lala 58 oggettaoggetta LLnotiziario di Piansano e la Tuscia Anno X, n° 5 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2005 Antonio Mattei LeLe terreterre didi cretacreta emigrazione piansanese a Trevinano Poste Italiane spa - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 26-2-2004 n. 46) art. 1 comma 1 - DCB Centro Marco Forti foto di copertina di

S E RT N O

I Piansano • • con occhi...

O Puri O M I A G G la settembre-ottobre 2005 Loggetta

l 29 luglio del 1961 era un sabato e tutti i testimoni I assicurano di aver assistito ad un fenomeno stranissimo e impressionante. A Trevinano c’era il funerale del conte Antonino Naselli, morto improvvisamente il giorno prima per una trombosi con- tro cui non era valso il ricove- ro d’urgenza all’ospedale di . Aveva solo 58 anni, ma quando la mattina presto andarono a chiamare il barbiere a casa per farlo rade- re all’ospedale, in realtà lui era già morto. Per la gente dei poderi era tempo di carratura, e non tutti avevano lasciato i lavori nella luminosa giornata estiva per accompagnare al cimitero il vecchio padrone. Molti videro il funerale dal Trevinano, maggio 1969, festa della Madonna della Quercia. La fami- glia di Pèppe Fioretti al completo, fuori della chiesa parrocchiale, con podere, con il piccolo corteo l’allora direttore didattico di Acquapendente Nazareno Sposetti, gran- che portò a spalla la bara fin de amico di famiglia, presente a sua volta con la moglie e la nipotina. dentro la chiesa e ne uscì A fianco invece vediamo Pèppe a Poggio Cantàno, anni prima, sul dopo la messa per avviarsi al trattore con Vincenzo Sonno e (sotto) nella sua giardinetta sempre con camposanto, appena fuori il Vincenzo e il figlio Nazareno. Infine (in alto a sinistra) gli anziani coniugi Pèppe e Teresa, seduti nell’aia del loro podere S. Stefano, con paese. Ma nella bonaccia di Trevinano sullo sfondo. La famiglia vi è rimasta al completo per quindi- quella giornata estiva, senza la ci anni, e oggi il figlio Nazareno, che continua a lavorarlo con profitto, minima avvisaglia per l’occhio vi ha realizzato uno splendido agriturismo. pur esperto dei contadini, scoppiò improvviso un turbine da fine del mondo. Tuoni spa- ventosi percossero le colline rintronando giù giù fino a valle. In un attimo il cielo si oscurò e un vento incredibile, con raffiche e mulinelli furiosi che sferzavano la terra, faceva volare i covoni di grano sul campo. La gente doveva tener- si l’un l’altra per non cadere o essere trascinata. Non piove- va, ma fulmini a raffica sem- bravano volersi scaricare sopra le teste e chicchi di nuovi arrivati aveva mai per il mercato del venerdì: i avendo assistito alla scena s’a- grandine si abbattevano amato. “E sta bene ‘ndo’ sta!”, contadini si portavano magari spettava qualche levata del pesantemente qua e là come aggiunse qualcuno più tardi. qualche formetta di cacio per genere: “Tu quale vuoi?”. “Beh, per un diluvio imminente. Il Era stato il padre padrone di piccoli baratti, ed è chiaro che signor conte... - azzardò Gigi corteo funebre si scompigliò quei vecchi mezzadri, che si trattava di beni spettanti al non senza esitazione - quella ma continuò ad arrancare fati- aveva sempre amministrato podere, ossia da spartire col più bella. ... Dato che non l’ave- cosamente con il feretro a occhiutamente di persona. Se padrone. Sicché quando a fine te data a lui, datela a me...”. spalla, con la gente abbrancata vendevano una vacca, era lui annata si regolavano i conti, “Prendila, è tua.”, tagliò corto il l’una all’altra, contro la furia di che riscoteva il prezzo sull’aia, quei contadini erano sempre conte, e Gigi rimase allibito quel castigo del cielo che tem- e quando gli si presentavano in debito, e il conte si ripren- per l’umiliazione data al vec- pestava i poggi per quanto è con il cappello in mano a chie- deva la scrofa o la mucca che chio mezzadro, rimasto lì in vasto l’orizzonte. Durò un po’, dere qualche lira, le loro lire, loro avevano allevato per tutto piedi in silenzio. ma non appena il corteo oltre- per qualche bisogno quasi l’anno: se volevano tenerla, Stavano zitti, quegli antichi passò il cancello del campo- sempre tragico di famiglia, li dovevano ricomprarla da lui. servi della gleba, tenuti alla santo per salire fino alla came- apostrofava burberamente: Gigi ricorda di essere andato fame dal padrone ma anche ra mortuaria, così com’era “Richiedi i soldi?! Che ciai da un giorno dal conte per com- loro paghi di sopravvivere, venuto, l’uragano svanì. D’un fa’?”. E loro a scusarsi, rannic- prare una scrofa e di avervi loro e le loro famiglie, con quel botto. Il cielo tornò sereno chiandosi nelle spalle e cur- trovato Guido, un vecchio con- poco che gli abbisognava. come se niente fosse stato e vandosi come servi. Se la tadino di lì, venuto per lo stes- Dopo oltre un secolo di pre- l’aria si placò tra lo sbigotti- domenica, di ritorno dalla so motivo. Il conte si rivolse senza al podere, per dire, quei mento di tutti. Rimase un fatto messa, gli uomini sostavano subito a Gigi, ma questi gli fece mezzadri non avevano eredita- misterioso, di cui non si ricor- all’osteria del paese per un notare che Guido c’era prima. to da generazioni di avi neppu- dava l’uguale a memoria d’uo- bicchiere in compagnia, era “Quale vorresti, dunque?”, chie- re un parecchio di buoi; dove- mo. Una tromba d’aria? O che facile che arrivasse il fattore a se il conte a Guido. “Beh, quel- vano comprarli dal conte. E il altro? Ma quei contadini una ricordargli le buone vecchie la più bella... L’ho allevata io!”. conte - figura di siciliano trac- spiegazione gliela dettero: “E’ usanze: “Che state a fa’ voi “E tu vorresti pure capa’? - s’in- cagnotto, dissipato, arrogante ‘l diàvelo che se l’è pòrto via!”, qui?! Via! Al podere!”, e loro furiò il conte - La scrofa la scel- - si faceva lupo con le pecore, sbottarono subito, e si riferiva- riprendevano zitti la strada di go io!”. E gliene dette un’altra, spadroneggiava dall’alto del no al conte, di cui i più vecchi casa. Oppure rovistava nei continuando a sacramentare suo maniero come un antico di loro erano stati quasi schia- loro fagotti quando li trovava contro la malacreanza dei vil- vassallo. Andava matto per le vi e che neppure nessuno dei sulla strada di Acquapendente lani. Poi, rivolto a Gigi, che macchine da corsa, e quando

2 la Loggetta settembre-ottobre 2005 passava da quelle parti a ancora di lui i contadini, per il lavoro. L’indomani mattina il a una minima presenza della bordo della sua Ferrari per il confronto che continuamente conte non riusciva a capacitar- vite, anche una certa alternan- Giro della Toscana, quei conta- faceva tra le vecchie rendite si del fatto che già stessero per za con il pascolo per le pecore dini erano tutti assiepati sul delle sue terre e i raccolti dei ricaricare il mezzo su un e con la coltivazione del semet- ciglio della strada per vederlo nuovi arrivati, che alla voglia camion per riportarlo a to. Oggi si sperimentano anche passare e dargli modo di pavo- di riscatto univano anche più Piansano. Sempre per quei girasole e colza per uso indu- neggiarsi. Guai a mancare!: moderne tecniche e strumenti contadini, la quantità di conci- striale, ma un tempo vi si pote- quei poveri sciagurati si face- di lavoro. A Trevinano, per me usato dai nostri era uno va trovare solo un po’ di gran- vano la spia l’un l’altro e lui si dire, si poteva trovare solo spreco: “Voe volete fa’ arricchi’ turco e di foraggio per le vendicava anche cacciandoli latte in polvere, perché c’era la il concorzio”, dicevano, stor- bestie, perché per gli ulivi il su due piedi dalle sue terre! convinzione che in quelle terre piando anche la parola consor- luogo è proibitivo, e gli alberi Dopo la vendita dei poderi le le mucche da latte non potes- zio. Cominciarono a ricredersi da frutta, che da sempre cir- cose erano cambiate, anche sero sopravvivere. Furono i soltanto al momento del rac- condano ogni insediamento perché con i nuovi coloni pian- piansanesi a portarle per colto: subito il primo anno la rurale, chissà perché non vi sanesi non c’erano mai stati primi, e quando Pèppe Fioretti, Capanna fece 95 quintali di sono mai stati impiantati. precedenti vincoli di sudditan- tutte le mattine, cominciò a grano; oggi ne fa più di 700, “Eh sì - ricorda don Giovanni za. Tanto, se i nostri non si fos- rifornire di latte fresco lo spac- mentre il podere della Macchia Mai, parroco di Trevinano per sero fatti valere, lui avrebbe cio di Trevinano, al conte non supera di gran lunga i mille. Il oltre mezzo secolo - i piansa- mantenuto un clima da feudo voleva andargli giù e si mise confronto con i vecchi raccolti nesi si son fatti apprezzare. contadino come ormai non se subito in concorrenza com- dell’epoca mezzadrile è impro- Non come i lateresi!...”. E rac- ne vedeva più da nessuna prando pure lui delle mucche ponibile: quando Poggio conta della sfortunata avventu- parte: figura patetica, nel suo di razza chianina. Ancora nel Cantàno, che è il più grande di ra di una cooperativa di tracollo storico, di ruolo eco- 1960, per dirne un’altra, quei tutti, arrivava a fare cento Latera, arrivata in quei poderi nomico e sociale; anacronisti- contadini mietevano a mano o quintali, il conte festeggiava vicini qualche tempo prima dei ca e anche un po’ squallida: con la falciatrice a trazione ani- sparando col cannone, e un nostri. A causa soprattutto per l’ostinazione a pretendere male, che lasciava uno strasci- anno disgraziato, addirittura, della propaganda politica di un banco separato in chiesa, in co di grano che uomini e in tutto il podere della Macchia sinistra, dice don Giovanni, prima fila; per la stizza che donne, dietro dietro, dovevano il mezzadro raccolse tre soli che istigava i contadini a non nessuno si togliesse più il cap- legare in covoni. I Fioretti arri- quintali! D’altra parte non c’era pagare i canoni preconizzando pello in segno di ossequio o di varono subito con la mietitrice nemmeno un’adeguata rotazio- una imminente proprietà col- saluto; per la gelosia neanche tirata da un trattore a cingoli - ne colturale, perché al di fuori lettiva a bocca dolce, dopo un troppo nascosta di quelle ‘l bòvo rosso, come quei conta- del grano quelle terre non po’ quelle famiglie si ritrovaro- povere prosperità plebee. “E’ dini chiamavano l’OM 35/40 - e avrebbero dato altro. L’arrivo no a dover elemosinare qual- morto accorato”, dicevano in un pomeriggio finirono il dei piansanesi comportò, oltre che giornata di lavoro ai vicini, fino a che l’ispettorato agrario gli tolse la terra per assegnarla ad altri. “Aspetta che succedeva ai piansanesi! - commenta don Giovanni - che lavoravano sodo dalla mattina alla sera e s’indu- striavano in mille maniere!”. Un’altra novità portata da loro, appunto, furono le pecore, il cui allevamento sembra di tutto riposo e invece richiede mestiere e sacrificio senza sosta. Altri vollero provarci, ma senza riuscirci: credevano che bastasse tenere le bestie al pascolo brado come le vac- che in mezzo alla macchia! Dopo un po’ s’ammalavano e morivano, o comunque diven- tavano brutte come la fame e non facevano una goccia di latte. Ma come erano finiti da quelle parti, questi nostri pionieri? E quando? E chi, precisamente? Se il momento più critico del- l’esasperazione contadina del dopoguerra - scrissi a suo tempo in Terra Planzani - era stato superato con le assegna- zioni dell’Ente Maremma, che tra l’altro avevano comportato a metà degli anni ‘50 l’esodo di oltre 400 persone per i poderi Mario Brizi detto ‘l Maschietto (anche nella foto di copertina) al podere Pèrgola con la famiglia. di Pescia Romana, in paese Era il podere più piccolo (22 ettari) e il più vicino al paese (che infatti si vede alle spalle). Vi arri- rimaneva tuttora una larga varono nell’autunno del ‘59 con il camion del Serpente (come tutti gli altri) e vi hanno abitato ininterrottamente fino alla morte di Mario, avvenuta nel 2002. Oggi le figlie hanno venduto la fascia di nullatenenti o quasi casa ma conservato il terreno. Silvana vive a Trevinano, Maddalena ad Acquapendente e Rina che s’arrabattavano come a San Lorenzo Nuovo, dove è stata raggiunta dalla madre Rosa. Insieme, ricordano anche loro potevano con qualche infidèo le tantissime difficoltà dei primi anni: quando comprarono una mucca da latte che morì dopo ereditato. Solo a Piansano gli soli venti giorni (“I pianti!”); i rifornimenti d’acqua a Fonte fresca; il sentiero nel bosco per rag- aspiranti esclusi dalle assegna- giungere la scuola, con le scarpette in mano per togliersi gli stivali all’ultimo momento; le pietre disseminate in tutto il podere, che quando non avevano niente da fare raccoglievano e sistema- zioni dell’Ente Maremma vano davanti a casa (“da niente, a forza di mettere pietre c’era venuto un piazzale enorme!”)... erano più di 300. Una famiglia 3 la settembre-ottobre 2005 Loggetta di cinque persone e un’altra di quelle stesse provvidenze a e, complessivamente, serviro- compravendita non sarebbero quattro partirono negli stessi favore dell’agricoltura dispo- no a “sistemare” una ventina state possibili. Dopodiché, anni ’50 per la Toscana, a con- ste con la legislazione dell’im- di famiglie. Ma solo Trevinano ognuno per sé e Dio per tutti, durre un podere a Gambassi; mediato dopoguerra e tuttora comportò nuove partenze dal salvo tenere in piedi una par- un’altra tentò con non molto operanti ed efficaci. paese, perché la Bruno Buozzi, venza di società per le incom- successo all’isola d’Elba, e sul Se già non ne erano affittuari, costituitasi nel ‘60, ottenne dei benze burocratiche. finire del decennio cominciò visitarono alcuni terreni, chie- terreni ai Camporilli, di fronte La Don Luigi Sturzo, del 1958, l’odissea per la Germania e il sero consigli, cercarono aiuti; alla Banditaccia, sulla provin- era dunque presieduta da Norditalia industriale. L’Italia, in breve, trovarono la strada ciale per Arlena e dunque a un quello stesso Domenico insomma, non era ancora giusta. Fu così che, ricorrendo passo da casa. Erano sui 120 Moscatelli che un decennio l’America, e tanto meno lo era alla Cassa per la formazione ettari divisi in quote di una prima aveva formalmente rap- Piansano. della piccola proprietà contadi- decina d’ettari, che in pratica presentato la Libertas, entram- Lo stato di bisogno; l’esempio na (come già aveva fatto nel furono acquistati con questo be di evidente ispirazione delle fortune crescenti dei pre- 1949-50 la cooperativa Libertas sistema dagli stessi soci che democristiana e dell’entourage cedenti assegnatari (le prime per la Banditaccia), negli anni già ne erano affittuari. Del parrocchiale, anche se poi vi automobili che circolarono a 1958-60 si costituirono a resto queste “cooperative” confluì gente di ogni estrazio- Piansano negli anni a cavallo Piansano ben tre cooperative non hanno mai avuto il carat- ne costretta a camuffamenti tra il ’50 e il ’60 erano quelle agricole: la Bruno Buozzi, la tere societario e la gestione vari. All’inizio raccoglieva da dei pesciaròli che tornavano a Don Luigi Sturzo e la K2. collettivistica che ci si potreb- trenta a quaranta soci, che si visitare il paese nativo e che in Quest’ultima chiese ed ottenne be aspettare, e che a Piansano ridussero a tredici dopo la visi- segno di gratitudine ricostrui- dei terreni nel di non ha mai veramente attec- ta ai terreni da acquistare. Si rono, proprio nel ’60, l’altare Manciano ma fallì poi per le chito. Erano piuttosto un fatto trattava della tenuta Elvella della Madonna del Rosario); enormi difficoltà incontrate di poche famiglie, per lo più (dal torrente omonimo), sita una certa audacia imprendito- nella conduzione dei fondi imparentate fra loro, che ricor- nel territorio del comune di riale innata nella nostra gente ottenuti, che furono tutti nuo- revano a questo sistema per Acquapendente, e precisamen- spinsero perciò gli ultimi vamente ceduti. Le altre due ottenere quelle agevolazioni te nella frazione di Trevinano, emarginati ad avvalersi di ebbero invece migliore fortuna che in un contratto privato di di proprietà della principessa Ippolita Boncompagni Ludo- Nell’anno scolastico 1959-60 - visi maritata al conte Naselli. ricorda l’allora maestro Un antico possedimento me- Candido Olimpieri di Cellere - dievale appartenuto con il suo furono istituite due nuove scuole castello ai Visconti di Cam- nelle campagne di Trevinano: piglia, discendenti degli una alla Villa e una al podere Aldobrandeschi, e poi agli orvietani Monaldeschi della Biondo, dove insegnavo io. Cervara, divenutine proprieta- Essendo di prima nomina, mi fu ri nel 1327 con un lungimirante assegnata una pluriclasse di 27 matrimonio. Attraverso varie alunni, di cui 7 o 8 di Piansano fasi, sul finire del ‘500 il castel- (ricordo Mariano Mattei, lo era passato alla Camera Angelo Sonno, Fabio Burlini...). Apostolica, che un secolo Il mio primo contatto con quelle dopo l’aveva dato in feudo ai famiglie fu per me facile e com- marchesi Bourbon del Monte. prensivo, tanto che la famiglia Dopo altri due secoli e passa, di Liberato Mattei mi ospitò nel nel 1910 la marchesa Stefania suo casale. Da quel giorno con aveva sposato il principe loro e tutti gli altri nacque una Paolo Boncompagni Ludovisi vera amicizia. Presso il casale di Gigi Fioretti lasciavo la mia 500 e poi attraverso la macchia raggiungevo ed ecco spiegato l’ultimo pas- la scuola caricando sulle spalle tutto ciò che poteva servirmi. L’amicizia e la comprensione aumentarono saggio di mano. quando mi videro che ero disponibile in caso di bisogno ad accompagnarli in macchina ad Ma al di là di titoli nobiliari, Acquapendente. La scuola era fornita di docce, allora il mio primo pensiero fu di chiedere alla direzione illustri pedigree ed antiche glo- didattica di Acquapendente di permettere a quelle persone di fare il bagno nei giorni di sabato o domeni- rie, ciò che i contadini sapeva- ca... Alla scuola ero servito di legna da ardere dai vigili urbani. Ma erano così poche le occasioni di no era che le sorelle Ippolita incontrare gli amici che un giorno il loro comandante, non vedendomi da un po’ di tempo mi fece uno ed Agnese, figlie di Paolo (lo scherzo: vide la mia macchina parcheggiata nel piazzale del comune e mise sotto il parabrezza un stesso espropriato dall’Ente biglietto di contravvenzione. Io andai nel loro ufficio per protestare che non avevo commesso alcuna infra- Maremma nel comune di zione e apparve lui ridendo: disse che era stato un mezzo per poter finalmente parlare con un amico... Un Montalto di Castro), erano giorno ci demmo appuntamento con il barista di Trevinano per giocare a carte. La partita durò purtroppo proprietarie di tutta quella fino a tardi, e quando ripresi in fretta verso casa, per strada si fece notte e scoppiò un temporale fortissi- sella montuosa racchiusa tra il mo. Avevo perso l’orientamento e tentavo corso dell’Elvella e quello del di vedere qualcosa alla luce dei lampi. Tirolle: duemila ettari di balze Ad un tratto mi trovai sotto a una tettoia in gran parte macchiose che e al buio sentii la testa di un asino che si gli stessi abitanti di Trevinano, era rifugiato anche lui per ripararsi. da generazioni mezzadri e affit- Certo ebbi paura, ma poi ebbi la fortuna tuari di quegli stessi fondi, non di trovare poco dopo la porta del casale avevano mai avuto (e non di Liberato... Mi ero abituato a convivere ebbero neanche poi) il corag- con questi contadini e con loro trascorre- gio di comprare. Era l’estremo vo bellissimi pomeriggi e tante belle sera- lembo settentrionale del , te. Lo ricordo con vera gioia, insieme ad che coi suoi scoscendimenti alcuni ex alunni che ancora oggi ho il s’incunea tra Toscana e piacere di incontrare. Anche a distanza e nell’aspetto prelude di tempo rievoco con la mia famiglia a paesaggi diversi: di là i calan- quei tempi ringraziando sempre la grati- chi e la folta vegetazione medi- tudine di quelle persone, in modo parti- terranea d’impronta umbro- colare la famiglia di Liberato e la Santa... laziale; di qua i cipressi e le colline ocra del senese. Ma

4 la Loggetta settembre-ottobre 2005

Luigi Fioretti (al centro) con la famiglia e degli amici sulle scale del podere Donna Paola, e nella costruzione della “mièta” durante la carratura con i buoi. Nella foto piccola, i suoi due figli che giocano sull’aia con gli agnelli. All’inizio neanche Gigi, dopo aver visto la zona, avrebbe più voluto essere della partita. Forzato dalla moglie, acconsentì a partecipare al sorteggio, ma mettendo bene in chiaro che lo avrebbe accettato solo se gli fosse toccato il podere Donna Paola, l’unico con la casa nuova di zecca e servito dalla strada. Manco a farlo apposta, gli toccò proprio quello, che ancora oggi possiede! I tre fratelli Fioretti - Gigi, Pèppe e Sante del Biondino - furono tra i più attivi dei nuovi poderani. Anche prima di partire per Trevinano erano in società tra di loro: avevano pecore e qualche mezzo. Il lavoro non gli mancava certamente e in casa non stavano proprio malissimo, ma pensarono che con i soldi che spendevano per l’affitto dei pascoli avrebbero potuto pagare le rate del podere. Pèppe fu elemento di punta nella cooperativa, e in pratica fecero tutto lui, il presidente e il segretario, specie quando il grosso dei soci si ritirò e, profilandosi la possibilità di poderi di maggiore estensione, si trattò di coinvolgere il più possibile parenti e amici. Gigi, tornato a Piansano con la famiglia nel ‘72 ma tuttora proprietario del podere, lo ha sempre tirato avanti praticamente da solo, avendo fatto studiare entrambi i figli. “Uno va bene - lo rimproveravano i fratelli - ... ma l’altro portalo a lavorare con te!”. Ma lui, che li vedeva entrambi capaci e votati allo studio, faceva di tutto per allontanarli dalla terra e per non sentirsi rimproverare, un giorno, disparità di trattamento. Angelo purtroppo è morto prematuramente, ma si era stabilito a Firenze con un importante impiego al comune; come il fratello Carlo, che oggi è un affermato medico e mai si sbarazzerebbe del podere, che anzi raggiunge ogni volta che può per brevi vacanze con familiari e amici. con in più, e variamente del mare. Le terre verso tra- lasciare la Cassia e inerpicarsi suggestione incomparabile, vi sovrapposto ad entrambi, un montana erano considerate su quel crinale tortuoso, allora sono tutte le comodità possi- senso di perduto e di selvati- “terracce”, e a levata di sole soltanto imbrecciato, con l’oc- bili e soprattutto non dipen- co, con quei vasti boschi di c’era il lago, tutta “terra spre- chio pieno della gola boscosa diamo più dalla terra per la cerri che stentano a crescere e cata”. La tradizionale via dei del Tirolle e delle pendici sopravvivenza. I casali sono rimangono sempre sofferti, campi usciva quindi dal paese imponenti di Monte Rufeno, ormai ville o agriturismi a più duri come pietra; terre d’argil- a Checcarìno, nella poventa che oltre al cielo sopra di lui stelle e risentono del mercato le e di pietre arenarie, innume- del basso abitato, e prendeva non ti lascia vedere altro, era turistico toscano che dilaga revoli, ammucchiate qua e là in direzione di Tuscania, come tagliarsi i ponti alle spal- oltre confine. L’amplissima da quei contadini man mano Montalto, Canino. Ora che il le. I primi poderi scendevano vallata di ponente sembra la che vi s’intruppavano con l’a- mercato di terre in maremma qui, a destra della strada: un terra promessa di Mosè, dove ratro; terre di cinghiali, che a si era esaurito, non era facile casale e alcune radure strap- corrono l’ombre delle nuvole piccoli branchi uscivano dal invertire la rotta, superare il pate alla macchia, con scarti in movimento e oggi riluce il bosco a saccheggiare raccolti; camposanto in direzione di di scopisce in costa, a scapicol- laghetto della diga. Terra sbia- terre ventose, dove la tramon- Valentano e prendere di petto lo sul torrente, dirimpetto alla dita nelle gradazioni d’ocra e tana rinforza per tanto spazio il vento boreale. Era sfidare l’i- riserva immensa che risale di verde, punteggiata di casali di cielo e ti assedia rabbiosa gnoto; peggio, era tradire gli l’altro versante. Gli altri si sco- nella foschia delle distanze; dalle fessure dei casali. avi, contravvenire a precetti di privano ancora più avanti, dal- nascosta, talvolta, dalle neb- Era la prima volta che i conta- secoli. E poi la distanza! Non l’altra parte della strada, dopo bie dei fondovalle, con filtri di dini piansanesi si affacciavano che il luogo fosse irraggiungi- un ultimo tratto sterrato nel luce e visioni d’insieme sur- a nord. “Casa quanto ce se bile: neppure cinquanta chilo- bosco che ad ogni svolta incu- reali; coronata tutt’intorno cape e terra quanta se na metri, più o meno un’ora di piva i presagi: scoscendimenti dalla montagna di Castell’Az- vede”, diceva un vecchio ada- viaggio, coi mezzi d’allora. Ma perduti nei canaloni a mezza zara, e poi dall’Amiata grande, gio popolare, ma dal paese la accimare la montagnòla della costa o appollaiati a più di 500 la torre d’altri tempi di terra si era sempre potura sco- Cantoniera e avventurarsi per metri sulla Valdipaglia. Radicofani, i grumi di case di prire a perdita d’occhio solo le curve di Onano, e poi scen- Oggi è difficile rivivere quelle Celle, San Casciano, e su su la verso maremma, in direzione dere per i tornanti di Acqua- sensazioni di smarrimento, montagna di Cetona coi lumi pendente, guadare il Paglia, perché il paesaggio è di una tremolanti nell’ultimo chiaro-

5 la settembre-ottobre 2005 Loggetta

sparse” abitassero complessi- vamente sulle 1.500 persone. Dunque il drappello piansane- se era una minoranza, e l’avvi- cendamento delle persone era molto meno evidente nell’au- tarchia e isolamento dei singo- li poderi. Le differenze si sarebbero viste semmai col tempo, nell’impatto pacifico tra le diverse culture e nella scossa “imprenditoriale” data alle abitudini ataviche del luogo. Familiarizzare coi trevi- Vincenzo Sonno e il cognato Andrea Coscia nanesi, di indole e idioma pret- con le rispettive mogli tamente toscani, fu facile, sull’aia del loro podere anche per la comunanza di Poggio Cantàno a vita e di interessi; un po’ meno metà degli anni ‘60 (la lo fu con gli aquesiani, per la bambina è Rosella Coscia, figlia di maggiore distanza e quindi le Andrea, e il fotografo - minori frequentazioni, e forse di questa come di altre anche per certa sufficienza cit- foto storiche di questo tadina inevitabile verso la servizio - è sempre Angelo Sonno, figlio di Vincenzo). gente del contado. “Guarda ‘n po’ ‘ ste curve - scherzava ‘l Serpente con la Gina, sulla strada di Onano, durante l’interminabi- Il 16 febbraio 1959 la Cassa le viaggio sul camion per il trasloco al podere - so’ acquistò dalla proprietaria 580 peggio de la gobba de Pèppe Coscia!” (che era il ettari di quella tenuta e li padre di Gina). Questo per dire dell’“avventurosità” di rivendette ai soci della coope- quei primi viaggi “in capo al mondo”, durante i quali, rativa. Eccetto un centinaio tra l’altro, lo stesso Vincenzo Sonno, marito di Gina, con la motocicletta andò fuori strada “raddrizzando” d’ettari costituenti i tre poderi proprio una di quelle curve. Le due famiglie non furo- degli ex mezzadri, i restanti no costrette a vendere niente, per avventurarsi nell’im- 470-80 ettari rappresentavano presa del podere, ma anche perché avevano poco da appunto tredici poderi che vendere ed abitavano in una casetta della Rocca che andavano da 33-35 ettari l’uno era quello che era. Tornarono tutti a Piansano nell’e- state del 1971, pur continuando a lavorare il podere a circa 50, con uno di 22 e un da pendolari. Gli eredi di Vincenzo e Andrea sono paio di quote di 18 ettari. Ogni ancora proprietari del terreno ma hanno venduto il podere aveva la sua considere- casale, a tipica pianta quadrata, trasformato in una vole quota di bosco, sicché la splendida villa con vista superlativa sulla Valdipaglia. superficie lavorabile si riduce- va a volte a meno della metà dell’intera estensione. Tutti i fondi meno due erano inoltre dotati di vecchie case coloni- che, ragion per cui vigeva per l’acquirente l’obbligo di risie- dervi, almeno per i primi cin- que anni. L’approvvigiona- mento idrico era “garantito” da poche vene d’acqua sparse nei boschi, sorgenti intorno alle quali erano stati costruiti dei fontanili: alla Capanna, Fonte fresca... re del giorno. Da qualche parte ogni volta che vedeva calare il sarebbe giocato il futuro pro- La vendita, al solito, venne ese- un po’ più in là, dicono, c’è un sole dalla gronda del tetto, e prio e dei figli. guita con patto di riservato segnale che indica il punto un vecchio contadino morto I più si spaventarono e si ritira- dominio e il prezzo d’acquisto d’incontro delle tre regioni, e alla Lupaia, dovettero portarlo rono dalla cooperativa. “Qui (valutato da caso a caso a anche questo particolare sem- su in paese sopra un carretto cià da veni’ chi ha ammazzato seconda della giacitura, della bra dilatare allo sguardo la tirato dalle vacche. Ecco, gli ‘l ba’ e la ma’!”, commentò più superficie complessiva e del vastità del luogo. Dalla som- stessi nomi dei poderi non d’uno, impressionato dai casa- quantitativo di macchia) si mità delle alture, il cielo lì sono senza significato. A parte li fatiscenti dispersi in quella aggirava approssimativamente sopra è immenso, e se il vento i ribattesimi in omaggio alla desolazione. Rimasero in tredi- intorno alle 150.000 lire a etta- incalza le nubi spumeggianti di famiglia padronale, o i soliti ci, cui furono aggiunti tre trevi- ro. Solito pagamento in 30 anni candore, giganti in cammino affidamenti ai santi, o anche i nanesi per dargli la possibilità al tasso del 3,50%, mediante nello spazio che ti sovrasta, ti richiami geografici come per i di conservare i poderi nei rate annue posticipate corri- perdi come un atomo del crea- poderi Tirolle, Bisconte o quali già si trovavano come spondenti ognuna al prezzo to. Elvella, se uno di loro è stato mezzadri. Sedici famiglie, circa corrente di circa 50 quintali di Ma i contadini guardano corto. chiamato Il Sasso un motivo ci ottanta persone, una sessanti- grano tenero. Soliti obblighi, I loro occhi si posavano sulla sarà stato. E lo stesso dicasi na delle quali di Piansano. Un pena la risoluzione del contrat- terra sotto i piedi, sui sassi per quelli della Macchia, contingente che non produsse to, di non poter alienare, fra- arrotondati di quei primordiali Macchione e Capanna della sconvolgimenti, nella vita del zionare il fondo o cessare fondali marini, sulla creta che Macchia. E il Trasecco? E il luogo: l’intero territorio di senza giusta causa dal coltivar- si appallotta alle scarpe e pare Pantano? E la Lupaia? Ma indie- Acquapendente è stato sem- lo direttamente, nonché di voglia imprigionarti nel panta- tro non si poteva tornare, pena pre disseminato di poderi migliorarlo seguendo in tutto i no. Una volta lì, senza strade la sconfitta; oltre non si poteva (solo a Trevinano ve n’erano suggerimenti tecnici dell’ispet- sei sepolto. Alla Santa di andare, era un altro mondo. Su più di quaranta) e si calcolava torato agrario. Liberato veniva da piangere quella terra di frontiera si che nelle cosiddette “case Suggerimenti inutili. Lì si tratta-

6 la Loggetta settembre-ottobre 2005 va di sopravvivere, di strappa- Trebbiatura re alla terra più che potesse per nei poderi il sostentamento, e ognuno sa di Trevinano a metà degli come lo stato di necessità aguz- anni ‘60. zi l’ingegno e moltiplichi le In basso a forze. Quei poderi rappresenta- destra, vano per i nuovi arrivati la la vecchia scommessa più importante di falciatrice tutta la loro vita. Chi più chi tirata dai buoi ed meno, vi avevano investito i utilizzata loro pochi beni e ormai non c’e- anche per la rano alternative. “Con tutto ‘l mietitura. mi’ capi’, le mi’ cervèlle - canta- va Orfelio Guidolotti, che nella sua bonomia scherzosa e sem- plicità di modi era forse un filo- sofo - me so’ ‘mpegnato ‘n po’ de pecorelle; / e col tiriralla me so’ ‘mpegnato pure la cavalla...”. Come dire che alle spalle c’era il vuoto. Perciò abbassarono la testa e tirarono. La terra “infan- ga di fuori e intosta di dentro”, come scrisse Donati. I primi anni furono duri. Arrivati a novembre per la semina, quelle famiglie si tro- varono ad affrontarvi subito l’inverno, l’inverno balordo del ‘59. Di legna per scaldarsi ne avevano quanta volevano, ma si trovarono senza scorte e costretti a bruciarla verde, volta candelotti di ghiaccio, e sarebbe saputo veramente camere c’erano le candele e appena tagliata dal bosco. Dai bisognava pregare di non come fare. La sera la cucina si per le stalle la lampada a soffitti a tetto pendevano tal- ammalarsi perché non si illuminava con una lampadina petrolio. Il pane lo portava a gas, mentre per le tutti i giorni il fornaio di Trevinano; per la spesa si sali- va ogni tanto in paese taglian- do a piedi per la macchia. Come si varcava la soglia di casa per uscire, bisognava mettere gli stivali, e ognuno in cuor suo si chiedeva se avesse fatto bene o male a lasciare il paese. Un giorno che vide la figlietta di ritorno da scuola intrappolata nel fango, Pèppe Fioretti decise di costruirsi la strada da sé. Gli altri lo pren- devano per matto, ma lui pagò tre operai e un camion per tra- sportare le pietre dai poderi vicini; si fece picchettare il tracciato da un amico stradino e, col figlio di cinque anni che gli porgeva le pietre, un po’ al giorno fece settecento metri di strada, dalla porta di casa all’i- Sante Fioretti sul trattore nell’aia nizio della proprietà. del suo podere Bisconte, e col Poi vennero le motociclette, figlio Gioacchino al trasporto del anzi, le prime macchine. Si latte con le stagne in spalla. A destra la moglie Onorina davan- cominciò ad andare la sera a ti al pianale. I bambini sono Trevinano a veglia e a vedere Nazareno e Gioacchino Fioretti, la televisione all’osteria (anche figli di Sante, con la cugina Lucia con genitori e due figli su una Burlini, figlia della sorella Fiorina, più o meno all’età in cui moto!). I ragazzi fecero le loro lasciarono il paese per trasferirsi amicizie sul posto e smisero di al podere. La famiglia tornò dal chiedere con insistenza di tor- podere nel ‘63, ma continuò a nare a Piansano. Qualcuno dei lavorarlo ininterrottamente e a più grandi si sposò stabilendo- portarvi le pecore fino all’87-88, quando Sante si ammalò e il si in zona; altri tornarono tem- podere, già riscattato, fu vendu- poraneamente a Piansano, to. (Guarda caso, tutt’e tre i fra- ospiti di parenti, per impararvi telli Fioretti ebbero in tempi diversi una identica sventura in famiglia, la morte pre- un mestiere, o se ne andarono matura di un figlio: prima Nazareno di Sante, annegato a Capodimonte nel ‘66, a subito in città in cerca di un 16 anni; poi Vincenzo di Pèppe, morto quindicenne nel ‘77 per un incidente stra- dale; infine Angelo di Gigi, stroncato dalla malattia nell’81, appena ventottenne lavoro diverso; qualcuno fre- ma con moglie e un figlietto). quentò la scuola da pendolare

7 la settembre-ottobre 2005 Loggetta fino al compimento degli studi. nel senese e nel ternano, più do avesse potuto comprarvisi casali. Il mondo è cambiato; I raccolti intanto davano i loro vicini della stessa Acquapen- una casa. Poi... poi... fortunatamente in meglio, in frutti e il futuro sembrava un dente, anche se si continuava a Poi è storia di oggi, e i vecchi questo caso. Ma sarebbe un po’ meno incerto. Fu costruita frequentare questa cittadina del nostro centro anziani, che guaio perderne la memoria, pure qualche strada interpode- per il mercato, il disbrigo di all’epoca guardarono con com- perché con la storia di quegli rale e in qualche punto anche pratiche o per lo stesso viaggio miserazione quei loro coetanei uomini perderemmo anche la raffazzonata una mezza con- di ritorno a Piansano. Poi ci si partire per quella terra da fal- storia dell’uomo, della sua duttura per l’acqua potabile. mise anche un po’ d’orgoglio e chi, stentano a credere che civiltà, costruita a fatica giorno Con la provinciale asfaltata ci andò a finire, per esempio, che degli stranieri danarosi ed dopo giorno e oggi patrimonio si spingeva anche a San l’Angela di Gigi non sarebbe “eccentrici” sono disposti a inestimabile di umanesimo. Casciano o ad , ossia tornata in paese se non quan- sborsare miliardi per quei Prezioso, di questi tempi.

1 3

2 4

Il casale del podere la Capanna (1), oggi perfettamente restaurato da Cesare Brizi (figlio di Closvaldo), dove la famiglia ha abitato fino a quando si è “ritirata” ad Acquapendente nel ‘70; quello del podere Pisciarèllo (2), venduto a suo tempo dai Rocchi, mimetizzato tra gli alberi ma splendidamente restaurato; quello del Sasso (3), anco- ra degli eredi di Orfelio Guidolotti ma in completo abbandono; quello del podere Bisconte (4), già di Sante Fioretti e oggi restaurato da acquirenti stranieri. Sono grandi casali in pietra del luogo (come se non ce ne fosse!), con sette stanze al primo piano e stalle e magazzini al pianterreno. A fianco non mancavano altri locali per forni, cantine, o porcarecce. Tipico della cultura mezzadrile, il casale comportava per i coloni un eterno “esilio” in campagna, ma rappresentava se non altro un piccolo mondo autarchico e l’unione del nucleo familiare, coinvolto in un’impresa comune.

1. Osvaldo Brizi (1914), con la 10. Domenico Moscatelli (Mecotórso, moglie Elida Moscatelli (1915) e i figli I piansanesi “di Trevinano” 1902) con la moglie Anna De Simoni Cesare (1939), Gioacchino (1947) e (1905), il cognato Marsilio Costanzi Osvalda (1955). Podere La Capanna di 42 ettari. (1914) e la famiglia di questi: moglie Petra De Simoni (1920) e figlia Maria 2. Mario Brizi (‘l Maschietto, 1924) con la moglie Rosa Brizi (1929) e le Teresa (1959). Podere S. Luca II (senza casale, costruitovi in seguito) di 18 ettari. figlie Silvana (1953), Maddalena (1954) e Rina (1961). Podere Pèrgola di 22 11. Pietro Rocchi (Pietro de Tòsto, 1906) con la moglie Maria Melaragni ettari. (1909). Podere S. Luca III (senza casale, costruitovi in seguito) di circa 18 ettari. 3. Giovan Battista Burlini (Batista de la Bellamòra, 1927) con la moglie 12. Roseo Rocchi (1922) con la moglie di Cellere Rosa Catana (1923) e i Fiorina Fioretti (1927) e i figli Fabio (1951) e Lucia (1955). (L’ultimo figlio Luigi, figli Rosella (1947), Maddalena (1950) e Felice Antonio (1955). Podere del 1964, è nato dopo il loro ritorno). Podere S. Luca IV (senza casale) di circa Pisciarèllo di 36 ettari (poi ceduto al cugino Gino Rocchi e da questi successiva- 35 ettari. mente venduto). 4. Giuseppe Fioretti (Peppe del Biondino, 1917), con la moglie Teresa 13. Vincenzo Sonno (Scardelletta, 1917) con la moglie Gina Coscia Colelli (1920) e i figli Rosa Maria (1947), Angela (1950), Nazareno (1954) e (1919) e il figlio Angelo (1949), in società con il cognato Andrea Coscia e Ivana (1959). Nel 1962 nacque al podere Vincenzo. Podere della Macchia, la famiglia di questi: moglie Maria Muzi (1934), sposata a Proceno nel 1962, e poi ribattezzato S. Stefano, di 48 ettari. figlia Rosella (1964). Podere Poggio Cantàno di 55 ettari. 5. Luigi Fioretti (del Biondino, 1920), con la moglie Angela Lucattini (1930) e i figli Angelo (1953) e Carlo (1955). Podere Donna Paola di nuova Queste persone si trasferirono da Piansano a Trevinano (comune di costituzione, inizialmente di 35 ettari e poi di 47. Acquapendente) nel novembre del 1959. Eccetto il presidente Moscatelli e il 6. Sante Fioretti (Sante del Biondino, 1914), con la moglie Onorina Eusepi segretario Pietro Rocchi, che dovettero fare i pendolari perché i loro fondi non (1920) e i figli Rosanna (1944), Nazareno (1950) e Gioacchino (1957). erano dotati di casa colonica, tutti gli altri si stabilirono nei poderi, compreso G. Podere Bisconte di 53 ettari. Battista Burlini, che non aveva il casale ed era saltuariamente ospitato dai 7. Orfelio Guidolotti (1924) con la moglie Amalia Menicucci (1931) e i cognati Fioretti. Tre di essi (Burlini, Lucci e Mattei) abbandonarono il podere figli Maria Giuseppa (1954), Maria (1956) e Enzo (1958). Podere Il Sasso di dopo tre/quattro anni di permanenza, e Roseo Rocchi lo rivendette al cugino 33 ettari circa. Gino Rocchi trasferendosi a Canino. Più recentemente hanno venduto il podere 8. Giuseppe Lucci (Gaffiétta, 1917) con la moglie Isabella Ginestra (1934) gli eredi di Sante Fioretti, di Marsilio Costanzi e di Pietro Rocchi, mentre i figli di e i figli Anna (1954), Carla (1956), Lena (1959), Luigi (1962) e Maria Rosaria Mario Brizi e di Vincenzo Sonno hanno venduto il casale riservandosi il terreno. (1964). Podere Donna Paola II di 35 ettari (senza casale), poi abbandonato e Gli altri ne sono ancora proprietari e in qualche caso vi hanno realizzato delle ripartito tra i poderi confinanti Trasecco, Poggio Cantano e Donna Paola I. magnifiche “riconversioni”. Naturalmente nessuno di loro abita più al podere, 9. Liberato Mattei (1915) con la moglie Santa Di Pietro (1919) e i figli avendo fatto ritorno in paese in tempi diversi od essendosi ormai stabiliti defini- Serafino (1941), Mario (1947) e Mariano (1951). Podere Biondo di 35 ettari, tivamente in quel di Acquapendente, come gli eredi di Closvaldo Brizi, Mario ceduto nel 1964 ad altro ex mezzadro. Brizi e Orfelio Guidolotti. 8