Colpisce Poi La Versatilità Incredibile Di Molti Romanisti, Specialmente Dei

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Colpisce Poi La Versatilità Incredibile Di Molti Romanisti, Specialmente Dei ROMANISTI DI IERI Sommario di notizie bibliografiche dei Soci scomparsi fino al 2002 redatto a cura di Manlio Barberito, Umberto Mariotti Bianchi, Antonio Martini ed Armando Ravaglioli nell’ottobre 2002 rivisto da Tommaso di Carpegna Falconieri, Marco Ravaglioli e Claudio Ceresa nel febbraio-marzo 2015 1 La quasi totalità delle schede è stata redatta da Armando Ravaglioli. Per la ricerca e la raccolta delle notizie, un grazie innanzitutto a Manlio Barberito e Antonio Martini; ma anche a Laura Biancini, Luigi Ceccarelli, Claudio Ceresa, Antonio D’Ambrosio, Filippo Delpino, Francesca Di Castro, Laura Gigli, Giovanni Guidi, Giuliano Malizia, Franco Onorati, Ugo Onorati, Letizia Pani Ermini, Paola Pavan, Francesco Piccolo, Willi Pocino, M. Teresa Russo Bonadonna, Rinaldo Santini, Donato Tamblè, Marcello Teodonio, Paolo Tournon, Paolo Emilio Trastulli e Paolo Vian. Un grazie anche a Vincenzo Morelli, prezioso coordinatore delle moltissime schede. Dei difetti (ce ne sono certamente) risponde il Presidente in carica, il quale è convinto che il meglio è nemico del bene e che, visto che non si finisce mai di perfezionare, si rischiava di rinviare l’uscita alle calende greche, anche per la constatata irreperibilità di alcuni dati che si evince del resto dal testo: in un caso non siamo riusciti a sapere nulla, oltre il nome e l’indirizzo (di tanti anni fa). Qualcuno potrà sottolineare lo squilibrio fra le schede, per cui a volte la loro lunghezza non corrisponde alla statura del personaggio. Di questo fatto le cause sono molte, non ultima l’incredibile già ricordata difficoltà di reperire notizie, mentre per alcuni nomi famosi è parso superfluo dilungarsi. Ci auguriamo di poter colmare le lacune e correggere eventuali sviste in occasione di un’auspicata nuova edizione, magari con il cortese aiuto di qualche lettore più informato. 2 PREFAZIONE Da alcuni anni nelle riunioni mensili al Caffè Greco, alcuni Romanisti, più di tutti Armando Rava- glioli e Rinaldo Santini, insistevano perché, a tanta distanza di tempo dalla nascita del Gruppo, si raccogliessero notizie su coloro che ne avevano fatto parte via via durante lunghi decenni e se ne redigesse una sorta di schedario, prima che la nebbia del tempo finisse di avvolgere persone e fatti. Un problema, questo, vecchio come il mondo e comune a molte istituzioni: e basti pensare che se ne dolse nel 1885 all’Accademia di San Luca l’oratore che commemorava il testé scomparso pre- sidente Salvatore Bianchi, del quale erano ben scarse le notizie biografiche, specie d’età giovanile. Finalmente ci siamo dunque decisi. Giunta quasi al termine la complessa redazione, quando si trattava soltanto di recuperare alcune date e rimpolpare qualche scheda un po’ magra con notizie faticosamente o casualmente rintracciate, la lettura dell’insieme ha convinto noi redattori che, pur con tutti i dubbi del caso, era opportuno e forse doveroso procedere anche alla pubblicazione. Perché, pur nella stringatezza delle schede e nell’incertezza diacronica provocata dall’inevitabile ordine alfabetico, emerge dall’insieme un panorama estremamente significativo di settanta e più anni di cultura romana, dei suoi interessi, l’evoluzione di questi e della composizione sociale e professionale dei gruppi che ne erano rappresentativi. Un caleidoscopio che, osiamo ritenere, sarà indispensabile di qui in avanti per chi vorrà fare la storia totale della Roma del Ventesimo Secolo e non fermarsi alle grandi figure, cosa ancor più necessaria se si pon mente a quel che conta il tessu- to connettivo che è sotteso a queste. Come è stato più volte riferito e come molti sanno, il Gruppo dei Romanisti nacque intorno al 1929, quando alcuni amici presero l’abitudine di ritrovarsi a tavola (e questo, diamine, è molto romano!) al ristorante trasteverino La Cisterna. Erano scrittori, poeti, attori, artisti, giornalisti e, tra una coda alla vaccinara e un piatto di gnocchi, discutevano di arte e di cultura romane e internazio- nali più e meglio di quanto si facesse in molti salotti alla moda. E si auto nominarono “Romani della Cisterna”. Dopo qualche anno (si era nell’inverno 1932/33 e dunque giusto settant’anni fa) avendo presa anche l’abitudine d’incontrarsi di pomeriggio nello studio di antiquario di Augusto Jandolo, in via Margutta 49, dove ora c’è una lapide commemorativa, i Padri Fondatori decisero di 3 darsi un embrione d’organizzazione e per prima cosa di assumere un nome ufficiale. Dopo anima- te discussioni prevalse la tesi di battezzare l’associazione Gruppo dei Romanisti, allargando all’intero studio delle mille facce di Roma un’espressione nata nell’Ottocento per designare gli studiosi di storia antica e del diritto romano. Il nome non piaceva a Giorgio Pasquali, il quale so- stenne la tesi di Gruppo dei Romanofili: ma, con tutto il rispetto per l’illustre e poliedrico filologo, un tal nome sarebbe stato assai più brutto di quello prescelto, anche se questo ci fa scambiare a volte (e anche da gente colta) con i tifosi giallorossi di Sensi. Eppure la parola Romanisti nel senso nostro ha trovato accoglienza nel Dizionario Enciclopedico Italiano della Treccani ed è stata con- sacrata nella toponomastica romana dal viale dei Romanisti a Torre Spaccata, cui fanno corona vie intitolate a nostri antichi sodali. Nel 1940 il Gruppo intraprese la pubblicazione annuale della Strenna dei Romanisti che continua ininterrottamente da 63 anni, omaggio a Roma nel suo Dies Natalis, la cui prima copia viene da sempre consegnata in Campidoglio al Primo Cittadino durante le cerimonie del 21 aprile. Le riunioni del Gruppo, dopo la scomparsa di Augusto Jandolo, proseguirono nello studio degli scultori Tadolini al Babuino ed ora, da oltre trent’anni, grazie alla generosità dei successivi pro- prietari, si tengono al Caffè Greco. Circa trentacinque anni fa, seguendo le necessità dei tempi, il Gruppo s’è dato uno statuto formale e strutture codificate, fra cui un presidente, carica rivestita successivamente nel tempo da Salvatore Rebecchini, Andrea Busiri Vici, Ettore Paratore, Cesare D’Onofrio, Manlio Barberito e Luigi Pallottino. Chiusa questa doverosa parentesi, torniamo al nostro “Chi era?”. Come dicevamo, la sua lettura stimola una lunga serie di considerazioni. In primo luogo la grande diversità delle vocazioni di ciascuno dei Romanisti, dai nomi illustri dell’arte, delle lettere, della musica, delle professioni e delle scienze a quelli di semplici appassionati della ricerca e della custodia delle tradizioni romane. Una diversità che corrisponde all’infinita varietà degli aspetti di questa nostra impareggiabile città. E, oltretutto, si disegna qua e là, per molte notizie curiose, un costume, fatto di semplicità e di spontaneità umana, che è – o forse purtroppo era – tipico dell’ambiente culturale romano. 4 Colpisce poi la versatilità incredibile di molti Romanisti, specialmente dei primi tempi, ognuno dei quali coltivava con pari passione e pari successo, sostanza e prestigio, più attività culturali diverse. Il che ci porta a considerare anche i mutamenti avvenuti nel tempo nella composizione del Gruppo, che hanno seguito cambiamenti di costume certo significativi. In ogni caso risulta notevo- lissima la presenza dei Romanisti nelle più diverse istituzioni culturali nazionali e locali. Da notare anche la prevalenza numerica in passato di uomini di penna, poeti e prosatori, il che, oltre alla consuetudine mutata, rende ragione del numero degli elzeviri contenuti nei primi anni della Stren- na, oggi invece ridotto. Da sottolineare la presenza degli stranieri, appassionati di Roma, alcuni dei quali vi hanno messo definitive radici ed altri che se ne sono dovuti allontanare infine hanno rim- pianto i Sette Colli, sentendosi quasi in esilio come Ovidio. Un ultimo fatto che colpisce è la constatazione di quanto le radici del Gruppo affondino nel mitico Ottocento, come si vede ad esempio leggendo che alcuni dei fondatori avevano fatto parte a suo tempo della redazione di Cronache Bizantine. E ci si rende conto d’una ininterrotta evoluzione, con buona pace di chi immagina che l’oggi sia nato sopra una tabula rasa e che la sua diversità non sia soltanto il mutato configurarsi d’una sostanziale unità. Unità che in definitiva è data da Roma e dalla sua trimillenaria vicenda storica. Quella Roma i cui aspetti infiniti i Romanisti coltivano tutti, come si vede dalla Strenna, dove gli articoli sui grandi uomini ed eventi si alternano a quelli sulla vita quotidiana e le ricerche sul lontano passato scavato negli archivi a quelle, spesso di testimonianza vissuta, d’un passato recente condannato altrimenti all’oblio e pure importante perché Roma è fatta dalla somma algebrica delle vicende umane di milioni e milioni di persone, del passato e del presente. E, come volle inciso Fabrizio Apolloni Ghetti in epigrafe al suo Bollettino, il motto dei Romanisti è «Romanus sum: nil romani a me alienum puto». Ecco dunque il “Chi era?” del Gruppo dei Romanisti. Con l’augurio che giovi anch’esso alla mi- glior conoscenza e comprensione d’una Roma che non è fatta solo delle sue cose e dei suoi uomini di punta, ma anche delle tante generazioni di romani. Umberto Mariotti Bianchi ALBERTI Giuseppe (Blera, già Bleda, nella Tuscia 1902 – 1974) Medico, docente di Storia della Medicina, era stato deputato all'Assemblea Costituente per il Parti- to Socialista, senatore nelle prime quattro legislature repubblicane e presidente della Commissione sanitaria del Senato. Per i suoi studi si era trasformato in ricercatore assiduo di vecchie memorie riconducibili alla medicina sia negli anfratti delle chiese romane, sia nei più annosi repertori bi- bliografici (al punto da farlo considerare un amabile competitore dell’accanitissimo ricercatore Gigi Huetter). La sua grande preparazione umanistica gli aveva attribuito una singolare e simpatica connotazione nelle cronache parlamentari e sociali a causa dei motti latini di cui era solito infiorare i suoi interventi alla tribuna, i suoi discorsi politici e tecnici, le sue relazioni ai congressi: senza ostentazione, era per lui il naturale modo di colloquiare nelle due dimensioni della sua cultura: la moderna e la classica! Amante della natia Tuscia, era arrivato per contiguità all’amore di Roma e alla scoperta dei suoi caratteri più riposti.
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