Lorenzo Inzerillo
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ISTITUTO EURO ARABO DI STUDI SUPERIORI LORENZO INZERILLO Una città di polvere e gelsomini LE MAZARISATE a cura di Giuseppe Inzerillo 2013 Mazara del Vallo 2 Inzerillo, Lorenzo <1905-1997> Una città di polvere e gelsomini: le mazarisate / Lorenzo Inzerillo; a cura di Giuseppe Inzerillo - Mazara del Vallo: Istituto Euro Arabo di studi superiori, 2013. 1. Folclore – Mazara del Vallo. I. Inzerillo, Giuseppe 390.094582448 CDD-22 SBN Pal0261981 CIP - Biblioteca centrale della Regione siciliana “Alberto Bombace” © 2013 Istituto Euro Arabo di Studi Superiori, Mazara del Vallo. 3 INDICE Nostalgia del padre di Antonino Cusumano pag. 7 Nota introduttiva di Giuseppe Inzerillo pag. 11 Album Inzerillo pag. Capitolo 1 Le parole pag. 25 Capitolo 2 I luoghi pag. 65 Capitolo 3 I mestieri pag. 79 Capitolo 4 I personaggi e le storie pag. 109 Capitolo 5 Usi e costumi pag. 131 Appendice Glossario pag. 145 4 5 Nostalgia del padre di Antonino Cusumano «Il padre è morto» ha scritto lo psicanalista Massimo Recalcati. Nella liquidità dei legami familiari, è evaporata la figura paterna tradizionale, la sua autorità, la sua capacità di governo. Imprepa- rati e confusi, incapaci di orientare regole ed azioni, desiderosi di annullare le distanze generazionali, preoccupati più dall’essere amati che dall’essere ascoltati, i padri oggi sembrano aspirare a diventare fratelli dei propri figli, complici delle loro trasgressio- ni, compagni dei loro giochi, amici tra i tanti che abitano la ga- lassia dei social network. Definitivamente eclissato il padre- padrone, messo in crisi il sistema su cui si reggeva il vecchio pa- ter familias, rischia oggi di tramontare il senso condiviso del li- mite, il valore simbolico della norma, l’etica della responsabilità, tutte esiziali e storiche funzioni incarnate nel ruolo sociale e cul- turale del genitore. La sua assenza priva i figli dei modelli di ri- ferimento, della pedagogia della testimonianza e dell’eredità del passato. La sua abdicazione produce effetti devastanti sulla vita familiare e su quella pubblica. Può accadere così, sempre più spesso, che l’alleanza su cui si fonda il patto educativo tra inse- gnanti e genitori sia rovinosamente tradito da quei padri che ten- dono a sottrarsi alla fatica del loro ruolo, prestandosi al gioco di fare le veci dei figli nell’ansia di proteggerli dai fallimenti e ri- muovere disagi e conflittualità. Eppure, non c’è chi non veda la domanda crescente presso i giovani e più estesamente nella società, della figura di un padre, non tiranno né eroe ma semplicemente padre, genitore che, pur nella sua vulnerabilità, è testimone del tempo che passa, anello imprescindibile di una catena infinita, concreto paradigma della continuità tra le generazioni. Nella consapevolezza che per oltre- 6 passarlo bisogna riconoscere il debito che abbiamo con lui, la memoria è la lezione che educa alla coscienza di sé, la strategia identitaria che permette di «diventare senza smettere di essere, di essere senza smettere di diventare», per usare le parole di Italo Calvino. Il padre, se è stato davvero un padre, è la memoria di ciascuno ma è anche metafora della memoria collettiva, rappresenta il pa- trimonio ereditato dal passato, quel che siamo stati e quel che ci appartiene, interpreta il bisogno umano e antropologico di essere avvicendati e reincarnati da chi ci sopravvive. Nel ripensare a lui ci imbattiamo in verità in un bilancio su noi stessi, sulla nostra vita, sui nostri gesti nei quali spesso ritroviamo i suoi, sui nostri modi irriflessi di incedere e di parlare che erano anche un po’ i suoi, sulle nostre stesse parole in cui a volte riconosciamo il ri- cordo delle sue. In un preciso momento della vita di ciascuno, del padre e del figlio, si sovrappongono non solo la linea del cor- po, i segni dello sguardo, gli accenti della voce, ma anche l’ombra di certi pensieri e di lunghi silenzi, l’eco di segrete spe- ranze e di antiche paure. A un certo punto della parabola esistenziale accade che il fi- glio tenda ad avvicinarsi al padre che, pur fatalmente lontano e irraggiungibile, sembra tuttavia rallentare i suoi passi fino ad an- nullare le distanze del tempo e dello spazio. Ritrovare e riabbrac- ciare il proprio padre perduto è probabilmente l'impossibile e na- scosto desiderio di ognuno di noi. Così è, in fondo, per Giuseppe Inzerillo che ha il privilegio di tornare a guardare al padre Lo- renzo, scomparso nel 1997, e a parlare con lui e di lui attraverso questi scritti che ha raccolto, ordinato e introdotto con un’ampia riflessione sul contesto di quegli anni e sul debito colpevolmente accumulato. Al ritmo serrato di uno stridente cortocircuito di passato e presente il figlio ricorda e recupera quanto ha ricevuto in eredità, riconoscendo nel padre un modello di riferimento non solo affettivo ma anche d’ispirazione etica, civile e culturale. 7 Tornano in mente le parole di Goethe: «Ciò che hai ereditato dai padri, riconquistalo, se vuoi possederlo davvero», e l’insegnamento che Giuseppe Inzerillo ha maturato si gioca sul filo della nostalgia e della disillusione. Ha nostalgia del padre e della città da lui abitata e amata. A differenza di quanto comunemente si creda, la nostalgia non è un sentimento ambiguo ma nobile, muove dal disincanto e dalla consapevolezza della caducità della vita, dell’effimero scorrere del tempo. Chi ha nostalgia non rimpiange il passato ma non vuole dimenticarlo né tanto meno restaurarlo, avendo un affet- tuoso, laico e meditato rapporto con il mondo di uomini e cose che ci ha preceduto e magari ci ha generato. Con questo sguardo Giuseppe Inzerillo rilegge gli scritti del padre, a sua volta co- struiti sul paziente esercizio della memoria, su quella fondamen- tale arte del ricordare che è l’esperienza più intima e distintiva della natura umana, condizione che precede e sostiene ogni atto consapevole e responsabile del presente. Nelle pagine di questo libro si annodano in un inestricabile in- treccio nomi, luoghi e generazioni di un'intera comunità, si di- spiega quella che con qualche approssimazione continuiamo a chiamare identità di una città, un'identità oggettivata nelle forme di un vissuto collettivo entro uno spazio carico di trame simboli- che e di relazioni sociali. Il lettore mazarese vi ritroverà il senso di parole e storie familiari dimenticate, scoprirà le origini di certi riferimenti territoriali e genealogici, rinnoverà le ragioni dell’abitare e del condividere una città. Chiunque scorra queste pagine capirà che nell'orizzonte della vita comunitaria, in fondo, noi siamo davvero qualcuno perché somigliamo a qualcuno altro, e siamo riconosciuti e chiamati per nome perché figlio di persona già nota, di un padre che ci ha introdotto e tenuto per mano per le strade del centro e ci ha dato quel nome o perfino quel sopran- nome che tutti conoscono. 8 I ritratti, le storie, le minute descrizioni di luoghi e personag- gi, i piccoli aneddoti e le bizzarre curiosità che Lorenzo Inzerillo ci propone, nel mettere insieme le voci di una sorta di spoon ri- ver della Mazara del Novecento unitamente ai frammenti di un discorso civile e di un tenace rapporto amoroso con la città, rie- vocano le emozioni di un antico lessico familiare, le suggestioni di credenze e costumi riconducibili ad una cultura orale e popola- re largamente diffusa fino a qualche anno fa. Per quel che mi ri- guarda gli sono grato per avermi fatto scoprire, tra le tante cose, le origini e le ragioni dell’espressione che ripeteva spesso mio padre: «A la via, ci dissi Peppe Baddra». Ricordare oggi Inzerillo con la ristampa di questi scritti, pub- blicati per la prima volta su un periodico locale nel corso del 1991, ci offre l’occasione per richiamare alla memoria anche un caro amico e coraggioso giornalista prematuramente scomparso, Giuseppe Pirrello che quel giornale diresse e fu promotore di quella pubblicazione, intuendone con lungimiranza l’originale valore documentario. A guardar bene, questo libro scioglie il de- bito nei confronti di Lorenzo Inzerillo non soltanto del figlio Giuseppe ma anche, in verità, di tutta la città. Così che, alla fine, nell’orizzonte laico della memoria, possiamo forse ancora dire che «il padre non è morto». 9 Nota introduttiva di Giuseppe Inzerillo Lorenzo Inzerillo, esploratore curioso e testimone appassionato di cronache del Novecento mazarese Nel mese di maggio del 1991, esattamente il giorno 11, il setti- manale mazarese di informazioni “International DOC 7” inizia a pubblicare a puntate, in bella evidenza tipografica, “un poderoso dattiloscritto”, suscitando tra i lettori viva curiosità. Era un libro ancora inedito, una crisalide di carta pronta per la sua naturale metamorfosi tipografica e che tuttavia – suggerisce la redazione del periodico – avrebbe acquistato valore nel tempo conservando e riunendo ogni settimana i fascicoli in edicola. Quella vasta miniera di informazioni (proverbi, modi di dire, ricorrenze laiche o religiose, antichi mestieri cancellati dall’umanesimo della tecnica e dalle convenienze economiche, obsolete denominazioni topografiche, ngiurie, cose e casi di Ma- zara all’alba del XX secolo) era stata pazientemente ed amore- volmente collazionata nel corso degli anni da “un anziano e di- stinto signore”, Lorenzo Inzerillo, che ora, senza alcuna presun- zione storica o letteraria, metteva a disposizione di una platea non esigua di lettori, magari con la speranza di suscitare qualche spunto di riflessione. Perché quelle duecento pagine, in definiti- va, proiettavano ancora gli odori e le immagini di una città in procinto però di sottoporsi ad una radicale operazione di chirur- gia estetica dagli esiti purtroppo preoccupanti sul piano antropo- logico. Tutto sarebbe inevitabilmente cambiato e già si avverti- vano i segni premonitori del repentino abbandono di antichi co- stumi e della scelta disinvolta ed impudica di condotte pubbliche e private prima inimmaginabili. Anche per questa oggettiva di- 10 stinzione tra passato e presente il patrimonio culturale scoperto ed elaborato da Lorenzo Inzerillo, in tempi aridi ed avidi – sotto- lineava nella presentazione ai lettori un intelligente e colto redat- tore, Giuseppe Pirrello – forse meritava attenzione e molta fortu- na.