Federico Chabod»

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Federico Chabod» Alma Mater Studiorum – Università di Bologna DOTTORATO DI RICERCA IN STORIA DELL'ETÀ CONTEMPORANEA NEI SECOLI XIX E XX «FEDERICO CHABOD» Ciclo XXI M-STO/04 STORIA CONTEPORANEA POLITICA DELLA MEMORIA E GESTIONE DEL CONSENSO NEI DUE DOPOGUERRA IN ITALIA E FRANCIA: DUE DIBATTITI PARLAMENTARI A CONFRONTO Candidato: Gabriele Galli Coordinatore Tutor Prof. Stefano Cavazza Prof. Paolo Pombeni Esame finale anno 2009 INDICE Introduzione p. 4 1. La crisi di una classe dirigente: l’Italia del primo dopoguerra 9 1.1 Debole legittimazione, assenza di una memoria condivisa, estraneità delle masse: l’Italia alla vigilia della Grande Guerra 9 Il «peccato originale»: l’impossibilità di un «mito unificante» 9 Il giubileo della patria 10 L’altra faccia del giubileo 14 L’Italia e la guerra 17 1.2 Dal «sacro egoismo» alla «guerra democratica»: il falso wilsonismo delle classi dirigenti italiane 22 La celebrazione della vittoria 22 Il 1917: anno chiave del conflitto 24 1.3 Il dopoguerra: un’occasione sprecata 30 Versailles 31 Nitti e Fiume 33 2. Democrazia e memoria la nuova Repubblica 41 2.1 Passato e futuro 41 2.2 L’Assemblea costituente 46 La complessa genesi 46 Influenze e culture politiche alla Costituente 51 I lavori dell’Assemblea nella ricezione dell’opinione pubblica 56 2.3 Il progetto di Costituzione 58 La polemica tra Croce-Parri 60 La discussione in Aula 64 2.4 Il dibattito sul trattato di pace 79 L’area moderata 83 I vecchi liberali 85 Le sinistre 87 Un blackout di memoria 88 2 3. Vincere la guerra, perdere la pace? La Francia di Clemenceau 92 3.1 La cultura politica repubblicana 92 3.2 La celebrazione della vittoria 94 La seduta dell’11 novembre 1918 94 La seduta dell’11 dicembre 1918 99 3.3 La «traversata nel deserto» di Clemenceau 101 3.4 Clemenceau e la gestione della pace 112 Le trattative 112 Il dirscorso del 30 giugno 1919 113 Il dibattito sulla ratifica del trattato 115 Un bilancio 124 4. Una Repubblica senza padri 126 4.1 Tra Terza e Quarta Repubblica 126 L’instabilità governativa della Terza Repubblica 128 Il doppio rifiuto del 1944 132 Le idee costituzionali della Resistenza 134 Il conflitto tra de Gaulle e i partiti: lo scontro tra due legittimità 137 4.2 La prima Costituente 141 Il dibattito sulla Dichiarazione dei diritti 141 Il dibattito sulle nuove istituzioni 147 4.3 La sfida gollista: il discorso di Bayeux 153 4.4 Il nuovo progetto 155 4.5 Un bilancio 161 Conclusioni 164 I trattati di pace 164 I nuovi ordinamenti costituzionali al termine della seconda guerra mondiale 197 Bibliografia 206 3 INTRODUZIONE La comunicazione politica, è, ormai da molti anni, al centro degli scenari pubblici ed istituzionali di tutti i paesi democratici divenendo, sempre più, risorsa di potere, oggetto di competizione, strumento di lotta e luogo di scontro. Rifuggendo da una concezione totalizzante che fa coincidere politica e comunicazione, si può affermare con buona certezza che la politica possiede, da sempre, una forte dimensione simbolica e comunicativa che risulta più o meno accentuata a seconda dello spirito del tempo. Oggi, il rapporto tra politica e comunicazione ha raggiunto un livello di ineludibilità e di interdipendenza un tempo inimmaginabile. La progressiva conquista da parte dei mass media del palcoscenico pubblico, avvenuta negli ultimi due secoli in concomitanza con i radicali cambiamenti che hanno interessato la società e la cultura di massa, ha, infatti, profondamente cambiato i connotati e, secondo alcuni, gli stessi geni della politica, fino a rendere difficile immaginare una politica che non sia anche “mediatica”. Presidenti, governi, istituzioni, leader di partito, candidati alle elezioni, in breve, tutti i soggetti della politica “fanno” comunicazione. È il loro ruolo di rappresentanti e gestori della cosa pubblica ad imporglielo; per ottenere, mantenere, accrescere il consenso popolare, essi devono dibattere pubblicamente con i loro avversari. È loro impossibile sottrarsi al fascio di luce dell’informazione giacché una politica priva di visibilità è, ormai da tempo, destinata al fallimento1. Sebbene i primi studi sistematici2, che concordano nel definire la comunicazione politica come l’interazione tra sistema politico, sistema dei media e cittadini-elettori, risalgano agli anni ’50 del ’900 , la storia della comunicazione politica inizia laddove si ha un primo embrione di organizzazione sociale di carattere urbano e di natura democratica ossia nelle agorà della città-stato dell’antica Grecia. La filosofia greca comincia, infatti, a riflettere sul potere, sull’autorità, sulla democrazia. Per la prima volta nel mondo occidentale viene posto e discusso il problema dei rapporti politici tra membri di una comunità, e dunque per la prima volta si tocca il problema della 1 Cfr. G. Mazzoleni, La comunicazione politica, Bologna, il Mulino, 1998, pp. 7-8. 2 Cfr. S. Bentivegna, Comunicare in politica, Roma, Carocci, 2001, pp. 11-16. 4 comunicazione tra gli stessi membri, tra i vari strati sociali della polis. Nessun filosofo greco usa mai il termine “comunicazione”, tuttavia nei loro scritti è ben presente un tema che venticinque secoli dopo rappresenta ancora un problema aperto: l’effetto del discorso persuasorio sui cittadini. Il potere della retorica è, infatti, argomento di dibattito tra i filosofi greci i quali, pur non negando il ruolo della violenza, attribuiscono alla dialettica, alla retorica, alla sofistica un ruolo fondamentale nel determinare la direzione dei rapporti di forza e l’esito delle lotte per il potere nella società. È attraverso queste arti della comunicazione che i cittadini si scontrano, discutono, collaborano, decidono, fanno politica. Nel mondo romano abbiamo altri esempi di proto-comunicazione politica e in particolare durante il periodo della repubblica, quando il governo era retto da magistrati eletti dai cittadini. È un periodo in cui si hanno anche guerre civili, tuttavia la lotta per il potere non si traduce solamente in scontri armati tra le varie fazioni ma anche, e soprattutto, in un significativo proliferare di attività politiche. In quegli anni le tecniche di comunicazione, propaganda, seduzione e manipolazione dell’elettorato si sviluppano considerevolmente fino a divenire strumenti indispensabili della conquista del potere. La testimonianza di documenti conservatisi fino ad oggi ci fa pensare che proprio le numerose elezioni, a Roma e nelle province periferiche, abbiano portato all’elaborazione di sofisticate tecniche di comunicazione che mescolano le regole della retorica e della dialettica di origine greca e le arti della persuasione di tipo clientelare, tipiche della tradizione romana. L’esempio romano è infatti diventato paradigmatico anche per le campagne elettorali di molto secoli dopo. Si pensi che alcuni termini dell’epoca come “candidato” e “comizio” sono tuttora di uso comune. Conclusasi l’epoca della repubblica romana, dalla nascita dell’impero fino al crollo delle monarchie assolute, la democrazia elettorale ha conosciuto una parentesi lunga diciotto secoli, interrotta per brevi periodi dalle esperienze delle città libere del Nord- Europa e dei comuni in Italia; in questi secoli l’unica forma di comunicazione politica che si conosca è il sistematico controllo e l’altrettanto sistematica manipolazione della cultura e dell’informazione. 5 È solo con la Rivoluzione americana e la Rivoluzione francese che si ritorna all’esercizio di reali forme di comunicazione politica sia durante le occasioni elettorali, sia al di fuori di esse. È proprio nei decenni che vanno dal 1789 alla formazione degli stati nazionali che si diffonde un giornalismo libero che riesce a sottrarsi alla censura e che si schiera sempre più spesso al fianco dei partiti e delle fazioni in lotta contro i residui e le recrudescenze dell’assolutismo. Il 1800 fa registrare ulteriori e importanti sommovimenti; è il secolo delle grandi passioni politiche, della rivoluzione industriale, dell’urbanesimo, della scolarizzazione di massa. La democrazia fatica a consolidarsi, deve lottare contro il ritorno degli antichi privilegi e dei nuovi assolutismi ideologici, non riesce a svilupparsi allo stesso modo e con la stessa intensità nei vari stati e sotto i vari regimi ma, nonostante questi limiti, le libere elezioni (sia pure a suffragio ristretto) divengono progressivamente il fondamento su cui poggiano le nascenti democrazie di massa. Le campagne elettorali, con i loro tipici rituali comunicativi, gli scontri tra partiti nei Parlamenti d’Europa, il sorgere di grandi leader politici, la creazione di prestigiose testate giornalistiche, sono tutti fatti che segnano la nascita della moderna comunicazione politica. Occorre, tuttavia, attendere il XX° secolo per poter parlare di comunicazione politica insenso pieno. Soltanto con la nascita dei mezzi di comunicazione di massa, il cinema, la radio e più tardi la televisione, si creano le condizioni per lo sviluppo e la maturazione di tutte le forme e di tutti gli strumenti di comunicazione applicabili alla sfera politica. Tra le due guerre mondiali e negli anni della guerra fredda, lo sviluppo della comunicazione politica ha conosciuto una drammatica battuta d’arresto. La propaganda e la manipolazione hanno avuto il sopravvento sulla dialettica democratica e sulla libera informazione, soprattutto nei paesi retti dai regimi fascisti o comunisti. Non è così invece nei paesi che hanno preservato o riconquistato la democrazia dopo la Seconda guerra mondiale. Gli Stati Uniti, i cui modelli sono stati successivamente ricalcati in molte altre democrazie del mondo, hanno sicuramente
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