QUEL PATTO a TRE CON LA CAMORRA La Democrazia Cristiana, Le Brigate Rosse E Il Clan Di Cutolo
Il Terrorismo Il Terrorismo rosso Brigate Rosse Il sequestro Cirillo QUEL PATTO A TRE CON LA CAMORRA La Democrazia Cristiana, le Brigate Rosse e il Clan di Cutolo. Ecco come i giudici hanno ricostruito il caso Cirillo e il sistema di potere napoletano. «Boss figlio di boss», lo aveva definito l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga. E Antonio Gava è finito in una cella del carcere di Forte Boccea, con l'accusa di associazione mafiosa, per aver stretto rapporti politici e d'affari con la Camorra, lui che, da ministro dell'Interno, aveva il compito istituzionale di coordinare la lotta contro le organizzazioni criminali. Quello che è accaduto a Napoli con l'arresto di Gava, nella notte di San Gennaro, non è soltanto l'epilogo clamoroso di un caso giudiziario pendente da tanto tempo. E’ la resa dei conti di un sistema politico. La caduta di un Muro: dopo Milano e Palermo, anche Napoli ha mostrato pubblicamente, con l'ufficialità dei documenti processuali firmati dai giudici, il volto oscuro di un regime fatto di tangenti, di accordi segreti tra politica e affari, di patti inconfessabili stretti tra gli uomini dei partiti e la criminalità organizzata. Mani pulite a Milano. Cosa nostra e i suoi rapporti con Giulio Andreotti a Palermo. E ora Don Antò e la Camorra a Napoli. «E’ possibile mai che nessuno se ne fosse accorto prima?», si chiede oggi dall'esilio di Hammamet uno dei protagonisti di quel regime, Bettino Craxi, che con Gava ha in comune almeno il diabete. Domanda che finisce per alzare una cortina di nebbia sugli sforzi di quanti «si erano accorti»: le inchieste giornalistiche sulla corruzione, le ricerche sociologiche (Percy Allum sulla Napoli dei Gava ci aveva scritto addirittura un saggio, negli anni Settanta), le indagini dei giudici puntualmente depistati, intimiditi, sottoposti a procedimento disciplinare.
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