hanno funzionato. Per garantire il distanziamento anche nei trasporti, la Regione ha inserito ulteriori 700 corse autobus giornaliere e quattro nuove corse treno. Alle fermate e davanti ad alcuni istituti, per prevenire assembramenti, sono stati inoltre arruolati un centinaio di volontari della Protezione civile. A richiederne il servizio nove comuni, tra cui le città capoluogo.«Tutto è filato liscio, non ci sono arrivate segnalazioni o lamentele», riassume il prefetto di Trieste Valerio Valenti dopo aver sentito i colleghi delle altre province. Il monitoraggio continuerà nei prossimi giorni in una sorta di fase sperimentale che dovrebbe durare per un paio di settimane con il tetto del 50% degli studenti a scuola, come da indicazione del governo. Concluso l'assestamento, spiega Valenti, «verificato soprattutto il dato sanitario, si potrà ragionare su un progressivo avvicinamento al 75% (quindi 3 studenti su 4), la parte alta della forbice fissata dal Dpcm». Determinante, dice ancora il prefetto, sarà il comportamento dei ragazzi: «Serve la massima attenzione su mascherina e distanziamento. E i più bravi rimproverino i compagni che non seguono le regole».Un richiamo arriva anche dall'assessore all'Istruzione Alessia Rosolen: «I ragazzi sono stati bravi in questo primo giorno, ma la durata della riapertura, che auspichiamo fino al termine dell'anno scolastico, dipende in buona parte da loro». Pure il governatore Massimiliano Fedriga, nel suo intervento in Consiglio regionale, raccomanda

«molta cautela». Non tanto su quanto succede in aula «quanto sulla mobilitazione verso plessi che, anche se solo al 50%, ospitano fino a mille persone». Fedriga difende poi le scelte della Regione: «Scorretto chi dice che c'è un presidente arcigno che vuole tenere i ragazzi a casa. Ci siamo basati sugli studi dell'Iss in cui si legge che, con un'incidenza del contagio elevata, non ci si può permettere di aprire le scuole in presenza». «Abbiamo fatto bene ad aspettare - aggiunge Rosolen -. Nei prossimi giorni cercheremo di sistemare anche gli incroci tra orari del Tpl e orari delle lezioni non ancora rodati». Graziano Pizzimenti, assessore ai Trasporti, promuove a sua volta la ripartenza: «I ragazzi sono stati portati a scuola in totale sicurezza. Registreremo quei piccoli ritardi emersi in montagna, ma il sistema ha dimostrato di reggere bene».Commenti positivi anche a Trieste Trasporti. Il responsabile delle relazioni istituzionali della società Michele Scozzai, premesso che il bel tempo ha incoraggiato molti studenti alla passeggiata verso gli istituti, fa sapere che «i mezzi hanno viaggiato mediamente con una decina di ragazzi a bordo. Solo in un paio di casi, sulla linea 22 e sulla 35, ci sono state corse con presenze tra le 25 e le 30 unità, probabilmente di compagni di classe. Numeri ben al di sotto del 50% di capienza e dunque ampiamente gestibili». Anche per Caterina Belletti, presidente dell'Apt Gorizia, «è stato un approccio timido da parte di un'utenza che si deve riabituare a una vita "normale". Su una platea già dimezzata abbiamo contato un 20% di calo rispetto alle presenze che ci potevamo attendere. Ma l'importante, dopo un lavoro enorme, è non tornare indietro». Nel mondo della scuola un coro di applausi. E anche tanta emozione, sia tra gli studenti che tra gli insegnanti, dopo tre mesi di collegamenti via computer, tablet e smartphone, racconta

Oliva Quasimodo, dirigente del liceo Carducci-Dante di Trieste. La direttrice dell'Ufficio scolastico regionale Daniela Beltrame sottolinea quindi che il ritorno in classe è stato organizzato in autonomia dalle istituzioni scolastiche seguendo le disposizioni dei prefetti. «Ciò consente di svolgere in sicurezza le attività didattiche in presenza, tutelando la salute degli studenti e del personale - precisa -. È il risultato di un complesso lavoro di squadra. Siamo tutti soddisfatti». La presidente Fvg dell'associazione presidi Teresa Tassan Viol si dice «entusiasta», ma avverte: «Occorre tenere questa quota percentuale di ragazzi in classe, anche se più bassa rispetto a una più alta che si potrebbe desiderare. Meglio meno studenti ma in modo continuativo, piuttosto che rifare gli stessi errori fatti ad avvio di anno scolastico quando si è voluto strafare per poi dover registrare la fermata».

L'altro triestino, il pentastellato Patuanelli, possibile sottosegretario alla presidenza. Serracchiani gioca defilata

Totoministri, Rosato torna in quota

E tra le ipotesi spunta il Viminale

Il retroscena

Diego D'Amelio / trieste

Torna a due punte la crisi di governo vista dal Friuli Venezia Giulia. Il confronto a Roma è al momento fermo su assetto dei ministri e differenze programmatiche, ma salgono di ora in ora le quotazioni del triestino

Ettore Rosato, per cui si parla in primo luogo degli Interni. Se sarà davvero Conte ter, il renziano potrebbe portare davvero a due la presenza giuliana nell'esecutivo, con Stefano Patuanelli inamovibile, anche se per lui prende corpo il trasloco dal Mise al ruolo di sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Se il pentapartito M5s-Pd-Leu-Iv-Maie troverà davvero la quadra, per Rosato potrebbero aprirsi le porte del Viminale.

«È dentro», sussurra un esponente regionale della maggioranza, che allo stesso tempo mette però in guardia sulle «altissime tensioni» della trattativa, in cui i renziani stanno alzando il tiro su discontinuità programmatica e incarichi. Uno dei più prestigiosi potrebbe spettare a Rosato, dato per favorito dai principali quotidiani nazionali. Per lui si era parlato nei giorni scorsi delle Infrastrutture, che sembrano ora destinate a Maria Elena Boschi: e così il borsino di Rosato indica ora gli Interni, dove è già stato sottosegretario dal 2006 al 2008 e che rappresenta per lui l'approdo più ambito. Nel risiko non è escluso tuttavia che torni a ballare la poltrona della Difesa. A spianare la via di Rosato c'è il fatto che Renzi chiederà due se non tre ministeri e non è scontata la riproposizione delle uscenti Teresa Bellanova ed Elena Bonetti. Anche il nome di Boschi suscita ostilità soprattutto fra i grillini. Mentre il tavolo sul programma va avanti fra non poche difficoltà, Rosato gestisce la comunicazione di Iv. Nega l'esistenza di veti su ministri uscenti, anche se le cronache raccontano il contrario. Il triestino chiede «competenze e un salto di qualità» rispetto al Conte bis, ma continua a tenere aperti tanto il ter quanto il governo istituzionale. Niente voto, perché «in

Parlamento c'è la possibilità di costruire la maggioranza politica». Il messaggio serve a compattare i gruppi parlamentari renziani, preoccupati dalle urne. E allora il governo istituzionale «mi sembra possibile, ma bisogna prima lavorare su un governo politico con l'attuale maggioranza. Sono ottimista», conclude. E se Rosato tratta a Roma, Patuanelli si è preso un weekend triestino. L'ipotesi di ereditare la poltrona di Conte resta sempre una possibilità remota ma, se l'Avvocato del popolo resistesse alla crisi, a Patuanelli potrebbe essere chiesto di lasciare lo Sviluppo economico e assumere la veste di sottosegretario alla presidenza: l'uomo più vicino a Conte. Il ministro è considerato dai giallorossi un giocatore a tutto campo e questo ha spinto ad attribuirgli in questi giorni anche il passaggio alle Infrastrutture e agli Interni, ma le due caselle sembrano ora quelle che più potrebbero adattarsi ai nomi di Boschi e Rosato. Forse non è un caso che Patuanelli abbia scelto di stare lontano dalla capitale proprio mentre si tratta su una crisi che non avrebbe mai aperto. Il responsabile del Mise invita a «chiudere più in fretta possibile e tornare a lavorare h24 per le nostre imprese», ma l'appello deve fare i conti con previsioni partite favorevoli ieri mattina e diventate più incerte in serata. In caso il Conte ter naufragasse e si cominciasse a ragionare di larghe intese, sarebbe in bilico anche la posizione di Patuanelli: Trieste rischierebbe di passare dal possibile bis alla possibilità di perdere il ministro attuale. Più defilata nella girandola di pronostici è la deputata Debora Serracchiani. Per lei si raccolgono indiscrezioni relative alla possibile nomina al Lavoro, naturale per chi presiede la competente Commissione della Camera. Ma gli spazi sono stretti e la parlamentare non spinge, dopo aver ritrovato centralità politica nei giorni della crisi: il ruolo di vicepresidente Pd e l'agio davanti alle telecamere ne hanno fatto uno dei volti che i dem hanno più impiegato per spiegare le ragioni di una frizione politica che sfugge ai più. Serracchiani continua a tifare Conte ter: «Con i dati drammatici dell'Istat, occuparsi di temi concreti significa cominciare dal lavoro. Non c'è nulla di più urgente che dare un colpo d'acceleratore alle priorità portate dal Pd all'attenzione del presidente Fico: ammortizzatore universale, riforma delle politiche attive, parità salariale e occupazione femminile. Il blocco dei licenziamenti non durerà per sempre: un nuovo governo serve per questo». con il premier attuale

Due nomi al Fvg

In caso di risoluzione positiva della crisi da parte della coalizione giallorossa, salgono le quotazioni che vedono l'ingresso di Rosato al governo. Il deputato di viene considerato favorito per il ruolo di ministro dell'Interno. Sarebbe la seconda presenza triestina nell'esecutivo, perché la vicinanza a Conte rende inamovibile Patuanelli, che potrebbe però spostarsi dal Mise all'incarico di sottosegretario alla presidenza. con il "governissimo"

La città rischia

Il fallimento delle trattative aprirebbe la strada ad un governo istituzionale, basato su una maggioranza allargata a segmenti di centrodestra. Difficile prevedere l'assetto del nuovo esecutivo che potrebbe essere guidato da Draghi, ma di certo il nuovo scenario rimescolerebbe completamente le carte. Trieste potrebbe così passare dal sogno dei due ministri al bagno di realtà, perché il futuro di Patuanelli e Rosato non sarebbe assicurato.

L'opposizione di fdi

«Irresponsabili»

«Questa è la crisi di governo più pazza del mondo e anche la più irresponsabile, visto che si trascina da mesi». Luca Ciriani, capogruppo di Fdi al Senato, attacca la maggioranza giallorossa: «Dopo aver paralizzato il paese con i loro litigi su ogni cosa, dopo due giorni di discussioni la maggioranza dichiara di poter ripartire come se nulla fosse accaduto, con il presidente Conte, con gli stessi protagonisti. Credo che gli italiani siano esterrefatti».