Impero Economico Di Berlusconi
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L’impero economico di Berlusconi L’impero economico di Berlusconi, dalla nascita al consolidamento. Il ruolo centrale di Banca Rasini in un vecchio articolo BANCA RASINI E DINTORNI di Primula Rossa La migliore biografia mai edita di Silvio Berlusconi è sparita dal web. L’autore che si firma Primula Rossa racconta fatti e circostanze che influenzano tuttora la vita della nostra nazione attraverso la storia di un uomo e della sua famiglia puntualizzando sugli eventi con qualche considerazione personale ma senza comunque perdere la necessaria obiettività. Ho voluto riproporre il testo completo sperando di non fare alcun torto all’autore per tentare di non perdere la memoria storica svanente nel revisionismo e nella censura di regime. BANCA RASINI E DINTORNI La Banca Rasini Sas di Rasini, Ressi & C., nota semplicemente come Banca Rasini, viene fondata agli inizi degli anni 50, più esattamente nel 1955, dai milanesi Carlo Rasini, Gian Angelo Rasini, Enrico Ressi, Giovanni Locatelli e Angela Maria Rivolta, e dal palermitano, di Misilmeri, Giuseppe Azzaletto. Con un capitale iniziale di 100 milioni di lire, la Banca Rasini è sin dalle origini un punto di incontro di capitali lombardi (principalmente quelli della nobile famiglia milanese dei Rasini), e palermitani (quelli provenienti da Giuseppe Azzaretto, che ha la particolarità di essere uomo di fiducia di Giulio Andreotti in Sicilia, oltre a quella di aver sposato la nipote di Papa Pacelli). Il motivo per cui la Banca Rasini, piccola banca milanese, ha avuto, ed ancora ha, una certa notorietà, sta in due particolarità. Uno lo vedremo più avanti, l’altra è che ha avuto alle sue dipendenza, da impiegato a direttore generale, procuratore con potere di firma, Luigi Berlusconi, padre del più noto Silvio, del quale vedremo di parlarne subito. Di Luigi Berlusconi, nato a Saronno nel 1908 e deceduto a Milano nel 1989, viene genericamente detto che lavorò per tutta la sua vita lavorativa alla Banca Rasini. In verità, essendo la Banca nata solo nel 1955, è indubbio che il Berlusconi ha avuto una sua vita precedente della quale non sappiamo molto, se non che il 29 settembre 1936 aveva generato, purtroppo per i posteri, Silvio. Del dopo è lo stesso Silvio a deliziarci con il suo racconto da libretto azzurro ad uso dei polli.. “Facciamo un po’ di conti: sono nato nel 1936 e avevo dunque sei anni quando la guerra entrò, disastrosamente, nella nostra vita quotidiana. Poi arrivò il 1943, la grande crisi, la caduta del fascismo, l’8 settembre, i tedeschi, la paura, i bombardamenti. Mio padre era militare al momento della disfatta. I tedeschi avevano iniziato la caccia al soldato italiano, e lui si fece convincere da alcuni suoi amici a riparare con loro in Svizzera. Fece la scelta giusta. Salvò la sua vita e salvò il futuro di tutti noi. Per questa lontananza lui soffrì molto, mia madre soffrì molto. Per me fu uno struggimento devastante, il chiodo fisso dei miei pensieri: papà, il mio papà. Mia madre si era trovata con due figli piccoli e il peso di due anziani: suo padre e la mamma di mio padre, che manteneva con il proprio lavoro di segretaria alla Pirelli a Milano. Tutti i giorni doveva arrivare in ufficio molto presto, cosa che la costringeva ad alzarsi alle cinque per prendere la corriera che la portava a Lomazzo, dove trovava il treno delle Ferrovie Nord per piazzale Cadorna a Milano. Da lì a piedi fino alla Pirelli. Alla sera cammino inverso, nel buio. La sua vita era così: ogni giorno avanti e indietro su quella strada, prima con la mia sorellina nella pancia, e poi di fretta alla sera per tornare ad allattarla. E con un ricordo indimenticabile. Quello di vedersi un mitra piantato sul petto e la quasi certezza di lasciarci la pelle. Accadde quando in treno impedì ad un ufficiale delle SS di portar via una signora ebrea destinata al campo di sterminio. Tutti erano paralizzati dalla paura, ma non mia madre. Afferrò per il bavero l’ufficiale tedesco e si mise a gridare: “Vai via, dì che non l’hai trovata e vattene di qui”. Il tedesco incredulo le dette uno spintone facendola cadere e le puntò addosso il fucile: “Zitta tu, o ti ammazzo”. Ma lei ebbe il fegato di continuare: “Guardati in giro: se mi spari, tu da questa carrozza non scendi vivo”. Allora quello si guardò intorno e vide tutte quelle facce spaventate che erano diventate minacciose, che non si sentivano di lasciare sola una donna con una grande pancia, piccola di corpo ma grande di spirito, che metteva in gioco la sua vita per salvarne un’altra. Il tedesco diventò paonazzo, strinse il dito sul grilletto, ebbe un attimo di esitazione e poi se ne andò. Il treno ripartì, mia madre aveva vinto, ma la tensione, lo spavento la stremarono e l’ultima parte della sua gravidanza ne risentì. Ma seguitò a fare il suo dovere sia in ufficio che a casa….Quando la guerra fini, e cominciarono a tornare tutti quei padri, zii e fratelli che si erano sottratti ai rastrellamenti tedeschi e alla deportazione in un campo di lavoro o nei lager, per me iniziò invece un altro periodo di apprensione e di attesa. Andavo ogni giorno ad aspettare il trenino che veniva da Como. Lì arrivavano i rifugiati che tornavano dalla Svizzera. Tornavano in tanti, ma non mio padre. Per un mese ci andai tutti i giorni. Mi arrampicavano su un paracarro che era il mio posto di osservazione. Poi, dopo tante attese a vuoto, cominciai a stare più lontano. No, non era soltanto pudore, era delusione, era dolore. Volevo poter piangere senza dare a nessuno lo spettacolo delle mie lacrime. Perché il treno se ne andava via e mio padre non c’era. Poi un giorno arrivò. Lo riconobbi da lontano, ebbi un tuffo al cuore, mi scattarono le gambe e con una corsa sfrenata piombai tra le sue braccia. Molti altri bambini non rividero più il loro padre e io fui fortunato. Quel momento mi è rimasto nella memoria come quello più straziante e più felice della mia vita”. Ci limitiamo a poche osservazioni a questo racconto così melenso, lacrimevole, commovente e struggente, tanto che il libro Cuore sembra un racconto di sesso e violenza. Su tutto un domanda: ma mamma Rosa è stata almeno a casa quando ha partorito? Ci ricorda la bambina che, su Mussolini, chiese alla madre: “Ma il Duce quando dorme?”. Sull’intervento della madre con l’ufficiale tedesco bisogna osservare che avrebbe persino un senso se quello fosse stato solo un militare tedesco. Ma quello era un SS, per il quale la vita umana non aveva molto senso, figurarsi per una donna incinta e passeggeri spaventati (che diventano “truci”). Sulla gente che non tornava dalla Svizzera, lasciando i figli in lacrime, sarebbe da osservare che quelli che sono andati in Svizzera ci sono andati o da rifugiati o fuggiti per non essere presi dai tedeschi, ma anche per non andare con i partigiani. Per cui le lacrime le potevano spargere i figli e le mogli di quelli morti nei campi di concentramento o combattendo contro i tedeschi, non quelli rifugiatisi in Svizzera. Quanto alla “scelta giusta” del padre di andare, o scappare, in Svizzera, ci limitiamo ad un semplice raccontino di uno sconosciuto scritto dopo la lettura di tanto lacrimevole racconto, che rende molto bene la “scelta giusta”. Eccolo: “Un vecchio e un bambino si presero per mano, e andarono in un prato pieno di croci. “Belle queste croci bianche”, disse il figlio. “Sono soldati che attraversarono l’oceano per difendere la nostra libertà”, rispose il padre. “Come te?”, chiese il figlio. “No figliolo, è diverso, io ho attraversato i monti e mi sono imboscato in Svizzera”. “Ma papà, perché non sei rimasto anche tu a difendere la nostra libertà?”, incalzò il figlio. “Per chi mi hai preso, per un comunista?”, replicò sdegnato il padre. Il figlio non chiese più niente”. Ma assimilò molto bene, diciamo noi. Padre severo, ma affettuoso e poi amico e consigliere, Luigi Berlusconi è una presenza centrale nella vita di Silvio. Nato a Saronno nel 1908 e trasferitosi giovanissimo a Milano, Luigi viene assunto come semplice impiegato alla Banca Rasini, ma inizia subito a far carriera. Il titolare, Carlo Rasini, lo ricordava come “un collaboratore fedelissimo, di una dedizione assoluta. Prima di dare agli impiegati una matita nuova si faceva restituire il mozzicone di quella vecchia, spegneva le luci superflue. Altri tempi”. Luigi andrà in pensione come Direttore Generale dell’Istituto di Credito, Procuratore con potere di firma, ma non cesserà di lavorare; iniziò subito a seguire le attività delle società del figlio, quell’Edilnord che firmerà Milano 2 e Milano 3. Sin dagli inizi papà Berlusconi ha creduto fermamente nelle idee del suo ragazzo tanto da affidargli come capitale iniziale della sua prima società l’intera sua liquidazione, e aiutandolo ad ottenere gli altri finanziamenti necessari, curando i bilanci delle sue prime società e consigliandolo con la sua lunga esperienza. Questo ancora dal racconto del figliolo Silvio. Ma qui ci fermiamo, visto che qualcosa non quadra. Ragioniamo. La Banca Rasini viene costituita nel 1955, di conseguenza Luigi Berlusconi dovrebbe esservi entrato in quell’anno, all’età di 47 anni. Doveva certamente avere qualche buona conoscenza per essere assunto a quella età. Dato il seguito, molto probabile che certe utili “conoscenze” le abbia acquisite proprio quando era in Svizzera; e che abbia fatto una rapida e straordinaria carriera ne siamo certi, doveva essere davvero un collaboratore “fedelissimo”. E, sulla base anche dei fatti che seguiranno, dovrebbe essere andato in pensione nel 1973, al compimento dei 65 anni.Che abbia avuto una buonissima liquidazione, dati i servizi prestati, anche qui ne siamo certi, ma non certamente, rapportata, alle liquidazioni attuali, come certi nostrani dirigenti.