lala 58 oggettaoggetta LLnotiziario di Piansano e la Tuscia Anno X, n° 5 - SETTEMBRE / OTTOBRE 2005 Antonio Mattei LeLe terreterre didi cretacreta emigrazione piansanese a Trevinano Poste Italiane spa - Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 26-2-2004 n. 46) art. 1 comma 1 - DCB Centro Viterbo Marco Forti foto di copertina di S E RT N O I Piansano • • con occhi... O Puri O M I A G G la settembre-ottobre 2005 Loggetta l 29 luglio del 1961 era un sabato e tutti i testimoni I assicurano di aver assistito ad un fenomeno stranissimo e impressionante. A Trevinano c’era il funerale del conte Antonino Naselli, morto improvvisamente il giorno prima per una trombosi con- tro cui non era valso il ricove- ro d’urgenza all’ospedale di Acquapendente. Aveva solo 58 anni, ma quando la mattina presto andarono a chiamare il barbiere a casa per farlo rade- re all’ospedale, in realtà lui era già morto. Per la gente dei poderi era tempo di carratura, e non tutti avevano lasciato i lavori nella luminosa giornata estiva per accompagnare al cimitero il vecchio padrone. Molti videro il funerale dal Trevinano, maggio 1969, festa della Madonna della Quercia. La fami- glia di Pèppe Fioretti al completo, fuori della chiesa parrocchiale, con podere, con il piccolo corteo l’allora direttore didattico di Acquapendente Nazareno Sposetti, gran- che portò a spalla la bara fin de amico di famiglia, presente a sua volta con la moglie e la nipotina. dentro la chiesa e ne uscì A fianco invece vediamo Pèppe a Poggio Cantàno, anni prima, sul dopo la messa per avviarsi al trattore con Vincenzo Sonno e (sotto) nella sua giardinetta sempre con camposanto, appena fuori il Vincenzo e il figlio Nazareno. Infine (in alto a sinistra) gli anziani coniugi Pèppe e Teresa, seduti nell’aia del loro podere S. Stefano, con paese. Ma nella bonaccia di Trevinano sullo sfondo. La famiglia vi è rimasta al completo per quindi- quella giornata estiva, senza la ci anni, e oggi il figlio Nazareno, che continua a lavorarlo con profitto, minima avvisaglia per l’occhio vi ha realizzato uno splendido agriturismo. pur esperto dei contadini, scoppiò improvviso un turbine da fine del mondo. Tuoni spa- ventosi percossero le colline rintronando giù giù fino a valle. In un attimo il cielo si oscurò e un vento incredibile, con raffiche e mulinelli furiosi che sferzavano la terra, faceva volare i covoni di grano sul campo. La gente doveva tener- si l’un l’altra per non cadere o essere trascinata. Non piove- va, ma fulmini a raffica sem- bravano volersi scaricare sopra le teste e chicchi di nuovi arrivati aveva mai per il mercato del venerdì: i avendo assistito alla scena s’a- grandine si abbattevano amato. “E sta bene ‘ndo’ sta!”, contadini si portavano magari spettava qualche levata del pesantemente qua e là come aggiunse qualcuno più tardi. qualche formetta di cacio per genere: “Tu quale vuoi?”. “Beh, per un diluvio imminente. Il Era stato il padre padrone di piccoli baratti, ed è chiaro che signor conte... - azzardò Gigi corteo funebre si scompigliò quei vecchi mezzadri, che si trattava di beni spettanti al non senza esitazione - quella ma continuò ad arrancare fati- aveva sempre amministrato podere, ossia da spartire col più bella. ... Dato che non l’ave- cosamente con il feretro a occhiutamente di persona. Se padrone. Sicché quando a fine te data a lui, datela a me...”. spalla, con la gente abbrancata vendevano una vacca, era lui annata si regolavano i conti, “Prendila, è tua.”, tagliò corto il l’una all’altra, contro la furia di che riscoteva il prezzo sull’aia, quei contadini erano sempre conte, e Gigi rimase allibito quel castigo del cielo che tem- e quando gli si presentavano in debito, e il conte si ripren- per l’umiliazione data al vec- pestava i poggi per quanto è con il cappello in mano a chie- deva la scrofa o la mucca che chio mezzadro, rimasto lì in vasto l’orizzonte. Durò un po’, dere qualche lira, le loro lire, loro avevano allevato per tutto piedi in silenzio. ma non appena il corteo oltre- per qualche bisogno quasi l’anno: se volevano tenerla, Stavano zitti, quegli antichi passò il cancello del campo- sempre tragico di famiglia, li dovevano ricomprarla da lui. servi della gleba, tenuti alla santo per salire fino alla came- apostrofava burberamente: Gigi ricorda di essere andato fame dal padrone ma anche ra mortuaria, così com’era “Richiedi i soldi?! Che ciai da un giorno dal conte per com- loro paghi di sopravvivere, venuto, l’uragano svanì. D’un fa’?”. E loro a scusarsi, rannic- prare una scrofa e di avervi loro e le loro famiglie, con quel botto. Il cielo tornò sereno chiandosi nelle spalle e cur- trovato Guido, un vecchio con- poco che gli abbisognava. come se niente fosse stato e vandosi come servi. Se la tadino di lì, venuto per lo stes- Dopo oltre un secolo di pre- l’aria si placò tra lo sbigotti- domenica, di ritorno dalla so motivo. Il conte si rivolse senza al podere, per dire, quei mento di tutti. Rimase un fatto messa, gli uomini sostavano subito a Gigi, ma questi gli fece mezzadri non avevano eredita- misterioso, di cui non si ricor- all’osteria del paese per un notare che Guido c’era prima. to da generazioni di avi neppu- dava l’uguale a memoria d’uo- bicchiere in compagnia, era “Quale vorresti, dunque?”, chie- re un parecchio di buoi; dove- mo. Una tromba d’aria? O che facile che arrivasse il fattore a se il conte a Guido. “Beh, quel- vano comprarli dal conte. E il altro? Ma quei contadini una ricordargli le buone vecchie la più bella... L’ho allevata io!”. conte - figura di siciliano trac- spiegazione gliela dettero: “E’ usanze: “Che state a fa’ voi “E tu vorresti pure capa’? - s’in- cagnotto, dissipato, arrogante ‘l diàvelo che se l’è pòrto via!”, qui?! Via! Al podere!”, e loro furiò il conte - La scrofa la scel- - si faceva lupo con le pecore, sbottarono subito, e si riferiva- riprendevano zitti la strada di go io!”. E gliene dette un’altra, spadroneggiava dall’alto del no al conte, di cui i più vecchi casa. Oppure rovistava nei continuando a sacramentare suo maniero come un antico di loro erano stati quasi schia- loro fagotti quando li trovava contro la malacreanza dei vil- vassallo. Andava matto per le vi e che neppure nessuno dei sulla strada di Acquapendente lani. Poi, rivolto a Gigi, che macchine da corsa, e quando 2 la Loggetta settembre-ottobre 2005 passava da quelle parti a ancora di lui i contadini, per il lavoro. L’indomani mattina il a una minima presenza della bordo della sua Ferrari per il confronto che continuamente conte non riusciva a capacitar- vite, anche una certa alternan- Giro della Toscana, quei conta- faceva tra le vecchie rendite si del fatto che già stessero per za con il pascolo per le pecore dini erano tutti assiepati sul delle sue terre e i raccolti dei ricaricare il mezzo su un e con la coltivazione del semet- ciglio della strada per vederlo nuovi arrivati, che alla voglia camion per riportarlo a to. Oggi si sperimentano anche passare e dargli modo di pavo- di riscatto univano anche più Piansano. Sempre per quei girasole e colza per uso indu- neggiarsi. Guai a mancare!: moderne tecniche e strumenti contadini, la quantità di conci- striale, ma un tempo vi si pote- quei poveri sciagurati si face- di lavoro. A Trevinano, per me usato dai nostri era uno va trovare solo un po’ di gran- vano la spia l’un l’altro e lui si dire, si poteva trovare solo spreco: “Voe volete fa’ arricchi’ turco e di foraggio per le vendicava anche cacciandoli latte in polvere, perché c’era la il concorzio”, dicevano, stor- bestie, perché per gli ulivi il su due piedi dalle sue terre! convinzione che in quelle terre piando anche la parola consor- luogo è proibitivo, e gli alberi Dopo la vendita dei poderi le le mucche da latte non potes- zio. Cominciarono a ricredersi da frutta, che da sempre cir- cose erano cambiate, anche sero sopravvivere. Furono i soltanto al momento del rac- condano ogni insediamento perché con i nuovi coloni pian- piansanesi a portarle per colto: subito il primo anno la rurale, chissà perché non vi sanesi non c’erano mai stati primi, e quando Pèppe Fioretti, Capanna fece 95 quintali di sono mai stati impiantati. precedenti vincoli di sudditan- tutte le mattine, cominciò a grano; oggi ne fa più di 700, “Eh sì - ricorda don Giovanni za. Tanto, se i nostri non si fos- rifornire di latte fresco lo spac- mentre il podere della Macchia Mai, parroco di Trevinano per sero fatti valere, lui avrebbe cio di Trevinano, al conte non supera di gran lunga i mille. Il oltre mezzo secolo - i piansa- mantenuto un clima da feudo voleva andargli giù e si mise confronto con i vecchi raccolti nesi si son fatti apprezzare. contadino come ormai non se subito in concorrenza com- dell’epoca mezzadrile è impro- Non come i lateresi!...”. E rac- ne vedeva più da nessuna prando pure lui delle mucche ponibile: quando Poggio conta della sfortunata avventu- parte: figura patetica, nel suo di razza chianina. Ancora nel Cantàno, che è il più grande di ra di una cooperativa di tracollo storico, di ruolo eco- 1960, per dirne un’altra, quei tutti, arrivava a fare cento Latera, arrivata in quei poderi nomico e sociale; anacronisti- contadini mietevano a mano o quintali, il conte festeggiava vicini qualche tempo prima dei ca e anche un po’ squallida: con la falciatrice a trazione ani- sparando col cannone, e un nostri.
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