Università Degli Studi Di Padova

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Università Degli Studi Di Padova UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI STORIA SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE STORICHE INDIRIZZO IN STORIA CICLO XXIII L’ESPANSIONE PATRIMONIALE DI ENTI RELIGIOSI E MONASTICI VENEZIANI NEL TERRITORIO PADOVANO (SEC. X IN.-XIV EX.): DINAMICHE SOCIOECONOMICHE E RIFLESSI POLITICI Direttore della Scuola: Ch.ma Prof.ssa Maria Cristina La Rocca Coordinatore d’indirizzo: Ch.mo Prof. Silvio Lanaro Supervisori: Ch.mo Prof. Sante Bortolami (†) Ch.mo Prof. Antonio Rigon Dottorando: Marco Bolzonella « Il maestro è nell‟anima e nell‟anima per sempre resterà » A Sante Bortolami. In memoriam. Ai miei genitori, Elvio e Francesca. 1 2 « Si temporum preteritorum recordor, ivi per Lonbardiam, scrutatus sum Francorum terras in magna parte, temptavi Apuliam, Alemaniam circuivi, transivi per Romaniam, perveni usque ad introitum barbarorum, et in veritate protestor quod nulle terre vel civitates reperiuntur citra mare vel ultra, que adequari possint Marchie Tarvisine » (stralcio del discorso tenuto dall‟ambasciatore veneziano Matteo Bon nel 1228 per riportare la pace fra Padova e i da Romano) Rolandino, Chronica in factis et circa facta Marchie Trivixane 3 4 Abbreviazioni più comunemente usate ACDP = Appendice al Codice Diplomatico Padovano dell‟abate Giovanni Brunacci. Documenti dall‟anno 1157 all‟anno 1431 ACVP = Archivio della Curia Vescovile di Padova ACP = Archivio Capitolare nella Curia Vescovile di Padova ASP = Archivio di Stato di Padova ASV = Archivio di Stato di Venezia AV = Archivio Segreto Vaticano BCP = Biblioteca Civica di Padova c. = cartella CDP I = GLORIA 1877 CDP II = GLORIA 1879-1881 CDV = LANFRANCHI, Codice Diplomatico Veneziano (secoli XI – XII) CDVR = LANFRANCHI, Codice Diplomatico Veneziano. Regesti secolo XIII DBI = Dizionario biografico degli italiani doc. = documento/i f. = foglio fasc. = fascicolo MUP = GLORIA 1884 perg. = pergamena/e proc. = processo q. = quaderno s. = sacchetto v. = volume 5 Unità di misura 1 moggio = 12 staia = l. 347,8016 1 staio = l. 28,9834 1 sacco = 4 staia = l. 115, 933867 1 mastello = l. 71,27755 1 campo padovano = m² 3862,57 1 pertica = m. 2,144365 1 lira = 20 soldi 1 soldo = 12 denari 6 Introduzione La proprietà fondiaria veneziana in Terraferma nel medioevo: un tema fra storia e storiografia « Considerans proprium Venetiarum esse mare colere, terramque postergare; hinc enim divitijs et honoribus abundat, inde saepe sibi proveniunt scandala et errores »1. L‟espressione del cronista trecentesco, diventata classica per indicare un orientamento fondamentale della storia di Venezia fin dalle sue origini, al punto da essere adottata da tanta parte della storiografia veneziana come criterio decisivo di lettura della sua plurisecolare vicenda. Essa si ritiene ancor più valida per l‟età medioevale, nella fase che precede la serie di conquiste che portarono alla creazione di un vasto stato di terraferma esteso dalle lagune all‟Adda2. Il paradigma forte di Venezia „regina dei mari‟ e grande emporio internazionale vocato fin dai suoi primordi ad una eccezionale avventura mercantile tutta volta verso Oriente, sembra essersi imposto al punto da oscurare ogni possibile chiave di lettura alternativa o difforme3. Se è incontestabile che i più massicci investimenti fondiari nella terraferma del patriziato veneziano si verificarono solo a partire dal primo Quattrocento ed in particolare dopo la pace di 1 DE CARESINIS 1943, p. 58. 2 Sugli eventi politici e militari che portarono, fra Quattro e primo Cinquecento, alla formazione dello stato da Terra veneziano, rimando almeno a CRACCO, KNAPTON 1984; COZZI 1986; MALLET 1996; VARANINI 1997; KNAPTON 2004, p. 129-142. 3 Vedi, tra i tanti possibili in merito, BORSARI 1988; JACOBY 1995; RAVEGNANI 1997; HOCQUET 1997; COSTANTINI 2006 e gli ormai classici THIRIET 1959; LANE 1978 e LUZZATTO 1954. 7 Bagnolo4, è poi vero, e fino a che punto, che Venezia sino a quel momento trascurò la terra e gli investimenti in essa? Non c‟è il rischio che una interpretazione generale indubbiamente fondata sia stata radicalizzata oltre il dovuto? I. Lo status questionis: osservazioni di merito e nuovi spunti di ricerca In realtà, il tema della penetrazione fondiaria veneziana nella terraferma è da molto tempo al centro dell‟attenzione degli storici. Il progressivo e capillare acquisto di terreni e diritti entrati in mano veneziana, nel medioevo, lungo l‟intera falcatura adriatica (compresa all‟incirca tra le Marche e la Dalmazia) può infatti contare su un discreto numero di saggi dedicati a suoi precisi momenti ed aspetti. Basti ricordare che il Trevigiano5, il Veronese6, il Polesine e il Ferrarese7, il Ravennate8, il Friuli9 e l‟Istria10, ossia i teatri principali della frenetica attività di compere sostenuta, già a partire dall‟XI secolo, sia da enti religiosi sia da laici veneti, sono stati oggetto, in tempi più o meno recenti, di esplorazioni specifiche e contributi significativi. Per quanto riguarda invece il caso padovano, assimilabile unicamente al Trevigiano per rilevanza quantitativa delle dotazioni patrimoniali accumulate nel 4 Sulla politica e sulle direttrici che animarono le acquisizioni fondiarie del ceto dirigente veneziano in Terraferma fra XV e XVI secolo, rimando almeno a GULLINO 1994 e VARANINI 1996b. 5 KNAPTON 1980; POZZA 1991; POZZA 2000. 6 HAGEMANN 1949-1950. 7 LAZZARINI 1960, p. 31-48. Cenni alle proprietà fondiarie venete nell‟area ferrarese anche in DEAN 1986, p. 54-56 e 60-62. 8 VASINA 1986. 9 HÄRTEL 1995-1996, p. 590-607. 10 CANZIAN 2008. 8 tempo, le pionieristiche ma ancora preziose indagini di Giuseppe Marzemin11, di Melchiorre Roberti12, di Vittorio Lazzarini13 e di Roberto Cessi14, risalenti alla prima metà del Novecento, hanno saputo far emergere come la città lagunare, durante il medioevo, creò, mantenne e irrobustì consistenti „fuochi‟ di presenza fondiaria all‟interno del distretto padovano. La sola riflessione organica dedicata esclusivamente all‟evoluzione amministrativa, nel lungo periodo (X-XIV secolo), delle possessiones padovane di un cenobio veneto, resta ancora oggi, purtroppo, un lavoro esemplare datato 1962- 1964. In quegli anni Karol Modzelewski pubblicò infatti uno studio che ha analizzato con precisione e nel dettaglio la struttura delle patrimonialità dislocate nell‟area di Monselice appartenenti alle monache di San Zaccaria15. Spunti utili per inquadrare il problema sono stati offerti poi, tra la fine degli anni Quaranta e degli anni Ottanta del XX secolo, dalle varie introduzioni alle edizioni di fonti riguardanti svariati enti ecclesiastici veneti, quali San Lorenzo di Venezia16; San Giovanni Evangelista di Torcello17; San Lorenzo di Ammiana18; 11 MARZEMIN 1912. 12 ROBERTI 1908. 13 LAZZARINI 1960, p. 9-17; 21-28 (lo studio in questione risale però al 1920). LAZZARINI 1949 è un lavoro sempre dedicato dall‟autore alla proprietà veneta nell‟entroterra padovano ma prende come punto di partenza la liquidazione dei beni carraresi dopo la conquista di Padova nel 1405. 14 CESSI 1985, p. 55-92. Le ricerche raccolte in questo volume (La diversione del Brenta e il delta ilariano nel sec. XII; Iacopo da Sant‟Andrea; Un patto fra Venezia e Padova e la « curia forinsecorum » al principio del sec. XIII) sono rispettivamente datate 1921, 1908 e 1914 e ci lasciano intravedere come fra XII e XIII secolo diversi proprietari lagunari (su tutti, ad esempio, il monastero di Sant‟Ilario e il grosso mercante-capitalista Profeta da Molin) fossero entrati in possesso di importanti dotazioni fondiarie nel Padovano. 15 MODZELEWSKI 1962; 1963-1964. 16 GAETA 1959. 17 LANFRANCHI 1948. 18 LANFRANCHI 1969. 9 San Giorgio di Fossone19; i Ss. Ilario, Benedetto e Gregorio20; i Ss. Secondo ed Erasmo21; San Daniele di Venezia22. Negli ultimi trent‟anni infine si è sviluppato un ampio dibattito sul tema grazie alle riflessioni compiute da Marco Pozza23, da Lesley Ling24, da Gérard Rippe25, da Sante Bortolami26, da Irmgard Fees27, da Daniela Rando28 e da Elisabeth Crouzet-Pavan29. Tutti questi lavori hanno avuto il merito di rilanciare e approfondire il quadro generale delle conoscenze inerenti il fenomeno delle acquisizioni monastiche e laiche nell‟entroterra padovano prima della conquista della Terraferma da parte della città di San Marco. Una ricca e significativa, ma frammentaria, tradizione di studi, che tuttavia non ha mai affrontato con l‟ampiezza necessaria il problema, fornendo sì preziosi apprezzamenti di massima ma mai valutazioni complessive né un discorso organico in materia. Nelle sue linee generali, questa storiografia sembrerebbe aver anzi „sposato‟ una prospettiva comune (soprattutto economica e in qualche misura socio-territoriale) legata alla precisazione di chi, dove e quanto investì nell‟acquisto di terreni fuori del dogado vista la pressante necessità dei religiosi della laguna di garantirsi ampie scorte di 19 LANFRANCHI STRINA 1957. 20 LANFRANCHI, STRINA 1965. 21 MALIPIERO UCROPINA 1958. 22 SANTSCHI 1989. 23 POZZA 1983; POZZA 1988; POZZA 1995. 24 LING 1988. 25 RIPPE 2003, p. 407-503 e p. 543-582. 26 BORTOLAMI 1992, p. 470-471 e p. 478-483; BORTOLAMI 2003b, p. 61-66. 27 FEES 2005, p. 299-303; 320-324. 28 RANDO 1994, p. 98-111; 202-205; 232-235. 29 CROUZET-PAVAN 2000, p. 270-273; CROUZET-PAVAN 1999, p. 139-180 (le considerazioni esposte in questa sede, sono state dall‟autrice riprese in CROUZET-PAVAN 2007a). Bisogna però riconoscere che questi interessanti lavori oltre a inquadrare bene il fenomeno della penetrazione fondiaria sia degli enti monastici sia dei proprietari laici veneti nell‟entroterra durante i secoli medioevali, rivisitano, per quanto riguarda il caso padovano, le originali considerazioni espresse in merito soprattutto da Sante Bortolami, da Marco Pozza e da Gérard Rippe. 10 prodotti agricoli e dell‟allevamento per un mondo che ne era costituzionalmente privo, come quello veneziano. Tematiche di essenziale rilievo non sono state così adeguatamente approfondite ma sono rimaste ai margini degli interessi degli studiosi sin qui citati. Mi riferisco, ad esempio, all‟abilità con cui la componente monastica lagunare seppe creare nel tempo una molteplicità di punti di riferimento e di appoggio non solo in seno alla società comunale padovana ma anche all‟interno delle comunità rurali dove cospicue erano le rispettive possessioni.
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