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Tirature ’19 Tuttestorie di donne A CURA DI VITTORIO SPINAZZOLA ilSaggiatore Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori www.fondazionemondadori.it [email protected] www.ilsaggiatore.com In collaborazione con Regione Lombardia Fondazione Cariplo ISBN 978-88-85938-65-6 © Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori / il Saggiatore, Milano 2019 SOMMARIO TUTTESTORIE DI DONNE Storie di donne libere e di donne prigioniere: Janeczek, Postorino, Canepa 9 di Gianni Turchetta Le donne sbiadite delle storie di famiglia 19 di Elisa Gambaro Di mamma ce n’è una sola. Falso! 25 di Giovanna Rosa Fumetto XX 31 di Giuliano Cenati Donne in cerca di guai 39 di Mauro Novelli È un paese per donne. Scrittrici migranti in lingua italiana 43 di Giuseppe Sergio Un fantasy tutto in rosa 53 di Maria Sofia Petruzzi Stratigrafie in versi di vite femminili 59 di Lorenzo Cardilli GLI AUTORI La Marghera senza fabbriche di Targhetta 69 di Paolo Giovannetti Webstar, libroidi e prosimetri. A che genere giochiamo? 75 di Chiara Richelmi Massini liturgico e anedottico 85 di Mario Barenghi Narrazioni apparenti. Le “prose in prosa” di Inglese e Bortolotti 91 di Stefano Ghidinelli I libri dei segretari del Pd 97 di Luca Gallarini Quasi un romanzo 107 di Giacomo Raccis La “trilogia” di Silvia Avallone 113 di Luca Daino Canzonette sotto i ferri 119 di Umberto Fiori Il miracolo di Ammaniti 125 di Tina Porcelli Narrare la disabilità negli anni duemila 131 di Francesca Caputo GLI EDITORI I “diritti delle donne”. La parola alle agenti letterarie 139 di Sara Sullam Il fantasma dentro la macchina. Lo scouting editoriale al tempo di Internet 145 di Giuseppe Strazzeri Da Cairo Publishing a Solferino 153 di Walter Galbiati Audiolibri, che bellezza! 159 di Paola Dubini Gli autori 4.0 e l’insostenibile bisogno di autopromozione sui social network 163 di Valeria Pallotta I LETTORI Libri per far leggere? Vite di lettori, piccole biblioteche, vademecum-manifesto 173 di Bruno Falcetto Notizie dalle blogosfere 181 di Elisa Gambaro Letture per le orecchie 189 di Paolo Costa Vedere i testi, leggere le immagini. Le visualizzazioni per «la Lettura» 197 di Stefano Ghidinelli Vedere i testi, leggere le immagini. Le visualizzazioni per l’Atlante Calvino 203 di Bruno Falcetto MONDO LIBRO 2018 Almanacco delle classifiche 209 di Alessandro Terreni Calendario editoriale 219 di Roberta Cesana Mappe transnazionali 231 di Sara Sullam Taccuino bibliotecario 237 di Stefano Parise TUTTESTORIE DI DONNE Storie di donne libere e di donne prigioniere: Janeczek, Postorino, Canepa di Gianni Turchetta Le donne sbiadite delle storie di famiglia di Elisa Gambaro Di mamma ce n’è una sola. Falso! di Giovanna Rosa Fumetto XX di Giuliano Cenati Donne in cerca di guai di Mauro Novelli È un paese per donne. Scrittrici migranti in lingua italiana di Giuseppe Sergio Un fantasy tutto in rosa di Maria Sofia Petruzzi Stratigrafie in versi di vite femminili di Lorenzo Cardilli Storie di donne libere e di donne prigioniere: Janeczek, Postorino, Canepa di Gianni Turchetta Tra i titoli più significativi della stagione 2017-18 spiccano tre libri di donne che narrano storie di donne: La ragazza con la Leica di Janeczek, Le assaggiatrici di Postorino, L’animale femmina di Canepa. Storie in cui la centralità della figura femminile è contesa fra tensioni opposte e complementari: da un lato c’è la rivendicazione profonda, più o meno esplicita, del diritto a un pieno godimento dell’esistenza; dall’altro questa rivendicazione fa tutt’uno con la messa in scena di condizioni di costrizione. Fra i titoli più significativi della stagione letteraria 2018, non a caso vincitori di alcuni fra i premi maggiori, spiccano tre libri di donne che narrano storie di donne. Al di là di questa banale evidenza, sono storie in cui l’indubbia centralità del- la figura femminile, nel suo protagonismo a prima vista conclama- to, appare contesa fra tensioni opposte e complementari. Da un lato, infatti, la rappresentazione della donna tende a farsi carico di una rivendicazione profonda, più o meno esplicita, del diritto a un pieno godimento dell’esistenza, della spinta a un’affermazione di sé finalmente libera da vincoli psicologici e materiali. Da un altro lato, però, proprio l’evidenza della richiesta di libertà fa tutt’uno con la messa in scena estensiva di condizioni di costrizione, diver- samente declinate ma sempre evidenti, che vanno dalla sudditanza psicologica alla prigionia vera e propria, fino a implicare il rischio quotidiano della vita stessa. En passant, è d’obbligo notare che al- cune fiction televisive recenti di grande successo hanno come tema proprio la rappresentazione sistematica di donne in condizioni di estrema coercizione: penso a Orange is the New Black (Netflix, dal 2013), tratto dalle memorie di Piper Kerman, ambientata in un carcere femminile, e a The Handmaid’s Tale (Hulu, dal 2017), trat- ta dall’omonimo romanzo distopico (1985) di Margaret Atwood, che racconta un futuro ipotetico in cui gli Stati Uniti sono gover- 9 TUTTESTORIE DI DONNE nati da un regime totalitario e teocratico, dove tutte le donne sono schiavizzate e destinate alla riproduzione. Proverò qui a ragionare su tre romanzi pubblicati tra l’ul- timo scorcio del 2017 e il 2018: La ragazza con la Leica di Helena Janeczek (Guanda, 2017, premio Bagutta e premio Strega 2018); Le assaggiatrici di Rosella Postorino (Feltrinelli, 2018, vincitore, con distacco abissale, del premio Campiello 2018); L’animale fem- mina di Emanuela Canepa (Einaudi, 2018, ma pubblicato dopo la vittoria al premio Calvino 2017, conquistato all’unanimità). Accolti da un ampio consenso della critica e, specie nel caso della Posto- rino, anche da un notevolissimo successo di pubblico, questi libri hanno certo avuto un peso fondamentale nel dare sapore e spessore all’ultima stagione letteraria. Al di là delle molte specificità, su cui mi soffermerò fra poco, essi dispiegano non poche corrispondenze incrociate, che credo valga la pena di ricordare, per quanto corsi- vamente. Anzitutto, Le assaggiatrici e L’animale femmina sono due romanzi di fiction, raccontati, in prima approssimazione, da una figura femminile che è narratore interno, protagonista, e che… si chiama Rosa: più precisamente Rosa Sauer, nel primo caso, e Rosita Mulè nel secondo. La corrispondenza dei nomi, benché casuale, o meglio non causale (Jung forse parlerebbe di “sincronicità”…), non è priva di effetti. Infatti, il nome “Rosa” non cessa di evocare qualcosa come la quintessenza della femminilità, quasi impercetti- bile, dissimulata provocazione, ultimo residuo, forse a contropelo, di secoli e secoli di Rose letterarie, volta a volta angelicate o de- monizzate, pure o carnalissime, la cui sessualità viene comunque evocata dal fin troppo archetipico “fiore”: da Ciullo d’Alcamo, a Shakespeare, da Ronsard e Malherbe, ai dannunziani Romanzi del- la rosa, a Gozzano, a Campana e, ça va sans dire, a un oceano di can- zonette. Nel caso della Postorino, che si chiama Rosella, la scelta del nome si screzia pure di suggestioni autobiografiche. Comunque la si voglia considerare, la scelta del nome chiama in causa qualche non innocente granello di significato: il titolo della Canepa, del re- sto, non lascia in questo senso dubbi. Ancora, Le assaggiatrici fa perno su una condizione di costrizione assoluta, che si confronta costantemente con la vita e con la morte: Rosa ha fame a causa della guerra, e facendo l’assag- 10 Storie di donne libere e di donne prigioniere giatrice del Führer può sfamarsi con abbondanza; ma correndo un rischio enorme, perché ogni pasto potrebbe essere l’ultimo. Tornerò più avanti sul nesso vita-morte, che si fa vero e proprio cortocircuito, dove l’autrice mostra supremo sprezzo del pericolo, perché davvero la materia corre sul filo di rasoio del patetismo orrorifico. Anche L’animale femmina ci parla continuamente di una condizione di costrizione, assai più soft, ma non meramente psicologica: perché Rosita ha materialmente bisogno del suo dato- re di lavoro, l’avvocato Ludovico Lepore, scapolo settantaseienne, che lo sa e ne approfitta, tormentandola sottilmente e stabilendo un rapporto di dipendenza in cui, con spietata sobrietà, Canepa mette in gioco una dinamica aguzzino-vittima, incruenta ma fla- grante, sottilmente crudele. Anche la Postorino mette in gioco un aguzzino, che in questo caso è un aguzzino vero, il tenente Ziegler: che prima rende più aspra, poi colora di tormentosa felicità possi- bile la vita di Rosa, segregata a Gross-Partsch, nella Wolfsschanze, la Tana del Lupo del Führer. È d’obbligo notare, oltre alle evidenti differenze di tema e di tono, anche una decisiva differenza struttu- rale fra i romanzi di Postorino e di Canepa: se infatti Le assaggiatri- ci, coraggiosamente, sfida gli estremi dall’inizio alla fine, lasciando Rosa sempre al centro della narrazione, L’animale femmina inve- ce, dopo poco meno di cinquanta pagine, apre una seconda linea narrativa, che si svolge circa sessant’anni prima della storia princi- pale, tra il 1958 e il 1960: riguarda, stavolta, la giovinezza dell’av- vocato Lepore, e viene narrata da un narratore esterno, che a tratti assume la prospettiva del personaggio. Vedremo meglio più oltre alcuni effetti di questa costruzione. Le storie narrate da Janeczek e Postorino sono poi entram- be ambientate al tempo del nazismo, e in costante relazione con vicende di guerra: rispettivamente la guerra di Spagna e la Secon- da guerra mondiale. E se il libro di Janeczek, almeno in prima ap- prossimazione, è una biografia, cioè una ricostruzione storica (ve- dremo quanto e in che senso romanzata), Le assaggiatrici muove dalla scoperta inquietante di una vicenda reale, quella di Margot Wölk, che fu davvero una delle assaggiatrici dei cibi di Hitler: a lei l’autrice fa esplicito riferimento, esprimendo il rammarico di non aver potuto conoscerla direttamente. Forse il libro non sarebbe 11 TUTTESTORIE DI DONNE cambiato, ma l’intenzione di restare ancorati alla Storia reale non è certo dettaglio da poco.