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GIUSEPPE MARIA LOTANO

PRÈET Castelgrande, linguaggio e territorio Tutti i diritti sono riservati. È vietata qualunque forma di riproduzione, anche parziale, senza l’autorizzazione scritta dell’autore, fatta eccezione per le semplici citazioni dall’Opera che dovranno riportare, in aggiunta al titolo, il nome dell’Autore, dell’Editore e l’anno di edizione.

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85050 Villa D’Agri (Pz) Via P. F. Campanile, 67 Tel. 0975.354066 e-mail: [email protected] www.grafichedibuono.it

ISBN: 978 - 88 - 99590 - 37 - 6

Elaborazione grafica a cura di: Azienda Poligrafica TecnoStampa (Gruppo Grafiche Dibuono) Via P. F. Campanile Villa d’Agri (Potenza) Tel. 0975.354066 E-mail: [email protected]

Foto di Giuseppe Maria Lotano Ai miei figli e nipoti l’inno di amore in lingua natìa e a mia madre prima voce al mio dire.

INDICE

14 VOGLJ SAPÈ 15 LA PIEDRA

17 RINGRAZIAMENTI

19 PREFAZIONI

19 PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio di Maria Rizzi 22 L’eredità culturale e la lingua nativa: patrimonio dell’umanità di Silvana Arbia 24 La lingua poesia di ogni terra di Angelo Boscarino 26 Tondo di immagine di Pasquale Aiello 28 L’unicità di un dialetto e la continuità culturale di Angela Dibuono

31 INTRODUZIONE di Giuseppe Maria Lotano

37 FONTI DELLA LINGUA 37 Lingua locale 38 Lingua dell’altro 40 Unicità della diversità di razza 43 Minoranze linguistiche storiche 45 Lingua dei diritti fondamentali Dai continenti Dallo sport Da immagini fotogra che Dalla violenza sulle donne Da scontri razziali Da testi canori Da testi poetici Dalla speranza 8 Giuseppe Maria Lotano

55 100 POESIE IN CASTELGRANDESE

107 IL DETTO

109 1.000 DETTI IN CASTELGRANDESE 110 Auspici 112 Avvertenze 117 Constatazioni 126 Fauna 133 Gastronomia 138 Generalità 142 Mestieri e Attività 145 Meteorologia 148 Risorse

157 IL SOPRANOME 157 Memoria e origine

161 SOPRANOME DI CONCITTADINI 161 Sopranomi di 274 concittadini e rione di re- sidenza Elenco di 11 capostipiti immigrati per paese di origine e rione di residenza Elenco di 263 capostipiti nativi e rione di resi- denza

171 COMUNITÀ LIMITROFE SULLA VIA APPIA SS 7 172 Pescopagano, Castelgrande, Muro Lucano Sopranomi abitanti di: Pescopagano, Castelgrande, Muro Lucano Pescopagano: Denominazione abitanti, origine, personalità e attività Castelgrande: Denominazione abitanti, origine, personalità e attività Muro Lucano: Denominazione abitanti, origine, personalità e attività PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 9

189 CONCITTADINI E LORO NOTORIETÀ 189 Tavola sinottica 194 Biografie, note, testimonianze Guglielmo Gasparini Nicola Domenico Potito de Sanctis Nicola Cianci di Leo Sanseverino Aniello de Sanctis Alfonso de Sanctis Francesco Masi 209 Concittadini e ruoli di prestigio In ambito medico In ambito medico e universitario In altri ambiti 210 CONCITTADINI E IDEALI 210 Rivoluzionari e patrioti Matteo Cristiano Guglielmo Gasparrini 215 In lotta per i fatti del 1799 220 Decorati al Valore Militare Cesare Cianci Annibale Cianci Vito Federici Donato Cristiano Pio Belmonte 229 I ragazzi del 1899 229 Le mamme e la Grande Guerra 230 Premiati al lavoro Domenico Masi Antonio Racaniello Suor Celestina Muro

242 TOPONOMASTICA, LAPIDI, EPIGRAFI (AL 2018) 242 Toponomastica realizzata 242 Toponomastica da perfezionare 243 Lapidi, epigrafi da ripristinare 245 Toponomastica da considerare

246 CONCITTADINI E BENI COMUNALI 10 Giuseppe Maria Lotano

247 CONCITTADINI VERSATILI 247 Nell’arte Aniello Bologna Domenico Masi Gaetano Federici Donato Antonio Lamorte Pio Belmonte Vincenzo Loglisci Daniela Pilotto Gerardo Di Muro Vincenza Cristiano Giuseppina Frassino 261 Nel ciclismo Giuseppe Colangelo Nicolino Della Piazza Donato Masi Francesco Masi 268 Nella dedizione Suor Angelina

269 CONCITTADINI CENTENARI 270 Nonnino e nonnina di Castelgrande 273 Nonnini e nonnine in Italia e nel mondo

275 EVENTI NEGATIVI A CASTELGRANDE DAL 1591 AL 1980 275 Elenco eventi negativi 275 Terremoto del 23 Novembre 1980

278 CONCITTADINI E MIGRAZIONE 278 Migrazione di singoli e nuclei familiari 281 Flussi migratori e tasso di natalità 284 Patrimonio umano e territorio 286 Migrazioni e naufragi 288 Espatrio e rilevazione dati presso Anagrafe comunale e A.I.R.E. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 11

293 BASILICATA TERRITORIO DI RISORSE 293 Risorse e popolazione 296 Matera capitale della Cultura Europea 2019

299 CASTELGRANDE E I GIOVANI

301 ASSOCIAZIONI E CIRCOLI DEI LUCANI EMIGRATI E ONORIFICENZA DI “LUCANO INSIGNE” 301 Associazioni e Circoli dei Lucani nel Mondo e in Italia 302 Onorificenza di “Lucano Insigne”

303 CASTELGRANDE E CENNI TERRITORIALI

331 INFRASTRUTTURE 331 Infrastrutture stradali SS Appia Nuova n. 7 Via del Grano - SP ex SS 381 Baragiano / Muro Lucano / Nerico

336 Infrastruttura ferroviaria Scalo di Bella-Muro / tratta: Napoli - Taranto Scalo Balvano e la Galleria delle Armi

340 SERVIZI DI FORNITURA: IDRICA, TELEGRAFO, ELETTRICA,TELEFONIA

343 CASTELGRANDE E RISORSE DEL TERRITORIO

384 ASSOCIAZIONI CULTURALI

386 PRO LOCO E STRUTTURE SPORTIVE

387 STRUTTURE RICETTIVE

389 ALCUNE TRADIZIONI E RITI 12 Giuseppe Maria Lotano

408 TESTIMONIANZE E CONFRONTI

409 CONSULTAZIONI

409 ACQUISIZIONE DETTI E INFORMATIVA

411 APPENDICE

412 BASILICATA E SUOI ABITANTI 412 Basilicata e Lucania 413 L'etnìa dei Lucani 415 Basilicatesi o Basilischi 416 La Grande Lucania

418 LE OLIMPIADI 418 Origine delle Olimpiadi 418 L’Olimpiade del 1960 e la Fiaccola Olimpica 421 Castelgrande e passaggio della Fiaccola Olim- pica del 1960 421 Avigliano ospita il CONI per la premiazione dei tedofori lucani del 1960

422 100 GIRI D’ITALIA 422 Cenni storici dal 1909 al 2017 424 Castelgrande e passaggio del Giro d’Italia 425 Sopranomi di alcuni leggendari ciclisti

436 28 GIRI D’ITALIA DONNE 436 Cenni storici dal 1988 al 2017 437 Sopranomi di alcune leggendarie cicliste italiane

441 BIBLIOGRAFIA

445 ARTICOLI DI STAMPA

447 INDICE DEI NOMI

14 Giuseppe Maria Lotano

VOGLJ SAPÉ1 Voglj sapé re gente, terre e case ndo’ ji’ so’ nate e ndo’ ji’ so’ cresciute e ca pe’ forze ji’ aggj lassate. Voglj sapé re gente, terre e case ndo’ ‘n brazze a mamma ji’ stie’ ra criature civate sule ra l’amore luere. Voglj sapé re gente, terre e case che’ cri’ sapuri e prezziusi addure come tu raie vasi appassienuate. Voglj sapé re gente, terre e case ndo’ me seglié re stelle cchiù leciuente pe’ appiccia’ la notte co’ l’amore.

VOGLIO SAPERE Voglio sapere di genti, terre e case dove io sono nato e dove io sono cresciuto e che per forza io ho lasciato Voglio sapere di genti, terre e case dove in braccio a mamma io stavo da bambino imbeccato solo dall’amore vero. Voglio sapere di genti, terre e case con quei sapori e preziosi odori come tu dai baci appassionati. Voglio sapere di genti, terre e case dove mi sceglievo le stelle più lucenti per accendere la notte con l’amore.

1 Canto lucano . Versi di: Giuseppe Maria LOTANO Musica di: Camillo BERARDI N.B. La vocale “e” a fine sillaba è quasi muta PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 15

LA PIEDRA

El distraido tropezó con ella. El violento la utilizó como proyectil. El emprendedor construyó con ella. El campesino cansado la usó como asiento. Para los niños fue un juguete. David mató a Goliat, y Miguel Àngel le sacó la más bella escultura. En todos los casos, la diferencia no estuvo en la piedra, sino en la persona. No existe piedra en el camino que no puedas aprovechar para tu proprio crecimiento.

- Antonio Pereira Apon (Aponarte) -

LA PIETRA

Il distratto inciampò con essa Il violento la utilizzò come proiettile L’imprenditore edificò con essa Il campagnolo stanco la usò come sedile Per i ragazzini fu un giocattolo Davide uccise Golia, e Michelangelo ne trasse la più bella scultura In tutti i casi, la differenza non è stata la pietra, bensì la persona Non esiste pietra nel cammino che tu non possa utilizzare per la tua stessa crescita.

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RINGRAZIAMENTI Di quanta condivisione e gratuità

Voi numerosi e cortesi amici, che con diversi contributi avete Aassicurato supporto al mio lavoro, devo un particolare pensiero e ringraziamento per avermi consentito un più ampio affaccio sul territorio tra percorsi di azioni e pensieri delle generazioni che ci hanno preceduto e su quant’altro di odierna realtà. In questo lavoro propongo, in castelgrandese, cento mie poesie, mille detti, duecento settantaquattro sopranomi, biografie di recenti illustri concittadini, notizie di attenzione verso il territorio locale e regionale, accenni su eventi sportivi e sulle origini dell’etnia lucana. La selezione dei detti è anche un concreto riguardo verso ignoti e antichi concittadini protagonisti di una catena umana tutrice di mes- saggi orali, dei quali deliziarci. Magnificare la memoria degli antenati comporta la necessità di tesorizzarla e consegnarla alle prossime generazioni per continuità di storia, di appartenenza, per non dimenticare. Con più intensità ho potuto interpellare le mie sorelle, Angela, Iolanda, Lidia, la cui pazienza ha garantito puntiglioso affinamento informativo. Illimitata è stata durante le interviste la disponibilità concessami, da amici e Istituti visitati, per nuove biografie. Sul territorio attenta collaborazione ho ricevuto dai coniugi Nicola Pennimpede e Filomena Cianci, così pure, nei rispettivi Uffici del Comune, da Domenico Muro, Vita Maria Bologna, Anna Loi. Specificità preziosa il sostegno ricevuto da Voi amici autori delle prefazioni, ciò mi ha fortificato nel saperVi custodi e autorevoli so- stenitori del mio messaggio. A tutti confermo stima, simpatia, affetto e dico che è stato bello sentirVi protagonisti, pagina dopo pagina, accanto a me con magni- ficenza e trasparenza di amicizia. SacramentandoVi “compagni di viaggio” a gran voce e con la for- za di un sorriso di gioia, di cuore e nella mia/nostra lingua madre, anche a nome dei lettori, esprimo il mio profondo “Grazzij r tutt!! E V’abbrazz fort fort” – “Grazie di tutto!! E Vi abbraccio forte forte”.

PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 19

PREFAZIONI Per dirti

PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio di Maria Rizzi 1

ella sua Opera il caro Giuseppe Maria Lotano ci spinge a posare Nle valigie sulla sponda del fiume e ad ascoltare la musica delle note che lo attraversano e che, unite, danno vita a un linguaggio de- finito nel corso dei secoli, semplicemente italico, mentre è composto di seimila lingue conosciute, tendenti a estinguersi. Il fiume senza i suoi affluenti rischia di prosciugarsi, di interrom- pere il meraviglioso percorso che lo porta, da sempre, a congiunger- si con il mare. Ed è sugli affluenti, ovvero sui dialetti che il nostro Autore ci indu- ce a riflettere in questo volume poetico sin dall’introduzione, ispirata come musica, di purezza incandescente. Le parole sono definite préet, “pietre”, in altre parole, per dirla con Giuseppe Maria Lotano, “primarie risorse per assicurare un tetto all’uomo e ai suoi sogni”. Pietre che segnano i confini, senza eliminarli, anzi donando loro, l’antica, profonda armonia. I dialetti, infatti, non vanno intesi come simboli di diversità, ma come connotazioni di “radici”, o forse sa- rebbe più indicato dire di talee, che caratterizzano le regioni, senza eliminare il senso dell’origine. Siamo italiani, posiamo la nostra storia su una patria che, pur nei periodi critici, che spesso attraversiamo, resta la radice solida e inattaccabile della famiglia che germoglia. E al tempo stesso siamo figli di venti regioni, con centodieci province, di venti “pietre” milia- ri, che, al pari della lingua nazionale, hanno avuto la stessa origine nobile, ovvero il latino. Va contestato subito il luogo comune secondo il quale i dialetti rappresentano una corruzione dell’italiano. È vero, invece, che ri- vestono un diverso ruolo socio - linguistico. L’italiano, infatti, è la lingua della comunicazione, all’interno della nostra Repubblica, di

1 I.P. la C. (Insieme Per la Cultura) 20 Giuseppe Maria Lotano

quella di San Marino e nel Canton Ticino elvetico; i secondi hanno uso circoscritto. A determinare la scelta di una lingua a carattere na- zionale furono: il dialetto fobia istituzionale nelle scuole, l’abbando- no delle campagne e la progressiva emigrazione, la leva obbligatoria, la burocrazia e la televisione, che inducevano gli italiani a parlare la lingua ‘comune’ per potersi comprendere, hanno fatto sì che certi tratti di essi siano scomparsi (come per esempio le forme arcaiche utilizzate dagli anziani), a scapito di forme più moderne e più vicine all’italiano, facendo sì che si corresse il rischio di appiattire la varietà che rendono preziose e uniche le lingue del nostro paese. Giuseppe Maria Lotano, dedica la sua “Prèet”, raccolta di poesie e detti in dialetto alla propria cittadinanza di Castelgrande, e l’affida alle Istituzioni pubbliche lucane a testimonianza di salvaguardia dei dialetti, pietre miliari del paesaggio, degli usi e costumi delle tradi- zioni territoriali. La sua volontà di aggiungere alle liriche i detti, a mio umile av- viso, è un distillato di linfa vitale e corrobora il dato di fatto che il dialetto non disintegra, ma interpreta con le proprie sonorità, i pro- pri accenti, la propria armonia, concetti spesso assimilabili tra molte regioni italiane. Il Nostro, con la sua introduzione, ricca di percezioni personali e di dati ufficiali, cerca di dimostrare quanto si tenda a riconnettere la differenza tra la lingua e il dialetto all’emotività che permane dietro l’uso dell’una o dell’altro. In altri termini per la pubblica opinione l’italiano potrebbe rappresentare la lingua della razionalità, della let- teratura, della scienza, mentre il dialetto potrebbe essere la lingua dell’emotività. Infatti, ricorre quando si è in preda alla rabbia, o si manifesta sdegno o compiacimento verso particolari situazioni della vita. L’Autore giustamente evidenzia che il vernacolo “svela il patri- monio espressivo di ognuno” e la matrice identitaria. D’altronde la sua asserzione è stata sostenuta da critici come Gianfranco Contini, che affermava che la produzione dialettale è una delle due facce della letteratura italiana. In un detto recitava: “La letteratura dialet- tale è visceralmente e inscindibilmente collegata sin dalle origini alla letteratura italiana”. E ci si riferisce al modello del policentrismo, chiamato “Italia delle Italie”. Le letterature dialettali, intese come plu- ricentriche, sono parti intrinseche della letteratura del nostro paese. Basta pensare che il fiorentino dantesco, prima di essere scelto come lingua italiana era lingua fiorentina, cioè un dialetto. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 21

Quindi, in linea con quanto afferma il nostro Autore, il dialetto è la lingua di comunicazione primaria identitaria del gruppo, è la pri- ma lingua spontanea di una comunità. In Italia abbiamo una differenziazione linguistica ricchissima, uni- ca nel mondo. Una differenziazione simile si ritrova in Cina e in India, solo su milioni di persone e su spazi più grandi. Di certo non han- no varietà quanto i nostri dialetti, che possiedono una caratteristica fondamentale: sono comunità che hanno una memoria collettiva che va dai mille ai duemila, duemilacinquecento anni. E anche questo s’identifica come un autentico apporto alla comune identità. Giuseppe Maria Lotano scrive in lingua e in dialetto e affida a quest’ultimo la speranza di contribuire a “mantenere in loco signi- ficativa presenza demografica per etnia e voce”, innanzitutto perché è innamorato della sua terra, in secondo luogo perché gli consente di esprimersi con la lingua che parla da sempre, forse la stessa in cui sogna … e, soprattutto, per esigenze d’ispirazione. Infatti, anche nell’epoca della globalizzazione, la propria lingua rappresenta uno strumento di riconoscimento, d’integrazione, di sicurezza e, in certe situazioni, può proporsi come un valido supporto alla comunicazio- ne. Salvare il proprio dialetto è un’operazione che non comporta costi, ma è molto più complessa, perché deve essere quotidiana e deve essere trasmessa ai giovani, sempre più proiettati, per le neces- sità dell’economia, verso le lingue straniere, in particolare l’inglese. Giuseppe Maria Lotano con le sue poesie ci apre un ventaglio di modi espressivi, che aiuta a provare sensazioni tra le più inattese e illuminanti. Ogni lirica porta in sé la magia di un’antica civiltà, del tempo che non si è mai fermato, ma ha conservato quello che Egli definisce ‘il rapporto tra il silenzio e la parola’. Giuseppe Maria Lotano reca in sé il retaggio del passato e lo proietta nel futuro, dimostrando la volontà di portare avanti la sua esigenza interiore di non tradire le radici. La Silloge e i detti rappre- sentano una grande testimonianza di coraggio, una sfida allo status quo e un tributo superbo alla sua terra. 22 Giuseppe Maria Lotano

L’eredità culturale e la lingua nativa: patrimonio dell’umanità di Silvana Arbia2

e pietre pesano e la loro durezza in tutti i sensi ci fa sentire pro- Ltetti, e forti. La loro offensività è particolarmente temibile. La loro bellezza può essere estremamente preziosa. La loro varietà nei colori, nelle forme e nella consistenza è poco conosciuta e sfugge all’occhio distratto. Parole scolpite su pietre, difficilmente si cancellano. La pietra segna il primo passo della nostra umanità, la civiltà della pietra, che con la civiltà moderna definibile del silicio, chiude un cerchio. Lotano ha avuto l’intuizione di “pietrificare” la memoria e la civiltà della nostra terra, la Basilicata alias Lucania, per non disperdere e non cancellare un patrimonio sconosciuto di espressioni idiomatiche legate profondamente alla gente lucana, alla sua visione del mondo e della storia, al suo sentire nobile e umile allo stesso tempo. La parola e le parole che diventano immagini, gesti, graffi, carez- ze, quel “body language” che aiuta quando la parola non esce per l’emozione, la rabbia o simili situazioni paralizzanti, quel linguaggio che per essere compreso deve essere conosciuto, e, soprattutto, non deve essere separato dal linguaggio locale. Ricordo, nella mia esperienza di procuratore internazionale al servizio delle Nazioni Unite, i testimoni nei processi contro i re- sponsabili di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, commessi in Ruanda nel 1994, con giudici, procuratori, avvocati in- ternazionali, staff internazionale, traduttori e interpreti da varie regio- ni del mondo, tutti capivamo immediatamente quando il testimone, spesso vittima e superstiti di crimini atroci parlando kinyaruanda lin- gua usata in Ruanda, che doveva essere tradotto in inglese e in fran- cese, descriveva, in modo non traducibile letteralmente, espressioni

2 Procuratore internazionale presso il Tribunale penale internazionale dell’ONU per il Ruan- da - Cancelliere presso la Corte Penale Internazionale dell’Aja. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 23

allegoriche come “gukora” che comunemente vuol dire “lavorare”, ma che nel contesto del genocidio si usava per incitare a trucidare le persone. Il diritto di usare la lingua a noi familiare è un diritto umano che viene garantito anche in procedure giudiziarie. Ricordo gli sforzi im- mani per reperire interpreti dall’acholi, linguaggio parlato da alcuni gruppi nel nord Uganda e nel sud Sudan, all’inglese e al francese nei processi avanti la Corte penale internazionale. Il linguaggio originario è parte della nostra identità e determina certamente molte inclinazioni della nostra mente e della nostra con- cezione degli altri. La diversificazione culturale che grazie ai dialetti è tutelata è la sola via per evitare che la globalizzazione economica comporti una globalizzazione del pensiero e dell’espressione. Com’è stato scritto nello Statuto di Roma istitutivo della Corte pe- nale internazionale, tutti i popoli sono uniti da stretti vincoli e le loro culture formano un patrimonio condiviso, un delicato mosaico che rischia in ogni tempo di essere distrutto. Lo sforzo di Lotano per evitare la distruzione di una parte impor- tante del linguaggio e delle tradizioni lucane, s’iscrive in quest’am- bizioso progetto di condivisione di culture che solo se rimangono diversificate possono comporre il mosaico di un’umanità in cerca di pace. Le espressioni dialettali raccolte da Lotano sono una preziosa fon- te di memoria, un dono generoso alle future generazioni e costi- tuiscono una componente importante di quell’Intangible Heritage, parte del Cultural Heritage, secondo le elaborazioni più avanzate di organi preposti alla tutela dei diritti umani, come il Consiglio dei diritti umani di Ginevra. Cultural and Natural Heritage, sono invero definiti come il com- plesso di beni che si ereditano, si consumano e si conservano per trasmetterli alle future generazioni nella loro intangibilità. 24 Giuseppe Maria Lotano

La lingua: poesia d’ogni terra di Angelo Boscarino3

o conosciuto Giuseppe Maria Lotano a una giornata sulle Mi- Hnoranze Linguistiche Storiche, e si è presentato con una poesia sulla vitalità della lingua. Giuseppe Maria è di Castelgrande in Basilicata, territorio dove, come in Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia, c’è pre- senza di comunità dell’Albania. Esse sono originarie della Morea e della Ciamuria, aree oggi ap- partenenti alla Grecia, da cui fuggirono tra il XV e il XVIII secolo per non sottostare all’occupazione turca dopo la morte del loro patriota Scanderbeg. Approdate in Italia, in Basilicata, s’insediarono nei comuni di San Paolo Albanese, San Costantino Albanese, Barile, Ginestra, Maschi- to, custodendo fedelmente lingua, religione, usi, costumi. La popolazione complessiva è di 8.132 abitanti, parlano la lingua albanese variante Tosco dell’Albania meridionale. L’integrità dell’uso della loro lingua è tutelata dalla legge n. 482, n.1999 “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche sto- riche”. Giuseppe Maria nella pausa dei lavori di quella giornata mi ha spiegato che il suo interesse per quello di cui parlavamo nasceva dall’amore per la sua terra e per il suo dialetto che ha la forza di una lingua, e dalla sua ferma convinzione che solo l’interesse, l’attenzio- ne per l’altro riesce a dare significato alla vita. Sicuramente è così, ma Giuseppe Maria in realtà si esprime con una lingua che pochi parlano ma che tutti capiscono, che è la lingua dei poeti. Personalmente non ho gli strumenti per approfondire il discorso sulla sua poesia, ma quello che posso certamente dire è che la sua cifra è assolutamente riconoscibile: la struttura icastica, la forza e l’e-

3 Beni Immateriali e Archivistici srl PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 25

strema accuratezza nella scelta delle parole mai ridondanti e sempre indispensabili anzi necessari, il contenuto sempre espresso con un “crescendo” musicale sono la sua firma. In tutto questo, sono le persone come Giuseppe Maria, atten- te, curiose, sensibili, profondamente coerenti che danno il migliore contributo a uno degli scopi del nostro progetto, fare parlare il par- ticolare con il generale mantenendo sempre il rispetto reciproco, indipendentemente dalle dimensioni e dalla posizione geografica, valorizzando le espressioni della diversità e delle culture cosiddette minoritarie che tanto hanno da dire e che tanto significano per una collettività che ha sempre di più il bisogno di ritrovare la propria identità profonda. Il suo “TRATTURI” e ora “PRÈET” sono un’opera tutta poetica, anche se includono tanta prosa che rileggerò in quest’ottica: non solo l’espressione di un poeta che parla di sé e delle sue sensazioni e sentimenti ma un segnale di grande e sincera apertura verso il mondo degli altri, così difficile da comprendere con la ragione ma con il quale chi ama la poesia può facilmente comunicare attraverso i sentimenti. 26 Giuseppe Maria Lotano

Tondo di immagine di Pasquale Aiello4

urante la preparazione del suo libro, Giuseppe Maria più volte Dmi ha parlato di come avrebbe voluto impostarne la parte ico- nografica destando, devo confessare, la mia attenzione. La fotografia è un mio interesse e una passione “antica”. Uno stru- mento per indagare la realtà che mi circonda, approfondirne aspetti e codici, comunicarne messaggi ed impressioni. La particolarità della scelta di Giuseppe Maria è stata quella di utilizzare delle fotografie in formato tondo e non quadrato o rettan- golare. Un fatto apparentemente insolito e, sempre apparentemente, eccentrico. Un grande fotografo, autore e viaggiatore, Roberto Salbitani, ave- va fatto la stessa scelta sintattica in suoi straordinari lavori fotografici dedicati a Venezia e all’Etna utilizzando, come dice Roberta Valtor- ta, “la più simbolica delle forme: il cerchio, che signi ca perfezione, unione, equidistanza… tempo ciclico delle stagioni e della vita” ag- giungendo che il concetto di tondo è quello che maggiormente si avvicina al concetto di lente e, quindi, di osservazione. Può sembrare banale, ma la considerazione più semplice è che l’immagine, in ottica, nasce naturalmente tonda così come la genera la lente sul piano focale. Questa immagine definita “circolo d’illu- minazione” contiene informazioni visive molto più estese di quelle che poi esamineremo nel riquadro delimitato dai quattro lati del fotogramma o del sensore, di superficie più piccola, che s’inscrive in esso e genera, infine, la fotografia che tutti possiamo osservare. In pratica, quello che noi vediamo appoggiando l’occhio al miri- no di un apparecchio fotografico è una porzione limitata di un’im- magine rotonda, più grande, di cui noi cogliamo solo il centro. Una convenzione, quella della scelta quadrata (o rettangolare) del- le immagini in fotografia, che deriva culturalmente e tecnicamente dalla forma dell’unico oggetto riconosciuto, fino all’ottocento, quale

4 www.pasqualeaiello.weebly.com PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 27

forma espressiva e artistica visuale a due dimensioni: la pittura e il quadro. Giuseppe Maria ha quindi fatto, a mio avviso, una particolare e interessante scelta, che si distanzia dall’uso meramente descrittivo dell’immagine, facendo, invece, una scelta iconografica di maggior respiro e fortemente includente. Una scelta che bene si associa alla sua personale ricerca, semanti- ca, del linguaggio della sua terra attraverso un viaggio che trova nella poesia il suo “tondo” letterario. 28 Giuseppe Maria Lotano

L’unicità di un dialetto e la continuità culturale di Angela Dibuono

’importanza che l’espressione dialettale assume per questo polie- Ldrico autore, amico e conterraneo, si evidenzia proprio nel Suo bisogno di scavo conoscitivo e di ricerca della propria identità cultu- rale e del territorio, di cui è stata proposta anche ampia descrizione, in particolare modo nella seconda parte del presente lavoro. Per l’autore di questa validissima opera, il dialetto è dunque un mezzo importante di espressione e di arricchimento, consapevole sempre che il dialetto conserva la sua unicità nella rarità e non da spazio alcuno all’appiattimento espressivo. La locazione fonetica ne segnala la specificità e per questo va pre- servato dall’estinzione, esso avrebbe bisogno, oggi più che mai, di continuità culturale e rivalutazione per sopravvivere alla scomparsa geografica di alcuni piccoli centri lucani, malati di abbandono, che inesorabilmente si svuotano o soccombono al tempo. La continuità culturale di questi “granai di cultura” da chi o da cosa può essere garantita e rappresentata se non dal dialetto e dal retaggio culturale a cui esso rimanda? Le origini linguistiche di Castelgrande, l’ameno centro lucano si- tuato nella parte più occidentale della regione in provincia di Po- tenza di cui tratta l’autore, meritano attenzione perché è situato in un’area di particolare importanza per le caratteristiche dell’aspetto fonetico, morfologico e lessicale del suo dialetto. Lo studioso Bigalke, allievo di Lausberg, colloca questa zona in una delle cinque da lui distinte nella Regione, tenendo conto dello sviluppo delle vocali toniche latine: si trova nell’area dei dialetti che presentano metafonia, con le vocali latine Ē e Ĭ > i /i/, Ĕ > ié /je/, Ō e Ŭ > u /u/, Ŏ > uó /wo/ in dipendenza da -U e - I latine e si distingue per alcuni sostantivi e aggettivi il maschile dal femminile e il plurale dal singolare (Fonte: A.L.BA –Atlante linguistico della Basilicata - parte III / Tabella 1). Ogni dialetto è, dunque, depositario di fattori politici, storici, eco- nomici, sociali della comunità di appartenenza, per questo merita di essere rivalutato. La convinzione nasce anche da un’interpretazione PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 29

legoffiana della storia, secondo la quale per scoprire la storia “pre- sente” del proprio vissuto bisognerà andare a recuperare motivi che determinano la storia del "passato" e che rappresentano i sostrati inconsapevoli in ogni coscienza moderna. È utile riportare anche il pensiero della docente e saggista Maria Teresa De Rosa su questo argomento e in ambito scolastico: “…dialetto, non più malerba da estirpare, ma strumento di comu- nicazione di tutta una realtà. Esso, infatti, non deve correre su un binario parallelo a quello della lingua nazionale, ma deve essere un punto di partenza da utilizzare in un continuo raffronto con la lingua nazionale, e acquisire quest’ultima non signi ca perdere l’altra”. Lo studio diacronico del proprio dialetto sembra dare la sensa- zione di trovarsi di fronte ad un fiume che scorre, che non è mai lo stesso, ma una linea verticale di collegamento col passato, sembra necessaria soprattutto nell’analisi della produzione letteraria dialet- tale del territorio. Autori come Giuseppe Maria Lotano, a cui va il nostro plauso, fanno la loro parte, in questo senso, occupandosi dello studio del dialetto e delle sue origini per una auspicata e meritata rivalutazione culturale.

Tabella 1 - Heinrich Lausberg, come è noto, insieme a Rainer Bigalke, suo allievo, e Gerhard Rohlfs, fu uno dei primi studiosi tedeschi ad interessarsi dell’unicità dei vocalismi dei dialetti lucani.

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INTRODUZIONE Pietre e parole un solo peso

a leggenda umana è raccontata dal remoto di pietre e di parole Lper conoscere l’origine di ogni nostro “oggi”. Le pietre di longeva identità diventano “l luemmt” il cippo di confine. Le parole familiarizzano segni tra epoche e soggetti diversi. Sono silenzi di passi di testimonianze, le pietre. Primarie risorse a riparo e pro- tezione dell’uomo e dei suoi sogni. Forze intense per resistere al tempo e non smentirlo. Sguardi sull’universo emer- si dalla terra. Indicatrici di percorsi e di spazi. Certezze a sostegno di veri- tà assoluta. Concretezze per dire della vita. Tessere del mosaico dell’intimo umano nel passaggio terreno. Sono pietre di armonie invisibili, le parole. Note scritte al tepore di strette di braccia mater- ne dispensatrici di sicurezza. Prime relatrici per dire al mondo e farsi comprendere. Chiavi d’integrità di tono, che consentì a Farinata degli Uberti dire a Dante “la tua loquela ti fa manifesto...” (Inferno/Canto decimo). Sintesi di insegnamenti, di aspirazioni, di promesse, di privilegi. Espressione di sacralità ed essenza di aromi territoriali, di sfumature di luce e di colori di ognuno. Strumenti dell’uomo per raggiungere e toccare l’altro, penetrarlo per restarvi. Le pietre pongono interrogativi al silenzio. Stimolano la ricerca per ave- re voce e farsi raccontare. 32 Giuseppe Maria Lotano

Sono forza della madre natura, perché “la mamm capiscj semb l fuiglj mup” = la mamma capisce sempre il figlio muto. Questo è il più profondo e incardinato rapporto tra il silenzio delle pietre e la parola, inossidabile lega d’amore nel tempo e sotto ogni stella. Dagli Egizi, ai Maya, in India, le pietre furono chiamate: “Figlie della terra”, la loro rarità, preziosità e colore, fu motivo di attribuzione di virtù, significato, medicamento, magie, auspici. Galileo Galilei disse:“ Voglio cercare nelle pietre le impronte del Creatore”. Le parole si trasferiscono per grafia, accenti, cadenze, intensità, fan- tasia compositiva, ampiezza espressiva e capacità di sintesi. Vibrano educate da affetto materno, capace di sciogliere anche mo- menti cupi e di silenzi. Tanta innata ricchezza comunicativa, di cui mai se ne perde con- fidenza d’uso e d’intesa, origina nell’insegnamento detto “a bocca a bocca” assunto tra le mura domestiche e diventa nostra identità, nel percorso di vita. “Tutto può cambiare, ma non la lingua che ci portiamo dentro, anzi che ci contiene dentro di sé come un mondo più esclusivo e de nitivo del ventre materno” (Italo Calvino). Le parole tipizzano ciascun’area della nostra penisola e per le comu- nità locali sono vanto di appartenenza di cui ognuna è “pietra preziosa” per etnia e linguaggio. Il territorio italico possiede in Europa, da sempre, il più ricco sistema linguistico multiforme. Nel periodo del Rinascimento, a Firenze, tra le diverse lingue della penisola non ancora assurta a unità nazionale, s’intese definire “lingua guida” il “toscano” e precisamente la “lingua orentina”, perché usata dai sommi autori toscani del Trecento: Dante, Petrarca, Boccaccio, e dalle classi colte. Le rimanenti lingue peninsulari, tutte di derivazione latina, furono definite “dialetti italo-romanzi” o più comunemente “dialetti”. (Carta dei dialetti d’Italia - Giovanni Battista Pellegrini, 1977). Seguì a inizio Seicento, a cura dell’Accademia della Crusca, l’impor- tante e primo dizionario monolingue europeo. La lingua prescelta divenne anche fattore trainante per conseguire “l’Unità d’Italia”, proclamata da Vittorio Emanuele II (legge n. 4677 del 17 marzo 1861). L’istituzione della scuola statale dell’obbligo e i mezzi di comunica- zione ne introdussero l’insegnamento e uso, dell’alfabeto (A/B) italiano, composto di ventuno lettere di cui sedici consonanti e cinque voca- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 33

li, che nel Duecento riferito alle sue prime lettere era detto “abbiccì (A/B/C) o abbecedario (A/B/C/D)”. Nell’antica Grecia il termine “dialetto” (diàlektos: discorso) indicava le singole lingue in uso presso le comunità caratterizzate geografica- mente o socialmente, pertanto tutte di pari dignità e ruolo. Alcune di esse si distinsero solo perché più usualmente adottate in specifiche materie quali, filosofia, teatro, poesia lirica. Discipline che hanno contribuito a farci conoscere ogni tradizione e raffinato pensiero dell’immensa ricchezza culturale e di pensiero del popolo greco. Noto è che il vento soffia su tutte le dinamiche terrestri e umane, ed anche sui linguaggi. Consegue di ritrovare, pure a lunga di- stanza dagli originari confini geo- grafici, l’uso di diversi medesimi vocaboli. Tra essi sono più co- muni, in campo internaziona- le, vocaboli in inglese, lingua molto usata in ambito scienti- fico e commerciale oltre che, a oggi, propria delle maggio- ri potenze economiche e mi- litari dell’occidente. Per alcuni altri vocaboli è particolare osservare la diffusa omogeneità etimologica, la paro- la “notte”, ad esempio, si compone di due stessi elementi e cioè della lettera “n” seguita dal numero “8” in lingua del rispettivo paese, simbolo matematico dell’infinito. Molte ricerche testimoniano l’esistenza di lingue antichissime, tutte incise su “prèet” pietre, ma che non hanno più voce e tonalità per estin- zione del gruppo etnico di appartenenza. La morìa di lingue continua, così pure la loro evoluzione. A oggi su 6.000 lingue conosciute, il 50% tende a scomparire. Di certo nessuna potrà sopravvivere senza soggetti utenti, né restare immutata dal venire meno dell’attività di riferimento o per evoluzioni socio economiche e culturali del paese di appartenenza. Particolarmente critica è la possibilità del perdurare di lingue che, ancora oggi, non hanno una forma scritta. 34 Giuseppe Maria Lotano

Nell’Africa la percentuale è del 90% e di tutte se ne potrà perdere ogni suono, traccia e uso quotidiano, ma non mancherà la testimonian- za nel tempo solo per quelle tracciate su pietre, manoscritti, stampati, registrazioni. In Italia il continuo forte calo della natalità, l’incremento dell’in- vecchiamento della popolazione, la continua attrazione di forza lavoro esercitata dai centri di produzione, induce a pensare possibile, tra non molti decenni, il totale spopolamento di parte del gran numero dei co- muni di aree interne, rientranti tra gli 8.047 comuni italiani di cui 5.591 sotto i 5.000 abitanti e il più piccolo è Moncenisio (TO) con solo 30 abitanti. (Fonte ISTAT: Comuni divenuti 7.998 per Processo di Fusione al 31.12.2016 - D.lgs. n. 267/2000 art. 15 e 16). Il fenomeno avrà le maggiori ripercussioni sui comuni delle aree in- terne e montane, in particolare del Mezzogiorno, e graverà anche sulla tutela e difesa dell’ambiente. Lo spopolamento non ha riguardo neanche per la storia gloriosa di tanti Comuni, basti ad esempio citare la metamorfosi subita dal noto centro di Craco (MT), antico feudo normanno, poi passato agli Svevi e infine divenuto Universitas nel 1276. Craco ha subito le conseguenze della desertificazione totale. Ora os- servandolo nelle vesti di protagonista solitario su di un palcoscenico dal quale starsene in distanza di sicurezza, si presenta definito da una linea includente un profilo di astrattismo paesaggistico fatto di tetti alternati e ruderi, sorvolati da sparuti uccelli, che neanche vi nidificano. Lo stupore suscitato dal paesaggio è unica voce del silenzio, che interroga senza che nessuno sappia dire il perché di tanto affronto e de- mandando risposta ai tempi voluti dalla storia per darne interpretazione. Analoga vicenda di abbandono, ma da qualche tempo in contro- tendenza, è Pentidattilo, frazione del Comune di Melito Porto Salvo, in Provincia di Reggio, borgo a 250 m.s.l.m. tra le montagne che affac- ciano sulla costa jonica, prossima a Reggio Calabria, completamente abbandonato dagli anni ’60 in poi. Il suo nome s’ispira al profilo della rocca su cui è situato, assimila- bile a una gigante mano di pietra (penta e daktylos cioè cinque dita), con panorama fantastico. Trenta anni fa, in visita, v’incontrai l’unico vivace e orgoglioso ve- gliardo che continuava ostinatamente ad abitare nella sua “casa”, con una sola assolata stanza, ampia veduta sul mare e posta quasi in cima al borgo, dove ospitava ogni ardito che lo raggiungesse e al quale era PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 35

solito offrire da sedere su di uno sgabello in cambio di una chiacchie- rata, tra storia e leggende raccontate dalla passione per il suo paese, il- luminata e infiammata dalla voce certa quanto la luce dei suoi dinamici e penetranti occhi scuri. Oggi il borgo di Pentidattilo nell’ambito della Comunità Europea, rientra nel progetto “Borghi solidali” e si procede con recuperi e ri- strutturazioni per realizzare un luogo “tipo” dove svolgere iniziative di accoglienza culturale, solidale e ambientale. Analogo percorso di rinascita riguarda il borgo di Civita di Bagnore- gio (VT), molto noto perché definito “Città che muore” ma da qualche tempo, ottime iniziative culturali, ne hanno promossa la candidatura a sito UNE- SCO. Di certo ove si spegne ogni traccia di presenza umana tut- to diventa quasi impossibile, perché cessa la forza della vita, della lingua locale, del- la storia patria, e più in ge- nerale, l’identità etnica per un taglio netto della conti- nuità delle proprie radici, così pure, ove si è superati, sopraffatti o incrociati da ceppi subentranti. I soggetti della generazione di prevedibili nuovi cittadini “residenti” e non di lingua locale, oggi e quasi ovunque, ven- gono singolarmente e superficialmente indicati con il termine “l’altro”, senza tenere conto che in diverse aree del nostro Paese cominciano a essere entità consistente, a livello sociale e di forza lavoro, con cui do- versi confrontare civilmente, con rispetto umano e parità di diritti. Per quanto sopra e fino a quando possibile è doveroso e assume rilevanza la necessità di tesorizzare il patrimonio dei dialetti italici se- condo valenze culturali e territoriali, per essere testimonianza e motivo di confronto civile, quindi costruttivo. Allo scopo si potrebbe comporre un “contenitore sonoro di voci” per ricordare parole di cittadini, che nel corso del tempo hanno insieme sa- puto lavorare, comprendersi, dialogare, misurasi, fino a offrire anche il 36 Giuseppe Maria Lotano

sacrificio della propria vita con fierezza e lealtà, per costruire e conferire alla nostra straordinaria penisola unicità di confini e d’identità politica, per realizzare una civile e democratica nazione, di cui godiamo privilegi e vantaggi. Associare al primato di cui gode l’Italia, nella graduatoria mondiale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione la Scienza e la Cultura (acronimo inglese: “UNESCO” - fondata nel 1945), per numero di siti (totale 53) definiti Patrimonio dell’Umanità, anche il primato della ricchezza di lingue locali sarebbe altro tassello dell’inventario della ver- satilità del suo popolo, di cui è nota la vivacità espressiva. A detti siti potrà a breve aggiungersi, all’attuale gruppo dei sei di beni culturali immateriali già protetti, quello che si proporrà all’UNE- SCO per la tutela delle lingue classiche “greco e latino”, approvato all’u- nanimità dalla Commissione Cultura del Senato. Con la non impossibile ipotesi formulata, ora solo un lecito sogno, affido, in lingua di Castelgrande, il libro Prèet, pietre, sintetica raccolta di poesie, detti, sopranomi, denominazione di rioni, notizie di cittadini eminenti, del territorio, dell'etnia ai miei concittadini e ai rappresentanti delle Istituzioni pubbliche locali e lucane. L’auspicio è che stimoli ini- ziative a evidenza del patrimonio di cultura orale lucana, modello da estendere a ognuna delle altre locali specificità nazionali, per: - tutela dei dialetti, sonorità espressive capaci di emozioni uniche ge- mellate al paesaggio che le contiene; - conferma della tenacia e tradizione delle comunità del popolo italico. Un approfondimento dell’insieme delle valenze, linguistiche, umane e territoriali, potrà esprimere un mosaico nazionale di ricchezza basilare per concrete e complessive programmazioni di sviluppo diffuso. A esse potranno contribuire dovutamente il popolo lucano, ovunque apprezzato e nobilitato anche dal natale di persone di cultura e studiosi, tra cui il concittadino patriota e sommo botanico Guglielmo Gasparrini, con tutte le risorse umane, culturali, paesaggistiche e del sottosuolo, che più organicamente incardinate nel contesto generale dell’economia italiana svilupperebbero concrete possibilità di progetti di progresso economico e sociale. Tutto ciò, opportunamente gestito, garantirebbe anche la salvaguar- dia del mantenimento in loco di efficace presenza demografica, per etnia e voce, assicurando punti di forza in sintonia con progressive dinamiche produttive del sistema Italia. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 37

FONTI DELLA LINGUA Parla come t’iniziò tua madre

a comunicazione è l’insieme degli strumenti che il pensiero uti- Llizza per farsi conoscere adottando parole, sospiri, gesti, sguardi, modi di dire, di fare, di atteggiamenti, di similitudini, abitudini e quant’altro si attinge e aggiunge a ciò che abbiamo assorbito dal nostro primo ambiente di formazione delle modalità di espressione. Ciò ci consente il dialogo con altri e misura la nostra capacità di manifestarci conservando, per ogni valutazione, la sacralità del pri- mo insegnamento, proprio come quel sapore unico della pietanza gustata a casa propria, codice di paragone sempre indiscusso rispet- to a ogni altro preparato. Questo insieme di unicità in ognuno di noi è contenuto e si co- struisce microscopicamente nel tempo, vivendo il naturale rapporto materno e ambientale fonte primaria di indelebile linguaggio e base di identità, che ci supporta nella dinamica di confronto con la plura- lità e specificità di linguaggi esistenti al mondo, proprio delle singole etnie.

LINGUA LOCALE La prima lingua, detta locale, si apprende in una fase di formazio- ne che Francesco Sabatini, Presidente onorario dell’Accademia della Crusca, così individua “mentre il poppante succhia e assapora il latte e ascolta e registra la parola latte”. Essa si sviluppa e resta per sempre in noi, diventa patrimonio individuale e sociale che ci infonde coscienza unitaria di popolo, di civiltà, di unità culturale. La lingua codificata da altri insegnamenti si apprende in età e condizioni diverse, con altre norme, e la nuova capacità espressiva ci rende “soggetti bilingui”. Al lettore, in particolare al non castelgrandese, si chiede compren- sione se, in primo approccio, il godimento dei testi in lingua locale può essere non immediato. Essi sono stati scritti, per opportunità, senza ricorrere all’uso di 38 Giuseppe Maria Lotano

segni e lettere speciali dell’Alfabeto Fonetico Internazionale (AFI), ora chiamato International Phonetic Alphabet (IPA), perché forma grafica e simbolica di sonorità non di dominio corrente e pertanto funzionale solo per utenti con specifica conoscenza. La trascrizione IPA è impiegata principalmente nelle trattazioni scientifiche di ambito linguistico e quando occorre indicare la pro- nuncia di parole scritte in caratteri che non usano lo script latino, ad esempio il giapponese, cinese, thailandese, coreano, ecc. e offre oltre centosessanta simboli per trascrivere il parlato, poiché fornisce una lettera per ogni suono distintivo. Per stimolare familiarità con i termini del testo in castelgrande- se e assicurarne la comprensione, pur se a scapito di sfumature di equivalenza e di musicalità, è a loro affiancata, in forma aldina, la versione italiana. La pubblicazione, in forma scritta, di un patrimonio di eredità orale può presentare minime varianti, rispetto alle versioni da ognu- no memorizzate, ciò è da attribuire alla dinamica temporale di una lingua viva e sensibile alle mutazioni di cultura sociale.

LINGUA DELL’«ALTRO» La totale copertura del globo terrestre con la rete di trasmissione dati, essenzialmente per l’internazionalità crescente dell’impiego di capitali e conseguenti localizzazioni produttive, incalza i lettori e consumatori con ogni strumento d’informazione e produce occasioni di confronto e dialogo con svariate realtà sociali, da cui la necessità di conoscere la lingua di altri soggetti. Il fenomeno di diffusione linguistica origina essenzialmente nella mobilità di lavoratori e di privati ma occorre che diventi un grosso impegno di crescita collettiva su cui dovranno convenire le volontà delle nazioni, per avviare, intensificare, facilitare possibilità di con- fronto e integrazione tra fattori della produzione e più significativa- mente tra popolazioni. Le società si rapportano con modi e percorsi molto difformi, spesso si genera confusione e peggio ancora contrasti per motivi di profitto. Tra i popoli debole ruolo ha l’etica per coniugare le diversità e comporle per un diffuso ed efficace sviluppo socio-economico e, in primis, per la tutela e rispetto della preziosa unicità della persona. Di certo ogni comunità, ricca della propria formazione, unica vera variante della ricchezza complessiva dell’umanità, dovrebbe sempre PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 39

liberamente potersi testimoniare, interagire, ovunque e comunque, senza che tra le parti insorgano prevaricazioni, pregiudizi, incom- prensioni, frustrazioni, intrusioni, persecuzioni, violenze. Diverse teorie sul tema delle razze, dei colori della pelle, delle religioni, alimentano pregiudizi per produrre divisioni tra i popoli. Il diritto di appartenere, a una maggioranza o minoranza, è sem- pre e solo assoluta ricchezza. Tutti siamo reciprocamente “ minoranza” occorre che ognuna ab- bia la propria libertà di esistere o potremmo ognuno perdere la no- stra stessa libertà a causa di persecuzioni o pregiudizi. Per smuovere tanti ostacoli e rivoluzionare il confronto e dialogo si dovrebbe avere una“leva” condivisa ma in ciò non ebbe miglio- re fortuna neanche Archimede, sommo scienziato siracusano (287 a.C. – 212 a.C.), quando invocò: “Datemi una leva e vi solleverò il mondo”. Forse si potrebbe pensare di realizzare la proposta di Archime- de adottando la politica delle piccole leve, cioè ricorrendo all’uso di risorse minime ma idonee a comunicare, ad esempio, piccoli gesti concilianti. Vasilij Grossman, ebreo russo (1905 - 1964) famoso per il libro "Vita e destino", giornalista della guerra russa, affermava“Le vite degli uomini, le loro ragioni, sono determinate da un solo grande scopo: conquistare il diritto delle persone a essere diverse”. Se consapevoli di essere ognuno persona diversa non s’instaura con l’Altro contrapposizione né si richiede o impone amicizia ma si consente di vivere una realtà che mira ad assicurare alla società tanti soggetti capaci di esprimere al meglio la propria dinamica di vita instaurando, di volta in volta, appropriato dialogo. Occorre innescare e sostenere un grosso progetto culturale per- ché il libero pensiero, la diversità, non trova facile accoglienza, o porta aperta, né presso chi abita sullo stesso pianerottolo, né a un piano diverso, né al palazzo confinante, tantomeno in altre latitudini. I sistemi culturali, a oggi, pur se alcuni timidamente avviati a pro- muovere forme d’integrazione e dialogo, sono accomunati prevalen- temente dalla mancanza di trasparenza di relazioni e da tacita e cieca opposizione, che non consente di perseguire diffusa e maggiore ric- chezza umana e sociale o forme di collaborazione per stabilizzare le genti nei propri luoghi di origine, molto spesso relegati a oggetto di rapporti predatori e di soprusi. Non si cerca di avvicinare e conoscere l’Altro ma di allontanarlo 40 Giuseppe Maria Lotano

e con sdegno confinarlo perché non condivisibile e sbrigativamente definito l’Altro, pertanto destinato a permanere nella sua condizione di estraneo o di rifiutato. Ne consegue che ogni azione intrapresa per incomprensione ide- ologica appare giustificata, persino se procura danni, dolori, terrori- smo, pur di contestare il manifestarsi o il riconoscimento dell’Altro. È preoccupante costatare che quasi nulla va nella direzione del rico- noscimento della sacralità dell’Altro o dell’attuazione d’idonei percorsi di formazione culturale per consentire all’Altro, posto tra gli ultimi o persino ritenuto di scarto, di porsi in armonia con la società circostante pur se fortificato nella capacità di offrirsi e pronto a interagire. Eppure potersi sempre confrontare e esprimere, è l’unico bene nobile da tutelare e rispettare, poiché valore e manifestazione supre- ma dell’universalità di ogni essere umano. Universalità mirabilmente sancita anche da François Marie Arouet “Voltaire” (Parigi 1694-1778) nel dire: “Non condivido le tue idee ma mi batterò no alla morte af nché tu possa esprimerle”. Voltaire certamente intese la necessità di un impegno e cultura suprema contro le barbarie in offesa della dignità della vita e dei suoi cardini identificativi di storia della civiltà umana. Nel confrontarsi o conoscersi spesso si pecca di molta superficia- lità, si trascura persino l’importanza di comunicare con la semplicità e il fascino del sorriso. Sorridere è la capacità del pensiero di volare (come indicava nel 1958 la composizione Nel blu dipinto di blu del grande cantautore Domenico Modugno), e andare oltre le proprie certezze per sondare impensate emozioni, non goderne è tenere una finestra serrata verso le delizie dell’esistenza. Sorridere di noi stessi e degli altri conduce al dialogo e alla co- noscenza, senza demonizzare o demolire l’Altro, perché nessuno detiene prove inconfutabili di verità universali da contrapporre o imporre all’interlocutore.

UNICITÀ DELLA DIVERSITÀ DI RAZZA Interesse degli antropologi è lo studio della specie umana per indivi- duarne elementi di caratterizzazioni e sua distribuzione sul territorio universale. Essi concordano sul principio che la parola “razza” ha un signi- ficato preciso soltanto per le specie inferiori, essendo possibile defi- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 41

nirne la “razza pura” poiché costituita da elementi tutti discendenti da unico capostipite, quindi con una o più caratteristiche ereditarie sempre assolutamente comuni, per cui s’identifica una “linea pura”. Ciò non può verificarsi se la riproduzione avviene per eterogamia, cioè per fusione tra gameti differenti per sesso di provenienza, con- dizione assolutamente necessaria nella specie umana. In ogni nascituro coesistono qualità differenti ed ereditate dalla coppia genitrice e così via risalendo fino ai più remoti antenati. Tale caratteristica fa di ogni nuovo essere umano necessariamente una diversa razza, ad eccezione dei gemelli fecondati da uovo unico e pertanto con identico patrimonio ereditario. Precisato ciò, è scientificamente impossibile il concetto di razzismo fondato sulla pretesa apparte- nenza di esseri umani a una “razza pura”, quindi supe- riore alle altre. Questa cultura scien- tifica e di civiltà non fu patrimonio degli italiani quando, il 15 luglio 1938, fu firmato da Sabato Visco, Nicola Pende, Lidio Cipria- ni, Arturo Donaggio, Leone Franzi, Guido Landra, Marcello Ricci, Franco Savorgnan, Edoardo Zavattari, Lino Businco, dieci scien- ziati razzisti, il “Manifesto della Razza “, vanto di Mussolini ma supportato con scarso contenuto scientifico e filosofico in un unico disegno di morte. (Fonte: I Dieci di Franco Cuomo / Dalai Editore 2005).

La Repubblica Italiana, riscattò tanta offesa alla dignità dell’uomo e al concetto di razza, scrivendo nella propria Costituzione, (Gazzet- ta Ufficiale del 27 dicembre 1947, n.298), tra i Principi Fondamentali: “ART. 3 - Tutti i cittadini hanno pari dignità sociali e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando, di fatto, la libertà e l’eguaglianza dei citta- 42 Giuseppe Maria Lotano

dini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, eco- nomica e sociale del Paese”. Principio già vigorosamente ricordato dal Presidente della Repub- blica Sergio Mattarella in occasione degli ottanta anni del “Manifesto della Razza” dichiarando “Il veleno del razzismo continua a insi- nuarsi nelle fratture della società e in quelle dei popoli: Crea barriere e allarga le divisioni. Compito di ogni civiltà è evitare che si rigeneri”. (Fonte: Il Messaggero - Quelle leggi razziali del ’38 e il monito di Mattarella - da PRIMO PIANO / B.L. / Giovedì 26 Luglio 2018).

Così pure ribadito, sul tema delle operazioni di soccorso in mare, dal Comandante della Guardia costiera, Giovanni Pettorino“Il giura- mento prestato, da ciascuno di noi, di osservare la Costituzione e le leggi” e “L’impegno di prestare aiuto a chiunque rischi di perdere la propria vita in mare, principio segno e baluardo distintivo di civiltà”. (Fonte: Famiglia Cristiana – Emergenza migranti / Vade retro Salvini /Annachiara Valle / N. 30 del 29 Luglio 2018).

Eppure continuano a riaffiorare pericolose derive con proposte di rappresentanti di governo miranti a rimettere in discussione fon- damentali conquiste democratiche tra cui la legge 205/1993 dell’ex Ministro dell’Interno Nicola Mancino, che punisce la propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale, etnico o religioso. (Fonte: Il Messaggero - Lo scontro nel governo - da PRIMO PIANO di Antonio Ca- litri. / Sabato 4 Agosto 2018).

La specie umana dagli antropologi è suddivisa in “grandi razze” dette anche “razze primarie”. L’UNESCO nel 1950 ha redatto la “Dichiarazione sulla questio- ne razziale” precisando che la specie umana è rappresentata da tre grandi varietà: “Mongoloide - Negroide - Caucasoide” Esse si differenziano per caratteristiche somatiche, etniche, colore della pelle, usanze, credenze, lingue, abitudini, ordinamento politico. Elemento distintivo riguarda fatti sociali e non biologici come pure, in seno alle stesse varietà, altre particolarità morfologiche. Nel mondo, dovuto alla mobilità delle popolazioni, può dirsi prevalente l’incidenza della stirpe dei bianchi europei, per l’apporto da essi dato al po- polamento delle due Americhe, Australia, Sud dell’Africa e aree colonizzate. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 43

Il razzismo, questo concetto di assoluta appartenenza discrimi- nante, un giorno sarà sconfitto, l’uomo conoscerà altre informazioni dell’ignoto e imparerà a vivere meglio. Così avvenne quando fu sconfitto il concetto di assoluta appar- tenenza del feto al padre, sancito dal grande Aristotele, a sostegno dell’unicità dell’ovulo generatore perché posseduto solo dal ma- schio, poi nel 1700 si scoprì l’ovulo femminile e si convenne che il risultato della procreazione era di paritetica appartenenza tra uomo e donna e che di assoluto esiste solo il concetto del diritto alla vita, da tutti parimente conseguita e che nessun’altro riferimento potrà mai discriminarne il valore. Sul territorio italiano esistono diverse realtà etnografiche tutelate nel rispetto della loro ricchezza culturale, fino dal loro primo essen- ziale e specifico elementorappresentato dalla lingua e senza altre preclusioni di sorte. Il principio fondamentale è che ognuno di noi è un “Altro”, ognu- no di noi è un “Valore assoluto”, ognuno di noi è “Minoranza”, tutti degni di totale reciproco rispetto, perché l’entità umana si materializ- za in un corpo frutto del medesimo sistema biologico di riproduzio- ne, quindi appartenenti pariteticamente allo stesso criterio di vita di cui ognuno è titolare con pari dignità. Ma nonostante importanti progressi scientifici e di conoscenze diffuse, l’uomo non riesce a liberarsi da proprie fobie, da propri egoismi, per cui compie atrocità inaudite, nella pretesa di fare preva- lere sull’altro una vantata prevalenza del proprio “IO”. Né la storia, pur testimone di nefandezze, riesce a educare perché l’uomo non tesorizza e non sa superarsi, né usare umiltà, né con- sapevolezza dei propri limiti naturali, né accostarsi al valore della conoscenza, della bellezza della diversità con cui ognuno è chiamato a godere il dono irripetibile di possedere “la vita” su cui mai alcuno potrà vantare facoltà di offendere, negare, sopprimere.

MINORANZE LINGUISTICHE STORICHE Sul territorio italiano esistono diverse realtà etnografiche tutelate in tutta la loro ricchezza culturale, fino dal loro primo essenziale e spe- cifico elemento rappresentato dalla lingua. Il principio fondamentale è che ognuno di noi è un “Altro”, ognu- no di noi è un “Valore assoluto”, ognuno di noi è “Minoranza” e tutti degni di totale reciproco rispetto, perché l’entità umana si materializ- 44 Giuseppe Maria Lotano

za in un corpo frutto del medesimo sistema biologico di riproduzio- ne, quindi di pari dignità. Il Ministro Giovanni Spadolini nel 1970 istituì il Ministero per i Beni Culturali e Ambientale, oggi denominato Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, esso dedica notevole atten- zione, attraverso le strutture specialistiche (in particolare con l’ICD - Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia) alla tutela e valo- rizzazione del patrimonio culturale immateriale e alle diverse culture che appartengono al nostro Paese. Questo precedente storico di accoglienza democratica e sociale è per la nostra patria testimonianza di popolo interprete e protagonista di una civiltà capace di attenzione al pluralismo culturale con con- cretezza di provvedimenti governativi di forte valenza nel mondo. Un popolo con una nutrita storia di emigrazione ha saputo ispi- rare il legislatore nel formulare una specifica legge, che forse essi stessi avrebbero auspicato fosse stata presente anche nelle nazioni di loro approdo e cancellare le sofferenze di un atteggiamento cui il Vangelo rimprovera; “Ero straniero e non mi avete accolto” (Mt 25,43). Sul territorio italiano risiedono ufficialmente ben dodici Minoran- ze Linguistiche Storiche (MLS) cioè Comunità di lingua non italiana ma nel corso del tempo riconosciute come facenti parti della nostra Comunità Nazionale e diventate parte essenziale della nostra com- plessiva identità1. Il Ministero, attivando e sostenendo il progetto “Gli italiani dell’Al- trove” ha l’obiettivo di evidenziare la realtà storica e contemporanea delle Minoranze Linguistiche Storiche d’Italia facendone emergere lo specifico patrimonio culturale immateriale e la valenza del rapporto fra diverse culture, che attraverso il confronto rafforzano la capacità e potenzialità di una costruttiva convivenza. Allo scopo ha organizzato con ognuna delle Minoranze una serie di appuntamenti, tenutisi a decorrere dal dicembre 2012 fino a gen- naio 2018 e che ancora proseguiranno allargati ad altre Minoranze, durante i quali sono stati discussi, fra l’altro, gli strumenti legislativi attivati a supporto della continuità dell’esistenza del loro peculiare patrimonio culturale immateriale.

1 Minoranze Linguistiche Storiche: Arbëreshë, Croati del Molise, Occitani, Sloveni, Friu- lani, Greci di Puglia e Calabria, Sardi, Francoprovenzali Valle d’Aosta, Ladini, Catalani di Alghero, Walser, Francesi. (Fonte: Gli italiani dell’Altrove - Istituto Centrale per la Demo- etnoantropologia – ICD). PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 45

A fine di questo primo ciclo di appuntamenti il Dottor Angelo Boscarino della BIA – Beni Immateriali e Archivistici – ne ha sinte- tizzata l’importanza affermando che essi “Hanno potuto confermare di investire in ogni tempo risorse e impegno a vantaggio dell’uno per l’altro, sul percorso di una storia comune da vivere sul territorio che deve essere quanto più possibile aperto e disponibile per tutti”.

LINGUA DEI DIRITTI FONDAMENTALI La lingua dei diritti fondamentali ha voce dirompente e universale, per- ché sintesi di istruzione, cultura, esperienza, l’unica modalità di comuni- cazione che non ha bisogno di interpreti né di vocabolario, la sua qua- lità espressiva è da tutti compresa e si attua con parola di gesti e azioni. Essa è inconfondibile, ha medesima genuinità e vigore di determi- nazione, ovunque si proponeha pulsazioni dell’anima, identità invi- sibile e molto discussa, e possiede il medesimo impeto per volare al di sopra di tutto ciò che non appartiene al senso e valore della vita, quotidiana ed eterna. Detta modalitàappare sia straordinaria, o già vista, o forse unaver- sione copia dell’altra. Ciò non è illusione ma è proprio così, perché il fondamento uni- versale dell’uomo sollecita ognuno con una sola lingua, in sintonia con l’unicità dell’essere umano, al di là del colore della pelle, di latitudini, di credo. Contro tutto ciò che offende la nobiltà della vita forte si eleva invincibile la denuncia e acutezza delle azioni quale patrimonio lin- guisticodei Diritti Fondamentali. Di seguito alcune delle recenti testimonianze, da ogni fonte e parte del pianeta, con cui si eleva la condanna, con voce unica e fondata, dell’etica irremovibile della: Tutela della sacralità della vita. dai continenti - Dall’Asia: l’indiano Mahatma Gandhi (1869 - assassinato nel 1948) politico, filosofo e avvocato, profeta della non violenza, pio- niere e teorico del satyagrahala resistenza tramite la disobbedienza civiledi massa; - Dall’Europa: la macedone di Skopje, san Madre Teresa di Cal- cutta (1910 - 1997) Nobel per la Pace nel 1979, proclamata beata da papa Giovanni Paolo II il 19 ottobre 2003 e santa da papa Francesco 46 Giuseppe Maria Lotano

il 4 settembre 2016, infaticabile nella lotta contro ogni forma di po- vertà nella metropoli di Calcutta e nel mondo, fondatrice delle suore Missionarie della carità, per continuare la sua attenzione verso gli emarginati; - Dall’Africa: il sudafricano Nelson Mandela (1918 – 2013) di cui ricorre il centenario, cittadino di pelle scura, in galera ventisette anni perché attivista per i diritti civili di cittadini di pelle scura, nel 1994 eletto democraticamente primo Presidente del Sudafrica, Nobel per la Pace nel 1993; - Dagli U.S.A.: Martin Luther King jr (1929 – assassinato nel1968) pastore protestante di pelle scura, politico e attivista leader dei diritti civili,che consacrò le sue azioni con la meraviglia del suo motto I have a dream io ho un sogno, Nobel per la Pace nel 1964. La protesta contro la violazione dei diritti fondamentali trova anche clamorose testimonianze, fotograficamente immortalate, che smuovono un forte sussulto nella coscienza dell’umanità. Se ne ricordano alcune.

dallo sport - Il saluto delle Pantere Nere, con pugno teso e guanto nero, mostrato dagli atleti di colore John Carlos e Tommie Smith, primo e terzo, sul podio dei 200 metri dei Giochi Olimpici a Città del Messico nel 1968, per contestare il razzismo (fotografo, John Dominis); - L’incontro disputato nel 1976 in Cile della finale di Coppa Davis, in cui i quattro finalisti della squadra azzurra, capitanata da Adriano Panat- ta, con Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli, giocaro- no con le magliette rosse, per contestare il regime del dittatore Pinochet. - La protesta dei giocatori americani del Baltimor Ravens e del- la Jacksonville Jaguars, contro le discriminazioni razziali, “inginoc- chiati”, a Londra in trasferta promozionale del foot-ball americano, incuranti delle disposizioni del presidente U.S.A, Donald Trump, di cantare l’inno nazionale durante l’esecuzione musicale nelle manife- stazioni sportive;

da immagini fotografiche - Nel 1968, l’istante della morte di un vietcong freddato in una strada di Saigon con un colpo di pistola alla tempia (fotografo, Eddie Adams); PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 47

- Il 9 maggio 1978, in via Caetani nel pieno centro di Roma, tra le sedi dei maggiori protagonisti di Governo, la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano, il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro nel cofano di una Renault R4 rossa (fotografo, Gianni Giansanti); - Il 5 giugno 1989, in piazza Tienanmen, la testimonianza dello studente cinese che, a sostegno dei richiedenti democrazia, impa- vido e solo fronteggia quattro carri armati T59 dell’esercito cinese (fotografo, Stuart Franklin di Magnum). dalla violenza sulle donne - MALALA YOUSAFZAY Viveva nel Distretto dello Swat in Pakistan e nel 2012, il giorno 9 ottobre, la ragazza appena quindicenne, sull’autobus che la riportava a casa dall’uscita di scuola, rimase gravemente ferita alla testa da spa- ri rivendicati da terroristi talebani Tehrek-e-Taliban Pakistan (TTP). L’accusa fu di avere denunciato, con i suoi scritti, gli orrori del regime e il mancato diritto delle donne pachistane allo studio. Il principio dell’accesso paritetico all’istruzione Malala lo aveva appreso dal padre Ziauddin Yousafzai, ex insegnante e impegnato sostenitore. Malala nel 2013 ripeté, con la delicatezza del sorriso dei suoi giovani anni, all’Assemblea dell’ONU, e da allora in ogni altra sede, il suo impegno a sostegno del dirittoall’istruzione delle donne e dei bambini del mondo islamico, asserendo: “Un bambino, un insegnante e una penna possono cambiare il mondo”. Nel 2014 ricevette, insieme all’attivista indiano Kailash Satyarth, il Nobel per la Pace e, con i suoi diciassette anni, fu la più giovane persona a esserne insignita, con motivazione: “Per la loro lotta contro la sopraffazione dei bambini e dei giovani e per il diritto di tutti i bambini all’istruzione”. Lei invoca l’istruzione quale strada maestra per nobilitarci e for- marci, partendo dall’apprendimento e amore per la conoscenza, che ci inizia alla comunicazione universale per interagire e conseguire un patrimonio di ricchezza di vita, risorsa unica e meravigliosa. Nel 2017 Malala Yousafzai è stata ammessa all’Università di Oxford, nel Regno Unito, per lo studio di filosofia, economia e politica. Nel marzo 2018, è potuta rientrare, per la prima volta, al suo pa- ese natale e tra l’entusiasmo di familiari e amici ha definito Mingora 48 Giuseppe Maria Lotano

e la valle dello Swat, anche attraverso il suo accaunt Twitter “Il posto più bello per me sulla terra”. (Fonte: Il Messaggero, 1aprile 2018 - Mondo - Malala torna in Pakistan 6 anni dopo).

- NADIA MURAD Giovane studentessa, che all’età di 20anni il 3 agosto 2014 dal suo villaggio fu rapita con tante altre ragazze dai jihadisti e costretta alla schiavitù sessuale. Le uccisero sua madre, sei fratelli mogli e figli, e in pochi giorni si stima siano scomparse dall’area, tra assassinate e rapite, almeno 10.000 persone. Dal campo di prigionia riuscì a sfuggire agli uomini dell’Isis, fu aiutata da una famiglia a rifugiatasi nel campo profughi a Duhok, nel Nord dell’Iraq e da lì raggiunse Stoccarda, in Germania,dove pubblicizzò la sua vicenda fino a rappresentarla davanti al Consiglio di sicurezza dell’ONU. Premio Nobel per la Pace, conferitole il 5 ottobre 2018, con mo- tivazione: “Per i suoi sforzi nel porre ne all’uso della violenza sessuale come arma di guerra e conitto armato”è la diciassettesima donna a rice- vere il riconoscimento ed è denominata la “Fenice guerriera”. Il premio Nobel per la pace (Nobel peace prize) e gli altri premi Nobel, sono stati istituiti dal testamento di Alfred Bernhard Nobel del 1895, assegnati per la prima volta nel 1901. Alfred Bernhard Nobel (Stoccolma, 21 ottobre 1833 – Sanremo, 10 di- cembre 1896) fu un noto industriale svedese, inventore della dinamite. Il candidato per il premio Nobel per la pace, a differenza degli altri premi Nobel assegnati per la: letteratura, Medicina, Fisica, Chi- mica, Economia, viene scelto dal Comitato per il Nobel norvegese e conferito in Norvegia, la cerimonia di premiazione si tiene a Oslo, tutti gli altri premi Nobel sono assegnati in Svezia. Il 20 dicembre 2018 Nadia fu ricevuta da Papa Francesco. Nominata ambasciatrice Onu, è molto impegnata in azioni a so- stegno della lotta alla tratta di esseri umani e rifugiati. Per l’intensa attività di denuncia di ogni sistema in offesa al rispetto delle donne e contro l’addestramento dei ragazzi per trasformarli in guerriglieri dell’ISIS è continuamente minacciata di morte. Lei conferma il suo impegno morale e sociale e asserisce: “Non avrò pace finché tutte le donne violentate non saranno liberate” e aggiunge “perché io sia l’ultima”. Nadia è originaria dell’IRAQ appartiene al gruppo etnico dei Ya- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 49

zidi, che per la Treccani sono «un gruppo di popolazioni ordinate a tribù, di origine e di lingua curda e con religione propria». L’etnia è presente soprattutto nella zona prossima alla città di Sinjar, nel nord dell’Iraq, sul confine con la Siria. da scontri razziali - GEORGE LOINGER Tra diversi uomini protagonisti di azioni a sostegno dei diritti fon- damentali contro le atrocità dell’odio razziale, merita menzione uno degli ultimi protagonisti, da poco scomparso.George Loinger. Nato a Strasburgo da genitori ebrei-ortodossi, è deceduto all’età di 108 anni il giorno 28 dicembre 2018. Egli salvò, tra il ’43 e ’44, centinaia di bimbi ebrei dalla deporta- zione nazista e dopo l’armistizio, circa cinquemila ebreiutilizzando la nave Exodus per trasferendoli dall’Europa nella “Terra promessa” da cui un anno dopo sorse Israele. La sua superba impresa, nel 1960, fu oggetto dell’omonimo film, Exodus, diretto da Otto Preminger e interpretato da Paul Newman.

Questi esempi riportati, di straordinaria e nobile testimonianza, di estrema sfida contro le sopraffazioni contro l’essere umano, finanche con il sacrificio della propria vita e rivolti a costruire una società più umana e capace di progressi sociali, impone a ciascuno il dovere di spendersi quotidianamente per potenziare tempi di azione e accelerare il miglioramento delle condizioni di vita per ogni essere umano. A nessuno è giustificato starsene in finestra a guardare, a non attivar- si e, di fatto, trasferire ad altri il massimo sacrificio e la responsabilità di lotta per ottenere un beneficio di godimento universale. Tutti, ovunque ci troviamo, possiamo tendere a divenire filamenti attivi per tessere intorno al globo una rete, a maglie strette, in cui ingab- biare il nostro passaggio nel mondo e indirizzarlo allo sviluppo e tutela della vita, senza considerarne alcuna delle eccezione o limitazione. Contro ogni discriminante tra esseri umani già si pronunciò la Co- stituzione della Repubblica Italiana nel 1947, nobile e suprema fonte del nostro ordinamento giuridico, come pure l’UNESCO nel 1950. Vero è che la sensibilità verso nobili ideali non è patrimonio dif- fuso e che sani ammonimenti e insegnamenti, come la storia testi- monia, hanno tempi lunghissimi per la penetrazione e fecondazione 50 Giuseppe Maria Lotano

nell’animo umano e poterne diventare comportamento ma occorre farne tesoro e non sprecare una indicazione di pace e di civiltà per l’umanità intera, nel rispetto di quanti con lealtà si spendono per so- stenere principi di equità e rispetto tra gli uomini a tutela del valore del dono della vita per ognuno diritto fondamentale e irripetibile da tutelare sempre e ovunque. Il richiamo più forte delle testimonianze proviene dall’offesa arre- cata ai bambini, santa madre Teresa di Calcutta interpellata su diverse tematiche così diceva “ Quale è la cosa più facile da fare? Sbagliare.” e “Quali i migliori insegnanti? I bambini.” Se sbagliare è possibile ma apprendere è un dovere, la fonte a cui attingere insegnamenti, pur se in forte calo, esiste ancora e facciamo- ne tesoro per migliorare.

da testi canori Sul tema drammatico e profondo della contrarietà verso “l’Altro” e del non dialogo, si riporta il testo dei brani composti da due notis- simi cantautori, per cercare la verità del significato della nostra vita. L’interrogativo del perché vagare ancora nel vento, che si pose Francesco Guccini, fu presentato nel settembre 1966 con l’ ”Equipe 84” intitolato “Bang bang Auschwitz” e poi l’anno successivo, con il gruppo musicale “I Nomadi “, definitivamente intitolato: “La canzone del bambino nel vento” (Auschwitz). Per l’impegno sociale il Gruppo, il 20 Settembre 1977, durante il concerto di Assisi (PG), in occasione del II Festival per la pace, rice- vette il premio “Artisti per la Pace 1997”. La proposta, auspicata da Sergio Endrigo, presentata nel 1997, della possibilità di realizzare nel mare un ponte fatto di barche e di intesa tra tutte le genti unite per mano per un girotondo intorno al mondo, fanno scuola per un ideale possibile di essere unica entità intelligente per vivere la meraviglia dell’universo e non sprecarla.

LA CANZONE DEL BAMBINO NEL VENTO (AUSCHWITZ). (Autore: Francesco Guccini - Modena, 14 giugno 1940) “Son morto // con altri cento // son morto // che ero un bambino // passato // per il camino // e adesso sono nel vento // ad Auschwitz // c’era la neve // il fumo // saliva lento // nel freddo // giorno d’inverno // e adesso sono nel vento // ad Auschwitz // tante persone // ma un solo // grande silenzio // è strano // non riesco ancora // a sorridere // PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 51

qui nel vento // io // chiedo // come può l’uomo // uccidere // un suo fratello // eppure // siamo a milioni // in polvere // qui nel vento // in polvere // qui nel vento // e ancora // tuona il cannone // e ancora // no // non è contenta // di // di sangue // la bestia umana // e ancora // ci porta il vento // io chiedo // quando sarà // che l’uomo // potrà // imparare // a vivere // senza ammazzare // e il vento si poserà // e il vento si poserà”.

GIROTONDO INTORNO AL MONDO (Autore: Sergio Endrigo - Pola 1933) Se tutte le ragazze // le ragazze del mondo // si dessero la mano //si dessero la mano //allora ci sarebbe // un girotondo //intorno al mondo // intorno al mondo // e se tutti i ragazzi //i ragazzi del mon- do //volessero una volta // diventare marinai // allora si farebbe // un grande ponte // con tante barche // intorno al mare // se tutta la gente // si desse la mano // se il mondo veramente // si desse una mano // allora si farebbe // un girotondo // intorno al mondo // intorno al mondo // se tutta la gente // si desse la mano // se il mondo veramente // si desse una mano // allora si farebbe // un girotondo // intorno al mondo // intorno al mondo. da testi poetici C’È UN PAIO DI SCARPETTE ROSSE (Autrice: Joyce Salvadori Lussu - FI / 1912 - RM /1998) C’è un paio di scarpette rosse// numero ventiquattro // quasi nuove // sulla suola interna si vede // ancora la marca di fabbrica // “Schul- ze Monaco” // C’è un paio di scarpette rosse // in cima a un mucchio // di scarpette infantili // a Buchenwald. // Più in là c’è un mucchio di riccioli biondi // di ciocche nere e castane // a Buchenwald. // Ser- vivano a far coperte per i soldati. // Non si sprecava nulla // e i bimbi li spogliavano e li radevano // prima di spingerli nelle camere a gas. // C’è un paio di scarpette rosse // di scarpette rosse per la domenica // a Buchenwald. // Erano di un bimbo di tre anni, // forse di tre anni e mezzo. // Chi sa // di che colore erano gli occhi // bruciati nei forni, // ma il suo pianto // lo possiamo immaginare, // si sa come piango- no i bambini. // Anche i suoi piedini // li possiamo immaginare. // Scarpa numero ventiquattro // per l’eternità // perché i piedini dei bambini morti // non crescono. // C’è un paio di scarpette rosse // a 52 Giuseppe Maria Lotano

Buchenwald, // quasi nuove, // perché i piedini dei bambini morti // non consumano le suole.

dalla speranza Tanti uomini sono sensibilizzati alla condivisione e varie sono le modalità operative ma ne mancano molti altri, moltissimi altri, è molto diffusa la sostanziale mancanza di cultura per esprimere la necessaria “forza dell’unione” tra le persone, contro le aspirazioni di cieca indivi- dualità personale o di parte. A ognuno la responsabilità di una risposta nel rispetto assoluto della vita affinché possa accadere che “il vento si poserà…. e che le scarpette rosse possano consumare le suole per fare vivere passi di gioia a ogni bimbo”. Vicende di odio e persecutorie verso“l’altro”persistono, esse sono sempre alimentate e attuate con acerrima e inaudita efferatezza. In particolare le maggiori aggressioni sono rivolte contro portatori di segni a testimonianza della propria etnia, della propria fede, ad esempio il Crocifisso per i cristiani, fedeli che al mondo subisconopiù attentati e vittime per atti di persecuzione; il Kippah per gli ebrei; per idolatrie varie; per il diverso colore della pelle. Sicuramente nessuna motivazione di scontro, maggiormente se a danno e offesa della dignità e tutela della persona, può trovare giusti- ficazione e ancora meno quella per razzismo. Quest’ultimo fenomeno è frutto di una folle teoria di pretesa pu- rezza e superiorità razziale contesa tra etnie, conseguente a uno stato confusionale del pensiero e dell’agire umano ma tutti ne siamo corre- sponsabili, fintanto che non saremo capaci di Prenderciper mano in un“Girotondo intorno al mondo”. Tutto è possibile ma se si può fare tanto male si può fare anche tanto bene, mai rinunciare né a farlo, né a bramarlo,né a sognarlo, occorre sempre tenere accesa la forza della speranza. Per farne comportamento di vita occorre approcciarsi con respon- sabilità totale per comprendere e non sprecare indicazioni di pace e di civiltà, lealtà verso l’umanità intera e verso quanti si spendono per sostenere principi di equità e rispetto tra gli uomini, a tutela del valore del dono della vita, per ognuno diritto fondamentale e irripe- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 53

tibile da tutelare sempre e ovunque intorno al mondo. Ai nostri mari vietiamo di essere distese di pacifici percorsi comuni- canti e lasciamo che i loro flutti restituiscano il corpicino annegato del bambino curdo siriano “Alan” adagiandolo riverso sulla spiaggiadella co- sta turca di Bodrum, nel settembre 2015, proprio come accade a un boc- ciolo di fiore reciso dalla pianta della vita e scaraventato sulla nuda terra. La foto di Alan,(spesso erroneamente chiamato Aylan) di solo tre anni, fu subito nota in tutto il mondoe il sacrificio della sua vita mostrò l’inequivocabile conseguenza della follia umana per incapacità di co- struire civili relazioni e di ausilio tra i popoli. Altre tragedie recenti hanno riguarda- to la morte di milioni di ebrei nei forni crematori di Auschwitz e Birkenau tra il 1941 e 1942 e l’eccidio di 335 civili e milita- ri, di cui 75 ebrei, due quin- dicenni, due diciassettenni, nelle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944 divenuto “Sa- crario-monumento naziona- le” e altri se ne potrebbero citare. Da tante ingiustificate stragi scaturì la Legge 20 luglio 2000, n. 211 che approvò l’Istituzione del “Giorno della Memoria” di condanna dello sterminio e delle persecuzioni subite dal popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei Campi nazisti”. Le Nazioni Unite con risoluzione 60/7 nell’Assemblea generale del 1º novembre 2005, proclamaronoil 27 gennaio, data in cui nel 1945 l’Ar- mata Rossa fece irruzione nel campo di concentramento di Auschwitz, “Giorno della Memoria” internazionale, ovvero la “Giornata internazio- nale di commemorazione in memoria delle vittime della Shoah. Quel giorno denominato dell’“Olocausto” per intendere “sacri cio” con riferimento alle vittime, che nella religione greca e ebraica veni- vano bruciate vive in onore degli dei ma riferite a capri, tori, agnelli o della“Sohoah” nel senso di ”catastrofe” umana. 54 Giuseppe Maria Lotano

Altro drammatico eccidio avvenne presso le Foibe, naturali inghiot- titoi carsici, e nell’area triestina presso un pozzo minerario a Basovizza, scavato all’inizio del XX secolo e profondo circa 250 metri, divenuto Foiba n.149, dal 1992 “Monumento nazionale”, in cui furono scaraven- tati, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e fino al 1947, su direttive dell’OZNA, polizia segreta di Tito, moltissimi prigionieri anche da vivi, tutti italiani della Venezia Giulia, Dalmazia e Istria. Per quest’ultimo eccidio e a ricordo dell’esodo violento degli istriani per rientrare verso la madrepatria è stato indetto dopo lungo silenzio e tardivo riconoscimento, con legge dello Stato del 30 marzo 2004 n. 92, il Giorno del Ricordo solennità civile nazionale che si celebra il 10 febbraio di ogni anno. La nostra patria, ridente penisola nel Mediterraneo, pur abbracciata d’ogni parte dal mare, teatro di tanta storia e di civiltà, stenta ad aprire le proprie braccia in risposta all’aiuto di richiedenti o a concrete colla- borazioni di sviluppo dei Paesi dell’area mediterranea. Tanti eventi di estrema drammaticità nulla ancora hanno insegnato per contrastare la malvagità e l’egoismo dell’essere umano, rendendo la nostra vita una secca esperienza negata al piacere del vivere da “giusti”quindi da “saggi” ma non ancora è stata smarrita la Speranza di riuscire a essere protagonisti per consegnare, alla storia e alle prossi- me generazioni, sani rapporti tra i popoli a tutela e salvaguardia della dignità umana. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 55

100 POESIE IN CASTELGRANDESE Alla fonte del mio dire

ABBAST (basta) OSSERVATORJ (osservatorio) TJUEMB (tempo) ACCMMNZÀ (incominciare) PACJ (pace) TMBUEST (tempesta) AJ N (agnelli) PAPANONN (nonno) TRAS (entra) ASPTTAV (aspettavo) PATRON (padrone) TRBBIATUR (trebbiatura) ASSEMBLEH (assemlea) PENS (penso) TRNUÀ (ritornare) BCCHIER (bicchiere) PICCJ (capricci) TRRAMOT (terremoto) BLLEZZ (bellezza) PRCJSSION (processione) TRUÀ (trovare) CAMMCETT (camicetta) PREET (pietre) CAPTAV (capitava) PRFUM (profumo) CHIU (più) PRUESEPIJ (pre- CITT (zitto) sepe) CIUCCJ (asino) PUASS CLANDESTIHN (clandestino) (passo) CLUR (colori) CRJATUR (bambini) EMIGRANN (emigrando) FCUANOJ (falò) FHRMUELL (bottoncini) FUM (fumo) PUZZ GIJUS (gioiosi) (poz- GRITT (dritto) zo) GRRANN (gridando) Q U A HLIOS (vogliosa) (qua) HLUIJ (desideri) Q U A S HRRAJ (gridai) (quasi) LASS (lascia) RCETT (ricet- LUCJ (luce) ta) LUER (vero) REDITÀ (eredità) LUN (luna) REGGJ (reggia ) MATASS (matassa) RICJ (dire) TUAVUT (bara) MBASTN (impastano) RIZZ (riccio) TUOZZ (tozzo ) MIJ (mio) RSPIR (respiro) TURV (torbido) MUNN (mondo) SAI (sai) UARC (vicolo) NAC (culla) SAPOR (sapore) UARDAT (sguardo) NANT (avanti) SCALIN (scalini) UFFÀ (uffà) NCONTR (incontro) SCORZ (scorza) UIENT (vento) NDOC (rintocca) SEMMN (semina) VACANT (vuoto) NFUNN (in fondo) SPICCHJ (spicchi) VALIGJ (valigia) NGER (c’era) SPRAGLJ (spiraglio) VLLUT (velluto) NIENT (niente) STIZZ (goccia) VOSC (bosco) NOCTE (nocte) STUFF (stufo) VRTÀ (verità) NSCIUN (nessuno) SUONN (sogno) ZNGÀ (indicare) NTUORN (intorno) SURC (solchi) ZUMB (salto) NUR (nudo) TESS (tesse) ZUMBUAN (saltando) NVCAT (nevicata) TIEN (possiedi) 56 Poesie Giuseppe Maria Lotano

ABBAST BASTA M nfoc si pozz Mi riscaldo se posso strcannm r man sfregandomi le mani n streng nient e non stringo niente pass l tiemb passo il tempo miezz a cos in mezzo a cose chi vann che vanno e venhn e vengono pnsann pensando ca a vot che a volte serv poc serve poco si è fam se è fame bast pur basta anche na stozz. un tozzo.

ADDUR PROFUMI Semp tu Sempre tu pitt la nott dipingi la notte r ognj chlor di ogni colore po r matin poi di mattina tarmntenn guardando vec at fiur vedo altri ori ma p me ma per me chiù r lor più di loro addur tu. profumi tu. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 57

AJ N AGNELLI S scontn uommn Si incontrano uomini nhn tenn ra ricj non hanno da dire trann ca i suonn tranne che i sogni luer r uagliun veri di ragazzi quann nsciun quando nessuno tniè paur aveva paura r uardà nant di guardare avanti er quer la vij era quella la via mo r varc chius ora di varchi chiusi ognun è r tropp ognuno è di troppo ajn mut attaccat agnello muto legato a pier ncrciuat a piedi incrociati e chi vol accat e chi vuole compera tutt è mrcanzij tutto è mercanzia nient chiu cont niente più conta s è tropp cnfus si è troppo confuso st povr munn. questo povero mondo.

ALLANUR NUDO Lttuann sul Lottando solo ch ogn forz con ogni forza e allanur e nudo pruann fitt provando tte scjrtuat di frustate nhn fnisc non nisco senza paur senza paura r hrrà fort di gridare forte ognj vrtà ogni verità pur si tra anche se tra rlur viv dolori vivi e url. e urli. 58 Poesie Giuseppe Maria Lotano

ASSEMBLEH ASSEMBLEA L assembleh L’assemblea è n post è un posto ndo discut ireh dove discutere idee s pot ricj tutt si può dire tutto rop la riunion dopo la riunione ognun s n vaj ognuno se ne va ma nge chi pens ma c’è chi pensa a r parol sntut alle parole sentite e sphrgiur e dicj e spergiura e dice la prossma vot la prossima volta r sistem ij a chir li sistemo io a quelli p dicj tanta cos per dire tante cose so senza vrhognj sono senza vergogna però p frtuna lor però per fortuna loro so stat cit e srut sono stato zitto e seduto cert m ven l rubbj certo mi viene il dubbio ma facen accssuì ma facendo così ch so ghiut a fa che sono andato a fare e sta chsciuenz e questa coscienza sarrà a post. sarà a posto.

BCCHIER BICCHIERE N bcchier Un bicchiere r cchiu di più na uardat una guardata attuorn intorno e i pnsier e i pensieri so fnut sono niti par facjl sembra facile stac qua sto qui né saccj né so diman domani o si ven o se viene p m ricj per dirmi quaccos qualcosa r luer. di vero. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 59

BLLEZZ BELLEZZA Aggj pnsat Ho pensato chisà com chissà come a n suonn ad un sogno mai fatt mai fatto tutt attuorn tutto intorno senza nott senza notte chjn r lucj pieno di luci che bllezz che bellezza m è smbrat mi è sembrato r ess nat di essere nato e n gruir e un grido m a rvgliat. mi ha svegliato.

CAMMCETT CAMICETTA L eja cos strett La devi cucire stretta s adda nclluà si deve incollare sul l rspir solo il respiro adda passà deve passare l suart attient il sarto attento rces sul vabbè disse solo va bene pglias r msur prese le misure l juorn appries il giorno dopo jett a pruarl andai a provarla er cmm vlié era come volevo ma p s accjrtà ma per accertarsi chjn r cjrtezz pieno di certezza senza ricj scus senza dire scusa psuas la man posò la mano sop a st cor su questo cuore e a vocia vascj e a voce bassa uardannm ress guardandomi disse quist adda sbatt questo deve sbattere ma la cammcett ma la camicetta t nserr l piett. ti rinserra il petto. 60 Poesie Giuseppe Maria Lotano

CAPTAV CAPITAVA Ind a l uarc Nel vicolo spiss shccjriuè spesso succedeva ca furij r vient che furia di vento s prtuav i pnsier si portava i pensieri senza ricj ndo senza dire dove rstav ogn vot restavo ogni volta mut e lggier muto e leggero m sntié chjum mi sentivo piuma e tann captav e allora capitava r m n abbluà di volarmene ra cr uarc. da quel vicolo.

CHIATRAT GHIACCIATO Affacciàt Affacciato a l mragliòn alla nestra c l sol lion con il sol leone vèch r vij vedo le strade chièn r calùr piene di calura l aria nfcuàt l’aria infuocata appicj la terr accende la terra pò si m mett dopo se mi porto p cri varch per quei vicoli r cas vacànt di case vuote s strèngj l còr si stringe il cuore ruènt chiatràt. divento ghiacciato. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 61

CHIU PIÙ Chiu Più pens semb penso sempre r puassat il passato o a diman o a domani e men saccj e meno so si l tiuemb se il tempo pass o rest passa o resta eppur l suent eppure lo sento vcjuin a mi vicino a me cmm n rspir come un respiro gret a l avt dietro l’altro e nasc arret e nasco di nuovo né j ric nient né gli dico niente né l cont chiu. né lo conto più.

CHLUR COLORI I chlur I colori appiccjn accendono r lucj l munn di luci il mondo levn scruij tolgono oscurità po a primaver poi a primavera parln a l tiem parlano al tempo r pittur. di pittura. 62 Poesie Giuseppe Maria Lotano

CITT ZITTO Sul Solo m n torn me ne torno ch l suegret con il segreto r cos pnsat di cose pensate quannricj quando dici citt zitto m sent mi sento erv ars erba arsa né chiov né piove pur nduorn pure intorno manc vec neanche vedo nuvl. nuvola.

CIUCCJ ASINO Nda l arij na ragliat Nell’aria una ragliata m chiamn ciuccj mi chiamano asino e m segnj la jrnuat e mi segno la giornata avruecchj appzzat orecchie appuntite cora calat e vard coda calata e basto camin mbacienz cammino in pazienza per nant e gret piede avanti e dietro nhn m la piglj non me la prendo pur si mo ricjn anche se ora dicono ca so przzius che sono prezioso fazz r mueglj faccio il migliore latt p criatur latte per bimbi so figlj sant sono gli santi e ij mamm e io mamma ma cr nom ma quel nome semp avut sempre avuto nsciun mai nessuno mai. m a cangiat. mi ha cambiato. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 63

CLANDESTIN CLANDESTINO L uient Il vento sbatt fnestr sbatte nestre r cas nsrrat di case rinserrate p dà lucj per dare luci a paur nostr a paure nostre sop a spranz sulle speranze r ata gent di altra gente ritt fraster detta forestiera pcché r mar perché di mare e terr lntuan e terre lontane ma a lor ric ma a loro dico vuj sit vocj voi siete voci hrrat fort gridate forte pur quann pure quando fint saput nti eruditi v chiamn vi chiamano clandestin clandestini senza capì senza capire r vita vostr di vita vostra maj nient. mai niente.

CRJATUR BAMBINI Ch so Cosa sono i crjatur i bambini shspuir sospiri r natur di natura o cunt o racconti r fatih di fatiche ma po ma poi bastn bastano cri grir quei gridi mhscjcat mischiati ch tiemb con tempo r ajer di ieri e pnsier e pensieri p craj per domani e subbt e subito capiscj capisci ch so. cosa sono. 64 Poesie Giuseppe Maria Lotano

EMIGRANN EMIGRANDO Tniè Tenevo ancor ancora ra pazzià da giocare ma nhn avié ma non avevo chiu tiemb più tempo né fantasij né fantasia t n jer jut te ne eri andato emigrann emigrando so crsciut sono cresciuto ognj ser ogni sera aspettann aspettando l juorn il giorno p sapé. per sapere.

FCUANOJ FALÒ M aggjrav Mi aggiravo p varc e vij per vicoli e vie a vré mucchj a vedere mucchi r levn nsiem di legna insieme a fascj r zepp a fasci di zeppi aspettan l or aspettando l’ora e la scintill e la scintilla p ess fcuanoj per essere falò ch bott e crptij con botti e crepitii fum e vampat fumo e vampate chi tirn gritt che tirano dritto vers l mbrell verso l’ombrello pntjuat r stell punteggiato di stelle ndo lucj e schruij dove luci e oscurità mscjcat nsiem mischiate insieme frscjcur r nott frescura di notte s chnsmuav. si consumava. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 65

FRAT FRATELLO T so sor Ti sono sorelle una è piccjl una è piccola l’avt è gross l’altra è grande tu si l frat tu sei il fratello eja sta citt devi stare zitto quest è la revl questa è la regola p capiscj per capire cmm s facj come si fa p sta nsiem per stare insieme e avé onor. e avere onore.

FRMUELL BOTTONCINI Cos bell Cose belle nhn canosc non conosco però r sent però le sento tzzluein ìntr bussano dentro stann sol sol stanno sole sole so fiammell sono ammelle mbzcat nciel incollate in cielo chi tant è scur che tanto è scuro manc s ver neanche si vede eppur cr lucj eppure quelle luci parn frmuell sembrano bottoncini csut mbiett cuciti sul petto a cammcett a camicette r uagliott di ragazze quann r ser quando di sera stann a gir stando in cerchio e zit allat e danzato a lato lgger e docj leggere e dolci s n abboln se ne volano facenn pass facendo passi r tarantell. di tarantella. 66 Poesie Giuseppe Maria Lotano

FUM FUMO M cnsum Mi consuma sta rabbia questa rabbia eppur eppure chi sa com chi sa come lass r cos lascia le cose cmm so come sono e l rlor e il dolore n ten revl non ha regole né raggion né ragione né tuort né torto rest hintr resta dentro nhn facj non fa manc fum. neanche fumo.

GIJUS GIOIOSI Par nient Sembra niente ma st fuatt ma questo fatto m a prtuat mi ha portato a farm sent a farmi sentire rspir gijus respiri gioiosi r chi s proj di chi si offre p fa capiscj per fare capire ca l munn che il mondo s manten si regge e camp e campa r shntmient. di sentimenti. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 67

GRITT DRITTO Fniscjl Finiscila m rciv mi dicevi nhn saj non sai ca la vit che la vita tir gritt tira dritto né sbaglj non sbaglia mai vij mai strada sap tutt sa tutto è docjl è docile ma capirl ma capirla è difficjl. è dif cile.

HLIOS VOGLIOSA St ciuel Questo cielo è senza funn è senza fondo nhn s facj tccuà non si fa toccare nhn dicj parol non dice parola cmmoglj r cos copre le cose vott l uiend spinge il vento facj lucj e scur fa luce e buio ndron e lampej tuona e lampeggia r ognj jrnuat di ogni giornata s ten segret si tiene segreto pur ndo port anche dove porta l esistenza mij l’esistenza mia hlios r stell. desiderosa di stelle. 68 Poesie Giuseppe Maria Lotano

HLUIJ DESIDERI Pcchè nhn chiov Perché non piove ten secc sta terr ha sete questa terra e nhn dicj nient e non dice niente par na crjatur sembra una creatura ca chien r hluij che piena di desideri allat a la mamm af anco alla madre senza fa piccj senza fare capricci s n staj quiet se ne sta tranquilla sndenns cert sentendosi certa r ndo s trov. di dove si trova.

HRRAJ GRIDAI Attardat Attardato na ser una sera a uardà a guardare terr spars terre diffuse nda n foglj in un foglio m r sgnaj me le segnai ern allascur erano buie cr munn cup quel mondo cupo m aviè lassat mi aveva lasciato senza suonn senza sonno a prim sol a primo sole arret r uardaj di nuovo le guardai sthrlciuen luccicavano r acquarin di brina tann hrraj allora gridai mo è fnut ora è nita la nttuat. la nottata. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 69

HRRANN GRIDANDO Nda l suonn Nel sonno m chrrié mi credevo vgliant sveglio tant er luer tanto era vero aggj vist ho visto ca la lucj che la luce parié nev sembrava neve a pluin a turbine e n psuav e non posava s mscjscav si mischiava a l uient al vento hrrann gridando ij nhn cal io non calo a st munn in questo mondo s fann cos si fanno cose ca crer che credere n s ponn. non si possono.

LASS LASCI Sti pass Questi passi s stann si stanno acchrciuann accorciando aggia arruà debbo arrivare ndò pozz dove posso p chju nant per più avanti serv tiemb serve tempo e gamm nov e gambe nuove tu eja corr tu devi correre e thrà gritt e tirare dritto mo è or adesso è ora ca t lass. che ti lasci. 70 Poesie Giuseppe Maria Lotano

LUCJ LUCE Chiuc iuocchj Chiudo gli occhi p vré n munn per vedere un mondo fatt sul r lucj fatto solo di luci e r front i clur e di fronte i colori anna tarment debbono guardare p sapé ca manc per sapere che neanche tutt lor nsiem tutti loro insieme ponn mai ra possono dare a terra crjat a terra creata quaccos r chiù. qualcosa di più.

LUER VERO Nhn t n accuorgj Non te ne accorgi ma n fuatt gruos ma un evento grande t pssuer subbt ti possiede subito m captas proprj mi capitò proprio quann sntiett quando ascoltai cmm foss oj come fosse oggi cr poc parol quelle poche parole eja sapé fìglj devi sapere glio ca l amor luer che l’amore vero è mut e sacrer è muto e appaga t ard e ten verd ti arde e tiene verde e la vit t cangj. e la vita ti cambia. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 71

LUN LUNA R bella post Di proposito nda sta srat in questa serata m voglj mett mi voglio mettere a la fnestr alla nestra nfront a la lun di fronte alla luna p la tarment per osservarla hind a juocchj negli occhi e addmmuannà e chiedere ch guard r nott cosa guarda di notte pizzc e carezz pizzichi e carezze o pnsier r gent o pensieri di genti quann ven e vaj quando viene e va senza ricj nient senza dire niente e facenn semb e facendo sempre cra faccia tost. quella faccia tosta.

MANNAGGJ MANNAGGIA Aggj Ho mazzcat masticato sul arij solo aria sta jrnuat questa giornata l stommc lo stomaco s è gonfiat si è gon ato chi m ver chi mi vede ricj subbt dice subito mangj tropp mangi troppo e ij riun e io digiuno ch n fuil con un lo r vocj di voce risponn rispondo oj aggj oggi ho strafatt strafatto mannaggj. mannaggia. 72 Poesie Giuseppe Maria Lotano

MATASS MATASSA Spiss facim Spesso facciamo cos p nient cose per niente o p thrà nant o per tirare avanti e nhn truam e non troviamo ndo è l cuap dov’è il capo r la matass della matassa però ricjn però dicono è tutt colp è tutta colpa r sta politc di questa politica pot ess pur può essere pure ma a sapé ma a sapere chi sim. chi siamo.

MBASTN IMPASTANO Staser Stasera men acquh tira acqua scmmov cos smuove cose s mbastn si impastano nda la cap nella testa ch at pnsier con altri pensieri pttat r sol dipinti di sole p fa r diman per fare di domani na primaver. una primavera. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 73

MIJ MIA Hij Io nhn t pens non ti penso secc o grass magra o grassa avt o vascj alta o bassa bell o brutt bella o brutta pcché r tutt perché di tutto si meglj sei migliore ch na parol con una parola piccjl e gross piccola e grande mista nsiem messa insieme t saccj ricj ti so dire ca r st munn che di questo mondo teng semp ho sempre sul a ti solo a te mamma mamma mij. mia.

MUNN MONDO Aspett la ser Aspetto la sera sfruscj l juorn sfruscia il giorno acqua crruent acqua corrente sott a l pont sotto al ponte sopr s sentn sopra si sentono scarpis e rspir passi e respiri attuorn attuorn intorno intorno sicur e sul sicuro e solo fuj l munn fugge il mondo nhn facj rmur non fa rumori n proj r tutt ci porge di tutto nhn cerc nient non cerca niente nhn par luer. non sembra vero. 74 Poesie Giuseppe Maria Lotano

NAC CULLA La nac La culla m a sgnat mi ha segnato tnut intr tenuto dentro m a ctluat mi ha dondolato si avié rorm se dovevo dormire m a cnsluat mi ha consolato si chiangié se piangevo po n so assut poi ne sono uscito cmm farfall come farfalla e jut p at vij e andato per altre vie ma p sta qua ma per stare qui mo capisc ora comprendo quanta fatih quanto lavoro r mam e tat di mamma e papà fatt p me fatto per me at ca nac. altro che culla.

NANT AVANTI N ata vot Un’ altra volta m so truat mi sono trovato a ghj nant ad andare avanti p nhn pnsà per non pensare r puassat il passato aggj shntut ho sentito corr vhntat correre ventate fredd e fruscj fredde e fruscio r acqua chiar di acqua chiara ndà l fuoss nel fossato p capiscj per capire ca ognun che ognuno adda ess deve essere cntuent contento ch quer con quello chi pot. che può. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 75

NCONTR INCONTRO Mo intr Ora dentro s affaccj si affaccia sol e ciel sole e cielo ra vtrat da vetrate r port di porta e fnestr e nestra r sta cas di questa casa fatt r levn fatta di legno arruat qua arrivata qua ropp trmat dopo tremato rjal r gent regalo di gente r terr lntuan di terre lontane p dà na man per dare una mano a grzzà r cos a drizzare le cose e vnirn ncontr. e venirci incontro.

NFUNN IN FONDO Nhn so Non sono chiacchjr chiacchiere né fantasij né fantasie ma at cunt ma altri fatti i rlur fort i dolori forti stann nfunn stanno in fondo so sul e mut sono soli e muti so nuvl scur sono nuvole scure r notta chien di notte piena cercn lucj cercano luci chisà ndo. chissà dove. 76 Poesie Giuseppe Maria Lotano

NIENT NIENTE Tarmient Guarda quanta terr quanta terra acquh vij e chiant acqua vie e piante cas chien r sol case piene di sole arij sazij r sapur aria sazia di sapori ten proprj tutt ha proprio tutto st puais mij questo paese mio ndo je crruenn dove andavo correndo cmm n uient come un vento e zmbuann e saltellando cmm n gruiggj come un grillo m appen crsciut ma appena cresciuto vij fraster vie forestiere m ann nzngat mi hanno indicato e quann torn e quando ritorno ognun m ricj ognuno mi dice spiccjt a jrtinn sbrigati a andartene qua la fatih qui il lavoro è poc e nient. è poco e niente.

NOCTE NOCTE So arruat Sono arrivato a sera tard a tarda sera a la Terra dei Re alla Terra dei Re curm m aspettav colmo mi aspettava n rzzul r nocte un orcio di “nocte” vhvennl a surs bevendolo a sorsi l aggj assapruat l’ho assaporato tann m so accort allora mi sono accorto ca pnsier e nttuat che pensieri e nottata s n ern abbluat se ne erano volati e ch l utma stizz e con l’ultima goccia a la salut r tutt alla salute di tutti aggj scritt ho scritto na srnat. una serenata. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 77

NSCIUN NESSUNO Parol tremn Parole tremano mbont r leng in punta di lingua vluessr ricj vorrebbero dire parn stizz sembrano gocce pront a scorr pronte a scorrere ra sicchj curm da secchio colmo ma mpontn ma stanno a l post lor al posto loro parln juocchj parlano gli occhi frasc a l viuent foglie al vento corrn lntuan corrono lontano ndo so ghiut dove sono andati figlj emigrat gli emigrati e ra tann e da allora n crescj erv ne cresce erba mo st terr ora queste terre chiu nsciun più nessuno r semmn. le semina.

NTUORN INTORNO Nhn parlà Non parlare na uardat uno sguardo ogn pnsier ogni pensiero facj capiscj fa capire ma bast pur ma basta pure cr rspir tuj quel respiro tuo ca ntuorn che intorno s facj sent si fa sentire pcché vol perché vuole rir e jcuà. ridere e giocare. 78 Poesie Giuseppe Maria Lotano

NVCAT NEVICATA Sta nvcat Questa nevicata senza rmor senza rumori av apparat ha appianato ognj cos ogni cosa e calann e calando cr puann quel panno clor jang colore bianco avarrà pnsat avrà pensato vist ch sccjuer visto cosa succede ca pur sta terr che anche questa terra vol ess battezzat. vuole essere battezzata.

OSSERVATORIJ OSSERVATORIO So vnut Sono venuto a l tuopp al Toppo p l osservatorij per l’Osservatorio a vrè ch la lent a vedere con la lente r stell nciel le stelle in cielo r stess r quann le stesse di quando tra criatur stis tra bambini distesi nda la vianov sulla rotabile n r cntuavm ce le contavamo mo guardannr ora guardandole so chiu gross sono più grandi quas r tocc quasi le tocco pur sta vot pure questa volta raggj cntuat le ho contate e ngè ancor e c’è ancora la stella mia la stella mia mica ngjgnat non usata ma si m aspett ma se mi aspetta torn a nascj ritorno a nascere fnut r guardà nito di guardare ch st pnsier con questo pensiero m n so ghiut. me ne sono andato. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 79

PACJ PACE Sta vocj Questa voce ca nhn ten che non ha chiù fiat più ato è cmm è come na passiat una passeggiata quann fniscj quando nisce e stann ferm e stando fermo a uocchj chius a occhi chiusi sntenn attuorn sentendo intorno cos chi corrrn cose che corrono vac pnsann vado pensando ca pur l munn che pure il mondo s n vaj gjrann se ne va girando ncerc r pacj. in cerca di pace.

PAPANONN NONNO Ra papanonn Da nonno m uard ntuorn mi guardo intorno e sul mo e solo adesso m accorg mi accorgo quanta tiemb quanto tempo nge vlut c’è voluto p arruà a oj per arrivare a oggi ma nhn m pes ma non mi pesa vec sti nput vedo questi nipoti e at criatur e altri bambini r jcuà e rir di giocare e ridere m sent nciel mi sento in cielo m er schrduat mi ero dimenticato r ptué abbluà di potere volare par n suonn. sembra un sogno. 80 Poesie Giuseppe Maria Lotano

PATRON PADRONE S è rhvgliat Si è svegliato ch l phnsier con il pensiero e p bsuogn e per bisogno cerc patron cerca padrone p luoc carzzat per campi carezzati ra spic ndruat da spighe indorate ndo servn vrazz dove servono braccia p met a jrnuat per mietere a giornata e ra prim or e da prima ora nda l arij balln nell’aria ballano man e favcj mani e falci e s rann vocj e si danno voce mthtur a turn mietitori a turno fathann curv lavorando curvi nda cr terr in quelle terre nfcuat. infuocate.

PENS PENSO Nn serv grrà Non serve gridare si nhn vuò sent se non vuoi sentire maj è crrut mai hai creduto ca t vlié ben che ti volevo bene ma saj ch pens ma sai cosa penso meglj acchssuì meglio così la nttuat è cort la nottata è corta ten già pront ha già pronto n spraglj r sol uno spiraglio di sole l munn è tunn il mondo è rotondo è fatt p aggjrà. è fatto per girare. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 81

PICCJ CAPRICCI Aj psuat Hai posato pann lavat biancheria lavata aj fil nfront ai li in fronte a l bualcon al balcone n uient frjus un vento furioso s è prtuat si è portato l muaccatur il fazzoletto po l aggj vist poi l’ho visto sbatt n ciel sventolare in cielo appis a nuvl appeso a nuvole ra ndo gronn da dove gronda stizz r lagrm gocce di lacrime ca p cri piccj che per quei capricci. n sim lassat. ci siamo lasciati.

PRÈET PIETRE R prèet Le pietre fann ndrappaglià fanno inciampare ma sul p t ricj ma solo per dirti tarmient uagliò guarda ragazzo ndo mitt i pier dove metti i piedi si vuò i nant se vuoi avanzare e nhn rstà e non restare a nsciun a nessuno ndret. indietro. 82 Poesie Giuseppe Maria Lotano

PRCJSSION PROCESSIONE Subbt la nott è sparut Subito la notte è svanita cmmtat è questua abbiat comitato e questua avviati i prim fuoc sparat i primi fuochi sparati oj è festa grann oggi è festa grande tutt so priat tutti sono lieti p r vij son la band per le vie suona la banda e rop messa cantat e dopo messa cantata ch campan a stes con campane a distesa ra la chiesa madr dalla Chiesa Madre ess la Maronn Assunt esce la Madonna Assunta e s mov la prcjssion e si muove la processione nant a tutt la crocj davanti a tutti la croce ai lat a un a un nfil ai lati a uno ad uno in la criatur e associazion bambini e associazioni confraternt a complet confraternite al completo po mzziett e giglj poi mezzetti e gigli e prtuat a spaggj e portata a spalle bell cmm n suonn bella come un sogno lent e sluenn avanz lenta e solenne avanza la statua r la Maronn la statua della Madonna subbt prievt e autorità subito preti e autorità uommn e mushcant uomini e musicanti rop femmn cantann poi donne cantando r lod e avio Marij le lodi e Ave Maria a utm sul giuvn in ultimo solo giovani e p chi è lntuan e per chi è lontano pnsier e prjer mij pensieri e preghiere mie so nda l gjuiglj sono nel giglio fatt p vut. fatto per voto. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 83

PRFUM PROFUMO S cnsum Si consuma st munn questo mondo manc sap neanche sa pcché perché corr sul corre solo apprises dietro a nient a niente ha pers ha perso r ognj cos di ogni cosa l prfum. il profumo.

PRUESEPIJ PRESEPE Accstuat Accostato a l pruesepij al presepe stann alert stando in piedi e pnsann e pensando stié cnfus stavo confuso po uardann poi guardando cr criatur quel bambino ch lucj r uocchj con luce di occhi m a tccuat mi ha toccato sul tann solo allora attuorn a mi intorno a me tutt è cangiat tutto è cambiato e l aggj prhat e l’ho pregato ngjncchiuat. inginocchiato. 84 Poesie Giuseppe Maria Lotano

PUASS PASSO N puass Un passo nant e gret avanti e indietro e abball e ballo senza sapé senza sapere m mov mi muovo e ctluej e dondolo so stizz sono gocce r acqu di acqua st not queste note s posn si posano sop a nuj su di noi e po ch tuic e poi con te man a man mano nella mano vac cantann vado cantando e nhn vluess e non vorrei ca l tiuemb che il tempo s n pass. se ne passi.

PUZZ POZZO L puzz è nfunn Il pozzo è profondo scur stritt mup scuro stretto muto eja calà chian devi calare piano parm ropp parm palmo dopo palmo p canoscj preet per conoscere pietre e stizz nsiem e gocce insieme ca stann intr che stanno dentro p stpuà acqu per conservare acqua e luà secc e togliere sete a st munn. a questo mondo. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 85

QUA QUA So qua Sono qua ch nant con davanti n bcchier un bicchiere pens a cos penso a cose ra nhn crer da non credere so lgger e chiar sono leggere e chiare scritt nda l arij scritte nell’aria nhn fann rmor non fanno rumore trann quann tranne quando m r mett me le metto a cntuà. a raccontare.

QUAS QUASI P r vij Per le strade m crer mi credo r ess sul di essere solo tutt è sthtuat tutto è spento pur la nott anche la notte s è ammtlut si è ammutolita st ciuel è nivr questo cielo è nero scur cmm a mi scuro come me ma ngé ndò sthrlucj ma c’é dove luccica stann mut l tuarmend stando muto lo guardo m l suent assaj vcjuin me lo sento molto vicino e sap quas r cmbuagnij . e sa quasi di compagnia. 86 Poesie Giuseppe Maria Lotano

RCETT RICETTA Ognj ser Ogni sera s stié nsiem si stava insieme p la tavluat per la tavolata a chi cjrcav a chi chiedeva ch foss pront cosa fosse pronto subbt p rspost subito per risposta la rcett r semb la ricetta di sempre tu mangj e citt tu mangia e zitto mamm r dcié mamma lo diceva ch tanta cjrtezz con tanta certezza e nuj ch prianz e noi con gioia n mangiavm ci mangiavamo ch era er. cosa era era.

REDITÁ EREDITÀ La redità La eredità è na iastem è una bestemmia p chi s n vaj per chi se ne va n r chrrié maj mai se lo pensava e p chi rest e per chi resta ca adda spart perché deve spartire e nhn sap ch fa e non sa cosa fare p avé r mueglj per avere il meglio ma l thstamient ma il testamento cangj i cunt cambia i conti ngè chi piglj c’è chi prende chi subbt zllej chi subito litiga e chi for ra tutt e chi fuori da tutto ch gjruizij ricj con giudizio dice sarrà buon avè sarà buono avere ma chiu r tutt ma più di tutto peggj r nient peggio di niente è sta a sciarrà. è stare a litigare. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 87

REGGJ REGGIA Ndo nasciett Dove nacqui er na casa grann era una casa grande quant na reggj quanto una reggia ricc r ognj ben ricca di ogni bene l juorn passav il giorno passava ra festa chien da festa piena la chiu afflluat la più affollata a jann r jav agli anni degli avi ndo sntié ricj dove sentivo dire r piglià at vij di prendere altre vie e so partut e sono partito ma cri juorn ma quei giorni mai scrduat mai dimenticati r teng car li tengo cari strint mbiett. stretti nel petto.

RICJ DIRE T voglj ricj Ti voglio dire ca tu m piacj che tu mi piaci at cos nhn saccj altre cose non so né voglj canoscj né voglio conoscere rcess chi vol dica chi vuole nhn sann capì non sanno capire ch si tu p me cosa sei tu per me ponn sul ricj. possono solo dire. 88 Poesie Giuseppe Maria Lotano

RIZZ RICCIO Chmm nient Come niente m sent sul mi sento solo nhsrrat a rizz rinchiuso a riccio uaj chi s azzecc guai chi si avvicina e pnsà ca fin a jer e pensare che no a ieri stié mhbrazz a l munn stavo in braccio al mondo chmm sopr a na giostr come sopra a una giostra abbluav ch la mushc volavo con la musica l arij m accarzzav l’aria mi carezzava ognj cos aggjrav ogni cosa girava e ij nsiem a lor e io insieme a loro stié nda l uient. stavo nel vento.

RSPIR RESPIRO So rmuast Sono rimasto ch la secc con la sete p ghj fort per andare forte fin a quann no a quando cr rspir tuj quel respiro tuo semb a lat sempre accanto m a nzhngat mi ha insegnato ca sul quir che solo quello m crer semp mi crede sempre e m avast. e mi basta. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 89

SAI SAI Sai parlà Sai parlare l tualjan l’italiano ma tu vien ma tu vieni ra sottaggià da laggiù nhn pot ess non può essere si vuo sapé se vuoi sapere ritt tra nuj detto tra noi hij nhn creer io non credo ca tien raggion che hai ragione r puarlà buon il parlare bene semb nascj sempre nasce p prim mbiett per prima nel petto pur senza sturij anche senza studi ma si saj pnsà. ma se sai pensare.

SAPOR SAPORE Ancor Ancora a ti cerc a te cerco amic luer amico vero r prim pnsier di primi pensieri e r cos fnut e di cose nite passat r cors passate di corsa ra quann nsiem da quando insieme rhspravm suonn respiravamo sogni p enghj l juorn per riempire il giorno r ognj sapor. di ogni sapore. 90 Poesie Giuseppe Maria Lotano

SCALIN SCALINI R zmbuav Li saltavo a un a un a uno a uno tutt cri scalin tutti quegli scalini e cri rspir e quei respiri ern muzzc erano morsi rat a l uient dati al vento fin mpont no in cima a l cuastieggj al castello r cors a vrè di corsa a vedere l puais ra ngim il paese da sopra miezz a l mun in mezzo al mondo chiu allargat più allargato mo i scalin ora gli scalini ran cancjllat li hanno cancellati ch chiattarol con pietre piatte sop a ndò sulle quali s sciul a salì si scivola a salire e r chiù a scenn e di più a scendere pur prim captav pure prima capitava ma si nvcav. ma quando nevicava.

SCORZ SCORZA Vluess Vorrei cangià scorz cambiare scorza ma pò st rarc ma poi queste radici nhn m criarrienn non mi crederebbero canoscjn la storij conoscono la storia e quer ten e quella ha sul sta peggj solo questa pelle avessma fa dovessimo fare ca rest nur che resto nudo allor st fuatt allora questo fatto maj pot ess. mai può essere. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 91

SER SERA La ser La sera adda ess aspettat deve essere aspettata adda ess assapruat deve essere assaporata rop jrnuat cnsmuat dopo giornata consumata nsiem a vccun r pan insieme a bocconi di pane mbastat ch sror impastati con sudore e pnsier. e pensieri.

SPICCHJ SPICCHI St pnsier Questo pensiero accssuì citt così zitto manc s sent neanche si sente sul e appìs solo e appeso a fìl sttuìl a lo sottile r spranz di speranza par ragn sembra ragno chi tess che tesse p vest per vestire spicchj spicchi r lun di luna a spass a spasso nciel in cielo la ser. la sera. 92 Poesie Giuseppe Maria Lotano

SPAR SPARI L rmor Il rumore sicc s sent secco si sente e facj terror e fa terrore nhn s n pot chju non se ne può più quann vai e spar quando vai e spari parlann r amor parlando di amore e nhn saj ch è e non sai cosa è e manc saj ca e neanche sai che nda sta terr su questa terra ra cr juorn da quel giorno la vit toj la vita tua è n ftor. é un fetore.

SPRAGLJ SPIRAGLIO Adda aggjrà Deve girare cr sol nciel quel sole in cielo fin a tarment no a guardare nda sta fnestr in questa nestra e cr spraglj e quello spiraglio r lucj chiar di luce chiara m adda prcià mi deve penetrare p m rvglià per svegliarmi a juorn nuov a giorno nuovo e senza pnsà e senza pensare voglj rsprà. voglio respirare. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 93

STIZZ GOCCIA La stizz La goccia è na cos è una cosa mnut minuta però si ess però se esce a pic a pic a poco a poco rvuac tutt svuota tutto e ndo tras e dove entra accorm colma si po car se poi cade ndo pos dove arriva facj prtos fa buchi pur ncap anche in testa bast già basta già cr tic tic quel tic tic r rmor di rumore po at vot poi a volte lev la sec toglie la sete o n sfuizzj o uno s zio e tan scen e allora scende ra l cjuel dal cielo ma piens ma pensa ch cmbuin cosa combina e parlam e parliamo r na stizz. di una goccia.

STUFF STUFO M tuff Mi tuffo nda mbiccj in problemi ch scorza mij con corteccia mia aggia fa sent debbo far sentire quant nfunn quanto profondo tenhn rarc hanno radici pnsier luer pensieri veri p r chiantà per piantarli ncap a chi in testa a chi s sent sùl si sente solo e stuff. e stufo. 94 Poesie Giuseppe Maria Lotano

SUONN SOGNO M sonn Sogno cos nov cose nuove e po facj juorn e poi fa giorno m uard attuorn mi guardo intorno par cmm ajer sembra come ieri invecj nge nat sol invece c’è un altro sole r clur mai vist di colori mai visti fors è r nat munn forse è di un altro mondo o è sul n suonn. o è solo un sogno.

SURC SOLCHI St rlor Questo dolore m scmmov mi smuove l suent aratr lo sento aratro fccat nterr ccato in terra p fa surc per fare solchi e rvtuarl e rigirarla fin a dicj no a dire a lat scur a lato scuro ca l munn che il mondo ten l sol ha il sole p dà lucj per dare luce e calor. e calore. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 95

TRRAMOT TERREMOTO (23.11.1980) (23.11.1980)

Cra vot Quella volta maj la scord mai la dimentico m cocj ancor mi scotta ancora n rspir sphzzat un respiro spezzato ra cr rmor funn da quel rumore fondo ca nhsaccj ricj che non so dire tutt m cangias tutto mi cambiò l sntiett fort lo udii forte manc tiemb neanche tempo p avè paur per avere paura e r bott fu e di colpo fu l trramot. il terremoto.

TIUEN POSSIEDI Semp tu Sempre tu m pitt la nott mi dipingi la notte r tanta chlur di tanti colori po la matìn poi al mattino jenn p terr andando per terre allabbient incolte vech at fiur vedo altri ori ma p mme ma per me addor luer odore vero l tiuen tu. lo possiedi tu. 96 Poesie Giuseppe Maria Lotano

TIUEMB TEMPO Grir semb Gridi sempre camin r cors cammini di corsa e si t scont e se ti incontro manc t firm neanche ti fermi aj semb chffà hai sempre da fare par nhn capacj sembri non capace r ess n poc rocj di essere un poco dolce ma quan vuò ma quando vuoi stai bella quiet stai bella quieta e proprj tann e proprio allora pierd l cunt perdi il conto r l tiuemb. del tempo.

TMBUEST TEMPESTA Chntruariat Contrariato ruent tmbuest divento tempesta frius e lggier furioso e leggero p scappà semb per fuggire sempre lntuan ra tutt lontano da tutto ma stann sùl ma stando solo nhn camb chiù non vivo più m sent r ess mi sento di essere n albr strrat. un albero sterrato. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 97

TRBBIATUR TREBBIATURA S sntié Si sentiva ra lntuan da lontano facié rmor faceva rumore r scjcppttat di fucilate cr motor quel motore p fa aggjrà per far girare cint e rot cinghie e ruote r la trebbij della trebbia sop a l arij sullo spiazzo nda na neglj in una nebbia r lot e pul di polvere e pula chi pzzcav che pizzicava ndo s psuav dove si posava fin a quann no a quando cvun r gregnj covoni di gregne rvntavn sacc diventavano sacchi r gran e spranz di grano e speranze e la trbbiatur e la trebbiatura tra na passat tra una passata r vin a cannitt di vino a cannello e n avt pur ed un’altra pure psat r gruan pesato il grano fnié. niva.

TRAS ENTRA St cas Queste case so fatt sono fatte r shspuir di sospiri chi abboln che volano e po s posn e poi si posano un sop a l avt uno sull’altro preet attzzuat pietre modulate p nir r amor per nidi di amore ndo ognun dove ognuno torn a nascj torna a nascere appen tras. appena entra. 98 Poesie Giuseppe Maria Lotano

TUAVUT BARA L tuavut La bara nserr tutt chiude tutto a mtà a metà intr e for dentro e fuori citt n cor zitto un cuore l avt no l’altro no nhn dicj non dice pcché s vaj perché si va pcché s rest perché si resta né daj rspost né dà risposta maj a nient mai a niente e a nsciun e a nessuno né a utm né a ultimo salut. saluto.

TRUÀ TROVARE Chi sa Chi sa pcché perché la gent ricj la gente dice è bell avé è bello avere l mun chjn il mondo pieno r tant amore di tanto amore ma si po’ ma se poi t uard ti guardi attuorn intorno vir ca vedi che l scjcuatl lo scatolo è vacant è vuoto pcché perché s parl sul si parla solo nsciun pens nessuno pensa ca p truà che per trovare eja rà. devi dare. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 99

TUOZZ TOZZO Arranzat Affacciato a l mraglion al muraglione ch l sol lion con il sol leone vec ognj vij vedo ogni via chien r calur piena di calura l aria nfcuat l’aria infuocata crep i luoc crepa i campi po mttennm poi mettendomi nda cri uarc in quei vicoli vacant r gent vuoti di gente pcché forhterr perché altrove s mut st cor si muta questo cuore ruent tuozz diventa un tozzo r pan sccat. di pane seccato.

TURV TORBIDO Scrhtuann Scrutando trov r turv trovo il torbido no stizz chiar non gocce chiare p luà secc per togliere sete a parol fort a parole forti franc ra tutt libere da tutto bon p chi buone per chi vol thrà gritt vuole tirare dritto senza fa zez senza fare nte ma tropp spiss ma troppo spesso la gent r scart la gente le scarta r men a l uient le tira al vento ra ndò carn da dove cadono preet spers pietre disperse nda ncchiarc in terre incolte e si po r truov e se poi le ritrovi nhn avé paur non avere paura annasluij tutt ascolta tutto so vocj luer sono voci vere ricjn e sann. dicono e sanno. 100 Poesie Giuseppe Maria Lotano

UARC VICOLO Er stritt l uarc Era stretto il vicolo er fatt r preet era fatto di pietre r gent e criatur di gente e ragazzini r aria e r addur di aria e di odori ognun facié r suj ognuno faceva il suo ma nger pur ma c’era pure chi r sera tard chi di sera tardi stanc e strutt stanco e distrutto trasiè a la cas entrava in casa ch n sualut con un saluto e ropp mngiat e dopo mangiato pnsan a fatih pensando a lavori r iuorn appries di giorno seguente rcié buona nott diceva buona notte e s n jé a corc. e se ne andava a letto.

UARDAT SGUARDO Mo so quiet Ora sono quieto è sces la nev è scesa la neve nhn s facj sent non si fa sentire cal sop a r cos cala sulle cose par na uardat sembra uno sguardo ra la fnestr dalla nestra pur l pnsier pure il pensiero s n stai citt se ne sta zitto e cmm gran e come grano sott a la terr sotto la terra aspett l or aspetta l’ora e stai sicur e sta sicuro ca sap nascj perché sa nascere pur miezz anche in mezz a r preet. alle pietre. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 101

UFFÁ UFFÀ Uffà Uffà mai r dic mai lo dico nhn stac non sto mpalat impalato ij corr io corro appriess dietro a sta vit a questa vita pur si anche se nhn saccj non so capiscj capire ndo pot dove può arruà. arrivare.

UIENT VENTO Sent l uient Sento il vento corr p r vij correre per le vie port e fnestr porte e nestre ruentn mur diventano muri n l fuann trasì non lo fanno entrare nsciun vol sapè nessuno vuole sapere chi pass e ch dicj chi passa e cosa dice e tann tir gritt e allora tira dritto lassanns gret lasciandosi dietro chi vol campà chi vuole vivere stann nsarrat stando serrato p paur r tutt per paura di tutto fin a dvntà no a diventare men r nient. meno di niente. 102 Poesie Giuseppe Maria Lotano

VACANT VUOTO M sent sul Mi sento solo cmm n rspuir come un respiro quann ten paur quando ha paura né s facj sent né si fa sentire né s facj vré né si fa vedere chi sa chi sap chi sa chi conosce ch pot scciuer cosa può accadere pur l cor pure il cuore par ca s ferm sembra che si fermi e la vocia mij e la voce mia son r vacant suona di vuoto proprj cmm proprio come ropp vippt dopo bevuto son l rzzul. suona l’orcio.

VIV VIVO A scriv A scrivere t voglj ti voglio ben bene è facjl è facile si m ricj se mi chiedi ma è luer ma è vero n r saccj non lo so ma pnsannt ma pensandoti m sent viv. mi sento vivo. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 103

VALIGJ VALIGIA M scjcantai Mi spaventai a sent cr fruscj a sentire quel fruscìo er l cor mij era il mio cuore chisà ndo jé chissà dove andava a tzzluà pnsier a bussare pensieri cjrcav rspost cercava risposte e sapé pcché e sapere perché ogn matin ogni mattino nascj l iuorn nasce il giorno p cos nov per cose nuove quann invecj quando invece nhn gangj nient non cambia niente ra semp ngè da sempre c’é chi strur r fatih chi consuma di lavoro e chi rcoglj e chi raccoglie chi senza jrnuat chi senza giornata e nhn sap pcché e non sa il perché p quest e at cos per questo e altre cose giuvn allabbient giovani senza lavoro arrtuat nghiazz in cerchio in piazza strngenns l cor stringendosi il cuore nda brazz afflit tra le braccia afitte s uardn e dicjn si guardano e dicono qua sim nat qui siamo nati ma namma fuj ma dobbiamo fuggire e p cjrcà spranz e per cercare speranza na valìgj abbast una valigia basta già tccuas a jav già toccò agli avi e mo tocc a nuj e ora tocca a noi scappà ra oj scappare da oggi p avé craj. per avere domani. 104 Poesie Giuseppe Maria Lotano

VLLUT VELLUTO Si fiùt Sei fuggita p mé si stat per me sei stata lucj r lamp luce di fulmine ch tuic è fnut con te è nita na notta san una notte intera pur l juorn anche il giorno è stat curt è stato breve sent ancor sento ancora carezz toj carezze tue r man rocj di mani dolci fatt r vllut. fatte di velluto.

VRTÁ VERITÀ M abbastarrìa Mi basterebbe sul na fnestr solo una nestra p avé la lucj per avere la luce trasì l ujent entrare il vento uardà l munn guardare il mondo almen nant a mi almeno davanti a me ma st chiacchjr ma queste chiacchiere so banc r neglj sono banchi di nebbia p iuocchj mij per gli occhi miei e quas tutt fniscj e quasi tutto nisce prim r acchmnzà prima di cominciare eppur n so cert eppure ne sono certo s pot cangià si può cambiare la vrhtà nhn s quiet la verità non si quieta aspett senza vrhognj aspetta senza vergogna continua a dicj fatt continua a dire fatti semp chmm so sempre come sono ma p n la sent ma per non sentirla e p la cjttiscj e per zittirla la chiamn pacciaria. la chiamano follia. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Poesie 105

VOSC BOSCO Crescj l vosc Cresce il bosco nhn t par non ti sembra vir tutt verd vedi tutto verde ognj tant ogni tanto sient n fruscj senti un fruscio e tra ramaglj e tra rami chi pot abbol chi può vola s accov e cant si nasconde e canta pò jenn jenn poi andando andando truov n puiscjl trovi un rivolo e npunt na zeng e ti fermi un poco allor piens pur allora pensi pure r trnuà ndret di tornare indietro ca si schruiscj perché se fa buio può sbaglià vij puoi sbagliare via nda l vosc. nel bosco.

VUCCL CANNELLO Mo teng Adesso ho vocj ars voce arsa e vocc apert e bocca aperta patron mij padrone mio è l uient è il vento facj ch vol fa cosa vuole ma nhn sap ma non sa ca semp ij che sempre io faccia tost faccia tosta fatt r preet fatta di pietra a tutt r or in tutte le ore stié p vuccl stavo per cannello e m la cantav e me la cantavo sphnziann distribuendo a chi n vliué a chi ne voleva acqua srgjuent acqua sorgente mo è na vrhognj ora è una vergogna l ann mbrgliat l’hanno captata senza lassarn senza lasciarne p me e nsciun per me e nessuno mang na zeng. neanche un poco. 106 Poesie Giuseppe Maria Lotano

ZNGÀ INDICARE L sol è gret Il sole è dietro nhn s ver non si vede lass la nott lascia la notte a stell spars a stelle sparse p vglià per vegliare e fa zngà e fare indicare vij r munn vie di mondo a chi rest a chi resta ndret. indietro.

ZUMB SALTO N zumb Un salto aggia fa debbo fare bast n puass basta un passo e so lntuan e sono lontano senza tccuà senza toccare chiù terr più terra so ndà l’arij sono nell’aria manch uard neanche guardo vec e corr vedo e corro nciel funn nel cielo fondo cmm nuvl come nuvola nient m ferm niente mi ferma attuorn r cos intorno le cose nhn s afferrn non si afferrano so ugual a mi sono uguali a me mbastat r furij impastate di furia lciuent r sol lucenti di sole e senza tiemb. senza tempo. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 107

IL DETTO Per farla breve.

I detti originano nel passato, un tempo indefinito e affascinante da scoprire e capire. Contengono vigore di forza del dire privo d’inganno o artificio di racconto. Si tuffano con delicato slancio infre- nabile di realtà e mito nel presente e nel futuro, perché “ritt r jantic nhn fagljn mai” detti degli an- tichi non sbagliano mai. Cofanetti custodi di ric- chezza di vissuto giunto a noi per eredità orale degli avi. Sacro passaparola che non tradisce il rispetto per la verità assoluta da confida- re e continuare. Tesori capaci di brillare oltre la scia del sole, per orientare, as- sicurare certezza ai nostri passi, ave- re ragione anche del buio. Sintesi accorte con linguaggio di poesia per cogliere il vibrare di emozioni. Spunti di riflessione rapida e formula espositiva efficace, per impri- mere l’indelebile nell’intimo delle persone. Messaggi pregni d’impensata concretezza del pensiero. Razionalità dell’indicare, senza l’oblio delle proprie origini, con tra- sparenza indenne da intrecci di traiettorie di flussi e tempeste di rela- zioni. Musicalità del pensiero, di colori, di odori, di sapori, la cui matrice unica è l’esperienza di azione dell’uomo. Concetti oltre ogni convenzione con anima mossa da intese uni- versali di vita. 108 Giuseppe Maria Lotano

Recitazioni ornate da costumi trapunti da accenti di specifica ap- partenenza, d’essenza del pensiero umano, di coordinate geografiche a sostegno della necessità e ricchezza di dialogo e d’incontro tra le comunità. Verità costruite da sorrisi e sofferenze della vita, che al mondo si presentano con un gemito, per continuare a dire e nel tempo essere della maestria umana patrimonio di amore e di cultura. Parole di memoria storica da cui trarre lumi per conoscere, sal- vaguardare e accrescere spazi di vita, superare confini, nutrirsi con irremovibili radici lucane. I detti mi affascinano e coinvolgono per le emozioni che suscitano pensando a impegno, esperienze, condizioni storiche e altri elementi occorsi per il loro divenire, d’impossibile datazione tranne se riferita al tempo in cui ci hanno atteso e accolto alla nascita, per accompagnarci e sostenerci nei percorsi di vita, consegnarci la magnificenza della no- stra prima lingua, dell’appartenenza, del nostro essere figli grati della terra lucana. Essi spaziano, vanno, si ritrovano, navigano con ogni vento, taglia- no tutti gli orizzonti che vorrebbero porre limiti o ingabbiarli. Le pagine che seguono fungono da pareti di un unico forzierecon- tenente mille detti, selezionati per area di interesse e stipati in nove distinti scomparti, da cui attingere, in rigorosa sintesi: “Auspici, Avvertenze, Constatazioni, Fauna, Gastronomia, Generali- tà, Mestieri e Attività, Meteorologia, Risorse”. Il codice di accesso è sancito dalla voglia di conoscerli per inter- rogarsi e rapidamente misurarsi con concetti essenziali per verificarne la rispondenza con la personale esperienza o riportata da altri e assu- merne indicazioni. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 109

1.000 DETTI IN CASTELGRANDESE E AREA DI INTERESSE

AUSPICI AVVERTENZE CONSTATAZIONI FAUNA GASTRONOMIA GENERALITÀ MESTIERI E ATTIVITÀ METEOROLOGIA RISORSE 110 Detti Giuseppe Maria Lotano

AUSPICI Lass fa a Dij nhn d ra pehn - Lascia fare a Dio non darti pena

a buon ndnntor poc parol - a buon intenditore poche parole abb fhrtun e ruorm - abbi fortuna e dormi abbascj ca vinn - modera e vendi ah! si trnuass ndret ricj l uecchj - ah! se tornassi indietro dice il vecchio aiutht ca Dij t aiut - aiutati che Dio ti aiuta aspiett fhgliola fata ca ruend uirhv l nzruat - aspetta ragazza “fata” che diventi vedovo lo sposato cand ca t pass - canta che ti passa chi buon accmmuenz e a mtà r l'opr - chi bene incomincia è a metà dell’opera chi cangj pais cangj frtun - chi cambia paese cambia fortuna chi fatih aspett premj - chi lavora aspetta premio chi vol cambà cientann pipp r cret e cannuccj r cann - chi vuole vivere cento anni pipa di creta e bocchino di canna cor chntuent ciel l aiut - cuore allegro cielo lo aiuta cos chi s aspettn so meglj - cose che si aspettano sono migliori criscj san e bnritt e scjcatt l mualuocchj - cresci sano e benedetto e schiatti il malocchio Dij nhn peggj rces quir chi s l truascjnav l acquh - Dio non peggio disse quello che se lo trascinava l’acqua l buon juorn s ver ra la matin - il buon giorno si vede dalla mattina l rutt port l suan - il rotto porta il sano l Sgnor ver e pruer - il Signore vede e provvede maj ca adda ess chiù nivr r la mezzanott - mai che potrà essere più nero della mezzanotte maj a ricj maj - mai a dire mai maronna mij aiutm e ramm pacienz - Madonna mia aiutami e dammi pazienza meglj tard ca maj - meglio tardi che mai PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Detti 111

nhn gjuè duj senza tre - non c’è due senza tre ognj anm nat primaver aspett - ogni anima nata primavera aspetta ognj juorn nadda conquistà n avt - ogni giorno ne deve conquistare un altro ognun p sé e Dij p tutt - ognuno per sé e Dio per tutti panz pzzut figlj masqul panz larga figlj femmn - pancia appuntita glio maschio pancia larga glio femmina panz avt l puart è lntuan panz sces l puart è vcjuin - pancia alta il parto è lontano pancia scesa il parto è vicino piens buon ca meglj t ven - pensa positivo che meglio ti viene puozza fjruiscj chmm la mazz r san Gjsepp - possa tu orire come il bastone di san Giuseppe puozza mruì sicc e panzut - possa tu morire magro e panciuto puozza squagliart cmm la nev r marz - possa discioglierti come la neve di marzo robb nterr spranz nciel - beni in terra speranza in cielo s chiur na port e s apr n prton - si chiude una porta e si apre un por- tone si la frtun t vol a cast t ven a truà - se la fortuna ti vuole a casa ti viene a trovare si nascj a lun crhscent accriscj quer chi tien - se nasce a luna crescente accresci quello che hai si nascj a lun ammangant accriscj quer chi mang - se nasce a luna mancante accresci quello che manca sul r mntuagnj nhn s ncondrn maj juommn sì - solo le montagne non si incontrano mai gli uomini sì t pozza pglià n colp - ti possa prendere un colpo thram nant ca p mruì ngè tiemb - tiriamo avanti che per morire c’è tempo titt titt titt pigljt l ruend stuort e ramm l gruitt - tetto tetto tetto prenditi il dente storto e dammi il diritto uaj ch la pal e morta maj - guai in quantità e morte mai viaht a chi ten sant mbaravis - beato a chi ha santi in paradiso vutt a fa nott ca juorn è fatt - sbrigati a fare notte che giorno è fatto zit bagnat zit affhrtnuat - sposi bagnati sposi fortunati 112 Detti Giuseppe Maria Lotano

AVVERTENZE A l cor nhn s cmmuann - Al cuore non si comanda

a l bscjuard nhn é chrrut la vrtà - al bugiardo non è creduta la verità a lucj r cannel né femmn e né tel - a luce di candela né donne e né tele acqua mup t annec - acqua muta ti annega aiutm leng sinò t taglj - aiutami lingua altrimenti ti taglio albr carut accett accett - albero caduto taglia taglia amicj e cmbuar patt chiar e amcizj alluong - amici e compari patti chiari e amicizia duratura attient a ti ca l fuess t facj fess - attento a te perché lo sciocco ti rag- gira chi nhn sap mzzcuà nhn facess vré i rient - chi non sa mordere non faccia vedere i denti bellezz e rcchizz nhn gambn cient ann - bellezze e ricchezze non du- rano cento anni cas cmm r lass e us cmm r truov - case come le lasci e usanze come le trovi cas quant ngj tras e terr quant n vir - case quanto ci entri e terreni quanto ne vedi callar ch callar nhn s tengjn - caldaie con caldaie non si tingono chi ben m vol appriess m veness - chi bene mi vuole diero mi segua chi camin allecc chi s ser secc - chi cammina rimedia chi si siede secca chi cerc trov e chi no aspett - chi cerca trova e chi no aspetta chi cmmuann nhn sur - chi comanda non suda chi favur t facj a crert s mett - chi favori ti fa a credito si mette chi la facj s l aspettass - chi la fa se l’aspetti chi lass la via vecchj p la nov sap ch lass e no ch trov - chi lascia la via vecchia per la nuova sa cosa lascia e non cosa trova chi lass pan e capp ndà uaj ngapp - chi lascia pane e cappa in guai incappa chi luong s ver curt s trov - chi lungo si vede corto si trova PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Detti 113

chi men preet a l arj ncap i carn - chi tira pietre in aria in testa gli ca- dono chi nhn é r cas meglj si nhn gj tras - chi non è di casa meglio se non ci entra chi nhn t rsponn a prima vocj la canzon nhj piacj - chi non ti risponde a prima voce la canzone non gli piace chi rhsprat nascj rhsprat mor - chi disperato nasce disperato muore chi r suonn s abbott r fam s fott - chi di sonno si sazia di fame si strugge chi rir r viennrrì chiangj r sabbt - chi ride di venerdì piange di sabato chi s cnfuess è appis chi facj l amor vaj mbaravis - chi si confessa è processato chi fa l’amore va in paradiso chi semmn spin s facess r scarp r fierr - chi semina spine si faccia le scarpe di ferro chi sprezz vol accattà - chi disprezza vuole comprare chi ten faccj s nzor chi no rest zit - chi è schietto si sposa chi non lo è resta scapolo chi ten figlj e zenzl nhn assess a l buall - chi ha gli e cenci non par- tecipasse al ballo chi ten la cor r paglj s la vruscj - chi ha la coda di paglia se la brucia chi ten tiemb nhn aspttass tiemb - chi ha tempo non attenda tempo chi vaj chian vaj san e lntuan - chi va piano va sano e lontano chi vaj a Rom perd la poltron - chi va a Roma perde la poltrona chi vol fa sold e robb s adda rmnà - chi vuole fare soldi e beni si deve attivare fatt i fatt tuj sinò prim o poj t r fann fa - fatti i fatti tuoi altrimenti pri- ma o poi te li fanno fare fatt i fatt tuj si ngè chi t r facj fa - fatti i fatti tuoi se c’è chi te li fa fare fatt na bona nommn e ruorm - fatti una buona nomea e dormi fhrmat l buall ca adda pscià la zit - fermate il ballo che deve urinare la sposa l erv chi nhn vuò nda l uort t nascj - l’erba che non vuoi nell’orto ti nasce l ommn nhn s msur a parm - l’uomo non si misura a palmi la chianta stort adda ess addrhzzat ra piccjl - la pianta storta deve es- sere raddrizzata da piccola 114 Detti Giuseppe Maria Lotano

la cor è semb la chiù tost ra schrciuà - la coda è sempre la più dura da scuoiare la femmn chi sbatt r ang si nhnnuè poc ngj mang - la donna che di- mena le anche se non è poco le manca la paglj vcjuin a r fuoc s appiccj - la paglia vicino al fuoco si in amma mo ndò e fatt pasquh t fai pur natal - ora dove hai fatto Pasqua ti fai pure Natale nhn chiamà mgliert p thstmonj - non chiamare tua moglie per testi- mone nhn dhrà tropp la cord ca s spezz - non tirare troppo la corda perché si spezza nhn fa l puass chiù luong r la amm - non fare il passo più lungo della gamba nhn fa r ognj erv n fuascj - non fare di ogni erba un fascio nhn serv la zengr p addhvnà la sort - non serve la zingara per indo- vinare la sorte né r mart e né r venr nhn s spos e nhn s part né s raj inizj a art - né di martedì né di venerdì non si sposa e non si parte né si dà inizio a attività nhn è semb or quer chi nderr sthrlucj - non è sempre oro quello che a terra luccica ognj cas ten la crocia soj - ogni casa ha la sua croce ognj ess pot ess - ogni cosa può essere ognj prmuess è rebbt - ogni promessa è debito pah l just p l pccator - paga il giusto per il peccatore parl cmm t a fatt mammt - parla come ti ha fatto tua madre pizz pizz pizz chi s avz perd l puizz - pizzo pizzo pizzo chi si alza perde il pIzzo prim grir nhn corr r furj - primi gridi non correre di furia quann l puir e’ matur car ra sul - quando la pera è matura cade da sola quann l rjuavl t accarezz vol l anm - quando il diavolo ti accarezza vuole l’anima quann ndocc l’Ave Marij o a cast o p la vij - quando rintocca l’Ave Maria o in casa o verso casa quann si martieggj vatt e quann si ncurn statt - quado sei martello batti PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 115

e quando sei incudine stai quann tras buongiorn o buonasehr second l or chi è - quando entri buon giorno o buona sera in base all’ora che è quir nhn cocj ch l acqu - quello non cuoce con l’acqua r matin viett fa l liuett ca nhn saj ch t aspiett - di mattino presto fa il letto perché non sai cosa ti aspetta r pueggj nhn è maj muort - il peggio non è mai morto ra gent senza figlj fuj cient miglj - da persone senza gli fuggi cento miglia ra port vcjuin a prtun e terr vcjuin a vaggjun libera me Domine - da porta vicina a portone e terreno vicino a torrente libera me Signore ra tiemb a l tiuemb - dà tempo al tempo ress la sartain a la callar lievt ca m tingj - disse la padella alla caldaia togliti che mi tingi ropp la shssantin n rlor ognj matin - dopo la sessantina un dolore ogni mattina scup la cas ca nhn saj chi tras - spazza la casa che no sai chi entra si bell vuò paré uaj e pen eja paté - se bello vuoi apparire guai e pene devi soffrire si r spad fhriscj r spad priscj - se di spada ferisci di spada perisci si tien tuort ndà la chiazz nhn ghj a la cort - se hai torto in piazza non andare alla corte si vaj fort vaj ncondr a la mort - se vai forte vai incontro alla morte si vien m faj onor si nhn vien m faj favor - se vieni mi fai onore se non vieni mi fai favore si viett vuò arruà pehr sop a ognj preet nhn psuà - se presto vuoi arri- vare piede su ogni pietra non posare si vuò abbà l vcjuin tard r ser e viett r matin - se vuoi gabbare il vicino tardi di sera e presto di mattino 116 Detti Giuseppe Maria Lotano

si vuò la zit bell t l eja crescj - se vuoi la danzata bella te la devi crescere si vuò tnè cas nett piglj chitarr e scjchppuett - se vuoi tenere casa pu- lita prendi chitarra e fucile simmn vient e rhcuoglj thmbuest - semini vento e raccogli tempesta t voglj zuopp p sta salit - ti voglio zoppo per questa salita teja uardà ra chi ten cera vascj - ti devi tutelare da chi rivolge sguardo in basso tranquill fecj na brutta fin - tranquillo fece una brutta ne tutt i chnsuiglj sient ma n lassà l tuj - tutti i consigli ascolta ma non lasciare il tuo uardt ra ricc apphzzntut e ra povr arrhccut - guardati dal ricco impo- verito e dal povero arricchito va nant tu ca a mi m ven ra rir - va avanti tu perché a me viene da ridere viat i prim pur a r mazzat - beati i primi anche nelle botte vir ndò eja i a fa nott ca juorn è fatt - vedi dove devi andare a fare notte che giorno è fatto vrazz a piett e per a liett - braccia al petto e piede a letto PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Detti 117

CONSTATAZIONI Ognun port acqu a l mluin suj - Ognuno porta acqua al proprio mulino

a cas r snuatur nhn mancn srnat - a casa di suonatori non mancano serenate a chiangj l muort so lagrm pers - a piangere il morto sono lacrime perse a cnfus luccjl p lantern - ha confuso lucciole per lanterne a fa ben nhn s perd maj - a fare del bene non si rimette mai a l mur vascj ognun s appoggj - al muro basso ognuno si appoggia a la vcchiaj cavz ross - in vecchiaia calze rosse a mscjcat acqua torv ch acqua chiar - ha mischiato acqua torbida con acqua limpida a mzzcuart l uvt nhn arriv - a morsicarti il gomito non riesci a parlà è arta leggj - a parlare è arte leggera a parlà p prim è la faccj e no la vocc - a parlare per prima è la faccia e non la bocca a r pueggj nhn gjuè maj fin - al peggio non c’è mai ne acqua torv ten gret acqua chiar - acqua torbida ha dietro acqua chiara aj voglj a snuà la campan chi nhn vol a la chies nhn vehn - hai voglia a suonare la campana chi non vuole in chiesa non viene allanur arruam e allanur n jam - nudi arriviamo e nudi ce ne andiamo altezz mezza bllezz - altezza mezza bellezza amm pers Flipp ch tutt l puanar - abbiamo perso Filippo con tutto il pa- niere ammasciator nhn ten colp - ambasciatore non ha colpa amment ca l puarent corr l vcjuin è arruat - ntanto che il parente accorre il vicino è arrivato amor ch amor s pah - amore con amore si paga angor adda nascj e già s chiam Gjuann - ancora deve nascere e già si chiama Giovanni bell e brutt s sposn tutt - belli o brutti si sposano tutti 118 Detti Giuseppe Maria Lotano

bell r natur nhn ten bsuognj r acchnzuatur - bello di natura non ha bisogno di acconciature cand e cand e la nammruat è sord - canta e canta e l’innamorata è sorda cap chi nhn parl s chiam chcozz - testa che non parla si chiama zucca cangjn i snuatur ma la mushc è la stess - cambiano i suonatori ma la musica è la stessa capiggj e uaj crescjn semb - capelli e guai crescono sempre carta canta e villan rorm - carta canta e villano dorme carta ven e jcuator s avant - carta viene e giocatore si vanta carut catarr e cacareggj strurn i vcchiarieggj - cadute raffreddori e diarree distruggono i vecchietti ch attan e puatron semb tuort e maj ragion - con padre e con padrone sempre torto e mai ragione ch l tiemb e ch la paglj maturn r nespl - con il tempo e con la paglia maturano le nespole chi abb rmuan abbat - chi gabba rimane gabbato chi ahl poc vahl - chi sbadiglia poco vale chi chiù spenn men spenn - chi più spende meno spende chi facj i fatt e chi ten la nommn - chi fa i fatti e chi ha la nomea chi fatih mangj chi nhn fatih mangj e vev - chi lavora mangia chi non lavora mangia e beve chi la ten long e chi la ten cort la cammsol - chi la tiene lunga e chi la tiene corta la camicia chiov semb sopr a r buagnat - piove sempre sul bagnato chi mal capiscj peggj rsponn - chi mal intende peggio risponde chi maneggj fsteggj - chi maneggia festeggia chi nhn rishc nhn roshc - chi non rischia non gode chi pecc nzlenzij facj phntenz npubblc - chi pecca in silenzio fa peni- tenza in pubblico chi s asshmmueglj s piglj - chi si somiglia si prende chi sput nciel nfaccj i torn - chi sputa in cielo in faccia gli ritorna chi tard arriv mal alloggj - chi tardi arriva male alloggia chi ten cmmhrtà e nhn s n or l cnfssor nhn l assolv - chi ha comodità e non se ne gode il confessore non lo assolve PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Detti 119

chi ten la rognj s la gratt - chi ha la rogna se la gratta chi vaj a la cort ra sul nhn ten maj tuort - chi va alla corte da solo non ha mai torto chi vaj ch l zuopp s mbar a zppcà - chi va con lo zoppo impara a zoppicare chiacchjr e tabbaccher viat a chi r ten - chiacchiere e tabacchiera beato chi le ha chiangj l just p l pccator - piange il giusto per il peccatore chiangj l muort e abb l uiv - piange il morto e inganna il vivo chiù poc sim e meglj stam - più pochi siamo e meglio stiamo citt citt ndà l mhrcat - zitti zitti nel mercato cmm è l suant s facj la fest - come è il santo si fa la festa cmm è trist quann ra la seggj teja assttà a la shggjlueggj - come è mor- ti cante quando dalla sedia ti devi sedere alla sediolina cmm fu o cmm nhn fu ma i rnar r avist tu - come fu o come non fu ma i soldi li avesti tu colp r i genitor r pahn i figlj - colpe dei genitori le pagano i gli curct ch i crjatur e la matin t truov phsciat - coricati con i bambini e al mattino ti trovi bagnato curt e mal cavat - piccolo e furbastro é ghjut p s fa la crocj e s è cjcat juocchj - è andato per farsi la croce e si è accecato gli occhi è rmuast cmm a don Francuccj na mana nant e navt gret - è rimasto come donn Francuccio una mano davanti e una dietro è rmuast la zit ch l tupp fatt - è rimasta la sposa con la crocchia fatta è trist a nhn avé sant mbaravis - è grave non avere santi in paradiso eja parlà quann tuorn ra la fer no prim – devi parlare quando rientra dalla era non prima fa ben a jennr e nput è tutt prdut - fare del bene a generi e nipoti è tutto perduto facj l fuess p nhn ghj a la uerr - fa lo stupido per non andare in guerra fatih nhn è fa n fuiglj ma crescjrl - fatica non è fare un glio ma cre- scerlo femmn e guaj quant n vuò n aj - donne e guai quanti ne vuoi ne hai figlj piccjl problem piccjl, figlj gruoss problem gruoss - gli piccoli problemi piccoli, gli grandi problemi grandi, 120 Detti Giuseppe Maria Lotano

figlj spsuat problem raddppiuat - gli sposati problemi raddoppiati figlj r l ammirj è l crepacor - glio dell’invidia è il crepacuore figlj r la shpuerbj è la ruin - glio della superbia è la rovina i parient so cmm i stival chiù stritt so e chiù t fann mal - i parenti sono come gli stivali più stretti sono e più ti fanno male i salhcj lor ch lor s attaccn - i salici loro con loro si legano i sold s accocchjn ch iavt sold - i soldi si associano con gli altri soldi i sold vann e venhn i uaj semb nant t stann - i soldi vanno e vengono i guai sempre avanti ti stanno i uaj r la cas r sap l puatron - i guai della casa li sa il padrone l abbt nhn facj l monhc nè la chierch facj l prevt - l’abito non fa il monaco né la tonsura fa il prete l acquh vaj semb a l muar - l’acqua va sempre al mare l albr cmm crescj mor - l’albero come cresce muore l liett s chiam ros o ngj ruorm o ngj rpuos - il letto si chiama rosa o ci dormi o ci riposi l progress nhn avanz ndò ngè gnjruanz - il progresso non avanza dove c’è ignoranza l chiù pluit ten la rognj - il più pulito ha la rogna l chrnut è l utm a saperl - il cornuto è l’ultimo a saperlo l ciuel guern la terr - il cielo governa la terra l cuaptuost l arom la cort - il testardo lo doma la corte l erva cattiv nhn mor maj - l’erba cattiva non muore mai l munn è fatt a scal chi r scenn e chi r sal - il mondo è fatto a scale chi le scende e chi le sale l munn nhn s fecj ndà n juorn - il mondo non si fece in un giorno l occasion facj l ommn ladr - l’occasione fa l’uomo ladro l ommn prpon e Dij rspon - l’uomo propone e Dio dispone l onestà r vocc assai giov e poc cost - l’onestà di bocca molto giova e poco costa l pruim surc nhn è surc - il primo solco non è solco l pueggj surd è chi nhn vol sent - il peggiore sordo è chi non vuole sentire l rffian è buon amment a chi l fuacj - il ruf ano è utile nché lo fa l tiemb è galantom - il tempo è galantuomo PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Detti 121

la brutt s marit e la bell rest zit – la brutta si sposa e la bella resta zitella la cron man e l rjuavl mbiett - la corona in mano e il diavolo in petto la jastem nhn coglj maj - la bestemmia non colpisce mai la leng nhn ten oss ma r romp - la lingua non ha ossa ma le rompe la leng vatt ndò l ruend rol - la lingua batte dove il dente duole la mamm capiscj semb l fuiglj mup - la mamma capisce sempre il glio muto la pipì ammoggj l liett e l puanar piglj r mazzat - la pipì bagna il letto e il sedere prende le botte la sola fatih chi faj è r sta allabbient – la sola fatica che fai è stare senza fare niente la zit è bell ma ten n uocchj cjcat - la sposa è bella ma ha un occhio cieco m trov tra la ncurn e l muartieggj - mi trovo tra l’incudine e il martello mah! mah! Ciccj m tocc, tucchm Ciccj - mamma! mamma! Ciccio mi tocca, toccami Ciccio mala nttuat e figlia femmn - cattiva nottata e glia femmina meglj n mual accord ca na causa pers - meglio un cattivo accordo che una causa persa meglj sul ca mal acchmbuagnat - meglio solo che male af ancato men la preet e accov la man - tira la pietra e nasconde la mano mo va apparann fuoss - ora va appianando fossi muort n puap s n facj n avt - morto un papa se ne fa un altro n accir chiù la leng ca la spad - ne ammazza più la lingua che la spada nhn tien né art né part - non hai né arte né dote nhn tutt i mal venhn p fa rann - non tutti i mali vengono per fare danno na femmn facj na cas e na femmn la strur - una donna fa una casa e una donna la distrugge na man lav l avt e tutt e doj lavn la faccj - una mano lava l’altra e tutte e due lavano il viso na parol è poc e doj so tropp - una parola è poca e due sono troppe nchmbuagnij pur l monhc pglias mglier - in compagnia anche il mo- naco prese moglie 122 Detti Giuseppe Maria Lotano

ndò nhn tras l ach ngj tras la cap - dove non entra l’ago ci entra la testa ndò ver e ndò cec - dove vede e dove non vede ngas r tmbuest ognj prtus è puort - in caso di tempesta ogni buco è porto nhn si né cavr e né fridd - non sei né caldo e né freddo na nocj ndà l suacc nhn facj rmor - una noce nel sacco non fa rumore nhnnué bell quer chi è bell ma quer chi piacj - non è bello quello che è bello ma quello che piace nhn s pot avé la vott chien e la mglier mhbriac - non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca nsciun nascj mbarat - nessuno nasce edotto ognj levn ten l fum suj - ogni legno ha il suo fumo ognj mbediment n gjuament - ogni impedimento un giovamento ognj nur a l puettn ven - ogni nodo al pettine arriva ognj tiemb arriv - ogni tempo arriva ognun è patron a casa soj - ognuno è padrone a casa sua ognun ten la crocia soj - ognuno ha la sofferenza sua p rfuett la femmn uard la vrachett e l ommn amm e piett - per difetto la donna guarda la cerniera e l’uomo gambe e petto paccj e crjatur Dij r aiut - pazzi e bimbi Dio li aiuta pais ndò vai hsuanz chi truov - paese dove vai usanze che trovi parl ch l mur e nhn t sent - parli con il muro e non ti sente poch chiacchjr e cavr r pann nhn fann mai rann - poche parole e calore di indumenti non fanno mai danno parl e parl e nhn n capim - parla e parla e non ci capiamo pizzc e vas nhn fann prtos - pizzichi e baci non fanno buchi port apert patron ndà la cas - porta aperta padrone in casa port chius visht fatt - porte chiuse visite fatte povr a chi car ca nsciun l avz - povero a chi cade perché nessuno lo alza pur r fiamm avt ruendn cennr - pure le amme alte diventano cenere qua nsciun è fess chi vol capì capiscj - qui nessuno è stupido chi vuole capire capisce quann la zit nhn vol aj voglj a cantà - quando la danzata non vuole hai voglia a cantare quann men t l aspiett t car la grazj ra l cjuel - quando meno te lo aspetti ti cade la grazia dal cielo PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Detti 123

quann s ruend vecchj s ruend crjatur - quando si diventa vecchi si diventa bambini quir è riavl ndà la cas e angjl for cas - quello è diavolo in casa e angelo fuori casa quir è sul buon a spenn e spann - quello è solo buono a spendere e disperdere r bscjuij tenhn r gamm cort - le bugie hanno le gambe corte r cntuent facj schrduà ognj thrmuent - la gioia fa dimenticare ogni tormento r fuoc senza cjppon è cmm na cas senza patron - il fuoco sena ceppo è come una casa senza padrone r ghiert r la mahn nhn so sozz - le dita della mano non sono uguali r parol s r port l uient - le parole se le porta il vento r tropp stroppj - il troppo storpia ra la ros nascj la spin e ra la spin nascj la ros - dalla rosa nasce la spina e dalla spina nasce la rosa ra ogn cos nascj nata cos - da ogni cosa nasce un’altra cosa ric aglj e capiscj paglj - dico aglio e capisci paglia ricj cert ma ven men sicur - dice certo ma viene meno sicuro ricjm ch chi vaj e t ric chi sì - dimmi con chi vai e ti dico chi sei rir buon chi rir p utm - ride bene chi ride per ultimo roj mol tost n caccjn farin - due mole dure non producono farina rspunn semp ntrircj - rispondi sempre a caso ruj paravis nhn s ponn avè - due paradisi non si possono avere s facj prim a fa ca a dicj - si fa prima a fare che a dire s sap ndò s nascj e no ndò s mor - si sa dove si nasce e non dove si muore s so mist n zuopp e na cjcat i figlj ca vrran amar a lor - si sono accop- piati uno zoppo e una cieca i gli che verranno guai a loro s stié meglj quann s stié peggj - si stava meglio quando si stava peggio sacc vacand nhn s ten alert - sacco vuoto non si regge in piedi sang nhn è acquh - sangue non è acqua sbaglj pur l prevt sop a l’altar - sbaglia anche il sacerdote sull’altare schjerz r man so schjerz r villan - scherzi di mano sono scherzi da vil- lano 124 Detti Giuseppe Maria Lotano

si cmm l miercruì miezz a la sttman - sei come il mercoledì in mezzo alla settimana si fatt vecchj! ij si mo pruovcj tu - sei fatto vecchio! io si ora provaci tu si nascj tunn nhn muor quadrat - se nasci tondo non muori quadrato si pah prim si mal srvut - se paghi prima sei mal servito si ricj l crjatur l gruoss ra già ditt - se dice il bimbo l’adulto l’ha già detto si si stat bell ra scarp si bell pur ra scarpon - se sei stata bella da scarpa sei bella anche da scarpone si tat avess ptut pscià angor campav - se papà avesse potuto urinare ancora viveva si uocchj nhn ver cor nhn rol - se occhio non vede cuore non duole si vuo sapé i fatt rjavt eja ricj i fatt tuj – se vuoi sapere i fatti degli altri devi dire i fatti tuoi sient ra che pulpt ven la prerrc - senti da che pulpito viene la predica sim carut ra la tiell ndà la vrascj - siamo caduti dalla pentola nella brace sit cmm l rjuavl e l acqua sant - siete come il diavolo e l’acqua santa so le ott e mezz e Stoppa part - sono le otto e mezza e Stoppa parte sop a preet muibbl nhn facj muschj - su pietra movibili non fa muschio sop a r cuott acqua vggjuent - sulla scottatura acqua bollente spus r prima nott né rormn e né rposn - sposi di prima notte né dor- mono e né riposano staj semb miezz cmm a l phtrsuin - stai sempre in mezzo come il prez- zemolo stié bell e buon e s n è ghjut a lat luat - stava bello e buono e se ne è andato all’altro mondo sul la mamm è semb cert - solo la mamma è sempre certa t aggj ncuovt ndà varc stritt - ti ho sorpreso nel vicolo stretto t canosc pir ndà la terra mij - ti conosco pero nella terra mia taglj chiù la leng ca la forbcj - taglia più la lingua che la forbice tal la vit tal l vscjuiglj cmm è la mamm è la figlj - tale la vite tale il pollone come è la madre è la glia tanta vot vaj a l acquh fin a romp la brocc - tante volte vai all’acqua no a rompere la brocca PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 125

tra i ruj zllus l tuerz òr - tra i due litiganti il terzo gode tras sicc e ess chiatt - entra magro ed esce grasso tu t la suon e tu t la cand - tu te la suoni e tu te la canti tutt a post e nient in ordn - tutto a posto e niente in ordine tutt r buen ra la terr ven - tutto il bene dalla terra viene tutt sim utl ma nsciun ndhspensabbl - tutti siamo utili ma nessuno indispensabile uaj r iavt mal r cap - guai degli altri mali di testa uard a luong e car accurcj - guardi in lontananza e cadi vicino veng ra l muort e dicj ca è viv - vengo dal morto e dici che è vivo vin fum e femmn arrhdducjn l ommn ncennr - vino fumo e donne riducono l’uomo in ce- nere vit ra general e pah ra ca- prual - vita da generale e paga da caporale vizzj r natur rurhn fin a shpltur - vizi di natura du- rano no a sepoltura vocc apert anghiapp mosc - bocca aperta acchiappa mosche vrunnl chiù tu r na pgnat r fasuol nfaccj a r fuoc - brontoli più tu di una pignata di fagioli vicina al fuoco vstut cmm na reggjn e scavz cmm na aggjn – vestita come una regina e scalza come una gallina s l uecchj pnsass ai juorn suj rcess a l giovn fa ch bbuò - se l’anzia- no pensasse ai giorni suoi direbbe al giovane fa cosa vuoi zumb ra pal nfrasc - salti da palo in frasca 126 Detti Giuseppe Maria Lotano

FAUNA Zomb chi pot ress l pohlcj - Salta chi può disse la pulce

a, e, i, o, u, brutta bestj ca si tu - a, e, i, o, u, brutta bestia che sei tu a cavaggj rnuat nhn s uard mocc - a cavallo donato non si guarda in bocca a lavà la cap a l ciuccj si perd acquh e sapon - a lavare la testa all’a- sino si perde acqua e sapone a marz mitt r pecr ndà l juazz - a marzo metti le pecore nello stazzo acquh a r papr - acqua alle papere aggjn chi cand a fatt l uov - gallina che canta ha fatto l’uovo aj voglj a frscjcà l ciuccj chi nhn vol nhn vev - hai voglia a schiare l’asino che non ne vuole non beve ahlmient e crjatur ndò so vlut ben vann - animali e bambini dove sono voluti bene vanno ard i vuov e vaj a rcoglj r corn - brucia i buoi e va a recuperare le corna arzill cmm n cuardill - vivace come un cardellino amment a chi la pecr facj mbé perd l vccon - ntanto che la pecora fa beh perde il boccone arij r prima matin val quant n bror r aggjn - aria di primo mattino vale quanto un brodo di gallina aspiett ciuccj mij quann crescj l erva nov - aspetta asino mio quando cresce l’erba nuova attacc l ciuccj ndò vol l puatron - attacca l’asino dove vuole il padro- ne avciueggj ngabbj cand o p gioj o p rabbj - uccello in gabbia canta o per gioia o per rabbia azzecc cmm la sell a l ciuccj - aderisce come la sella all’asino cal l sol aggjn a l ammason - cala il sole galline al posatoio can e can nhn s mozzcn - cane e cane non si mordono can chi abbaj nhn mozzc - cane che abbaia non morde PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Detti 127

can chi s è cuott fuj pur ra l acqua fredd - cane che si è scottato fug- ge anche dall’acqua fredda can r chianghier mbcat r sang e mazziat - cane di macellaio sporcato di sangue e bastonato camb cavall ca l erv crescj - campa cavallo che l’erba cresce cavaggj jastmuat i lucj l puil - cavallo bestemmiato gli luccica il pelo ch la capezz man e t fai scappà l ciuccj - con la briglia nelle mani e ti fai sfuggire l’asino ch na fav anghiapp ruj pcciun - con una fava acchiappi due piccioni chi avz la pret e chi s fott la maruc – chi alza la pietra e chi si appropria della lumaca chi nascj ciuccj nhn mor cavag- gj - chi nasce asino non muo- re cavallo chi rorm nhn piglj piscj - chi dorme non prende pesci chi s uard i puorcj sui nhn- né chiamat prcuar – chi sor- veglia i maiali propri non è chiamato porcaro chi vol mangià a st cmmuent adda fa l cul cmm na jmuent - chi vuole mangiare a questo con- vento deve farsi il sedere come una giumenta. chi vol vacca grass r nott chjuess e r juorn scampass - chi vuole la mucca grassa di notte piovesse e di giorno spiovesse chian merl ca la vij è ptros - piano merlo che la via è pietrosa chiù canosc juommn e chiù am janimal - piu conosco gli uomini più amo gli animali chiur la staggj quann i vuov s n so fhiut - chiude la stalla quando i buoi se ne sono fuggiti cmm è l avciueggj accssuì s facj l nuir - come è l’uccello così si fa il nido cient cammsol accjrern n ciuccj - cento camiciole uccisero un asino 128 Detti Giuseppe Maria Lotano

cientcinquant la aggjn cand e fall cantà - centocinquanta la gallina canta e lasciala cantare citt e gatt - zitto e gatta ciuccj chi raglj nhn n vol paglj - asino che raglia non ne vuole paglia ciuccj gruoss ammarra fuoss - asino grande guasta fossati ciuccj perfett è chi cand o frescjc a tavl o a liett - asino perfetto è chi canta o schia a tavola o a letto ciuccj vecchj mor ndà man r fess - asino vecchio muore tra le mani di sciocchi ciuccj zuopp e vij zangos - asino zoppo e strada fangosa consuiglj r urp stragj r aggjn - consiglio di volpi strage di galline è calat la scrof ndà r cerz - è calata la scrofa tra le ghiande è fraiat la ciuccj e povr a nuj - è abortita l’asina e poveri noi e vist na aggjn jang? né jang e né nevr - hai visto una gallina bianca? né bianca e né nera eja grzzà l ciuccj p la cor - devi raddrizzare l’asino per la coda fa ben a ciuccj e anghiapp cavcj - fa del bene ad asini e acchiappi calci fa ben a puorcj e t ungj l muss - fa bene a porci e ti ungi la bocca facj la cors r l ciuccj - fa la corsa dell’asino faj craj craj cmm la chrnuacchj - fai domani domani come la cornac- chia faj la fatih r l cuan nghstuat a l sol - fai la fatica del cane disteso al sole femmn ciuccj e crap tenhn tutt la stessa cap - donne asini e capre hanno tutti la stessa testa figlj r att anghiappa suhrcj - glio di gatti acchiappa topi i ciuccj s vattn e i varril s rombn - gli asini litigano e i barili si rompono l ajn mangiarrà semb l erv e l lup semb l ajn - l’agnello mangerà sem- pre l’erba e il lupo sempre l’agnello l ciuccj carrej la paglj e l ciuccj s la mangj - l’asino trasporta la paglia e l’asino se la mangia l ciuccj l può puortuà a l acquh ma n l può fa vev - l’asino lo puoi portare all’acqua ma non lo puoi fare bere l ciuccj nhn vev acqua torv - l’asino non beve acqua torbida l ciuccj r Rapon port la sarm e nhn s naddon - l’asino di Rapone porta la soma e non se ne accorge PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Detti 129

l cuan mozzc semb l struazzat - il cane morde sempre lo straccione l lup perd l puil ma no l uizj - il lupo perde il pelo ma non il vizio l luebbr ndo nascj pascj e ndo pascj mor - la lepre dove nasce pascola e dove pascola muore l ommn p la parol l vov p r corn - l’uomo per la parola il bue per le corna l ospt è cmm l puescj ropp tre juorn puzz - l’ospite è come il pesce dopo tre giorni puzza l puescj si puzz puzz semb ra la cap - il pesce se puzza puzza sempre dalla testa l puorc p fa r buen mor accis - il maiale per fare del bene muore ucciso l shpuerb a ghj vaj a cavaggj a thrnuà allapper - il supebo ad andare va a cavallo a tornare a piedi l tluar addrzzat l suann tess pur r crap - il telaio impostato lo sanno tessere anche le capre l uocchj r l puatron ngrass l cuavaggj - l’occhio del padrone ingrassa il cavallo l vov chiam chrnut a l ciuccj - il bue chiama cornuto l’asino la aggjn ch la vozz vaj truann la par o la sozz - la gallina con il gozzo va trovando la pari o la simile la aggjn facj l uov e l uaggj sent l rlor - la gallina fa l’uovo e il gallo sente il dolore la att car semb ch i pier nterr - la gatta cade sempre con i piedi a terra la att ndà la rspens facj cmm s la pens - la gatta nella dispensa fa come se la pensa la att p la press fecj i figli cjcat - la gatta per la fretta fece i gli ciechi la att r i ciancj n picc rir e n picc chiangj - la gatta dei Cianci un poco ride e un poco piange la fam caccj l lup ra l vosc - la fame caccia il lupo dal bosco la fhrtun r l mnton nascj chrnut e mor accis - la fortuna del montone nasce cornuto e muore ucciso la orp quann nhn arriv a la prevl ricj ca l uv é acerv - la volpe quando non arriva al pergolato dice che l’uva è acerba la ragliat r l ciuccj nhn arriv nciel - la ragliata dell’asino non arriva in cielo la trappin fecj cangj iuocchj p la cor - la talpa fece cambio gli occhi per la coda 130 Detti Giuseppe Maria Lotano

ma t crir r ess figlj r la aggjna iang - ma ti credi di essere glio della gallina bianca meglj a ess avciueggj r ciel ca cardill r aggiol - meglio essere uccello di cielo che cardellino in gabbia mglier e vuov r l puais tuj - moglie e buoi del paese tuo miezz a vuj nhn gj tras mang n polhcj - tra voi non ci entra neanche una pulce mo chi l ciuccj s er mbarat a nhn mangià s n è muort - ora che l’asino aveva imparato a non mangiare se ne è morto mo so fritt ress l puescj fnut ndà la tjell - ora sono fritto disse il pesce nito in padella morn chiù ajn ca pecr - muoiono più agnelli che pecore muort l cuan fnut la rabbj - morto il cane nita la rabbia na femmn e na papr rvtuarn n mrcat - una donna e una papera rivol- tarono un mercato na rndneggj nhn facj primaver - una rondine non fa primavera n aggj fatt ruosp nda la panz - ne ho fatti rospi nella pancia nas r can e cul r femmn si nhn so fridd nhn so buon - naso di cane e sedere di donna se non sono freddi non sono buoni ndò mang pahn e vihn ngè la rabbj canin - dove manca pane e vino c’è la rabbia canina ndò nhn gand l uaggj ma cand la aggjn che ruin - dove non canta il gallo ma canta la gallina che rovina ndò nfoss l ciuccj? ndà r zang - dove affossa l’asino? nel fango ndò tropp aggj canhdn nhn facj maj juorn - dove troppi galli cantano non fa mai giorno nhn accattà la att nda l suacc- non comperare il gatto nel sacco nhn s cav n ruagnj ra l phrtus - non si cava un ragno dal buco nhn scazzà la cor a l cuan ca rorm - non schiacciare la coda al cane che dorme nhn s uard l cuavaggj ra la sell - non si giudica il cavallo dalla sella ognj picc aggiov ress l lup chi angghiappas n mhscuiggj - ogni poco giova disse il lupo che acchiappò un moscerino ognj scarafon è bell a la mamma soj - ogni scarafone è bello alla mam- ma sua PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Detti 131

p manganz r cavaggj ponn trttuà pur i ciuccj - per mancanza di cavalli possono trottare anche gli asini perd l ciuccj e vai truann la capezz - perde l’asino e va cercando la cavezza pur i pulhcj tenhn la toss - anche le pulci hanno la tosse puorc p ognj gavton - maiale per ogni trogolo puzz cmm l ptuoi - maleodori come la puzzola quann a tord e quann a griggj - quando a tordi e quando a grilli quann a l ciuccj mettn la sell s crer r ess cavaggj - quando all’asino mettono la sella si crede di essere cavallo quann la att nhn gjué i surhcj abballn - quando il gatto non c’è i topi ballano quant è fess l cuan mij ij l chiuam e higgj ven - quanto è sciocco il mio cane io lo chiamo e lui viene quant è fess l puastor pens chiù a r pecr ca a l amor - quanto è sciocco il pastore pensa più alle pecore che all’amore r crap cmm s accocchjn s scocchjn - le capre come si uniscono così si separano r l puorch nhn s iett nient mang r setl - del maiale non si butta niente neanche le setole ra la sell s ver a chi apparten l cuavaggj - dalla sella si vede a chi ap- partiene il cavallo raccmmuann r pecr a l lup - raccomandi le pecore al lupo ress l sorhcj a la nocj ramm tiemb ca t roshc - disse il topo alla noce dammi tempo che ti rosicchio s rspett l cuan p l puatron - si rispetta il cane per il padrone scrof stang r cerz s sonn - scrofa magra le ghiande si sogna si l mueglj can r la massarij - sei il migliore cane della masseria si l vov starnut l tiuemb s mut - se il bue starnuta il tempo muta si chiù lent tu r na maruc - sei più lento tu di una lumaca si Dij vol e la frtun ndrezz prtuam l ciuccj a capezz - se Dio vuole e la fortuna intreccia portiamo l’asino a briglia si fnut cmm l sorhcj ndà ruoglj - sei nito come il topo nell’olio si foss ciuccj mij mang la paglj i rarrié - se fosse asino mio neanche la paglia gli darei 132 Detti Giuseppe Maria Lotano

si la fatih foss bon fathassr pur i can - se la fatica fosse buona lavore- rebbero anche i cani si n povr ciuccj r fatih - sei un povero asino di fatica si ognj avciueggj cansciuess r gruan nhn s mtess - se ogni uccello co- noscesse il grano non si mieterebbe si pecr t faj lup t mangj - se pecora ti fai lupo ti mangia si t ann prmuiss l prciueggj curr ch la crdueggj - se ti hanno promesso il maialino corri con la cordicina so cangiat r staggiun r pecr vann appriess aj mndun - sono cambiate le stagioni le pecore vanno dietro ai montoni t si nsrrat cmm l ruiccj - ti sei rinchiuso come il riccio t voglj ciuccj mij a la salit - ti voglio asino mio per la salita tant vaj la att a r luard ca ngj lass l zuambin - tanto va la gatta al lardo che ci lascia la zampina tien l clor r can quann fuj - hai il colorito di cane quando fugge tien sett spirt cmm la att - hai sette spiriti come la gatta un, ruj e tre… fante, cavaggj e rre - uno, due e tre…fante, cavallo e re uaggiuccj r prim cand vccon sant - galletto di primo canto boccone santo uorj e paglj fann cavaggj r battaglj - orzo e paglia fanno cavallo da battaglia ust r l ciuccj è la gramegnj - gusto dell’asino è la gramigna vacc pascj e campan son - mucca pascola e campana suona varv r ommn e cor r can nhn r tccuà ca t rann armuan - barba dell’uo- mo e cuore di cane non li toccare che ti aggrediscono ven l lup ra l vosc e caccj l cuan ra l juazz - viene il lupo dal bosco e caccia il cane dallo stazzo ven p s pglia la pecr e s port l ajn - viene per prendersi la pecora e si porta l’agnello ven ra l mul e cavcj t aspettn - viene dal mulo e calci ti aspettano vol paglj p cient cavaggj - vuole paglia per cento cavalli vuò sapé cmm staj l puatron uard l cuan e la att - vuoi sapere come sta il padrone guarda il cane e la gatta. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Detti 133

GASTRONOMIA Panza vacand nhn sent raggion - Pancia vuota non sente ragioni

a cahs r pzzient nhn mangn tozz r pahn - in casa di poveri non man- cano tozzi di pane a dicembr p natal pizz fritt e baccalà - a dicembre per natale pizze fritte e baccalà a la fest r sammit t fazz vrè bangarell e nciueggj appes - alla festa di san Vito ti faccio vedere bancarelle e noccioline appese a natal cavzun r cicjr e a carnval chiacchjr - a Natale calzoni di ceci e a carnevale chiacchiere a ognj muzzc vuò vev - ad ogni morso vuoi bere a pasquh vscuott nasprat a l ascension tagljluin ch r luatt - a Pasqua biscotti nasprati all’Ascensione tagliolini con il latte aggjn vecchj facj bror buon - gallina vecchia fa brodo buono amor nhn vol bllezz apptit nhn sent sapor - amore non vuole bellezza appetito non sente sapore appen tras pan e cas ropp trasut pan phrut - appena entri pane e cacio dopo entrato pane raffermo bona pasqu e ramm rov - buona pasqua e dammi le uova bcchjer vacant ricj hinghjm bcchjer chjn ricj rvuacm - bicchiere vuoto dice riempimi bicchiere pieno dice svuotami casa ricc facj massara sapios - casa opulenta fa massaia saputa ch la nocj l uin sap arocj - con la noce il vino ha sapore dolce ch t aggia ricj r sard s mangjn r alicj - cosa ti debbo dire le sarde si mangiano le alici chi la vol cott e chi la vol crur - chi la vuole cotta e chi la vuole cruda chi mangj ra sul s affoc - chi mangia da solo si affoga chi mbast e scjcan nhn mor r fam - chi impasta e fa pagnotte non muore di fame chi nhn pot avé la porp s attacc a l uoss - chi non può avere la polpa si attacca all’osso chi spart s piglj la meglia part - chi divide si prende la migliore parte 134 Detti Giuseppe Maria Lotano

chi ten pan e vin staj meglj r l vcjuin - chi ha pane e vino sta meglio del vicno chi ten r puep l muett ai cavl - chi ha il pepe lo mette ai cavoli chi ten panza vacand nhn son e nhn cand - chi ha pancia vuota non suona e non canta chi vol aglj e chi uoglj s è rutt l lum né aglj né uoglj - chi vuole aglio e chi olio si è rotto il lume né aglio né olio chiam tat a chi m raj ra mangià - chiamo papà a chi mi dà da man- giare cicjr nfaccj a l mur nhn s mandenhn - ceci in faccia al muro non si mantengono cos bohn vann cott e mangiat - cose buone vanno cotte e mangiate cost chiu la frijatur ca l puescj - costa più la frittura del pesce è arruat a pan r gran - è arrivato a pane di grano e fatt i cunt senza l ost - hai fatto i conti senza l’oste è fnut a bror r cicjr - é nita a brodo di ceci è fnut a taralluccj e vin - è nita a tarallucci e vino é fnut ra la tjell ndà la vrascj - è nito dalla padella nella brace facj chiù mracl na vott r vin ca na chies r sant - fa più miracoli una botte di vino che una chiesa di santi fess chi mor ch i fungj e fess chi l chjuangj - sciocco chi muore con i funghi e sciocco chi lo piange fnimannill e luam la frasc - niamocela e togliamo il segno fuoc muort e callar chi voggj - fuoco spento e caldaia che bolle gent r vin cient a carlin - gente di vino cento a carlino i maccarun s mangjn cavr cavr - i maccheroni si mangiano caldi caldi i uaj r la pgnat r sap l chcchjuar - i guai della pignata li sa il cucchiaio iang e russ nfaccj tras p l muss - bianco e rosso sul viso entra dalla bocca l apptit ven mangiann mangiann -l’appetito viene mangiando mangian- do l cocc t piacj bell e ammhnnuat - il cocco ti piace bello e sbucciato l mueglj cmpuanaggj è la fam - il migliore companatico è la fame l mueglj vin s vev a cas r iavt - il migliore vino si beve a casa di altri l suazj nhn crer a l rjun - il sazio non crede al digiuno PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Detti 135

l tuartuffl aj voglj a lavarl semb r terr puzz - il tartufo pure a lavarlo sempre di terra puzza l uin buon s venn senza la frasc - il vino buono si vende senza insegna l uin è la mrcin r i viecchj - il vino è la medicina dei vecchi l uin è miezz pan - il vino è mezzo pane la carn cocj vcjuin a l uoss - la carne cuoce vicino all’osso la fam è na brutta bestj - la fame è una brutta bestia la fam nhn den sapur - la fame non ha sapori la mnestr nfcuat nhn è maj bon - la minestra riscaldata non è mai buona la pluent prim t abbot e po t allent - la polenta prima ti gon a e poi ti sgon a latt e vin rai forz ai rin - latte e vino dà forza ai reni maccarun cantann e mnestr vggjuenn - maccheroni gor- gogliando e verdura bollen- do mangj a ust tuj e viestht a ust r iavt - mangia a gusto tuo e vestiti a gusto degli altri meglj vin cavr ca acquh frescjc - meglio vino caldo che acqua fre- sca miscjc e rmiscjc ma so fasuol e uoglj - mischi e rimischi ma sono fagioli e olio mitt mitt ca vuò s ricj aj malat - metti metti perché vuoi si dice ai malati n phpon amar vol n piuezz r pan - un peperone piccante vuole un pezzo di pane na mel a l juorn lev l mierhc ra ntuorn - una mela al giorno toglie il medico d’intorno na stizz nhn lev secc - una goccia non toglie sete ndà la votta piccjl ngè l uin buon - nella botte piccola c’è il vino buono ngè chi ten i biscott e no i rient e chi ten i rient e no i biscott - c’è chi ha i biscotti e non i denti e chi ha i denti e non i biscotti 136 Detti Giuseppe Maria Lotano

ncjlluin amhrcan una mocc e navt mman - arachidi americane una in bocca e un’altra in mano nhn gè pan senza pen - non c’è pane senza pena nhn ghjttà la carn ch tutt l bror - non gettare la carne con tutto il brodo nhn mangj p nhn s mbcà la vocc - non mangia per non sporcarsi la bocca nhn ndrhvrà l acquh ndo viv - non intorbidire l’acqua dove bevi nhn sptuà ndà l piatt ndò mangj - non sputare nel piatto dove mangi nhn tien pan e vai truann savsuicchj - non hai pane e vai cercando salsiccia o t mangj sta mnestr o t min ra la fnestr - o ti mangi questa minestra o ti butti dalla nestra ognj acquh lev secc - ogni acqua toglie la sete ognj carn mangj ognj fungj fuggj - ogni carne mangia ogni fungo fuggi ognj picc aggiov - ogni poco giova ognj tjell ten l cpiuerchj suj - ogni pentola ha il suo coperchio p n acjn r sal s perd la mnestr - per un chicco di sale si perde la minestra pan e cjpoggj e cor cntuent - pane e cipolle e cuore contento panza chien rir e cammis nov chiangj - pancia piena ride e camicia nuova piange parl ch chi sap e mangj ch chi ten crjanz - parla con chi sa e mangia con chi ha educazione pescj gruoss mangj pescj piccjl - pesce grande mangia pesce piccolo povr a mi ress l prsutt quann s vres cnsmuat e strutt - povero me disse il prosciutto quando si vide consumato e nito prim i cnfiuett ropp i rspiett - prima i confetti dopo i dispetti puort la ventr ndo è r puan - porta la pancia dove è il pane puortht pan e fhrmaggj e vien a mangià a casa mij- portati pane e for- maggio e vieni a mangiare a casa mia r puan s mangj a feggj a feggj - il pane si mangia a fette a fette rjet sana malat - dieta guariscce ammalati rjun e sott a l cjuevz - digiuno e sotto al gelso rmor r cul sanhtà r cuorp - rumore di sedere sanità di corpo ropp mangiat panza mij fatt capann - dopo mangiato pancia mia fatti capanna PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Detti 137

ropp pasquh cicjr - dopo Pasqua ceci sciacqua ros e vev agnes - sciacqua Rosa e beve Agnese si abbtuat a la mangiatora vascj - sei abituato alla mangiatoia comoda si la rrobb car ra vocc e vaj nzin nhn è maj pers - se la roba cade dalla bocca e va nel grembo non è mai persa si nhn è zupp è pan nfuss - se non è zuppa è pane bagnato si p rspiett t n staj rjun p tutt la nott sputa sputa parta mij ndò si ghjut - se per dispetto te ne stai digiuno per tutta la notte sputa sputa porzione mia dove sei andata stipt la mel p quann tien secc - conservati la mela per quando hai sete sul fum e nient arrust - solo fumo e niente arrosto t aggia mangià a muzzc e vccun - ti debbo mangiare a morsi e bocconi tre fic nov cist - tre chi nove cesti tropp femmn a la chcjuin uastn la mnestr - troppe donne in cucina guastano la minestra uort e circhj ras mandenhn na cas - orto e recipienti rasi mantengono una casa ust so ust - gusti sono gusti vaj ndret ndret cmm la cotc sop a la vrascj - vai indietro indietro come la cotenna sulla brace vin battzzat nhn val n fiat - vino trattato non vale un ato vin buon facj sang buon - vino buono fa sangue buono viv e mitt a vev - bevi e metti a bere votta bon facj vin buon - botte buona fa buon vino 138 Detti Giuseppe Maria Lotano

GENERALITÀ Randò n vien veng - Da dove ne vieni vengo

a mist panz e prhsnzion - ha messo pancia e presunzione canosc pur a ti mbrhllin r set - conosco anche a te ombrellino di seta carnval ognj scherz val - carnevale ogni scherzo vale chi facj l ruann chiangj la pen - chi fa il danno paga le conseguenze chi fatih p l chmun la ser s corc rjun - chi lavora per il Comune la sera si corica digiuno chi ten nas ten crjanz chi ten cul ten prsenz - chi ha naso ha cortesia chi ha sedere ha presenza chrnut e mazziat - cornuto e bastonato cul chi nhn a maj vist cammis s la cac - sedere che non ha mai visto camicia se la caca è bell ma nhn abball - è bello ma non balla e va bè rces ronna Len a ti t pass e a mi m ven - e va bene disse donna Lena a te passa e a me viene fa mal e pienscj fa ben e scuordt - fa male e pensaci fa bene e dimen- ticati femmn r chies rjavl ndà la cas - donne di chiesa diavole in casa femmn riccj ognj riccj n cuapriccj - donne ricce ogni riccio un capriccio i sold fann i pur l acquh accapammond - i soldi fanno andare anche l’acqua in salita i sold fann vnì pur la vist ai cjcat - i soldi fanno venire anche la vista ai ciechi jat a chi m vot mo chi maj vtuat stac meglj ra st luat - beato chi mi gira ora che mi hai girato sto meglio da questo lato iuocchj quant a la chies e nhn ver l cuampanar - gli occhi quanto la chiesa e non vede il campanario l accett r l chmbuar taglj pur r preet - la scure del compare taglia anche le pietre l pruim amor nhn s scord maj - il primo amore non si dimentica mai l puaccj fuj e la cas l aspett - il pazzo fugge e la casa lo aspetta PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Detti 139

l rjuavl facj e sfacj - il diavolo fa e disfa l ruend è chiù vcjuin r l puarent - il dente è più vicino del parente la femmn è cmm la castagnj bell ra fohr e intr ch la mahagnj - la don- na è come la castagna bella fuori e dentro con la magagna la femmn senza piett è n stuip senza piatt - la donna senza petto è uno stipo senza piatti la mal azzion è r chi la facj - la cattiva azione è di chi la fa la mala crjanz t l aspiett ra l fuess - la scortesia te l’aspetti dallo sciocco la mala ntuizj la port l uient - la cattiva notizia la porta il vento la mamm r la sthbbtarij staj semb gravt - la mamma della stupidità è sempre incinta la vit è fatt a mahnc r psatur oj na bott a ti e diman pur - la vita è fatta a manico di pestello oggi un colpo a te e domani pure m so cuott ch l acqua fredd - mi sono scottato con l’acqua fredda m tniè cmm n uarofn a la grast - mi teneva come un garofano nel vaso mal r rient so thrmjuent - male di denti sono tormenti me fatt trhmà r sthntin ncuorp - mi hai fatto tremare gli intestini in corpo meglj fess ca sinnc - meglio stupido che sindaco mo chi s n è ghjut ngj mitt r sual sop a la cor - ora che se ne è andato gli metti il sale sulla coda monhc r sant agstuin roj cap sop a n chscjuin - monache di sant’Ago- stino due teste su un cuscino munn è stat e munn sarrà - mondo è stato e mondo sarà n muarit t facj chtluà la cap e n avt la cor - un marito ti fa dondolare la testa e un altro la coda natal ch i tuj e pasquh ch chi vuò - Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi ndò nhn tras l ac tras la cap - dove non entra l’ago entra la testa nhn fa mal e paur nhn avé - non fare del male e paura non avere nhn fa mal e può rorm a sett chscjuen - non fare del male e puoi dormire a sette cuscini nhn tien mang juocchj p chiangj - non hai neanche occhi per piangere ndò assai fann pccat nsciun r castih - dove molti fanno peccato nessu- no li castiga 140 Detti Giuseppe Maria Lotano

ndò e fatt nott vaj a fa juorn - dove hai fatto notte vai a fare giorno ndò si stat? si vniv r sapiv - dove sei stato? se venivi lo sapevi ndò vaj? e tu? - dove vai? e tu? nhn n sim capit maj vuò ca shccjuer mo chi chiov - non ci siamo capiti mai vuoi che succeda ora che piove ognj cap ten n munn suj - ogni testa ha un mondo suo ognj cos piens ogn cos scuord - ogni cosa pensa ogni cosa dimentica ognj lassat è pers - ogni lasciato è perso oj, craj, phscraj, phscriggj, phscruoffl, phscrhfflon - oggi, domani, po- sdomani, … p rabbj a fatt l rjuavl a quatt - per rabbia ha fatto il diavolo in quattro parl frances cmm na vacca spagnol - parli francese come una mucca spagnola parl r l rjuavl e spuntn r corn - parli del diavolo e spuntano le corna pass oj e ven craj - passa oggi e viene domani pur i sfhttut vann mbaravis - anche i derisi vanno in paradiso quann l povr raj a l ruicc l rjuavl s la rir - quando il povero dà al ricco il diavolo se la ride quann r sann tre rient r sann cingcient - quando lo sanno tre denti lo sanno cinquecento quist é suonn chi te snnuat né so mort né cjccaglj t aggj lassat - questo è sogno che hai sognato né sono morta né bigiotteria ti ho lasciato ra nant t alliscj e ra gret t piscj - di fronte ti loda e di spalle critica ra la terr vien e la terr t piglj - dalla terra vieni e la terra ti prende ra n avruecchj i tras e ra navt i ess - da un orecchio gli entra e dall’al- tro gli esce rai l juirit e s piglj la man - dai il dito e si prende la mano ritt r jantic nhn fagljn maj - detti degli antichi non sbagliano mai russ mal pil - rosso mal pelo s men nant p nhn carè ndret - si butta in avanti per non cadere in- dietro scart fruscj e piglj prhmer - scarti colore e prendi primiera ser mors e angor è cavr - ieri sera morì e ancora è caldo si avess si foss e si ptuess ern tre fess - se avessi se fossi e se potessi erano tre sciocchi PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 141

si eja anncà ndà l acqua vascj meglj anncà ndà l muar - se devi anne- gare nell’acqua bassa meglio annegare nel mare si l ammirj foss vosc s hnghiarrié tutt l munn r frasc - se l’invidia fosse bosco si riempirebbe tutto il mondo di foglie si la mntuagnj nhn vaj ndò maomett maomett vaj ndò la mntuagnj - se la montagna non va da Maometto Maometto va dalla montagna si tien l shgliuzz quaccun t nommn - se hai il singhiozzo qualcuno ti nomina sop a la ruin la ruin nhn facj rann - sulla rovina la rovina non fa danno sop a r cuott l acqua vggjuent - sulla scottatura l’acqua bollente spacc l puil a quatt - spacca il pelo in quattro sul la mort nhn guard nfaccj a nsciun - solo la morte non guarda in faccia a nessuno t n ist e l post phrdist - te ne andasti e il posto per- desti ten la cap sul p appggiuà la coppl - ha la testa solo per poggiare la coppola ten la cap sul p spart r avruec- chj - ha la testa solo per dividere le orecchie ten la puzz sott a l nuas - ha la puzza sotto il naso tien l acquh ncap - hai l’acqua in testa un n facj e cient n pens - una ne fa e cento ne pensa va a tnerl l cuarr ndà la scehs - va a mantenerlo il carro nella discesa vluarriss romb la preet ch l uov - vorresti rompere la pietra con l’uovo vuò tné ruj pier ndà na scarp - vuoi avere due piedi in una scarpa vuò caré semb alert - vuoi cadere sempre in piedi 142 Detti Giuseppe Maria Lotano

MESTIERI E ATTIVITÀ A ognun l'arta soj - ad ognuno l’arte sua

a giugnj r fien e spin s enghj l punij - a giugno di eno e spine si riempie il pugno a maggj s fatih juorn e nott p fa fhrmaggj e rcott - a maggio si lavora giorno e notte per fare formaggio e ricotta a novemhbr s vaj a ghvrnà ma pur la maies sadda fa - a novembre si va a governare ma anche lo scasso si deve fare a raust a fihn r mthtur e trhbbiatur acqua scars e jrnuat tost - ad agosto a ne mietitura e trebbiatura acqua scarsa e giornata dura art r taht già mezza mbarat - mestiere di papà già metà appreso cacciator anghiapp avciueggj camp figlj pvhrieggj - cacciatore acchiappa uccelli campa gli poverelli cacciator r pil e r penn nient saccatt e tutt s venn - cacciatore di pelo e di penne niente si compra e tutto si vende chi a marz nhn put la vignj perd luv- chi a marzo non pota il vigneto perde l’uva chi attacc e chi acchmbon - chi lega e chi compone chi fabbrc e sfabbrc nhn perd maj tiemb - chi fabbrica e sfabbrica non perde mai tempo chi fatih mor e chi cmmuercj camb - chi lavora muore e chi commercia campa chi pascj i puorcj suj nhn é chiamat phrcuar - chi pascola i porci suoi non è chiamato porcaio chi semmn quann è assutt rcoglj n poc r tutt - chi semina quando è asciutto raccoglie un poco di tutto chi vol assai must zapp la vignj a raust - chi vuole molto mosto zappa la vigna ad agosto chi vaj a caccj tutt s strazz - chi va a caccia tutto si strappa contadin scarpa psant e cjrvrieggj fin - contadino scarpa pesante e cer- vello no é fnut l tiemb chi Bert fhlav - è nito il tempo che Berta lava falhgnam maestr r ascj facj scannl e cascj ma ch poc uaragnj ca so r PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Detti 143

castagnj - falegname maestro di ascia fa sgabelli e casse ma con poco guadagno perché sono di castagno fest e mal tiemb vaj truann p nhn fa nient - feste e cattivo tempo vai cer- cando per non fare niente fin a che l miehrc sturj l mualat s n mor - ntanto che il medico studia l’ammalato se ne muore giugnj favcj mbugnj - giugno falce in pugno l cuallaral mett l muanc ndò vol - il calderaio mette il manico dove vuole l mruator cerc cas carut - il muratore cerca case cadute l mstier s mbar arrbbuannl ch iuocchj - il mestiere si apprende rubandolo con gli occhi l mrcant la rrobba soi s avant - il mercante la sua merce vanta l puannacciar venn quer chi ten - il pannaiuolo vende quello che ha la hmmnij si semmn a marz specj ndò la nev a fatt mruì la rsciol - il marzuolo si semi- na a marzo specialmente dove la neve ha fatto morire la risciola la fatih nhn è arta leggj - il lavoro non è arte leggera la fatih r r fest né t cavz né t vest - il lavoro delle feste né ti calza né ti veste la vigna pampanos facj poc uv - la vigna pampinosa fa poca uva m raj la lan ca poc vahl t fazz l fuil ca poc ten - mi dai la lana che poco vale ti faccio il lo che poco mantiene maggj hrtluan assai erv e poc gran - maggio ortolano molta erba e poco grano marz fniscj la vrnat e s scas fhmmiuer - marzo nisce l’invernata e si scasa letame mastr a uocchj mastr a papuocchj - mastro a occhio mastro approssimato mastr shver facj rscibbl valent - mastro severo fa apprendista valente 144 Detti Giuseppe Maria Lotano

mbart l art e mittl ra part - imparati l’arte e mettila da parte mhrcand r vin ricc r ser e povr r matin - mercante di vino ricco di sera e povero di mattino mierc pjtus facj fhrit vhrmnos - medico pietoso rende ferite infette na bott a l cjuirchj e navt a l thmbuagnj - un colpo al cerchio e un altro alla doga ndò nhn gè uaragnj la rhmssion è cert - dove non c’è guadagno la per- dita è certa nhn addhmmuannà a l cuanhtnier si l uihn è buon - non chiedere al cantiniere se il vino è buono p mal zappator ognj zappat è n rlor - per il cattivo zappatore ogni zap- pata è un dolore p sant Martin ognj must è vin - per san Martino ogni mosto è vino prim mbast e po scjcan - prima impasta e poi frazioni quann s vregnj e quann s tramut so tutt parient e tutt nput - quando si vendemmia e quando si travasa sono tutti parenti e tutti nipoti quann s zapp e quann s pot nsciun è parent e nsciun è npot - quando si zappa e quando si pota nessuno è parente e nessuno è nipote quer chi raj a mastricchj rangill a mastron p n buell srhvzion - quello che dai ad apprendista daglielo ad un mastro per un bel lavorone ram curt vrnnegnj long - ramo corto vendemmia lunga san Gjuann mthtor e san Pavl lhator - san Giovanni mietitore e san Paolo legatore scarpar ch r scarp rott - calzolaio con le scarpe rotte scarpar ticc ticc semb povr e maj ricc – calzolaio tich tich sempre povero e mai ricco settembr ch vuò rhpsuà prim cuoglj grantinj e patan e po a shmmnà - settembre cosa vuoi riposare prima raccogli granoturco e patate e poi a seminare settembr e attruf s semmn, frhvar s zappluej, hrtluan s selc, mthtor s rcoglj - settembre e ottobre si semina, febbraio si zappetta, maggio si se- leziona, luglio si raccoglie stucc mij dilett appar ognj rfuett - stucco mio diletto appiani ogni difetto vignj e uort viv e muort - vigna e orto vivo e morto zappator chi zapp tutt r buen l muen nda la terr - zappatore che zappa tutto il bene lo riversa nella terra PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Detti 145

METEOROLOGIA Viern si nhn è a cap è a cor - Inverno se non è in testa è in coda

a marz ropp la vhrnat acquh a strapazz - a marzo dopo l’invernata acqua a strapazzo abbril chiov chiov maggj na vot e bon - aprile piove piove maggio una volta e buona abbril ognj stizz n uarril - aprile ogni goccia un barile acquh r giugnj arruin r munn - acqua di giugno rovina di mondo affignj a natal né fridd e né fam ropp natal fridd e fam - no a Natale né freddo né fame dopo Natale freddo e fame ann nvcus ann frttus - anno nevoso anno fruttuoso annat r vient annat r nient - annata di vento annata di niente arcobbalen r ser acquh e sren - arcobaleno di sera acqua e sereno aust cap r viern - agosto principio di inverno chi vol na bella rap a raust adda ess nat - chi vuole una bella rapa ad agosto deve essere germogliata ciel russ terr nfoss - cielo rosso terre bagnate cmm è la mntuagnj accssuì car la nehv - come è la montagna così cade la neve circhj vcjuin a la lun acquh lntuan circhj lntuan acquh vcjuin - cerchi vicini alla luna acqua lontana cerchi lontani acqua vicina 146 Detti Giuseppe Maria Lotano

fav e cjppun stipr p maggj - fave e ceppi conservali per maggio frvar curt e amar - febbraio corto e amaro jnnar sicc massar ricc - gennaio secco massaro ricco l puais mij ten unncj mis fridd e un friscjc - il paese mio ha undici mesi freddi e uno fresco la vjlij r l mual tiemb è l fridd sicc - la vigilia del cattivo tempo è il freddo secco lievt l cuappott quann giugnj n ten ott - togliti il cappotto quando giugno data otto meglj na thmbuest ca n mual vcjuin - meglio una tempesta che un cattivo vicino meglj r zang r marz ca la lot rabbril - meglio il fango di marzo che la polvere di aprile natal ch l sol pasquh ch l cjppon - Natale con il sole Pasqua con il ceppo nhn chjov semb sop a l stuess tittl - non piove sempre sopra lo stesso tetto nuvl a phcruell prpart ch l mbrell - nuvole a pecorelle preparati con l’ombrello nuvl a staccarin l acquh s avvcjuin - nuvole a staccarino l’acqua si avvicina pasquh chjvos gregnj gravos - Pasqua piovosa gregne pesanti quann chiov e tir vient cacciatò statt allabbient - quando piove e tira vento cacciatore resta a riposo quann chiov n secc nient - quando piove non secca niente quann men la luantin pigljt i pann e camin - quando tira il levantino prenditi gli indumenti e rientra quann nevc o fann pipl a jnnar piglj ognj rsuglj e puortr a l puagliar - quando nevica o fanno ori a gennaio prendi ogni rimanenza e portala al pagliaio PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Detti 147

r natal fuoc e liett nhn dicjn maj va viett - di Natale fuoco e letto non dicono mai vai subito ropp tre jlat mal tiemb ven - dopo tre gelate cattivo tempo viene russ r matin acquh e lavin - rosso di mattina acqua e frane russ r ser buohn tiemb s sper - rosso di sera bel tempo si spera s squaglj la nev e affaccj mnnezz - si discioglie la neve e affaccia immondizia si chiov a raust facj mel e must - se piove ad agosto fa miele e mosto si la neglj sal a la mntuagnj l puastor s n scenn ma si scenn l puastor s n sal - se la nebbia sale in mon- tagna il pastore se ne scende ma se scende il pastore se ne sale si viern n vhrneggj l estat n stateggj - se l’inverno non fa l’inverno l’estate non fa l’estate si vuò arruà ch l buon tiemb eja part ch l mual tiemb - se vuoi arrivare con il bel tempo devi partire con il cattivo tem- po sop a l arj si men vient la ser faj paglj e gran sinò ngj vol na sttman - sulla spianata se tira vento di sera fai paglia e grano altrimenti ci vuole una settimana sott a l acquh ngè la fam e sott a la nev ngè r puan - sotto l’acqua c’è la fame e sotto la neve c’è il pane 148 Detti Giuseppe Maria Lotano

RISORSE Chi chiù ten chiù vol - Chi più ha più vuole

a acjn a acjn si facj la macjn - a chicco a chicco si fa la macina a pasqu erv e frasc - a pasqua erbaggio e fogliame a stizz a stizz s facj na tonz - a goccia a goccia si fa una pozza a stizz a stizz s rvuac l suicchj - a goccia a goccia si svuota il secchio acqua passat nhn macjn chjù mluin - acqua passata non macina più mulino amm fatt trent e facim trentun - abbiamo fatto trenta e facciamo trentuno camin ca t nfuoc - cammina che ti riscaldi ch n suì t mbiccj e ch n no ti spiccj - con un sì ti leghi e con un no ti sgravi chi p prim raj raj roj vot - chi per primo picchia picchia due volte chi a dat a dat e chi av avut av avut - chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto chi chiù ten polvr spar - chi più ha polvere spara chi è san nhn crer a l mualat - chi è sano non crede all’ammalato chi facj bona uerr av bona pacj - chi fa buona guerra ha buona pace chi facj ra sé facj p tre - chi fa da sé fa per tre chi fengj o chi ntost vengj - chi nge o chi insiste vince chi forz nhn av s arm r ngegnj - chi forza non ha si arma di ingegno chi nhn pot pizzc e muzzc - chi non può pizzichi e mozzichi chi nhn sap fa nhn sap cmmuannà - chi non sa fare non sa comandare chi nhn ten memorj adda tné amm bon - chi non ha memoria deve avere gambe buone chi nhn ten riebbt è ricc - chi non ha debiti è ricco chi p prim s avz p prim s cavz - chi per primo si alza per primo si calza chi poc ten car ten - chi poco ha caro ha chi prmuett r press s n pent chian chian - chi promette in fretta se ne pente piano piano chi raj prim raj lent chi ropp ptuent - chi picchia prima dà piano chi dopo dà forte PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Detti 149

chi romb pah e i cuoccj so i suj - chi rompe paga e i cocci sono i suoi chi s avz viett r matin s uaragnj l cuarlin - chi si alza presto di mattino si guadagna il carlino chi s ferm è pers chi nhn pens è fttut - chi si ferma è perso chi non pensa è fregato chi sap fhlà fil pur ch n zuipp - chi sa lare la anche con uno zeppo chi semmn rcoglj - chi semina raccoglie chi sparagnj facj mal uaragnj - chi risparmia fa male guadagno chi t sput mocc nhn t vol vrè muort - chi ti sputa in bocca non ti vuole vedere morto chi ten fuoc camb chi ten pan mor - chi ha fuoco vive chi ha pane muore chi ten leng vaj nsardegnj - chi ha parlantina va in Sardegna chi ten mamm nhn chiangj - chi ha mamma non piange chi ten salut è ricc e n r sap - chi ha salute è ricco e non lo sa chi ten sold fabbrc - chi ha soldi fabbrica chi trov namic trov n trsor - chi trova un amico trova un tesoro chi tropp vol nient angapp - chi troppo vuole nulla acchiappa chi vol figlj sant s r facess - chi vuole gli santi se li facesse chi vol vaj chi nhn vol mann - chi vuole va chi non vuole manda chi zapp vev acquh chi pót vev vin - chi zappa beve acqua chi pota beve vino chiacchjr e rascion portn ndress a l puatron - chiacchiere e discussioni portano danno al padrone chiacchjr nhn fann farin - chiacchiere non ne fanno farina chiacchjr vattinn ca r suonn nhn m sazj - chiacchiera vattene perché di sonno non mi sazi chiacchjr vol la zit p saddorm - chiacchiere vuole la danzata per ad- dormentarsi 150 Detti Giuseppe Maria Lotano

chnsuiglj nhn pahat nhn so prattcat - consigli non pagati non sono pra- ticati Dij nhn pah semb r sabbt - Dio non paga sempre di sabato Dij r facj e l rjuavl r accocchj - Dio li fa e il diavolo li accoppia è meglj a fathà quann s sur ca cammnà quann s sciul - è meglio lavorare quando si suda che camminare quando si scivola e mnat r penn a l arj e mo rcuogljr - hai tirato le penne in aria e ora raccoglile erm frat e sor quann erm a la cas r tat - eravamo fratelli e sorelle quando eravamo a casa di papà eja tné r sual ncap - devi avere il sale in testa fa l puass p quant è long la amm - fa il passo per quanto è lunga la gamba fa riebbt e nhn pahà ca p riebbt né s mor né s vaj ngaler - fa debiti e non pagare perché per debiti né si muore né si va in galera fa riebbt e nhn patì ca la mort piglj a ti e a mi - fa debiti e non patire perché la morte prende a te e a me faj l affar r l fsuar ca s venn n quindal r lan p accattà n fus - fai l’affare del fusaro che si vende un quintale di lana per comperare un fuso fatih currm appriess - lavoro corrimi dietro figlj trist tienr car - gli vivaci tienili cari fruscj r scopa nov - fruscìo di scopa nuova fuj quant vuò ca qua t aspett - scappa quanto vuoi perché qui ti aspetto gent scapl e senza figlj né p priestht né p chnsuiglj - persone scapole e senza gli né per prestiti né per consigli ij m meng! ij m meng! minht e futtht - io mi butto! io mi butto! buttati e fregati l acit adda sta ndà la vott - l’aceto deve stare nella botte l acquh vaj semb accapabbaggj - l’acqua va sempre in discesa l amicizj rpuarat è cmm na mnestra nfcuat - l’amicizia riparata è come una minestra riscaldata l amor facj passà l tiemb e l tiemb facj passà l amor - l’amore fa passare il tempo e il tempo fa passare l’amore l avar p n onz perd n rnar - l’avaro per un oncia perde un denaro l chiu povr è chi nhn sap fa nient - il più povero è chi non sa fare niente l è vlut la biciclett e mo pedal – l’hai voluta la bicicletta e ora pedala PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Detti 151

l fhmmiuer r l vosc è l accett - lo stabbio del bosco è l’accetta l frutt nhn gar lntuan ra la chiant - il frutto non cade lontano dalla pianta l amicizj è n luss - l’amicizia è un lusso l sol attuorn attuorn nhn vol maj calà - il sole intorno intorno non vuole mai calare l spuaragnj r l tuirchj s l chnzum l sciuambagnon - il risparmio del tir- chio se lo consuma lo scialone l tiemb è r chi sap aspttà - il tempo è di chi sa attendere l utm figlj è na schluatur - l’ultimo glio è una scolatura la cas nhn arrobb ma accov - la casa non ruba ma nasconde la cer s chnsum ma la prcjssion nhn camin - la cera si consuma ma la processione non cammi- na la farin r l rjuavl ruend ca- niglj - la farina del diavolo diventa crusca la fhrbuizj val ma l gjruizj val r chiù - la furbizia vale ma il sapere vale di più la fhrtun r l mbrhllar è quann chiov fitt fitt - la fortuna dell’om- brellaio è quando piove frequente la lantern è fnut man ai cjcat - la lanter- na è nita in mano ai ciechi la meglia parol è quer chi nhnnuess mic - la migliore parola è quella che non esce per niente la pzzhntarij nhn ven si nhn j raj na man - la pezzenteria non viene se non le dai una mano la raggjon s raj aj fess - la ragione si dà agli sciocchi la robb r iavt caccj la toj - la roba degli altri caccia la tua la salut è la prima cos - la salute è la prima cosa la salut nhn zaccatt ch la valut - la salute non si compera con i soldi la vecchj a cient ann vluié angor cambà p s mbarà nata cos - la vecchia a cento anni voleva ancora vivere per imparare un’altra cosa 152 Detti Giuseppe Maria Lotano

la vit è n affacciat a la fhnestr - la vita è una affacciata alla nestra la vott raj l uihn chi tehn - la botte dà il vino che ha lass fuoc ardenn e fuj ndò la partruenn - lascia fuoco ardente e corri dalla partoriente lass rocc e fus e piglj matassar - lascia rocca e fuso e prendi matassaro latt e fasciator t r daj mammt l rstin Dij - latte e fasciatoi te li dà tua ma- dre il destino Dio lggier r vrazz lggier r vsazz - leggero di braccia leggero di bisaccia m port ncanzon ncanzon - mi porta di beffa in beffa m raj chcozz e fatih nhn t n fazz - mi dai zucca e lavoro non te ne faccio mang t mbiccj mang t mbaccj - né ti impicci né ti coinvolgi mannaggj mannaggj si jastem ch n aggj - mannaggia mannaggia se be- stemmio cosa ne ho mandien quann tien ca quann nhn tien nhn aj ch mantné - mantieni quando possiedi perché quando non possiedi non hai cosa mantenere marit e figlj cmm Dij t r mann t r piglj - marito e gli come Dio te li man- da te li prendi marit n trov figlj n fazz e a fratm m abbrazz - marito ne trovo gli ne faccio e a mio fratello mi abbraccio mast andrei miezz ai uaj s rcrej - mastro Andrea in mezzo ai guai se la gode mazz e pan fann figlj san pan senza mazz facj figlj stran - mazza e pane fanno gli sani pane senza mazza fa gli strani meglj a dicj ch pezz e no ch prtus - meglio a dire che toppa e non che buco meglj ch na coppl strazzat ca tutt allanur - meglio con una coppola strac- ciata che tutto nudo meglj ricc r carn ca r cas - meglio ricco di progenie che di case mo mitt a vev pur a chist - ora metti a bere anche a questi mo t scamb sott a l ciuerr - ora ti rifugi sotto al cerro msur r cos ch parm accurt - misura le cose con palmo contenuto muzzct la leng tre vot prim r parlà - morsicati la lingua tre volte prima di parlare nhn naggj mai vist n tuavut ch r sacc - non ho mai visto una bara con le tasche nhn fa diman quer chi può fa oj - non fare domani quello che puoi fare oggi PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Detti 153

nhn facim figlj e figliastr - non facciamo gli e gliastri nhn gjuè pzzhntarij senza rfiett - non c’è miseria senza difetti nhn gj n voln preet p fa na port - non ce ne vogliono pietre per fare una porta nhn lpuerd ca ltiemb è or - non lo perdere perché il tempo è oro nhn riest soddisfatt si ch r man toj nhn t gratt - non resti soddisfatto se con le tue mani non ti gratti nhn serv a chiangj sop a r luatt carut - non serve piangere sul latte ro- vesiato n uizj a l ann n port rann o a l muehs spes ognj juorn port ruin - un vizio all’anno non porta danno o al mese spesa ogni giorno porta rovina na bona revl manden l chmmuent - una buona regola mantiene il con- vento na mamm manden riecj figlj e no riecj figlj na mamm - una mamma sostiene dieci gli e non dieci gli una mamma ndà l bsuognj s canoscj chi t è amic - nel bisogno si conosce chi ti è amico ndà luoc stritt ficct miezz - in luogo stretto in lati in mezzo ndò arriv chiant l zuipp - dove arrivi pianta uno zeppo ndò ngè ust nhn gè phrdenz - dove c’è gusto non c’è perdita ndò so cient patrun né scarp né scarpun - dove sono cento padroni né scarpe né scarponi ndò sput n popl nascj na fhntuan - dove sputa un popolo nasce una fontana nhn addmmuannà a l suaput ma a chi a patut - non chiedere al saputo ma a chi ha sofferto nsciun ben senza pen - nessun bene senza pena nsciun m vant m vant ij - nessuno mi vanta mi vanto io ntiemb mal arrddutt meglj quest ca nient ndutt - in tempo mal ridotto meglio questo che proprio niente o cand o puort la crocj - o canti o porti la croce ommn fort ruin ndà la cas - uomo forte rovina nella casa p ghj a la chies so zuopp p ghj a la cantin chian chian - per andare in chiesa sono zoppo per andare in cantina piano piano p tné l amicizj n puanar vaj e navt ven - per mantenere l’amicizia un paniere va e un altro viene patt e sacc ch ngj mitt ngj truov - patti e sacchi cosa ci metti ci trovi 154 Detti Giuseppe Maria Lotano

piacer fatt nhn vaj phrdut - piacere fatto non va perduto picc m raj e picc t rac - poco mi dai e poco ti dò pigljt r buohn quann può ca r truist ven ra sul - prenditi il buono quando puoi perché il peggio viene da solo poc parol e cavr r pann nhn fann maj rann - poche parole e caldo di in- dumenti non fanno mai danno poc spienn e poc accat - poco spendi e poco compri poc poc facj assaj - poco poco fa molto povr a chi vaj ncerc r salut e r gjstuizj - povero a chi va in cerca di salute e di giustizia prim figlj second attan - primo glio secondo padre pur l uocchj vol la parta soj - anche l’occhio vuole la parte sua quann la femmn vol facj chiov e nhvcà - quando la donna vuole fa pio- vere e nevicare quann la rot è bon lev pur i rfiett - quando la dote è buona toglie anche i difetti quann la serv ruent vecchj l puatron s raj a Dij - quando la serva diventa vecchia il padrone si dà a Dio quann a levn a levn e quann a bors a bors - quando a legna a legna e quando a borsa a borsa quer chi s mbar ngjovntù nhn s scord chiù - quello che si apprende in gioventù non si scorda più r buen s facj senza mnà l buann - il bene si fa senza fare il bando r l buell e r l buon p l arj vaj l tuon - del bello e del buono per l’aria va l’eco r poch abbast r tropp stroppj - il poco basta il troppo storpia r proprietà ngè chi r facj, chi r manden e chi s r venn - le proprietà c’è chi le fa chi le mantiene e chi se le vende r ser ljun ljun r matin chgljun chgljun - di sera leoni leoni di mattina minchioni minchioni ram curt vrnnegnj long - ramo corto vendemmia lunga ricc quann vol pvrieggj quann pot - ricco quando vuole povero quan- do può rrobb r campagnj chi la perd e chi la uaragnj - roba di campagna chi la perde e chi la guadagna rrobba vnnut rrobba fnut - roba venduta roba nita saccj quant tras e nhn saccj quant ess - so quanto entra e non so quanto esce PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio Detti 155

sav chiù ch n chcchiuarin r mel ca ch na vott r acit - si ottiene più con un cucchiaino di miele che con una botte di aceto santa Chiar ropp arrbbuat port r fierr - santa Chiara dopo rubato porte di ferro scarpa nov pur facj vecchj - scarpa nuova pure fa vecchia senza nient nhn s facj nient - senza niente non si fa niente senza sold nhn s cantn mess - senza soldi non si cantano messe sntié semb r m ricj ramm, na vota sol tié hinghjm l lum r uoglj - sentivo sempre dirmi “dammi” una volta sola “tieni” riempimi il lume di olio shpuerbj e tmbuest poch rurn - superbia e tem- pesta poco durano si camin gritt camb afflitt si camin sthrtuarieggj camb bnuarieggj - se ti comporti correttamente vivi afitto se fai l'imboglioncello vivi benino si l giovn sapess e l uecchj ptuess - se il giovane sapesse e il vecchio potesse so ghjut p r dà e riest a r avé - sono andato per darle e mi ritrovo a prenderle sold n tnié e raggj cjrcat tu m re rat mo pur ch tuic la campan aggiust tutt - soldi non avevo e li ho chiesti tu me li hai dati ora pure con te la campana aggiusta tutto sott la fihc nascj la fcheggj - sotto il co nasce il virgulto spart rcchizz e faj phvrtà - dividi ricchezze e fai povertà sptazzm e mnuzzm ma minm ndà i mij - spezzettami e frantumami ma buttami nei miei sruizj ca nhn vuò quant n vuò - servizi che non vuoi quanti ne vuoi stip ca t r truov - conserva che te lo trovi stip cos ra mangià e no sruizzj ra fa - conserva cose da mangiare e non servizi da fare stubbt chi nhn s lev la vreccj ra ndà la scarp - stupido chi non si toglie il sassolino da dentro la scarpa 156 Detti Giuseppe Maria Lotano

t aggja nzngà e t aggja perd - ti debbo insegnare e ti debbo perdere t raj la zapp sop ai pier si parl e n saj - ti dai la zappa sui piedi se parli e non sai tien l puzzl buon e r asceggj malat - hai l’appetito buono e le ali amma- late tre so i ptiuent l ruè l puap e chi nhn den nient - tre sono i potenti il re il papa e chi non ha niente trenta favciuat vindinov spic - trenta falciate ventinove spighe tutt è ben quer chi fhniscj buon - tutto è bene quello che nisce bene tutt l munn è pais ma requj r l ommn è la casa soj - tutto il mondo è paese ma serenità dell’uomo é la propria casa uommn slluicjt nhn morn pvrieggj - uomini svelti non muoiono poveretti val chiù la prattc ca la grammatc - vale più la pratica che la regola val chiù n sold r sparagnj ca cient carlin r uaragnj - vale più un soldo di risparmio che cento carlini di guadagno vatt l fjuerr quann è cavr - batti il ferro quando è caldo viat a chi ten n uocchj miezz ai cjcat - beato chi ha un occhio in mezzo ai ciechi votta bon facj vin buon - botte buona fa buon vino PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 157

IL SOPRANOME L’appartenenza assoluta

MEMORIA E ORIGINE Il Creatore in origine diede a tutte le cose e a ogni forma di vita un nome, perché tutto potesse essere distinto. Nell’Eden i primi nomi assegnati alle crea- ture furono Adamo ed Eva, che identi- ficarono la creazione dell’umanità. Di seguito giunte sulla terra, non più degni del paradiso, si moltiplicarono ed ebbero altri nomi. Più avanti, essendo di- venuti in gran numero, per essere indicati fu necessa- rio, oltre al nome, cercare nuovi elementi d’individua- lità, da ognuno inscindibile quanto la propria pelle. Riferimenti furono le discen- denze, credi religiosi, stirpi, tribù, casati, comunità, contrade, ceppi razziali, condizione sociale, professioni, mestieri, segni particolari, aggettiva- zioni, luoghi di origine, e ogni altro aspetto caratterizzante l’identità. Già al nome del primo famoso Pietro, in tempi remoti, fu aggiun- ta l’indicazione “Il galileo”, a un noto omonimo Pietro, in tempi più recenti, l’indicazione “Il grande”. Dal “galileo” al “grande”, e ancora fino ad oggi, tanti altri riferi- menti, con ricchezza e fantasia di definizioni, sono stati attribuiti ai diversi originari nomi per dipingere particolari e sfumature di per- sonalità, entità a confronto, relazioni di forza, ereditarietà, socialità e altro ancora, fino a diventare la discriminante essenziale per attri- buire inconfondibile identità soggettiva, tale integrazione al nome fu 158 Giuseppe Maria Lotano

definita soprannom sopranome (dal latino: sopra nomen), oppure stuortnom distorto nome. I sopranomi di concittadini, riportati di seguito, sono storia e pre- ziosa eredità. Di essi se ne usano sempre meno poiché ormai estinti tanti titolari e ceppi familiari, oltre a quanti non più presenti nella comunità, perché definitivamente emigrati. Interessante la loro evoluzione italianata, che ne ha trasformati tanti in “cognomi”. In merito il prof. Alessandro Barbero, (Torino, 30 aprile 1959), storico, scrittore e dal 2004 Ordinario di Storia medievale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”, nella trasmissione televisiva Rai Su- perquark, del 18 luglio 2018, intervistato da Piero Angela sull’origine dei cognomi, rispose:

“I cognomi sono una invenzione medievale. I romani ne avevano tantissimi, Publio Cornelio Scipione. Nel medioevo barbarico tutto questo sparisce, c’è un nome e basta. Dopo l’anno mille la gente co- mincia a dare dei sopranomi e proprio molti cognomi derivano dai sopranomi che indicavano le caratteristiche siche, per esempio dai capelli rossi ti chiamavano Rossi, Russo, o Ricci se erano ricci, Basso, Grassi. Altri cognomi rimandavano al luogo di origine, come quello del Presidente Napolitano, oppure in veneto, e sono molto comuni, se ti chiami Visentin perché gli antenati venivano da Vicenza, Padoan venivano da Padova. La maggior parte dei cognomi sono abbastanza oscuri perché spesso derivano da parole dialettali, che oggi abbiamo dimenticato o che non riconosciamo più. Non tutti avevano un cognome perché il cognome serve quando c’è una famiglia e non solo un individuo. Le famiglie nobili molto conosciute sono le prime che hanno un co- gnome, che anche in quei casi può derivare a volte dal titolo nobilia- re, i Visconti di Milano, una volta da un mestiere, i Medici di Firenze e certe volte da una caratteristica sica ad esempio Sforza, sembra un grande cognome nobiliare ma “sforza” in origine voleva dire un violento, uno che fa sempre forza. Soltanto per i nobili la famiglia contava davvero e durava nel tempo. I poveri all’epoca si spostavano molto, un poco come gli emigranti PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 159

di oggi, se vai in un altro paese non se ne importano niente se mai dicono quello di Padova, Paduan, ma non ricordano i tuoi zii, cugi- ni. La povera gente ancora nel Rinascimento di solito non aveva un cognome, si indicava con il nome del padre, Giacomo di Bartolomeo e al massimo Giacomo di Bartolomeo di Michele, oppure se venivi da un paesino magari si ricordava del paesino, come quel tizio che lavo- rava a Firenze e che i suoi antenati erano venuti da un paesino che si chiamava Vinci e lui si chiamava Leonardo quindi era Leonardo da Vinci. In de nitiva in passato anche il cognome era in un certo senso già un privilegio”. Tanta storia umana è insita nel sopra- nome, soprannom / stuortnom, e s’imprime indelebilmente nella memoria e a volte dall’anagra- fe mnemonico popolare tra- sla, in forma italiana, anche nei registri anagrafici del Comune di appartenenza. Essi sono elementi del nostro passato, non pos- siamo perderceli per il non uso corrente, cancellerem- mo tasselli del nostro evolver- ci e del come siamo arrivati a oggi e costruito la nostra identità. A tale elemento di radicata indi- vidualità, non codificata, neanche possono essere applicati analoghi e recenti provvedimenti di legge, inerenti le procedure semplificate delegate alla Prefettura per l’eredità ono- mastica, l’aggiunta del cognome materno, il cambio del cognome, e resta integra l’efficacia della sua originalità assoluta e unica di forma- zione e attribuzione. Questo insieme di realtà incrollabile, vince la solitudine delle strade del paese attraversate da nostalgici passi, dal lento andare di ombre tra case assolate, riecheggia nella mente con voci, anima figure di personaggi e d’improvviso, tutto intorno, si propongono porte di case aperte con chiavistello affisso, botteghe e sonorità di utensili, profumi di pane di forno a legna, mosti in fermento, sussurri 160 Giuseppe Maria Lotano

di ninne nanne, sguardi pungenti di gioventù esuberante e di nonni comprensivi. Giunti a sera genti sedute sull’uscio di casa, sì proprio lì, stanno pronte a invitarti a una chiacchierata e all’assaggio di un vantato surs r vin, sorso/bicchiere di vino, fresco e appena spillato dalla botte, da gustare accompagnato da n muzzc, un morso di pane e com- panatico, frutto di storia di lavoro e di speranze, mentre comignoli emettono fumi aromatizzati da ceppi di quercia e di cerro ardenti, per stemperare ambienti e cuocere vivande. L’insieme della socialità, vero patrimonio di valori umani e di storia, scandisce il tempo e magnifica la comunità, riporta respiro di vita per le strade rionali. Al crocevia l buanntor, il banditore, in tempi più remoti detto l uagliv, dopo l’acuto di trombetta, mnav l buann, annunciava le gri- de, cui bisognava prestare ascolto con molta attenzione per appren- dere avvisi pubblici, note mercantili, altro. Detta attività, retribuita contrattando parte del bene che si pub- blicizzava e pertanto complementare a un lavoro più redditizio, in genere era trasmessa per eredità e fu anche motivo del sopranome delle famiglie titolari. Sotto il cielo colmo di stelle e di luce tenue soffusa tra saliscendi di vicoli ascolto note di organetto e vivo impalpabili emozioni del sogno di tenerti affianco. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 161

SOPRANOME DI CONCITTADINI

arebbe stata interessante la formulazione di possibile motivazione Sdi un’infinità di antichi sopranomi, di cui, facendo memoria tra amici, è stato possibile ricordarne ben duecentosettantaquattro e re- lativo rione di residenza del capostipite. Motivare i sopranomi sarebbe stato semplice esercizio azzardato e inessenziale, perché fantasiosa interpretazione carente del dovuto rigore della verifica presso gli interessati. Elencarli è solo elemento di oggettiva identificazione di anagrafe orale ma ognuno potrebbe rovistare tra i propri ricordi e risalire ad un possibile significato di qualche sopranome. Ai sopranomi di concittadini immigrati è stato semplice affiancare anche il nome del paese di origine oltre quello del rione abitativo, ai nati in loco è stato affiancato solo il nome del rione di residenza del capostipite, tranne per pochi essendo incerto. Si è mantenuta la indicazione rionale del capostipite perché di antichissima datazione, il criterio di dare un nome alle singole vie fu introdotto successivamente a quello dei rioni, spesso denominati anche secondo una chiesa di zona. I sopranomi, per semplicità di consultazione, sono statielencati in ordine alfabetico. Elementi utili sul perché dei sopranomi è stato possibile fornirne per atleti leggendari del ciclismo e, in buon numero, sono riportati in appendice.

SOPANOMI DI 274 CONCITTADINI E RIONE DI RESIDENZA Elenco di 11 capostipiti immigrati per paese di origine e rione di residenza SPRANOME PROVENIENZA RIONE RESIDENZA L CUALTRAN Calitri uarc r l pualazz L LUAVIANES Laviano a l vurg L MRFATAN Melfi a la campestr L MRUES Muro Lucano a la portanov La PAANES Pescopagano a la portanov 162 Giuseppe Maria Lotano

L RUAPNUES Rapone sop a l pont L SUANTFLES San Fele a la portanov L SUARDAGNUOL Sardegna a r port LARUES Ruvo del Monte a l prtiueggj LASANTMNNAR Santomenna a i cstuarieggj LAVIGLIANES Avigliano a i cstuarieggj

Elenco di 263 capostipiti nativi e rione di residenza SOPRANOME RIONE ABITATIVO DEL CAPOSTIPITE ADDAAROR la strad (la strada) ADDOCL la strad (la strada) AILAM a sant mchel (a san Michele) AMARAIGGJ a la chiazz ammond (alla piazzetta in su) AMMACCAFAV nant a la chies (davanti alla chiesa) ANDANIN a l furn vecchi (al forno vecchio) ANTONIOANDREI a la porta nov (alla porta nuova) ATTAREGGJ ……… (non accertato) AVCIUEGGJ a la porta nov (alla porta nuova) AVCJGGIUAT a la rffiuer (alla ruffiera) AVRCCHION a i cstuarieggj (ai costarelli)

BACCAMORT a i cstuarieggj (ai costarelli) BANNTOR via nova nov (via Jacopo Serluca) BAGNUOL a la crocj (alla croce) BELLAGIOVN a i cstuarieggj (ai costarelli) BLGNUEGGJ a i cstuarieggj (ai costarelli) BRACUT a sant mchel (a san Michele) BRHANT sott a la rip (sotto la rupe) BRRUACCIEGGJ a i cstuarieggj (ai costarelli)

CACAVLEN a i cstuarieggj (ai costarelli) CACCIABBALL a l uarc palazz (al varco del palazzo) PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 163

CAFORCHJ a i cstuarieggj (ai costarelli) CAGNON a la cost (alla costa) CALLARAL a l vurg (al borgo) CAMPANAR nant a la chies (davanti alla chiesa) CANSTRAR a sant mchel (a san Michele) CAPACCHION a sant mchel (a san Michele) CAPITAN a l vurg (al borgo) CAPON a la rffiuer (alla ruffiera) CAPOTC a i cstuarieggj (ai costarelli) CAPPGGIUZZ gret sant (dietro santi) CAPRUSS a la chiazz (alla piazzetta) CARCJRAT a i cstuarieggj (ai costarelli) CARDILL a l vurg (al borgo) CARNIEGGJ ……… (non accertato) CARVON a l piuescjc (al piesco) CASTIEGGJ a l pont (al ponte) CATAL a la porta nov (alla porta nuova) CATARCHJ a sant mchel (a san Michele) CATASCJ ……… (non accertato) CAVALER a la strad (alla strada) CJCEGLJ a sant mchel (a san Michele) CECJ gret sant (dietro santi) CHIARMARIEGGJ a la porta nov (alla porta nuova) CHIARMARIN a la porta nov (alla porta nuova) CHNDMUAGNJ a la porta nov (alla porta nuova) CIALANC a la strad (alla strada) CIANCIOLIN a l uarrngiueggj (al guado) CIENTPIER ……… (non accertato) CINGL nant a la chies (davanti alla chiesa) CJCAT nant a la chies (davanti alla chiesa) CJCCHLUATIN a la crocj (alla croce) CJSTARIEGGJ a la porta nov (alla porta nuova) CJCCON a i cstuarieggj (ai costarelli) 164 Giuseppe Maria Lotano

COLELL a l piuescjc (al piesco) CRTUELL a l piuescjc (al piesco) CTCUAR a la crocj (alla croce)

DOGL a la strad (alla strada) DMATORR a la porta nov (alla porta nuova)

FACCIABBEN a i cstuarieggj (ai costarelli) FACJLON a sant mchel (a san Michele) ASLUIN a la porta nov (alla porta nuova) FCHCCHIUAR gret sant (dietro santi) FEFÈ a i cstuarieggj (ai costarelli) FLIPP via nova nov (via Jacopo Serluca) FRANCSCON a i cstuarieggj (ai costarelli) FRATTONN a la chiazz ammond (alla piazzetta in su) FRMCHIEGGJ a i cstuarieggj (ai costarelli) FRNUISCJ a i cstuarieggj (ai costarelli) FRONNANOV nant a la chies (davanti alla chiesa) FRTTLICCHJ a la sala vecchi (alla sala vecchia)

GENDARM gret sant (dietro santi) GIACCHETT a phntuecchj (Piano di Pontecchia) GIACCHIN a la strad (alla strada) GIACCHTIEGGJ gret sant (dietro santi) GIANNHNUAT nant a la chies (davanti alla chiesa) GIUANNIEGGJ a sant mchel (a san Michele) GIOST GIOST a l piuescjc (al piesco) GJANT a la cost (alla costa) GJLION a la strad (alla strada) GJLIUAN a l piuescjc (al piesco) GJNTIL ……… (non accertato) GNACALUCCJ a la crocj (alla croce) JNNAR a la strad (alla strada) PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 165

JAQULASSOVT gret sant (dietro santi)

LA BRHAND ------(non accertato) LA CARACCL a sant mchel (a san Michele) LA CRAPETT gret sant (dietro santi) LA CJCJRCCHIAR gret sant (dietro santi) LA FMMNEGGJ a la porta nov (alla porta nuova) LA MLNUAR a la porta nov (alla porta nuova) LA NEVR a sant mchel (a san Michele) LA PSANT a i cstuarieggj (ai costarelli) LA RICCJ a i cstuarieggj (ai costarelli) LA SAPNUAR … (non accertato) LA SCALER a i cstuarieggj (ai costarelli) LA SORD a l prtiueggj (al portello) LA UERV a la porta nov (alla porta nuova) LA ZOPP a l piuescjc (al piesco) LARTCEGGJ a l uarc r lartceggj (al vico di lartceggj) LAVCIUEGGJ a la porta nov (alla porta nuova) LCJRUAS gret sant (dietro santi) L MOCCJ a la porta nov (alla porta nuova) L MONC a l furn vecchj (al forno vecchio) L MRRUT a l vurg (al borgo) L MUP sant mchel (san Michele) L NTUAR via nova nov (via Jacopo Serluca) L STHRUENT a l piuescjc (al piesco) L SURD a la crocj (alla croce) L TGNUS a i cstuarieggj (ai costarelli) L TUIS sott a l pont (sotto al ponte) L UAGLIV a la strad (alla strada) L ZUENGR a la crocj (alla croce)

MACCARNUER sop a la chiazz (sopra la piazzetta) MALASMUENT a i cstuarieggj (ai costarelli) 166 Giuseppe Maria Lotano

MARHCON a la rffiuer (alla ruffiera) MARHNAZZ a i cstuarieggj (ai costarelli) MARIANUZZ a l uarrngiueggj (al guado) MASCIACCHIN gret sant (dietro santi) MASTGLIEMM a l piescjc (al piesco) MBOCJ a i cstuarieggj (ai costarelli) MBSACCHJ a i cstuarieggj (ai costarelli) MCHLON a l piuescjc (al piesco) MEZZACORCHJ a l vurg (al borgo) MEZZANOTT a i cstuarieggj (ai costarelli) MGLIAZZIEGGJ a la strad (alla strada) MIERC a l vurg (al borgo) MIEZZJUORN a la porta nov (alla porta nuova) MILO’ a sant mchel (a san Michele) MLIGGJ nant a la chies (davanti la chiesa) MNGALLON a la porta nov (alla porta nuova) MNGIUOTT a l prtiueggj (al portello) MNGLISS a la chiazz ammond (alla piazzetta in su) MNINN a i cstuarieggj (ai costarelli) MNNIGGJ a sant mchel (a san Michele) MONGALIER a la porta nov (alla porta nuova) MNNONN nant a la chiesa (davanti alla chiesa) MNSGNOR a l pont (al ponte) MRCANT a sant mchel (a san Michele) MRGNON a sant mchel (a san Michele) MSCJUISCJC a l vurg (al borgo) MSTUAZZ a la porta nov (alla porta nuova)

NASMARC a la cost (alla costa) NASON a i cstuarieggj (ai costarelli) NDAPAVL a l vurg (al borgo) NMMSIENT a i cstuarieggj (ai costarelli) PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 167

PALUMM a sant michel (a san Michele) PAPALIN nant a la chies (davanti alla chiesa) PARAVIS gret sant (dietro santi) PARMARIEGGJ nant a la chies (davanti alla chiesa) PARMINOSTR nant a la chies (davanti alla chiesa) PASTNAC a i cstuarieggj (ai costarelli) PAULUIN gret sant (dietro santi) PCCJNINN a la crocj (alla croce) PCNUAR a la porta nov (alla porta nuova) PERS a la strad (alla strada) PGGECCHJ a sant mchel (a san Michele) PIJRIT a l prtiueggj (al portello) PIPAVL a la strad (alla strada) PISCIANDERR a sant mchel (a san Michele) PLACC a l purgatorj (al purgatorio) PLLUANCHELL a la crocj (alla croce) PLUCC a i cstuarieggj (ai costarelli) PNZRUS sott a la preta gross (sotto la pietra grossa) PARMNOSTR a sant mchel (a san Michele) PRSUTT a la chiazz (alla piazzetta) PRZZIUS a l prtiueggj (al portello) PSCJLCCHIEGGJ a l vurg (al borgo) PTHTON a la crocj (alla croce) PTIT a la chiazz (alla piazzetta) PVRIEGGJ a sant mchel (a san Michele) PZOC ……… (non accertato) PZZCHICCHJ a i cstuarieggj (ai costarelli) PZZETT a i cstuarieggj (ai costarelli)

QUERAANN a la strad (alla strada) QUAGLIETT a l prtiueggj (al portello)

RALESJ a l uarrngiueggj (al guado) 168 Giuseppe Maria Lotano

RALFRED a la porta nov (alla porta nuova) RAMAT a l truappit/cstuarieggj (ai costarelli) RANGASCJ a l piuescjc (al piesco) RASANNIN a la cost (alla costa) RBECC a i cstuarieggj (ai costarelli) RMBOCJ a i cstuarieggj (ai costarelli) RCARL a la porta nov (alla porta nuova) RCECJ gret sant (dietro santi) RCIOCJ gret sant (dietro santi) RCHIOR a i cstuarieggj (ai costarelli) RFABJ a l piescjc (al piesco) RFOS a i cstuarieggj (ai costarelli) RGILJ a sant mchel (a san Michele) RGJLIV a sant mchel (a san Michele) RLEH a la cost (alla costa) RMAVR nant a la chies (davanti alla chiesa) RNOBBL a i cstuarieggj (ai costarelli) RSAR a i cstuarieggj (ai costarelli) RSILL a l uarc palazz (al varco del palazzo) RSSLUIGGJ a i cstuarieggj (ai costarelli) RTAVOT a l piuescjc (al piesco) RTOLL a l piuescjc (al piesco) RUOCCH a l prtiueggj (al portello)

SABBATIEGGJ a l piuescjc (al piesco) SALVATOR a serluc (jacopo serluca) SARACAR a la chiazz (alla piazzetta) SCAZZUS a la chiazz ammond (alla piazzetta in su) SCHECT uarc r grazj cardill (vico III S.Giovanni) SCIAPIT a la cost (alla costa) SCIAPPALIN a la chiazz (alla piazzetta) SCIARRILL a pntuecchj (a contrada pontecchia) SCJCANFIRR a i cstuarieggj (ai costarelli) PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 169

SCJCCOPPACICJR ……… (non accertato) SCJCCUIZZ a sant mchel (a san Michele) SCJRVUICCL a l vurg (al borgo) SCTUEGGJ a i cstuarieggj (ai costarelli) SETT MSCIGGJ a la porta nov (alla porta nuova) SIANES a la porta nov (alla porta nuova) SILVESTR a l vurg (al borgo) SINNCSISI a la chiazz ammond (alla piazzetta in su) SLUARIEGGJ a la porta nov (alla porta nuova) SPACCON a sant mchel (a san Michele) SPADACCIN ……… (non accertato) SPEZZAFIERR via nova nov (via Jacopo Serluca) SPONSATRAV a l vurg (al borgo) SPRDON a i cstuarieggj (ai costarelli) STFANIEGGJ a i cstuarieggj (ai costarelli) STOPPA a l piuescjc (al piesco) STRAZZAT a la strad (alla strada) STRIPP a serluc (jacopo serluca) STRLICJ a i cstuarieggj (ai costarelli)

TABBACCHER a serluc (jacopo serluca) TABBACCUN a l prtiueggj (al portello) TABBOSCJ a la porta nov (alla porta nuova) TAJLLAR a sant mchel (a san Michele) TALIAN a i cstuarieggj (ai costarelli) TAMBNIUER a la cost (alla costa) TARALL a i cstuarieggj (ai costarelli) TARUL a l piuescjc (al piesco) TAVOT sott a la rip (sotto la rupe) TAVRNAR a la crocj (alla croce) TGNUS a i cstuarieggj (ai costarelli) THRLING a l prtueggj (al portello) THTTARIEGGJ a la chiazz (alla piazzetta) 170 Giuseppe Maria Lotano

TNDACCH a l vurg (al borgo) TNGURCJ a sant mchel (a san Michele) TNNUETT a l piuescjc (al piesco) TNSON a l piuescjc (al piesco) TRACARRER a la cost (alla costa) TRLLING a l prtueggj (al portello) TROMB a l vurg (al borgo) TRPPLICCHJ a la rffiuer (alla ruffiera) TRRIBBL gret a la cost (dietro alla costa)

UARCATORI via nova nov (via Jacopo Serluca)

VAMMAN via nova nov (via Jacopo Serluca) VARCATOR gret sant (dietro santi) VARVEGGJ a l prtiueggj (al portello) VECCJ a i cstuarieggj (ai costarelli) VIENN … …… (non accertato) VIDOC a i cstuarieggj (ai costarelli) VTRIUOL a l prtiueggj (al portello) VUAGLIV a la strad (alla strada)

ZARRIEGGJ a la cost (alla costa) ZCUASTR a i cstuarieggj (ai costarelli) ZNGARIEGGJ a i cstuarieggj (ai costarelli) ZPPUARIEGGJ a la chiazz ammond (alla piazzetta in su) PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 171

COMUNITÀ LIMITROFE SULLA VIA APPIA SS 7

PESCOPAGANO, CASTELGRANDE, MURO LUCANO Le tre comunità, Pescopagano, Castelgrande, Muro Lucano, si sus- seguono, nell’ordine, sul percorso della Appia SS 7 che dall’Irpinia si immette in Lucania, lasciando il confine campano del comune di Sant’Andrea di Conza (AV). Esse pur caratterizzate dalla vicinanza geografica sono realtà com- pletamente differenti per origine, storia, fama dei propri concittadini, dialetti, costumi, usanze e vocazione del territorio. L’insieme di detti elementi è stato sempre fonte di vari aneddoti e reciproci appellativi, dalle comunità calibrati a proprio merito, per burlarsi l’una dell’altra ma sempre nel rispetto di riferimenti e senza irreparabili storture, perché formulati per “raccontarsi e sorriderne”. Nell’accedere ai rispettivi agglomerati urbani appare quasi debba- no essere espugnati, quanto un tempo mura e porte di cinta a tutela di castelli e segreti di corte ma subito ci si accorge che ciò è storia antichissima. Ora le porte sono spalancate per accogliere e invitare a vivere il fascino intimo di storia e ricchezza di persone e luoghi di cui ogni pietra racconta particolari sorprendenti, non sono più un limite e non vorresti più andartene. Attraversando i luoghi si attinge dall’aria e dall’erba la freschezza di respiro e profumo, priva di frastuoni e inutili chiacchiere e il pen- siero che parla con il linguaggio della natura. L’Appia non è il solo percorso di accesso in Lucania, altre vena- ture vi penetrano da ogni confine in un insieme territoriale e umano impareggiabile per il suo porsi senza presunzione ma con il garbo della discrezione per non turbare alcuna emozione. Nell’abitato non occorre bussare per entrare a casa di un lucano, al suo uscio non ancora ha sottratto il chiavistello, chi vi entra è rice- vuto da dolcezza confidenziale. Questa cultura testimonia il mito lucano di innato culto della ospi- talità e di rispetto per la sacralità del valore umano dell'«Altro». 172 Giuseppe Maria Lotano

Tanta storia, di seguito solo accennata, merita di essere approfon- dita e conosciuta per farne un modello di vita.

Sopranome abitanti di: Pescopagano, Castelgrande, Muro Lucano Si riportano alcune notizie sulle origini delle tre confinanti comunità e alcuni sopranomi di reciproca attribuzione, giunti a noi dalla tradi- zione e campanilismo, che sempre animano simpatiche discussioni.

Sopranome tra Castelgrandesi e Pescopaganesi - pstggjs rocciosi, detto dai pescopaganesi ai castelgrandesi perché abitanti di un territorio da cui emergono diversi pstieggj, speroni di roccia, cioè dei monoliti. Essi, in genere attribuibili a fenomeni di erosione, assumono con- formazioni e altitudini molto variabili fino a divenire realtà mon- tuose. Sono spesso indicati con il nome del territorio da dove emergono o da elementi di fantasia, alcuni sono: pstieggj grann, pstieggj r roggj, pstieggj r carruozz, pstieggj r palazzul, pstieggj r callaral, pstieggj r cappggjuzz, pstieggj r r gurp, pstieggj r l’iscjc, pstieggj r la paur. - votafaccj, voltafaccia, detto dai castelgrandesi ai pescopaganesi rap- portandoli, secondo leggenda, a Giano bifronte, per doppiezza di pensiero.

Sopranome tra Castelgrandesi e Muresi - castgghjan, castellani, detto dai muresi ai castelgrandesi perché abitanti di case di cinta al castello. - cjcat r castiegghjgrann, ciechi di Castelgrande, detto dai muresi ai castelgrandesi perché abitanti ritenuti disattenti in situazioni favo- revoli. - cpplun r Mur, coppoloni di Muro, detto dai castelgrandesi ai muresi perché cittadini che indossano, per costume, una coppola la cui visiera limita l’orizzonte cui tendere per saperne di più. - è arrvat lu mar a Mur sciamn a l’Americ, è arrivato il mare a Muro andiamocene in America, detto dai castelgrandesi ai muresi per- ché ingannati dalla nebbia della valle, giunta a lambire le abitazio- ni del paese, credendo che fosse il mare, messisi in una bagnarola si lanciarono dalla finestra per andare in America. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 173

Pescopagano: Denominazione abitanti, origine, personalità e attività Denominazione degli abitanti è pescopaganesi. L’origine del nome “Pescopagano”, riferita dalla leggenda incisa su un fregio di pietra, sottostante la rappresentazione della divinità di Giano bifronte, una delle più importanti di Roma e del Pantheon, collocato sulla parete sinistra dell’arcata della Porta maggiore o Torre dell’orologio, edificata nell’anno 1560 in Piazza Sibilla, così indica:

“Provida Progenies Cumsagrata Sybillae / Incolit hoc saxo Jano traducta bifronte / Ex hac fatidica claro cogomine dicta / Porta Sybilla caput Lucanum Basili- catae”. “Un accorta stirpe grata alla Sibilla Cumana abita su questo sasso tradottavi da Giano Bifronte. Da essa divinatrice con chiara denominazione e detta Porta Sibilla, capo dei lucani di Basilicata”

Il bifrontismo accredita a Giano la capacità di inter- pretare il futuro e il passato, di leggere eventi con opposti orientamenti, pertanto è divenuto anche simbolo di doppiezza e mute- volezza di pensiero. La mitologia racconta che Giano è giunto via mare dalla Tessa- glia, regione dell’antica Grecia, nota anche con il nome di Eolia. Altri storiografi scindono il toponimo Pescopagano nella interpre- tazione delle due PP cioè “Pesco – Pagano”, dove il primo termine “petra” in volgare “pesco” vale a dire “pescone” e “pagano” derivante da “pagus” cioè “villaggio/borgo” in definitiva l’abbinamento dei ter- mini equivale a “borgo sulla roccia” che appare tesi più attendibile. Un’altra eccezionale pietra, individuata nel corso di ricerche del concittadino Avv. Camillo Naborre, cultore di storia locale e studioso di memorie e testimonianze del passato, nonché Presidente della Fondazione Girolamo Orlando, ci riporta notizie più realistiche circa l’epoca cui riferire l’esistenza di Pescopagano. 174 Giuseppe Maria Lotano

Detta pietra locale, denominata Faviccino, era appartenuta alla Chiesa Madre di Santa Maria de Serris, abbattuta dal terremoto del 1980 e a seguire dall’azione distruttiva dei ruderi per sconsiderata furia demolitiva dei vari operatori intervenuti. Su di essa un’iscrizione riconducibile a epoca bizantina, cioè a quel periodo della dominazione longobarda nella quale l’uso dell’i- dioma latino era contemporaneo e contestuale a quello greco, con- ferma quanto sostenuto da alcuni storici circa l’esistenza di Pescopa- gano già nel 555 d. C.

Personalità e loro iniziative di prestigio hanno dato a Pescopaga- no ampia risonanza sul territorio circostante e meridionale, tra cui: - Benefattore insigne di Pescopagano, nato il 15 gennaio 1802 e deceduto a Cerignola il 1888, è stato Giovanni Pinto. Uomo di va- sta cultura in campo giuridico e amministrativo, visse a Cerignola. Prima di morire volle che il suo patrimonio, pari a lire seicentomila fosse assegnato alla comunità di Pescopagano a fin di bene perché “frutto delle sue fatiche e dei suoi risparmi venissero usati a bene dei superstiti e dei poveri”. Il testatore per dette finalità indicò anche di denominare l’opera da organizzare ”Pio Monte S.Giuseppe”. In data 26.04.1891 venne costituita in Ente Morale e fu attiva fino al 1980, a meno dell’ospizio chiuso nel 1912 per insufficienza di fondi. - Benefattore insigne di Pescopagano, Francesco Michele Maria Mucciacciuoli (1851-1941), utilizzò i propri guadagni, realizzati in America, in pro di privati e soprattutto verso opere pubbliche: Villa Comunale, Chiesa Madre, Cimitero. - Il ruolo di fiorente e importante centro bancario esercitato dalla fondazione di due distinte iniziative bancarie, sorte sulla scia de- gli ideali cooperativi sviluppatisi sul territorio italiano nella seconda metà dell’ottocento, di cui il primo Istituto ad opera di Luigi Luzzatti fu la Banca Popolare di Lodi 1864, in loco denominate: a) Banca Operaia Cooperativa di Pescopagano, 11 agosto 1883, con sede in piazzetta S. Michele 1, in loco nota anche come “Banca piccola”. Pur tra molte difficoltà iniziali e caratterizzata da gestione locale e familiare, ebbe concreta capacità operativa. Per il rilevante ruolo nell’economia locale le fu assegnata la Medaglia di Bronzo all’Esposizione Universale del 1900 a Parigi, dal Ministero del Com- mercio dell’industria, delle Poste e Telecomunicazioni. Oggi per vi- cende di riassetto bancario è denominata Banca Popolare di Novara ed ha conservato la medesima sede sociale. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 175

b) Banca Popolare Cooperativa di Pescopagano, 2 settembre 1883, che ben presto ebbe sede sociale nel prestigioso Palazzo Rubini in Corso Umberto I, in loco denominata anche “Banca grande”. Costi- tuita ad opera di Antonio Quaglietta, Michelangelo Pascale, Fabrizio Laviano e altri azionisti locali così pure dell’Alta Irpinia, della Valle dell’Ofanto e dell’Alto Melfese, tra questi il noto Giustino Fortunato. Per il lodevole ruolo assunto nell’ambito dell’intero territorio meri- dionale, durante la prestigiosa Direzione del Cav. Fabrizio Laviano, le fu assegnata la Medaglia d’Oro all’ Esposizione Internazionale di Mi- lano nel 1906 e nel 1912 la Medaglia d’Oro dal Ministero di Agri- coltura, ma anche altri notevoli riconoscimenti. Fino al 1992 ebbe la sede legale in Corso Umberto I, n.8. L’opera di Fabrizio Laviano fu di grande rilevanza e il suo busto, attualmente rimosso dalla sede bancaria. è situato presso la sede del Comune e riporta l’epigrafe “Da questa casa sacra alla previdenza Fabrizio Laviano irradiò bene ca azione di pensiero di economia di risparmio onde fu provvido vangelo alle menti umili di qua di là dal mare la sicurtà del deposito l’onesto impiego” Nel tempo ha subito trasformazioni organizzative e assunto altre denominazioni, a oggi è Banca Popolare di Bari, a Pescopagano conserva solo una sede di rappresentanza in via Santissima Annun- ziata, 5. L’importanza avuta dai due Istituti di Credito resta a vanto delle genti che ci hanno preceduto perché “Gli eventi e le vicende degli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, che hanno portato alla de nitiva scomparsa dei due Istituti di Credito, sono ancora trop- po vicini per essere qui adeguatamente indagati, appartengono essi ancora alla cronaca più che alla storia” (Fonte: PESCOPAGANO E IL SUO TERRITORIO - a cura della Fondazione Girolamo Orlando e della Deputazione Lucana di Storia Patria). - Nel 1910 la costituzione dell’Impresa Idroelettrica F.lli Orlan- do, successivamente denominata S.O.L.E. (Società Ofantina Lucana di Eletttricità), per la realizzazione del primo impianto idroelettrico in Lucania, utilizzando “carbone bianco”, così era definito l’impiego della forza idrica, nello specifico attinta da una derivazione sul tor- rente Ficocchia. L’energia prodotta fu impiegata a scopo privato, pubblico, pro- duttivo. L’illuminazione pubblica avvenne nel 1913 e tra il 1914 ed il 1915 la rete di distribuzione oltre Pescopagano raggiunse, in Lucania, i comuni di Rapone, San Fele, Ruvo del Monte e i viciniori comuni 176 Giuseppe Maria Lotano

campani di Sant’Andrea di Conza, Castelnuovo di Conza, Santomen- na, Calitri. La prevedibile richiesta di ulteriore energia elettrica indusse l’Or- lando a programmare ulteriore approvvigionamento idrico e si ado- però, tra tormentata opposizione di gerarchi fascisti e contrasti con la Società Lucana di Imprese Idroelettriche, (S.L.I.I.), per la realizza- zione di una grossa riserva idrica nel piano del torrente Saetta, dove raccogliere anche le acque del torrente Ficocchia ed integrare il ba- cino del torrente Guana. Per detti contrasti politici, nel 1940, Girolamo Orlando subì il provvedimento di confino per sfuggire al quale si rifugiò a Napoli e non poté seguire direttamente le proprie iniziative in Basilicata. Solo grazie all’intervento del milanese ing. Giovanni Bellingio- ni, impegnato nella progettazione del lago Saetta, il provvedimento di confino venne revocato, motivi prudenziali consigliarono la sua permanenza a Napoli, dove vi restò fino alla sua morte avvenuta nel 1964. Il programma già avviato nel 1933 ma sospeso, fu ripreso nel 1941 e nuovamente sospeso fino al 1948 e poi avviato, a conclusio- ne, vigente la Repubblica. Nel 1950 poté essere costituita la società Saetta-Lago Antonia Nitti Persico di Pescopagano, che concluse nel 1953 la realizzazione del bacino per l’alimentazione delle due cen- trali idroelettriche di Mauriello e Guana. Nel 1966 a seguito della nazionalizzazione dell’energia elettrica e l’istituzione dell’ENEL la società fu posta in liquidazione e nel 1976 il lago fu svuotato e la diga demolita. Tra il 1971 e 1991 con fondi della Cassa per il Mezzogiorno fu realizzata la nuova diga di Saetta e il bacino, dal 1999. è in esercizio per attività sperimentale. (Fonte: PESCOPAGANO E IL SUO TERRI- TORIO - a cura della Fondazione Girolamo Orlando e della Deputa- zione Lucana di Storia Patria). L’estroso medico e ingegnere Girolamo Orlando, (1876 - 1964) fu profondo sostenitore e amico dell’insigne statista lucano Fran- cesco Saverio Nitti (Melfi 1868 – Roma 1953), una delle più lungi- miranti personalità politiche del primo novecento, tra l’altro autore del manuale Scienze delle Finanze, diffuso in tutto il mondo e nel festeggiare i centocinquanta anni della sua nascita la Presidenza del Consiglio ha . ospitato in novembre una presentazione corale delle idee dell’uomo politico seguita dalla proiezione del docufilm Fran- cesco Saverio Nitti. L’ottimismo dell’agire di Simona Fasulo, trasmesso PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 177

anche da RAI Storia. Il Nitti fu interprete di un meridionalismo nuo- vo, cercò risorse di sviluppo proprie del territorio, per andare oltre il riferimento agrario della cerealicoltura e allevamento, perché con opportune azioni di sostegno pubblico fosse capace di attivare uno sviluppo locale per un riequilibrio del rapporto popolazione-risorse con prospettive ampie incardinate nello stesso sviluppo nazionale. Nello specifico indicò nell’utilizzo della energia idrica la fonte energetica per lo sviluppo del territorio e della Regione ma che andasse oltre un progetto elettro irriguo per uno sfruttamento am- plificato comprensivo di bonifiche integrali, riassetto idrogeologico, superamento del tema malarico delle aree, e tanti altri aspetti di ca- rattere generale funzionali al territorio. Tale cultura dell’uso delle risorse per lo sviluppo fu poi incentivo per la realizzazione di successivi importanti invasi idrici sui fiumi lucani a sostegno dello sviluppo delle aree locali e più ancora per sopperire alle diverse necessità idriche della Puglia. In Italia il primo impianto di una centrale idroelettrica, fu promos- so da Giuseppe Colombo, fondatore della EDISON, realizzato tra il 1895 e 1898, ancora in esercizio. Esso fu denominato “Angelo Berti- ni” nome del Direttore Generale EDISON di Milano, ed attinge “car- bone bianco” dalle rapide dell’Adda, presso Paderno d’Adda (CO). La cittadinanza, nell’anno 2002, per dare testimonianza pubblica, a tutti accessibile, e a ricordo degli storici impianti idroelettrici della centrale Mauriello, ha collocato nella piazzetta Girolamo Orlando le originali apparecchiature degli impianti tecnici della centrale, risa- lenti ai primi del ‘900. Componenti di preziosa collezione per l’archeologia industriale costituita da: Turbina idraulica a reazione “Ing. Riva Monneret – C. Milano, portata 200 litri al secondo, 90 HP, 630 giri/1’; Turbina Pelton costruzione De Pretto 14 HP, 300 giri/1’; Alternatore a induttore ruo- tante 60 KVA, 750 giri./1’ tipo “Soc.Anonimes Westinghaus Le Havre”. Nell’anno 2003 nella piazzetta è stata anche apposta una targa e scoperto un busto di bronzo, opera dello scultore Stefano Mingione, in ricordo del Dott. Girolamo Orlando, Medico Chirurgo Insigne e Benefattore. - A inizio ‘900 la fondamentale iniziativa, del medico ingegnere Girolamo Orlando e del collega medico Giovanni Miele, per la rea- lizzazione del presidio sanitario “Casa di Salute e Chirurgia di Pesco- pagano”, in Via dei Mulini, dopo un ventennio trasferita nel palazzo Orlando in via dei Fiorentini, ora via Giuseppe Orlando, dove con 178 Giuseppe Maria Lotano

l’ausilio del dr. Abruzzese e dr. Palestra, venivano effettuate cure sa- nitarie ed interventi chirurgici e fu uno dei quattro ospedali presenti in Lucania. Dopo la Grande Guerra nel 1926 il presidio divenne Opera Pia Perpetua Ospedale “Giuseppe Orlando” ed ampliò la sua attività di assistenza divenendo uno dei quatto ospedali presenti sul territorio lucano. Nell’aprile del 1931 divenne Ente Morale continuando la preziosa opera sanitaria fino alla morte dell’illustre fondatore, traendo dal pre- stigioso lavoro sanitario le basi per la istituzione nel 1973 dell’Ospe- dale pubblico, poi trasformato in Ospedale Regionale Specializzato in Fisioterapia ed Ortopedia, eccellenza specialistica del Mezzogior- no d’Italia e ora importante Centro di pneumologia e riabilitazione. - L’istituzione nel 1914, per la formazione al lavoro tecnico, for- temente sostenuta da Fabrizio Laviano, della Reale Scuola Popolare Operaia di Arti e Mestieri, che per una qualificata formazione arti- gianale dei giovani prevedeva corsi di ebanisteria, lavorazione della pietra, ferro battuto, e per le attività agrarie un campo sperimentale. Per difficoltà gestionali fu soppressa nel 1927 e venne istituita la Scuola di Avviamento al Lavoro divenuta nel 1970 Istituto Professio- nale di Stato per l’Industria e Artigianato, a seguito della istituzione della Scuola Media Statale. - Per onorare la genialità delle iniziative del concittadino Orlan- do è sorta nel 1990 la “Fondazione Girolamo Orlando” (F.G.O.) con sede in corso Umberto I, n. 4. e ulteriore ingesso da via Giuseppe Orlando Miele, 1. La Fondazione sostiene lo sviluppo di progetti di avanguardia, tra questi: a Parigi la ricerca sperimentale, in campo medico, condotta sugli animali dal Prof. Francesco Nappi, esperto di cardiochirurgia neonatale, finalizzata alla realizzazione di un brevetto per la cura della vena aortica utilizzando la valvola polmonare; in loco, nel settore delle acque, l’obiettivo di costituire un Cen- tro di Ricerca e Studi, in collaborazione con l’UNIBAS, la Regio- ne e la Deputazione Lucana di Storia Patria, presentato a Matera nell’ambito del Mediterraneum Forum of Water Resurce, intitola- to “Histoire d’eau, Storie di acqua: “Progetto di massima per la utilizzazione delle acque del torrente Ficocchia a scopo idrico e idroelettrico in provincia di Potenza” e da ciò trarre insegnamenti di valorizzazione di tale risorsa ovunque sia disponibile. - Il ruolo assunto dal Medico Fernando Schettini (1925-2009) ne- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 179

gli anni 1970/1980 nella vita civile e democratica lucana, ricordato dall’Amministrazione comunale, A.D. 2018 con busto d bronzeo in Corso Umberto I, ed epigrafe “Protagonista della vita civile e demo- cratica lucana padre costituente della regione e sindaco di Pescopa- gano”. - La prestigiosa figura del prof. Angelo Balestrieri (1935-2017), storico preside della facoltà di Medicina a Cagliari e Presidente della Conferenza Permanente dei presidi di Medicina, Sindaco del paese dal 1990/95, Presidente della Fondazione “Girolamo Orlando” e Pre- sidente Onorario del Comitato Tecnico Scientifico della medesima - Dal 2011 il concittadino dott. Avv. Lorenzo Mazzeo, il 25 mar- zo 2018 premiato con l’onorificenza di “Lucano insigne” dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale della Basilicata, ha dato vita a una importante iniziativa sportiva multidisciplinare denominata Ofantiadi. Scopo dell’iniziativa, estiva annuale, è il coinvolgimento di trenta- cinque comuni di area a ridosso del fiume Ofanto e altri aderenti, per favorire, attraverso lo sport, l’aggregazione e la sinergia tra le forme di cultura e produttive presenti lungo tutta l’area interessata. - Interessante è il progetto che propone l’Associazione Ofanto Express finalizzato a riattivare la tratta ferroviaria Rocchetta Sant’An- tonio – Avellino per lungo tempo determinante infrastruttura di pe- netrazione per ridurre l’isolamento dei comuni dell’Alta Irpinia e del bacino dell’Ofanto, carenti di adeguata arteria stradale. L’infrastrut- tura ferroviaria, da qualche tempo non più attiva, viene riproposta non a scopo commerciale ma a sostegno di mobilità dolce finalizzata alla valorizzazione di aree interne, ricche di paesaggi e di prodotti genuini da conoscere lungo la tratta. Essa fu progettata nel 1865 ma compiuta nel 1895 per complessi- ve trentaquattro stazioni. La sua gestione fu sempre gravosa poiché il bacino di utenza non era adeguato ai costi di esercizio. Tale difficoltà crebbe nel periodo successivo al terremoto del 1980 quando fu realizzata, verso la metà degli anni Novanta, la Strada Statale Ofantina Bis, che ridusse dra- sticamente la già minima utenza di tratta ferroviaria a vantaggio del trasporto su gomma pertanto, dalle ferrovie, fu classificata “Ramo secco” e disattivata. Ma la validità storica e di realtà culturale del territorio attraversato dalla tratta ferroviaria dismessa non è mancata di emergere neanche tra i progetti di sviluppo di itinerari cultuali e turistici della Campa- 180 Giuseppe Maria Lotano

nia su cui l’Università Federico II di Napoli e le Ferrovie dello Stato hanno siglato un protocollo di scambi e collaborazione che esplicita- mente include anche i territori interni della Campania, tra cui la valo- rizzazione della vecchia tratta Avellino - Rocchetta e successivamente della tratta che porta a Pietrelcina. (Fonte: L’intesa “Patto Ferrovie - Federico II studenti in campo per il turismo da Pietrarsa a Rocchetta” di Roberto Fuccillo / La Repubblica, 18 settembre 2018).

Castelgrande: Denominazione abitanti, origine, personalità e attività La denominazione degli abitanti è castelgrandesi. - L’origine del nome “Castelgrande” non è raccontato da una leggen- da o dalla mitologia ma da un riferimento storico. Intorno all’anno mille le diverse comunità locali, distribuite tra nove casali sul territorio, villaggi di esiguo insieme di famiglie, per assicurarsi protezione e contenere ladronerie, scorribande saracene ed altro, de- cisero di arroccarsi presso il locale castello, efficace fino al distruttivo terremoto del 1694, appartenuto alla principale famiglia del posto deno- minata “De Grandis”, da cui “Castrum de Grandis” ma per altri meteoro- patici nel 1656 detto anche “Castrum de Grandine”. L’abitato ai piedi del castello si sviluppò a ridosso dei primi due dei tre consecutivi pstieggj monoliti, caratterizzanti il paesaggio, il terzo e più elevato è Monte Giano di 1.144 m. s.l.m.. All’abitato si accedeva per sette porte, ne esistono solo gli archi di quattro di esse tra cui quello della principale porta, san Giovanni, posta all’inizio dell’importante arteria interna all’abitato detta La strada, gli altri archi sono: Portello, Le porte, sant’Andrea. Si rinvia per ogni dettagliata descrizione delle origini di Castelgrande a quanto riportato nei già citati encomiabili e insostituibili volumi scritti da Mons. Francesco Masi: Castrum de Grandis. La località denominata “Castrum de Grandine” è già presente tra le raffigurazioni pittoriche che si ammirano nella “Galleria delle carte geo- grafiche” presso i Musei Vaticani in Roma, posta lungo il percorso che conduce alla Cappella Sistina. La Galleria fu realizzata tra il 1580 e 1585, voluta da papa Gregorio XIII per rappresentare delle varie regioni italiane le mappe delle princi- pali città, porti, funzioni religiose in esse praticate. Il progetto fu diretto dal domenicano matematico, geografo e amico del Papa, Ignazio Danti. - Le personalità e attività, sono trattate negli specifici successivi paragrafi. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 181

Muro Lucano: Denominazione abitanti, origine, personalità e attività Denominazione degli abitanti è muresi. - L’origine del nome “Muro Lucano” ha l’ipotesi più attendibile connessa alle sorti delle genti della città di Numistro o Numistrone. “Da più secoli gli scrittori si distillano il cervello per trovare il luo- go di quell’antica città. Alcuni la ricercano fra i golfi di Squillace e S. Eufemia; altri nella regione dei Bruzi, altri nel Sannio o nell’Irpinia presso la città di Nusco, ed altri infine, con maggiore fondamento, la pongono nella Lucania a piedi dell’odierna Muro”. (Fonte: Da Castel- grande agli avanzi ciclopici di Muro Lucano di N. Cianci di Leo Sanseverino - Stabi- limento Topografico F. Lubrano, Napoli 1889). Numistro fu famosa anche perché nell’area si svolse nel 210 a.C. la battaglia della seconda guerra punica, tra Annibale e il con- sole Marcello. Dopo la distruzione del- la città di Numistrone per opera dei Saraceni, av- venuta nell’879 d. C., gli abitanti si diffusero nelle circostanti campagne ag- gregandosi in piccoli villag- gi o casali. Quasi tutti ebbero denominazione di santi e in gran parte delle località d’inse- diamento esistono ruderi di chiese a loro nome: S. Quirico, S. Giuliano, S. Luca, S. Marciano, S. Angelo, S. Pietro a Piagaro, S. Paolo della Malta, S. Ianno, S. Biagio, S. Barbara, La Rocca, Capitignano, Gauzano, Cite- rano, e alcuni altri non identificati. (Fonte:Toponomastica di Muro Lucano” / rce edizioni, Napoli 2001). Le piccole comunità erano continuamente sconvolte da orde va- rie e non avevano possibilità di difesa. Per propria tutela decisero di abbandonare detti agglomerati e arroccarsi arditamente in un tratto della angusta gola dei Mulini a ridosso dei suoi irti dirupi rocciosi a picco sul corso d’acqua Rescio, alimentato dalla vena dell’Acquaviva, realizzando ricoveri al cui insieme attribuirono il nome di Pianello. Caratteristico rione, già da qualche tempo restaurato, di notevole attrazione paesaggistica dove, tra i saliscendi vari, l’”Associazione 182 Giuseppe Maria Lotano

Muro inVita” in agosto, da diversi anni, organizza un percorso eno- gastronomico, artigianale e culturale. All’agglomerato in miniatura e completamente isolato, accartoc- ciato su se stesso, tutore di costumi, di lingua e usanze patriarcali, si poteva accedere solo da due punti: la Porta di Janna e La Porta. Nel tempo diverse altre comunità attratte dalla sicurezza del vil- laggio vollero insediarsi sulle stesse asperità rocciose ma non poten- dolo fare per le estreme difficoltà della morfologia si arroccarono sul versante opposto lungo il muro di cinta, che iniziava dalla Porta Janna. Le nuove case furono contraddistinte da quelle del Pianello e denominate del muro o sul muro e dal loro moltiplicarsi si formò la città di Muro. (Fonte: NUMISTRONE e Muro Lucano / note appunti e ricordi storici, di Dottor Luigi Martuscelli – Stabilimento Tipografico R. Pesole, Napoli 1896). La collettività che si sviluppò ebbe molta storia per illustri concit- tadini, vicende del castello, della sede vescovile, del Duomo, del feu- do e relative liti scatenate in particolare dall’avidità e prepotenza dei feudatari Orsini, che dominarono Muro per tre secoli. Ultimo vile atto organizzato a danno dei muresi e del patrimonio territoriale sfociò nel colossale e distruttivo incendio, innescato contemporaneamente in più punti, della Montagna di Muro, che in pochi giorni ridusse in cenere circa 42.000 antichi alberi di faggio e annesse querce. - Le personalità e attività sono presesenti in ogni campo, a partire dalla nascita di san Gerardo Maiella e tante altre. - San Gerardo Maiella, redentorista, nato nel 1726, a Muro Lucano, patrono della Basilicata e di Muro Lucano, protettore delle mamme ge- stanti e dei bambini, definito anche il santo giovane dei giovani. Presso il Santuario di Materdomini (AV), dove è venerato il corpo del Santo, si svolge il Rito della benedizione dell’olio che offre ogni anno un Comune per la continua accensione della lampada alla Tomba. Poi si partecipa alla Veglia di preghiera, presso la finestra della stanza dove il Santo morì, alle ore 01,30 del 16 ottobre 1755, per commemorare il “Transito di San Gerardo Maiella”, che era solito esclamare “Dio mio, me ne pento, voglio morire per darvi gusto! Voglio morire per fare la Tua santissima volontà”. (Fonte: Gerardo Maiella – “Appunti biografici di un suo contem- poraneo” Valsele Tipografica - curata da P. Sabatino Majorano). - La sede vescovile in cui si sono succeduti numerosi vescovi, pro- venienti da più parti d’Italia, tra essi anche due Vescovi muresi: Gian Filippo Martuscelli, che modificò la toponomastica del paese e Antonio Rosario Mennonna. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 183

La diocesi di Muro Lucano è stata soppressa nel 1986, e ora fa parte dell’arcidiocesi “ Potenza-Muro Lucano-Marsiconuovo. Della famiglia Martuscelli, tra i più illustri: Gian Filippo Martuscelli (1776-1831) fu parroco di San Marco, Canonico, Penitenziere nella Cat- tedrale, Rettore del Seminario, Docente di letteratura al Real Collegio di Potenza, Vicario Generale e Capitolare, Vescovo di Muro Lucano (1827- 1831), Oratore, Poeta; in campo medico e storico, Luigi Martuscelli (1833 - 1913) fu molto noto e fondatore, nel 1857, dell’importante giornale medico “Il Morga- gni”. Rientrato a Muro, continuò a esercitare la professione e insegnò “Scienze” nel Seminario della locale Diocesi. Molto nota la sua ricerca storica intitolata “Numistrone e Muro Lucano” pubblicata a Napoli nel 1896. Il Vescovo Antonio Rosario Mennonna (1906-2009) laureato in Teo- logia il 21 giugno 1928 “cum laude” fu ordinato sacerdote il 12 agosto, stesso anno, Fu un importante personaggio, nominato Vescovo di Muro Lucano da Papa Pio XII nel 1955 resse la diocesi fino al 1962, quando fu trasferito alla diocesi di Nardò. Fu scrittore fin dalla sua prima gio- vinezza e numerosi sono i suoi libri di favole, oltre che pastorali e di ricerche. Nella sua carica ecclesiastica è stato il più longevo del mondo. Partecipò al Concilio Ecumenico Vaticano secondo. Nel 1965 ricevette dal Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat la Medaglia d’Oro dei Benemeriti della scuola. Nel 1979 l’Onorificenza di Commendatore. Nel 2006 fu nominato Grande Uf ciale. - La realizzazione, tra il 1914 e 1918, del lago artificiale di Muro Lu- cano, sostenuta dal noto parlamentare lucano Francesco Saverio Nitti di Melfi, eletto nel collegio di Muro Lucano, con a valle delle Ripe in con- trada Pascone, il Tubo o Torre piezometrica, tra le quote 524 e 580, per ridurre a limiti non pericolosi il colpo di ariete e con funzione di camera di equilibrio, a cui segue la “Centrale idroelettrica”. Il lago è denominato “Lago Nitti” come si legge su targa posta sulla parete inclinata della diga a ricordo dell’opera “A queste acque ruinanti prima con rapido ritorno al mare ora per idea ed opera di Francesco Nitti per volontà e cura di Luigi Pistolese frenate e raccolte in placide lago ridente generatore di elettrica forza largitore di linfa vitale ai campi assetati il nome Lago Nitti a perenne riconoscenza e memoria il Comune di Muro Lucano impose MCMXIV”. Tale dedicazione fu dettata dal senatore professore Giuseppe De Lorenzo, geologo e filosofo. Il complesso di opere fu parte del più ampio programma di lavori 184 Giuseppe Maria Lotano

pubblici, per la Basilicata e per l’intero Mezzogiorno, promosso dall’On. Francesco Saverio Nitti. Il progetto di massima fu redatto dal Comm. ing. Angelo Omodeo e direzione lavori dell’ing. Domenico De Mascellis, per conto di società da costituirsi, per la concessione di derivazione di acqua dal torrente san Pietro in comune di Muro Lucano per utilizzazione a scopo di produzio- ne di energia elettrica e successiva irrigazione. Il sistema diga e centrale idroelettrica fu opera di avanguardia per l’epoca ed anche il primo lago artificiale dell’Italia Meridionale, l’inve- stimento fu di 84.378,78 lire. La diga intercettava il deflusso del torrente San Pietro, formato da tutti i vari torrenti del vasto bacino imbrifero di Castelgrande, delimitato a monte dal valico di Monte Carruozzo di 1.228 m slm, linea di confine con il bacino imbrifero del lago Saetta sul versante di Pescopagano. Le acque trattenute dalla diga inondarono totalmente la grande forra naturale, realizzando uno specchio d’acqua di 75 ettari, sviluppando una capacità del serbatoio di 10milioni di mc., interessò l’occupazione in gran misura di territori delle contrade San Maffeo e Fontanelle, più limi- tatamente delle contrade di San Vito vecchio, Isca, Carbonaa, Pannicaro, Canalicchio, Valle Provitola, tutti i proprietari furono indennizzati con Decreti prefettizi del 13 novembre 1915 e del 18 gennaio 1916. L’area era quasi già naturalmente sbarrata nel punto di inizio dell’an- gusta e lunga gola rocciosa verso valle, detta Ripa di Muro Lucano, lun- go la quale scorreva l’emissario Rescio, e ciò rappresentò il punto dove più facilmente poté essere realizzata la diga . “La diga è eretta tutta in calcestruzzo cementizio nella sezione più stretta della valle, là ove le balze si pro lano come un’immane fenditura. Planimetricamente è disposta ad arco di cerchio, impostato nei anchi rocciosi tagliati a picco. È a pro lo di trapezio, alta m 54.00, verticale a monte ed a valle a scarpa. Lo spessore in cima è di m 5.00, in base m 18.00”. (Fonte: “Il lago Nitti” di Domenico De Mascellis, 1916 / Mario Mennonna – Congedo Editore 2010 – Galatina ). Il lago necessitò di impermeabilizzazione e fu impiegato ”cemen- to-gum”, a ridosso della diga sulla riva destra del lago, dove una frattura su tratto arenario causava la perdita di acqua, misurata pari a 1.660 l/s, che con l’ausilio di coloranti furono avvistate riversarsi nel fiume Plata- no. L’impermeabilizzazione ridusse le perdite a 300 l/s. (Fonte: Proposte di recupero della centrale idroelettrica di Muro Lucano – Tesi di laurea anno 1998 /Arch, Giacinto Indelli – Università di Roma La sapienza). Di seguito sull’utilizzazione del lago ebbe rilevanza, nel 1962 la na- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 185

zionalizzazione dell’energia elettrica, con legge del Governo Fanfani. Ciò comportò la dismissione di svariati impianti sul territorio nazio- nale, tra essi anche il Lago Nitti, ritenuto non economicamente vantag- gioso, dopo avere dato “luce” a tanti Comuni della Lucania e allo stesso capoluogo Potenza. Diversi anni fa le attrezzature tecniche della centrale furono conse- gnate all’ENEL per essere collocate nel museo di archeologia storica. Da Castelgrande, nel periodo di totale pieno del bacino del lago, si godeva del simpatico spettacolo di progressiva sommersione di un ist- mo che lo penetrava fino a restarne visibile solo un suo piccolo tratto finale più sopraelevato, che dallo specchio di acqua affiorava in forma di piccola isola contraddistinta da un ciuffo verde di boschetto. L’Amministrazione comunale, cessata ogni originaria finalità a scopo energetico del lago, ne auspica un ripristino per attrattiva paesaggistica e incentivazione turistica oltre che a supporto del fabbisogno agricolo. - La realizzazione del Ponte del Pianello, tra il 1913 e 1918, che con i suoi 105 metri di altezza, 76,30 metri di lunghezza e 5,20 metri di larghezza, supera l’aspra fenditura delle Ripe con un arco parabolico di luce pari a circa 40 metri. Detta soluzione tecnica dei ponti in cemento armato sospesi fu adottata per la prima volta verso fine Ottocento in America, la prima in Basilicata e tra le prime realizzate in Italia. Il ponte, attualmente facente parte della SP 17 di collegamento con SP ex SS 381, si caratterizza per essere a quattro costoloni, cioè non a volta unica, e collega Muro, dal versante del rione Pianello, con la sua frazione di Capodigiano. Detta frazione si poteva solo raggiungere percorrendo l’ardito e anti- chissimo saliscendi del “Sentiero delle Ripe” una delle strade più antiche di Muro Lucano, che parte dall’acropoli attraversa il Pianello e si colle- gava con gli opifici medioevali, sul versante opposto all’abitato, tramite un piccolo ponte di architettura civile romana del 1100 d.C., detto di Annibale perché si racconta che lo abbia attraversato. Il particolare percorso ora è candidato dal FAI (Fondo Ambiente Ita- liano) a “ I Luoghi del Cuore” (internet-www.iluoghidelcuore.it). L’Amministrazione della Città di Muro, Sindaco il dott. Giovanni Seta- ro, e l’Associazione Officina delle Idee, Presidente l’ng. Pasquale Stella Brienza, in occasione del centenario della costruzione del ponte, hanno promosso il 22 settembre 2018 un incontro dal titolo “14 luglio 1918 - 14 luglio 2018, il ponte del Pianello a Muro Lucano: storia, ingegno e territorio”. Si è svolto presso la sala Consiliare di Piazza Don Minzoni e hanno partecipato molte personalità tra cui l’arch. Giacinto Indelli di 186 Giuseppe Maria Lotano

Muro, che ha definito il ponte ” Una eccellenza di architettura strutturale del primo ‘900”. - L’elezione al Parlamento italiano, nel partito della Democrazia Cristiana, dell’Avv. Salvatore Pagliuca (1895-1973), acerrimo antifascista, dai quali subì l’umiliazione e atto di violenza di essere “purgato” cioè co- stretto a ingurgitare olio vegetale estratto dai semi della pianta di ricino. Fu parlamentare nella prima e seconda legislatura (1948 e 1953) e membro delle Commissioni Giustizia e Difesa. Professionista di enorme prestigio presso il cui studio mio zio, l’Avv. Nicola Del Gaudio, subito dopo la laurea in legge conseguita all’Università di Napoli, il 17 novem- bre 1950, iniziò il tirocinio previsto per gli aspiranti avvocati, che dové interrompere essendo stato precettato dall’Esercito Italiano e ne fu Uffi- ciale di Complemento, con prima destinazione Bergamo. - Il Museo Archeologico Nazionale Muro Lucano, collocato nell’ex Seminario che è parte del complesso monumentale costituito dalla Cat- tedrale, antica struttura del XII secolo, che danneggiata dal terremoto del 1980 fu riaperta al culto il 15.07.2017, data ricordata dalle Poste Italiane con speciale annullo filatelico, l’Episcopio e la Curia Castello, quest’ul- timo consta di tre piani di esposizione con ampie attestazioni archeo- logiche del territorio caratterizzante la Basilicata Nord-occidentale del periodo tra il VII-VI sec a.C. e fino ai primi secoli dopo Cristo. Le sale espositive rappresentano: Dalla Terra alle Genti: I Peuketiantes. L’importante insediamento di età arcaica di Baragiano. Un popolo guerriero: i Lucani. L’ethnos dei lucani nel corso del IV secolo a.C. E ora i Lucani sono Romani e Momenti di vita in una villa romana imperiale. La romanizzazione dell’area e testimonianze. - Nell’arte tra i più recenti personaggi di origine murese: Giuseppe Michele Stella (Muro Lucano, 13.06.1877 – N.Y. 05.11.1946), che dopo avere completato gli studi liceali a Napoli decise di emigrare in America, dove già viveva il fratello medico. Si dedicò alla sua innata passione artistica e s’interessò alla poetica dadaista e al simbolismo. Fu definito “Il primo futurista d’America”, di- venne noto per le sue opere descrittive delle condizioni di vita di emi- granti e di quartieri industriali d’America. Uno dei suoi quadri più noti e importanti, realizzato fra il 1917 e il 1918, fu il “Ponte di Brooklyn”. A lui il Comune di Muro ha intitolato l’Istituto Comprensivo Scuola dell’Infan- zia Primaria e Secondaria di primo Grado. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 187

Nella fotografia l’estroso Giuseppe Michele Galella (N.Y. - 10.01.1931) noto come Ron Galella, cui la Regione Basilicata conferì il riconoscimen- to di “Lucano Insigne” e il comune di Muro Lucano, città natale paterna e madre beneventana, nel 2009 lo indicò “Cittadino Onorario”. Egli è definito il paparazzo, cioè “fotografo di azione” più intraprendente del mondo e pioniere del genere. Le sue foto diffondono immagini di tan- tissime personalità di fama internazionale su riviste e giornali di grido, oltre che in varie mostre. Particolari sono le foto a Jacqueline Kennedy, per le quali fu processato e con ordine restrittivo costretto a non potersi avvicinare al personaggio a meno di cinquanta piedi. Jacqueline era uno dei soggetti fotografici da lui preferiti e dallo stes- so definito “Jackie My Obsession”. Svolse il ruolo di fotografo dell’Aeronautica degli Stati Uniti durante la Guerra di Corea (1951-1055) e la sua passione professionale proseguì al rientro in America, dove vive nel New Jersey, la moglie Betty Burke è deceduta nel 2017. Vincenzo Lordi Insegnante, Scrittore, Poeta, Filosofo, Muro Lucano 10 agosto 1921- 4 marzo 2015, da Decio e Maria Antonia Natale. Decorato dall’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra, Ca- valiere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana con nomina del Capo dello Stato Francesco Cossiga. Di nobilissima famiglia, partecipò a diverse Campagne di Guerra in Italia. Durante la sua lunga e intensa vita di scrittore ha ricevuto tanti rico- noscimenti e l’Unitre di Muro Lucano, nel 2011, gli ha conferito la Laurea Honoris Causa in Lettere e Filosofia. Nell’ “Istituto Scolastico Joseph Stella” di Muro Lucano, il 17 dicembre 2018, è stato inaugurato, con la partecipazione di autorità scolastiche, del Sindaco Giovanni Setaro, una folta rappresentanza di genitori di alunni e altri concittadini, “l’Atelier creativo Vincenzo Lordi”. La Dirigente scolastica Rosaria Papalino in merito al laboratorio ha evidenziato "È un luogo che lega l’informatica oltre il tecnologico ma nell’ottica che incoraggia la creatività dei bambini, ormai per questo appellati anche - nativi digitali". La professoressa Maria Antonietta Lordi, intervenuta alla cerimonia, ha illustrato la figura di studioso, l’impegno umano e sociale del proprio genitore ed il continuo impegno profuso in particolare verso la poesia, ampiamente riconosciuta con attestazioni ovunque l’abbia presentata. Renato Lisanti (Potenza 1979) da Gerardo di Muro Lucano e Anna Maria Pace, napoletana. 188 Giuseppe Maria Lotano

Dopo avere completato gli studi in Scienze Umanistiche alla Univer- sità di Roma, vive e lavora a Parma, dove si occupa di cinema e video. Consegue esperienze teatrali, fra cui la regia di Bohème di Puccini per il Teatro Traiano di Civitavecchia e nel 2008 si trasferisce a Parma dove fonda Luminol Film e lavora per TV locali e nazionali, video istitu- zionali, pubblicitari, documentari. Nel 2018 la sua prima opera per il cinema è intitolata “Il Pittore della Tenda”, prodotta e diretta con il sostegno del Mibact e riconosciuta di interesse culturale. Trattasi di un documentario poetico che narra il “poema d’azione” scritto nella seconda metà del ‘900 da Emanuele Modica, artista antimafia siciliano. Rappresenta la vita del contadino siciliano Emanuele Modica che dopo l’omicidio di suo padre, per mano della mafia, decide di imbrac- ciare il pennello come fosse un’arma convinto che nessun mezzo sia più efficace dell’arte per scuotere le coscienze. Modica dopo avere girato l’Italia e ormai ottantenne, ritorna a Pa- lermo per un’ultima esposizione in piazza e ancora un grido contro la mafia. L’opera presentata in anteprima mondiale al Biogra lm Festival-In- ternational celebration of lives di Bologna ha già ottenuto, come miglior documentario, alcuni premi e riconoscimenti, tra cui al Festival Interna- zionale di Salerno Linea D’Ombra e al Retro Avant Garde Film Festival di Venezia. - Il conferimento a Muro Lucano, nel 2012, del titolo di Città, asse- gnato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano “Per la sua storia culturale, architettonica, religiosa, popolare, letteraria, militare, ci- vile”. - Il gemellaggio di Muro Lucano - Città di San Gerardo - con il co- mune di Corato PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 189

CONCITTADINI E LORO NOTORIETÀ AL 2018 Personaggi ammirevoli

TAVOLA SINOTTICA La numerosità di concittadini noti per prestigio professionale nel campo delle scienze, delle lettere, della politica, della religione, delle istituzioni, del sociale, del lavoro, di altri contesti, di cui è stato ge- neroso di natalità Castelgrande, riportata nelle biografie già pubbli- cate da Mons. Francesco Masi e dall’Insegnante Angelo Racaniello, è attualizzata da note integrative e da biografie di recenti personalità. Tutti i protagonisti di ogni epoca sono indicati nella Tavola sinot- tica al 2018, con specifico riferimento per consultazioni. L’elencazione generale potrebbe ritenersi, in parte, superflua ma è utile per uno sguardo di insieme della nostra ricchezza sociale. Essa è essenziale anche perché intende idealmente ospitare cia- scuno dei soggetti a una “Tavola rotonda”, per un confidenziale dia- logo in lingua locale, che fu loro quanto nostra, e che essi stessi,pur se consapevoli di tendenziali mutamenti di ogni lingua viva, mai ne ipotizzarono la totale scomparsa. Una “Tavola rotonda” anche per capire come siamo arrivati a oggi e ciò che ci hanno lasciato in eredità, comparare quanto da noi pro- seguito per la magnificenza delle loro azioni e opere, quanto ancora dovremmo essere capaci di fare per non interrompere tanto presti- gioso ruolo nel mondo del sapere, che ha reso la nostra comunità castelgrandese un riferimento. Il compito è certamente arduo, oggi i valori sono fatti più di appa- renze, hanno la consistenza di castelli costruiti sulla sabbia o di bolle di sapone. L’incontro ideale segna una tappa di memoria e funge da richiamo e stimolo all’assopita capacità di sfida del nostro agire per concrete azioni a sostegno della nostra esistenza e per assicurare ai posteri una migliore qualità di vita e una società più giusta capace di benessere diffuso tra tutte le genti. Ai nostri predecessori, maestri d’insegnamento, dobbiamo grati- tudine e profondo rispetto per il loro indiscusso diffuso sapere e dedicare continua attenzione per tenerne viva la testimonianza, da 190 Giuseppe Maria Lotano

sempre vanto della nostra comunità, della terra lucana, del popolo italiano.

Tavola sinottica al 2018 Bibliografia, Biografia, Nota, Testimonianza (Z), Toponomastica (X), Lapide (Y)

BIBLIOGRAFIA BIOGRAFIA NOTA (Z) (X) (Y) B - C- I - ∞ Nicola Cianci di Leo Sanseverino - - - - B - C - L - Z Potito de Sanctis - Notaio - - - ∞ C Mons. Fabrizio Cianci – Vescovo - - - - B - C Mons. Michele Federici – Vescovo - - -- A - C Mons. Felice Cianci - - - ∞ C Mons. Carlo Cianci - - - - D Padre Luigi – missionario in Terra S. - - - - D Padre Zaccaria – missionario in India - - - - D Padre Alfonso - Segr. Gen. Ord. Capp. - - - - D Padre Sisto – teologo - - - - D Don Martino Cianci – abate - - - - C - F - ∞ Nicola De Sanctis / Il Servo di Dio ∞ - - - B - U - ∞ Aniello de Sanctis ∞ ∞ - - B Pasquale Racaniello - - ∞ - ∞ Alfonso de Sanctis ∞ - - - W - R - ∞ Mons. Francesco Masi - ∞ ∞ - Concittadini rivoluzionari e patrioti

B -C- N - ∞ Matteo Cristiano ∞ - ∞ ∞ A - B - C - D - M Guglielmo Gasparrini ∞ - ∞ ∞ - P- S -V -X-∞ Concittadini e lotte per i fatti del 1799 H - ∞ Canniano Vincenzo ∞ - - - H - ∞ Caruso (Carusi) Andrea ∞ - - - H - ∞ Casale Vincenzo ∞ - - - H - ∞ Cecina Antonio ∞ - - - H - ∞ Coppola Francesco ∞ - - - PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 191

H - ∞ Coppola Nicola ∞ - - - H - ∞ Cristiano Vincenzo ∞ - - - H - ∞ Coppola Giuseppe ∞ - - - H - ∞ Cianci Antonio Maria ∞ - - - H - ∞ Cianci Francesco Maria ∞ - - - H - ∞ Cianci Fabrizio ∞ - - - H - ∞ Cristiano Giovanni ∞ - - - H - ∞ Cristiano Giuseppe ∞ - - - H - ∞ Cristiano Nicola ∞ - - - H - ∞ Caruso Francesco Michelangelo ∞ - - - H - ∞ Cianci Fabrizio ∞ - - - H - ∞ Cianci di Leo Sanseverino Nicola ∞ - - - H - ∞ Cristiano Antonio Pasquale ∞ - - - H - ∞ Bologna Domenico ∞ - - - Concittadinie decorati al Valore Militare B - Z - ∞ Cesare Cianci - ∞ ∞ - D - Z - ∞ Annibale Cianci - ∞ - - ∞ Pio Belmonte - - - - Z - ∞ Vito Federici - - - - Z - ∞ Donato Cristiano - ∞ -- ∞ I ragazzi del 1899 ∞ --- ∞ Le mamme di caduti del 1915-18 ∞ --- Concittadini premiati sul Lavoro ∞ Domenico Masi - ∞ - - ∞ Antonio Racaniello ∞ ∞ - - R - ∞ Suor Celestina - ∞ ∞ - Concittadini e arte B - D - Z -∞ Gaetano Federici - - - - Y - ∞ Angelo Muro - - - - ∞ Aniello Bologna - - - - ∞ Donato Antonio Lamorte - ∞ - - W - ∞ Pio Belmonte - - - - 192 Giuseppe Maria Lotano

∞ Enza Cristiano - - - - Q - T- W - ∞ Gerardo Di Muro - - - - I - ∞ Daniela Pilotto - - - - ∞ Vincenzo Loglisci - - - - ∞ Giuseppina Frassino - - - - Concittadini e ciclismo ∞ Giuseppe Colangelo - - - - ∞ Nicolino Della Piazza - - - - U - ∞ Donato Masi - - - - U - ∞ Francesco Masi - - - - Concittadina per dedizione ∞ Suor Angelina ∞ - ∞ -

LEGENDA Le opere di seguito elencate contrassegnate da lettere e indicate accanto ai nominativi sopracitati sono, a chi necessitasse, immediato riferimento di fonti da cui attingere ulteriori notizie relative ai personaggi e al territorio. A CAMMINARE INSIEME - anno 1966 e 1968 Cassa Prestiti Santa Maria Assunta di Castelgrande. B IN CASTRO DE GRANDIS - anno 1999 Angelo Racaniello C CASTRUM DE GRANDIS – CASTELGRANDE - anno 2002 Don Francesco Masi D CASTRUM DE GRANDIS – CASTELGRANDE - Parte II - anno 2011 Don Francesco Masi E ATTI DEL CONVEGNO: GUGLIELMO GASPARRINI IL SOMMO BO- TANICO 1803-2003 Comune di Castelgrande - anno 2005. F NICOLA - STUDENTE REDENTORISTA (1818-1834) di Umberto Della Galla. G MATTEO CRISTIANO di Ruggiero Cianci di Sanseverino / Napoli, Giuseppe de Alteris - Ed. 1914 H SOCIETÀ DI STORIA PATRIA PER LA PUGLIA DIZIONARIO DEI PA- TRIOTI LUCANI di Tommaso Pedio /Vol. I - Trani1960 - Vecchi & C PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 193

COMUNE DI CASTELGRANDE: I SPIRAGLIO Anno III n. 11 - anno 1998 L SPIRAGLIO Anno III n. 12 - anno 1998 M SPIRAGLIO Anno IV n. 13 - anno 1999 N SPIRAGLIO Anno IV n. 14 - anno 1999 O L’Osservatorio di Castelgrande OTT.- DIC. - anno 1999 P L’Osservatorio di Castelgrande Anno 1 n. 3 - anno 2000 Q L’Osservatorio di Castelgrande Anno III n. 10 - anno 2002 R L’Osservatorio di Castelgrande Anno 3 n. 12 - anno 2002 S L’Osservatorio di Castelgrande Anno IV n. 16 - anno 2003 T L’Osservatorio di Castelgrande Anno V n. 18 - anno 2004 U L’Osservatorio di Castelgrande Anno V n. 19 - anno 2004 V L’Osservatorio di Castelgran- de Anno VI n. 21 - anno 2005 W L’Osservatorio di Castel- grande Anno VI n. 23 - anno 2005 X L’Osservatorio di Castel- grande Anno VI n. 24 - anno 2005 Y Cenni storici su Maria SS di Costantinopoli e su Castel- grande di Mosé Colucci / La Tipogra a Manduriana - 1970 Z A FRONTE ALTA Castelgrande nella Grande Guerra di Vincenza M.G. Lisanti / ADAFOR Edizioni - 2018 ∞ PRÈET Castelgrande, linguaggio e territorio di Giuseppe Maria Lotano / dibuonoedizioni - 2019 194 Giuseppe Maria Lotano

BIOGRAFIE, NOTE, TESTIMONIANZE

GUGLIELMO GASPARRINI1 - Sommo botanico, Castelgrande, 13.01.1803 - Napoli 28.06.1866, da Angelo Maria e Isabella Federici.

1 Il concittadino prof. Francesco Maria de Sanctis, Magnifico Rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, propose all’Amministrazione comunale di Castelgrande il trasferimento al locale cimitero dei resti di Guglielmo Gasparrini e dei marmi della sua tomba, situata a Napoli nel recinto del cimitero degli Uomini Illustri. L’Amministrazione accolse la proposta e si adoperò per le procedure di trasferimento e il 19 giu- gno 2010, presso l’Aula Magna dell’Osservatorio Astronomico di Castelgrande, alla presenza di una folta rappresentanza di accademici, studiosi e concittadini, fu ricordata la figura dell’insigne scienziato e di seguito, presso il locale cimitero, fu inaugurata la tomba traslata. Il trasferimento onora la cittadinanza e tiene vivo il ricordo per un suo figlio eletto che ha segnato indelebilmente con la sua ricerca sperimentale di avanguardia l’evoluzione della scienza botanica. Il Comune fece predisporre una cartolina celebrativa con il volto del Gasparrini e la scritta “Il ritorno a casa di Guglielmo Gasparrini”. Poste Italiane emisero, per l’affrancatura, un francobollo da euro 0,60 raffiguranti i “Giardini Botanici Hanbury” e per l’annullamento il timbro celebrativo “Traslazione spoglia di Guglielmo Gasparrini da Napoli a Castelgrande - 85050 Castelgrande (PZ).” 19. 6. 2010. I giardini botanici Hanbury di Imperia, realizzati “all’inglese”, sono molto famosi nel mondo per l’acclimatazione di essenze esotiche e occupano una superficie di diciotto ettari, a ridosso del confine francese, tra Ventimiglia e Mortola. Ne fu ideatore, nel 1866, Thomas Hanbury (Claphan 1832 - Mortola 1907) filantropo inglese. Dopo la seconda Grande Guerra furono acquistati dallo Stato e dal 2010 divenuti area protetta, custodita e gestita dall’Università di Genova. La tomba di Gasparrini ha in cima una croce su cui poggia una corona raffigurante foglie di quercia, mentre sui marmi è inciso l’epitaffio: ”La R. Accademia delle scienze siche e matemati- che. Riconoscente - nacque in Castelgrande lucano il dì 13 gennaio 1804 morì in Napoli il dì 28 giugno1866”. Detto epitaffio fu possibile in osservanza alle disposizioni adottate in Francia il 12 giugno 1804 da Napoleone con il “Décret Imperial sur les sepultures” più noto come “Editto di Saint-Cloud”. Esso è una raccolta organica delle diverse e saltuarie disposizioni emanate in materia di “polizia mortuaria” e “edilizia cimiteriale”, che impongono alle Amministrazioni comunali di autorizzare la sepoltura dei defunti, quale che sia la fede religiosa e stato sociale, venti ore dopo il decesso o quarantotto se di morte improvvisa, coperti da un velo funebre e solo in cimiteri pubblici, da realizzare lontano dall’abitato. Il luogo cimiteriale deve essere alberato e sul cancello di entrata deve essere apposta la scritta “La morte è un eterno sonno” quasi a esprimere il significato greco del termine “cimitero” cioè di luogo adibito a “dormitorio”. Le tombe, tutte uguali, devono indicare solo il nome dell’estinto con data di nascita e morte, mentre per i cittadini ritenuti “particolarmente meritevoli” sulla tomba sono possibili l’epitaffio e una pietra modellata a rappresentare una corona di quercia. L’Editto fu accolto nel Regolamento sulla Polizia Medica per l’Italia, emanato il 5 settembre 1806 da Saint Coud. Oggi per l’Amministrazione comunale è doveroso, a fronte di un figlio tanto eminente, vanto di umana e di scienziato, ravvivare il colore dei caratteri dell’epitaffio inciso sulla lapide apposta sulla facciata della sua casa nativa. L’epitaffio se leggibile consentirebbe a chi passa di non dimenticare o almeno sapere di lui e rinverdire amore e rispetto verso rappresentanti del patrimonio umano, che per nascita ci hanno preceduto dotati di forte capacità intellettiva e d’im- pegno supremo, ricchezza di cui siamo onorati ereditieri per origine lucana e per concittadinanza. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 195

NICOLA, DOMENICO, POTITO DE SANCTIS2 - Il Servo di Dio, Ca- stelgrande, 31.01.1818 - Deliceto (FG) 20.03.1834, da Dottor Pietro e Maria Michela Masi. I genitori di Nicola, di autentica fede cattolica e devozione maria- na, persero il primo figlio Paolo a solo un mese di età, ciò indusse a battezzare Nicola, loro secondogenito, nello stesso giorno della nascita e affidarlo alla Vergine Madre di Dio, perché la sua vita po- tesse colmarsi di educazione cattolica, obiettivo al quale dedicarono intenso impegno educativo. Già all’età di sette anni Nicola era entusiasta di recitare il quoti- diano Angelus e il Rosario, oltre ad offrire un periodo di digiuno in onore della Vergine, durante le festività a Lei dedicate e i venerdì di Passione. Frequentissime erano le sue visite a Santa Maria di Costantinopoli, per la quale nutriva predilezione. Dedicava alla Vergine, con voce gentile e musicale, lodi e canti scritti da sant’Alfonso e partecipava puntualmente alla Messa. Assertore convinto che “chi ama Dio, ama anche suo fratello” chie- se ai propri genitori di condividere la sua abituale razione di cibo con i poveri e a tutti dispensava cordialità e condivisione nei bisogni. L’aspirazione di diventare Redentorista da sempre manifestata ai genitori ma impossibile per la sua giovanissima età, poté confermarsi solo in febbraio 1832 con l’arrivo a Castelgrande della Missione Re- dentorista, che conquistò con la sua massima disponibilità per ogni servizio e continua presenza in tutte le funzioni e manifestazioni. Da Caposele, il 5 novembre 1832, superati gli esami di studi uma-

2 È difficile umanamente credere alla possibilità e capacità di affidare alla fede dedizione estrema della propria vita ed entusiasmo impalpabile di pensieri e azioni, ma è anche doveroso chiedersi come si possa alimentare la sorgente di tanta energia ed entusiasmo a fronte della fragilità umana, se non per imponderabili stimoli d’intimo originate da fonti oltre il nostro raziocinio. Biografie particolari, documentate dal percorso nella fede, dicono di persone che hanno speso la vita per approfondire la conoscenza della spiritualità. Per il valore dell’interpretazione e testimonianza di fede, i protagonisti sono insigniti con titolo di: SERVO DI DIO: chi supera il processo a livello di Diocesi, che attesta l’eroicità delle sue virtù. BEATO: che vede confermata l’eroicità delle virtù dalla Santa Sede e alla cui intercessione presso Dio è attribuito un miracolo riconosciuto come tale dalla Congregazione Vaticana dei Santi. SANTO: colui alla cui intercessione presso Dio è attribuito un secondo miracolo riconosciu- to come tale dalla Congregazione Vaticana dei Santi. 196 Giuseppe Maria Lotano

nistici, raggiunse Pagani e s’incontrò con il Padre Generale della Con- gregazione al quale chiese di fare parte dei figli di S. Alfonso ma la richiesta non fu accolta, perché minore di quindici anni. Il diniego non poté fermarlo, nuovamente si propose dicendo “Non ritornerò a casa di mio padre, rimarrò qui, dove mi chiama Dio, vi prego di trattarmi per il momento come servo”. (Fonte: Sant’Alfonso e dintorni - Blog Archiv - Nicola de Sanctis). Il Padre Generale a fronte di tanto entusiasmo lo fece esaminare dai suoi Consultori, che valutato l’ardore vocazionale consigliarono l’assenso per l’ammissione, anche se prematura, di Nicola al Noviziato. Il 9 novembre 1832 nella ricorrenza del primo centenario della Congregazione non si fece condizionare dalla pressante richiesta di partecipare alla celebrazione e non partire, ma insistette perché fosse inviato a Ciorani per iniziare subito il Noviziato e fu indefinibile la sua gioia appena poté indossare l’abito dell’Istituto. Nella stessa Congrega- zione entrò anche il fratello Potito, mentre gli altri due fratelli furono sacerdoti secolari e divennero anche arcipreti di Castelgrande. (Fonte: Castrum de Grandis – Castelgrande – Don Francesco Masi). Terminò con elogi il noviziato, emise i voti e proseguì gli studi. Il primo novembre 1833 a Ciorani fu ammesso alla Professione Religiosa ed emise i voti di povertà, di castità, di obbedienza e appog- giando la mano destra sul Vangelo giura “Così Dio mi aiuti e i suoi Santi Vangeli”. Alcuni giorni dopo fu inviato a Deliceto, sede dello Studentato redentorista, che preparava gli allievi al sacerdozio e Apo- stolato Missionario. Il ruolo di Missionario era la meta della sua vocazione, era molto attratto dalle relazioni delle Missioni dei tratturi, molto intense in au- tunno e primavera, interessati dalla transumanza intensa e provenien- te essenzialmente dall’Abruzzo, Molise e parte della Basilicata. Il 20 marzo 1834, all’età di sedici anni e cinquanta giorni, colpito dal tifo, con energia soprannaturale in conformità alla volontà di Dio e fissando gli occhi verso la Vergine, che sembra gli sia apparsa, con un lieve sorriso sulle labbra emise l’ultimo sospiro della sua vita. Il suo corpo fu deposto a Deliceto (FG) nella cripta della Chiesa della Consolazione nella Casa Storica Redentorista. (Fonte: Nicola Studente redentorista (1818-1834) di Umberto della Gala / Ricordi, di Pietro De Sanctis / Vita del Servo di Dio Nicola De Sanctis di don Alfonso De Sanctis). PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 197

Ciò che appare inspiegabile è comprovato e testimoniato già dal vissuto di Nicola, determinato e ricco di certezza nei principi dell’in- segnamento cattolico, elementi esistenziali su cui spaziano interroga- tivi, dubbi, passioni, nel continuo dibattimento che pone in relazione l’uomo e la fede. Le strade di Castelgrande hanno potuto inebriarsi del profumo emanato dal passaggio di due grandissimi giovani cristiani, san Gerar- do Maiella, il Servo di Dio Nicola De Sanctis. Il primo a transitarvi fu il giovane sarto Gerardo Maiella, nato a Muro Lucano (1726/1755), Redentorista e educato da genitori timorati di Dio. San Gerardo Maiella in paese operò anche un miracolo quando, in casa di Gaetano Federici, fu raggiunto dalla madre di Caterina Sibilia, ossessa, bestemmiatrice ed affetta da convulsioni. A Gerardo fu chie- sto un esorcismo, ma non poté perché non esorcista, di conseguenza fu esortato a recitare almeno delle preghiere, Gerardo acconsentì e chinatosi pregò con fervore fino a guarire la giovane, che serenamente ritornò tra le braccia materne. Trascorsi cento anni, dopo san Gerardo, anche il ragazzo sedicen- ne Nicola, Servo di Dio, percorse e rallegrò le strade del paese con la sua assennatezza e amore per il prossimo. Dal 1882 a oggi, nuovamente un giovanissimo aleggia tra i concit- tadini, è il Patrono San Vito Martire di Lucania. L’adolescente Vito (290 d. C. - 303 d. C.) era prodigioso e di fede irremovibile. Fu Martire per la persecuzione ai cristiani, comandata da Diocleziano (v. San Vito Martire, Patrono di Castelgrande). Il vigore della fede cattolica, testimoniata dai tre giovani, ha sempre unito la collettività e alimentato valori di vicinato e solidarietà, fino a scambiarsi anche gratuite collaborazioni durante le campagne di lavoro. L’attuale collettività è carente di socialità, perché disgregata dall’ul- timo evento sismico del 1980 ed erosa da una straripante emigrazione che gli ha sottratto la forza e il ruolo tipico della gioventù, capace di quel tono brillante e d’insostituibile concentrato di linfa, entusiasmo e dinamica di vita, necessario per ogni palpito della società. Questa trasformazione ha spezzato tra le generazioni quel filo esi- stenziale dell’ereditarietà etica. Gli anziani non sono più testimoni e laboratori da frequentare per conoscere sperimentati modi di operoso e fattivo dialogo sui temi dei 198 Giuseppe Maria Lotano

valori economici e del rispetto umano, e non più avamposti lungo sentieri di condivisione ma elementi di retrovia abbandonati al loro destino, dettato dal tempo e dalla fragilità umana. Condizione da invertire perché non crolli rovinosamente ogni cri- terio relazionale portatore di vita e di sostegno alla struttura familiare, sociale e territoriale.

NICOLA CIANCI di LEO SANSEVERINO (Castelgrande, 6 aprile 1835). Da Michele e da Antonia Farenga. Ap- partenente ad antica famiglia gentilizia, aggiunse al proprio cognome quello dei baroni Sanseverino di Calvera estintisi nella sua famiglia. Dopo avere frequentato il Real Collegio di Salerno, passò a Napoli dove, nel 1860 accettò il programma del Comitato dell’Ordine e, nell’a- gosto, partecipò ai moti insurrezionali. Entrato in magistratura nell’apri- le del 1862, fu sostituto Procuratore Generale a Lucera, a Catanzaro, a Genova ed a Napoli. Nominato Consigliere di Cassazione nel febbraio del 1894, fu a Firenze e, nel novembre del 1899, ritornò a Napoli. Let- terato e poeta pubblicò in Salerno, nel 1857, per i tipi della tipografia Migliaccio, un canto su Le rovine di Pesto e, nel 1859, in Napoli, per i tipi della tipografia del Giornale delle Belle Lettere, un canto su Amal . Nel 1892 per i tipi della tipografia Giacchetti di Prato, raccolse i suoi scritti giovanili nelle Rimembranze della prima vita. Autore di numero- se memorie giuridiche e collaboratore delle maggiori riviste giuridiche del suo tempo, pubblicò nel 1886 una monografia su I reati simultanei complessi e continuati, nel 1900 una monografia su Il possesso e, nel 1903, uno studio su I reati concorrenti. Studioso di Storia del diritto, pubblicò in Napoli nel 1886 una Illustrazione della legge nobiliare na- poletana del 25 gennaio 1756, nel 1891 uno studio su I campi pubblici di alcuni castelli del medio evo in Basilicata e, nel 1894, un saggio su Il patriarcato di Venezia. Cultore di storia patria pubblicò in Napoli nel 1889, presso Lubrano, una interessante monografia Da Castelgrande agli avanzi ciclopici di Muro lucano. Socio ordinario della Accademia Pantaniana nel 1882, fu relatore , nel 1904, del premio Tenore su la storia e dottrina delle chiese ricettizie. Nel 1872 aveva sposato Alfon- sina Mariottino e morì in Napoli il 12 luglio 1908. (Fonti e Bibl. ASP Pref. Bas., Gab., 37/9.- Bozza, Lucania, II , p.268; Masucci, N. C. di S. in Atti Accademia Pantaniana, vol. XXXIX; In memoria di N. C. di S. Napoli, s.n.; Gattini, Bibl. Bas., p. 66 , n. 82; De Pilato, Saggio bibl., pp.30 s. 160; Pedio La Basilicata nel Risorgimento politico italiano, pp. 286, 340; ibid., Storia della storiogra a, p. 283). PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 199

ANIELLO de SANCTIS - Docente universitario e Primario chirur- gico, Castelgrande, 16.08.1904 - Napoli, 19.01.1973, da Gaetano e Maria Federici. Iniziò le scuole elementari a Castelgrande, le proseguì e finì a Castellammare di Stabia. Gli studi liceali, avviati presso il Semi- nario di Materdomini, terminarono con gli esami di maturità a Salerno nel 1923. Compì gli studi universitari a Napoli e si laureò in Medicina e Chirurgia nel 1929. Vincitore di concorso svolse, dal 1933, il ruolo di Assistente Chirurgo presso l’Ospedale dei Pellegrini di Napoli fino al 1939, anno in cui conseguì anche la specializzazione per partecipare al concorso da Primario di Chirurgia Generale. Nel 1941 (per ragioni belliche, il noto Primario prof. Orazio Gavio- li (1871-1944) dell’Ospedale di Potenza fu chiamato alle armi) fu nominato Primario Chirur- go e Coordinatore Sanitario dell’Ospedale San Carlo di Potenza, carica che occupò fino al 1944. Per la sua no- torietà fu chiamato a opera- re anche in strutture private e contemporaneamente fre- quentava, come Allievo inter- no, l’Istituto di Anatomia e Isto- logia Patologica dell’Università di Napoli, ove compì importanti studi e ricerche di Oncologia e Istopatologia pub- blicate su Riviste Specializzate. Nel 1952, ospite dello St. Paul Hospital dell’Università di Vancou- ver (Canada), compì ricerche che furono pubblicate su diverse riviste internazionali. Nel 1955 conseguì la Docenza in Anatomia e Istologia Patologica presso l’Università di Napoli e nel 1957 la Libera Docenza in Patologia Speciale Chirurgica. Notissimo relatore in Congressi Chirurgici fu anche Socio di nume- rose Società Scientifiche Chirurgiche nazionali e internazionali. Autore di venticinque pubblicazioni scientifiche, tra cui: Ricerche istologiche sulla linfadenite mesenterica (Riv. di Anat. Pat. e Onc. 1952); Contri- buto allo studio dell’apparato vascolare dell’ilo renale (Riv. di Anat. 200 Giuseppe Maria Lotano

Pat. ed Onc. 1955); Contributo allo studio della struma ovarico (Rass. Inter. di Clin. e Ter. 1957); Azione del Citostatico E 39 sul Carcinoma di Ehrlich (In coll. con Maimre e D’Alessio), (Rec. progr. in medic.); Sarcoma modulare insorto sulla parte di una pseudo cisti - (Atti della Società It. di Chirurgia 1966). La città di Napoli, ove morì, gli intitolò una strada, nel quartiere Secondigliano. Il Comune di Castelgrande denominò “Aniello de Sanctis - Chirur- go” il tratto di strada che da Varco del Palazzo ne raggiunge l’abita- zione, confinante con l’inizio di via Luigi La Vista (Presidente, Angelo Racaniello - Deliberazione: Consiglio Comunale n. 5 del 25.01.1982 / Giunta Comunale del 13 ottobre 2008, Il Sindaco). La tomba, per sua volontà, è nel cimitero di Castelgrande e dal cippo posto all’inizio del lembo di terra che arreda la cappella di fa- miglia, continua a vegliare, raffigurato in un busto di bronzo, anche sulla cittadinanza immersa nel riposo eterno.3

3 Dal 2001 presto Servizio di Volontariato con l’ARVAS di Roma (Associazione Regionale Volon- tari Assistenza Sanitaria – fondata nel 1980) tra le corsie del Policlinico Umberto I. Presso la Cappella Centrale, dedicata a Gesù Misericordioso, alla santa Messa domenicale, cui partecipano degenti, loro familiari, visitatori, professori, medici, infermieri, personale ospeda- liero, ho conosciuto, l’emerito prof. Silvio Messinetti della “Sapienza-Università di Roma”. Il Professore ha dedicato tutta la sua attività professionale e scientifica a servizio della medicina e del Policlinico (a), fondato da Guido Baccelli, eccellenza della Scuola italiana di ogni ramo della medicina e fin dal suo divenire struttura Ospedaliera - Universitaria più grande di Europa, oltre che la prima innovativa, voluta dal suo fondatore, ad essere realizzata a padiglioni e non in for- ma filateriana. Per il Policlinico, baluardo sanitario italiano nei grandi eventi: le due Guerre Mon- diali; la grande pandemia influenzale del 1918-1919, detta influenza spagnola, che in sei mesi causò nel mondo la morte di cinquanta milioni di persone; emergenze per ripetuti terremoti; a oggi oltre settantamila ricoveri per anno; il prof. Messinetti conduce accurate ricerche storiche, pubblicate dal Poligrafico dello Stato, per farne conoscere e tutelarne la mirabile tradizione scientifica, sociale, e tramandarla. In occasione del centenario del Policlinico il prof. Messinetti fu promotore e sostenitore di ogni azione utile al restauro della Cappella Centrale – intervento che dedicò al suo amico e ora San Giovanni Paolo II - impreziosendola con arte innovativa, di mosaici e di vetrate, ideata dal gesuita e artista Marko Ivan Rupnik (28.11.1954, Zadlog - Slo- venia), modello di seguito richiesto per mosaici presso i santuari di Fatima, Lourdes, Tomba di san Padre Pio, Centro internazionale san Giovanni Paolo II a Cracovia, ecc. Una particolarità del grande mosaico nell’abside della Cappella Centrale è la raffigurazione ai piedi della santa Croce, per ora unica al mondo, di san Giovanni Paolo II e la Madonna e non di san Giovanni apostolo e la Madonna, come riferisce il Vangelo (Gv. 19, 25-27), Gesù sul patibolo della Croce… disse “Donna ecco tuo figlio” e al discepolo che più amava “Ecco tua madre”. Per tale variante raf- figurativa fu necessaria la dispensa del Vicariato e ottenuta perché opera appartenente a una Cappella privata. Una domenica discorrendo di Napoli, città natale del prof. Messinetti e dove nel 1968 mi laureai all’Università Navale, chiesi se a Napoli avesse avuto occasione di conoscere il mio concittadino e noto chirurgo prof. Aniello de Sanctis. Il prof. Messinetti subito mi disse “ma Lei parla di Denì ?” confermai dicendo “sì, mi riferisco a - ron Denì - sempre così è stato chiamato a Castelgrande !”. Con entusiasmo iniziò a parlarmi del loro rapporto professionale e della frequentazione con PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 201

Testimonianza da Prof. Silvio Messinetti - Ordinario di Chirurgia Generale, Pro-Rettore Università La Sapienza - Roma “Ho conosciuto il Prof. Aniello de Sanctis, quando, negli anni cin- quanta, frequentavo, da Interno, l’Istituto di Anatomia Patologi- ca dell’Università di Napoli, diretto allora dal Prof. Pietro Verga e dall’indimenticabile Prof. Armando Fasanotti con il quale de Sanctis ed io collaboravamo. Ho avuto così modo di apprezzare la tutta la famiglia di ron Denì. A conclusione dell’ascolto di tante emozioni di lavoro e amicizia proposi di potere cortesemente ricevere una sua breve testimonianza a ricordo del magnifico rapporto intercorso. Il prof. Silvio Messinetti, senza indugi, raccolse l’invito e di seguito trascrivo il testo ricevuto. Voglio anche riportare una particolarità dei giovanissimi anni del prof. Aniello de Sanctis, che più volte mi riferiva mia madre Francesca Del Gaudio. Lei nel 1950 fu ricoverata nella clinica di Villa Rosalia di Napoli e operata da ron Denì, di ulcera gastroduodenale. Al citato intervento poté assistere “osservatore privilegiato” autorizzato dal Professore, il fratello di mia madre, zio Nicola Del Gaudio. Con la famiglia del Professore c’era antica amicizia, nel 1964 fu anche “Compare di anello” di zio Nicola, cerimonia alla quale delegò il figlio Francesco per sopravvenuta urgenza professionale. Mia madre raccontava: “Figlio mio devi sapere che il Professore da ragazzino, come ora sei tu, quando si trovava in compagnia degli amici che con la onda cacciavano gli uccelli ne chiedeva sempre qualcuno, perché curioso di aprirne il petto e vedere com’era fatto dentro e mostrarne i vari particolari agli stessi compagni. Poi da grande, all’università, con altrettanta voglia di conoscere ed entu- siasmo, ron Denì avendo studiato com’era fatto il corpo delle persone é divenuto medico e da sempre aiuta tante persone a guarire. Inoltre quando sono stata male e lui venne a Castelgrande, andai a casa sua per dirglielo, ap- pena entrata mi fece accomodare e parlare, poi mi guardò attentamente e dopo poco mi chiese “Francesca sei venuta perché soffri di stomaco?” confermai e Lui subito m’indicò la data per andare a Napoli, dove fare accertamenti per decidere se fosse necessario operarmi. Dopo l’intervento, come sempre faceva con i compaesani, non volle neanche essere pagato, ed eccomi ancora qua in buona salute”. Questo episodio mi ha sempre fatto riflettere sulla sua immediatezza relazionale, da cui traspa- riva tanta semplicità e ciò mi affascinava. Di ron Denì ricordo ancora il tono del sorriso e la voce rassicurante identificativa del suo acume innato di osservatore, studioso e ricercatore, oltre che qualità tipica della sua vita professionale e di uomo. Ricco di questa emozione da adulto gli dedicai una poesia, poi pubblicata nel 2004 nella mia raccolta “Bramhaea”, ebbi la gioia di recitarla nella cerimonia per la ricorrenza del centenario della sua nascita. Ogni volta che vado al cimitero passo confidenzialmente a visitarlo, per ringraziarlo degli esempi e insegnamenti di umanità, nobiltà di animo e per il contributo pro- fessionale e di maestria dato alla scienza chirurgica poi, da cattolico, saluto con una preghiera. (a) ”Divenuta Roma la Capitale d’Italia (3 febbraio 1871) lo Studium Urbis ritornò a essere un centro di attrazione culturale. La facoltà di Medicina aveva necessità di altri spazi e di nuove strutture e nacque così l’idea di un grande Policlinico che riunisse le cliniche e i laboratori, garantendo l’insegnamento, la ricerca e l’assistenza ai malati. La prima pietra del Policlinico, progettato dall’Architetto Giulio Podesti e intitolato al Re Umberto I, fu posta il 19 gennaio 1888 nei pressi del Castro Pretorio. La grande opera fu terminata nel 1902 e all’inizio del 1903 il Ministero dei Lavori Pubblici consegnò i diversi Istituti. Nell’agosto 1904 il Policlinico Umberto I era in funzione con 1.150 posti letto. ….” Fonte: TARGA - 99 “SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA” CLINICA CHIRURGICA - POLICLINICO UMBERTO I 202 Giuseppe Maria Lotano

spiccata personalità di Aniello de Sanctis, galantuomo raf nato, e la sua altissima professionalità d’insigne Chirurgo Generale, an- che frequentando la sua sala operatoria. Nelle sue mani la scienza chirurgica diveniva arte! Docente di profonda cultura, medica, anatomopatologica, chirurgica, testimoniata da pubblicazioni scienti che di altissimo rilievo nelle discipline professate. Sul piano umano: maestro di vita. Padre di una famiglia esem- plare che ho avuto l’onore di conoscere e frequentare. È in me in- dimenticabile la sua nobile gura. Fu per me un Maestro: il mio passaggio dall’anatomia patologica alla chirurgia avvenne anche per la passione in questa disciplina che seppe infondermi il suo esempio, sempre rimasto vivo lungo la mia carriera di chirurgo universitario della Scuola Pietro Valdoni. Ad Aniello de Sanctis, il mio pensiero riverente, grato, affettuoso, commosso. Silvio Messinetti”

ALFONSO de SANCTIS4 – Medico, Castelgrande, 29.1.1905 - 08.01.1993, da notaio Potito, Sindaco emerito di Castelgrande, e Maria Teodora De Chiara.

4 Sono sempre stato affascinato dalla personalità di don Alfonso, era bello incontrarlo. Ogni Domenica, di rientro a casa a conclusione della messa così detta “cantata” cioè solenne e che iniziava alle ore undici, lo osservavo passeggiare, nella piccola ma ben rifinita piazza Dante depositaria del busto di bronzo del sommo botanico Guglielmo Gasparrini, sempre contornato da amici tra cui giovani laureati. Procedeva mantenendo una posizione sempre molto eretta ed elegante, senza con ciò incutere soggezione. Ciò che m’incuriosiva era lo sguardo degli interlocutori e la timidezza di alcuni nell’esprimersi con don Alfonso, perché a valle delle loro esposizioni, iniziava a integrare, qualsiasi argomento rappresentato, con la massima semplicità ma con conoscenze molto più approfondite, ciò ali- mentava altro dibattito e meraviglia tra i laureati non appena don Alfonso si congedava da loro, per rincasare a pranzo. Per questa dinamica di rapporto me ne guardavo bene dall’incrociare don Alfonso, bisognava sfuggire da un incontro per uno scambio d’idee dal quale non poteva che emergere uno scontato “non adeguato dialogo” per scarsità di conoscenze. Oggi ritengo di avere sbagliato molto perché quella mia giovanile mancanza del sapere, stimo- lata dalla sua forza della conoscenza, avrebbe potuto nutrirsi di un incentivo in più per incre- mentare il mio impegno lungo il cammino nel mondo della cultura. Fu un errore di gioventù, pertanto mi ritengo assolto, però quell’esempio di uomo brillante, con il quale era quasi impossibile confrontarsi, mi ha sostenuto nell’impegno di crescere nella ricerca del sapere, a don Alfonso gli devo questa testimonianza per rendergli gratitudine. Ripor- to un simpatico episodio dell’umorismo di don Alfonso e del suo rapporto amicale con la mia famiglia, da generazione eccellenti artigiani nella sartoria. La mia sorellina Lidia rompendo una bottiglia si procurò un profondo taglio al pollice sinistro. Subito portata da don Alfonso mia sorella Iolanda, preoccupatissima quasi balbettava nel raccontare l’accaduto. Don Alfonso per tranquillizzarla sorrise, dopo uno sguardo alla ferita con tono calmo, in lingua locale, commentò “ vui sit sart, ma sta voht aggia cohs hij” - voi siete sarte, ma questa volta devo cucire io - e così accadde per la pace di Iolanda ma non di Lidia, che continuò a piangere. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 203

Quarto di sette figli ebbe come padrino di battesimo il deputato Francesco Saverio Nitti, amico del padre, suo capo elettore nel colle- gio di Muro Lucano. Frequentò le scuole dell’obbligo e il ginnasio a Sala Consilina, conseguì la licenza liceale presso l’importante scuola della Badia di Cava. Si laureò in Medicina e Chirurgia presso l’Uni- versità di Napoli e ottenne l’abilitazione all’esercizio della professione nel 1930. Richiamato alle armi nel 1935, partecipò, fino al 1937, alle opera- zioni militari in Africa Orientale, dirigendo un reparto presso l’Ospe- dale militare di Mogadiscio, nella Somalia Italiana. Tornato a Castelgrande, vi esercitò la professione di Medico e di Ufficia- le sanitario fino al 1980, quando, in seguito al terremoto, si ritirò dall’attività lavorativa. Uomo di strabiliante cul- tura, amante dei classici gre- ci e latini, come della lette- ratura italiana ed europea, apprezzò Dante, Shakespe- are, Manzoni, Leopardi e tanti altri scrittori e poeti. Storico e studioso di filo- sofia, si dedicò alla conoscen- za della religione, del meridione d’Italia, di Napoli e della Lucania. D’idee liberali, era un grande esti- matore di Benedetto Croce. Acquistò e lesse libri per tutta la vita, arrivando ad avere una biblio- teca di circa 3.000 volumi. Scrisse una biografia di suo padre, notaio Potito de Sanctis, raccogliendo scritti e pubblicazioni, e una biografia del sommo botanico Guglielmo Gasparrini nel centesimo anniversario della sua morte (1866-1966), pubblicata sulla rivista Camminare Insie- me, della Cassa Prestiti Santa Maria Assunta di Castelgrande. Scrisse poi, nel 1968, una nota introduttiva sul Gasparrini e l’agri- coltura lucana, in occasione della pubblicazione di manoscritti ine- diti del botanico. A Castelgrande impegnò la sua vita professionale a servizio della comunità con passione e scrupolosità tale da essere anche un attento diario vivente di vicende che si riflettevano sulla 204 Giuseppe Maria Lotano

condizione di salute fisica delle persone, con le quali amava discorrere proprio per approfondirne abitudini e passioni di vita da disciplinare e in merito non lesinava gratuità di suggerimenti e consigli rifuggendo il facile ricorso a cure farmaceutiche, spesso alleviava i pazienti dal peso dei suoi consigli con qualche simpatica battuta. Era tacitamente atten- to anche alla realtà economica degli assistiti che gestiva a fine consulto con un arrivederci sorridente e rassicurante di solidarietà. Il concittadino dottor Franco Loi in una sua nota in memoria di don Alfonso traccia tale prassi d’assistenza dicendo che spesso nei ricorrenti incontri don Alfonso gli ricordava di definirsi “un medico di campagna” ed anche che “nessun medico di Castelgrande si è mai arricchito”. Don Alfonso in paese con la sua attività professionale ha vigilato su tutti gli aspetti sanitari essenziali per l’intera comunità comportandosi da scrupoloso vigile di ogni cittadino. Le sue ore erano dedite a ogni approfondimento della scienza me- dica e le sue diagnosi erano puntualmente confermate dalle risposte di analisi ospedaliere, che richiedeva per i pazienti. Il suo immenso amore per la più articolata conoscenza delle mate- rie, documentata dalla sua straordinaria biblioteca, si rifletteva in tutte le sue citazioni e argomentazioni tanto da essere guida sicura in ogni segreto sentiero dello scibile fino a giungere alla meta, ciò lo rendeva prezioso riferimento per ogni interrogativo da dipanare. Riposa nel cimitero di Castelgrande.

FRANCESCO MASI - Monsignore della Chiesa cattolica, Castelgran- de, 16.02.1919 - 30.04.2012, da Giuseppe e Maria Francesca Racaniello. Ordinato sacerdote nel 1941, si laureò a Napoli in Lettere Classiche e ne fu professore del liceo nei Seminari Pontifici di Catanzaro, Salerno, Potenza, dal 1963 al 1993. Noto per il Suo eccelso impegno di studioso e di attento educatore dei giovani sacerdoti ebbe massima stima dai Vescovi delle diverse Diocesi e meritò il titolo di Cappellano di Sua Santità, cioè di Monsi- gnore, come annotato nel Bollario Diocesano in data 5 giugno 1964. Autore di numerosi articoli nel periodico “Luce Sera ca” dei Frati Conventuali di San Lorenzo di Napoli, di pubblicazioni, tra cui nel 1998 “Divagazioni tra Cronaca e Storia”. Discorreva correntemente in lingua latina e greca, amava suonare PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 205

l’organo. Si spese anche in una complessa e rigorosa analisi conoscitiva della realtà storica umana e territoriale di Castelgrande, studiando ogni dettaglio dell’archivio parrocchiale, dalle fonti disponibili dal 1656, e di altri documenti storici tra cui quelli di Nicola Cianci di Sanseverino e di Ruggero Cianci di Sanseverino. Pubblicò, nel 2004, il libro“Castrum de Grandis – Castelgrande” e poi nel 2011 “Castrum de Grandis – Castel- grande - frammenti di storia di cronaca di ricordi - parte II”. Dai testi pregni di rigorosi dettagli di storia Castelgrandese emerge venerazione profonda per le proprie radici e per la collettività, che con incarico di parroco servì fedelmente con innata dote di uomo mite e silenzioso. Su di esse appose la seguente dedica: “Ai concittadini residenti in patria ed a quelli che, pur avendone trovata un’altra in paesi lon- tani, serbano vivo nel cuore il ricordo della terra nati- va”. A beneficio della parrocchia e della collettività donò ter- reni di famiglia su cui fu re- alizzato: nel 1966-67 la Casa Canonica in via Guglielmo Marconi, 23; nel 1982-1985 la Casa di Riposo “Cristo Re” per an- ziani, inaugurata il 9 giugno 2000, in zona Piesco; nel 1991, con dedicazione nel 1994, la Chiesa di Cristo Re, accanto all’omonima Casa di Riposo. In merito alla Casa di Riposo “Cristo Re” una lapide ricorda: “La Caritas delle Chiese della Calabria animata dall’Arcivescovo di Crotone Mons. Giuseppe Agostino e dal Presidente Mons. Renato Cosen- tini af nché non morisse l’idea di Mons. Michele Federici già Arcivesco- vo di Crotone che intendeva offrire aiuto ed assistenza agli anziani bi- sognosi costruì questa casa sul suolo donato da Giuseppe Masi-Nobile”. Don Francesco affrontò sempre lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria delle chiese del paese ricorrendo con generosità a fondi personali e utilizzando anche finanziamenti pubblici sgravando, di fatto, spese per la cittadinanza. 206 Giuseppe Maria Lotano

Nei periodi estivi assicurò disponibilità per ripetizioni in materie letterarie a studenti, del posto e di paesi viciniori, necessitati da ap- profondimenti o da recupero scolastico. La Sua biblioteca privata testimonia il suo infinito amore per lo studio di molte discipline, consta di oltre 5.000 volumi ordinatamen- te collocati su scaffalature metalliche in un’ampia stanza della pro- pria abitazione, in via Marconi, e molti testi risalgono al 1819, 1860, fino ad arrivare al 1925. La preziosità di detto patrimonio librario va ridisegnato nella sua funzione da bene privato a patrimonio per la collettività, su detta scelta sono orientati gli stessi eredi. L’opera costituirebbe un altro tassello a testimonianza della capa- cità delle generazioni che ci hanno preceduto di servire la comunità e di segnarla con riferimenti concreti di cui essere cittadini orgogliosi dei nostri avi e del nostro luogo natìo. In una sintesi cristallina la figura di Mons. Francesco Masi, in oc- casione del suo novantesimo compleanno, dal Monsignor Giustino D’Addezio, incaricato della Zona pastorale di Muro Lucano, Vicario nazionale della Federazione del Clero, fu mirabilmente così definita: “Ho di lui il ricordo di un “Patriarca” mite, dolce, pio, nobile nell’animo e nello spirito, discreto, di una profonda cultura e uma- nità, schivo e umile, lontano da “ogni chiasso terreno” è la perla del sacerdozio, nostro vanto e decoro”. Don Francesco fu parroco di Castelgrande dal 1947 al 1963 e dal 1985 al 1996. Fu l’ultimo dei sacerdoti della folta rappresentanza di 14 consa- crati castelgrandesi dedicatisi ad opere per il progresso e formazione della comunità locale.

Testimonianza da Mons. Giustino D'Addezio In ferie, a Castelgrande, spesso mi reco nel vicino paese di Muro Lucano, dove nel 1956, presso il collegio vescovile, frequentai la pri- ma media e poi le proseguii Bergamo. Nella chiesa di sant’Andrea apostolo, incontrando Mons. Giustino D’Addezio, parroco di Muro Lucano e sapendo della Sua profonda conoscenza e stima per Mons. Francesco Masi, ho chiesto quanto la prossimità di Castelgrande al paese natale del grande san Gerardo Maiella, possa avere ispirato la rispettiva attenzione nello svolgimen- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 207

to del proprio ruolo di parroci e di testimoni della santità del giovane redentorista di Muro Lucano. G. D'Addezio: Sono onorato di svolgere il mio servizio di parroco nel paese dove aleggia lo spirito del santo delle mamme gestanti e dei bambini, Gerardo Maiella, patrono della Basilicata. Lo stesso spiri- to aleggia a Castelgrande, dove il santo con la Sua preghiera guarì una giovane ragazza ossessionata, che poté tornare rasserenata tra le braccia della madre. Il nostro caro Mons. Francesco Masi canonico del Capitolo Catte- drale di Muro Lucano ha avuto modo, nelle circostanze in cui dove- va svolgere il servizio corale nella Cattedrale, di inebriarsi del profu- mo di santità in un luogo dove san Gerardo Maiella stava lunghe ore a pregare nella cappella del Santissimo. Mi risulta, nei seminari in cui ha svolto la Sua preziosa azione educativa, di fare sempre cenno delle proprie origini lucane e del santo Patrono di Castelgrande.

Monsignore, so che sono stati realizzati i percorsi gerardini. Quan- do ero giovinetto, essi non esistevano ma con fervore ed entusiasmo si faceva il pellegrinaggio notturno da Castelgrande a Materdomini, per raggiungere il luogo dove riposano le spoglie del santo, occor- revano circa otto ore di cammino e la partenza avveniva verso le tre di mattina, per affrontare la maggior parte del percorso con il fresco. Le chiedo quanto questo modo di testimoniare la fede sia pratica- bile e attuale nella frenetica vita odierna. G. D'Addezio: I percorsi gerardini sono stati realizzati gradualmente negli anni scorsi e sugli stessi passi di san Gerardo Maiella si è seguito il tragitto che il Santo ogni giorno faceva nell’andare dal rione Pia- nello - dove era la casa di origine – in Cattedrale e dal Pianello alla chiesa di Capodigiano dove andava a visitare la bella statua della Madonna di Santa Maria delle Grazie. Certo oggi non si può parlare di confronto diretto con il passato, dove la pietà popolare si esprimeva con l’agire di persone semplici e timorate di Dio.

Monsignore, san Gerardo ha raggiunto molti paesi dando esem- pio di santità con ubbidienza totale ai Superiori, con ardente pre- ghiera, con umiltà di servizio, quanto questa caratteristica ha ispirato la vita di Mons. Francesco Masi e come potrebbe essere ricordata. G. D'Addezio: Come san Gerardo Maiella che ha girato per volon- tà dei Superiori diversi centri di missione così anche don Francesco 208 Giuseppe Maria Lotano

ha dovuto muoversi e rispondere alla chiamata dei Superiori che lo invitavano come professore di latino e greco ai seminari di Catan- zaro, Salerno, Potenza, dove è stato nobile esempio di vita per tutti i sacerdoti. Questo modello di vita sacerdotale andrebbe richiamato e conside- rato da tutte le istituzioni della comunità castelgrandese e della Dio- cesi provvedendo, per imperitura memoria, a collocare una lapide commemorativa e per un fatto di giustizia e di gratitudine andrebbe sepolto nella Sua Chiesa di Cristo Re anche per signi care un ritorno alla Sua terra e come segno di riconoscimento per tutte le sue opere e donazioni. Questa iniziativa deve essere sostenuta congiuntamente dalle Istitu- zioni locali civili e religiose.

Monsignore la sepoltura presso la Chiesa di Cristo Re sarebbe un grande omaggio e impegno, altrettanto espressiva, oltre che fattibile in tempi ristrettissimi, potrebbe essere proporre all’Amministrazione comunale l’intitolazione a Mons. Francesco Masi dell’ex “Giardino Carusi”. Area recuperata nell’ambito d’interventi di riqualificazio- ne urbana e posta accanto alla Chiesa Madre, dalla cui sommità lo sguardo del visitatore si proietta su tutto il paese e la vallata del Marmo - Platano. G. D'Addezio: Af diamo queste proposte d’interventi alla sensibilità e volontà delle Istituzioni perché si impegnino per la realizzazione di una opera dovuta e sentita dal popolo e da tutto il clero diocesano.

Monsignore La ringrazio delle indicazioni e Le auguro buona mis- sione sacerdotale per lunghissimi anni ancora, certo che il Suo im- pegno sarà sempre il motore idoneo con ogni “marcia in più” a sostegno e diffusione della fede sia perché espressione di preghiera individuale che di conseguenti opere e manifestazioni di testimo- nianza collettiva. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 209

CONCITTADINI E RUOLI DI PRESTIGIO

In ambito medico Michele Carusi - Michele Lisanti - Alfonso de Sanctis - Vincenzo Masi.

In ambito medico e universitario Guglielmo Gasparrini - Pasquale Racaniello - Aniello de Sanctis - Ga- etano de Sanctis - Franco Loi - Domenico Potito De Sanctis.

In altri ambiti Antonio Cianci / Questore – Nico- la Gasparrini / Generale Medico nell’Aviazione - Alberto Gaspar- rini / Avvocato, Viceprefetto di Avellino – Luigi Gaspar- rini / Direttore Generale al Ministero del Lavori Pub- blici – Corrado Gasparrini / Direttore Generale della Banca d’Italia - Vito de San- ctis / Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri - Francesco Maria de Sanctis / Rettore Università degli Studi di Napoli “Suor Orsola Benincasa”. 210 Giuseppe Maria Lotano

CONCITTADINI E IDEALI Credere o campare

RIVOLUZIONARI E PATRIOTI MATTEO CRISTIANO - avvocato, rivoluzionario ed eroe, Castelgran- de, 1616 - Napoli, 23 agosto 1653, da Fabrizio, dottore di leggi, e Beatrice Polino della città di Muro. Di famiglia gentilizia, con lunga tradizione militare, fu inviato a Na- poli, dove condusse tutti gli studi fino a conseguire il titolo di Doctor in utroque iure (giurisprudenza) ed esercitò attività forense. Durante i moti del 1647/48 fu protagonista della rivoluzione antispa- gnola, che portò alla nascita della "Serenissima Repubblica" Napoletana, il 22 ottobre. Sostenne il Duca di Guisa, Enrico Di Lorena nobile di Francia, che vantava discendenza degli Angiò per cui aveva ambizione di salire al trono del Regno di Napoli. Per conseguire l’obiettivo, il Duca nominò vari luogotenenti e tra questi anche Matteo Cristiano, con l’incarico di Preside della Lucania. Nel dicembre 1647 con Ippolito Pastena, dopo un assedio di dieci giorni, sottomise Salerno. A inizio 1648 con il Conte Francesco Salazar estese il controllo a tutta la Basilicata. Da Ferrandina sempre insieme a Salazar, sconfisse il Duca di Marti- na, preside della provincia lucana, e raggiunse Matera, dove dal popolo fu accolto come liberatore. Per il suo incrollabile ideale di difensore della libertà e di uomo di azione era indicato anche con l’appellativo di “Masaniello lucano”. Giunto ad Altamura, dove ai nobili sostenitori del Regno spagnolo si contrapponevano i nobili favorevoli alla Monarchia repubblicana e, con loro, il popolo, il Cristiano, noto per le sue vittoriose campagne antiborboniche (Salerno, Rocca Imperiale, Pisticci, Grottole, Pomarico, Montescaglioso, Laterza, Matera), decise di stabilire in loco il suo quar- tiere generale e il Duca di Guisa subito lo nominò Comandante delle armi della Monarchia Repubblicana. Quando tutti i Baroni di Terra di Bari, favorevoli al governo spa- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 211

gnolo e capeggiati dal Conte di Conversano, decisero di assediare la repubblicana Altamura, roccaforte del Cristiano, sia nel tentativo di fine febbraio 1648 che del 2 marzo 1648, fallirono la loro missione nel primo tentativo per la strategia adottata dal Cristiano e nel secondo tentativo per avere teso un arguto agguato. Il 3 marzo 1648 Matteo Cristiano definitivamente stabilì in Altamura il Governo repubblicano democratico. (Fonte: I RACCONTI DEL NON- NO – Altamura nella sua storia - Vincenzo Vicenti / a cura di Arcangela Vicenti - Giuseppe Pupillo). Gli spagnoli, il 6 aprile 1648, sconfissero i rivoluzionari, ripresero il controllo di Napoli e fu ristabilita la pace. Il Duca di Guisa fu costretto alla fuga e Matteo Cristiano, appresa la notizia, disponendo solo del consenso del popolo e a evitare vano spargimento di sangue, per sag- gezza accettò la pace e la città di Altamura passò in possesso del Duca di Noci Cosimo Acquaviva, figlio del Conte di Conversano, che decise di nominare Governatore della città Matteo Cristiano. Il Cristiano, animo nobile e non aduso a barattare i propri ideali, rifiutò l’incarico e altre proposte tra cui l’offerta di un feudo e un cospi- cuo appannaggio in ducati. Il 20 giugno 1648 rientrò a Castelgrande e poi raggiunse Torricella Sicura (Teramo) da dove per ulteriori cinque anni, continuò la lotta ri- voluzionaria contro la dominazione spagnola ma, continuamente brac- cato, in uno scontro, fu catturato e subito trasferito a Napoli, per essere giustiziato in piazza Mercato.1

1 Si considera opportuno riportare una sintetica descrizione di Piazza Mercato di Napoli, per- ché luogo di esecuzione della decapitazione del Cristiano. Così pure stralci degli interventi degli oratori, intervenuti a Castelgrande, durante la posa della lapide, il testo dell’epigrafe, la Declaratoria della toponomastica di Altamura. NAPOLI: PIAZZA MERCATO - La piazza si trova nel quartiere Pendino di Napoli, già da prima della seconda metà del 1200, esterno alla cinta muraria della città e denominato “Campo del Muricino”. Di seguito nel 1270, durante il regno degli Angioini, Carlo d’Angiò, fratello del re di Francia, destinò questa immensa spianata, circa tre ettari lungo la marina e prossima alla zona portua- le, ad area commerciale denominandola “Mercato Nuovo” e poi “Mercato di sant’Eligio”, che per Napoli divenne centro di florido commercio verso l’Italia e l’Europa. L’importanza della piazza non fu unicamente commerciale ma, da sempre, fu anche teatro d’importanti manifestazioni popolari, di contestazioni, d’esecuzioni. La prima esecuzione capitale, nel 1268, fu a carico del 16enne Corradino di Svevia, nipote del grande Federico II di Svevia, Imperatore del Sacro romano impero, Re di Germania e Re del Regno di Sicilia. Altra nota esecuzione capitale, nel 1647, fu a carico di Masaniello (Tommaso Aniello d’Amalfi) che capitanò la ribellione dei napoletani contro gli spagnoli a seguito dell’in- troduzione della tassazione sui beni di prima necessità. CASTELGRANDE: ORATORI E POSA DELLA LAPIDE - L’illuminato concittadino e Sindaco Cav. 212 Giuseppe Maria Lotano

Il 23 agosto 1653 giunsero in piazza Mercato tre carri, ognuno con un

Uff. Potito de Sanctis, in rappresentanza dell’Amministrazione comunale e del Comitato delle onoranze a Matteo Cristiano, il 14 settembre 1913, inaugurò una lapide commemorativa dedicata al nobile eroe castelgrandese, che sacrificò la vita per combattere gli oppressori del popolo. La lapide fu posta sulla facciata della casa nativa del Cristiano, eroe e martire della libertà, alla pre- senza di tutta la cittadinanza e delle Associazioni, con musica solenne e patriottica. STRALCI DEGLI INTERVENTI DEGLI ORATORI - (Fonte: MATTEO CRISTIANO di Ruggiero Cian- ci di Sanseverino - Napoli / Giuseppe De Alteriis, Editore, Salita Museo 18 /anno 1914). Dopo la lettura dei telegrammi di adesione alla Cerimonia, spediti al Sindaco Cav. Uff. Potito de Sanctis dal Ministro di Agricoltura S.E. On. Nitti – dal Senatore Giustino Fortunato – dal Prefetto della provincia Comm. Quaranta – dal Sindaco di Altamura, dal Sindaco di Muro lucano Comm. Pistolese – dall’Avv. Francesco Cristiani di Minervino Murge e dopo lo scoprimento della lapide, intervengono gli oratori.

ORATORE: Cav. Uff. Potito de Sanctis. Signori, In quest’ora di festa del nostro spirito, come rappresentante del Comune e del Comitato per le onoranze a Matteo Cristiano, inaugurandosi oggi la lapide commemorativa di lui. Ho l’onore …… Speciali ringraziamenti noi pur rendere dobbiamo al nobile Ruggiero Cianci di Sanseverino… oratore della festa…. E ringraziarlo pur dobbiamo per aver voluto concedere, con atto generoso, il suo grazioso contributo per la odierna cerimonia……

ORATORE: Nobile Avv. Ruggiero Cianci di Sanseverino Signori, ……. La festa odierna, o Signori, non è una vana pompa cittadina, non è una cerimonia inopportuna. Essa onora questo popolo, perché è la manifestazione della sua educazione civile; e la coscienza di un popolo si misura anche dal culto che esso ha dei suoi ricordi storici.…. Rico- noscenza al Martire nostro, che sacri cava la vita e l’avvenire giocondo, per gli ideali di libertà e per l’indipendenza dei popoli. ……. con lapide commemorativa, la cui iscrizione fu dettata in vita dal compianto Nicola Cianci di Sanseverino, veniamo a compiere un atto di riconoscenza verso il Martire, dopo 260 anni di oblio !! … dovremmo far rimprovero a noi stessi, perché non son i morti che hanno bisogno di essere ricordati, ma dirò con l’illustre Senatore Fortunato…: siamo noi vivi che abbiamo bisogno dell’esempio della loro vita luminosa per nostro ammaestramento. Il lungo oblio chissà no a quando sarebbe durato ancora, se un animo nobile, un cittadino illustre e studioso, ……. non avesse con pazienti studi storici e con diligenti ricerche negli archivi di Stato esumato dalla polvere il nome di Matteo Cristiano. Intendo io qui ricordare il compianto Nicola Cianci di Sanseverino …. Egli sentiva tutti gli entusiasmi per la terra nativa, da lui illu- strata con pazienti ricerche storiche, e ricordata pure con versi bellissimi nelle dorate visioni dei suoi giovani anni. Da questa terra egli seppe trarre ispirazioni tenere e soavi, piene di nostalgia per i nostri luoghi, nella visione della lontananza di essi. ……. Nicola Cianci di Sanseverino, che fu onore di questa terra dopo Matteo Cristiano e Guglielmo Gasparrini, il sommo botanico, che fu il più grande scienziato lucano del secolo XIX. Sì, o Signori, sono costoro le tre gemme che fre- giano il turrito Castello del nostro Comune: e noi nati con loro all’ombra dello stesso Campanile, dobbiamo serbare memoria cara e viva d’ammirazione nell’avvenire, raccomandando anche ai giovani i versi del Leopardi “….a cor ti stia / Far ai passati onor…” ……. ma voi giovani, che siete nell’età dell’entusiasmo e delle vergini aspirazioni …… se vorrete raggiungere la meta luminosa agognata, cercate di essere migliori di noi. ….

ORATORE: Matteo Cristiano Matteo Cristiano è una gura che si eleva grandiosa e piena di luce al di sopra delle glorie paesa- ne; e certo nella storia d’Italia, quando una storia completa del nostro paese potrà scriversi, avrà un posto degno, voluto dal consenso di popolo, da doveri di posteri non degeneri. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 213

condanato e a stento transitava tra la folla incuriosita di assistere all’e- secuzione. Matteo Cristiano aveva trentasette anni, ricco di lunga capigliatura rossa e ricciuta, doveva essere impiccato con l’accusa di “delitti di ribel- lione di campagna”. Per lui il popolo chiese e ottenne dal Re una morte più onorevole, riconoscendogli di essere stato Capitano del popolo lucano, pertanto la

Tante e tante volte Matteo Cristiano disfrenò l’animo invitto e la spada nelle legioni spagnole ….. correndo da polo a polo, da Salerno che assedia, Marsicovetere in Basilicata, a Rocca Imperiale in Calabria, nelle Puglie ad Altamura, mentre Modugno, Bitetto e Casamassima lo invocano liberatore. Sono due anni di gloria, ma ben presto lo piangiamo votato a morte. …. A chi ebbe l’anima di un greco antico, di un romano invitto, a chi proseguì la sua idealità con la fede di un crociato….. la storia giusta e riparatrice dovrà cingere di luminosa aureola la fronte gloriosa di lui, dovrà elevarlo nell’olimpo degli eroi, sugli altari che la patria liberata innalza ai fattori dell’indipendenza. ….

ORATORE: Nicola Gasparrini … Acclamatelo pure, o cittadini, e additatelo ai posteri, egli è un eroe che volle spargere il suo sangue giovanile pel suo diletto almo paese ….. Giovane di alto ingegno, si dedicò dapprima al diritto, al quale era appassionatissimo, e intan- to assisteva alla terribile servitù della Basilicata, che andava gradatamente decadendo sotto il duro giogo spagnolo. Il popolo lucano ……. Non badava a insorgere, …… Ma ecco che il nostro giovane castelgrandese, che i fati destinavano a divenire eroe della patria, si leva ardito, e con la parola affascinante, al par di Tirteo, eccita il popolo alla rivolta. E allorché il popolo insorge …… - invocato, acclamato dagli insorti – è scelto a loro supremo condottiero .…. Oh! Te beato cavaliere degli umili e degli oppressi sei degno di lode, e lode avrai. A te il plauso dei tuoi concit- tadini, che, ammiratori delle tue gesta gloriose, oggi qui raccolti t’immortalano .…. A te il ricordo e l’ammirazione perenne di cui è simbolo questa lapide, che oggi Castelgrande, in tua memoria, pose .… Forse … un tempo non lontano, qualche poeta d’Italia ti canterà, e, a te inneggiando, inneggerà a Castelgrande che ti generò, inneggerà all’Italia, terra dei forti e dei magnanimi…

TESTO DELL’EPIGRAFE DELLA LAPIDE IN QUESTA CASA NACQUE MATTEO DI FABRIZIO CRISTIANO LEGISTA E GUERRIERO ANIMO- SO CHE NELLA SECOLARE LOTTA CONTRO IL DOMINIO STRANIERO DUCE SUPREMO DEGLI INSORTI PIÙ VOLTE SCONFISSE L’ARMI SPAGNUOLE ALL’ASSEDIO DI ALTAMURA IL CON- TEMPORANEO OLIVIERO CROMWELL EMULÒ COLPITO DALL’AVVERSO FATO AI GENEROSI IMPLACABILE IL XXIII D’AGOSTO MDCLIII DOPO CINQUE ANNI DI AVVICENDATE PUGNE SUGGELLÒ CON LA VITA L’ACCESA SPERANZA DELLA GRANDEZZA D’ITALIA A PERPETUA MEMORIA OGGI XXIII D’AGOSTO MCMXIII IL MUNICIPIO DI CASTELGRANDE PONE

ALTAMURA: TESTO DELLA DECLARATORIA DELLA TOPONOMASTICA “Quantunque non nativo di Altamura, Matteo Cristiano è degno di essere da noi ricordato per- ché fu egli che il 1648 diresse e capitanò il partito popolare altamurano nel combattimento di Porta Aurea, o Porta Alba come vogliono, comunemente appellata Porta san Lazzaro, al muro vecchio, contro il Conte di Conversano, principalissimo fra i Baroni raccoltisi in Acquaviva, e che poi mossero alla volta di Altamura per impossessarsi della Città”. (Fonte: TOPONOMASTICA DI ALTAMURA / Quaderni di Storia di Altamura - Vincenzo Vicenti / Edito a cura di Nino Colonna e Giuseppe Pupillo). 214 Giuseppe Maria Lotano

sua esecuzione non avvenne per impiccagione ma per decapitazione. Matteo Cristiano affrontò la sentenza di morte con il sorriso sulle labbra, lasciò nobile testimonianza d’idealità politica e per mano del boia armato dello spadone a due mani e in abito nero con maschera, sul patibolo, con eroica voce, gridò il suo credo politico e di vita, escla- mando “EVVIVA LA LIBERTA”.

GUGLIELMO GASPARRINI – Pariota, Sommo botanico, Castelgran- de, 13.01.1803 - Napoli 28.06.1866, da Angelo Maria e Isabella Federici. Falliti i moti del 1820-21 di carattere strettamente costituzionale (ai quali aveva partecipato con i suoi compagni di collegio) “abbandonate le astrattezze illuministiche, sulle rovine del passato ideologico, la nuo- va classe liberale, di lenta formazione, si rese conto che occorreva for- mare una nuova coscienza nazionale” (Fonte: Storia di una capitale). Della scuola di Basilio Puoti, (Napoli, 1782-1847), cui si ispirarono due dei grandi intellettuali napoletani: Francesco De Sanctis (1817-1883) e Luigi Settembrini (1813-1876), e che quest’ultimo riteneva essere il vero artefice delle rivoluzioni convinto che le rivoluzioni “prima si compiono negli spiriti, poi nelle piazze”, il Gasparrini fu dei maggiorenti e concor- se per prima a questo rinnovamento. Da quella scuola infatti, uscirono gli uomini del 1848 e del 1860 e tra essi lo stesso Gasparrini che, filo carbonaro nel 1820, divenne liberale sincero. In Sicilia si legò di viva amicizia al patriota fervente e letterato Benedetto Castiglia. Per motivi politici fu escluso con Leopoldo Pilla (Venafro,1805 - Curtatone,1848) geologo e politico italiano, noto anche per il suo patriottismo, anche Amante dalla Reale Accademia Borbonica, conformistica e servile. Dopo la catastrofe del ’48, esuli o in carcere i suoi compagni di fede, caduto eroicamente a Montanara il fraterno amico Leopoldo Pilla, morta la po- etessa Maria Giuseppa Guacci (Napoli 1807 – 1848), che scriveva essen- zialmente temi patriottici e storici, visse in dignitosa povertà e si chiuse negli studi. Silenzioso ma non inerte, sopportò con animo sereno l’odio personale del Re in varie occasioni espresso e le vessazioni poliziesche, e al quietismo supino preferì l’esilio volontario. Non imbracciò il fucile né cospirò, ma la sua fede indomita nella libertà e la sua dottrina gio- varono al risorgimento della nazione non meno delle congiure e delle battaglie in campo aperto. (Fonte: CAMMINARE INSIEME - A cura della Cassa Prestiti S. M. A. di Castelgrande - Ristampa /Amm.ne Comunale – 1990) PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 215

IN LOTTA PER I FATTI DEL 1799 Il sistema dominante del feudalesimo e la ricerca esasperata di con- tinuo potere e benessere esercitata dai feudatari e altri della classe dominante, trascurò di considerare possibili conseguenze insite nella determinazione non assopita delle genti nel cercare di conseguire principi di libertà civile e morale, oltre l’ambito possesso della terra. Tale fermento sfociò nella rivoluzione del 1799. I fautori del nobile movimento di libertà non ebbero l’accortezza di organizzare una diffusa penetrazione di tale pensiero tra il popo- lo, che in parte si ritenne quasi estraneo. Mancò tra le fila dei fautori un protagonista con il ruolo che ebbe il giovane ribelle Tommaso Aniello d’Amalfi (Napoli, 1620 - decapita- toin piazza Mercato il 16 luglio 1647), detto Masaniello. Egli, in dieci giorni, dal sette al sedici luglio 1647, con la sua azione di protesta guadagnò il consenso dei 250.000 abitanti della città, la più popolosa dell’impero spagnolo e d’Europa, e gli spagnoli dovettero accettare le rivendicazioni popolari. L’atteggiamento della massa, nel 1799, aumentò le difficoltà nel conseguire le finalità indicate dai principi di democrazia portati in Italia dai rivoluzionari giacobini della Francia. Lo stesso Benedetto Croce definì quel moto rivoluzionario debo- le, perché non diffuso capillarmente dagli intellettuali. L’avvio del nuovo ordine socio-economico, connesso alla nascita della municipalità, ben presto perse il supporto delle forze rivolu- zionarie giacobine per effetto della controrivoluzione dei sanfedisti, definitisi “lealisti” o “legittimisti”, a sostegno dei Borboni e ciò deter- minò numerosi violenti scontri anche in terra lucana. La Repubblica Napoletana proclamata il 22 gennaio 1799 già l’8 luglio successivo capitolò. I Borboni rioccuparono il trono di Napoli con Ferdinando quarto, sostenuto dall’Esercito Sanfedista, cioè l’Armata Cristiana e Reale della Santa Fede in nostro Signore Gesù Cristo organizzata dal cardi- nale calabrese Fabrizio Ruffo, supportati anche dall’esercito inglese. Ferdinando IV dopo essersi insediato rimangiò le condizioni della capitolazione e subito condannò a morte 1.200 patrioti. In quel teatro di rivalità di posizione e totale conflittualità, tra nuovi e antichi ideali, diversi concittadini si distinsero per azioni a sostegno del movimento democratico e antifeudale. 216 Giuseppe Maria Lotano

Essi appartenenti a ogni ceto sociale2 si impegnarono sia nei fatti del 1799, derivanti dalla proclamazione della Repubblica Napoleta- na, sia in vertenze feudali di carattere locale. Nella documentazione della “Società di Storia Patria per la Puglia”, nell’opera del noto storico Tommaso Pedio intitolata “DIZIONARIO dei PATRIOTI LUCANI – arte ci e oppositori (1700-1870)” Vol. I (Tra- ni 1969 – Vecchi & C.) sono indicati diversi nominativi di cittadini castelgrandesi, di seguito i loro nominativi e relativa nota biografica, come da fonte sopra citata.

CANNIANO VINCENZO (Castelgrande, 1759-1829). Da Domenico e da Elisabetta Gasparrino. Popolano, nel 1799, milite della Guardia Civica del suo paese, partecipò ai fatti svoltisi in Castelgrande nel marzo e alla resistenza armata con- tro le avanzate delle forze sanfediste. Dopo la caduta della Repubblica Napoletana fu incluso tra i “rei di Stato”. (Fonti e Bibl.: Pedio, Radicali, p.47 s.; ibid., Uomini 1799, II, n. 371).

CASALE VINCENZO (Castelgrande). Popolano. Nel 1799 fece parte della Guardia Civica dei suo paese e partecipò alla resistenza armata contro l’avanzata sanfedi- sta. Dopo la caduta della Repubblica Napoletana, venne incluso tra i “rei di Stato”. (Fonti e Bibl.: Pedio, Uomini 1799, II, n. 372).

2 Ceto e grado sociale: Titoli - La nobiltà feudale solitamente viveva a Napoli e sul territorio del Regno era così definita: Famiglia gentilizia: ricca famiglia di possidenti che da oltre una generazione vantava un compo- nente che aveva completato gli studi di diritto o di teologia, (Dottore in utroque jure – Canonico). Galantuomo: notai, preti non addottorati in teologia, proprietari che non conducevano diretta- mente i propri beni fondiari e anche parte di medi e piccoli proprietari terrieri. Civile: maestro artigiano, proprietario di bottega, mercante, ricchi massari di campo, artigiani senza bottega propria, armigeri, coltivatori, campagnoli, bracciali, volani e anche parte di medi e piccoli proprietari terrieri. Mendico: chi non era incluso tra i contribuenti. Attribuzione e numero dei nomi - Dai Registri parrocchiali era possibile attingere l’elemento distintivo dell’appartenenza sociale dei genitori del neonato sia perché dagli stessi dichiarato sia perché determinava il numero di nomi attribuibili al neonato da battezzare. Al neonato di un popolano poteva essere dato un solo nome; al neonato di un civile due o anche tre nomi; al neonato di un galantuomo o gentiluomo anche più nomi a seconda delle condizioni economiche e sociali della famiglia di appartenenza. (Fonti: SOCIETA’ DI STORIA PATRIA PER LA PUGLIA di Tommaso Pedio - DIZIONARIO DEI PATRIOTI LUCANI Artefici e Oppositori (1770 – 1870) / Trani – 1969 /Vecchi & C.) PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 217

CECINA ANTONIO (Castelgrande). Galantuomo. Nel 1799 aderì al movimento repubblica- no, fautore della assegnazione delle terre demaniali ai contadini, parte- cipò alla resistenza armata contro le forze sanfediste. A Castelgrande concorse alla costituzione di una nuova municipalità, di cui fu componente, e ne rappresentò la corrente radicale. (Fonti e Bibl.: Pedio, Radicali, p.46 s.; ibid., Uomini 1799, II, n. 373). L’otto marzo del 1799 capeggiò la rivendicazione diretta ad ottenere un censimento per individuare i terreni demaniali usurpati e definirne la loro gestione. Il Presidente della Municipalità, Vincenzo Melillo, rifiutò tale richie- sta, ciò provocò violenti scontri durante i quali perirono lo stesso Me- lillo, con Francesco Coppola fratello del segretario della Municipalità, Carmine Masi e i possidenti donna Rosa Gasparrini e don Celestino Carusi. Di seguiyo fu rieletto un nuovo Consiglio comunale di cui fu presi- dente Antonio Maria Cianci che assunse l’impegno di risolvere l’aspra vertenza sul tema delle terre demaniali usurpate. (Fonte: Uomini aspirazioni e contrasti nella Basilicata del 1799 – I rei di Stato lucani – di Tommaso Pedio / F.lli Montemurro Editori – Matera 1961) Nuovamente e rapidamente le forze in campo mutarono per l’inter- vento a Castelgrande, nell’aprile 1799, dei sanfedisti, Armata Cristiana e Reale della Santa Fede. L’armata sorta nell’Italia Meridionale alla fine del XVIII secolo e com- posta da controrivoluzionari più propensi a definirsi “lealisti” o “legit- timisti” al comando di Sciarra dopo gravi interventi, a danno della po- polazione, confermò l’assetto demaniale precedente alla contestazione.

COPPOLA FRANCESCO (Castelgrande). Da Antonio e da Euleteria Cristiani. Aderì nel 1799 al movimento repubblicano e, oppostosi alla occupazione delle terre de- maniali da parte dei contadini del suo paese, cadde vittima della mani- festazione popolare svoltasi in quel centro abitato l’11 marzo 1799. (Fonti e Bibl.: Pedio, Radicali, p.47 s.; ibid., Uomini 1799, II, n. 377).

COPPOLA NICOLA (Castelgrande, 1771 - 1829). Da Antonio e Eleuteria Cristiani. Sacerdote, nel 1799 aderì al movimento repubblicano. Segretario della Municipa- lità del suo paese, dopo la caduta della repubblica Napoletana venne incluso tra i “rei di Stato”. (Fonti e Bibl.: Pedio, Uomini 1799, II, n. 377). 218 Giuseppe Maria Lotano

CRISTIANO VINCENZO (Castelgrande). Nel 1799 aderì al movimento repubblicano e, milite del- la Guardia Civica, partecipò alla resistenza armata contro l’avanzata sanfedista. Dopo la caduta della repubblica Napoletana fu incluso tra i “rei di Stato”. (Fonti e Bibl.: Pedio, Uomini 1799, II, n. 381).

CARUSO (CARUSI) ANDREA (Castelgrande, 27 marzo 1805). Da Giovanni Battista e da Clementina Gramiglia. Sacerdote, era iscritto nei ruoli dei contribuenti per un impo- nibile di duc. 16,68. Aderì al movimento liberale e partecipò alle prime manifestazioni popolari svoltesi in Napoli nel 1848. Rientrato nel suo paese nel maggio, rappresentò la corrente radicale in seno al Circolo Costituzionale di Castelgrande. Accusato di “attentato alla sicurezza in- terna dello Stato mercé minaccia di sollevamento del popolo contro il ceto dei proprietari”, venne arrestato nel luglio del 1850 per rispondere anche di ”discorsi sediziosi ad oggetto di distruggere e cambiare in luglio 1850 la forma di Governo”. Escarcerato a seguito della sovrana indulgenza del 19 maggio 1851, fu incluso tra gli “attendibili” politici e sottoposto a “sorveglianza di polizia”. (Fonti e Bibl.: ASP., Int. Bas. 13/208 , f.26; 13/211; 13/219. F. 227: ibid, Proc, pol, 79/7. Brienza, Martirologio, p.236).

COPPOLA GIUSEPPE (Castelgrande). Da Angelo Maria “Civile” coinvolto nei fatti svoltisi nel suo paese nel 1848, fu incluso tra gli “attendibili” politici e sottoposto a “sorveglianza di polizia”. (Fonti e Bibl.: ASP., Int. Bas., 13/208,f. 27; 147/368, n. 17 ).

CIANCI ANTONIO MARIA (Castelgrande). Da ricca famiglia gentilizia distintasi con Fabrizio, che fu Vescovo nella prima metà del sec. XVII. Dottore in utroque jure, as- sunse la presidenza della Municipalità repubblicana del suo paese dopo i fatti del marzo 1799 conclusisi con la uccisione di Vincenzo Melillo, che si opponeva alla spartizione delle terre ai contadini, e con la morte di Carmine Masi e di Francesco Coppola. Dopo la caduta della Repub- blica Napoletana venne incluso tra i “rei di Stato”. (Fonti e Bibl.: Pedio, Presidenti, p.117; ibid. Radicali, p. 47; ibid. Uomini 1799, II, n. 374).

CIANCI FABRIZIO (Castelgrande 1765). Da Nicola e da Aurelia Freda. Dottore in utroque jure, nel 1799 si schierò con il movimento repubblicano e dopo la caduta della Repubblica Napoletana venne incluso tra i “rei di Stato”. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 219

Aveva sposato Giacomina Masi e morì suicida in Castelgrande il 21 di- cembre 1807”. (Fonti e Bibl.: Pedio, Uomini 1799, II, n.375).

CIANCI FRANCESCO MARIA (Castelgrande 1760). Da ricca famiglia gentilizia, Dottore in utroque jure, nel 1799 aderì al movimento repubblicano e fece parte della Mu- nicipalità del suo paese. Dopo la caduta della Repubblica Napoletana fu incluso tra i “rei di Stato”. Capitano della Guardia Civica durante il decennio francese, nel 1808 disperse la banda Nicoletta, che operava nelle campagne di Muro ed in quelle di Castelgrande. (Fonti e Bibl.: Pedio, Uomini 1799, II, n. 376).

CRISTIANO GIOVANNI (Castelgrande). Popolano, nel 1799 aderì al movimento repubblicano e fece parte della Guardia Civica del suo paese. Dopo la caduta della Repubblica Napoletana, fu incluso tra i “rei di Stato”. (Fonti e Bibl.: Pedio, Uomini 1799, II, n. 378).

CRISTIANO GIUSEPPE (Castelgrande, 1773 – 27 settembre 1829). Da Saverio e da Beatrice Masi. Sacerdote, nel 1799 aderì al movimento repubblicano e fece parte della Municipalità del suo paese. Dopo la caduta della Repubblica Napoletana venne incluso tra i “rei di Stato”. (Fonti e Bibl.: Pedio, Uomini 1799, II, n. 379).

CRISTIANO NICOLA (Castelgrande). Da Antonio. Contadino, soprannominato “Loreto” nel 1861 si dette al brigantaggio e fece parte della banda Gerardi. Arrestato, fu condannato a 20 anni di lavori forzati. (Fonti e Bibl.: ASP, P.S. Melfi, n.31).

CARUSO (CARUSI) FRANCESCO MICHELANGELO (Castelgrande, 25 giugno 1815). Da Giovanni Battista e da Clementi- na Gramiglia.“Proprietario”. Iscritto nei ruoli dei contribuenti per un imponibile di 31,30 ducati, nel 1848 manifestò sentimenti liberali e fu, con il fratello Andrea, coinvolto in un processo politico. Nel 1860 si schierò contro il movimento liberale e, con Domenico De Sanctis, pro- mosse la manifestazione legittimista svoltasi nel suo paese il 14 ottobre 1860. Successivamente aderì al Comitato Borbonico e, coinvolto nei movimenti legittimisti scoppiati nel melfese nell’aprile del 1861 venne incluso tra le “persone sospette in linea politica”. (Fonti e Bibl.: ASP., Int. Bas. 13/211; ibid, Proc, pol, 181/18). 220 Giuseppe Maria Lotano

CIANCI FABRIZIO (Castelgrande, 1832). Da Michele e da Antonia Farenga. “Galantuomo” accettò il programma del Comitato dell’Ordine. Sindaco del suo paese, nel 1860 aderì ai moti insurrezionali e represse la manifestazione pro- mossa il 14 ottobre 1860 in Castelgrande da Domenico De Sanctis e da Francesco Carusi”. (Fonti e Bibl.: ASP., Proc.pol.,181/18).

CRISTIANO ANTONIO PASQUALE (Castelgrande, 25 aprile 1839). Da Donato e da Vittoria Racaniello. Po- polano, nel 1860 si schierò contro il movimento liberale e prese parte alla manifestazione reazionaria promossa nel suo paese il 14 ottobre 1860 da Domenico De Sanctis e da Francesco Caruso. (Fonti e Bibl.: ASP., Proc.pol.,181/18).

BOLOGNA DOMENICO (Castelgrande). Da Vito Antonio. Contadino, partecipò ai moti reazio- nari scoppiati nel melfese nell’aprile del 1861. Datosi successivamente al brigantaggio, fece parte della banda Gerardi. Cadde in conflitto in agro di Avigliano. (Fonte e Bibl. :ASP., Stato brig., f. 35). (Fonte: SOCIETÀ DI STO- RIA PATRIA PER LA PUGLIA di Tommaso Pedio- DIZIONARIO DEI PATRIOTI LUCANI Artefici e Oppositori (1770 – 1870) / Trani – 1969 /Vecchi & C).

DECORATI AL VALORE MILITARE CESARE CIANCI Medaglia di argento al Valore Militare / Ingegnere Elettrotecnico, Castellammare di Stabia, 6 settembre 1890 - Roma 26 aprile 1976, da Angelo, nato a Castelgrande e magistrato a Napoli e da Maria Grazia De Gasparis, figlia dell’astronomo Annibale De Gasparis, direttore dell’Os- servatorio Astronomico di Napoli e senatore nel primo parlamento del Regno d’Italia aperto a Torino il 18 febbraio 1861. Compì gli studi liceali presso l’Università di Napoli si laureò in Inge- gneria Elettrotecnica. Persona di studio e di azione fu giovane Tenente di Battaglione Ra- diotelegrafisti, durante la Grande Guerra. Per atti di eroismo con N° d’ordine 27525 del 9 dicembre 1919 fu decorato al Valore Militare con la seguente motivazione: “Comandante di distaccamento radiotelegra co, informato che le stazioni di radiotelegra a di Monte Barco e quelle di telegra a PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 221

per il suolo di punta Garbin e Panega erano state danneggiate in guisa da non poter più funzionare per effetto del bombardamen- to nemico, che ancora continuava, con singolare sprezzo del pe- ricolo e freddezza d’animo si recava dall’una all’ altra stazione, attraversando zone interamente battute, e, tenendo alto lo spirito dei suoi dipendenti, provvedeva alla riattivazione delle comuni- cazioni, dando prova di elevate virtù di soldato e di comando. Monte Barco, 15 giugno 1918”. Tra le sue azioni di coraggio si annoverano numerose sortite a ca- vallo, per tagliare le linee telegrafiche nemiche, intercettare messaggi, (era un profondo conoscitore della lingua tedesca) e impedire le comunicazioni. Venne in seguito insignito del titolo di Cavaliere di Vittorio Ve- neto e ritornato nella vita civi- le, ricoprì incarichi di vertice nella Dirigenza della Società Romana di Elettricità, delle relazioni con il persona- le scriveva: “è molto importante fare leva sui giovani, anzi sui giovanissimi. L’operaio, l’impiegato, il collaboratore in generale è come il soldato. Questo lo si può plasmare come si vuole, e su di lui può molto l‘esem- pio e come viene trattato. L’essere stato per quattro anni “sotto le bandiere” (come dicono i tedeschi), di- rigendo un piccolo laboratorio, mi aiutò molto nell’arte dif - cilissima di trattare il proprio simile, in particolare il proprio collaboratore”. Studioso profondo pubblicò diversi articoli sulla rivista scientifica L’Elettrotecnica, dalle sue idee scaturirono alcuni brevetti e all’età di quaranta anni pubblicò il noto libro “Taratura, inserzione e veri ca dei misuratori trifasi”, che ebbe cinque ristampe e fu anche tradotto in tedesco, restando per lungo tempo un prezioso e importante testo di riferimento nel settore delle misure elettriche. Fu membro del Comitato Elettrotecnico Italiano. Diresse anche le 222 Giuseppe Maria Lotano

opere per il prosciugamento di un tratto del lago di Nemi durante il recupero di alcuni dei famosi vascelli romani, ivi affondati, aventi lun- ghezze di settanta metri e larghezze di venti, appartenuti all’Imperatore Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico, detto Caligola, vissuto dal 12 al 41 d. C. Sontuosamente arredati con pavimenti di marmo raffinatamente mosaicati, furono collocati nel Museo ma dispersi in seguito all’incen- dio dello stesso per opera dei nazisti. Recentemente uno dei mosaici, a conclusione della missione “caschi blu della cultura” dei Carabinieri, diretti dal generale Fabrizio Parrulli, è stato ritrovato a New Jork e, con cerimonia nella sede del Consolato Italiano, consegnato al Ministro Da- rio Franceschini. (Fonte: IL MESSAGGERO - Cultura / 20 Ottobre 2017 di Fabio Isman). Attento e amorevole con la famiglia: la moglie Giacomina e i figli Maria, Giulio ed Elena, vissero stabilmente a Roma. Tenne un vivo le- game con Castelgrande, paese natale dei genitori, dove provvide anche ad ampliare una proprietà di famiglia e costruì una casa nel rione San Michele, che frequentava abitualmente almeno per un periodo l’anno.

ANNIBALE CIANCI Medaglia di Argento al Valore Militare / Ufficiale Superiore di Caval- leria, Castellammare di Stabia, 12 settembre 1893 – Scagliari, 20 marzo 1943, da Angelo, nato a Castelgrande e magistrato a Napoli e da Maria Grazia De Gasparis, figlia dell’astronomo Annibale De Gasparis, diretto- re dell’Osservatorio Astronomico di Napoli e senatore nel primo parla- mento del Regno d’Italia aperto a Torino il 18 febbraio 1861. Chiamato alle armi nel 1914, frequentò i corsi di Allievo Ufficiale e partecipò, col grado di Sottotenente di Complemento Regg.to Fanteria, al conflitto mondiale. Partecipò alla Guerra Mondiale del 1915-1918 nel Carso in zona Tamburo di Monfalcone, dove il 14 giugno 1916 con il suo plotone conquistò una posizione nemica, meritando la Medaglia di Argento al Valor Militare, con la motivazione: MINISTERO DELLA GUERRA - Il Luogotenente Generale di S.M. il Re con Suo Decreto in data del 15 marzo 1917 Visto… Sulla pro- posta del Ministro Segretario di Stato per gli Affari della Guerra ha conferito la Medaglia d’Argento al valor militare coll’annessovi so- prassoldo di lire Duecento Cinquanta annue al sottotenente comple- mento Regg. Fanteria Cianci Annibale da Castellammare di Stabia (Napoli). Mandato col suo plotone in rinforzo di un’altra compagnia forte- mente impegnata per la ulteriore penetrazione di una trincea di PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 223

fresco conquistata, anziché accodarsi ad essa, come gli era stato ordinato, la oltrepassava rapidamente, portandosi in testa, e sosti- tuito spontaneamente un collega caduto, sotto l’intenso fuoco del nemico contrattaccante, diresse a un tempo, con calma ed energia, difesa e lavoro. Declinò più volte l’offertogli cambio con altri ploto- ni, non volendo cedere quel posto d’onore che conservò no all’alba, concorrendo ef cacemente, con l’opera sua ed il suo alto spirito, al mantenimento della posizione” – Monfalcone, 14 giugno 1916”. Nominato Maggiore e poi Tenente colonnello, durante il secondo conflitto mondiale combatté con il suo reggimento nei Balcani, in Bo- snia Erzegovina. Prima di imbarcarsi per Durazzo, partecipò a un corso di ad- destramento insieme col 55° Reg- gimento Fanteria, dal 18 febbra- io al 6 aprile 1941 nella zona di Potenza, Tito, Brienza. IL 20 marzo 1943, nel cor- so di cruenti combattimenti contro superiori forze parti- giane, fu ferito gravemente, incitò i suoi soccorritori ad abbandonarlo al suo destino e a mettersi in salvo e gli fu conferita la Medaglia d’Argento al valor militare. Fu sepolto nel Sacrario dei caduti di Scagliari (Bocche di Cattaro – Monte- negro). La decorazione ebbe la seguente motivazione: “REPUBBLICA ITALIANA / MINISTERO DELLA DIFESA” - Il Capo Provvisorio dello Stato - con Suo Decreto in data del 24 Luglio 1947- Visto il Regio Decreto … ha conferito la Medaglia d’Argento al valor militare coll’annessovi soprassoldo di lire Settecentocinquanta annue al Tenente colonnello ftr. s.p.c. 55° ftr. (Marche) “Alla memoria” Cianci Annibale fu Angelo da Castellammare di Stabia (Napoli). “Uf ciale Superiore, dotato di non comuni doti di coraggio e sagacia in combattimento, dava prova di entusiasmo e ardi- mento nel condurre alla lotta il proprio battaglione; attaccato 224 Giuseppe Maria Lotano

da forze soverchianti, resisteva tenacemente all’urto; accer- chiati, contrattaccava decisamente e riusciva ad aprirsi un varco tra le la avversarie, guidando i propri uomini verso nuove posizioni. Ferito mortalmente al petto, conscio della prossima ne, or- dinava al suo aiutante maggiore e al proprio attendente, che erano corsi per soccorrerlo, di abbandonarlo alla sua ineso- rabile ne e di porsi in salvo”. Nel 1961 le sue spoglie, unitamente a quelle di altri caduti, furono riportate in patria e tumulate nella Chiesa Votiva di Treviso.

Testimonianza da: Dott. Flaminio Cianci Ha richiamato la mia attenzione durante questa estate, nella quiete asso- lata del mio paese ma sempre preziosa di frescura dell’aria pungente del rigoglioso faggeto secolare del dirimpettaio Appennino lucano, il rombo a me sconosciuto di un motociclo, ed eccolo sbucare dalla curva del Varco del Palazzo, sulla rotabile SS 7, per deviare e immettersi nel tratto in salita di via Aniello de Sanctis. L’abitazione della mia famiglia, è situata in cima alla salitella, dopo qualche decina di metri da quell’incrocio, per cui ho potuto osservare che il pilota del motociclo era l’amico Flaminio Cianci, con il quale ho condi- viso a Roma diversi anni di lavoro presso la Direzione Generale dell’EFIM e che da qualche tempo non incontravo, pertanto con un cenno di mano lo fermo, per il piacere di un cordiale saluto e un breve scambio di notizie. Dopo un primo scambio di notizie segue il mio compiacimento per il suo versatile motociclo, tipo “Moto Guzzi California”, molto idoneo per saliscendi e percorsi vari tra tenute montane e tratturi e di seguito gli chie- do la disponibilità a fornirmi più notizie della sua nobile famiglia, cui ap- partengono i decorati al Valore Militare, i fratelli Cesare Cianci e Annibale Cianci, dei quali in precedenza mi aveva inoltrato utili elementi biografici. Lui gentilmente acconsente e m’invita a salire in moto per arrampi- carci lungo l’irta salita che porta fino a piazza Matteo Cristiano, antistante alla Chiesa Madre, in vetta al paese là dove c’è il suo palazzo di famiglia, risalente al 1600, confinante con la casa di nascita dell’eroe lucano cui è intitolata la piazza. Un tempo il tratto stradale fino in cima al paese era una meravigliosa e lunga scalinata, tutta in pietra bianca di cava locale e molto rimpianta dai concittadini, in particolare per evitare facili scivoloni nel periodo invernale. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 225

Accomodatici in salotto, come prima domando gli chiedo notizie sui cognomi apposti sulla targa della toponomastica, proprio collocata accan- to a uno degli ingressi del suo palazzo, su cui figura la denominazione “via Nicola Cianci di Leo Sanseverino / già via Castello”. FLAMINIO: La Famiglia dei Cianci, è originaria di Catanzaro, fu rico- nosciuta Nobile con D.M. 15 settembre 1887 e autorizzata con Regio De- creto 5 ottobre 1888 ad aggiungere i nomi Leo e Sanseverino. Il cognome LEO è di nobile famiglia giunto dalla Spagna a Pisa e il ceppo si è diffuso in Sicilia, in particolare a Messina e Palermo, e poi in tutta la penisola ma con maggiore presenza nel Sud. In Basilicata una nobile famiglia erano i LEO di Chiaromonte. Il cognome SANSEVERINO appartiene a una delle più note casate sto- riche del Regno di Italia ed è iscritta nell’Elenco Uf ciale Nobiliare Ita- liano, nell’Elenco storico del Sovrano Ordine di Malta riconosciuti dal Corpo della Nobiltà Italiana (C.N.I.) e con provvedimento di Re Umberto II d’Italia. L’aggiunta a CIANCI dei cognomi indica che due discendenti di detta Famiglia contrassero matrimonio con altrettante discendenti delle Fami- glie Leo e Sanseverino, assumendone parte dei titoli e possedimenti.

Scusa, Flaminio! Gradirei anche conoscere del casato Cianci chi sono quelli nati a Castelgrande e quali altri familiari si sono contraddistinti per contributo alla vita pubblica o per altri particolari incarichi. FLAMINIO: A Castelgrande sono nati il Nobile Angelo nel 1850 e il Nobile Giuseppe nel 1896, che fu monaco benedettino. Alla famiglia Cianci appartenne, fra gli altri, Giovanni Battista Cian- ci, Vescovo di Guardal era nel 1689, autore del Libro “de Testamentis” trattato organico sulla disciplina giuridica successoria; Flaminio, che scrisse il “de Iure Municipali et feudale” trattato comparativo di diritto amministrativo secondo l’ordinamento feudale e quello successivo dei liberi municipi; Nicola, autore di: “Genealogia di Ercole Sanseverino, barone di Calvera e dei suoi discendenti” (Napoli 1902) da cui deriva il ramo della famiglia Cianci di Leo-Sanseverino, che acquisì i possedi- menti siti in agro di Castelgrande; “Illustrazioni dell’albero genealogico della Famiglia Cianci di Leo-Sanseverino” (Napoli 1906); nonché “Da Castelgrande agli avanzi ciclopici di Muro Lucano” (Napoli 1889); An- gelo, Magistrato a Napoli, coniugato con Maria Grazia De Gasparis, da cui nati a Castellammare di Stabia Michele, Antonio, Celeste, Cesare, Annibale, Vittoria, Giuseppe. 226 Giuseppe Maria Lotano

Ruggero, Consigliere di Corte di Cassazione, deceduto nel 1908, co- niugato con Giulia Tenore. Antonio, questore, che, in seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943, nell’Italia divisa tra Regno di Italia e Repubblica Sociale, assicurò le fun- zioni di polizia in varie provincie lungo la Penisola, seguendo la marcia degli Eserciti Alleati, come funzionario duciario degli stessi. La Famiglia ha partecipato alla storia del Regno di Napoli e alle sue vicende, durante i trascorsi, concorrendo non poco alla nobiltà e alle cariche istituzionali della stessa città. In seguito ha contribuito all’affermazione del Regno d’Italia, annove- rando tre onori cenze: - Cesare (Ing. Elettrotecnico), Direttore Generale Romana Elettricità, insignito di una Medaglia d’Argento al Valore Militare per azioni di eroi- smo nel primo conitto mondiale. - Annibale (Ten. Col. Regio Esercito) insignito di due Medaglie d’Ar- gento al Valore Militare, per azioni di eroismo nel primo e nel secondo conitto mondiale. Non appena terminata la informativa sugli autorevoli familiari faccio presente a Flaminio che su quella targa è riportato anche l’anno della sua apposizione avvenuta per “Del. del Cons. del Nov. 1909” con atto dell’Am- ministrazione comunale in un anno di un lungo periodo d’oro per avve- dutezza e ricchezza di programmi realizzati, che mai altro Sindaco abbia saputo ripetere a vantaggio del progresso della comunità castelgrandese. Si tratta, infatti, del periodo in cui la carica di Sindaco fu esercitata, dall’aprile1896 al settembre 1914, dal Cav. Potito Notar de Sanctis, uomo di grande cultura e di impareggiabile impegno per il proprio paese.

Dopo questa precisazione doverosa e di richiamo a riferimenti di con- cittadini illustri, per reciproci impegni ci accorgiamo che il tempo disponi- bile è “scaduto” pertanto ringrazio e assicurandoci continua stima e cordia- lità ci concediamo con un arrivederci a una prossima occasione d’incontro.

VITO FEDERICI Medaglia di Bronzo al Valote Militare / Fante, Castelgrande, 26 ago- sto 1895 - Palma Campania, 16 settembre 1986, da Giuseppe e Rosa Giorgio, coniugato con Muro Maria il 30 ottobre 1920 e successiva- mente il 28 gennaio 1922 con Benedetta Racaniello. Arruolato nel 35° Reggimento Fanteria fu sempre fiero del suo impe- gno militare nella Grande Guerra per la Madre Patria, dove al fronte si occupava anche della distribuzione della posta ai commilitoni. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 227

Portava in ogni ricorrenza pubblica e devotamente appuntatta sulla propria giacca la Medaglia di Bronzo, ricevuta sul fronte con motivazio- ne. “Entrava per primo in un forte da poco abbandonato dal nemico, sfidando possibili insidie e vi faceva un prigioniero” – Monte Cengio 26 giugno 1916. (Fonte: http:decoratialvaloremilitare.istitutonastroazzurro.org).

DONATO CRISTIANO Invalido di guerra - CAVALIERE DI VITTORIO VENETO - Castel- grande, 17.12.1898 - 18. 01. 1992, da Antonio e Maria Giuseppa De Santis. Mutilato in guerra del 1915-1918, ricevette la nomina di “Ca- valiere di Vittorio Veneto” e la Medaglia dall’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra. Nel cinquantenario della Grande Guerra, ricevette il seguente atto deliberativo: “CITTÀ DI VITTORIO VENETO, Medaglia d’Oro al Va- lore Militare. IL CONSIGLIO COMUNALE con deliberazione del Consiglio Co- munale del 30 giugno 1968 CONFERISCE all’ex Combattente della Grande Guerra 1915 - 1918 Cristiano Donato la CITTADINANZA ONORARIA DI VITTORIO VENETO”.

PIO BELMONTE Medaglia di Bronzo al Valore Militare / Fante Volontario, Castel- grande, 12 gennaio 1915 – Potenza, 1 gennaio 2004, da Antonio e Sante Cianci. Il ‘900 irruppe nella vita di Pio, intorno ai 17 anni, con le sue grandi promesse ideali. Le opzioni dell’epoca erano due, l’offerta di “migrazione” per la- voro su proposta dagli americani; servizio di “militare volontario”su proposta della Patria per partecipare alla Guerra Civile di Spagna. Il governo americano assicurava, agli italiani che accettavano di migrare, il biglietto pagato per raggiungere l’Alaska dove lavorare nell’usurante estrazione di idrocarburi, tra l’altro in aree con tem- perature polari ma era anche garantita, dopo dieci anni di “inferno bianco”, l’occupazione presso settori amministrativi della compagnia petrolifera, in una città degli “States” e per tutta la vita. Pio optò per la proposta del Governo italiano. Egli non temeva disciplina, dovere, fatica, e partì per la Spagna, dove portò con sé anche un organetto. Partecipò da Fante Volontario alla Guerra Civile di Spagna (17 luglio 1936 – 1 aprile 1939), a cui conseguì la vittoria dei naziona- 228 Giuseppe Maria Lotano

listi sulle brigate internazionali comuniste e sancì la salita al potere del Generale Francisco Paulino Hermenegildo Franco. Y Bahamonte (1892 – 1975), detto anche il Generalissimo Franco. In guerra, oltre a scarseggiare il tempo per suonare, accadde an- che che l’organetto andò distrutto in uno degli scontri con le brigate internazionali comuniste. Tra i ricordi più particolari di quella guerra riferiva sempre della sua amicizia con un nobile giovane spagnolo falangista che, moren- do per le ferite riportate in battaglia, gli donò il suo anello araldico, da allora lo indossò sempre. Quando la guerra finì partì, con i volontari marocchini, alla volta di Casablanca, dove trovò lavoro ma fu anche attratto da una avve- nente giovane fornaia che frequentò. Tutto cessò quando raggiunto da due funzionari della polizia se- greta fascista (O.V.R.A.) fu rimpatriato per andare nuovamente in guerra e da Brindisi, imbarcò per raggiungere letruppe sul fronte greco-albanese, nel conflitto dal 28 ottobre 1940 al 23 aprile 1941. Si distinse per l’abilità nell’uso dei cannoni leggeri e pregno di ardimento, con impeto, si offrì volontario per una operazione di assalto. L’obiettivo era la riconquista di una collina, che di slancio fu strappata al nemico. Nell’azione, causa una mina perse il mignolo e anulare della mano sinistra ma la ferita provocò la cancrena e gli fu amputato il braccio sinistro. L’Ufficiale lo propose per la Medaglia d’argento, poi la guerra fu persa e quella Medaglia fu di bronzo. Il MINISTERO DELLA GUERRA con atto numero d’ordine 4178 del 20 ottobre 1941, gli conferì la Medaglia di Bronzo al Valore Mi- litare, quale Fante del 140° Reggimento diFanteria, per l’atto eroico compiuto a Cippo, confine greco albanese, del 14 e 18 novembre 1940, con motivazione: “Sprezzante del pericolo dando l’esempio di valore ai suoi compa- gni, nella lotta alla baionetta fu il primo a riconquistare la posizione perduta”. Roma, 20 ottobre 1941 Anno XIX - Benito Mussolini. Sul foglio matricolare del Distretto Militare di Potenza, matricola 44469 - sono riportate le innumerevoli azioni di guerra e campagne a cui ha partecipato. Il Fante Pio Belmonte fu congedato, dal Distretto di Lecce - 140 PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 229

Regg. Fanteria - il 4 maggio 1942, per“Collocamento a riposo per in- fermità dipendente da servizio”. Rientrato in Italia, a Balvano conobbe e sposò la sua amata Dora Addolorata Zarrillo. Poco tempo e Pio, grande invalido di guerra, fu impiegato al Genio Civile. Normalizzata la vita quotidiana ritrovò entusiasmo per la sua in- nata passione artistica utilizzando la creta per le sue numerose opere in ceramica.

I RAGAZZI DEL 1899 Un dovuto e sentito pensiero a tutti i “Ragazzi del ‘99” chiamati alle armi nella Grande Guerra del 1915-18, che con grande onore servirono la Patia e combatterono. Molti meritarono medaglie d’oro ma tutta la moltitudine della gio- ventù italiana con entusiasmo e senza timore corse a difendere la Patria compiendo il proprio dovere e azioni degne di colmare e trasformare il Tricolore in un cielo di stelle d’oro sul territorio, fino alla Vittoria fi- nale per conquistare l’Unità Nazionale e la dignità di popolo capace di autodeterminazione.

LE MAMME E LA GRANDE GUERRA Le mamme dei giovanissimi caduti per la Patria nella Grande Guerra 1915-18, in assoluto e più di ogni altro soggetto, protagoniste della sofferenza per la perdita di un figlio, unico e massima espressione di contatto intimo e insostituibile di nobile sentimento dell’amore materno e universale, che governa la natura umana, ricevettero la pergamena con “La Medaglia di Gratitudine Nazionale” assegnata, per Decreto del 24 maggio 1919 N. 800, dal Ministro della Guerra. Le mamme, di fatto, sono sempre rimaste al fronte e in “trincea contro il dolore”. Il loro sacrificio interiore fu sostanziale contributo per sostenere il proprio figlio in guerra e poi per vivere il sacrificio della perdita della sua vita sul percorso doloroso ma fondamentale per conseguire la Vittoria finale nella Grande Guerra del 1915-18. A loro ogni nostra testimonianza di affetto e riconoscenza per averci consentito di ereditare il vantaggio, dal loro sacrificio, di go- dere di una patria e una società più libera e giusta. 230 Giuseppe Maria Lotano

PREMIATI AL LAVORO DOMENICO MASI Diploma al merito di Servizio e Medaglia d’Oro, Castelgrande 3.11.1899 - 30.04.1970, da Giuseppe e Anna Federici. Figlio della Guardia comunale e Postino del paese Giuseppe Nicola Maria nato il 16.01.1859, da Ariomeno e Pasqualina Federici, esercitava attività di ebanista e di raffinato intagliatore. Tra i diversi lavori l’elegante portoncino intagliato della casa del signor Francesco Bologna, ora abitata dagli eredi, in via Aniello de Sanctis, 2. Oltre alla propria abituale attività esercitò anche il ruolo di sostituto portalettere, di suo padre Giuseppe, dal 3 giugno 1921 e portalettere provvisorio dal 18 ottobre 1926, per decesso del proprio genitore. All’età di anni ventisette presentò, al Ministero delle Comunicazio- ni - Roma, richiesta di potersi sostituire nella titolarità di servizio alla madre, erede dell’incarico per decesso del proprio marito Giuseppe ma rinunciataria, perché non in condizioni fisiche per l’espletamento del servizio, e scrisse: “Il sottoscritto Masi Domenico fu Giuseppe, ex combattente, - glio dell’ex portalettere Masi Giuseppe fu Ariomeno, deceduto il 16 ottobre corrente anno, attualmente in servizio, già sostituto portalettere nominato da codesta On. Direzione con lettera del 3 giugno 1921 trovandosi nelle condizioni volute dal nuovo ordi- namento delle ricevitorie postali e Telegra che e del relativo per- sonale Capo II Art.86 inoltra domanda a codesta On. Direzione per ottenere la nomina senza concorso a portalettere rurale per l’Uf cio postale di Castelgrande. Fa noto altresì che il sottoscritto ha un fratello morto in guerra e che la madre, Anna Federici, rinunzia al diritto di successione essendo vecchia ed inabile al lavoro pro cuo. All’uopo si unisco- no i seguenti documenti debitamente legalizzati: 1° Certi cato di nascita 2° Certi cato di cittadinanza 3° Certi cato penale 4° Certi cato di Buona condotta 5° Certi cato di Licenza Elementare 6° Certi cato Medio 7° Congedo 8° Rinunzia di successione a portalettere rurale di Castelgrande della Federici. Castelgrande, 13 dicembre 1926 - Masi Domenico fu Giuseppe”. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 231

La richiesta fu accolta. Egli svolse con interesse e dedizione mas- sima il servizio di recapito, nel rispetto totale della consegna del plico esclusivamente nelle mani del soggetto in indirizzo, unico au- torizzato al ritiro del plico e a nulla valeva la petizione di congiunti presenti in casa, pur se notoriamente di stretta parentela, ciò anche nella consegna di plichi intestati al marito o alla moglie. In genere i familiari presenti si proponevano alla ricezione a ti- tolo di cortesia e al fine di evitare, allo stesso portalettere, l’onere di ripassare. Altrettanto rigore ebbe quando, recatosi al locale Istituto salesiano, non consegnò il plico indirizzato a una suora perché assente per una passeggiata con le orfanelle e vi fece ritorno in serata, fuori orario di servizio, per effettuarne la consegna esclusivamente alla destinataria. Senza dubbio Domenico Masi fu un inflessibile esecutore della mas- sima riservatezza pertanto definibile un antesignano della privacy più completa, pur in mancanza della specifica odierna disciplina, tra l’altro spesso male interpretata. Il 15. 06. 1951 il Direttore Provinciale dell’Amministrazione delle po- ste e Telegrafi rappresenta all’On. Direzione Generale P.T. Serv. III Div. II Sez. II di Roma, la richiesta avanzata dal portalettere Domenico Masi per un adeguamento del numero di ore assegnate per il servizio, che fu accettata, facendo presente che:

“Le quattro ore assegnate per la distribuzione della corrispon- denza sono insuf cienti alle necessità in considerazione che il portalettere deve effettuare la distribuzione per l’arrivo dell’au- tocorriera nel pomeriggio, nelle ore pomeridiane per proseguire all’indomani, e tenuto conto della distribuzione dei pachi non indicati nella statistica, si esprime il subordinato parere di au- mentare a cinque le ore di servizio a quel portalettere”.

Il servizio ricoprì il periodo di massima emigrazione quindi ricco di corrispondenza e, pertanto, come ancora oggi, fu figura professio- nale dominante perché, lungo i percorsi, di norma il portalettere cata- lizza l’attenzione di chiunque auspica di essere destinatario di notizie. Stato d’animo che in ognuno persiste fino a che dal borsone zep- po di corrispondenza, portato a tracolla dallo stesso postino, non spunti quell’insolito “maratoneta”, a conclusione del percorso dal luo- go di partenza fino al citato traguardo locale, magicamente vestito 232 Giuseppe Maria Lotano

con tuta da plico. Dopo il suo pensionamento altri concittadini titolari portalettere del paese sono stati il sig. Luigi Loglisci dal 1968 al 1978 e di seguito la sig.ra Anna Cerone, rientrata da Anzi (PZ), e in servizio fino al proprio pensionamento avvenuto nel 2005. Da quest’ultima data, a oggi, si avvicendano solo portalettere fore- stieri la cui evoluzione contrattuale del rapporto di lavoro e il rapido alternarsi d’incarichi hanno mutato anche il mito del rapporto umano e ruolo professionale del portalettere. Con il tempo che passa, affacciano nuovi costumi di vita e interro- gano su cosa essi significassero “ieri” e cosa siano “oggi”. Il più longevo concittadino in servizio di “portalettere” è stato Do- menico Masi, in dialetto chiamato zi rmuinic, zio Domenico.

A Domenico Masi, in data 23 ottobre 1964, il Ministero comunicò il fine rapporto di lavoro con: “Ordinanza ULA /4212/22602 del 1° luglio 1964 la cessazione dal servizio al 1° dicembre 1964, per raggiunti limiti di età del portalet- tere di Castelgrande sig. Masi Domenico, di anni 65, della Direzio- ne Provinciale P.T. di Potenza con diritto al trattamento massimo di quiescenza”.

A Domenico Masi, in data 29 giugno 1965, il Ministero conferì: “All’atto del suo collocamento a riposo dopo quarantuno anni di lodevole servizio prestato nell’Uf cio del Paese il Diploma al merito di Servizio e Medaglia d’Oro”.

ANTONIO RACANIELLO Medaglia di Rappresentanza del Consiglio regionale della Regione Basilicata, Castelgrande, 29.01.1926 - Quaregnon / Belgio, 30.11.2016, da Vincenzo e Vittoria Cristiano. All’età di diciannove anni presenta domanda all’Ufficio di Collo- camento per essere selezionato a prestare la propria opera lavorativa nelle miniere di carbone in Belgio, Milano era il centro nazionale di reclutamento. L’offerta di lavoro era propagandata da “manifesti rosa”, secondo il cosiddetto accordo “uomo-carbone”, siglato nel 1946 dal primo ministro Alcide De Gasperi e dal belga, suo omologo, Van Acker, PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 233

promotore della campagna “battaglia del carbone” per contrastare la reticenza dei minatori locali per quel lavoro ritenuto molto stressante e non adeguatamente remunerato. L’accordo conveniva sull’invio graduale di 50.000 lavoratori italiani in Belgio, 2.000 a settimana. Tra il 1946 e il 1957 gli italiani espatriati in Belgio, definito il fan- tasioso Eldorado, furono 223.972, i rimpatri 51.674. Antonio Racaniello nel febbraio del 1950 raggiunse il Belgio, dove sul posto di lavoro, già dal secondo giorno, fu inquadrato nella Squa- dra di Soccorso De André di Frameries, nella miniera Le Pette a Qua- regnon, incarico che svolse per quindici anni. A Castelgrande lasciò i geni- tori, le piccole sorelle Maria e Marianna, il fratello primoge- nito Giovanni ma spesso ri- entrava a Castelgrande, per stare in famiglia e in paese. In Belgio visse sempre nella cittadina di Quare- gnon, sposò Angelina Pen- nimpede ed ebbe due figli, Vincenzo e Maria Pia. I minatori, per contratto, avrebbero dovuto ricevere alloggio, addestramento, un buon salario, niente di ciò fu rispettato. L’avvio al proprio posto in miniera, detto “taglia”, fu quasi immediato e con turni di otto ore per sei giorni a settimana. Nello svolgimento del suo lavoro Antonio Racaniello si distinse per eroismo nel disastroso incendio accaduto nel pozzo di St. Charles nella miniera Bois du Cazier a Marcinelle, il giorno 8 agosto del 1956 alle ore 08.10. L’evento ebbe origine al piano 975, cioè a 975 metri di profondità, dove era addetto Antonio Iannetta, molisano di Bojano, di anni ven- totto, giunto in Belgio il 14.11.1952. Il suo lavoro era d’ingabbiature e lavorava alla cache con il belga Gaston Vaussort, che in quel momento si trovava fuori posto. 234 Giuseppe Maria Lotano

Per cause mai definite partì l’ascensore e incastrò un carrello che nell’urto provocò tranciature nella vicinissima rete di condotte in pressione per la distribuzione di olio, aria, elettricità in alta tensione. La micidiale miscela di elementi infiammabili prese rapidamente fuoco innescato dalle scintille del corto circuito elettrico, e si diffuse velocemente lungo tutti i rami della galleria. La miniera, datata 1830, era scarsamente dotata di misure di sicu- rezza, di manutenzione, con due sole vie di uscita, tutta armata con struttura di legno. Il minatore Iannetta fece in tempo a fuggire e lanciò l’allarme di “mi- niera in amme”, nelle gallerie e nei cunicoli della miniera erano presenti al lavoro 274 minatori, 262 perirono, erano provenienti da dodici nazio- nalità. L’Italia ebbe il maggiore numero di perdite con 136 vittime, poi il Belgio con novantacinque. Le famiglie italiane colpite furono 248, gli orfani 417. Delle 136 vittime italiane, sessanta erano abruzzesi originari del “trian- golo della fame” così definito per la totale mancanza di lavoro, ne face- vano parte i comuni di Turrivalignani, Manoppello, Lettomanoppello, in provincia di Pescara. I soccorritori raggiunsero le profondità della miniera forando un paral- lelo pozzo in costruzione, con pareti in cemento spesso due metri. A 800 metri trovarono solo minatori deceduti e a quota di 1000 metri trovarono una scritta che diceva “È l’una e trenta, siamo in cinquanta e fuggiamo verso la Quattro Palme”. Raggiunto il punto indicato, cessò ogni speranza, i minatori lì rifugiati erano tutti periti di atroce e lunga agonia. All’alba del diciassettesimo giorno d’interventi della Squadra di Soc- corso il giornale “ Corriere”, il 24 agosto del 1956, in prima pagina titolò: “Sono tutti morti” così pure i giornali di Charleroi in edizione straordinaria e listata a lutto. La tragedia di Marcinelle diede inizio alla fine della massiccia emigra- zione italiana in Belgio. Antonio Racaniello, giovane vigoroso e tenace lucano, si distinse nel soccorso per intensa abnegazione. In tutto solo dodici minatori furono i superstiti della sciagura mineraria. L’ultimo dei minatori in servizio dal 1955 presso la miniera, Mario Ziccardi si è spento a Charleroi (Belgio) il 17 marzo 2018, all’età di ottantatré anni, sfuggito al dramma perché a Ferrazzano (CB), suo paese, in congedo bre- ve per sposarsi. (Fonte: IL MESSAGGERO - Domrnica, 18 Marzo 2018. Il PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 235

ricordo - La strage del 1956 - Morto l’ultimo sopravvissuto di Marcinelle). Racaniello intervistato anche nell’avanzata età di ottantaquattro anni in Belgio, essendo rimasto l’ultimo superstite della Squadra di Soccorso intervenuta a Bois du Cazier, disse “Si j’avais su avant de partir ce que c’était de descendre au fond, je ne serais jamais venu, assène notre hom- me, agé aujourd’houi de 79 ans et toujours bon pied bon oeil. Il fallait savoir le faire et moi, je le faisais en chantant !”

Testimonianza da: Presidenza Regione Basilicata Per il suo comportamento eroico il presidente Vito De Filippo, della Regione Basilicata, presente anche il presidente della Commissione dei lucani nel mondo Pietro Simonetti, il vice presidente del Consiglio regionale Romeo Sarra, il Sindaco di Castelgrande Domenico Alberto Muro, gli consegnò la “Medaglia di Rappresentanza del Consiglio re- gionale della Regione Basilicata”, con la motivazione: “Quella di Raca- niello rappresenta una delle tante testimonianze dif cili e complicate che hanno caratterizzato la storia dell’emigrazione lucana. Una storia disseminata in ogni parte del mondo e caratterizzata da lavoro, sa- cri cio e tante virtù”- (Fonte: De Filippo – basilicatanet 29.09.2010). Il presidente Pietro Simonetti affermò: “Questa esperienza deve es- sere conservata e trasferita alle nuove generazioni per valorizzare il ruolo avuto all’estero dai nostri corregionali. Anche per questa ragione abbiamo voluto il Museo dell’emigrazione allocato nel Castello Federi- ciano di Lagopesole”. In occasione del 54° anniversario della sciagura di Marcinelle, la Pro Loco e il forum dei giovani di Castelgrande organizzarono, presso il Centro Sociale di San Pietro, la proiezione di un documentario sulla tragedia mineraria di Marcinelle. Antonio Racaniello ricordò di appartenere a una squadra di “musi neri”, così definiti tutti i lavoratori di miniera perché raggiungevano la superficie con il volto segnato dalla fuliggine di carbone e definì l’emigrazione, una scelta “costretta”, così sintetizzata “Quindici anni passati a 800 metri sotto terra e strisciando attraverso cunicoli alti quaranta centimetri”. Finito il periodo di lavoro in miniera intraprese l’attività di commer- cio all’ingrosso di banane, fu molto conosciuto nell’ambiente e amiche- volmente denominato "Antonio banana". Nel 2001 è stata introdotta nel nostro calendario la “Giornata na- zionale del sacri cio del lavoro italiano nel mondo”, ricorre l’8 agosto, anniversario di Marcinelle. 236 Giuseppe Maria Lotano

Nel 2003 la RAI realizzò un servizio con miniserie televisiva sul dramma di Marcinelle. Nel 2006 il Giro d’Italia partì da Seraing in Belgio in omaggio a tutti gli emigrati italiani in quel paese. Il 2012 a San Pietroburgo quattro miniere belghe, luoghi simbolo del bacino minerario della Vallonia, furono definiti, dall’Unesco, beni patrimonio dell’umanità: Le Grand Horn, Bois du Luc, Bois du Cazier, Blegny Mine. Precedenti e gravissime sciagure minerarie, coinvolgenti anche mi- natori italiani, accaddero in data: - 6 dicembre 1907 a Monongah nel West Virginia (U.S.A.) perirono 361 minatori, poi si parlò di 500, poi di 620 e un giornale riportò anche 956 vittime. (Fonte: Gente Italia - indagine di Domenico Perpiglia); - il 22 ottobre 1913 a Dawson (U.S.A.) perirono 250 minatori, di cui 146 italiani. (Fonte: Università di Firenze in collaborazione del Ministero degli Esteri / Progetto di ricerca del prof. Alessandro Trojani). Una moltitudine di minatori, disseminati come formiche nelle viscere della terra, visse con umiltà una vita di aspro lavoro immersa in angusti percorsi di vene nere tracciate dal carbone. L’obiettivo di conseguire benessere, per uomini arditi, a volte fu solo un disperato tentativo rimasto ingabbiato nel nero del buio delle viscere della terra. In questa grave tragedia di lavoro nella miniera Bois du Ca- zier di Marcinelle, il concittadino Antonio Racaniello, della squadra di soccorso, pregno d’impetuosa generosità, fu autore d’interventi estremi e d’eroismo per scovare segni di vita, portarli alla luce e restituirli al calore d’affetti familiari, d’amici e della società, e l’assegnazione della Medaglia di Rappresentanza del Consiglio regionale della Regione Basilicata3 ne rappresenta dovuto riconoscimento.

3 Dialogando con l’Avv. Aurelio Pace, Presidente della Commissione regionale dei Lucani nel Mondo, sulle vicende della condizione lavorativa degli emigrati lucani all’estero e in Italia mi sono soffermato sull’art. 12 della Legge Regionale n. 32-95 dell’Albo regionale delle Associa- zioni e Federazioni dei lucani all’estero e in Italia e conseguente attenzione della Commissio- ne alle attività delle Associazioni e Federazioni dei lucani all’estero e in Italia, iscritte all’Albo. Tra i temi del dopoguerra inerenti storia e sofferenza dell’emigrante gli ho voluto ricordare la tragedia mineraria di Marcinelle, ove primeggiò la nobiltà d’animo del concittadino Antonio Racaniello, durante il suo eroico servizio di soccorso svolto a favore dei compagni minatori bloccati lungo i mille metri di profondità della miniera aggredita, da un terribile incendio. Il Presidente mi ha chiesto un’informativa dettagliata della vicenda di Racaniello e, rientrato in Regione Basilicata, con preziosa sensibilità e rapidità mi ha fatto pervenire la propria testi- monianza per confermare attenzione e stima per ogni corregionale, che con la propria opera magnifica l’identità lucana nel mondo. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 237

Testimonianza del Presidente Commissione Regionale dei Luca- ni nel Mondo - Avv. Aurelio Pace Lettera, prot. 5610/c del 26.05.2017 “L’eroismo di Antonio Racaniello di Castelgrande, superstite e componente della squadra di salvataggio che nella tragedia del- la miniera “Bois du Cazier” di Marcinelle si adoperò per salvare la vita a suoi diversi colleghi, è motivo di orgoglio per tutti i lu- cani e di speranza nei valori supremi del lavoro della generosità e dei sacri ci che molto bene i nostri padri hanno saputo incar- nare, dando lustro, anche al di fuori dei con ni, al nome della Basilicata. Avv. Aurelio Pace”

SUOR CELESTINA MURO Istituto Sacra Famiglia di Spoleto. “Premio una vita per gli altri”. Nome da secolare: Teresa Muro, (Castelgrande, il 31. 01. 1919 - Spo- leto, 04. 01. 2010), da Vito ed Elisabetta Refola, nata a Rapone. Teresa aveva cinque fratelli, il padre fu emigrante in U.S.A., Ar- gentina, Canada. Giovanissima ma già determinata e forte della scelta di indossare un abito che la ponesse a “servizio di Gesù”, lasciò la propria fami- glia per donarsi alla vita consacrata, pur nel vigore ed entusiasmo dei suoi diciassette anni e senza risparmio di energia. Teresa, per dare inizio al cammino della sua vocazione dalle lo- cali Suore Salesiane, per carenza di disponibilità presso loro case, fu indirizzata all’Istituto Sacra Famiglia di Spoleto. Le Suore Salesiane furono un importante momento d’ispirazione spirituale per le giovani castelgrandesi, la loro presenza in paese motivò la vocazione in ben ventisette ragazze, che divennero, in maggioranza, suore salesiane. Teresa entrò in Istituto il 15 settembre 1936, fece la vestizione (noviziato) il 19 marzo 1937, la prima professione il 20 marzo 1938, quella perpetua il 20 marzo 1943. Per regolamento la Superiora Generale attribuiva alle nuove con- sacrate il nome da Religiosa, ma ognuna aveva facoltà di proporne alcuni nomi. A Teresa fu attribuito il nome di Suor Celestina. Tale regola decadde con il Concilio Vaticano II, da allora ognuna mantiene il proprio nome di battesimo. Suor Celestina nel 1948 conseguì il diploma di taglio, svolse la 238 Giuseppe Maria Lotano

sua missione sempre in piccole frazioni dell’Umbria. Suor Celestina, fino al 1996, ogni anno trascorreva le vacanze presso i familiari di Castelgrande, in particolare a casa del nipote Nicola, impiegato comunale. Durante l’esercizio della professione affascinata dal desiderio di essere, nel quotidiano della vita, indiscussa testimone dell’amore in- segnato da Gesù, visse intensamente il carisma delle Suore della Sacra Famiglia indicato nel progetto di Dio Padre: “Fare del mondo la grande e unica famiglia dei gli di Dio”. Profuse ogni attenzione e impegno nell’educazione delle giovani bambine e adolescenti presenti in tutte le piccole frazioni del cir- condario di Castel San Giovanni. Esercitò molto fascino con la sua docilità e competenza, ciò meritò anche incondizionata fiducia dalle famiglie. L’Istituto delle Suore della Sacra Famiglia di Spoleto sorse in un piccolo paese, Cannaiola di Trevi, il 13 maggio 1888, per opera del suo zelante sacerdote diocesano e parroco, don Pietro Bonilli (15.03.1841 – 05.01.1935) umile e poverissimo, “Preoccupato della vita spirituale della gente a lui af data, ma contemporaneamente della loro dignità umana e delle loro necessità terrene …. Spiccando principalmente per pietà, povertà e carità”. (Fonte: Pietro Bonilli “Verso i Tre di Nazareth” – di Lia Carini Alimandi / PIEMME). Don Pietro fu beatificato, proprio cento anni dopo avere fondato l’Istituto, da san Giovanni Paolo II, con il titolo di “Apostolo della Sa- cra Famiglia e della Famiglia Cristiana” ed elevato all’onore dell’al- tare il 24 aprile 1988. Il 12 e 13 maggio 2018, è stato celebrato il 130esimo anniversa- rio della fondazione dell’Istituto delle Suore della Sacra Famiglia di Spoleto. Le Case dell’Istituto si sono diffuse: in Italia, Libia, Costa d’Avorio, Congo, India, Cile, Guatemala, El Salvador, Brasile. Nel biennio 1982-1984, ebbi nella città di El Beida, in Libia, la mia sede di lavoro, lì appresi del servizio delle Suore della Sacra Famiglia nel locale ospedale e poi, dopo la “cacciata degli italiani” avvenu- ta con provvedimento del dittatore Gheddafi nell’agosto 1970, dei quarantaquattromila italiani in Libia ne restarono meno della metà. Anche i religiosi diminuirono ma essendo il loro servizio ritenuto in- dispensabile, presso gli ospedali e la cittadinanza, le sorelle potero- no con maggiore facilità restare a lavorare e quelle rimaste dovettero PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 239

accorparsi, per cui le suore di El Beida raggiunsero le consorelle a Derna. A El Beida s’insediarono le Suore Orsoline del S. Cuore di Gesù di Asola (MN) coordinate da suor Lucia Bani e spesso capitava, con il giovane tecnico Livio Tarquini di Pescina (AQ), di porgere un aiuto nella manutenzione della loro Casa. Ora sapendo che anche le suore dell’Istituto della mia illustre concittadina Suor Celestina sono state presenti a El Beida, quella volontaria collaborazione, offerta ad altre missionarie, mi rallegra ancora di più. Fonte autentica per comprendere la pre- ziosa opera di suor Celestina è quanto contenuto nelle testimonianze ri- cevute.

Testimonianza da: Asso- ciazione dei Lucani in Umbria L’intenso impegno della religiosa, nell’anno 2002, non sfuggì neanche all’at- tenzione dell’Associazione lucana in Umbria che, su se- gnalazione della vicepresiden- te Mariolina Savino, le assegnò all’età di ottantatre anni, il premio “Una vita per gli altri”. Il Presidente Raffaele Nigro, originario di Melfi (PZ) e scomparso nell’aprile 2010, in occasione della premiazione e in rappresentanza di oltre cinquecento famiglie di origini lucane, presenti a Perugia, così motivò la premiazione di suor Celestina:

“Ella è stata prescelta quale lucana trasferitasi in Umbria, per l’esempio di bontà e dedizione dimostrata in tutti questi anni non solo nella sua professione di maestra, ma anche di educatrice e insegnante di arti nobili come il ricamo, il chiac- chierino e il tombolo e per la grande passione per il Beato Bo- nilli, al quale dedicò ogni anno una manifestazione articolata che fa onore ai suoi ben ottantatre anni”. 240 Giuseppe Maria Lotano

Testimonianza da: Superiora Generale dell’Istituto delle Suore della Sacra Famiglia - Madre Danila Santucci.4

Roma, 5 gennaio 2010 Sorelle carissime, Vi comunico, con questa mia, che nella mat- tinata del 4 gennaio 2010, il Signore ha voluto con Sé la nostra carissima Sorella Suor Celestina Muro. È deceduta a Casa Madre, dove si trovava da lungo tempo, dopo un periodo di malattia e di sofferenza, accettata e vissu- ta serenamente, nella docilità, senza pretese, nella gratitudine verso quanti le prodigavano cure, attenzioni, visite, premure, specialmente Suor Pierluisa, le Suore della Comunità, il Perso- nale della Casa Madre, i familiari. Suor Celestina era nata a Castelgrande (PZ) il 31 ottobre 1919 e aveva lasciato tutto, attratta dal Signore, che la chiamava a seguirlo più da vicino, venendo nel nostro istituto il 15 settem- bre 1936, con la generosità dei suoi diciassette anni. Dopo la Professione religiosa, conseguito il diploma di taglio e cucito, si è sempre dedicata all’insegnamento di quest’arte e all’educazione dei bambini nelle nostre scuole materne a S. Angelo, S. Giovanni e Cannaiola luoghi tanto cari e vicini al nostro Istituto. Suor Celestina era una Suora umile, semplice, volitiva e in- traprendente. Era amata e apprezzata da tutti per le sue doti e sapeva conquistare con il suo sorriso disarmante, con il suo tratto gentile e amorevole. Nella scuola materna i bambini ascoltavano incantati i suoi racconti e accoglievano i suoi insegnamenti. Le adolescenti e le giovani alle quali insegnava con speciale competenza il ri- camo, il taglio e cucito, il chiacchierino e le prime nozioni di musica e pittura, le erano tutte molto affezionate. Alle mamme sapeva sempre infondere ducia e speranza in

4 Per quanto contenuto nella biografia della concittadina suor Celestina, nella testimonianza della Superiore Generale dell’Ordine, nella motivazione del premio assegnatole da altri lucani emigrati a Perugia, onorati dalla comune origine, suor Celestina non può non essere meritevo- le, nel proprio paese natale, di pubblico riconoscimento e di attenzione dell’Amministrazione comunale, per tramandare manifesto apprezzamento a concittadini cui riconoscere nobile servizio e importante impegno in vita, a vanto dell’Istituto di appartenenza e della comunità di origine. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 241

Dio, che attingeva dalla sua vita di profonda fede e preghiera. Quando la sua salute ha cominciato a destare preoccupazioni e si manifestarono i sintomi del male che la costrinse al riposo, non cessò la sua attività: a Casa Madre, nella sua cameretta, no a quando le fu possibile, gruppi di bambine e giovanette andavano ad apprendere l’arte del chiacchierino, che lei an- cora insegnava con pazienza e amabilità, lieta di poter con- tinuare a donare agli altri, dimentica delle proprie sofferenze e dei disagi non lievi che il male le causava, e che inesorabil- mente la consumava. Suor Celestina non si lamentava: soffriva e offriva per il bene dell’Istituto, per le vocazioni, in unione a Cristo, per il quale ha speso tutta la sua vita. Nella sua umiltà, nel nascondimento, ella ha vissuto in unione con il Signore: non ha operato cose grandiose, ma ha sapu- to valorizzare, impreziosire e rendere grandi quelle piccole di ogni giorno con costanza, con tenacia, con bontà e con l’umil- tà che è la virtù dei forti. Ci ha lasciate alla vigilia del “dies natalis” del P. Fondatore: insieme a lui interceda per l’Istituto amato abbondanti gra- zie, benedizioni e vocazioni generose, che lo incrementino, a gloria della S. Famiglia. Madre Danila Santucci Superiora Generale 242 Giuseppe Maria Lotano

TOPONOMASTICA, LAPIDI, EPIGRAFI (AL 2018) Guardiamo anche oltre.

TOPONOMASTICA REALIZZATA Via Guglielmo Gasparrini Piazza Matteo Cristiano Via Nicola Cianci di Sanseverino già Castello Piazzetta Potito de Sanctis Via Michele Federici - Vescovo Via Aniello de Sanctis Via Gaetano Federici

TOPONOMASTICA DA PERFEZIONARE CESARE CIANCI Il Consiglio Comunale di Castelgrande, in sessione straordinaria, nella seduta del 25.01.1982, Presidente L’Ins.te Angelo Racaniello, all’unanimità deliberò l’intitolazione di una strada a “Cesare Cianci - Ingegnere” nel tratto così specificato: “Di intitolare al nome di Cesare Cianci – Ingegnere la via e la sca- linata susseguente che, dal Fuori Corso Guglielmo Gasparrini porta alla Via Salita S. Michele”. A oggi la Delibera d’intitolazione della strada non è stata eseguita, manca dell’apposizione della targa per toponomastica, un adempi- mento dovuto a conferma di una Delibera dell’Amministrazione e più ancora del rispetto dovuto alla memoria di un insigne concittadino.

PASQUALE RACANIELLO Il Consiglio Comunale convocato in sessione straordinaria, nella seduta del 21.03.1985, Presidente sig. Domenico Giorgio, all’unani- mità concordò l’intitolazione di una strada a “Pasquale Racaniello - Chirurgo” così precisata. 1)“di intitolare il primo tratto dell’attuale Strada Via S. Maria di Costantinopoli e precisamente quello che dall’ingresso sulla Statale N° 7, a Sud del paese, mena alla via S. Giovanni Bosco al Dott. Pa- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 243

squale Racaniello - Chirurgo; il secondo tratto, dalla ne di via P. Racaniello - Chirurgo, no alla Cappella rurale di S. Maria di Co- stantinopoli conserverà la sua attuale denominazione: Via S. Maria di Costantinopoli”. A oggi la Delibera d’intitolazione della strada non è applicata, manca l’apposizione della targa di toponomastica. Tale inadempimento appare sia dovuto a successivi orientamenti emersi sulla non opportunità di stralciare, a tale scopo, un tratto di stra- da già intitolato alla venerata Madonna di Santa Maria di Costantinopoli. L’Amministrazione deve adempiere le delibere del Consiglio o adot- tarne altra e confermare un atto dovuto in memoria alla nobile figura del concit- tadino prof. Pasquale Racaniello, nome da tramandare ai posteri con la toponomastica comu- nale, parimenti a quanto fatto per gli altri eminenti concit- tadini castelgrandesi. Al prof. Pasquale Ra- caniello tra le alternative possibili si potrebbe pen- sare, per rendere concreta l’intitolazione e senza inci- dere sull’attuale toponomasti- ca, di intitolargli lo slargo nella curva della SS7 al rione Costa, op- pure quello antistante la casa nativa. Quest’ultimo slargo funge da snodo tra via di Santa Maria di Costantinopoli e via Nicola Sole, già arredato di una pubblica fontana in ottimo stato di conservazione e ancora at- tiva, oltre a non incidere sulle vigenti intitolazioni tramanderebbe anche il ricordo della casa nativa dell’eminente professionista.

LAPIDI, EPIGRAFI DA RIPRISTINARE MATTEO CRISTIANO È nato nel palazzo sito nello slargo antistante alla Chiesa Madre, anticamente denominato “Largo Chiesa”. L’amministrazione comuna- le nel 1870 ne mutò la toponomastica in “Piazza Matteo Cristiano” 244 Giuseppe Maria Lotano

e il 23.08.1913, sulla parete della citata casa natale appose la lapide commemorativa del concittadino. Dinamiche storiche consentirono di potere dedicare, a quel gio- vane virtuoso eroe e rivoluzionario, una lapide nel suo paese natale dopo 260 anni dal 23 agosto 1653, giorno in cui all’età di trentasette anni, a Napoli, portato su un carro delle forze borboniche al patibo- lo, fu decapitato. Oggi di quella lapide commemorativa resta solo na preta jang, una pietra bianca, perché il tempo ha consumato l’evidenza dell’epi- grafe identificativa di quella vita spesa perché trionfassero amore di patria e rispetto per la dignità umana. Non si deve consentire al tempo di spegnere una traccia del ricor- do di una persona eroica, perderne la memoria procura un crollo di amore e rispetto verso i testimoni della civiltà della propria comunità. Su quella preta jang pietra bianca, va ripristinata l’epigrafe per continuare a essere una pagina di gloria conquistata da Matteo Cri- stiano, concittadino su cui mai dovrà prevalere l’oblio, ma di cui sempre onorarsi, così come a suo tempo auspicato dal Sindaco e da tutti gli oratori, che ebbero dignità di consacrare la nobiltà eroica di Matteo Cristiano, dedicandogli prima l'intitolazione della piazza e poi la lapide.

GUGLIELMO GASPARRINI Il restauro riguarda la lapide ed epigrafe del sommo botanico, sia in paese presso la casa di nascita sia al cimitero.

MONS. FELICE CIANCI Merita considerazione la sua lapide, nel cortile antistante il por- tone di ingresso della ex casa delle auore salesiane, apposta con medaglione del Cianci, a ricordo della sua vita e straordinaria Opera sociale. Essa non può essere abbandonata quanto purtroppo lo è la strut- tura dove è collocata. Richiede “attenzione” nel rispetto per il fondatore e dei suoi pre- ziosi sacerdoti collaboratori, capaci della realizzazione e per lunghi anni del funzionamento di tanta preziosa opera finalizzata inizial- mente alla formazione di sacerdoti, poi subito aperta a sostegno e solidarietà di azioni di amore verso le necessità del prossimo e della formazione delle giovani ragazze. Detto laboratorio di sensibilità sociale non è più uno strumento PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 245

attuale, oggi l’atteggiamento prevalente è pensare al proprio orticello e con egoismo. Ai giovani si lascia l’illusinoe di costruirsi da soli, trascurando, purtroppo, che le loro difficoltà sono procurate da un triste periodo degli adulti coinvolti in una particolare e grave confusione generale, che collassa ogni etica della vita. Se appare impossibile riportare a originale splendore l’Istituto, almeno attivare il cortile per visitare la lapide e richiamare alla mente l’eco delle voci dell’oratorio e del suo splendore originario, vero mo- dello educativo per tanta bisognosa gioventù ospitata e proveniente da ogni comune lucano.

POTITO DE SANCTIS La lapide posta sulla parete dello storico Municipio neces- sita di ritocchi.

TOPONOMASTICA DA CONSIDERARE Considerato le biografie e testimonianze acquisite sulla valenza dei seguenti concittadini potrebbe essere opportuna una loro indicazio- ne nella toponomastica locale e per contributo sono state ipotizzate possibili soluzioni descritte nelle rispettive biografie.

Mons. Francesco Masi Suor Celestina Muro Suor Angelina Guittini

246 Giuseppe Maria Lotano

CONCITTADINI E BENI COMUNALI Riecco l’educazione civica

Tutti i beni del patrimonio della comunità sono da condividere, da tutelare al pari di un bene privato, da migliorare. L’Amministrazione può coinvolgere direttamente gli stessi cittadini su interventi necessari, lo prevede l’articolo 118 della Costituzione con il principio di sussidiarietà. La Pubblica Amministrazione formula con i cittadini Regolamenti comunali per una “Cittadinanza attiva” (www.labsus.it) e stabilisce dei “Patti di collaborazione”in ottemperanza alla Costituzione: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimen- to di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidia- rietà”. Patti di collaborazione sono già attuati nella città di Bologna. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 247

CONCITTADINI VERSATILI Le passioni animano il tempo.

NELL’ARTE Quando le emozioni smuovono il silenzio dell’anima e danno voce a ciò che tace, nasce l’arte da cui affiora quel segno dell’ignoto che esprime il nuovo capace di fortificare l’esistenza e arricchire il futuro. La sensibilità per espressioni d’arte è da sempre patrimonio ricor- rente nella vivacità culturale della comunità castelgrandese. Già nel tempo passato diversi concittadini sono stati autori di opere prestigiose, realizzate a Castelgrande, in Italia, all’estero, e le loro ope- re, nelle diverse espressioni, onorano il loro impegno e la cittadinanza castelgrandese. L’attività artistica non sempre è mostrata pubblicamente e molto spesso si rintana nella vita dell’autore, purtroppo può essere ricono- sciuta solo quando qualcuno la scorge e dice che è arte, sarebbe inte- ressante poterne riportare altre testimonianze, oltre quelle di seguito indicate, che hanno dedicato passione e impegno per testimoniare la loro attitudine artistica, divenendo protagonisti del messaggio dell’arte.

ANGELO MARIA MURO Maestro di intaglio (Castelgrande, 28 aprile 1895), da Pio e Ma- riateresa Lamorte, nel suo laboratorio, in piazza Matteo Cristiano, al numero 10. Nell’anno 1925, utilizzando un tronco in noce realizzò la statua raf- figurante San Giuseppe, che donò per devozione e ornamento alla chiesa di Santa Maria di Costantinopoli. Dopo i danni del terremoto del 1980, la statua fu collocata nella Chie- sa Madre, ricostruita e aperta al culto. La sua passione per l’intaglio, cercò di trasferirla anche ai suoi apprendisti dai quali era stimatissimo e la sua arte, molto nota a citta- dini e artigiani di comuni del circondario, era da essi richiesta anche per fornirsi di pannelli decorativi per i propri lavori. Amava molto gli uccelli e in laboratorio teneva anche un merlo, che regolarmente volteggiava per il paese e poi rientrava in laboratorio. 248 Giuseppe Maria Lotano

Il volatile divenne famoso perché da una delle tante uscite, con meraviglia e imbarazzo di Angelo, rientrò reggendo un anello d'oro nel becco che poi fu riconsegnato alla signora Filomena Cristiano, accorsa a richiederlo avendo fortunosamente notato che il merlo entrato dalla finestra della propria casa se ne era poi volato via con in becco l’anello.

ANIELLO BOLOGNA Maestro di falegnameria e di intaglio, (Castelgrande,1899-1968), dopo un periodo trascorso in U.S.A. al rientro in paese tra le opere più significative ha realizzato gli imponenti portoni in legno della Chiesa Madre e del palazzo di Mons. Michele Federici.

DOMENICO MASI Fine ebanista e maestro di intaglio, (Castelgrande, 1899-1970) oltre a realizzazione di eleganti mobili, tra le altre opere di intaglio anche il portone di casa di Francesco Bologna in via Aniello de Sanctis.

GAETANO FEDERICI Scultore, Castelgrande 1880 - Paterson 1964, da fanciullo emigrò con i genitori nel 1887 in U.S.A., a Paterson (N. J.). La sua prima opera, realizzata nel 1905 a Paterson, fu una statua in bronzo del senatore J. S. Stewart. L'opera fu di tanta elevata eccellenza da porsi subito e con autorevolezza alla ribalta artistica americana.

DONATO ANTONIO LAMORTE Intagliatore del legno, (Castelgrande, 06.08.1895 - 10.12.1974), da Domenico e Ruvo Angela Maria. Agricoltore e allevatore, in proprio e coadiuvante nella fattoria dei genitori, in contrada Ficocchia. Con innata passione per opere d’intaglio su legno, già da ragazzo, dedicò ogni tempo libero per realizzare preziose raffigurazioni su uten- sili per uso domestico e di pastorizia, strumenti musicali, a fiato, ricavati da fruste di germogli di castagno. Si dedicava alla sua passione durante le ore di pastorizia e a casa al rientro serale. Molti dei lavori realizzati erano da lui donati a conoscenti o ad anzia- ni, che prediligevano impreziositi bastoni a supporto dei propri passi. Altre incisioni, in gran parte custodite in casa, furono completamente PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 249

danneggiate o disperse tra le macerie provocate dai crolli del terremoto del 1980, per cui ne restano pochi cimeli in possesso di privati.

Testimonianza del Direttore del GAL (Gruppo Archeologico Lucano), Sig. Leonardo Lozito. Il signor Leonado Lozito è titolare di un’esigua collezione di opere intagliate dal concittadino Lamorte. Durante una sua venuta a Castel- grande ho chiesto di poterlo incontrare per illustrarmi la sua collezio- ne e quale fosse la tipologia di oggetti, mi ha riferito quanto segue: LOZITO: Circa le testimonianze di cui dispongo, le possedeva mio padre Vincenzo Lozito, che negli anni 1960 / 1970 ricopri- va l’incarico di Medico condotto del comune di Castelgrande e ora, poiché ereditate, gelosamente le custodisce in proprio. Trattasi di un Croci sso, due tavolette di piccole dimensioni raf guranti rispettivamente il tema dell’Ascensione e una fac- cia beneaugurante, un bastone da passeggio, un mortaio con pestello, una schiumarola, un forchettone e una cucchiara. Da ricerche effettuate in loco, le opere disperse riguardavano anche intagli ispirate alla sacralità antica di cui era portatore per cultura atavica o ispirate a culti apotropaici della fertilità. La “cucchiara”, ad esempio, ne era vietata la vendita, si rega- lava alle sole glie femmine in occasione del matrimonio a ricordo dell’acqua sacra che era spruzzata sulle ragazze come augurio di fertilità e non doveva mai essere adibita per compiti di cucina. Altri oggetti artistici tra cui mestoli, forchette, mortai con pestel- lo, schiumarole, bastoni, sono ricoperti, quasi integralmente, da intagli di gure di animali e vegetali presenti nell’ambiente di frequentazione. Dette testimonianze sono state da me stesso esposte alla mostra e convegno organizzato dalla Pro Loco di Oliveto Lucano, il 22 ottobre 2016, sul tema “Il cucchiaio di legno intagliato della montagna lucana. Stili, Metodi, Geogra a del fenomeno” pre- sentato dal prof. G. Belmonte, Ordinario di Museologia Scienti- ca all’Università del Salento. Nel corso del convegno trattai il tema: “Gli oggetti di arte pastorale di Donato Lamorte nella collezio- ne etnogra ca Lozito”. 250 Giuseppe Maria Lotano

Direttore, quanto gli oggetti intagliati dal concittadino Lamorte, sono parte dell’arte barbarica. LOZITO: Gli intagli su legno furono diffusissimi nella pratica della cultura de nita “barbarica”, perché molto praticata tra i popoli di cultura non romana e pertanto chiamati”barbari” da cui “arte barbarica”. Essi erano popoli nomadi e ricorrevano prevalentemente alla produzione di oggetti per uso corrente o di adorno utilizzando come elemento di base il legno, poiché più pratico per il tra- sporto durante i loro spostamenti. Gli intagli decorativi si ca- ratterizzavano per rappresentazioni di motivi naturali (foglie, arbusti, ed anche animali, immaginari o reali). Non manca- vano lavorazioni più preziose eseguite in oro, ma tutte dette elaborazioni sono classi cate “arti minori”.

Direttore nel ringraziare per la sua testimonianza, portando nei vari convegni la collezione di cui dispone, auspico che con la sua tenacia possa scovare altre opere del nostro concittadino, così da realizzarne una mostra anche a Castelgrande, perché se ne conosca il valore e la passione con cui Lamorte impreziosi- va il tempo intagliando il legno.

PIO BELMONTE Scultore, ceramista e pittore (Castelgrande, 12 Gennaio 1915 – Po- tenza, 1 gennaio 2004) da Antonio e Sante Cianci Ebbe già da giovanissimo molta attenzione per l’esplorazione del- la natura circostante il paese, d’animo temerario vagava per boschi, grotte, pareti rocciose, cercatore di nidi di falco. Da fanciullo e per gioco, manipolando la creta, realizzò la figura di un Gesù bambino, che fu tanto apprezzata dal parroco da soste- nere presso i suoi genitori la opportunità di dedicare molta cura alla creatività artistica di “Piuccio”. I genitori lo convogliarono, per un apprendistato, presso lo zio falegname, bravissimo artista di lavorazione del lego. In quel laboratorio subito ebbe incarico di realizzare i piedi di un Gesù crocifisso. Quella sua prima opera giovanile, molto criticata dal severo zio per una piccola inesattezza in una delle proporzioni, oggi è un cime- lio in possesso degli eredi. Rientrato dalla seconda Guerra Mondiale subita la mutilazione di PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 251

un braccio affrontò tenacemente la difficoltà operativa con l’ausilio di tanti piccoli attrezzi di legno e un forno, così poté dare forma alla sua ispirazione e fantasia creativa modellando la creta. Il nipote, Avv. Pio, riferisce che il nonno gli ribadiva sempre: “La gioventù, tempo di scoperta e apprendimento. La vita da uomo, lungo tempo di creazione e condivisione”. Moltissime furono le sue opere e ne regalò tante ad amici e cono- scenti, con esse espresse tutte le esperienze della sua avventurosa vita e propose ricordi, emozioni, sogni bizzarri, incubi senza paure, pano- rami e tanti particolari del suo trascorso a Barcellona e a Casablanca. Alla passione per l’arte unì sempre l’amore per la natura, montana e marina, ne conosceva e raccoglieva ogni prodotto. Nella vita artistica fu presente, con le sue opere, in diverse mo- stre, tra le principali: Dal 1960 al 1999 al “Maggio potentino”, organizzato dal Circolo culturale del Centro storico di Potenza Nel 1987 mostra a Maratea Nel 1990 mostra nel Castello di Lagopesole Al Ministero degli Esteri sono esposte le sue ceramiche raffiguran- ti “Le quattro porte della Città di Potenza”. In età avanzata, colpito da malattia, non volle più che le sue ope- re fossero esposte. Il 29 Marzo del 2005 Vincenzo, figlio dell’artista, adempì la volon- tà espressa dal padre di donare, al Comune di Castelgrande, l’opera in ceramica raffigurante il portale della locale Chiesa Madre. La Giunta Comunale nella sala delle adunanze del Comune, con apposita cerimonia ne prese atto e consegnò ai familiari la Delibera, prot. n° 69, con la quale accettava la donazione e formulava: “I più vivi ringraziamenti alla famiglia del defunto concittadino Pio BELMONTE che ha voluto lasciare al Comune testimonianza del proprio affetto nei confronti della propria città natale”.

VINCENZO LOGLISCI Musicista autodidatta (Castelgrande 21.08.1946, da Luigi e Assunta Gasparrini), con vocazione per la musica, sin da piccolo, imparò con facilità a suonare la fisarmonica, regalatagli dal padre. Iniziato gli studi avrebbe voluto conseguire il diploma al Conser- vatorio, ma affrontò studi di ragioneria e svolse la sua vita lavorativa presso la locale banca. Ciò non lo distolse dalla voglia di continuare ad approfondire con passione lo studio della musica, sfociata poi in quella 252 Giuseppe Maria Lotano

per la composizione. Acquistata una tastiera digitale, dotata di arrangia- menti musicali e di svariate voci strumentali, cominciò a comporre bra- ni, realizzandoli mediante performance orchestrali, con risultati musicali sempre più perfezionati. Si dedicò a brani melodici con perizia di scelta dell’arrangiamento e di suoni sempre più appropriati. Ha composto oltre trecento brani, spaziando tra i vari generi, sempre nell’ambito della mu- sica leggera. Ha prodotto anche diversi CD, ma senza perseguire scopi lucrativi, preoccupandosi piuttosto di regalarli agli amici. Nel primo CD “Una vita ... un giorno” - racconta le vicissitudini che si svolgono nel bre- vissimo tempo di un giorno, dalla “Aurora” al “Tramonto”, sino all’anelito “Pathos”. Riferendosi a un grave evento luttuoso di famiglia, ha espresso tutta la sua sofferenza nell’album “Sempre”. Emerge dai suoi brani una spiccata sensibilità e accostamento a temi che affrontano situazioni di “dolore”, proprio e degli altri. Prevalente nelle sue note è la ricerca del “sé”, senza soluzione di continuità. Molti sono i suoi brani in cui domina l’Amore conflittuale e sofferto, come si rivela nell’album “Sussurri del cuore”. Non sono mancati, tuttavia, emozioni di luce, come nei brani “È già domani” e “Un fiore per te”. Racconta in musica soprattutto il proprio vissuto, senza disdegnare alcuni temi sociali, tra cui “Aylan” e “Mare Monstrum” per levare un gri- do, per scuotere le coscienze degli indifferenti all’immane tragedia dei profughi annegati nel Mediterraneo. Appassionato di musica classica napoletana e di quella degli anni sessanta, è sempre propenso a creare melodie orecchiabili, per suscitare nell’ascoltatore le stesse personali emozioni di momenti compositivi. Questa creatività è premiata da molti consensi nei Social-network, segnatamente Face book e You Tube, cui accedere per ogni conoscenza e riscontrare realizzazioni frutto d’impegno e tanta passione.

DANIELA PILOTTO Soprano, Torino 18 luglio 1965, da Agostino di San Germano dei Berici (VI) e Teresa Della Piazza di Castelgrande. Madre sarta e padre carpentiere in ferro, al rientro di quest’ultimo dalla Svizzera, ove si era recato per motivi di lavoro, dopo aver con- tratto matrimonio nel comune di Castelgrande nel mese di settembre 1951, decisero di trasferirsi definitivamente a Torino. In una lettera pubblicata nel 1998 dal periodico SPIRAGLIO, trime- strale dell’Amministrazione comunale di Castelgrande, si legge: “Gent.mo Spiraglio, nel settembre 1951, sposai Agostino Pilotto PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 253

di origine veneta, ma emigrato in Svizzera. Poiché mio mari- to, nel corso dell’anno, decise di stabilirsi de nitivamente in Italia, propose al suo datore di lavoro di essere sostituito da mio zio Gerardo Cianci, detto Mierchio. Ciò consentì ad altri paesani, parenti e amici, di trovare occupazione in Svizzera. Da allora il usso dell’emigrazione non si è più fermato. Con stima. Teresa della Piazza”. Agostino Pilotto condivise il legame affettivo della moglie per la propria terra di origine e continuò a adoperarsi per fornire occasioni di lavoro all’estero a diversi castelgrandesi. Questa testimonianza e successivi rientri in paese indicano forte legame per le proprie origini e per la comunità di appartenenza, che la figli Daniela continua a onorarlo. Daniela ha compiuto studi musicali, in particolare di canto lirico, prendendo lezioni private da valenti solisti di grandi enti lirici. La madre, appassionata di musica e canto, notando la naturale pre- disposizione musicale della figlia già all’età di quattro anni le fece incidere un disco con canti per bambini. Forte della predisposizione e del suo innato talento musicale all’età di sei anni partecipa al noto coro dei "Piccoli Cantori di Torino" diretti dal M° Roberto Goitre. È con questa compagine che comincia a respirare l’aria dei concor- si canori, e già da allora ottenne diversi riconoscimenti. Poi intraprende lo studio del violino presso il Conservatorio “G. Verdi “di Torino, cui aggiunge l’approfondimento del canto lirico, nel registro di soprano. È proprio in queste vesti che debutta in varie opere di repertorio, nel ruolo di protagonista, quali fra le altre: "Rigoletto", "Lucia di Lam- mermoor", "Madama Butterfly", "La Traviata", "Il Barbiere di Siviglia", "L’elisir d’amore". È stata inoltre parte dell’importante “Coro della Rai di Torino” sino alla chiusura, avvenuta nel dicembre 1992. Voce versatile, vince il Concorso Internazionale “Viglianoviva” nel 2000, e si esibisce anche in concerti di genere sinfonico, cameristico e sacro. Compie varie tournée internazionali, esibendosi più volte in Brasile e in Europa, tra cui Germania, Francia, Spagna, Portogallo, Austria, Svezia, Danimarca. Il suo rapporto con Castelgrande è sempre stato frequente sin da 254 Giuseppe Maria Lotano

bambina, in particolare per la ricorrenza della festa patronale di San Vito. Durante la festività patronale del 1998 nella cappella del Santo, benedetta il 3 luglio dopo la sua ricostruzione per danni subiti dal sisma del 1980, alla presenza di Mons. Ennio Appignanesi, interve- nuto per la benedizione della cappella, e della cittadinanza a gran completo, accompagnata dal pianista Andrea Turchetto di Torino propose un ricco repertorio di canti sacri e altri, con raffinatezza e magnificenza di interpretazione, così pure nell’anno 2000, riscuoten- do grande consenso.

GERARDO DI MURO Scultore, Castelgrande, 16 marzo 1956, da Annibale e Angela Maria Lamorte. All’età di diciotto anni si arruola nel Corpo delle Guardie di Pubbli- ca Sicurezza, ha prestato sevizio nelle sedi di Bolzano, Milano, Poten- za, nell’anno 2010 si congedò. La passione per la scultura inizia già nella prima gioventù, attratto dall’attività del nonno materno Donato, che realizzava pregiate inci- sioni su legno. Cessato il servizio in Polizia rientrò a Castelgrande, dove per i suoi lavori ha un ampio laboratorio e realizza le sue opere. Al Comune ha donato una scultura intitolata “La rinascita” ed è esposta al pubblico, così pure alla Chiesa Madre ed è intitolata “Le Tavole della Legge”. È sempre sensibilizzato da temi locali e ne ravviva tradizioni e sapori. È amante della natura, dei suoi colori e frutti, di cui colleziona foto. È attento osservatore di comportamenti, stagioni, fenomeni, e li commenta riferendo spesso citazioni di antica memoria. Speciale cura dedica alla gastronomia di tradizione locale e lon- gobarda, cui aggiunge quella di sua elaborazione con essenze, tu- beri, bacche ed erbe tipiche del territorio, approfondendone l’uso e facendone conoscere con passione l’utilità, mettendo a disposizione assaggi in incontri culturali ed enogastronomici organizzati dal G.A.L. (Gruppo Archeologico Lucano). A Castelgrande, per le funzioni religiose, presta attenzione e sup- porto nella realizzazione di personaggi per il presepe e di ornamenti per l’infiorata. Il Di Muro è un autodidatta, la sua ispirazione e realizzazione di opere è d’ispirazione intuitiva e genuina, non segue stili e orientamen- ti precostituiti, si fonda sulla genialità semplice ma forte di contenuti. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 255

Inizia a cimentarsi con la manualità intagliando il legno, la cui docilità del materiale gli ha consentito di approfondire tecniche di lavorazione e soprattutto l’approccio alla forma, che gli ha permesso di superare fini utilitaristici per approdare a un’estetica più realistica delle raffigurazioni. Questa evoluzione del suo percorso artistico è motivo di approc- cio all’uso di altri materiali quali il ferro, il laterizio, la cartapesta e infine la pietra. L’incontro con quest’ultimo nobile materiale segna una nuova fase della sua produzione artistica: la pietra, così eterna e imprevedibile, non è solamente materia da plasmare ma anche fonte cui ispirarsi. La prima opera scolpita fu su tufo locale e raffigura la Rosa dei Venti, che affettivamente conserva incastonata in una parete della pro- pria abitazione. Ed è con questa consapevolezza che nasce la sua consistente pro- duzione scultoria sfociata oltre la raffigurazione realistica per tendere alla forma più pura, ricca di astrattezza. Ha anche collaborato con A.P.O.F. (Agenzia Provinciale per l’O- rientamento e la Formazione) in attuazione del Piano di Formazione Professionale della Provincia di Potenza Molte le mostre personali e collettive cui ha partecipato, tra cui: - A Potenza, Mostra collettiva “Amici dell’Arte” nello spirito di una tradizione consolidata tesa alla valorizzazione e divulgazione di tutte le espressioni artistiche e dello sviluppo dei valori intellettuali. - A Potenza nel bicentenario della città, al Museo Provinciale, per ”Arte tra il visibile e l’invisibile”. - A Tito Scalo, con l’E.F.A.B. (Ente Fiera Autonoma di Basilicata), Mo- stra collettiva “NON SOLO ARTE” e “NON SOLO SPOSA”. - In Spagna, nell’ambito del programma europeo 2000 inerente il progetto della cultura dell’acqua nello stato solido, liquido e gas- soso nei paesi del mediterraneo, partecipa alla esposizione itine- rante "Los pozos de hielo: una industria basada en la agua pra el benestare" (Il pozzo di ghiaccio: un’industria basata nell’acqua, per il benessere” con i comuni di Grañen e Perdiguera rappresenta- ti dal Centro Studi della Regione de Los Monegros; il comune di Perpignan rappresentato dall’A.E.S.E. (Asoc. Catalana pour l’Envi- ronnement, la Soliddarité et l’Emploi), per la Francia; il Comune di Castelgrande (PZ) rappresentato dall’Amministrazione comunale e il Comune di Sommatino (CL) rappresentato dal Dipartimento di 256 Giuseppe Maria Lotano

Geologia e Geodesia dell’Università degli Studi della città di Paler- mo, per l’Italia. Il Di Muro sul tema dello stato solido dell’acqua ha partecipato con “Le Neviere”. - A Calitri, con l’E.F.A.B. (Ente Fiera Autonoma di Basilicata), alla 25^ Fiera Internazionale di Calitri, Mostra Collettiva per la Scultura, cu- rata da A.R.C.A. (Associazione Culturale di Ricerca Artistica). - A Muro Lucano, al concorso “Monsignor Antonio Rosario Mennon- na di Muro Lucano, 80° anniversario di sacerdozio”. - A Pescopagano, Mostra dell’Artigianato. - A Castelgrande, Mostra per la Valorizzazione dei Borghi. La passione e sensibilità artistica del ramo familiare “Di Muro” è continua con successo anche dal giovane figlio Annibale.

VINCENZA CRISTIANO (Enza) Pittrice, sceneggiatrice e regista teatrale, (Castelgrande (PZ) il 27/10/1955, in Scesa San Michele, n. 9) da Nicola Cristiano di Castel- grande e Maria Cavallo di Muro Lucano. Vincenza vive e lavora in Alessandria. Il padre, imprenditore edile, emigra in Svizzera con la moglie, rien- trati in Italia si stabiliscono ad Alessandria e si ricongiungono con la figlioletta Enza, amorevolmente accudita dai nonni materni fino all’età di sette anni. Laureata in Lingue e Letteratura Straniere Moderne. Insegna la lin- gua francese presso gli Istituti di Istruzione Superiore di Alessandria. Dipinge dal 1995, frequenta l’Accademia d’Arte di Alessandria e la sua arte si arricchisce sempre più seguendo corsi in diversi ateliers e maestri oltre al confronto con vari artisti contemporanei. La pulsione di esprimere il proprio mondo interiore più autentico e naïf la spinge a sperimentare diverse tecniche pittoriche come l’olio, la ceramica e la china che però non rispondono alla sua necessità d’immediatezza e leggerezza, quindi l’acquerello diventa la sua tecni- ca elettiva per cogliere l’armonia dei paesaggi e tutto ciò che suscita emozioni della vita. Nel 1999 alla mostra collettiva “Festa nei cortili D’Ra Cararola” di Alessandria inizia a mettersi in gioco con le sue diverse opere pae- saggistiche. Recentemente dei vari aspetti che rappresenta, ne hanno fatto mostra in una sintesi intitolata “Gocce di acqua” tenuta nella sala dell’Assonautica di Savona, che illustra nella intervista con Arte Video di Genova. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 257

Dagli acquerelli affiorano sensazioni emotive suscitate dal mondo bucolico: un certo gusto per le rappresentazioni floreali quali papa- veri leggiadri e trasparenti, campi di grano accarezzati dal vento, le quattro stagioni, la neve e il ghiaccio, il cielo alessandrino, il mare e i paesaggi della Liguria, l’amore per il mondo animale, il suo cane, i suoi gatti, con peculiare attrazione per le pecore al pascolo e le galline dell’aia dei nonni che popolano i suoi ricordi e rievocano la sua prima infanzia vissuta a Castelgrande tra l’affetto dei suoi cari, la carriola del suo papà che affiora tra le ortensie del proprio giardino, che ama curare personalmente, ritrovando nel contatto con la terra il senso del gioco... non mancano villaggi onirici ove il campanile è on- nipresente a testimoniare la sua fede profonda e il desiderio inconscio di trascendenza. Il soave ricordo del paese di origine dove, nel 2008 nel palazzo in cui nacque l’eroico patriota Matteo Cristiano, presenta una personale di acquerelli, “Nativamente”, in omaggio alla memoria dei propri geni- tori, un’emigrazione inversa alla ricerca di un’epoca lontana, dei colori e profumi che hanno nutrito la sua sensibilità. Ama definire la sua attività pittorica “arte a spasso” poiché è solita, con il suo cane Lessie, vagare con il cavalletto per non perdere alcuna occasione d’ispirazione ed essere pronta a immortalarla, mentre pro- tegge i suoi sogni indossando un leggiadro cappello di paglia. Ha partecipato a numerose mostre, riscuotendo un grande apprez- zamento da parte del pubblico e della critica. Le sue opere sono pubblicate sull’importante rivista d’arte “Overart” e nel 2014 “Il boschetto” è stato selezionato per l’evento artistico Inter- nazionale “1^ Biennale della Creatività” di Verona. Rassegna, patrocina- ta dalla Regione Veneto e dall’Assessorato ai Beni Culturali del Comu- ne di Verona, curata da Paolo Levi e dal critico d’arte Vittorio Sgarbi. Alle numerose esposizioni - mostre mercato d’arte moderna e con- temporanea, personali e collettive - alle quali ha partecipato, ha riscosso apprezzamento della critica e riconoscimenti con attribuzione di premi. Il ligure critico d’arte Marco Pennone, scrive “Enza Cristiano, che vive ed opera in quel di Alessandria, è una dei non troppo frequenti artisti che si sono dedicati anima e corpo alla non certo facile tecni- ca dell’acquerello, la quale presuppone una padronanza nell’uso dei pennelli, della carta, del disegno, del colore, delle velature, delle ombre e dei contrasti: il tutto con mano ferma e decisa, senza poter correg- gere eventuali errori. Le immagini di quest’Artista sono come “parole 258 Giuseppe Maria Lotano

scritte sull’acqua, che ci descrivono luoghi e situazioni a volte reali, a volte velati dal sogno”. Una sua estimatrice e amica amava definire “L’espressione pittorica di Enza emana il profumo e il calore della natura... il tratto delicato, libero, suggerisce spontaneità e autenticità; il colore luminoso, solare, fa emergere uno sguardo positivo verso la vita…” . Artista poliedrica, con passione e rigore, oltre alla pittura si occupa di regia e sceneggiatura teatrale. Produce commedie brillanti e drammi per i quali scrive testi propri o adatta opere di autori per lo più classici su temi sociali con sfondo filosofico e un tocco di ironia. Tali produzioni sono state rappresentate con la sua troupe “Les en- fants de Knock” in vari teatri: Alessandria, Acqui Terme, Casale Mon- ferrato, Tortona, Ovada, Asti, Torino, Modena, Savona, Genova. Impegnata in campo sociale, è fondatrice e presidente dell’Associa- zione Culturale e Artistica “Il Piccolo Astro” – Onlus. Organizza, con amici artisti e volontari, laboratori teatrali per giovani, ma anche per adulti, corsi e mostre di pittura, reading-concerti, corsi di aeromodel- lismo, presentazione di libri, conferenze-spettacolo ed altre attività, tutte con scopo di beneficenza. Dal 1998, tra le attività di volontariato, fonda una compagnia tea- trale nella Casa di Reclusione di San Michele (AL) e attinge attori tra gli stessi detenuti. Ritiene tale esperienza “un arricchimento professio- nale e un nobile contributo di riabilitazione alla socialità di persone ferite dalle proprie vicende negative”. Nel 2003 partecipa al Concorso “Solidarietà è…” indetto dalla Con- sulta Comunale e Assessorato del Volontariato di Valenza, coordinan- do il gruppo di studenti suoi alunni. Nel 2006 partecipa al Festival Internazionale di Regia Teatrale a Genova. Nel 2008 partecipa a un concorso del programma “Lifelong Lear- ning Programme Comenius Action” e vince una borsa di studio della Comunità Europea dal titolo “Le Français par les techniques théàtrales” e mette a profitto uno stage teatrale in lingua francese presso l’Univer- sità Umanistica di Bucarest (Romania). Dal 1999 puntualmente partecipa alla rassegna teatrale “Il Palco- scenico dei Giovani”, promossa dalla Provincia di Alessandria, con il Laboratorio Teatrale da lei fondato e coordinato nelle scuole e nel 2018, per la XIX edizione, presenta il suo prodotto teatrale “Storie di PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 259

soprusi” in occasione della “Giornata Nazionale contro il bullismo”. La sua spiritualità espressa nei suoi acquerelli si ritrova anche nel fervore con cui sostiene la tradizione del Presepe. Nel 2015 in omaggio a un ricordo lontano e vivido negli occhi di una bimba, rapita dal movimento del presepe meccanico dei Frati Cappuccini di Muro Lucano (PZ), partecipa con il suo originale pre- sepe al concorso Internazionale di Presepi a Denice (AL), che viene premiato dalla giuria popolare. Costruisce il proprio presepe in una cassetta per la frutta con mate- riali poveri, quale carta, sughero, lana e stoffe, la cui struttura fiabesca, emersa dalle casette bianche arroccate che vegliano sulla Sacra Fami- glia e le pecore al pascolo. La struttura fiabesca evoca, ancora una volta, il suo paese natio Castelgrande.

GIUSEPPINA FRASSINO Gallerista (Muro Lucano 1952) da Francesco, di Muro Lucano, e An- tonietta Russo, di Castelgrande. La frequentazione costante di Castelgrande è nel ricordo e forte legame affettivo con la nonna Teresa e le zie materne,vissuto fin dall’in- fanzia. Giuseppina, con sguardo attento da sempre all’arte contemporanea, ha caratterizzato l’attività di gallerista. È così che nasce Tricromia illustrator’s international, galleria ro- mana, in cui il campo di azione e di lavoro è rivolto ad una continua ricerca e scoperta di nuovi talenti in cui si avvicendano tappe di conti- nua evoluzione. Tricromia, presto divenuta un punto di riferimento internazionale con una seconda sede anche a Bruxelles, per la scelta coraggiosa e an- ticipatrice rivolta esclusivamente al mondo dell’illustrazione. La galleria Tricromia ospita, scopre, promuove illustratori e dise- gnatori, artisti e scultori con l’amore per l’arte “semplice” del disegno e anche con spirito giocoso (pure questo è arte). Non si accontenta dell’evanescenza di una mostra, degli eventi che accoglie, tutti “a tempo determinato” - così è la caducità di un’espo- sizione - e mette in atto una cura per fermare il movimento di quei colori che vanno e vengono, che periodicamente si posano sulle pareti bianche della galleria per poi volare altrove. Tricromia, per conto di Giuseppina Frassino, diventa anche editore d’arte. Nasce una vera e 260 Giuseppe Maria Lotano

propria collana editoriale dedicata ai maggiori artisti internazionali. L’avventura con Lorenzo Mattotti, artista molto presente a Tricromia, si trasferisce sulle pagine di un libro, “Il fantasma nella stanza”, al qua- le seguiranno “La stanza”, “Al finire della notte” e “Appunti sul paesag- gio”. Il primo contrassegnato da Tricromia, firmato “t”, è “L’arte della necessità”, meraviglioso libro di Munoz, presentato da Goffredo Fofi. Dei tanti da ricordare, “L’arte della città” di Jacques Loustal, “Sketch- book” di Stefano Ricci, “Tempo d’instabilità” di Eva Montanari, “Un giorno smarrito”, libro pop di Tommaso Cascella, “Quaderno della notte” e “A. Parlando proprio di corpo” di Mannelli, “Bestie rare” di Cristiana Cerretti, fino al libro di disegni inediti di Federico Fellini. Tricromia a colori, prossimo al trentennio, e ci auguriamo che ne arrivino altrettanti, affollati di segni e giovani autori, che scrivano di loro sulle pareti della galleria. Nel campo personale Giuseppina Frassino ha sviluppato la propria manualità artistica nella pop art. Il suo lavoro e le varie mostre presentate una in particolare dal tito- lo “Strappo alla regola” ha il testo critico di Luciano Caprile che così si esprime: “A un primo, rapido sguardo le opere di Giuseppina Frassino rimandano inequivocabilmente agli “strappi” di Mimmo Rotella…. Invece ci troviamo al cospetto di un procedimento opposto e di un risultato solo apparentemente sovrapponibile, l’artista dedica una particolare cura a quel supporto (sempre in metallo) che non suscita invece un adeguato interesse nel maestro calabrese. La lamiera di ferro viene da lei lavorata col tramite di acidi per ot- tenere un’immagine consunta, per evidenziare un tormentato disegno della materia a mimare l’azione degli agenti atmosferici. L’artista si sostituisce dunque alla mano lenta e insidiosa del tempo per introdurre il clima di una storia da applicare per frammenti. Siamo quindi al cospetto di un “aggiungere” piuttosto che di un”togliere” e siamo altresì al cospetto di una decisa intenzione pittorica, rimarcata soprattutto in alcune prove caratterizzate da un impianto più povero . Qui ancora l’anima travagliata della materia di accoglienza a detta- re i tempi e i modi di una narrazione che non necessita di particolari paludamenti esplicativi: il messaggio ci giunge chiaro e talora violento proprio grazie alla sua scarna incisività espressiva. Il concetto muta quando l’attenzione è concentrata su un confron- to/contrasto di presenze che incidono il cuore del problema con una dichiarazione grafica. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 261

NEL CICLISMO L’impegno sportivo non è mancato tra i castelgrandesi, in particolare quel- lo che in ognuno stimola la competizione già da bambini, inizia con goffe pedalate su di un triciclo fino a quelle armoniose in sella a una bicicletta. Esso oltre ad avere sempre stimolato la passione del “Vediamo chi arriva primo” tipica e istintiva del periodo delle esuberanze giovanile di noi tutti, è stato anche capace di farci sognare volando per affrontare altre sfide tra equilibrismi da mozzafiato nelle tortuose discese e poi, per alcuni, affrontando anche l’agonismo in competizioni ciclistiche di diverse categorie professionali nazionali. Castelgrandesi atleti in gare ufficiali del ciclismo italiano sono stati, nel trenten- nio dagli anni sessanta al novan- ta, l’esordiente Nicolino Della Piazza, il dilettante Giuseppe Colangelo, i professionisti e fratelli Donato Masi e Fran- cesco Masi. Tutti giovani talenti non attratti da fanatismo e vanto sportivo ma dalla genuina passione e impegno nutrito di dedizione e tenacia caratte- riale per competere con energia sana e non compromessa da ac- corgimenti che già iniziavano a mina- re gli atleti e che, purtroppo, oggi sempre più spesso provocano danni alla salute degli atleti e all’etica del messaggio educativo, cui lo sport è autorevole e storica voce limpida in ogni tempo e presso ogni popolo. Questi concittadini hanno rispettato e valorizzato la propria dote atletica e il codice etico di atleti attingendo energia dall’educazione di base ricevuta nella propria famiglia e società di origine, che vanta antica tradizione di correttezza e rispetto dei valori umani e del confronto con il prossimo.

GIUSEPPE COLANGELO Ciclista: categoria Dilettante (Castelgrande 10.05.1947) da Domenico e Vincenza Rizzi Fu il primo giovane concittadino a dedicarsi a gare ciclistiche. Cor- 262 Giuseppe Maria Lotano

reva allenato dal titolare della società ciclistica Pagano, che raggiunge- va in bici a Potenza e che, per gareggiare, gli affidò una delle sue bici- clette Frejus, essendo stato egli stesso un atleta dilettante del ciclismo. Riscosse diversi successi e piazzamenti nelle gare lucane e calabre. Fu anche osteggiato dal genitore di un altro dilettante che, durante le gare, ambiva al successo del proprio figlio. La sua attività si interruppe quando dovette prestare servizio mi- litare a cui seguì, nel 1969, l’emigrazione in Venezuela con il fratello Tonino e le sorelle Teresa e Marghherita, dove oltre al lavoro ha con- tinuato a praticare il ciclismo. Era un amico alquanto taciturno e generoso. Spesso mi affidava con fiducia la sua bicicletta per soddisfare la mia passione di una emozionante volata tra le tortuose curve mon- tane del paese. Al termine mi premiava con il suo giudizio tecnico dicendomi che “Ti af do la mia bici perché pedali con la compostezza del grande ciclista francese ”, così la riconsegna della bici a compimento del tempo concessomi si concludeva felicemente.

NICOLINO DELLA PIAZZA Ciclista: categoria Esordiente, Allievo (Castelgrande 21.03.1949) da Angelo e Maria Vittoria Esposito. Da giovane nutriva ammirazione per l’amico Giuseppe Colangelo, di qualche anno più grande, che spesso si recava in bicicletta a Poten- za, percorrendo tra andata e ritorno oltre cento chilometri, per parteci- pare agli allenamenti programmati dalla società Pagano, e gareggiare nella categoria Dilettanti. Colangelo notando l’attenzione e interesse del giovane amico lo invitò a presentarsi con lui, a Potenza presso la società Pagano, per sottoporsi a un provino. Per raggiungere la sede societaria Colangelo supportò l’amico Del- la Piazza nell’acquisto di una bicicletta usata, prodotta dalla , unica sul mercato di Muro Lucano. Quella bicicletta da donna fu un buon biglietto da visita per di- mostrare la voglia di correre e superato il provino, fu inserito tra gli Esordienti. Da quel giorno Giuseppe e Nicolino, al quale fu affidata in prestito una bici da corsa, iniziarono ad allenarsi insieme per prepa- rarsi alle rispettive competizioni sportive. Nicolino gareggiò, dal 1962 al 1965, nella categoria Esordienti e poi, dal 1965 al 1967, nella categoria Allievi. Negli anni di attività agonistica regionale, tra gli allievi, di solito era PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 263

sempre uno dei primi e ciò gli valse la selezione tra i migliori della Basilicata e l’ammissione al Campionato Allievi di Italia 1966 in cui, su oltre 150 concorrenti, giunse in volata finale nella ventesima posizione. Di seguito emigrò in Svizzera dal 1968 al 1972. Rientrò in Italia per partecipare, a Roma, al corso di ammissione nel corpo della Guardia di Finanza (GDF) a conclusione del quale prestò servizio a Genova, presso i varchi doganali della Stazione ma- rittima, a Taranto nella sezione mobile per Controllo contrabbando sul territorio, a Lecce nelle Operazioni di controllo registri di cassa. Per un periodo ha comandato la “squadra anticontrabbando”, successivamen- te ha partecipato alla squadra GICO (Gruppo Investigativo sulla Cri- minalità Organizzata) fino al raggiungimento della pensione nel 2007.

DONATO MASI Ciclista: categoria Esordiente, Allievo, Dilettante, (Castelgrande (PZ) 15 ottobre 1951), da Giuseppe e Maria Donata Melillo Nel 1960 la famiglia, su suggerimento di una cugina paterne che lavorava a Genova presso una famiglia che aveva necessità di affidare in mezzadria una cascina a Morbello (AL) emigrò per raggiungere tale sede ma qualche tempo dopo si trasferì, per usufruire di maggiori servizi, a Visone (AL). Terminata la scuola d’obbligo, da Visone ogni giorno, percorrendo strade sterrate e collinari, raggiungeva in bicicletta Aqui Terme, dove svolse attività di apprendista elettromeccanico, poi bruciatorista e in- fine elettricista. Il percorso in bicicletta, fu un continuo allenamento e alimentò, in se stesso, anche la sfida di migliorare il tempo di percorso fino a diventare passione sportiva. Nel tempo libero, attratto dalla voglia di correre e di confrontarsi con altri giovani, gareggiava con amici fino a concretare l’idea di intraprendere, anche per vantaggio economico, la carriera di ciclista. Svolse l’attività sportiva dal 1967 per un decennio, quando decise di ritirarsi dal ciclismo sportivo si dedicò all’attività infermieristica e frequentò specifici studi. Il 3 maggio 1980 sposò Maria Luisa Burastero trasferendosi a Mila- no. Ha lavorato per quaranta anni presso l’azienda ospedaliera “ Santa Corona” di Garbagnate Milanese (MI), giunto in pensione fu premiato come uno dei migliori operatori sanitari dell’ospedale. Non ha mai rinunciato alla passione dell’uso della bicicletta, oggi è ancora il suo “fidato” veicolo per raggiungere tutti i giorni il suo ni- 264 Giuseppe Maria Lotano

potino Diego, che abita in Ceriano Laghetto (MB) a sette km dal suo paese Cesate (MI), così pure per commissioni varie. Fino a non molti anni fa, dopo il lavoro, con la sua bici da corsa an- dava sul colle del Ghisallo (circa 110 km A/R) per tenersi in allenamento. Il colle ha un’altitudine di 754 m. s.l.m., è nel territorio di Magre- glio (CO), abitualmente il percorso fa parte del Giro di Lombardia e spesso del Giro d’Italia. Presso il valico c’è il piccolissimo santuario della Madonna del Ghisallo, molto venerata dai ciclisti e nel 1949 fu proclamata, da Papa Pio XII, patrona dei ciclisti. La sua carriera sportiva ebbe inizio nel 1967 gareggiando per la So- cietà Ciclistica Acqui Terme (S.C.A.T.), conseguì una vittoria da Esor- diente e numerosi piazzamenti; sei vittorie da Allievo e una ricca serie di piazzamenti. Da Dilettante del 1970 al 1972 ha gareggiato per la Barbero di Ca- nale d’Alba, conseguendo ventiquattro vittorie e piazzamenti; dal 1973 con il G.S. Leone di La Spezia, le milanesi I.C.L.A.S. e I.T.L.A. con un cospicuo bottino, cioè 34 volte primo, molto spesso per distacco, a volte anche pesantissimi, lasciando alle spalle dilettanti che divennero noti professionisti. Da menzionare tra le vittorie la Torino-Valtournanche, nel 1970, davanti a corridori come Balduzzi, Martinazzo, Adorno e Peruzzo; il Trofeo Pontida con una fuga solitaria di 40 km; la quarta edizione del Giro della Lucania, nel 1972, organizzato dalla S.C. Legnano Sanza, da Potenza a Lauria di 148 Km, al “via” la presenza del Presidente della Regione senatore Vito Vincenzo Verrastro, e all’arrivo, da vincitore in solitudine alla media di 37 Km/h, la presenza dell’Assessore del Comune di Potenza Brancati, che gli consegnò la maglia “gialloblù” simbolo del primato; nel 1973 il Giro della Toscana, campione ligure inseguimento, campionato italiano inseguimento su pista, Trofeo Giol- li Ceramica su pista; la Coppa Città di Asti quando salutò tutti poco dopo la partenza con un “arrivederci al traguardo” e così fu; nel 1975 Trofeo Valchi e Baracchi per professionisti. Oltre che validissimo stradista, Donato è stato anche ottimo pistard, come testimoniano la quarantina di affermazioni nell’inseguimento, tra le quali spicca il campionato italiano a Pordenone nel 1973; nel 1974 primo campionato ligure su pista. Tra i piazzamenti di rilievo il 3° posto ai Mondiali Militari di Parigi nel 1972 e il 4° posto ai Mondiali di Montreal nel 1974”. Nel 1977 par- tecipò con il fratello Francesco al Giro d’Italia. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 265

Per la sua tenacia Donato Masi, presente in un gran numero di vittorie e tantissime seconde posizioni e primi piazzamenti, fu sopra- nominato anche “rullo compressore” e “schiacciasassi”, il suo Direttore Sportivo, Giacomo “” Toso rilasciò questa precisazione “Quando l’ho avuto con me ha reso molto, però meno di quanto poteva dato che gli impegni di lavoro non glielo permettevano. In seguito – risolto il problema – la musica è cambiata. Potente sul passo, di una generosità ammirevole, a volte gli dovevo dire di tirare un poco il ato e di fare lavorare gli altri; quando si sen- tiva in vena, il suo unico obiettivo era quello di creare il vuoto alle sue spalle: e quante volte c’è riuscito”.

FRANCESCO MASI Ciclista categoria Esordiente, Allievo, Juniorees, Dilettante, Profes- sionista, (Castelgrande (PZ), 28 novembre 1957) da Giuseppe e Maria Donata Melillo. Nel 1960 la famiglia, su suggerimento di una cugina paterna, che lavorava a Genova presso una famiglia che aveva necessità di affidare in mezzadria una cascina a Morbello (AL) emigrò per raggiungere tale sede ma qualche tempo dopo si trasferì, per usufruire di maggiori servizi, a Visone (AL). All’età di quattordici anni, completato il ciclo scolastico, si appas- sionò alla meccanica della bicicletta e con amici si cimentava in con- tinue gare, di solito primeggiando, manifestando molta attitudine per lo sport ciclistico. Il fratello Donato, che già correva in bicicletta, ne premiò la passio- ne competitiva regalandogli una fiammante bici da corsa della Peloso, di colore bianco e rosso, e lo iscrisse al centro Pedale Acquese. Nei primi tre anni, da Esordiente e poi da Allievo, vinse dieci gare e con- seguì molti piazzamenti. Nel corso delle competizioni evidenziò una spiccata attitudine per percorsi in salita ma in un’intervista non nascondeva la sua indole di ciclista polivalente e dichiarò “Mi difendo bene anche nelle altre specialità, solo nella volata ho qualche difficoltà, ma sono sicuro che con l’aiuto dei colleghi e dell’esperienza riuscirò almeno in parte a colmare la lacuna”. Nel 1976 da Dilettante, convocato tra gli azzurri della nazionale, confermò la sua qualità di scalatore e completezza atletica con la vit- toria nella Torino / Valtournenche, in cui espresse tutta la sua potenza 266 Giuseppe Maria Lotano

e classe indiscussa concludendo il percorso in 3h 19’ 4”, stabilendo il nuovo record di velocità della gara, alla media di 37.687 Km ora- ri. Prestazione di enorme valore tanto da essere portato in trionfo a conclusione della tappa Cogne-Valnontey, così pure al traguardo di Champoluc. Memorabile fu l’arrivo del Giro della Valle d’Aosta, in settembre 1976 così pure l’arrivo del 28 maggio 1983 su Corso Bagni di Acqui Terme quando, indossando la maglia della Willer Tristina abbinata alla Mareno-mobili, giunse solo al traguardo volante. Tra il delirio generale, di appassionati, sostenitori, concittadini e mentre abbracciava con felicità e commozione i propri genitori e con- sorte, senza dimenticare di carezzare, come portafortuna, la barba di don Antonio, suo fratello sacerdote, il noto telecronista Adriano De Zan, commentando il favoloso successo sportivo, da allora nelle sue cronache gli attribuiva il sopranome “il bello del giro” per i suoi occhi azzurri e capigliatura alla Lucio Battisti. Vittorioso nel Giro della Valle d’Aosta, all’età di diciotto anni, nove mesi e quindici giorni, Francesco Masi conserva ancora oggi il record di più giovane vincitore della durissima corsa a tappe. Per tutte le schiaccianti vittorie, oltre a quelle in salita, gli fu anche attribuito il sopranome di “Il camoscio della valle”. Nel 1977, mentre era Dilettante di 1° categoria, gli giunse la chia- mata alle armi nel corpo dei Bersaglieri. Giunse al CAR (Centro Adde- stramento Reclute) di Cassino e poi fu assegnato a Milano. Ciò comportò una incompleta preparazione e nel luglio dell’anno, durante il Giro per Dilettanti, percorso frazionato in dieci tappe da Empoli a Pordenone, in cui fu capitano della delegazione piemontese, intervistato alla partenza disse “Ho una certa convinzione di poterlo vincere. Farò di tutto per riuscirci, tenuto conto che ho a disposizio- ne una forte squadra e che il percorso è molto duro ed impegnativo” inoltre aggiunse “Poi ci sono due arrivi in salita e certamente devo confessare d’essere, in un certo senso favorito”. Purtroppo nella quarta tappa da Capannoni al Ciocco incappò in una rovinosa caduta che gli provocò la frattura di due vertebre, lo schiacciamento di una terza vertebra, un forte trauma cranico. Francesco e chi lo affiancava presentiva che la brillante carriera di ci- clista potesse non proseguire. Francesco non disperò e dedicò tanto im- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 267

pegno e costanza di esercizi da ricompattare le proprie energie fisiche. Da animoso “scalatore” con un’impennata di classe superò ogni difficoltà e vinse la sua gara contro l’incredulità di tutti rivitalizzando il suo naturale talento atletico. Nel 1978 riprese a gareggiare e partecipò a quaranta competizioni conseguendo sei vittorie, innumerevoli piazzamenti, oltre che vincito- re della Cronoscalata: Barberino - Passo della Futa, terzo nella Classi- fica Generale Giro del Bergamasco, la classica Torino Valtournenche. Nel 1979 con ogni merito fu ciclista Professionista e nella squadra “San Giacomo Benotto” capitanata da Martinelli, in gara gli fu affidato il ruolo di ”andare in fuga” e partecipò al Giro d’Italia da gregario perché i danni alla schiena, dovuti al grave incidente del 1977, non gli assicuravano continuità di rendimento. Nel Giro d’Italia del 1979, giunto a Potenza nella tappa del 21 mag- gio, fu raggiunto e affettuosamente salutato da un cospicuo numero di concittadini castelgrandesi. Nel 1980, stessa squadra e ruolo, capitanata da Visentini, fu sesto al Giro dell’Appennino, 8° al Giro del Trentino, 12° al Giro di Lombardia. Nel 1981 partecipò al Giro d’Italia con la Magniflex capitanata da OLMO, fu secondo nella Memorial ed ebbe sempre il ruolo di andare in fuga, così pure nel 1982 con la società Metauro Mobile capitanata dal belga VANIMPE. Nel 1983 con la squadra Moreno, capitanata da Bertoglio, conseguì alcuni piazzamenti ma iniziarono ad acuirsi i dolori di schiena per cui, a fine stagione, non potendo assicurare continuità di prestazioni atletiche decise il ritiro dal professionismo. Dal 1984 al 1989 ha lavorato in fabbrica senza mai rinunciare alla sua passione di ciclista, per cui ha partecipato a gare singole e ama- toriali in tutta Italia, potendo gestire la condizione atletica e riscosse molti successi e piazzamenti. Principali successi per anno: Anno 1984 20 gare Anno 1985 19 gare Anno1986 25 gare e Giro delle Valli Cunesi Anno 1987 22 gare e Giro delle Valli Cunesi Anno 1988 30 gare e Trofeo della montagna a tappe 268 Giuseppe Maria Lotano

NELLA DEDIZIONE SUOR ANGELINA Anagraficamente suor Angelina è Angela Maria Guittini - Cavaglio D’Agogna 14.09.1875 - Castelgrande 16.07.1974.1 Grande “risorsa umana”, a Lei onore e gratitudine per la lunga vita di servizio spesa a favore della comunità di Castelgrande, nell’Istituto Salesiano di Santa Maria degli Angeli. Di origine piemontese il suo paese, in provincia di Novara, prende il nome dal locale torrente Agogna. Al censimento del 1871, contava 1.519 residenti e 1.176 al 31 di- cembre 2017. Patrona è la Madonna del Carmine, si festeggia il 16 luglio. Tra le suore in servizio presso l’Istituto salesiano, la giovanissima- suor Angelina fu, per sempre, la figura più ricercata per l’instancabile attività educativa compiuta fino all’ultimo giorno della sua missione terrena. Suor Angelina, deceduta a Castelgrande, prossima ai novantanove anni, verso le consorelle e la popolazione donò sempre dolcezza e mitezza di sorriso, toccando ognuno con la semplicità e con occhi attenti e penetranti. È sepolta al cimitero locale nella cappella del sacerdote Giovanni Quaremba, che lo stesso fece costruire nel 1938 e così dedicò: “Cappella eretta dal sacerdote Giovanni Quaremba per i discen- denti di suo padre e per le locali suore salesiane”.

1 A suor Angelina, per la sua preziosa dedizione al prossimo e dalla collettività unani- memente riconosciuta, avrebbe potuto, in vita, dall’Amministrazione comunale esserle conferita la Cittadinanza Onoraria oppure, in alternativa e in memoria, almeno la posa di una Targa Ricordo, posta in adeguato luogo, o anche occasione di un gemellaggio tra i due Comuni, di origine e di vita vissuta, e invitare alla cerimonia per l’evento la storica Banda musicale “La Cavagliese” del suo paese natale, composta di circa trenta elementi, da accogliere e salutare con musiche di organetto castelgrandese. Vale sempre ricordare che la vita, molto spesso, è avara di riconoscimenti, pur adoperan- dosi intensamente per la comunità non si fa mai abbastanza, in particolare se si agisce in silenzio, senza protagonismo ma con determinazione, per dedicare esclusiva e sicura azione di vita al bene comune. A ricordo del suo impegno suor Angelina volle sulla sua lapide l’invocazione “Da mihi animas coetera tolle” - Dammi anime di ogni altra cosa spogliami -. Grazie suor Angelina di quanto la tua opera ci ha suggerito, perdonaci per quanto del tuo dono non abbiamo ompreso. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 269

CONCITTADINI CENTENARI Chi la dura la vince

Il tempo di un “centenario” è romantico, un traguardo, un invito, una ri- flessione, sintesi di quanto è stato fatto, per confermare, ricominciare, pro- porre, bocciare contrarietà, quale che sia l’indicazione racchiude la som- matoria di un tempo non programmabile ma vissuto in tappe quotidiane. Sul percorso, condiviso con più generazioni, desta meraviglia come un secolo di vita sia trascorso in un baleno, pur se definito “longevità”. Il suo fascino è che trattasi di un dono meraviglioso gratuitamente ricevuto e non di una nostra progettualità, di cui nessuno ne possiede la ricetta utile da applicare per conseguire lo scopo, se non presumerla fantasticando tra le proprie abitudini. A Castelgrande un buon numero di concittadini ha goduto di longe- vità e un gruppetto è stato anche di centenari, altri prossimi a esserlo ma tra essi c’è chi li ha già festeggiati e fiducioso continua il cammino in buona salute, a tutti l'augurio di farci ancora tanta compagnia e sempre in buona salute. I centenari e prossimi a esserlo sono:

FINO A 100 ANNI Federici Maria Giuseppa Castelgrande, 5 luglio 1894 - 28 novembre 1994 Pirone Gilda Avellino, 1 agosto 1905 - Castelgrande, 25 settembre 2005 OLTRE 100 ANNI Ricco Antonio Castelgrande, 25 febbraio 1888 - 10 aprile 1992 OLTRE 100 ANNI E VIVENTE: De Santis Maria Gerarda Castelgrande, 16 settembre 1916 PROSSIME A 100 ANNI Federici Vita Maria - Castelgrande, 16 febbraio 1919 De Santis Rosa - Castelgrande, 3 giugno 1919 270 Giuseppe Maria Lotano

NONNINO E NONNINA DI CASTELGRANDE Antonio Ricco fu il nonnino di Castelgrande, deceduto nel 1992 all’età di 104 anni e 44 giorni.

Maria Gerarda De Santis è l’attuale nonnina di Castelgrande (nata il 16 settembre 1916) ed è alloggiata, da sedici anni, presso la locale Casa di riposo Cristo Re. Nel fare visita a Maria Gerarda, con voce decisa e squillante, mi ha riferito: “Sono stata sposata con Gerardo Cerone, ho avuto una glia, tre ni- potine, di nome Felicia, Rita, Dina, e cinque pronipoti. In paese vive mia sorella Rosa, prossima centenaria nel 2019, e negli Stati Uniti mio fratello Potito. Oltre al ruolo di moglie e madre da quando sono rimasta vedova ho sempre contribuito alle attività della casa di riposo, che nei primi tempi ospitò no a trenta anziani. Ricordo con ammirazione la collaborazione e attenzione ricevuta dal parroco don Salvatore ma da diversi anni è stato trasferito alla parrocchia di Avigliano”.

Chiedo se ancora si rende utile, essendo molto vigile, e riferisce: “ Vorrei ma ora sono sopravvenuti problemi ai piedi, mi sposto con la sedia a rotelle e non posso più essere operativa però mi attivo nel dialogo con gli altri anziani della casa”.

La ringrazio per le notizie e salutandola con ammirazione e partico- lare emozione le ho augurato che nel 2019 lei e la sorella possano arricchire il numero di italiane “sorelle centenarie” ed essere insieme sempre in gran forma, per lunghissimi anni ancora.

Prossime a cento anni Vita Maria Federici “prossima centenaria” è nata il 16 febbraio 1919, visita d’obbligo, concordata con la figlia Filomena, e raggiungo l'abitazione. Dopo un reciproco affettuoso saluto Vita Maria mi ha subito chie- sto notizie di mia madre Francesca e dei miei figli, dopo l’informativa e ricordi vari le ho chiesto di raccontarmi come trascorre la giornata, risponde: “I miei gli debbono essere liberi perché hanno i loro impegni perciò mi sono organizzata con una badante marocchina, di nome Bouchra, PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 271

è una brava giovane signora ed ha una glia in Marocco, proprio in questi giorni mi ha chiesto un permesso per rientrare in visita alla fami- glia. Mi accudisce con molta attenzione, sono contentissima e sa anche cucinare buone pietanze al forno, che gradisco molto. Vive in Italia da oltre un decennio e parla benissimo la nostra lingua, non ho alcuna dif coltà per dialogare, in più molto spesso ricevo visita dai miei gli e ogni tanto anche dai miei nipoti che vivono a Milano e Parma”. Le rispondo che è una bella fortuna essere quotidianamente seguita senza difficoltà di comprensione con la badante e gustando buone pietanze, ciò consente maggiore serenità e sicurezza così pure una ge- stione più normale della giornata, oltre alle visite soventi dei figli. Lei acconsente e prosegue: “Continuo a lavorare con l’uncinetto e faccio diversi centrini, che spesso regalo a familiari e amici ma mi dedico anche alla lettura, però la faccio ad alta voce e i miei gli mi dicono di abbassare il tono perché potrei disturbare i vicini, io non penso sia possibile considerato l’orario in cui leggo, inoltre mi piace anche seguire dei programmi televisivi, così il tempo mi passa”. Osservo che di tanto in tanto la incuriosisce il fatto che prendo ap- punti e cerca di sbirciare sul foglio, faccio finta di non accorgermene ma mi aspetto una sua domanda, che puntualmente fa: “Ma cosa stai scrivendo e cosa devi fare?”. Le dico che sto cercando di scrivere un libro in cui voglio dare attenzione a qualche notizia di concittadini centenari e di “aspiranti centenari” e lei ribatte: ”Non voglio aspettare il centenario ma voglio andare da mio marito, che sicuramente si domanda: ma quando si decide mia moglie a rag- giungermi, è già tanto tempo che l’aspetto“. Con tono scherzoso la rassicuro dicendole che ognuno è elencato sul librone e non si deve preoccupare di niente perché il proprio turno arriva, occorre solo godersi tutti i giorni che si presentano. Mi chiede se conosco Milano, rispondo di sì e aggiunge: “C’è mio glio Pasqualino con la famiglia mentre mia glia Liliana sta a Parma, qui nello stesso edi cio abitano altri due miei gli, Donato e Filomena, ma Rosetta sta a Possidente, questa casa dove sto adesso ho deciso di lasciarla a Filomena, gli altri gli già sono sistemati”. Chiedo dove abitasse prima “Stavo in una casa bellissima che il terremoto mi ha distrutto ed ho pianto molto e per tanto tempo pensando che dopo tanti sacri ci ero ni- ta in mezzo a una strada. Mio glio Donato comperò questa nuova casa 272 Giuseppe Maria Lotano

e mi fece scegliere mattonelle e mobili perché fossi contenta, io comunque ho sempre nostalgia della prima casa, questa non la sento mia”. Le dico che capitano cose grandi su cui non si può fare niente, in- teressante è stare bene con figli, nipoti e amici. Subito precisa "Ho anche sette nipoti, quando vengono mi chiedono sempre qual- cosa ma sono contenta perché a me piace ricevere visite. Penso sempre che è bello incontrare le persone, ogni volta che succede mi sento felice e a chi viene dico la porta di casa mia la troverai sempre aperta". A questo punto sentendomi certo che anche la mia visita è stata gra- dita la saluto assicurandole che aspetto di brindare al suo centesimo anno e poi ad altri successivi compleanni. Castelgrande, piccolissima comunità, potrebbe vantare nel 2019 di essere il paese lucano e dell’Italia con ampia presenza di ultracentena- ri, in tutto diventerebbero tre, inclusa la preziosità delle “sorelle cente- narie” una bella occasione per diffondere il messaggio della longevità come forza dell’amore e valore della vita.

Rosa De Santis “prossima centenaria” è nata il 3 giugno 1919. Essendo amico di Donato, figlio di Rosa, gli ho chiesto di accompa- gnarmi da sua madre, per una visita. Con Rosa ci conoscemmo a Roma, quando vi andai per lavoro nel 1973, a Castelgrande mi frequentavo con i figli Donato e Nino durante le vacanze, che solitamente venivano a trascorrere dalla nonna materna. Seduti intorno al caminetto ci scambiamo, con Rosa, il piacere di rivederci dopo tanto tempo, poi subito e sorridendo mi chiede “Ma ti ricordi quando a Roma casualmente ci incontravamo sul tram?” confermo e commento, poi riprende sempre con la dolcezza del suo sorriso “Non mi sento di essere arrivata a oggi, sto bene tranne diversi do- lori alle ossa, però io sto calma e cerco di non innervosirmi mai per i dolori insistenti, li affronto come meglio posso, questa è la vita, non ho fretta e aspetto”. Un poco di pausa e aggiunge “Dopo la morte di mio marito andai a trovare mio fratello Domenico a New York, non lo vedevo da molti anni e mi fermai per oltre due mesi, ora sia lui che l’altro fratello Franco sono deceduti, in America mi è ri- masto solo Potito, ha 88 anni ed è vedovo, con lui mi sento molto spesso”. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 273

Le chiedo da quanto tempo è rientrata in paese “Dopo la pensione di mio marito Raffaele decidemmo di venire a vivere qui ed avvenne successivamente al sisma del 1980”. Intanto bussano alla porta, arriva l’amica Giuseppina Russo, giovane signora vicina di casa e Donato mi dice che lei, presso sua mamma, è sempre presente al mattino e a sera, Giuseppina conferma e aggiunge “Ci facciamo buona compagnia ma spesso vengono pure altre vicine di casa”. Proseguiamo scambiandoci altre notizie su cosa fanno i nostri figli e nipoti e la informo anche di avere incontrato sua sorella Maria Gerarda, già centenaria, con la quale ci siamo dati appuntamento per la ricor- renza del suo centesimo compleanno per festeggiarlo insieme e con tutta la comunità e l’evento potrà essere inserito nell’elenco italiano delle “sorelle centenarie”. Rosa sempre con il sorriso e alzando le spal- le ha acconsentito dicendo: “Se Dio vuole!” e noi fiduciosi attendiamo.

NONNINI E NONNINE IN ITALIA E NEL MONDO L’Italia, in lista di 163 nazioni, è il paese dove si è sani più a lungo. Le città con maggior numero di longevi sono: Macerata, Ravenna, Ancona, Siena, Treviso. Nel mondo le donne, in particolare le italiane, sono molto più longeve degli uomini, rappresentano l’83% dei soggetti centenari e molte di loro sono sorelle. Tra le diverse coppie alcune sono: a Conegliano, Emilia e Luigia Varese; a Canicattì, Fifi e Deddé Cammalleri; a San Cipriano di Ron- cade, Assunta e Stella Nardari. L’Associazione“www.supercentenariditalia.it/persone-viven- ti-più-longeve-in-Italia segnala le persone viventi più longeve con 107 anni compiuti. Tra le donne la decana è Maria Giuseppa Robucci, di anni 115, nativa di Apricena (FG) il 20 marzo 1903. Tra gli uomini il decano è Luigi Tomasi, di anni 110, nato in Tren- tino Alto Adige nel comune di Ala il 17 ottobre 1908. Merita particolare menzione Giuseppe Predieri, classe 1916 di Monteombraro in provincia di Modena, al quale è stata rinnovata la patente, in oltre settanta anni di guida non ha mai fatto un incidente e se la spassa girando per le colline emiliane, con tale credenziale a lui non serve l’invito alla prudenza ma l’augurio di guidare ancora per altri “cento-milachilometri” e buon viaggio!! 274 Giuseppe Maria Lotano

In Italia, nel 1922, si contavano solo 50 centenari. L’11 settembre 2018 i centenari erano 17mila, di cui 1.500 over 105 e 20 over 110. Si stima che fra 30 anni ci saranno più di 150.000 centenari. La centenaria “Nonnina dello stivale” fu Stella Nardari, deceduta nel 2012 all’età di 113 anni e 62 giorni, oggi è la citata Maria Giusep- pa Robucci, tra l’altro anche la più longeva di Europa, che a marzo 2019 compirà 116 anni, vive in ottima salute a Poggio Imperiale (FG), paese nativo e vanta tra i doni più belli che ha ricevuto l’amicizia del santo Padre Pio. L’Ipsos, organizzazione presente in 89 paesi che conduce inda- gini su persone, mercati, brand e società, in una indagine condotta in Italia, Stati Uniti, Australia, Germania e Francia, rivela che i nuovi anziani sono sempre più in salute, indipendenti, connessi a Intenet, gestiscono la casa. La provincia di Asti, da diversi anni, assegna ai centenari una per- gamena con il titolo di “Patriarca”, a una sola famiglia ne sono state assegnate tre: Giuseppina 109 anni, Lorenzo 103, Maria 100. Vi sono diverse Associazioni a cui segnalare persone centenarie o super centenarie e conoscere una realtà che fa storia e breccia nei limiti temporali ignoti della vita dei nostri familiari, dai quali ognuno auspica di avere ereditato adeguati fattori genetici, semi di longevità. Decana del mondo fu la giapponese Nabi Tajima che si spense a 117 anni e 260 giorni. Oggi l’uomo più vecchio del mondo è il giapponese Masazu No- naka, nato a Ashoro, il 25 luglio 1905, (data della scoperta della relatività da parte di Albert Einstein) ed ha 113 anni, ancora attivo e autonomo gestisce uno stabilimento balneare spostandosi con la sedia a rotelle. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 275

EVENTI NEGATIVI A CASTELGRANDE DAL 1591 AL 1980 Quante prove ma è la vita

ELENCO EVENTI NEGATIVI - SISMA nel 1591 - PESTE del 1656 (morti 1.200 su 1.850 abitanti) - CARESTIA del 1691 (per tempesta di vento, pioggia, grandine) - SICCITA del 1692. - SISMA nel 1694 totale distruzione Chiesa e abitato - FREDDO POLARE del 1837(distruzione annata agricola) - SISMA del 1854 - SICCITA del 1879 (distruzione annata agricola) - SISMA del 1910. - ALLUVIONE del 1929. - ALLUVIONE del 1945. - NEVICATA del 1956 (prolungatasi no a metà maggio) - SISMA del 23 novembre 1980 (gravi danni a: persone, abitato,beni sto- rici) (Fonte: Castrum de Grandis – Castelgrande / Don Francesco Masi).

TERREMOTO DEL 23 NOVEMBRE 1980 / ORA 19,34 La sismicità della Regione Basilicata, descritta nella ricerca di Vito Claps (Muro Lucano 1945) indica i diversi e principali terremoti che hanno interessato l’area lucana. (Fonte:“Cronistoria dei terremoti in Basilica- ta” - Galatina, Congedo Ed. 1982) Nell’elenco degli “Eventi negativi dal 1591 al 1980 riportati nell’o- pera “Castrum de Grandis – Castelgrande” di Mons. Francesco Masi sono indicati oltre ai terremoti anche altre catastrofiche calamità na- turali specificamente accadute a Castelgrande. Le cose passate, pur gravissime, sono comunque lontane da noi e dalla nostra diretta esperienza e sofferenza, un richiamo concreto a quelle realtà disastrose ce lo impone quanto soggettivamente da ognuno vissuto e quanto sofferto durante il recente terremoto del 1980. 276 Giuseppe Maria Lotano

Di seguito alcuni dati complessivi dell’intensità del triste evento sismico con forti danni a persone e cose e che colpì tre regioni: Cam- pania, Basilicata, Puglia. • Magnitudo: 6.89 ± 0.04 Richter • Profondità: 30 km • Durata: 1’ 30” • Comuni colpiti: 687 (542 in Campania, 131 in Basilicata e 14 in Puglia). Di questi, 37 «disastrati», 314 «gravemente danneggiati» e 336 «danneggiati» In totale, l’8,5% per cento degli 8.086 comuni italiani. • Superficie colpita: 17.000 km². • Popolazione coinvolta: 6 milioni di abitanti. • Vittime: 2.914 persone • Feriti: 8.848 persone • Sfollati: 280.000 persone • Abitazioni distrutte o danneggiate: 362.000.

I comuni che più subirono vittime furono: Laviano (SA) 303 su 1.500 abitanti e Balvano (PZ) dove durante la messa domenicale nella chiesa di Santa Maria Assunta perirono 77 persone di cui 66 bambini. Il Papa Giovanni Paolo II si recò il 25 novembre a Balvano e con- cluse la sua visita dicendo:

“ … Vi porto soprattutto la testimonianza viva della mia presenza, della mia compassione, del mio cuore, e di un ricordo speciale che voglio conservare di questo paese, di tutti i paesi vicini, di tutti i sof- ferenti, di tutta questa zona, dell’ambiente così provato, della vostra patria provata in queste regioni, di tutti voi come cristiani e come fratelli. Vi offro, al termine di queste parole, la mia benedizione: be- nedizione del vostro Papa, successore di Pietro, e benedizione del vostro fratello nella sofferenza”.

Purtroppo il terremoto si ingigantì ulteriormente per i successivi effetti sul tessuto sociale. Una lacerazione che da allora in paese ha generato una storica ferita, subito trasformatasi in piaga e mai rimarginata. Trattasi della cancellazione del valore di un’organizzazione socia- le, certa di comunità e vicinato per ogni cittadino, inghiottita dalle macerie e mai più dissotterrata. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 277

Per contro un ripristinato assetto residenziale, per riproporre co- munità e territorio nella loro integrità originaria ma tardivamente reso fruibile, ora vive di silenzio, pur se fu destinatario di una im- pressionante e generale solidarietà nazionale, cui assegnare ogni ri- conoscimento e ammirazione. Un intervento complesso, macroscopico e dispendioso, con la pecca di controlli intempestivi, purtroppo ha spesso alimentato a dismisura anche la non rispondenza tra risorse impiegate, obiettivi da perseguire, risultati conseguiti. Una storia articolata e drammatica ma non occorre documentar- la, si racconta da sola e basta percorrere gli ampi territori, un tempo abitati ed ora prossimi a un totale abbandono. Si dice che per ogni male ” Il tempo è buona medicina”, ma non a tutti è possibile vederne gli effetti, il tempo non basta mai “ Chi vivrà vedrà”. 278 Giuseppe Maria Lotano

CONCITTADINI E MIGRAZIONE Verso la speranza

MIGRAZIONE DI SINGOLI E DI NUCLEI FAMILIARI Il fenomeno migratorio italiano ha avuto inizio in forma contenuta ver- so la fine del 1800 e incrementatosi fino a inizio 1900. Esso rappresenta un’importante dinamica socio-economica, e non ha mai avuto la giusta interpretazione politica per cercarne la com- prensione e studiarne soluzioni utili, nel breve e lungo periodo, per disciplinare il movimento e l’andamento dello sviluppo della società Italia. Grave conseguenza di tale carenza si manifesta, ai giorni nostri, con il disordine ormai incontrollabile, in moltissime aree, del rapporto tra risorse demografiche, necessità produttive, tutela del territorio. Di volta in volta si è ricorso a interventi forzati, parziali o superfi- ciali, che non hanno dato soluzione al problema ma affidato le sorti di persone al detto che prospetta il meglio dicendo a chi parte: Chi cangj ciel cangj fhrtun - chi cambia cielo cambia fortuna, forse sarà vero ma è solo un auspicio. Sul loro percorso non tutti i migranti, singoli o in gruppi familiari, hanno incontrato la fortuna sperata ma spesso solo amarezza e insucces- so, che non hanno neanche lasciato energie per intraprendere il ritorno in patria e, purtroppo, di molti non si sono avute neanche più notizie. Mia nonna materna, Angela Maria, figlia unica di Donato Russo e di Francesca Coppola, nacque negli Stati Uniti di America il giorno 9 dicembre 1891 a Milbourn, nella contea di Essex dello Stato del New Jersey. Lo stato è uno dei quindici della regione Louisiana, che assogget- tata dai francesi fu chiamata la “Terra di Louis” in onore di Luigi XIV di Francia. La grande regione, a oggi, si caratterizza per la presenza di due gruppi etnici di origine europea: i tedeschi, emigrati in Louisiana nel- la prima metà dell’Ottocento, e gli italiani, insediatisi soprattutto, fin dagli ultimi due decenni del XIX secolo, a New Orleans. In detta città nacque Louis Daniel Armstrong (4 agosto 1901 – New York, 6 luglio 1971) famosissimo trombettista e cantante di jazz, tra le sue tante in- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 279

terpreazioni l’indimenticabile “What a Wonderful World”, un mondo meraviglioso. A Milbourn i genitori di mia nonna avevano un negozio di generi alimentari, decisero di rientrare a Castelgrande quando la figlia Angela Maria aveva sei anni. Giunti a Castelgrande le prime contrarietà della bimba furono ver- so il pane locale, corposo e scuro. Lei conosceva solo il pane soffice e bianco del negozio dei genitori, per cui la sua espressione di forte rammarico fu l’esclamazione shit bread!! cacca di pane!! Spesso la nonna, sorridendo, mi raccontava di quell’infelice espres- sione esclamata contro il pane scuro del paese, lei voleva solo dire “this bread is rubbi- sh !” questo pane é da buttare! Quel nutrimento fu poi apprezzato e nella sua vita ne ha sempre di- stribuito tanto a chiunque ne- cessitasse. Mio nonno Giuseppe Del Gaudio (Rapone, 21 aprile 1889 – Castelgrande, 29 ottobre 1979) emigrò ne- gli U.S.A. a Trenton nel New Jersey, nel 1910 al suo rien- tro in Italia, per lavoro, giunse a Castelgrande dove esercitò il mestiere di sarto, per uomo e per donna, si coniugò con Angela Maria Russo, il 7 dicembre 1912, ebbero otto figli, dei quali quattro emigrati. Partecipò al primo conflitto mondiale 1915-1918, con il grado di Caporale Maggiore, incaricato del servizio di sartoria e mensa militare. Nel 1969 mio nonno restò vedovo. Nel 1970 all’età di ottantuno anni, per le festività del Natale, dai figli Pasquale, Nicola, Donato, emi- grati in America Meridionale (Venezuela) fu invitato a raggiungerli nel- le rispettive città di lavoro, Caracas, Valencia, Barquisimeto. Dal Venezuela si recò anche dalla figlia Ausilia emigrata a Burlin- gton N. J., in Nord America, dove fu salutato con un piccolo festoso servizio su di un giornale locale. Poco dopo volle raggiungere New York per ripercorrere la “quinta strada”, dove lavorò da emigrato fino al 1910. Lo entusiasmarono i grandi mutamenti urbanistici. 280 Giuseppe Maria Lotano

Questa breve premessa sugli emigrati di famiglia mi ha sempre interrogato se dovessi ritenermi, già prima della mia nascita, un prede- stinato “ glio di emigranti” o se dovessi ritenermi discendente di avi già “cittadini del mondo”. La risposta al mio interrogativo è nella continuità di migrazione all’estero di familiari. Io nacqui a Castelgrande nel 1944, alle ore 13,30, in una casa fittata dai miei genitori in Ronco Luigi La Vista, 8. Mi ritrovai attorniato da tre sorelle, poi sopraggiunse la quarta sorella. L’ostetrica comunale fu la bravissima professionista Gilda Pirone (1905 - 2005), giunta da Napoli nel 1932, per essersi aggiudicata l’in- carico sanitario. Oltre al lavoro incontrò l’amore e sposò il fabbro Giuseppe Cristia- no, ebbe due figli: Rosa e Domenico. Fu apprezzatissima e instancabile levatrice, in castelgrandese “vam- man”, ostetrica, pronta a ogni chiamata fino al parto in casa, senza limiti di orario, assisteva in media circa sessanta partorienti l’anno e le seguiva con ogni utile consiglio durante la prima infanzia dei bambini. Deceduta all’età di 100 anni e due mesi. Tra i componenti della mia “grande famiglia” neanche io sono sfug- gito alla emigrazione verso località italiane, ebbe inizio subito dopo la quinta elementare. Per motivi di studio a: Muro Lucano, Bergamo, Benevento, Napoli, Roma; per motivi di lavoro a: Livorno, Civitavecchia, Crotone, Matera, Milano, Moliterno, Roma, Palermo, Bologna, Piacenza, Trento, Cam- pobasso, Boiano, Roma; in paesi esteri nel 1981 a: Skopje, popolosa città della Repubblica di Macedonia, regione dell’ex Jugoslavia, città di nascita di san Teresa di Calcutta al secolo Anjezë Gonxhe Bojaxhiu (Skopje 1910 - Calcutta 1997); dal 1982 al 1984 a: El Beida (Bayda) in Cirenaica, nella Libia orientale, denominata Beda Littoria durante l’oc- cupazione italiana e che nel 1964, il nipote di Muhamad Ali, Re Idris della Libia, elesse capitale e il suo palazzo è ora sede di Università. Che cosa penso e devo all’emigrazione? Una vita di tensioni e sa- crifici ma anche un’utile occasione di apprendimento perché, oltre al francese studiato a scuola, ho imparato lo spagnolo, lingua con cui mi cimentavo ogni volta al rientro di zii e cugini dall’America Meridionale e, in misura minore, l’inglese nel biennio vissuto in Libia. La colonia di familiari emigrati nelle Americhe fu sostanziosa, anche le mie prime tre sorelle emigrarono, due in Venezuela e una in Canada. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 281

Da parte dei nonni materni, di otto figli, tre figli maschi in Venezue- la e una femmina negli Stati Uniti. Da parte dei nonni paterni, Giuseppe Maria Lotano e Maria Antonia Araneo, di Pescopagano, su otto figli, due maschi e una femmina in Argentina, due femmine e un maschio in Venezuela. Quest’ultimo, mio padre Francesco, emigrato nel 1948 in Venezuela, come tutti con la prospettiva di “fare fortuna” e poi ritornare. Durante lunga permanenza a Caracas realizzò un’attività di lavoro con molti dipendenti. A seguito di capovolgimenti governativi che non onorarono più le in corso, dopo avere assolto tutti i pagamenti verso fornitori e operai, decise altra meta per cercare migliore fortuna e nel 1959 si trasferì a Toronto, in Canada. Nell’anno 1965, per la prima volta dal 1948, per motivi di salute ri- entrò in Italia e lo conobbi. Mi colpì il suo carattere indomito e creativo ma dopo circa un anno di permanenza in famiglia, rimessosi in salute, rientrò in Canada, per altri lunghi anni, nuovamente di silenzio. Ogni storia di familiari e amici emigrati è affascinante, a scriverla sa- rebbe proporre una moderna Odissea intitolata “Affetti lucani intorno al mondo” l’opera non avrebbe mai fine. La prima emigrazione di castelgrandesi e di lucani s’indirizzò preva- lentemente verso le Americhe. Una colonia di castelgrandesi fu numerosa a New York tanto da co- stituire, nel 1907, la società di mutuo soccorso denominata “Gioventù castelgrandese”, altra numerosa colonia s’indirizzò in Canada.

FLUSSI MIGRATORI E TASSO DI NATALITÀ Tra le due Grandi Guerre ci fu emigrazione ma l’esodo fu più intenso subito dopo la seconda Guerra Mondiale, per forte mancanza di lavoro. Di seguito solo alcuni cenni dell’immenso flusso migratorio, una trat- tazione particolareggiata non rientra nell’economia di questo lavoro, per- tanto di alcuni principali studi se ne riporta solo le indicazioni generali. Il Centro Studi Emigrazione nell’analisi del decorso migratorio nazio- nale (Fonte: L’emigrazione italiana negli anni ’70 / C. S. E. - Roma) evidenzia che “i ussi intra-europei, prevalenti rispetto a quelli diretti verso le due Ame- riche, si concentrarono in Francia e in Svizzera e, in quantità più mo- deste, in Belgio. Il usso transoceanico non riguarda più solo gli USA, l’Argentina e il Brasile, come accadeva nei decenni precedenti, quote 282 Giuseppe Maria Lotano

notevoli di emigranti s’insediano, specie negli anni 1950-1955, nel Ve- nezuela, nel Canada e in Australia”….”Così circa la provenienza regio- nale degli emigrati mancano i dati per i ussi europei, tuttavia general- mente si concorda che essi sono in gran parte dell’Italia Settentrionale, anche se la quota dei meridionali cresce progressivamente nel periodo, costoro invece sono i più rappresentati nelle correnti transoceaniche”.

La SVIMEZ - Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzo- giorno - nei rapporti annuali pone sempre l’accento sul tema emigra- zione dal Mezzogiorno, ultimamente riferiva: “Complessivamente dal 2002 al 2015 sono emigrati 478.000 under 35 di cui 133.000 laureati e in detto periodo la natalità ha toccato il livello più basso, dall’unità d’Italia, con 170.000 nati” Nel rapporto del 2018 conferma nuova- mente: “Il processo di perdita di capitale umano verso il Nord e verso l’estero ha provocato un grave depauperamento della struttura demo- gra ca e del tessuto sociale”. Il fenomeno negli ultimi sedici anni ha riguardato 1 milione e 883 mila unità di cui la metà giovani tra i quindici e trenta quattro anni e quasi un quinto laureati tra cui anche il trentaquattrenne Alessio Figalli di Roma, laureato alla Normale di Pisa e professore al Politecnico di Zurigo, al quale, a Rio de Janeiro, il Congresso internazionale dei ma- tematici ha conferito la Fields Medal, “per i suoi contributi al trasporto ottimale, alla teoria delle equazioni derivate parziali e alla probabili- tà”. Un Nobel prestigioso per matematici, che si assegna ogni quattro anni, l’ultimo italiano a riceverlo, anche lui della Normale di Pisa, fu quaranta quatto anni fa Enrico Bompieri. La risultante tra “dinamica della migrazione e calo della natalità” è storicamente il sensore più palese della decadenza di qualsiasi civiltà, come insegna il declino dell’Impero romano che abdicò ai barbari, perché non c’erano più romani a lottare per Roma, ciò è quanto evi- denzia l’acuto saggio di Michel de Jaeghere “Derniers jours”. Condizione di declino demografico cui ci avviciniamo velocemente e l’allarme non è solo italiano ma è diffuso in tutti i paesi dell’Ue, rispet- to a un tasso di natalità di mantenimento del rapporto tra classi di età pari ad almeno 2,1 figli per coppia, l’Italia è a livello di 1,35, la Spagna 1,33, la Francia 1,88 e Le Figaro in prima pagina ha scritto: “L’inquiétant déclin de la natalité française” l’inqiuetante declino della natalità fran- cese. (Fonte: Emergenza natalità, un grande piano Ue/AVVENIRE, 21 gennaio 2018). PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 283

L’ISTAT, per il 2017, riferisce dell’Italia oltre al grave fenomeno mi- gratorio anche il forte calo della natalità giunto al minimo storico di 458.000 nati, che confrontato con il dato del 2008 denuncia una dimi- nuzione di ben 120.000 nascite. Lontani sono gli anni in cui il picco delle nascite superava il milione di bambini (1964 e 1965) occorre una politica per il rilancio e sostegno delle nascite, elemento essenziale per il progresso e per tutte le inizia- tive produttive e di sviluppo socio-economico della nazione. (Fonte: IL MESSAGGERO di Valentina Arcovio - Gli italiani sono sempre di meno 458mila nati, è il minimo storico - Giovedì 14 Giugno 2018).

- IL QUOTIDIANO GRATUITO – METRO Roma di Venerdì 9 febbraio 2018. Analizza i dati ISTAT e scrive: “Nuovo minimo storico per le nascite in Italia. La fotogra a ISTAT ssa la popolazione del Belpaese al primo gennaio 2018 a 60 milio- ni 494mila residenti, quasi 100mila in meno rispetto all’anno prece- dente ….. Il saldo migratorio con l’estero invece, positivo per 184mila unità, registra un consistente incremento sull’anno precedente, pari a 144mila. Le immigrazioni crescono del 12% a 337mila unità mentre diminuiscono del 2,6% le emigrazioni, a 153mila. Non si rilevano va- riazioni signi cative sulla speranza di vita alla nascita: 80,6 anni per gli uomini e 84,9 anni per le donne. Al primo gennaio 2018 il 22,6% della popolazione ha un’età superiore o uguale ai 65 anni, il 64,1% ha età compiuta tra 15 e 64 anni, mentre solo il 13,4% ha meno di 15 anni”. (Fonte: Un’Italia di anziani con nascite al minimo - METRO Roma).

LA COLDIRETTI Nel rapporto “I giovani italiani, la vita e il lavoro” presentato al Salone della creatività Made in Italy, in occasione della consegna a Roma dei premi dell’innovazione, evidenzia che il fenomeno migratorio è inarrestabile e molto preoccupante perché: “il 72% dell’un- der trentacinque dichiara di conoscere qualcuno che ha trovato lavoro grazie a raccomandazione, il 34% di essere disposto a espatriare per tro- vare lavoro, il 22% di essere convinto che il suo futuro sarà all’estero”. (Fonte: Giovani, uno su tre pensa ad emigrare - Economia - Il Messaggero, 27 gennaio 2018).

L’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economi- co) rileva che un numero sempre maggiore d’italiani ha notificato il tra- sferimento di residenza all’estero, pari a oltre1’11%, passando da 102.000 unità del 2005 a 114.000 del 2016 e ritiene detto valore sottostimato. 284 Giuseppe Maria Lotano

Il grave fenomeno migratorio è antico e nella pubblicazione “Emi- granti di poppa emigranti di prua” di Michele Spera e Raffaella Spera, si conferma, infatti, che già nel ventennio dal 1876 al 1896 emigrarono circa quindici milioni d’italiani, verso Pesi europei e le Americhe. Oggi emigrano anche unità industriali con l’aggravio di dismissioni e vendite di note e storiche produzioni. Il nostro Paese appare sempre più proiettato a svendersi distruggen- do storia del sapere e del fare, perdendo preziosi semi per la continuità e rafforzamento della nostra civiltà e progresso.

PATRIMONIO UMANO E TERRITORIO Di certo gli effetti delle migrazioni sulla vitalità della comunità locale sono stati deleteri. La serie numerica dei dati sulla popolazione residente dimostra ine- quivocabilmente lo sconvolgimento della piramide dell’età da cui il trau- matico tracollo delle attività produttive locali, della natalità e dell’assetto amministrativo del paese. A Castelgrande la popolazione residente nel 1861 era di 3.249 abi- tanti, nel 1911 di 2.705, nel 1951 di 3.036, nel 1991 di 1.538, nel 2011 di 1.018, nel 2016 di 918, nel 2017 di 914. Il depauperamento della forza lavoro, la cui potenzialità lavorativa fu essenziale per il progresso e sviluppo dei Paesi di approdo, ha potuto comunque avere alcuni riflessi positivi anche nei paesi di esodo. A Castelgrande, ad esempio, s’incrementarono i depositi presso l’Uf- ficio postale e la locale Cassa Prestiti Santa Maria Assunta1. Il flusso di rimesse degli emigrati nel primo periodo di emigrazione attivò anche iniziative per il miglioramento dell’originario patrimonio edilizio di proprietà, per acquisizione attrezzature di lavoro, per la scola- rità dei giovani, per maggiore assistenza a minori e anziani. Le persone espatriate, tutte saldamente formate dalla dedizione al proprio lavoro agricolo, artigianale, e da severa ristrettezza economica,

1 Cassa Prestiti Santa Maria Assunta, fondata il 26.05.1918 con sede in via Luigi La Vista. Tra- sformatasi, nel 1926, da Cassa Rurale e Artigiana in Banca Popolare Cooperativa e in Cassa Prestiti, nella nuova sede sociale - via Guglielmo Marconi, 8 - inaugurata nel 1966 – (Fonte: Camminare Insieme della Cassa Prestiti Santa Maria Assunta - Castelgrande) - Divenuta, dal 1988, “Monte dei Paschi di Siena - Filiale di Castelgrande PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 285

con la loro emigrazione riducevano il peso demografico sul territorio esercitando una funzione di calmiere sul tema occupazionale locale e alimentavano un effetto d’imitazione all’espatrio per i vantaggi economi- ci che ne conseguivano. Tutto ciò innescò anche un decadimento di affezione verso le attivi- tà tipiche dell’economia locale, che divenne sempre più prerogativa di forza lavoro anziana, con conseguente accentuazione di un progressivo abbandono dei campi. La perdita di forza lavoro ebbe riflessi anche sull’uso del patrimonio residenziale e progressivamente si svuotarono le abitazioni. Tante case vuote, spenti i residuali soggetti con nostalgiche velleità ereditarie, chi le utilizzerà se non altre comunità e quali saranno? Anticamente dalle conseguenze di ripetuti eventi negativi a danno della consistenza di popolazione la comunità castelgrandese poté ri- scattarsi per immigrazioni di forza lavoro proveniente dal circondario alquanto prossimo. Il fenomeno fu particolarmente evidente a seguito della grande peste del 1656 (morti 1.200 su 1.850 abitanti), ma occorsero circa 200 anni per raggiungere nel 1853 il consistente numero di 3.563 unità residenti, evenienza non più ripetibile perché l’inarrestabile fenomeno dell’emi- grazione ha avuto conseguenze più distruttive della citata pestilenza. A volte appare in diminuzione il flusso migratorio ma è solo conse- guente al calo di consistenza del locale serbatoio di forza lavoro idonea all’emigrazione. L’insieme di tanta gente in “fuga” dal paese sostanzialmente non si è mai arrestato. Ora pur avendo una ristrutturazione residenziale rafforzata e miglio- rata nella qualità, anche per interventi di ricostruzione post sisma 1980, di fatto, il paese è un agglomerato urbano “deserto” quasi non c’è più anma viv p r vij, anima viva per le strade. Le residuali presenze non sono neanche sufficienti per assicurare continuità di autogestione delle risorse o per sperare in loco un futuro lavoro redditizio. Da diverso tempo non si parla più di “fuga” ma solo di un dato triste e scontato perché la gioventù locale non può che naturalmente emigrare, per eredità ricevuta dal naturale destino degli avi e dalla persistente realtà territoriale inadeguata a possibilità attrattive per una stabile residenza. 286 Giuseppe Maria Lotano

MIGRAZIONE E NAUFRAGI Tra le molte alterne vicende vissute dai migranti l’attenzione non può non essere rivolta anche a tristi naufragi e conseguenti vittime. Su di un percorso affrontato per “causa lavoro” le vittime, di fatto, ne sono divenute destinatarie di “morte sul lavoro” e meritano massi- ma considerazione. Nel rispetto del sacrificio della loro vita persa in mare, perché spes- so costretti a imbarcare su piroscafi degni di rottamazione, si segnala- no, nella tabella che segue, alcuni principali accadimenti.

Tabella 1 - NAUFRAGI E VITTIME Data del naufragio Nome del piroscafo Numero di vittime 17.03.1891 UTOPIA 576 vittime 04.07.1898 BOURGOGNE 549 vittime 04.08.1906 SIBIO 500 vittime 11.10.1927 PRINCIPESSA MAFALDA 634 vittime 26.07.1956 ANDREA DORIA 95 vittime

Unica eccezione per affidabilità e modernità, tra le navi naufragate, il prestigioso transatlantico da passeggeri, Andrea Doria della Finmare, va- rato il 16 giugno 1951, lungo 214 metri, in servizio dal 14 gennaio 1953. Nave ammiraglia della flotta italiana, rinomata per avanzati sistemi di sicurezza e per arredi di prestigio. Le navi per trasporto passeggeri, verso rotte oceaniche, partivano da Napoli o da Genova. L’Andrea Doria partì da Genova, per gli U.S.A., con a bordo 1.241 passeggeri e 580 membri di equipaggio Prossima agli U.S.A. al largo della costa Nantucket, in serata tardi del 25 luglio 1956, entrò in rotta di collisione, con il transatlantico da passeggeri Stockholm della Swedissh America Line (oggi ancora in esercizio) avente prua da rompighiaccio. Perirono 46 persone sull’Andrea Doria e 5 persone sullo Stockholm. Non si è mai addivenuti a definire le responsabilità del naufragio. Affondò il 26 luglio alle ore10:15, dopo 11 ore dalla collisione. Fu l’ultimo grande transatlantico a naufragare prima dell’avvento del trasporto passeggeri con mezzi aerei. Lo scafo si trova a 75 metri di profondità ed è oggetto di continue PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 287

ruberie da parte di sommozzatori di frodo. Transatlantico gemello dell’Andrea Doria fu il Cristoforo Colombo varato nel 1952 e smantellato nel 1982. Oggi il transatlantico ammiraglio della flotta italiana è il Leonardo da Vinci. Sull’Andrea Doria tra i passeggeri emigranti c’era anche la mia gio- vane zia Titina Lotano, di Pescopagano, incinta e in viaggio verso gli U.S.A. per congiungersi con il marito. Fortunosamente fu strappata dalla cabina, in fase di allagamento, dall’azione di un emigrante siciliano, che dopo qualche tempo potem- mo conoscere, purtroppo lo spavento per il naufragio lasciò una ferita nella emotività di mia zia Titina. Altra presenza sull’Andrea Doria fu della coppia Michele Russo e Maria Ciampa, familiari del concittadino Vincenzo Racaniello, vivevano a Ruvo del Monte (PZ). Michele con moglie e le due figliolette Giovanna e Vincenza, di 12 e 10 anni, fu invitato dal fratello a recarsi in U.S.A. per esercitare l’attività di ebanista in cui eccelleva, avrebbe potuto assicurare per sé e famiglia una vita migliore. Il naufragio costò la vita all’intero nucleo familiare e di essi non si è mai potuto avere alcuna notizia. Sul punto del naufragio quei corpi, pregni di amore di coppia e dell’in- nocenza delle figliolette, si dissolsero nel cielo; la madre di Maria è dece- duta centenaria, senza avere più potuto dedicare a nessuno una carezza. Altri episodi non mancano e troppe sarebbero le considerazioni da fare. Noi italiani siamo stati il popolo con ogni record di emigrazione, purtroppo lo siamo ancora e la scelta continua a essere, nella maggio- ranza dei casi, una vera e propria costrizione. Emigrare è contrario alla nostra cultura affettiva fantasticamente le- gata alle origini e alla casa dei nonni, artefici di attenzioni e tradizioni di famiglia, timonieri per un’avvincente traversata tra sponde di genera- zioni, protagoniste di confronti tra differenti tempi e modelli educativi. Questa vita di migranti impone un sacrificio notevole ed è quasi un “castigo”, perché incide sulla sfera del rapporto con il territorio natale e genitoriale, che tormenta con i ricordi. Forse è proprio questa soffeenza che ci rende concettualmente in- tolleranti verso il fenomeno migratorio, anche quando esso riguarda l’arrivo di “altri” sui nostri territori, per cercare una vita migliore, obiet- tivo paritetico a quanto auspicato dai nostri migranti nel raggiungere e proporsi in altre nazioni. 288 Giuseppe Maria Lotano

Chiunque giunge sul nostro territorio porta qualche bagaglio con sé, non dimentichiamo che quello più pesante è avvolto nell’interroga- tivo del cercare di conoscere se la loro speranza in un domani migliore potrà mai essere realizzata, per questo occorre proporci, uscire dal no- stro recinto per essere parte del loro percorso di auspicato progresso.

ESPATRIO E RILEVAZIONE DATI PRESSO ANAGRAFE COMUNALE E A.I.R.E. Una quantificazione puntuale del flusso emigratorio del dopoguerra fu documentata con un elenco nominativo di emigrati e loro indiriz- zo di espatrio, dal funzionario comunale Benedetto Masi e pubblicata nel 1966 su “CAMMINARE INSIEME” della “Cassa Prestiti Santa Maria Assunta – Castelgrande”, da cui ho potuta elaborare per Paese e area geografica il totale emigrati riportato nella Tabella 1. Dalla pubblicazione emerge che gli emigranti, in numero maggiore interessato a paesi transoceanici, fino a quella data furono complessi- vamente 706. Un’analoga sintesi di concittadini, al 31.12.2017, residenti all’estero è riportata nelle Tabelle 2 e 3, elaborate attingendo dall’Ufficio Anagrafe comunale e dall’A.I.R.E. (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero - legge 27 ottobre 1988, n. 470) presso il Ministero degli Interni, che ge- stisce a livello nazionale e internazionale la disciplina delle registrazioni di cittadini all’estero, coordinando attività di uffici anagrafici comunali e di rappresentanze consolari. L’iscrizione all’A.I.R.E. è gratuita ed è un diritto-dovere del cittadino (art. 6 legge 470/1988). All’A.I.R.E. bisogna iscriversi quando la propria permanenza all’e- stero supera i dodici mesi, condizione che comporta la cancellazione dall’A.P.R. (Anagrafe della Popolazione Residente) del Comune di emi- grazione. L’iscrizione si fa presso la sede consolare competente per territorio e può anche avvenire d’Ufficio, in conformità a informazioni cui la citata sede abbia avuto conoscenza. Ogni cittadino iscritto usufruisce del: diritto al voto, rilascio di certi- ficazioni, rinnovo documenti d’identità e di viaggio, rinnovo patente di guida se in ambito U.E. A livello nazionale, da recenti dati dell’A.I.R.E. emerge che il totale d’italiani all’estero è passato da 3.106.251 (2006) a 4.636.647 (2015), con una crescita del 49,3% in dieci anni e sono interessate tutte le aree: (+ PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 289

508.000 / EU28); (+ 809.000 /Americhe); (+127.500 / Resto del mondo). Gli emigrati castelgrandesi, al 1966, s’indirizzarono verso dodici Paesi. Tranne sessantasei unità di emigrati verso località italiane le altre 640 unità emigrarono in numero di 244 verso l’America settentrionale, 204 verso l’Europa, 176 verso l’America meridionale, sedici verso altri Paesi. Gli iscritti all’A.I.R.E. dal 1990 al 2017, Tab. 2 e Tab. 3, furono in totale 1.377 unità di cui in paesi dell’America meridionale 628, dell’Eu- ropa 450, dell’America settentrionale 234, altri Paesi 65. In detto periodo i concittadini iscritti all’A.I.R.E. vivevano in venti differenti nazioni, di cui otto nuove rispetto a quelle interessate al 1966. Dei 1.377 iscritti all’A.I.R.E. al 2017 ne erano presenti 1.311 negli stessi paesi del 1966 e 66 negli otto nuovi paesi, non presenti in Tab.1, di essi in: Spagna, 43; Lussemburgo, 1; Brasile, 3; Cile, 3; Costa Rica, 1; Guatemala, 2; Panama, 8; Messico, 5. Il confronto quantitativo tra dati del 1966 e del 2017 non è esat- tamente sovrapponibile poiché il totale al 1966 si compone di soli cittadini iscritti all’A.P.R. di Castelgrande ed emigrati, mentre il dato A.I.R.E. è comprensivo di concittadini emigrati iscritti, loro figli, di altri che hanno acquisito la cittadinanza a qualsiasi titolo. Gli iscritti nati all’estero da italiani confermano di non essere “in fuga” ma manifestano volontà di non volere disdegnare le origini ita- liane della famiglia, pertanto sono i benvenuti e ci onorano.

Tabella 2 - TOTALE CONCITTADINI EMIGRATI PER AREA GEOGRAFICA E PER NAZIONE AL 1966 AREA GEOGRAFICA REGNO SUD NORD ITALIA EUROPA OCEANIA UNITO AMERICA AMERICA

66 Belgio 23 14 Australia 2 Argentina 87 Canada 178

Francia 2 Uruguay 1 Stati Uniti 66 Germania 73 Venezuela 88 Portogallo 1

Svizzera 105

TOTALE EMIGRATI PER AREA GEOGRAFICA 66 204 14 2 176 244 TOTALE GENERALE 706 Fonte: Elaborazione dati “Camminare Insieme” della“Cassa Prestiti Santa Maria Assunta-Ca- stelgrande. 290 Giuseppe Maria Lotano

Tabella 3 - TOTALE CONCITTADINI ISCRITTI ALL’A.I.R.E. PER AREA GEOGRAFICA E PER NAZIONE DAL 1990 AL 2017

AREA GEOGRAFICA E TOTALE ISCRITTI PER NAZIONE REGNO SUD CENTRO NORD OCEANIA EUROPA UNITO AMERICA AMERICA AMERICA Australia Belgio Argentina Costarica (*) Canada 15 39 2 327 1 198 Francia Brasile (*) Guatemala (*) Messico(*) 1 3 2 5 Germania Cile (*) Panama (*) Stati Uniti 225 3 8 31 Lussemburgo (*) Uruguay 1 5 Portogallo Venezuela 1 290 Spagna(*) 43 Svizzera 177 TOTALE ISCRITTI PER AREA GEOGRAFICA 39 450 15 628 11 234 TOTALE GENERALE 1.377

(*) Paese di nuova emigrazione rispetto al 1966 Fonte: Ministero dell’Interno - Elaborazione dati annuali dell’ A.I.R.E..

Gli emigrati castelgrandesi al 1966, Tab.2, furono in totale 706. Il numero complessivo di paesi esteri verso cui si indirizzò il flusso migratorio fu 12, oltre l’Italia). L’emigrazione verso località italiane interessò 66 unità, verso paesi este- ri 640 unità e con maggiore preferenza verso il Nord America (244), seguita dall’Europa (204) e Sud America (176). Gli iscritti all’AIRE dal 1990 al 2017, Tab. 2, furono in totale 1.377 unità, in prevalenza si indirizzarono in paesi del Sud America (629), nei paesi europei (450), nel Nord America (234), in minima quota in altri Paesi. In detto periodo il numero complessivo di paesi esteri con cittadini iscritti all’AIRE è stato di 20 unità, di cui 8 nuovi paesi rispetto a quelli interessati da movimenti migratori rilevati al 1966.. All’AIRE, nella Tab. 2 a chiusura 2017, gli emigrati registrati nei nuovi paesi, totale 66 unità, risultarono così distribuiti: Spagna, 43; Lussemburgo, 1; Panama, 8; Messico, 5; Costa Rica, 1; Cile, 3; Brasile, 3; Guatemala, 2. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 291

Tabella 4 - TOTALE ISCRITTI ALL’A.I.R.E. PER ANNO, AREA GEOGRAFI- CA E NAZIONE DAL 1990 AL 2003

ANNO 1990 91 92 93 94 95 96 97 98 99 2000 01 02 03 TOT. OCEANIA Australia 4 1 5

EUROPA

Belgio 1 1 2 Francia Germania 9 13 3 54 2 1 2 9 1 6 2 102 Lussem-

burgo Portogallo 1 1 Spagna 4 1 5 Svizzera 13 3 6 13 1 1 3 8 48 REGNO 5 1 1 7 UNITO

SUD AMERICA

Argentina 13 38 2 1 1 2 57 Venezuela 6 1 2 6 3 1 19 ANN0 1990 91 92 93 94 95 96 97 98 99 2000 01 02 03 NORD AMERICA Canada 24 1 1 8 2 1 37 Messico Stati Uniti 1 3 1 5

292 Giuseppe Maria Lotano

Tabella 4 (segue) - TOTALE ISCRITTI ALL’A.I.R.E. PER ANNO, AREA GE- OGRAFICA E NAZIONE DAL 2004 AL 2017 ANNO 2004 05 06 07 08 09 2010 11 12 13 14 15 16 17 TOT. OCEANIA Australia 8 5 1 8 2 1 2 7 34 EUROPA Belgio Francia 1 1 Germania 12 7 27 13 15 8 1 4 1 10 6 11 3 5 123 Lussem- 1 1 burgo Portogallo Spagna 6 4 11 3 1 4 4 4 1 38 Svizzera 6 5 43 19 9 10 4 5 6 9 4 2 2 5 129 REGNO 3 1 2 1 1 8 UNITO SUD AMERICA Argentina 64 11 52 12 27 20 4 5 13 11 11 14 12 14 270 Brasile 1 1 1 3 Cile 1 1 1 3 Uruguay 5 5 Venezuela 20 20 101 16 32 11 6 5 14 13 11 9 9 4 271 CENTRO AMERICA Costarica 1 1 Guate- 1 1 2 mala Panama 6 2 8 NORD AMERICA Canada 35 21 58 7 2 9 5 6 6 5 6 1 161 Messico 3 1 1 5 Stati Uniti 7 9 1 1 1 1 2 2 2 26 TOTALE GENERALE ISCRITTI ALL’A I R E (Tab. 2 e Tab. 3) dal 1990 al 2017 1.377 PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 293

BASILICATA TERRITORIO DI RISORSE Un mondo e i piccoli numeri

RISORSE E POPOLAZIONE La Basilicata con i suoi 131 Comuni, 100 Comuni in provincia di Po- tenza e 31 in provincia di Matera, ha un territorio di 10.073,33 Kmq e per il 46% è montuoso. Tra le altre regioni italiane di minore superficie sono: Marche 9.694 - Umbria 8.456 - Liguria 5.410 - Molise 4.461. La provincia di Potenza ha una superficie di 6.594,44 Kmq e il capoluogo di 173,97 Kmq; la provincia di Matera ha una superficie di 3.478,89 Kmq e il capoluogo di 392,09 kmq. Tra i comuni della regione la superficie territoriale meno estesa è del comune di Campomaggiore (PZ) ed è pari a 12,48 Kmq. In Italia i 100 comuni con minima superficie territoriale iniziano con Atrani (SA) di kmq. 0,1206 e terminano con Costarainera (IM) di Kmq. 2,5190. Il comune d’Italia più esteso è Roma, Kmq 1.287,36. La popolazione regionale residente è di 567.118 abitanti di cui 368.251 in provincia di Potenza e 198.867 in provincia di Matera. La Basilicata è l’unica regione ad affacciare su due mari, il Mare Tirreno su cui è situata Maratea, detta la “perla del mediterraneo” e il Mare Ionio. Il territorio ionico si caratterizza per la presenza del sito archeolo- gico di Metaponto, per la fertile piana metapontina, ricca di pregiata agricoltura intensiva e innovativa con relative industrie agroalimenta- ri e sperimentazioni connesse agli studi condotti dal Centro di ricerca ALSIA; per il Circolo Velico Lucano di Policoro. Più all’interno l’area di Aliano con i suoi Calanchi; il Parco Na- zionale del Pollino, il più grande d’Italia ricco di gole e di vette impreziosite dalla presenza del Pinus Leucodermis, rarità botanica e testimonianza unica di “guardiano del tempo” capace di sfidarne le leggi naturali con la sua presenza nel punto di quota più estremo per la vegetazione. L’attività di avanguardia dell’EVRA Italia finaliz- zata all’utilizzo di piante officinali del Pollino; sul versante pugliese 294 Giuseppe Maria Lotano

l’antichissima Matera con i millenari Sassi e dal 1983 l’avanzatissimo Centro di Geodesia Spaziale e Telerilevamenti in un contesto di col- laborazione internazionale; sul versante Nord l’Osservatorio Astrofi- sico del Toppo di Castelgrande e annesso specifico Osservatorio per il progetto CastelGAUSS finalizzato alla mappatura dei detriti spa- ziali; sul versante pugliese l’area vulcanica del Vulture con i suoi due laghi e il Museo di Storia Naturale del Vulture, di cui è regina la rarità europea della farfalla notturna Brahmaea scoperta dall’entomologo il Conte Fred Hartig nella foresta demaniale di Monticchio ove è stata appositamente istituita nel 1971 la riserva naturale “Grotticelle” essendo presente una specie di Frassino, pianta balcanico-asiatica del primo Miocene quasi scomparsa in Europa, unica essenza utile per l’habitat della Brahmaea; le fonti di acque minerali; il sempre più affermato Aglianico, antichissimo vitigno annoverato tra i più grandi vini rossi d’Italia e definito il Barolo del Sud, che si presume introdot- to dai greci tra il VII-VI secolo a.C.; le vincenti e premiate produzioni di varietà di miele a Ripacandida; pecorino di Moliterno e Filiano; legumi di Sarconi; i peperoni Cruschi di Senise; e altri prodotti con- nessi alla notevole biodiversità regnante nel territorio. Tutto ciò solo per citare alcune concrete realtà e eccellenze, tra cui molte altre produzioni di nicchia, che non possono essere di- menticate nella strategia di supporto allo sviluppo del territorio lo- cale e nazionale. Eppure nella Regione il fenomeno delle comunità costituite da “piccoli numeri” di residenti tende a moltiplicarsi, perché l’emigra- zione rappresenta la principale “fonte” per trovare lavoro. Occorre rimuoverne le cause, urge una attenta politica di inter- venti idonei a una repentina svolta di tendenza per non accelerare ulteriormente l’inauspicato approssimarsi di quel futuro, nella situa- zione di oggi ipotizzabile a breve, in cui ci troveremmo a vivere nei confini di una regione fantasma, con paesaggi da presepe ma senza né abitanti né una stella per guidare i pastori verso la buona novella. Occorre nuovo impulso e sostegno alla diversificazione della for- mazione professionale per supportare le produzioni in corso e sti- molare nuove localizzazioni di settori produttivi e di imprese tecno- logiche in grado di attivare ogni opportunità occupazionale e frenare l'emigrazione intellettuale, occorrono attività capaci di essere nuovo riferimento di offerta lavoro, oltre il polo automobilistico di Melfi. Un territorio ricco di forza lavoro e di natura, tra queste le grandi riserve di acqua ottenute con dighe sui corsi dei principali fiumi, PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 295

pozzi petroliferi, non può essere umiliato e usato solo come indi- scriminato “pozzo per estrazione” espropriandolo del complesso dei fattori fondamentali della produzione di cui dispone e provocando un netto danno per la tutela, conservazione e identità territoriale. Tale tipo di uso è anche palese dimostrazione della carenza croni- ca di una strategia complessiva dello sviluppo del sistema-Paese,che non contempla il Mezzogiorno tra le proprie risorse produttive ma lo relega a realtà da cui attingere tutto impunemente contro ogni cri- terio di sana gestione della salvaguardia e dello sviluppo territoriale. La politica nazionale deve occuparsi di equilibrato e diffuso svi- luppo generale e pianificare l’uso delle risorse, in primis favorendo l’insediamento di attività là dove sono già disponibili sostanziali ri- sorse naturali e umane. Del mezzogiorno si parla tanto, in ogni periodo elettorale, ma puntualmente, di volta in volta, per carenza di credibilità dei diversi proponenti è escluso da mirati investimenti per assicurarne sviluppo economico e sociale.

Tabella 1 - TOTALE COMUNI DELLA BASILICATA, AL 1° GENNAIO 2018, PER CLASSE DEMOGRAFICA E PROVINCIA.

Classe demografica Provincia di Potenza Provincia di Matera TOTALE Numero Numero Numero da 60.001 a 70.000 1 1 2 da 10.001 a 20.000 6 3 9 da 5.001 a 10.000 11 7 18 da 4.001 a 5.000 7 4 11 da 3.001 a 4.000 10 - 10 da 2.001 a 3.000 13 4 17 da 1.001 a 2.000 30 6 36 fino a 1.000 22 6 28 Totale Comuni 100 31 131 296 Giuseppe Maria Lotano

Tabella 2 - TOTALE POPOLAZIONE RESIDENTE PER PROVINCIA E SESSO AL 1° GENNAIO 2018

PROVINCIA Valore MASCHI FEMMINE TOTALE

V. A. 180.959 187.292 368.251 Potenza % 49,1 50,9 100 Matera V.A. 97.923 100.944 198.867

% 49,2 50,8 100

V.A. 278.882 288.236 567.118 TOTALE % 49,2 50,8 100

Fonte: ISTAT Elaborazione dati all’1 gennaio 2018

MATERA CAPITALE DELLA CULTURA EUROPEA 2019 Matera, nell’anno 1993, con i suoi Sassi, è stato il primo sito dell’Italia meridionale a essere iscritto dall’UNESCO nella lista dei Patrimoni dell’Umanità. I Sassi sono superba testimonianza di un ecosistema urbano prei- storico, perpetuato fino ai nostri giorni, capace di accorta utilizzazio- ne delle risorse: acqua, suolo, energia. Complesso ambientale mirabilmente illustrato nello studio - “Giar- dini di Pietra" - I Sassi di Matera e la civiltà mediterranea - dell’Arch. Pietro Laureano, realizzato per la candidatura di Matera a fare parte del Patrimonio mondiale UNESCO. Matera, per l’anno 2019, è stata designata Capitale della Cultura Europea ed è la prima città dell’Italia meridionale e la quarta, dopo Firenze, Bologna e Genova, a rappresentare il prestigio culturale- dell’Italia, in Europa e nel mondo. L’iniziativa di assegnare ad una città europea il riconoscimento di “Città della Cultura Europea” fu di Melina Mercouri, nel 1985, Mini- stro della cultura greco, e per prima propose che fosse Atene. Lo scopo fu di rafforzare il senso di appartenenza dei cittadini europei a uno spazio culturale comune e sostenere che la cultura, in ogni sua forma, è il vero motore di progresso della società. A sostegno delle città designate, vagliate da apposita Giuria, la PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 297

Commissione europea conferisce il premio Melina Mercouri (attual- mente pari a 1,5 milioni di euro) finanziato dal programma dell’UE Europa creativa. Dal 1985 sono state 50 le città europee designate e le prossime, fino al 2022, saranno: • 2019 – Plovdiv (Bulgaria) e Matera (Italia) • 2020 – Fiume (Croazia) e Galway (Irlanda) • 2021 – TimiŞoara (Romania), Elefsina (Grecia) e Novi Sad (Serbia, paese candidato) • 2022 - Kaunas (Lituania) ed Esch (Lussemburgo)

Matera, meritevole di tanto prestigio nazionale e internazionale, giungerà con sofferenza di infrastrutture funzionali alla sua necessità di relazionarsi. Nella Regione resta un vero miraggio la realizzazione di un si- stema di opere primarie quali, ferrovie, autostrade, aeroporti, porti, stazioni di servizio lungo le fondovalli, a cui si aggiunge anche una carente copertura, in diverse aree, del segnale telefonico. Un insieme che non promuove la localizzazione di attività produt- tive e quindi il dovuto sviluppo di un territorio. Dopo una visita, nel 1948, Palmiro Togliatti definì Matera "vergo- gna nazionale” e nel 1950 Alcide De Gasperi, che ne fu molto col- pito, fece approvare, nel 1952, la legge speciale per lo sfollamento dei Sassi. Molte sono le urgenze rimaste tali e sono semi taciute ma ora emergono ed esplodono evidenti approcciando a Matera Capitale europea della Cultura 2019. Matera un faro che brilla di luce propria con i suoi diecimila anni di storia, sempre accantonata, non ha avuto la giusta attenzione per potere accelerare l’attualizzazione. Ora occorre non perdere l’oppor- tunità corrente per un superamento delle incongruenze e divenire riferimento trainante per l’intero Mezzogiorno di 22milioni di abitan- ti, e assurgere a vanto dell’identità italiana, che deve riattivare il suo ruolo di faro di civiltà e avamposto europeo verso l'Africa. Un progetto culturale che sarà inaugurato il 19 gennaio e termi- nerà il 19 dicembre, e sicuramente onorerà la Basilicata/Lucania e l’Italia. È un palliativo per le soluzioni necessarie, anche se molto apprez- zabile gesto professionale per amore e promozione del territorio, l’intervento dell’ArchiStar milanese Stefano Boeri, di cui è interes- 298 Giuseppe Maria Lotano

sante la pubblicazione rielaborata della sua tesi “La città scritta”, pro- gettista e realizzatore di uno tra i grattacieli più belli del mondo “Il bosco verticale a Milano”, che per Matera ha progettato e donato la prossima stazione vetro e acciaio - con trenino locale a scartamento ridotto. Così pure l’impegno di Aeroporti di Puglia (AdP) di aumento delle corse di autobus tra l’aeroporto di Bari e Matera per un guada- gno di tempo da vivere sul territorio di Matera. Un ambiente unico e impareggiabile dove uno dei più importanti intellettuali italiani del Novecento Pier Paolo Pasolini (Bologna 1922 – Ostia 1975) ambientò nel 1954 la sua eccelsa poesia della sofferen- za e di storia della vita di Gesù Cristo con il film “Il Vangelo secondo Matteo” e più tardi nel 2004 Mel Gibson (Peekskill 1956, USA) poté dire: “Ho subito perso la testa per Matera, perché e semplicemente per- fetta” e vi realizzò il lm “La Passione di Cristo”. A Matera il 27 Aprile 1991 giunse, durante il suo pontificato per una visita pastorale in Lucania, anche il santo Giovanni Paolo II e fu occasione per adorare il Cristo nelle chiese dei Sassi, da dove salutò i lucani dicendo: «Siate protagonisti del vostro destino e prendete nelle vostre mani nelle vostre menti e nei vostri cuori il vostro futuro». Il messaggio fu accolto ma debbono accoglierlo anche le politi- che di sviluppo nazionale, il rapporto “Davide e Golia” è un progetto non ricorrente. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 299

CASTELGRANDE E I GIOVANI

In Basilicata tra i 131 comuni, in provincia di Potenza, Castelgrande è uno dei ventidue con popolazione residente inferiore a 1.000 abitanti mentre per superficie, 33,01 Kmq, è il 102° (rif. 1 gennaio 2018). La struttura demografica, a causa delle migrazioni, ha una base nume- rica inadeguata per sostenere la salvaguardia della propria continuità de- mografica e per assicurare l’apporto di forza lavoro necessaria per la con- servazione del territorio e lo sviluppo socio economico della collettività. In analoga mortificante condizione trovasi la maggioranza degli altri comuni interni. Castelgrande negli anni cinquanta contava più di tremila abitanti. Circa la fuga degli abitanti occorre distinguere “scelte personali” di dove andare a realizzare la propria vita rispetto a “scelte di politica na- zionale” che di fatto non hanno saputo interpretare il territorio e procu- rato squilibrio dello sviluppo socio-economico locale e dell’intero “Paese Italia”. Da ciò il grave danno della dispersione della sacra risorsa “GIO- VANI”, perchè solo emigrando hanno potuto ampiamente dimostrare ed esercitare tutta la loro capacità professionale ed essere utili alla propria realizzazione e allo sviluppo dei paesi ospitanti. Nell’ultimo decennio si sono laureati circa trenta giovani, hanno dovuto lasciare il paese recandosi in parte all’estero e in parte in Italia. Essi han- no conseguito incarichi di lavoro presso Università, Processi di estrazione petrolifera, Start-UP (organizzazione di neo impresa), Ospedali, Scuole, Attività alberghiere e diverse altre qualificate professioni. Questi giovani sono una perdita secca per la collettività locale, che comunque non avreb- be avuto occasioni da proporre loro una occupazione ma ciò non consente neanche occasione di tenuta o di incremento del patrimonio di nuovi nu- clei familiari in loco. Urge la massima attenzione verso i giovani, speran- za e futuro di ogni popolo, ora tenuti allo sbando dalla propria società, sempre meno dinamica rispetto al potenziale dei giovani e loro diverse peculiarità, ciò è una offesa alla loro dignità e manifesta incapacità di edu- catori, il progresso della nazione ha bisogno delle loro energie umane e professionali e non può concedersi lo spreco di una risorsa tanto preziosa. I giovani sono lingotti d’oro per ogni Ministero del Tesoro della Nazio- ne ma non da tenere tesorizzati nei sotterranei o forzieri, bensì distribuiti 300 Giuseppe Maria Lotano

tra opportunità di lavoro per dare loro vigore e renderli protagonisti di progresso per sè e la collettività Un approccio operativo per frenare il drammatico svilimento di tanta potenziale risorsa umana e del territorio, solo nel 2017 e dopo tre legi- slature, è stato promosso con l’approvazione del provvedimento “Salva Borghi” che prevede uno stanziamento iniziale di dieci milioni di euro per il 2017 fino a raggiungere centomilioni entro il 2023. I comuni interes- sati sono circa il 70%, sotto i 5.000 abitanti e superano il 50% del territorio nazionale, per un totale di circa undici milioni di abitanti. (Fonte: Fondi e banda larga, più tutela ai borghi di Valeria Arnaldi - Il Messaggero / 29.09.17) Questa è la legge auspicando che dia effetti positivi, tenuto conto che è finalizzata a un territorio offeso nella sua dinamica demografica, pertanto privo di risorse umane necessarie per innescare in tempi brevi un meccanismo di ripresa. Rimane solo fidarsi della speranza, quando sostiene che nella vita “non è mai troppo tardi”, magari si mettesse in moto qualcosa! Ne guadagnerebbe l’intera società italiana. Recente è un programma di utilizzazione dei terreni per nuove op- portunità di lavoro innovativo rivolto alla introduzione sul territorio della coltivazione di zafferano. Lo zafferano appartiene alla famiglia delle iri- daceae, pianta erbacea perenne (CrocusVernus) già molto diffusa spon- taneamente, ma non commestibile, sul territorio di Castelgrande e anche nell’area del Marmo Platano, ciò conferma la vocazione del territorio per la coltura di bulbi idonei a diversi utili usi. La propostaè coordinata dalla Basilicata Innovazione, che ha avviato uno studio di fattibilità in collaborazione con la Scuola di Scienze Agra- rie, Forestali, Alimentari ed Ambientali dell’Università degli Studi della Basilicata, per individuare metodologie innovative volte all’estrazione di principi attivi utili alla realizzazione di miele monofloreale e prodotti per l’industria nutraceutica e cosmetica. Tale opportunità trova favorevole la qualità dei terreni castelgrandesi rivelatisi particolarmente idonea alla coltivazione dello zafferano (Cro- cusSativus) e già sperimentati dalla piantumazione di Alberto Domenico Muro. Al Comune di Castelgrande, si è tenuto un convegno dal titolo «Lo Zafferano in Basilicata - Idee e proposte per nuove colture», organizzato dal GalCsr Marmo Melandro. Tra i giovani interessati alla produzione di zafferano anche una ini- ziativa del giovanissimo Carmine Muro che possiede terreni in contrada Macieri, particolarmente drenanti, e ottimi per la coltura del bulbo dello zafferano. Campi di “zafferano lucano” sono già ben avviati nel materano e con- sentono una redditizia opportunità di lavoro. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 301

ASSOCIAZIONI E CIRCOLI DEI LUCANI EMIGRATI E ONORIFICENZA DI “LUCANO INSIGNE”

ASSOCIAZIONI E CIRCOLI DEI LUCANI NEL MONDO E IN ITALIA - Incontro con l’Avv.Aurelio Pace Con l'Avv. Aurelio Pace, è il Presidente dei Lucani nel Mondo, du- rante un cortese incontro per un colloquio sulla emigrazione lucana, idealmente in giro per le tante vie delle migrazioni, è stata avvertita l’emozione di ritrovarsi, con ammirazione, accanto a tutti i corregio- nali radunati nelle loro Associazioni e Circoli. Tanti riferimenti di aggregazione, di fatto, avvalorano la presenza lucana ovunque si trovi e testimonia la socialità di origine, il qualifi- cato lavoro, i riferimenti per la terra nativa, l'orgoglio lucano. Si è parlato di vicende, diversamente note o meno note, ed è stato anche menzionato l’art. 12 della Legge Regionale n. 32-95 isti- tutiva dell’Albo regionale delle Associazioni e Federazioni dei lucani all’estero e in Italia. Oltre alla Associazioni si è fatto anche riferimento ai Circoli lu- cani,pure essi attivi per lo svolgimento d’incontri e relazioni per confermare e vivere quel vincolo naturale insito nell’appartenenza alla medesima stirpe. Le Associazioni e Circoli di lucani sono diffuse nel mondo sui ter- ritori di diciannove nazioni e in Italia sui territori di undici regioni. Per i delegati di tutte le Associazioni e Federazioni iscritte all’Al- bo il Consiglio regionale della Basilicata organizza la Riunione An- nuale della Commissione regionale dei Lucani nel Mondo. Un’assemblea generale per affrontare argomenti inerenti ai temi dell’emigrazione ma anche per un confronto sulle problematiche che vivono i lucani all’estero, oltre che per discutere di proposte migliorative della condizione stessa degli emigrati. La CRLM, in tale occasione, approva il: “Programma annuale e triennale in favore dei Lucani nel Mondo”. Le Associazioni candidano progetti da realizzare nel corso dell’an- no con i finanziamenti regionali. 302 Giuseppe Maria Lotano

Le Associazioni, Federazioni, Circoli, sono così diffuse: - All’estero: Argentina, Australia, Belgio, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Ecua- dor, Germania, Gran Bretagna, Lussemburgo, Panama, Paraguay, Perù, Stati Uniti, Africa Meridionale, Svizzera, Uruguay, Venezuela. - In Italia: Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria, Veneto.

ONORIFICENZA DI “LUCANO INSIGNE” Con riferimento alla titolarità lucana di attività lavorative particolar- mente eccellenti si è anche evidenziato, con il Presidente Avv. Pace, che il Consiglio Regionale della Basilicata, con Legge istitutiva del 4 luglio 2002 n. 23 e riformulazione del 25 febbraio 2005 n. 18, an- nualmente conferisce ad un massimo di otto personalità lucane, che vivono in Italia o all’estero, un premio per meriti raggiunti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario e per la diffusione e la cono- scenza dell’identità lucana. Le candidature a tale premio e onorificenza di "Lucano insigne" possono essere segnalate entro febbraio dell’anno, con domanda all’Ufficio della rappresentanza e della partecipazione, da enti ed organismi pubblici, associazioni culturali italiane ed estere, associa- zioni e federazioni dei Lucani nel Mondo, Consiglieri regionali, case editrici, critici d’arte, autori. A molti lucani è stato riconosciuto tale ruolo e patrimonio di ca- pacità di magnificare, con la propria esperienza lavorativa, la terra lucana spesso ricordata solo per quanto scrisse Carlo Levi in Cristo si è fermato a Eboli, e di quella vita loro ne hanno espresso e esaltato la forza della semplicità con tenace laboriosità, fino a esserne nel mondo ambasciatori di emozioni uniche e indistruttibili del mito del popolo lucano. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 303

CASTELGRANDE E CENNI TERRITORIALI L’inizio che dura una vita

POPOLAZIONE I residenti sono stati: 3.249 nel 1861; 2.951 nel 1901; 3.036 nel 1951; 1.288 nel 1981; 1.231 nel 2001; 1.018 nel 2.011; 950 nel 2015; 918 (M 459 - F 459) nel 2016; 914 nel 2017. (Fonte: Ufficio Anagrafe Comunale).

NOME ABITANTI - castelgrandesi

TOPONOMASTICA La toponomastica rilevata dai registri angioini del 1200/1300, la più antica fonte disponibile, registra le seguenti mutazioni fino a giunge- re all’attuale nome di Castelgrande: Castrum de Grandis / Castellum de Grandis / Terra Castri Grandis / Castrum Magnum / Universitate Castrimagni / Terrae Castri Magni / Castello Grande / Castellograndi / Castellogranni / Castelgrandine / Ca- stel di Grandine / Castello di Grandine / Castelgrandino / Castello de Grandine. Nel 1667 il nome “Castelgrande” per la prima volta è riportato in alcuni atti. (Fonte: Castrum de Grandis - Castelgrande /Don Francesco Masi - EditricErmes; - in castro de grandis / Angelo Racaniello - Comune di Castelgrande). L’emerito Sindaco, Cav. Notar Potito de Sanctis, in carica dal 1896 al 1914, a seguito della disposizione di Ferdinando IV del 1792, or- dinò la denominazione di strade e di numerazione civica delle abita- zioni, e nel rinnovo della toponomastica delle strade locali privilegiò denominazioni riferite a illustri castelgrandesi ed a poeti, artisti, pa- trioti, martiri ed altre personalità. La toponomastica riformulata entrò in vigore con il censimento generale del 1901.

IL CASTELLO “Pochi mozziconi di muri” nel suo libro Mons. Francesco Masi così definisce i resti del castello, posto sulla sommità del paese. In vero ora sopravvivono circa quaranta metri di muro di pietra- me informe e scarnito. 304 Giuseppe Maria Lotano

L’Amministrazione nel 2010-11 realizzò un’opera di sostegno in cemento armato, quelle pietre scarne ma addossate tra di loro tena- cemente appaiono quasi un residuo di muretto a secco con unico collante secoli di storia, non databile, ma di possibile epoca angioi- na, longobarda, normanna. Il parallelo con i “muretti a secco”, è per la loro antichità indefinita perché essi sono vera e prima antica arte costruttiva e primi esempi di manifattura umana, di cui per il riconoscimento di patrimonio immateriale dell’UNESCO, hanno presentato la candidatura: Italia, Cipro, Croazia, Francia, Grecia, Slovenia, Spagna e Svizzera. Dalle sue ricerche Mons. Francesco Masi propende per l’epoca normanna, considerato il lungo periodo della loro dominazione nel meridione. Il primo manufatto crede possa risalire anche intorno al mille essen- do all’epoca punto di guardianìa, poi divenuto castello ma che il ter- remoto del 1866 abbatté drasticamente senza che fosse più ricostruito. Per la sua posizione in altura primeggiò tra gli altri fortilizi diffusi sul territorio con ruolo di tutela da comuni atti di ladroneria e contro le diverse incursioni saracene. Il termine saraceno deriva dall’arabo sciarkin la cui radice signi- fica sorgere del sole cioè orientali, così gli occidentali indicavano i musulmani che tra l’827 e l’878 occuparono la Sicilia, la Sardegna, la Corsica e le Baleari. In Italia nel risalire la penisola dalla Sicilia, rapinarono, distrusse- ro monasteri e ogni altro nel Mezzogiorno, fino a saccheggiare San Pietro a Roma. Raggiunta la sommità delle mura del castello si trova una modesta spianata tra le stesse contenuta e funge da base per godere di una mirabile panoramica con frontalmente, proveniente da Ovest, il pro- filo dell’Appennino campano-lucano in quel tratto particolarmente ricco di fitta e secolare vegetazione, a seguire la valle che degrada sconfinando verso l’estremo Sud Est. Sul castello si rimane investiti dalla sana e fresca ossigenazione del boscoso Appennino e i pensieri sfuggono al tempo, quasi fossero un deltaplano dominante la vallata del Marmo-Platano-Melandro e l’Appennino stesso, mentre occhi di nibbio in volo scorgono sfuma- ture del verde e sentieri che tessono una ragnatela di percorsi. Nel vento antichi echi di lingue di altri popoli e di altre culture che hanno segnato il territorio lucano: Goti, popolo germano origi- nario della Svezia sempre ostile a Roma; Bizantini, popolo dell’im- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 305

pero romano di oriente (395-1453); tra il VII e X secolo l’importante immigrazione monastica proveniente da Siria, Palestina, dall’Epiro e Sicilia musulmana; nell’XI e XII secolo i Normanni, popolo di danesi e norvegesi detti anche Vichinghi che con il loro insediamento im- posero il nome alla Normandia in Francia e in Italia liberarono tutti i territori da Bizantini e Arabi; infine gli Svevi, originari della Svevia regione del Sud occidentale della Germania (1194) di cui fu “stupor mundi” l’imperatore Federico II (Jesi, 26 dicembre 1194 – Fiorentino di Puglia, 13 dicembre 1250) che predilesse il castello di Lagopesole come residenza estiva e di caccia, oltre a quello di Melfi, quest’ultimo il più noto della Basilicata e tra i più gran- di del meridione, da dove furono pro- mulgate le preziose e innovative “Costituzioni di Mel ” destinate al Regno delle due Sicilie.

ONORIFICENZA: MEDA- GLIA D’ORO AL MERITO CIVILE L’Onorificenza fu assegnata a 37 Sindaci dei comuni terre- motati, nel venticinquesimo anno dal terremoto del 1980. Di essi otto sono lucani: Castelgrande, Pescopagano, Muro Lucano, Bella, Brienza, Bal- vano, Vietri di Potenza, Potenza. Motivazione: “In occasione di un disastroso terremoto, con grande dignità, spi- rito di sacri cio ed impegno civile, affrontava la dif cile opera di ricostruzione del proprio tessuto abitativo, nonché della rinascita del proprio futuro sociale, economico e produttivo. Mirabile esempio di valore civico ed altissimo senso di abnegazione”. 23 novembre 1980. La cerimonia per la consegna dell’Onorificenza si tenne a Roma il 25 gennaio 2006 al Quirinale. Fu conferita dal Ministro dell’Interno per decreto del 9 novembre 2005 del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Durante i saluti di fine cerimonia il Presidente rivolto al Sindaco Francesco Cianci gli disse “Raccomando di portare i saluti ai suoi concittadini”. 306 Giuseppe Maria Lotano

Il Sindaco nel ringraziare rispose: “Ritengo che questa medaglia vada a tutti i gruppi di volontari che vennero a darci una mano e a incoraggiarci nel riprendere il cammino”.

SUPERFICIE TERRITORIALE 34,90 Kmq

ALTITUDINE L’altitudine del territorio è indicata da tre valori di altezza sul livello del mare - slm - espressa in metri del punto in cui è situata la Casa Comunale, di 950 m, altezza minima di 583 m. s.l.m., altezza massima di 1.248 m. s.l.m.. La quota minima e massima del territorio comunale sono elabora- te dall’Istat sul modello digitale del terreno (DEM) e dei dati prove- nienti dall’ultima rilevazione censuaria. Il paese ha intensa luminosità per la sua completa esposizione a mezzogiorno. Tanta luce avvolge tutta la catena dell’Appennino lucano, da cui emerge il Monte Paratiello (1.445 m slm) disposto all’orizzonte con folto faggeto bianco, inestimabile fonte di continua ossigenazione. Il territorio verso l’Appennino è un’altalenante distesa di manto verde misto a fazzoletti di terra coltivata quasi a comporre un soffice tappeto intessuto di raffinati drappi, per invito a raggiungerlo fin dentro i suoi Vucculi, grotte di profondità, vegliate in superficie da echi di campa- nacci di tenaci mucche podoliche, libere tra ricchi pascoli del territorio.

COORDINATE GEOGRAFICHE Latitudine Nord 40° 47’ / Longitudine Est 15° 26’ Le coordinate geografiche individuano esattamente ogni punto del globo terrestre, definendo di ciascuno la Latitudine Nord (distan- za angolare dall’equatore verso Nord) e la Longitudine Est (distanza angolare dal meridiano di Greenwich verso Est).

ZONA CLIMATICA Il D.P.R. n 412 del 26.08.1993, suddivide il territorio italiano in sei zone climatiche, indicandole con le lettere a cominciare da A fino a F, tenuto conto del valore di GG (gradi giorno) della zona d’interesse dei singoli comuni, pertanto svincolati dalla ripartizione amministra- tiva di appartenenza. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 307

Tabella 1 - ZONE CLIMATICHE, GRADI, ORE

ORE ZONA CLIMATICA GRADI GIORNO GIORNALIERE A Alpina fino a 600 6 B Padana da 601 a 900 8 C Appenninica da 901 a 1.400 10 D Adriatica settentrionale da 1.401 a 2.100 12 E Tirrenica da 2.101 a 3.000 14 F Sud-orientale e delle isole oltre 3.000 24

I gradi giorno quantificano il fabbisogno medio di calore per assi- curare nelle abitazioni il confort previsto dalla legge in ogni singolo comune italiano. Il clima castelgrandese è montano e si caratterizza per la costante aria fresca e molto spesso fredda, sintetizzato nel detto aust cap r viern, agosto avvio di inverno. Tale caratteristica climatica consente un’attivazione degli impianti termici per quattordici ore giornaliere dal 15 ottobre al 15 aprile, tranne che in caso di eventuali diverse emergenze. L’abbigliamento invernale tipico di tempi fa, ora solo un ricordo, era per gli uomini il tradizionale e pratico muantiell a rot, mantello a ruota/ giro, per le donne l sciuall, lo sciallo frangiato, e l puann il panno, di spessore consistente e molte volte rifinito con bordatura di velluto.

ZONA SISMICA La G.U. n.105/08.03.2003, indica i nuovi criteri di classificazione sismica del territorio nazionale. Essi oltre a disciplinare interventi pubblici sul territorio hanno lo scopo di infondere nei cittadini ade- guata consapevolezza per fronteggiare emergenze sismiche. Il territorio divide in quattro zone decrescenti, secondo la pro- babilità che l’area di riferimento sia colpita in un certo periodo - generalmente cinquant’anni - da un evento sismico che superi una determinata soglia d’intensità o magnitudo. Per ognuna delle zone è stata indicata la “pericolosità sismica” e il “rischio sismico”. La pericolosità sismica è strettamente connessa alla natura geo- logica del territorio ed è un elemento non modificabile dall’uomo. Il rischio sismico è connesso a danni possibili per cose e persone 308 Giuseppe Maria Lotano

esposte al sisma, pertanto l’uomo può intervenire sulla situazione ter- ritoriale e limitare, nella massima ipotesi azzerare, i probabili danni predisponendo adeguati interventi strutturali di carattere preventivo. Premesso quanto sopra, le zone di suddivisione sono: ZONA 1: è la zona più pericolosa possono manifestarsi fortissimi terremoti ZONA 2: è la zona con possibilità di forti terremoti ZONA 3: è la zona con possibilità di forti terremoti ma rari ZONA 4: è la zona con rare possibilità di terremoti I comuni della provincia di Potenza ricadenti in “Zona 1” sono quaran- tacinque, tra cui Castelgrande e paesi limitrofi.

CODICE CATASTALE É costituito da una serie di quattro caratteri per esprimere, in forma abbreviata, la denominazione di ogni singolo comune a uso catastale.

CODICE ISTAT É attribuito per ogni comune dall’Istituto nazionale di statistica; Si compone di sei cifre: le prime tre identificano la provincia di appar- tenenza, le seconde tre il singolo comune. CODICE FISCALE 80004060762 SITO WEBB www.comunecastelgrande.it E MAIL [email protected]

CASA COMUNALE La prima Casa comunale, localizzata nell’attuale piazzetta Potito de San- ctis, fu abbattuta e la superficie, con annessione di altra area comunale confinante, fu utilizzata per la costruzione del primo edificio scolastico, inaugurato nel 1897. La realizzazione dell’edificio scolastico consentì di accedere a un pre- stito agevolato, previsto solo per tali costruzioni (legge 18.07.1878 n.4450). Per sede della Casa comunale l’Amministrazione chiese e ottenne dal Ministero della Pubblica Istruzione l’autorizzazione a usare i locali dell’ultimo piano del citato edificio scolastico. Una targa ricordo, esistita fino al sisma del 1980, riportava: “Questo edi cio è stato ricostruito sui vecchi ruderi comunali - Sinda- co Comm. Potito de Sanctis - Costruttore Matteo Saggese - 1895”. La Casa comunale fu attiva fino al 1965, poi trasferita nella nuova sede in via Marconi, 39. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 309

La vecchia sede dopo i restauri per danni del sisma del 1980, fu de- stinata a Biblioteca Comunale fino al 1999 e dal 2003/2009 fu sede del F.O.A.C. (Fondo Osservatorio Astronomico Castelgrande). Nell’ambito di programmi in Basilicata dal 2007/2013 con fondi FE- ASR (Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale) è stato anche destinata a sala multimediale.

SCUOLA E EDIFICIO SCOLASTICO La scuola, essenziale strumento di civiltà, è stata fin dalle sue origini subi- to promossa e diffusa, nel mondo, dalla Chiesa cattolica a sostegno del miglioramento della condizione dell’essere umano. Essenziale l’apporto della clas- se sacerdotale, di ogni ordine religioso, per l’insegnamento e delle strutture presso cat- tedrali, monasteri, e altre ovunque disponibili. Importante e per lun- go tempo fu il ruolo degli amanuensi, in genere mona- ci, per la produzione di libri scritti a mano, fino a quando la tecnica fu rivoluzionata, nel 1444, dall’invenzione, a Magonza, dei ca- ratteri mobili per opera dell’orafo tede- sco Giovanni Gutemberg. L'invenzione consentì maggiore produzione e diffusione di libri stampati per supportare il bisogno di scolarità e cultura tra i cittadini. La Bibbia fu il primo libro a essere stampato, le iniziali 180 copie furono messe in vendita a Francoforte nel 1447. A Castelgrande la scuola, ebbe il primo specifico edificio nel 1897 con sede in Largo Municipio, ora Piazzetta Potito de Sanctis, da più di un cinquantennio trasferita nella più moderna e ampia sede, inaugurata nel 1963, in via Guglielmo Marconi, 35. La nuova struttura, in origine, fu sede delle scuole elementari, un tempo numerose di classi e di numero di alunni, poi anche delle scuole medie. A oggi, per mancanza di alunni, dovuto al tracollo demografico, 310 Giuseppe Maria Lotano

a servizio della residuale gioventù in età scolare, secondo il riordino del sistema scolastico, è sede di: - Scuola dell’infanzia (ex Scuola Materna) - Scuola primaria (ex Scuola Elementare Statale “G. Fortunato”) - Scuola secondaria di primo grado (ex Scuola Media "G. Gasparrini”) Dette scuole sono strutturate in pluriclasse, ovviamente con og- gettive difficoltà per i tempi delle attività dei soggetti protagonisti, in- segnanti e alunni, i primi costretti a frazionare durante la stessa fascia oraria impegno per lo svolgimento di programmi diversi e i secondi per riduzione di attività didattica loro dovuta per l’apprendimento. Alle pluriclassi, oltre che costituirle, occorre dedicare adeguati mezzi e risorse umane. Esse sono un modello didattico sperimentato e adottato in diversi Paesi, occidentali o in via di sviluppo, poiché il gruppo misto favo- risce, per effetto d’imitazione, relazioni di scambio tra diverse fasi di apprendimento coesistenti, da cui l’arricchimento della capacità di relazionarsi e di approccio a nuove conoscenze, ma generano diffidenza là dove non sono supportate da appropriate, complessive risorse. Negli anni sono stati conseguiti riconoscimenti ma in questo pe- riodo, per quanto sopra detto, con maggiore aggravio di impegno per gli insegnanti, in ambito regionale e Diocesano, per la qualità dei progetti di ricerca realizzati per educare gli alunni a esperienze di rapporto diretto con il territorio, conducendo analisi e rilevazioni per approfondire la conoscenza delle proprie radici, tradizioni, am- biente, concittadini. Si riportano alcuni dei lavori premiati, coordinati dalla insegnante Vincenza Maria Gerarda Lisanti: Il Giubileo del 1950; Alla scoperta delle proprie radici. Tradizioni pasquali di Castelgrande - 2003. Ora l’insegnante, in pensione, ha portato a compimento la pub- blicazione di un lavoro da lei coordinato e realizzato nell’A.S. 1995- 1996, per educare gli alunni alla ricerca diretta sul territorio di te- matiche rivolte “Alla scoperta delle proprie radici”, avendo cura di registrare quanto vissuto dai protagonisti durante e dopo la prima Guerra Mondiale. Il libro è stato presentato a Castelgrande, in data 15.12.2018, a cura dell’Associazione Guglielmo Gasparrini Sommo botanico – ON- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 311

LUS, con il titolo “A FRONTE ALTA Castelgrande nella Grande Guer- ra” ADAFOR Ediz. Illavoro è ricco di testimonianze dei familiari di castelgrandesi, che parteciparono alla prima Grande Guerra, e analitiche schede dei singoli militi. Nel corso del 2017 è stato realizzato e premiato il cortometraggio1: Cinema delle Emozioni 2000 - Progetto Lucania Natura Madre 2018 - “Piccola” Guida Turistica di Castelgrande. Negli anni sessanta furono realizzati due insoliti eventi per le nu- merose scolaresche e per l’intera comunità. Cittadini posti lungo il belvedere della SS n. 7, oltre a trepidanti ed emozionati alunni dalle finestre della propria classe, poterono assiste- re al passaggio di una pattuglia di aerei militari, tra stupore indescrivi- bile e tacitato solo dall’assordante rombo di quei potenti motori. Nelle storiche e istantanee sfilate quelle macchine volanti, si tuf- farono accodate in picchiata verso la vallata del Marmo Platano, con rotta proveniente da Ovest in prosecuzione verso Sud-Est. Gli alunni stupiti dal roboante stormo di aerei non ebbero il tempo per tapparsi le orecchie e stropicciarsi gli occhi ma trafissero il cielo con lo sguardo dei loro sogni posti in cabina di comando e accanto ai piloti, per un attimo, si ritrovarono proiettati nell’azzurro del cielo infinito. Le esibizioni aeree furono possibili per interessamento di mio zio, il concittadino Antonio Marinaro, M.llo dell’Aeronautica Italiana a Galatina. Altro spettacolo nel cielo di Castelgrande fu organizzato dalla so- cietà Sidigas, in occasione della fiera del quattro luglio 2004, con cin- que aerei superleggeri, che si esibirono realizzando volteggi e acroba- zie varie, per la esibizione molti furono gli spettatori giunti anche da comuni viciniori. Eventi positivi e particolari non si dimenticano e se disinteressati insegnano a promuovere e testimoniare il fondamento della cultura e dell’altruismo tra gli osservatori.

1 Hanno partecipato alla realizzazione del cortometraggio: Il Dirigente Scolastico prof.ssa Rosaria Papalino – Amministrazione del Comune di Castelgrande – Associazione Aphe- lion – Docenti e Collaboratori del plesso di Castelgrande – Musiche www.bensound. com Collaborazione: sig. Gennaro Musella, sig.ra Simona Musella. Protagonisti alunni Scuola secondaria di primo grado: Lorenzo Tirico, Gerardo Lamorte, Giada Masi, Sabrina Cristiano, Tommaso Lamorte, Giuseppe Muro, Maria Masi, Mariateresa Masi, Rosa Fe- derici, Sara Pennimpede, Vito Gerardo Federici, Gaetano Errico, Damhe Nicolò Ndiaye, Vincenzo Cristiano, Antonio Masi. 312 Giuseppe Maria Lotano

UFFICIO POSTALE (CAP 85050) Gli “uffici postali” divennero rete unica del servizio pubblico italiano con l’istituzione delle Regie Poste, 5 maggio 1862, che furono formulate secondo il modello delle Poste sabaude e assorbirono tutte le diverse organizzazioni postali degli Stati preunitari. Esse oltre al concetto di servizio pubblico introdussero la disciplina unica circa l’inviolabilità delle lettere e della tariffa, quest’ultima con l’adozione del francobollo, applicato in base al peso e non alla distanza. L’uso del francobollo sul territorio peninsulare fu già introdotto nel 1850, mentre nel 1874 fu introdotta la cartolina postale e poco dopo la cartolina illustrata. Nel 1881 fu istituito anche il servizio dei pacchi postali. Con la prima Guerra Mondiale fu inaugurato il servizio postale aereo. Oggi il numero quotidiano degli inoltri delle poste italiane è supe- riore a ventimilioni di unità. Dalla documentazione storica disponibile risulta che il primo Uffizio di distribuzione postale a Castelgrande fu istituito nel 1867, sotto la re- sponsabilità della Direzione Compartimentale delle Poste di Napoli, con l’avallo del Ministero dei Lavori Pubblici in cui era allora incardinata la Direzione Generale delle Poste e Telegrafi. (Fonte: Archivio Centrale dello Stato, Direzione Generale Poste - Busta 95, Fasc. 29543). L’istituzione fu deliberata dalla “Provincia di Basilicata - Circonda- rio di Mel - Comune di Castelgrande - Popolazione 3.352 - delibera del 6 maggio 1867 - Oggetto: Impianto di un uf zio di distribuzione posta- le nel Comune di Castelgrande“ che prevede di pagare 186 lire annue a copertura delle spese di trasporto della posta da Castelgrande all’Ufficio postale, propriamente detto, più vicino e 150 lire di stipendio annuo all’incaricato del servizio scelto dall’amministrazione postale. Si precisa altresì che la distribuzione della posta sarà giornaliera e che si eseguirà anche il servizio di vaglia. Intervenuti quattordici consiglieri: Federici D. Gaetano di Gerardo / Carusi D. Francesco fu Giambatti- sta / Ruocco Pietro fu Arcangelo Cristiano D. Vito di Girolamo / Masi D. Diomede / Masi D. Gianstefano di Isidoro / Enrico Vincenzo fu Gaetano / Federici D. Vito fu D. Camillo / Federici Domenico fu Angelo Maria / Federici Giuseppe fu Martino / Federici D. Angelo Maria fu Angelo An- tonio / Coppola Giuseppe fu Carlo / Lamorte Nicola fu Andrea / Masi Giuseppe fu Vincenzo. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 313

Mancanti quattro consiglieri: Cianci D. Fabrizio / Desantis Lorenzo fu Giuseppe / Lisanti D. Gian- leonardo fu D. Aniello / Cristiano Giovanni fu Saverio. IL PRESIDENTE riconosciuto legale il numero dell’adunanza - aperta la discussione sull’oggetto su indicato - quindi sulla proposta del Presi- dente sul servizio di posta interna ….. FIRMATO: Il Sindaco: Gaetano Federici Il Consigliere anziano: Francesco Carusi Il Segretario Comunale: Felice Antonio Masi A seguito di detta delibera il servizio di posta, prima garantito dal borgoma- stro, fu assicurato dall‘Uf zio di distribuzione postale. Il primo concittadino ti- tolare dell’incarico di “com- messo” dell’uf zio di distri- buzione postale nominato dalle Poste fu Nicola Masi di Benedetto, nato nel mag- gio del 1842, professione proprietario indicazione del locale ammobiliato che si de- stinerebbe ad ufficio Largo Chie- sa, 50. Nicola Masi si impegnò ad accettare: l’indennità annua delibera- ta, aumentata a 210 lire nel 1872; a prestare una cauzione di 10 lire e un’ipoteca o dejussione di 2.000 lire; ad avere come suo sostituto di servizio Masi Luigi di Vincenzo. La qualifica di Commesso fu attribuita dopo i controlli di rito sulla fedina penale come da Certi cato di perquisizione Criminale e Corre- zionale, da cui il Quadro di notizie sull’individuo che si propone per Commesso postale nel suddetto Comune la condotta morale e politica fu definita Buona e Ottima. Si riportano i dati di un primo resoconto del traffico postale della comunità di castelgrandesi e un aggiornamento al 2017, compatibil- mente con qualche variante di classificazione delle attività avvenuta nel frattempo. 314 Giuseppe Maria Lotano

Tabella 2 - UFFIZIO DI DISTRIBUZIONE DI CASTELGRANDE - VOLUME DI TRAFFICO NEI PRIMI ANNI DI ATTIVITA E AL 2017 ANNO TRAFFICO 1869 1872 1882 2017 LETTERE (a) 965 3.048 5.157 199 CARTOLINE (b) - - 1.053 STAMPE (c) 36 36 104 PACCHI ACCETTATI - - 30 56 PACCHI DISTRIBUITI - - 53 NUMERO COMPLESSIVO 2.069 3.116 (d) 5.289 1.134 OGGETTI DI CORRISPONDENZA VAGLIA EMESSI 99 140 223 (e) 135 VAGLIA PAGATI 19 23 106

(a) comprese raccomandate, assicurate e in franchigia (b) introdotte in Italia nel 1874 (c) di cui 30 giornali (d) non comprende stampe, cartoline e altro non classificato come “corrispondenza” nelle statistiche all’epoca (e) comprende anche sistemi di trasferimento denaro diversi dal vaglia disponibili da alcuni anni

Fonte: Archivio Storico di Poste Italiane - 1869, Settima Relazione sul servizio postale in Italia 1872; - 1872, Relazione sul servizio postale in Italia 1872; - 1882, Relazione sul servizio postale in Italia 1882.

Il Comune di Castelgrande è indicato anche perché luogo di nascita di un impiegato delle Regie Poste, sig. Angelo Cristiano, nato il 9 otto- bre 1880 da Felice e Masi Maria Luigia. Del citato concittadino Angelo Cristiano sono riportate le seguenti informazioni: “Assunto nel 1905, Matricola n. 4050, Titolo di studio: Ingegnere. Quali ca: Alunno,1905; Uf ciale sesta classe, 1905; Uf ciale quinta classe, 1906; Uf ciale PT, 1910; Segretario, 1919; Consigliere, 1922. Trasferimenti: Torino 1905, Napoli 1908, Milano 1911, Roma 1919, Milano 1925, Sassari 1926”. (Fonte: Registro Matricolare - Archivio Storico di Poste Italiane).

Oltre gli Uf zi principali, presenti in numero ridotto sul territorio e suddivisi in classi secondo l’importanza e servizio offerto al pubblico, ve ne erano altri detti Uf zi di distribuzione postale, erano uffici minori e non avevano un Direttore. Il personale incaricato ne assumeva tutte le spese di gestione e fino PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 315

a metà del novecento vigeva l’ereditarietà dell’incarico, con possibilità per altri di praticare anche lavoro volontario definito d’impiegati ap- prendisti non retribuiti, se aspiranti a detta occupazione e di età tra quindici e venticinque anni. Il Ministero delle Poste e dei Telegrafi fu istituito nel 1889, assumen- do nomi diversi nel tempo. Nell’ottocento gli uffici non chiudevano neanche la domenica e fino al 1945 il recapito postale era praticato anche di domenica mattina. Nel 2001 l’Amministrazione postale fu privatizzata, divenendo Società per Azioni, col nome di Poste Italiane S.p.A., con capitale per il 65% dallo Stato italiano e per il 35% dalla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. (CDP), a oggi quotata in borsa, quindi chiunque può diventa- re socio e tra i grandi azionisti ci sono anche fondi americani, arabi, cinesi. A Castelgrande oltre l’i- niziale servizio postale con sede in casa di Nicola Masi, nant a la chies - Largo Chie- sa, 50 - ora Piazza Matteo Cristiano, altre sedi, sono state in: piazzetta Potito de Sanctis, presso l’abitazione di ron Vicjnzin Cristiano fino agli anni cinquanta, poi in Piazza Dan- te, presso un locale di proprietà An- tonio De Santis, e dagli anni sessanta in via Roma in locali di ze Mariuccia De Ruvo fino al terremoto del 1980. Dopo il sisma e fino al 1992, nei locali dell’Ambulatorio comunale in via Gaetano Federici, al rione Costa, poi in un prefabbricato al rione Accolta posto in uscita del paese. Oggi l’originaria buca delle lettere, tradizionalmente situata sulla parete esterna lateralmente all’ingresso del locale Ufficio postale, ove s’immetteva il plico da spedire, non esiste più, perché sostituita dalla cassetta metallica colore rosso con la dicitura POSTE e adesivo di colo- re bianco e giallo, colori delle poste Italiane, con indicazione dell’ora- rio in cui il materiale raccolto è prelevato per lo smistamento. L’attuale sede postale è in via santa Maria di Costantinopoli, 10, mo- derna struttura antisismica, articolata su tre livelli per totale di 313 mq 316 Giuseppe Maria Lotano

e di 852 MC, realizzata dopo il sisma da Italposte e inaugurata nel 1992, la sede è proprietà di Poste italiane. Il servizio postale con l’entrata in vigore del Contratto di program- mazione 2015-2019, tra il Ministero dello sviluppo economico e Poste Italiane S.p.A. e registrato alla Corte dei Conti il 19 febbraio 2016 al numero 436, all’art. 2, punto 6, è così disciplinato: "Al ne di assicurare la sostenibilità del servizio universale in rela- zione alle risorse disponibili di cui al successivo articolo 6, la Società, in conformità a quanto previsto dagli articoli 3 e 12 del decreto legisla- tivo n. 261 del 1999 e dalle deliberazioni dell’Autorità, effettua il ser- vizio di raccolta e recapito degli invii rientranti nel servizio universale a giorni alterni …" La cittadinanza può usufruire dei servizi postali solo il lunedì, mer- coledì, venerdì. Una scelta operativa che sottrae alla collettività un servizio essenzia- le e sociale, ma non è il solo settore che toglie linfa al mantenimento di funzioni importanti per contrastare la progressiva emarginazione dei comuni di aree interne o di piccole dimensioni. Il fenomeno corrode l’appetibilità di residenza nell’area ma occorre scommettere sulla possibilità di sviluppo. Non trascurare che l’equilibrio e conservazione diffusa di utili ser- vizi sul territorio è interesse sia locale sia delle stesse aree forti della nazione, poiché assicura parità di trattamento ai cittadini e concorre al mantenimento in loco di popolazione che contribuisce alla conserva- zione e valorizzazione del patrimonio generale di cultura e ricchezza della storica diversità della collettività nazionale e dei suoi paesaggi, cui bisogna dedicare attenta politica di governo.

LA BUCA DELLE LETTERE Simbolici ambasciatori, presso gli utenti, di questa immensa macchina del servizio postale sono sempre stati: la buca delle lettere e il portalet- tere. Il primo elemento di carattere materiale, il secondo umano, insieme sensori emotivi di relazioni con l’esercizio della comunicazione. La buca delle lettere, in particolare la feritoia di accesso al contenito- re per la raccolta, ha presentato diverse configurazioni e fregi nei suoi cinque secoli di storia: inizialmente in pietra e poi, in legno, metallo. Certamente prima della buca delle lettere è nata la scrittura, che ha consentito l’uso di uno strumento di comunicazione del pensiero e la PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 317

necessità di veicolarlo inizialmente riportato su tavole di argilla e, per evoluzioni nel tempo, su legno, papiro, pergamena, carta. L’invio di notizie scritte ebbe inizio nell’Impero persiano e nella Gre- cia post-alessandrina ma si sviluppò e perfezionò con l’Impero Romano all’epoca di Augusto, per scambi d’informazioni militari, poi anche di carattere privato, sull’intero territorio dell’Impero, e il sistema postale ebbe diversi nomi “cursus publicus – cursus vehicularis – cursus fiscalis”. Con la caduta dell’Impero di Roma anche il complessivo servizio postale cessò e si frazionò in diversi modi locali. Fu Carlo Magno a ripristinare in parte il sistema diffuso della rete postale, finalizzandola a necessità di corte. Nel VI secolo con San Benedetto da Norcia (480 – 545) e successivo espandersi degli ordini monastici tra VIII e XII secolo sorse una rete di corrieri fondata sugli spostamenti dei monaci tra i diversi monasteri d’Europa e centri di studio, detti “nun- cii volantes” oppure “rotu- larius”, che consentìrono la veicolazione di documenti accuratamente trascritti con prezioso lavoro di amanuen- si in stanze laboratorio dette “scriptorium”. Altro impulso e nuova rete di diffu- sione originò per esigenze culturali tra Uni- versità nel XII e XIII secolo (Bologna nel 1088, Parigi nel 1215 e Napoli nel 1224 sotto l’egida di Federico II). Così pure tra il XIII e XIV secolo tra corporazioni mercantili. Per l’intensificarsi degli scambi e necessità sorsero specifiche confra- ternite di corrieri e tra le più note fu la “Compagnia dei Corrieri Ber- gamaschi residenti a Venezia”, in genere originari della val Brembana. In Italia nel XIII secolo si diffuse l’uso della carta e i mastri cartai di Fabriano studiarono un collante sostitutivo dell’amido, che neutralizzava l’aggressione d’insetti divoratori di carta e da ciò la fama dei prodotti delle loro cartiere. Questa succinta informativa sugli strumenti per la scrittura e or- ganizzazione dei corrieri evolve continuamente con strumenti più 318 Giuseppe Maria Lotano

sicuri e tempestivi, fino a giungere all’attuale “buca delle lettere”. La buca delle lettere ha sempre sprigionato “magia” perché, chissà per quale motivo, inculca nell’utente credenziale di capacità di accettare un plico, di mediare tra gli attori, di assicurare una risposta, che quando disattesa è sempre incompresa. Solo il tempo darà altre risposte, nessuna inerente alla richiesta inol- trata e spesso quella “buca delle lettere” si trasforma in una «buca…. nera”! Forse la sua “magia”, in diversi casi, è l’avere fatto passare il tempo attribuendolo all’eventualità che a qualcuno necessitasse per predispor- re la risposta desiderata.

IL POSTINO “TABELLARIUS” “Tabellarius,ii” - sostantivo latino, indica chi esercita l’attività di “corriere / postino”, quindi addetto a portare “tabella, ae” tavolette per scrivere, lettera. Rufo è il nome di un cittadino romano, di fede cristiana e con attività di tabellarius, martirizzato nel 303 p. C. durante le persecuzioni dell’im- peratore Diocleziano (284-305 p. C.). Nel “Coemeterium Maius” (Mus. Lat. XII, ora nei Musei Vaticani) sulla via Nomentana in Roma, adiacente a quello di sant’Agnese, fu ritrovato un loculo recante l’epigrafe: RVFVS TABELLARIVS DEPOSTVS IIII IDV - DEC ( Rufo portalettere sepolto il dieci dicembre). Esso testimoniava sia san Rufo martire, vi erano incise le palme quale emblema tradizionale del martirio, sia il suo lavoro di TABELLARIUS, cioè portalettere o corriere. Nel 1975 san Rufo martire, tabellarius, fu eletto patrono dei portalet- tere e in calendario è ricordato il 28 novembre, in cui la Chiesa celebra la ricorrenza dei SS. Innocenti Martiri. È venerato nelle Marche nel borgo medievale di Belvedere Ostrense (Ancona), dove la reliquia giunse da Roma il 13 aprile 1808. Al Santo sono attribuite diverse guarigioni, dalla cecità, alla podagra, a ferite che non rimarginano, a dolori reumatici e a paralisi. Il paese di Belvedere Ostrense, di 2.209 residenti a dicembre 2017, ha un’antica tradizione cristiana confermata dai natali del: Servo di Dio: prof. Enrico Medi; P. Nicola Santini (1699-1776); venerabile: P. Teodoro Mei (1587-1637); vescovo: Pietro Paolo Tosi (1714); cardinale: Giovanni Antonio Benvenuti (1756). Il parroco don Antonio Caprini, nel 1798, volle affermare tanta va- lenza di numerosi concittadini interpreti eccellenti della fede e di una comunità attenta e osservante dell’insegnamento cristiano, avanzando PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 319

richiesta di un’assegnazione di reliquia al Prefetto del Tesoro delle SS Reliquie, per avere in loco sacra testimonianza della cristianità storica della Chiesa e poterla venerare. La richiesta fu accolta e il 4 marzo 1808, la Prefettura fece giungere alla chiesa di Belvedere Ostrense i resti di San Rufo, costituiti da: il capo, le due clavicole e rimanenti ossa, oltre all’ampolla di creta con il sangue del martire, trovata nella sua tomba. La reliquia subito fu posta su di un cuscino di seta rossa e con molto entusiasmo accolta e venerata da grande numero di fedeli. L’afflusso dei pellegrini indusse don Angelo Salvatori, intorno al 1850, a trasferire il simulacro del Santo, con i suoi re- sti mortali, nella chiesa parrocchiale di San Pietro apostolo. Il 9 novembre 1906 la reliquia fu incorporata in una statua di cera con abiti di seta, realiz- zata dal padre francescano Stefano Giancamilli, dei mi- nori di Ostra Vetere (AN), e rinchiusa in un’urna dorata munita del sigillo di garanzia del vescovo di Senigallia. Belvedere dal 1989 è an- che sede, nel palazzo di via Vannini, del Museo Internazio- nale dell’immagine postale, per testimoniare la storia di sistemi po- stali di quaranta nazioni diffuse tra cinque continenti. Nel 1996, il 13 aprile, le Poste italiane hanno emesso un francobollo raffigurante san Rufo e Belvedere Ostrense, per la serie Il patrimonio artistico e culturale italiano.

CHIESA MADRE La “Chiesa Madre” è detta anche “Chiesa Centrale”, perché Parrocchia e diretta dall’Arciprete, ritratta nella foto sopra, prima del sisma del 1980 che l'ha distrutta, come pure fu distrutta dai terremoti del 1694, del 1857, del 1910. Si è sempre spinta oltre ogni danno con dinamica 320 Giuseppe Maria Lotano

di atleta proiettato in un salto triplo, per vivere incontrastato ruolo di “Madre”. Dalla sua origine del 1400 fino al 1980, e poi dal 2008, con impeti, sempre più in avanti, possibili solamente a chi ha forza di “Madre”. A Lei è riconosciuto che niente la supera, nulla la distrugge, acco- glie tutti, aspetta ognuno, dà inizio alla vita, difende la vita. Una “Madre” sa dominare gli eventi ad ogni costo, sa vivere la solitudine delle difficoltà, dell’abbandono, accarezza e condivide i sogni dei suoi figli senza sfiorarli, la sua energia di “Madre” è pura e con eterna sapienza sorgente di certezza. Il suo nome di madre è l’Assunt, l’Assunta. La sua dimora è sempre stata la “Chiesa Centrale”, finemente de- corata all’interno e con l’eleganza esterna del “riccio”, quest’ultimo di antichissima tradizione e prezioso patrimonio estetico da tutelare e che tipizza l’agglomerato urbano del paese. Il riccio è un rivestimento ottenuto da sapiente impasto di ce- mento, calce bianca, sabbia bianca, brecciolino, idoneo a tutelare e caratterizzare le opere murarie, purtroppo la ricostruzione non ha tenuto conto di detta specificità, ma la disattenzione generale è stata grave e distorcente. Gli effetti distruttivi del sisma lasciarono indenni, della Chiesa Madre, solo la facciata seicentesca, il campanile, il maestoso portone d’ingresso di legno intagliato. Quest’ultimo realizzato su disegno di Mons. Francesco Masi, nel 1962, dal concittadino e Maestro di intaglio e falegnameria Aniello Bologna (Castelgrande, 05.12.1899 - 26.12.1968). Terminata la ricostruzione della chiesa la sua Dedicazione e ria- pertura al culto, fu effettuata il 9 febbraio 2008.2 L’universalità dell’amore della Madonna spira in ogni latitudine ed è simboleggiato dalla “rosa dei venti” rappresentata sul pavimento della Piazza Matteo Cristiano, antistante l’ingresso della Chiesa.

2 La Dedicazione è ricordata, su lapide posta affissa sulla parete a sinistra dell’ingresso in chiesa, con le seguenti indicazioni in latino elaborate dal prof. Cosimo Rizzo di Nardò e così tradotte: “Questo Tempio dedicato a Maria SS. Assunta in cielo - il terremoto distrusse il 23 no- vembre 1980 - e fu causa di morte - di undici cittadini tra cui anche Michele Federici - Arcivescovo di Frosinone-Veroli e Ferentino. Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali - ricostruì - la comunità parrocchiale arredò - essendo Sommo Ponte ce Benedetto XVI. - Agostino Superbo Arcivescovo Metropolita di Potenza - Muro Lucano - Marsico Nuovo - riaprì al culto - il 9 febbraio 2008. - il parroco Salvatore Dattero - e il popolo esultanti - rendono grazie a Dio”. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 321

In essa dopo la mia nascita, avvenuta in Ronco Luigi LaVista, 8, fui portato presso la maestosa vasca in pietra locale della fonte bat- tesimale ed ebbe inizio la mia vita di cristiano cattolico ricevendo il sacramento del Battesimo “Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”, in data 5 luglio 1944, trascorsi alcuni anni, ricevendo la santa prima Comunione e la Confermazione (Cresima), divenni Soldato di Cristo, in data 18 maggio 1952. Tappe essenziali della mia vita di cristiano e di responsabilità di testimonianza da vivere. Ora quella fonte battesimale è solo un ricordo, perché trafugata durante le varie fasi confusionali del post terremoto, così pure altre sacre dotazioni, tra cui le campane di San Pietro e del Purgatorio, gli altari in pietra rossa locale, l’organo e colonnine di marmo. (Fonte: SPIRAGLIO – Anno III n. 11 - del 1998 - da: Le chiese di Castelgrande dopo il ter- remoto del 1980, di Don Francesco Masi).

SANTO PATRONO San Vito Martire, detto anche di Lucania, fu nominato Patrono nel 1882, su richiesta parrocchiale al Papa e perfezionata dall’Arciprete don Vincenzo Pasquale De Sanctis. Il Santo era unanimemente invo- cato dai fedeli per i suoi innumerevoli prodigi. Al Patrono è dedicata l’omonima cappella all’ingresso Nord del paese, costruita su di una precedente piccola cappella rurale che si presume risalga al 1729. Detto anno è riportato, fuso in rilievo su di una campana della cappella, esso in genere si apponeva per indicare la data di consacrazione al culto. A San Vito (290 d. C. - 303 d. C.) la tradizione attribuisce origine siciliana, dubbia se di Mazara del Vallo o di Marsala, unico dato certo è che visse in Lucania. Vito era un giovanissimo patrizio, i genitori Hylas e Bianca erano osservanti pagani ma la sua nutrice Crescenza e il marito e maestro Modesto, ferventi cristiani, lo battezzarono segretamente. Vito da adolescente divenne noto per i suoi numerosi prodigi. La fama raggiunse Roma e l’imperatore Diocleziano lo convocò, perché guarisse il figlio tormentato dall’epilessia. Di fede irremovibile e con ogni mezzo contestato dal padre pa- gano, non volle abiurare neanche a fronte dei vantaggi propostigli da Diocleziano, che vista la determinazione del giovane ne ordinò l’uccisione, insieme alla nutrice e al maestro Modesto. 322 Giuseppe Maria Lotano

Vito santificato fu proclamato Martire ed eroe della Chiesa catto- lica, furono santificati anche Crescenza e Modesto. San Vito fa parte dei quattordici Santi Ausiliatori, gli altri sono: Acacio, Barbara, Biagio, Caterina d’Alessandria, Ciriaco, Cristoforo, Dionigi, Egidio, Erasmo, Eustachio, Giorgio, Margherita, Pantaleone. Ai Santi ausiliatori il popolo cristiano si rivolge per particolari necessità e malattie. Per questo San Vito è invocato per guarigioni da malattie, molto particolari e difficili, in prevalenza neurologiche, di cui una è detta ”ballo di San Vito”. Il Santo è anche patrono di: ballerini, attori, albergatori, birrai, calderai, bottai, vignaioli, farmacisti, muti e sordi. La festa liturgica secondo il calendario giuliano, cioè calendario solare basato sul ciclo delle stagioni, ricorre il 15 giugno. Nel 1829 il Sindaco dott. Pietro De Sanctis ottenne che alla festivi- tà seguisse anche un giorno di fiera di merci e bestiame. Il decreto del 15 agosto 1835, nella successiva delibera consiliare del 21 novembre 1890, stabilì che a Castelgrande la ricorrenza festiva fosse nei giorni 4 e 5 luglio per consentire ai numerosi lavoratori stagionali, che migravano in Capitanata (Puglia) per lavori di mieti- tura, di potere partecipare, al rientro in famiglia per fine stagione di lavoro, alla festività patronale. (Fonte: Castrum de Grandis – Castelgrande / Don Francesco Masi). Il 25 maggio 1900 fu approvata dal vescovo Raffaele Capone la formazione tra i fedeli del paese della “Congrega di San Vito”. Inizialmente gli aggregati sottoscrittori della quota sociale furono sessantaquattro uomini e ventiquattro donne. Delle cinque confraternite costituitesi in paese a scopo di culto: Conf. della SS. Trinità, Conf. del SS. Sacramento, Conf. del SS. Rosa- rio, Conf. dell’ Immacolata, Conf. di San Vito, la Confraternita di San Vito fu l’ultima, ed è ancora attiva. Il governo è affidato a un Priore, coadiuvato da sette dirigenti. La divisa è composta di un camice bianco, un cingolo, una moz- zetta di colore rosso. Lo Statuto iniziale, secondo il Diritto canonico, così stabiliva la principale finalità “… allo scopo di promuovere e accrescere la divo- zione verso il Santo protettore, di esercitarsi negli atti di pietà nei gior- ni festivi raccogliendosi nella cappella al Santo dedicata, e di mutuo affratellamento e suffragio nel decesso di ciascuno degli aggregati”. Il culto di San Vito è diffuso in Italia e tutta l’Europa ed è molto PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 323

venerato dalla Chiesa ortodossa, serba e bulgara. Le sue reliquie giunsero nel 925 a Praga e sono venerate nella Cattedrale a Lui intitolata. In Italia sono settantaquattro i comuni che lo venerano loro pa- trono, in Lucania: Albano di Lucania, Avigliano, Banzi, Castelgrande, Rapone. Tra i diversi fedeli di San Vito si è costituita l’associazione “San Vito Italia” emanazione diretta del “Coordinamento Nazionale di Paesi di San Vito”, sede della presidenza a San Vito lo Capo (TP) e segreteria a Nole (TO), finalizzata allo sviluppo del culto del Santo e della conoscenza tra “Sanvitesi”. (Fonte: San Vito Italia).

PARCO DELLA RIMEMBRANZA La collina posta frontalmente al paese è denominata “San Pie- tro” essendovi localizzata dal 1657 una delle tredici “chiese minori” dell’epoca e dedi- cata a San Pietro, Principe degli Apostoli. Essa ben presto subì una prima distruzione a causa del terremoto del 1694. Ricostruita fu attiva all’incir- ca fino al 1890, divenuta fatiscen- te fu sconsacrata dopo la prima Grande Guerra. Nel 1930 il Podestà Pasquale Cataldi, sulla facciata del lato maggiore del perimetro di detta ex chiesa, esposta ver- so il paese, fece posizionare la lapide commemorativa dei caduti della Grande Guerra e nel territorio annesso, utilizzato nel 1650 per seppellire le vittime della epidemia della peste, fu realizzato il Parco della Rimem- branza, a ricordo di tutti i militi che persero la propria vita in guerra. La modalità di dedicare un’opera per “Rimembranza” dei caduti del- la Grande Guerra ebbe origine in Canada, nella città di Montreal, dove fu realizzata una “Strada della Rimembranza”, fiancheggiata da alberi. L’idea piacque a Dario Lupi (San Giovanni Val d’Arno (AR), 28.03.1876 - Roma 14.12.1932) e, nel 1922, sottosegretario alla Pubblica Istruzione la propose al Ministro, che il 27 dicembre 1922 inviò a tutti i Provveditori agli Studi una lettera circolare con la quale si richiedeva:“...che le scola- 324 Giuseppe Maria Lotano

resche d’Italia si facciano iniziatrici di una idea nobilissima e pietosa: quella di creare in ogni città, in ogni paese, in ogni borgata, la Strada o il Parco della Rimembranza. Per ogni caduto nella Grande Guerra, dovrà essere piantato un albero; gli alberi varieranno a seconda della regione, del clima, dell’altitudine ...”. Il corpo insegnante era tenuto a collaborare con i Comuni e Distretti Militari per formare l’elenco dei caduti. Definito il numero dei caduti e i relativi alberi, l’autorità municipale indicava il luogo per la loro piantumazione quale Rimembranza. In Italia occorsero più di cinquecentomila chiome di nuovi alberi, tanti quanti furono i caduti italiani. Il Ministero dell’Agricoltura fornì gratuitamente le piantine prescelte dalle Amministrazioni comunali. Già nel 1923 furono inaugurati in Italia 1.048 Viali o Parchi della Rimembranza. Successivamente, il 21 marzo del 1926, la legge n. 559, definì i Viali e i Parchi della Rimembranza “Pubblici monumenti”.

Rimembranza I caduti in guerra sono onorati, per il loro nobile sacrificio, con de- posizione di una corona da parte dei rappresentanti della municipalità, alla solenne cerimonia della "Rimembranza" partecipa tutta la comunità, ogni anno il giorno 4 Novembre. Nel 1921 tra undici bare di militi sconosciuti e altrettante madri, il 4 Novembre, scelsero una delle salme perché fosse portata dalla cattedrale dell’Aquila all’Altare della Patria, a Roma, per ricordare i caduti di tutte le guerre, cui resero gli onori militari: un fante, un aviere, un marinaio, un carabiniere, in rappresentanza delle forze armate italiane. A Castelgrande la lapide ai caduti, danneggiata nel 1980 dal crollo della ex chiesa, fu ripristinata e dal Sindaco Angelo Racaniello fu fatta riposizionare sulla facciata della parete in cemento armato, costruita sul perimetrodi detta ex chiesa di San Pietro. Essa riporta i nominativi dei concittadini caduti a causa della Grande Guerra (militi deceduti: in guerra, ventisette; in ospedale, quattordici; dispersi, undici) e con il monito:

“La Patria più grande fecero col loro sacri cio i gli suoi migliori le insigne virtù degli avi immortali nel cuore nel braccio tutti raccolsero esempio e monito severo a noi ai futuri”. Sulla stessa parete fu necessario apporre anche la lapide in memoria dei caduti della guerra in Africa (1935-1936) e della seconda Guerra PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 325

Mondiale (1940-1945), totali militi caduti trentuno. Per essi fu scritta una duplice ma breve dedica:

“caddero nell’adempimento del proprio dovere” “dolce et decorum est pro patria mori”

Purtroppo le guerre rare volte “insegnano” ma sempre “confermano” la cecità umana e politica dei contendenti di ogni conflitto armato. Una nuova lapide, allineata in mezzo a quelle per i caduti delle due Grandi Guerre fu posta a memoria di tredici concittadini vittime del ter- remoto del 1980. Tra esse due mamme con giovani figli, una residente sul posto l’altra a Laviano.

Tabella 3 - DECEDUTI A CAUSA DEL SISMA DEL 23 NOVEMBRE 1980 Mons. Federici Michele Vescovo Bologna Margherita 14.02.1943 Cerone Francesca 10.04.1911 Colucci Carmela 10.03.1948 Cristiano Antonio 02.10.1954 Gasparrini M. Gerarda 03.03.1909 Nardiello V. Pompea 09.05.1976 Paradiso Francesco 30.05.1899 Pennimpede Pasquale 10.08.1900 Travisano Gerri Franco 01.08.1974 Travisano Raffaele 19.07.1973 Alvino Maria (Laviano) 03.04.1935 Del Vecchio Gerardina (Laviano) 18.03.1966

A margine della parete in cemento, su di una targa, è specificato: “La liberalità della città di Galatone ha consentito il restauro di questo monumento danneggiato dal sisma del 23.11.1980 - Ca- stelgrande 4.11.1982”

Uno dei tanti gesti concreti della solidarietà del popolo italiano, unico d’instancabile impegno nelle azioni di soccorso sul territorio nazionale per calamità naturali e con dinamiche operative opposte alle lungaggini burocratiche. 326 Giuseppe Maria Lotano

Altra solidarietà giunse dalla Croce Rossa Svedese che donò, nel 1981, un capiente prefabbricato posizionato nel Parco della Rimembranza. In esso s’insediarono operatori della Croce Rossa Italiana e volontari per svolgere attività finalizzate ad assicurare agli anziani la distribuzione pasti, assistenza, intrattenimento, alfabetizzazione. Frequentarono il centro circa trenta anziani, fu attivo fino al 1982 compreso il periodo in cui le stesse funzioni furono gestite dal Comune. Cessata l’emergenza, il centro fu adibito a usi diversi, in particolare per incontri e luogo di riunione per i giovani, ultimamente sede della Pro- tezione Civile.

MEMORIA PER I DEFUNTI La perdita di una persona cara è un “lutto” termine dal latino “lugere” (essere in lutto, piangere, addolorarsi) e si accompagna anche a un segno esteriore, in genere un capo di abbigliamento in nero, per testi- moniarlo nei tempi e usanze. Nella tradizione cattolica il segno esteriore del lutto è indossato per un anno, in quella ortodossa per tre anni. La giornata in memoria di tutti i defunti s’ispira a un rito bizantino che ricorreva la domenica precedente di due settimane l’inizio della Quaresima, cioè tra fine gennaio e febbraio. Le civiltà più antiche facevano la commemorazione tra fine ottobre e novembre, periodo citato nella Genesi e riferito al Diluvio universale. Tale indicazione fu assunta nel calendario celtico ed ebbe seguito anche presso altre culture e per molti secoli. Papa Gregorio II nell’834 spostò la data della festività di “Tutti i Santi” dal 13 maggio al 1° novembre per sovrapporre il culto cristiano a quello celtico, al fine di cristianizzare la credenza pagana celtica del ritorno dei morti nelle notti tra il 31 ottobre e il 1° novembre. Di seguito la chiesa latina si uniformò alla riforma cluniacense del 998, attribuita al benedettino sant’Odilone di Cluny. La riforma stabilì che le campane dell’abbazia suonassero rintocchi funebri dopo i vespri del primo novembre e che nel giorno due l’offer- ta eucaristica fosse dedicata: ”pro requie omnium defunctorum”. Il rito in origine chiamato ”Anniversarium Omnium Animarum” si diffuse presso la quasi totalità dei popoli e nella Chiesa dal XIV secolo appare anche indicata nell’Ordo Romanus definitivamente redatto nel secolo VIII, contenente elementi dell’antica liturgia del PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 327

Papa, richiamata dal pontefice San Gregorio Magno, preoccupato per un possibile disuso di essa dovuto a problematiche di conflitto per guerre e assedi vissuti per lungo tempo.

CIMITERO COMUNALE La domanda cui non sappiamo dare risposta certificata, se non per fede o ateismo, comunque mai condivisa o unanime, è cosa ci atten- de dopo il tempo terreno della nostra vita. L’atteggiamento più riscontrabile davanti al fatto compiuto è quel- lo di starsene in silenzio e in riflessione. Solo uno dei più grandi poeti dell’umanità, Dante, ha dato forma e descritto l’ipotetico viaggio nell’aldilà e appare convincente. In assoluto nessuna cultura è indifferente verso le teorie del post mortem e nel dubbio almeno riserva al defunto degna sepoltura e continuità di attenzioni. Nelle società europee i cimiteri erano localizzati nel centro delle città, a ridosso delle chiese o direttamente nei vani sotterranei delle medesime. In Francia il 12 giugno 1804 Napoleone adotta il “Décret Imperial sur les sepultures” più noto come “Editto di Saint-Cloud”, che rap- presenta la raccolta organica delle diverse e saltuarie disposizioni emanate in materia di “polizia mortuaria” e “edilizia cimiteriale”, integrate da disposizioni innovative riguardanti temi di ordine sanita- rio pubblico, rito funebre, sepoltura, cimiteri, ossari, religione. Costituitosi il Regno d’Italia, la disciplina fu assunta nel R.D. 10/01/1891 n. 42 “Regolazione di Polizia Mortuaria” e nel R.D. 25/07//1892 n. 442 “Regolamento speciale di Polizia Mortuaria”. L’applicazione di quanto disposto non fu immediata e comportò non pochi problemi pratici e di contrasto sulla titolarità delle com- petenze tra Clero e Stato. A Castelgrande, da tempi non noti, principali luoghi di sepoltura furono due aree a ridosso di due chiese, Santa Sofia (presso l’ex Istituto Santa Maria degli Angeli) e San Sebastiano (alle spalle della croce in pietra del 1617, situata al Borgo, di cui è appena ricorso il quattrocentesimo anno della sua posa). Un ruolo essenziale per le sepolture lo ebbe anche la chiesa del Sa- cro Monte dei Morti, che da atti di alcune donazioni appare antecedente al 1621. Da tutti denominata del Purgatorio e situata alle spalle della Chiesa Madre posta sulla “preta gross” pietra grossa, nome dello spe- rone su cui insiste quella parte dell’abitato, che sovrasta il rione Pesco. 328 Giuseppe Maria Lotano

Abbandonata e sconsacrata fu demolita nel 1954. Durante detti lavori, con alcuni bambini coetanei, spesso si andava a curiosare sulle operazioni di esumazione delle ossa dai rocciosi sotterranei, che poste in un gran numero di sacchi erano trasferite in una fossa comune al cimitero. Altro luogo cimiteriale fu reso disponibile nel 1841, avendo il Sindaco Pietro Antonio De Sanctis disposto nel 1840 il divieto di tumulazione nelle chiese. Il sito fu realizzato in area prossima alla chiesa di Santa Maria di Costantinopoli e confinava con l’adiacente “vaggjon viv” torrente vivo, per lo scorrere continuo di acqua. La località si rivelò difficol- tosa per eccessiva distanza e scomodità di percorso dal paese. Nel 1845 per la sua contenuta dimensione, tra l’altro non incrementabile, esaurì la sua funzione cimiteriale per cui furono riattivati i precedenti siti. Solo nel 1880 si poté realizzare un altro cimitero in località “cop- polo” ma neanche quello si dimostrò di facile praticabilità. In seguito l’area ottimale per funzione cimiteriale, individuata in Località Cupa dal laborioso ed encomiabile Sindaco Notaio Potito de Sanctis, consentì la realizzazione del cimitero, inaugurato il 31 dicembre 1897, che a tutt’oggi serve la comunità.

Opere di arredo e ampliamento cimiteriale - Emilio Saggese, pregiato costruttore emigrato negli U.S.A., rien- trato a Castelgrande restaurò la facciata della Chiesa Madre e un ri- quadro ornamentale della facciata così ricorda “Aemilius Saggese Q. Matthaei – Archipresbytero D. Josepho Masi – Hoc opus erexit - A.D. MCMXXXIII”. Progettista e costruttore di opere in pietra lavorata, tra cui ponti stradali lungo la “Via del grano” e sulla variante per Bella, oltre a costruzioni e decorazioni in pietra di edifici privati e pubblici. Arredò il cimitero donando una splendida opera di colore bianco composta da una Croce con accanto la Madonna in preghiera, che posizionò centralmente alla lunghezza del viale principale, una targa così ne fa memoria: “A testimoniare la pietà verso i defunti la tene- rezza verso i suoi cari. Emilio Saggese fu Matteo” AD 1931

- Amministrazione comunale, negli anni 1970 e 1973, conside- rato anche le diverse richieste della collettività, realizzò loculi per complessive 176 unità, distribuite lungo il muro perimetrale sinistro, PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 329

entrando, per un totale di 116 loculi e lungo il muro perimetrale destro per sessanta loculi. Poi negli anni 1997 e 1998, per amplia- mento dell’area cimiteriale a latere del perimetro destro e alle spalle del primo lotto di loculi, ne realizzò altri 156 di cui quarantaquattro a uso ossario.

- Giuseppe Maria Lotano, nell’anno 2012, con istanza all’Ammi- nistrazione comunale, registrata al n° 1456 del 26.03.1912, ebbe pa- rere positivo per realizzare il recupero estetico e funzionale di una vasca in pietra in corpo unico, opera di artigianato locale realizzata nel 1932, in precedenza facente parte della fontana posta sotto l’arco di piazza Dante. La vasca dopo la disatti- vazione della fontana fu posta, precariamente, in un angolo a ridosso del muro di cinta del cimitero. Completati i lavori di re- stauro, la vasca ritornò al suo splendore e significa- to storico, poiché collocata sotto un arco in pietra, ri- prodotto con disegno ana- logo all’arco di piazza Dante, realizzato incavando lo spesso- re del muro perimetrale, nel tratto finale a destra dell’ingresso del cimite- ro e confinante con la cappella della famiglia Del Gaudio, anche essa realizzata con facciata in pietra (Contratto n. 83 del 12.01.1976 e costruita il 01.10.1992). Una lastra in pietra, affissa sul muro bugnato a sinistra della fon- tana, ricorda: “Chi beve l’acqua che io gli darò, entra nella vita eterna - Gesù”. Nell’interno dell’arcata, sulla pietra da cui affaccia il cannello dell’acqua, in rilievo è incisa la dedica: “In memoria di Francesca Del Gaudio 1915 - 2003 - i gli”. L’opera oltre ad essere magnifico adorno per il luogo di riposo eterno è una testimonianza di amore per tutti i defunti e utile servizio cimiteriale, da tutti fruibile. 330 Giuseppe Maria Lotano

- Vincenza Maria Gerarda Lisanti, da sempre scrupolosa e attiva insegnante dei giovani scolari del paese, con lodevole senso civico, notando i diversi danni prodotti dal tempo sulla lapide di suor An- gelina, posta nella cappella del sacerdote don Giovanni Quaremba, promosse nel 2016, tra la collettività, una raccolta fondi per poterla rinnovare a tutela della salma e della memoria della stimatissima suora delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che ha trascorso tutta la sua vita di consacrata nella casa salesiana di Castelgrande. L’esito positivo della colletta e la realizzazione dei lavori hanno confermato l’interessamento della cittadinanza a testimonianza di stima e affetto per suor Angelina, preziosa religiosa, e di apprezza- mento per il suo lungo e lodevole servizio a favore delle gioventù e delle famiglie. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 331

INFRASTRUTTURE Carenza costante

INFRASTRUTTURE STRADALI SS APPIA NUOVA n. 7 La “SS Appia Nuova n.7” (SS 7) ultimata nel 1925, attraversa cen- tralmente il paese ed è la strada preferita per una passeggiata con magnifico panorama sulla vasta vallata del Marmo-Platano-Melandro. Nel 1930 vi transitò Benito Mussolini, proveniente da Potenza passando per Ruoti ove inaugurò l’edificio scolastico, ora adibito a Casa comunale. Nell’occasione a Castelgrande il segretario politico dott. Vito Masi fece predisporre un piccolo palco al rione Borgo auspicando una sosta del Duce, che non avvenne. Nell’autunno del 1943, i tedeschi giunti a Castelgrande, incalzati dagli alleati, per proteggere la propria ritirata fecero saltare il ponte della Ruffiera, gli alleati superarono l’inconveniente aggirando il pa- ese dal rione Piesco e salendo per il Pascone. L’Appia Nuova originò a Roma per raggiungere Brindisi. Fu istituita nel 1928 con inizio da Porta San Giovanni in Latera- no. Il suo percorso ripete l’originario tracciato dell’Appia Antica ove possibile individuarlo o presumerlo per testimonianze di manufatti, ad esempio: presso Mirabella il “ponterotto” sul fiume Calore; pres- so Melfi il “ponte di santa Venere” sul fiume Ofanto; a Benevento il “ponte leproso”. Le varianti sono sempre numerate come “SS7”. L’Appia Antica originò nel 312 a.C. a Roma, da Piazza di Porta Capena. Fu decisa dal console Appio Claudio Cieco, per collegare Roma con Capua, primo centro per importanza dopo Roma. A conclusione del lungo periodo di guerre, contro Annibale e poi contro Pirro, i romani conquistarono Taranto e nel 268 a.C. il console Quinto Fabio Massimo, detto il “temporeggiatore” per le sue conti- nue astute azioni di disturbo all’esercito di Annibale, fece prolungare l’Appia, ormai giunta a Benevento, fino a Taranto e poi Brindisi, importante porto per i romani interessati a rotte verso Grecia, paesi d’Oriente, Egitto. 332 Giuseppe Maria Lotano

L’arteria stradale per il suo passato prestigioso fu definita “Regina Viarum” - Regina delle strade - dal poeta Stazio nel secolo I d.C., ancora oggi così osannata. La nuova SS7, da Roma raggiunge Brindisi passando per: Vel- letri-Terracina-Capua-Napoli-Marigliano-Avellino-Atripalda-Bivio Sant’Angelo dei Lombardi-Lioni-Ruoti-Potenza-Castellaneta-Taran- to-Francavilla-Brindisi. La classificazione amministrativa e numerazione delle SS iniziò nel 1928 a cura della fondazione A.A.S.S. (Azienda Autonoma Sta- tale della Strada) divenuta, nel 1946, A.N.A.S. (Azienda Nazionale Autonoma delle Strade). La numerazione delle SS consolari, così denominate perché volu- te dai consoli romani per collegare Roma con gli altri territori dell’Im- pero, procede in senso orario dalla sponda laziale del Mare Tirreno e, per direzione, così denominate: SS Aurelia n 1 (Lazio/Liguria) - SS Cassia n 2 (Lazio/Toscana) - SS Flaminia n 3 (Lazio/Umbria/Rimi- ni) - SS Salaria n 4 (Lazio/Marche) - SS Tiburtina Valeria n 5 (Lazio/ Abruzzo) - SS Casilina n 6 (Lazio/Molise/Campania) - SS Appia n 7 (Lazio/Campania/Basilicata/Puglia) . Ognuna è computata da Roma e inizia con Km 0+000 dal Foro Romano, dove il console Ottaviano fece impiantare per riferimento una colonna di marmo rivestita di bronzo dorato. La consolare Emilia, collega Milano con la costa adriatica riferen- do il Km 0+000 al Duomo. A oggi la rete di strade e autostrade (Fonte: ANAS S.p.A) sviluppa circa 26.000 Km, le SS cioè strade d’interesse nazionale sono 741, nell’insieme sviluppano circa 20.000 Km. Le rimanenti strade, se regionali l’acronimo è SR se provinciali SP, insieme sviluppano 154.948 Km, mentre le Comunali Km 1.300.000, e assumono numerazioni diverse. Stabilire il soggetto proprietario di una strada è per indicare il tito- lare responsabile giuridico della problematica che pone a confronto: infrastrutture, uomo, veicolo.

VIA DEL GRANO - SP ex SS 381 La “Via del grano” è raggiungibile a pochi chilometri, sia a Ovest che a Sud Est del paese. Fu la nuova denominazione dell’originaria arteria del Regno delle due Sicilie, Regio Cammino di Matera, che collegava le province di Principa- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 333

to Citra e Principato Ultra con le province di Basilicata e la Capitanata, regione storico-culturale nella Puglia settentrionale, antica Daunia. Ideata e progettata dall’attivissimo e ricchissimo Giuseppe Maria Valva, Marchese di Valva (SA), nominato dal Re Intendente Generale di tutte le strade del Regno, fu approvata da Ferdinando IV (1759 – 1825) con decreto 29 giugno 1789. Il Marchese Valva fu l’ultimo erede diretto di famiglia feudataria per otto secoli. La strada consolare Eboli/Matera, originaria "Via borbonica", che s’innestava a Eboli alla Via della Calabria, fu necessaria per ogni for- ma di commercio, in particolare per assicurare il rifornimento del prezioso e abbondan- te grano duro del Tavoliere delle Puglie ai rinomati pastifici di Amalfi, Maiori e soprattutto di Minori, che rifornivano il mercato della popolosa area napoletana, all’epoca il più grosso centro al mon- do di consumo di pasta. A Eboli in località Epi- taffio una lapide dell’epoca ricorda: “Regnando Ferdi- nando IV, provvidentissimo Re delle due Sicilie, da questo luogo no ad Atella dei Lucani, per circa 47 miglia, per interessamento dell’illustrissimo signor Giuseppe Maria Valva, Marchese di Valva, Regio Cubiculario, recidendo monti, livellando valli, superando con idonei ponti umi e torrenti, fu costruita questa strada rotabile nell’anno 1797”. Come ogni grande opera la realizzazione fu anche contestata, poi osannata per le opportunità commerciali sviluppatesi nei comuni che ne erano attraversati. Il comune di Castelgrande era alquanto prossimo all’arteria ma escluso dai benefici dei traffici perché non collegato. Dopo vicissitu- dini politiche e di difficoltà finanziarie, con decreto del 16 gennaio 1867, il Comune poté deliberare la realizzazione del raccordo strada- le di 4,3 Km, attuale SP 56, e collegò via Guglielmo Gasparrini con 334 Giuseppe Maria Lotano

la strada borbonica, intercettata nel luogo più prossimo chiamato “Varco della Strada”. Ora la storica via del grano è intercettata anche a valle del paese, a 5,8 Km dalla SS7, in contrada San Vito di Muro Lucano.

BARAGIANO / MURO LUCANO / NERICO Bretella stradale, progettata dopo il sisma del 1980, per collegare l’areaindustriale del Marmo-Platano, con la provincia dell’avellinese. Le altre aree industriali previste in Lucania, a seguito del sisma del 1980, sono state: Viggiano, San Nicola di Melfi, Isca Pantanella, Tito, Vitalba. Agli industriali che intervennero in dette aree, con legge 219 del 1981 e successiva 120 del 1988, furono assegnati fino al primo giugno 1990 con- tributi per complessivi millecentosessantasei miliardi di lire, per la prevista creazione di 6.078 occupati. (Fonte: Vita, morte e miracoli del terremoto 1980 di Gaetano Fierro EditricErmes, 2005 - PZ). L’idea del collegamento tra le aree industriali del versante lucano del Marmo Platano con quelle irpine della valle dell’Ofanto fu della Comunità Montana Marmo Platano e risale al 1978 /1979. I lavori per la bretella ebbero inizio nel 1981 e nel 1984/5 fu realizzata la galleria sotto il centro abitato di Castelgrande. L’opera procedeva molto a rilento e con enorme dispendio di risorse tanto che nel 1993 subì il fermo, come le altre opere pubbliche, per ordi- nanza del Ministro dei Lavori Pubblici, Antonio Di Pietro. Tali tempi inconcepibili e abissali per le finalità dell’opera e che avreb- bero comportato solo revisioni di costi per l’avanzamento dei lavori, sfo- ciò anche in una iniziativa di contestazione pubblica. Il parroco di Castelgrande, don Salvatore Dattero, ad ogni anniversario del terremoto del 1980, celebrava la santa Messa, in suffragio delle vittime del terremoto, radunando la popolazione all’ingresso della galleria nel tratto della bretella costruita sottostante l’abitato di Castelgrande. Nel 2007 nei mesi precedenti la celebrazione della santa Messa, fu or- ganizzata una raccolta di firme tra i cittadini dei diversi comuni dell’area per esprimere totale disappunto circa la lungaggine di realizzazione di una struttura viaria essenziale per vivacizzare le economie locali ulterior- mente aggravate dai danni del sisma. Le firme furono 3.000 e inoltrate alle autorità Nazionali e Regionali. Alla santa Messa del 23 novembre 2007, a cui partecipava sempre an- che l’ex Segretario di Mons. Michele Federici, concittadino vescovo di Fro- sinone che fu vittima del terremoto nella propria casa di Castelgrande, fu PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 335

presente anche il “TG3 Basilicata” e un foltissimo numero di concittadini. A fine Novembre, il Presidente Vito De Filippo indisse una Conferen- za di Servizio che si tenne presso la sede della Fondazione Orlando di Pescopagano e il Commissario ad acta ing. D’Ambrosio assunse l’impe- gno di completamento dei lavori della bretella entro un triennio. Solo nel 2009 si ebbe la ripresa dei lavori e il loro completamento era previsto in quattro anni. L’apertura al transito pur essendo stato più volte promessa, solo ve- nerdì 14 settembre 2018 è stata resa possibile per un tratto di undici chilometri, tra Muro Lucano e Castelgrande. Nella circostanza la percorribilità degli altri sei chilometri, tra Castelgrande e Pesco- pagano, fu prevista per fine anno 2018, anche questa data puntual- mente slitterà come tutte le pre- cedenti. La bretella progettata per facilitare collegamenti e at- tivare complementarietà tra le aree industriali interne, avrebbe anche ridotto sen- sibilmente i tempi di percor- renza verso l’area melfitana e pugliese, così pure quelle del versante campano. Tale opera per eccesso di len- tezza di realizzazione ebbe la nomea di “Incompiuta di Basilicata” e ancora oggi le compete a pieno titolo. Essa è costata trecento milioni di euro, nel tratto aperto al traffico si percorre con limite di velocità di sessanta chilometri all’ora. (Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno / MARMO - 15 settembre 2018). Si auspica sia tutta percorribile quanto prima, sono già maturati tren- tasette anni dall’inizio dei lavori, tempi a dire poco ciclopici e le aree più direttamente interessate hanno ormai risorse inconsistenti per prevedere possibilità di sviluppo cui l’opera era finalizzata. Considerato quanto si prospetta per la sua completa operatività l’o- pera a totale realizzazione potrebbe meglio meritare la nomea di "l’i- nutile di Basilicata" sicuramente per avere tradito ogni aspettativa e 336 Giuseppe Maria Lotano

obiettivi iniziali, fermo restando la validità di via di penetrazione in un territorio che merita di essere conosciuto e valorizzato. Sicuramente nel giorno della sua totale apertura al traffico circole- ranno solo quelle poche auto cerimoniali, nel silenzio di un contesto umano e territoriale offeso nella sua dignità e possibilità di salvaguardia.

INFRASTRUTTURA FERROVIARIA SCALO DI BELLA-MURO / TRATTA: NAPOLI - TARANTO Da sempre, per Castelgrande e comuni dell’area è l’unica e storica infrastruttura nazionale che attraversa il territorio tra l’Est e l’Ovest della Regione. Trattasi, ancora oggi, di percorso ferrato a binario unico ed elet- trificato solo dal 1994. Il collegamento tra le sponde del Tirreno e l’Adriatico era già un obiettivo del programma della Strada Ferrata delle Puglie sostenuto dal Re Ferdinando II del Regno Borbonico “… per collegare le più fertili e le più industriose contrade dei reali domini al di qua e di là del Faro….” e per collegare Napoli a Taranto, Brindisi, Otranto. Raggiungere detti porti era strategico più di tutto per gli scambi commerciali con l’oriente. Una prima proposta indicò la tratta: Napoli / Avellino / Manfredonia. Fu il napoletano prof. Ferdinando De Luca a proporre al Re il percorso alternativo per giungere a Taranto / Brindisi / Otranto, par- tendo da Napoli ma passando per Salerno e poi per la Lucania lungo la valle del fiume Basento. Proprio in quel periodo storico il regno dei Borboni iniziava a vacillare, poiché il generale Giuseppe Garibaldi avanzava da Marsala per realizzare il progetto di unificazione dell’Italia. Le attività per le infrastrutture ferroviarie tra Est e Ovest della pe- nisola italica (Fonte: www.trenidicarta.it/treno 8017) furono riprese a decorrere dal 14 giugno 1863 con l’affidamento alla Società per le Strade Ferrate Meridionali, costituita nel 1862, delle opere concer- nenti la tratta “Battipaglia/Eboli/Contursi/Potenza”. Il collegamento “Balvano/Baragiano” fu completato e inaugurato il 6 novembre 1877, nel 1880 fu raggiunta anche Potenza. Il completamento della Ferrovia Tirrenica Meridionale si conseguì nel 1895. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 337

Per i castelgrandesi lo scalo di Bella-Muro, distante 21,6 Km, ha sempre rappresentato la porta di uscita dal territorio locale e regio- nale per motivo di migrazione o altro.

SCALO BALVANO E LA GALLERIA DELLE ARMI Viaggiando da Bella-Muro verso Salerno la prima stazione, a circa 8 Km, è Balvano-Ricigliano. Sul percorso s’incontra prima la Galleria della Quercia, di 629 m, e poi la Galleria delle Armi con tratto rettilineo di metri 1.968,8 con punte di pendenza fino al 13%, tra l’altro la peggiore in quanto a ventilazione, che all’epoca delle motri- ci a carbone causava eccesso di fumo nelle carrozze viaggiato- ri e difficoltà respiratorie a molti di essi. La Galleria delle Armi e la stazione di Balva- no-Ricigliano, ultima del tratto lucano, sono un connubio di nomi tristemente noti nel mondo per la più grave perdita di vite umane per incidente ferroviario, diver- se sono le pubblicazioni che ne parlano. La tragedia, nel 2015, in un do- cumentario di Brigida Gullo e regia di Gra- ziano Conversano sul canale “RAI Storia” fu definita “Titanic ferro- viario”. La partenza del convoglio ferroviario 8017 da Balvano-Ricigliano per Bella-Muro, registrata sui nastri del telegrafo, avvenne alle ore 0,50 del 3 marzo del 1944 ma quel treno non giunse mai, dove era atteso, perché si arrestò nell’interno della Galleria delle Armi e deter- minò il “ ne corsa della vita” per i viaggiatori. Le ruote delle due locomotive di trazione, la numero 480 in testa al convoglio condotta dal macchinista Espedito Senatore e la 476 a seguire condotta dal macchinista Matteo Gigliano, causa l’umidità dei binari iniziarono a slittare non consentendo al treno di procedere. 338 Giuseppe Maria Lotano

A ciò si aggiunsero operazioni di manovra con direzione di traino contrapposta per le diverse decisioni assunte dai macchinisti, impossi- bilitati a mettersi in contatto e coordinare il da farsi, così uno optò per procedere e guadagnare quanto prima l’uscita e l’altro di uscire in retro- marcia dalla galleria. In pochi minuti la galleria fu satura di emissioni di ossido di carbonio che intossicò i viaggiatori. Solo un centinaio di viaggiatori si salvò essendo sulle due ultime car- rozze in coda e ancora prossime all’accesso in galleria. Il treno aveva quarantotto carri per una lunghezza complessiva di circa cinquecento metri ed era stracolmo di passeggeri. Quel treno merci partito vuoto da Napoli fu, lungo il percorso, un’oc- casione da non perdere e, per molti, raggiungere posti dove rimediare alimenti per la famiglia in attesa. I viaggiatori, tutti originari di comuni campani, tranne diciassette di paesi lucani di cui: Anzi 2 - Baragiano 1 - Muro Lucano 11 - Picerno 2 - Potenza 1. In una recente intervista televisiva l’allora capostazione di Baragiano, Ugo Gentile, uno dei primi soccorritori a giungere sul posto, riferì che conteggiò adagiati lungo banchina della stazione di Balvano-Ricigliano seicentoventisei deceduti, di cui trecento militari sbandati di rientro ai propri paesi e altri sedici corpi completamente straziati incappati tra le ruote del treno in movimento. La triste sorte di quelle persone fin dal suo verificarsi non fu mai dovutamente resa nota, solo il Corriere della Sera ne parlò il sei marzo 1944. intitolando “Cinquecento morti per soffocazione in una galleria”. Gli atti ufficiali conservati negli archivi centrali riportano “Il Ministro delle comunicazioni riferisce sul sinistro ferroviario della linea di Poten- za da attribuirsi alle pessime qualità del carbone fornito dagli alleati. I morti sono 517. Tutto il personale ferroviario è deceduto all’infuori di un fuochista. Tutti gli altri erano viaggiatori di frodo”. La scrittrice Patrizia Reso in un’intervista televisiva denuncia la man- canza della vera versione dei fatti e chiede di dare dignità alle vittime che all’epoca furono sbrigativamente definiti "viaggiatori di frodo" e "non vittime per motivi di guerra". Le vittime, in gran numero, aspettano il riconoscimento della loro “dignità” nella cappella per loro realizzata nel cimitero di Balvano, altre aspettano “dignità” nei cimiteri dei loro comuni di appartenenza, dove furono portate dai propri familiari che riuscirono rilevarle dal luogo del disastro, in tempo utile. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 339

Solo dagli anni novanta in poi la tragedia del treno 8017, partito da Napoli per trasferire carri vuoti a Taranto, fu rispolverata e riesaminata. Della tragedia se ne occupò la trasmissione TG Speciale Telecolore 060314 “Quel treno dimenticato” condotto da Franco Esposito. Nel servizio “G 2 dossier RAI Storia - last minute lampedusa 28/05/04/06/11/06”, a cura di Gianluca Barneschi, furono intervistati i superstiti Raffaele Bellucci (ultimo dei superstiti, deceduto il 28.10.2016) e Giovanni Scutieri, ma anche il sig. Angelo Striano che perse la propria giovane madre e tristemente commentò “… nessuno ha pagato ma a noi non interessa, a noi interessa la memoria di quelle persone. Quando non ci saremo noi chi ricorderà quello che è successo, quella gente non era iscritta al partito se non al partito della fame, partito del dovere, per cui quella gente non avrebbe diritto a un monumento come per altre occasioni che ci sono state in Italia, ma avrebbe diritto a una medaglia d’oro anche da morti”. Per la ricorrenza del 3 marzo 2018 il Comune di Balvano, con il Patrocinio del- la Presidenza della Camera dei Deputati, ha promosso l’evento commemorativo così articolato: alle ore 15,30, visita alla Cappella cimiteriale dedicata alle Vittime del Treno 8017; alle ore 16,30 scopertura della Targa in Memoria delle Vittime del disastro fer- roviario presso la Stazione di Balvano-Ricigliano; alle ore 17,30 presso la residenza municipale, presentazione del libro di Gianluca Barneschi, “Balvano 1944 Indagine su un disastro rimosso”. 340 Giuseppe Maria Lotano

SERVIZI DI FORNITURA: IDRICA, TELEGRAFO, ELETTRICA, TELEFONIA

Per le esigenze potabili e igieniche della popolazione principale obiettivo dell’Amministrazione era la ricerca di sorgenti prossime al paese, a monte dello stesso, per poterlo agevolmente rifornire per caduta. La sorgente più prossima, ma a valle del confine del centro abi- tato, fu per lungo tempo la Fontanabuona, costantemente ricca di acqua molto apprezzata e con portata costante anche in periodo estivo, come ancora oggi. Nel 1829 la popolazione attingeva acqua direttamente anche alla sorgente del Coppolo, a monte del paese. Nel 1850 l’acqua del Coppolo fu canalizzata verso il paese con una condotta in embrici fino in località Pascone. Nel 1887 la precarietà della condotta in embrici che portava l’ac- qua al Pascone fu superata realizzando una condotta in ghisa fino e una grande fontana a rettangolo, magnificamente costruita in pietra da taglio. Nel 1891 fu realizzato l’impianto del telegrafo, sistema di comu- nicazione inventato negli U.S.A., nel 1837, che utilizzava l'alfabeto morse, dal nome del suo inventore, Samuel Morse. Oltre alla fontana del Pascone e di Fontanabuona l’approvvi- gionamento idrico ebbe altre sorgenti minori da cui attingere e nel periodo tra il 1902 e 1904, l’instancabile Sindaco Potito de Sanctis fece progettare l’acquedotto comunale, che poté essere inaugurato nel 1923 insieme con la linea elettrica. Le sorgenti idriche individuate furono: Botte, Coppolo, Pietre Ros- se, Ceraso, Labbiuso. Tra di esse quella del Ceraso è, ancora oggi, di portata consisten- te. (Fonte: Castrum de Grandis – Castelgrande / Don Francesco Masi). Nel 1970 la fontana in pietra del Pascone fu trasferita e posta late- ralmente alla cappella del patrono san Vito. L’Amministrazione comunale, retta dal sindaco Angelo Racaniello, affidò i lavori di trasferimento al maestro Antonio Gasparrini, coadiu- vato da Antonio Lamorte. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 341

In anni recenti fu captata anche la sorgente del Parco con opere di sollevamento, ma per eccessivo costo di esercizio fu dismessa. Molto più a valle, dopo Santa Maria, altrettanto ricca di acqua era la fontana di Cannalicchio. Con la realizzazione dell’acquedotto comunale fu progressiva- mente possibile dotare il paese di diverse fontane pubbliche, se ne ricordano quindici e così distribuite: Pascone, via Orazio Flacco, via Sanseverino, piazzetta Potito de Sanctis, San Michele, rione Ruf era, rione Costa, Santa Maria degli Angeli, Santa Maria di Costantino- poli, rione Borgo, via Serluca, via Aniello de Sanctis, via Guglielmo Gasparrini, rione Accolta. Nel territorio extra urbano vi era- no fontane di sorgenti minori, se ne contavano trentadue gene- ralmente erano indicate con il nome dell’area agricola in cui sorgevano o del titolare del fondo. (Fonte: in castro de grandis / di Angelo Racaniello) In paese, a oggi, molte del- le fontane pubbliche fisi- camente non esistono più, o sono fuori servizio, tran- ne tre, con alterna fornitura idrica, localizzate presso: rione Accolta, via Santa Maria di Co- stantinopoli, via Orazio Flacco. La sorgente, ancora oggi ricca di ac- qua, di Fontanabuona, che nel rispetto del prezioso ruolo avuto meriterebbe almeno un poco di manutenzione, mentre a circa due chilometri di strada a Ovest del paese, presso il Ponte Valloni, è si- tuata da alcuni anni una fontana alimentata dalla vicina sorgente del Parco. Negli anni trenta diversi cittadini iniziarono a connettersi alla rete idrica pubblica, per primi quelli in prossimità alla stessa e là dove già era possibile usufruire anche di una canalizzazione di scarico liquidi. Dagli anni cinquanta in poi con l’espandersi della rete di scarico iniziò a diffondersi anche la fornitura di acqua diretta alle abitazioni. La popolazione fu invitata a contribuire alla spesa di attacco alla rete idrica comunale realizzando in proprio il tratto di scavo necessario 342 Giuseppe Maria Lotano

per la posa della tubazione di derivazione verso la propria abitazione. Dal 2001 con Legge Regionale 6/2001 fu istituita una Società per Azione denominata ”Acquedotto Lucano” per la gestione delle fonti e distribuzione dell’acqua sul territorio regionale. Con il nuovo assetto della gestione delle risorse idriche la rete comunale poté usufruire dell’integrazione di acqua attingendo all’ac- quedotto del Sele e alla cittadinanza fu assicurata la fornitura di ac- qua nelle ventiquattro ore. Dal 2016, con Legge Regionale 1/2016, la disciplina delle risorse idriche e dei rifiuti è affidata all’Istituito EGRIB “Ente di Governo per i Ri uti e le Risorse Idriche della Basilicata”. Le tante citate prime opere pubbliche furono programmate e re- alizzate dal luminosissimo concittadino, Sindaco del paese, che la lapide posta sulla facciata della sede storica del Comune così ricorda: “Avv. Comm. Potito de Sanctis che per XXVI anni a capo dell’am- ministrazione Comunale amò ed onorò il paese natìo lo guidò con mente aperta, animo integro mano ferma sulla via del progresso mo- rale civile ed economico assiduo promotore di opere di pubblico bene il popolo di Castelgrande memore e grato 1952”.

In merito alla telefonia si evidenzia l'opera di due scienziati italia- ni: Marconi e Meucci. La scoperta, avvenuta nel 1895, del fisico Guglielmo Giovanni Maria Marconi (Bologna 1874 - Roma 1937), premio Nobel nel 1909, utilizza le onde elettromagnetiche per inviare segnali a distanza. Il pluri inventore Antonio Santi Giuseppe Meucci (Firenze 1808 - Clifton 1889), realizzatore, a l’Avana, del primo prototipo di “telefono parlante” poi ribattezzato “telettrofono” e brevettato nel 1871, nel secondo dopoguerra diffuse la telefonia nel mondo. Il PRTN (Piano Regolatore Telefonico Nazionale) della rete telefo- nica è stato formulato nel 1957 e dal 2000 è suddiviso in: • 21 Compartimenti • 232 Distretti • 696 Aree locali I Distretti compongono il Piano di numerazione nazionale della rete fissa in Italia. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 343

CASTELGRANDE E RISORSE DEL TERRITORIO

PRINCIPALI ELEMENTI CARATTERIZZANTI IL TERRITORIO Castelgrande ha un articolato potenziale di risorse attrattive e di po- tenziale sviluppo.Tra esse alcune specificità di interesse scientifico e naturalistico che travalicano la realtà locale e regionale. Necessitano di coordinamento scientifico e di lungimirante politi- ca regionale e nazionale a sostegno della ricerca. In merito è recentissimo un protocollo di intesa tra Regione Basi- licata e altre Istituzioni scientifiche nazionali. Di seguito si riportano note informative sulle diverse tematiche territoriali.

ASTRONOMIA A CASTELGRANDE OSSERVATORIO ASTROFISICO In un incontro con il prof. Dario Mancini dell’Osservatorio di Capodi- monte (NA) mi è stato possibile, grazie alla sua cortesia e disponibili- tà, pensare a un’ideale passeggiata nel meraviglioso “cielo stellato” di Castelgrande e per questo la “base di partenza” non poteva che essere l’Osservatorio Astrofisico, di cui ho voluto percorrere l’iter della realiz- zazione in località Toppo di Castelgrande. Opera di grande interesse e richiamo per il territorio, da vivere e perfezionare con una qualificata e attenta politica amministrativa capa- ce di relazioni con il mondo scientifico e politico. Al Professore ho chiesto una sintesi dei principali riferimenti per avere chiarezza di fatti spesso volutamente confusi da inutili e dan- nosi atteggiamenti negativi, spesso anche legati a luoghi comuni ad esempio alla definizione dell’opera come “cattedrale nel deserto” o di struttura non più “attuale” per attività di ricerca. La realtà è che all’origine ci fu un nobile progetto, attorniato da molte difficoltà ma attrattore, per la sua oggettiva valenza, oggi anche per nuove possibili utilizzazioni con partecipazioni scientifiche internazionali su cui articolare progetti di studi da sostenere con servizi capaci di ricadute sull’e- conomia locale, sempre che le occasioni si gestiscano con avvedutezza. 344 Giuseppe Maria Lotano

Come premessa del colloquio e con soddisfazione ricordo al prof. Dario Mancini che fin dalla mia gioventù mi vanto di essere nato in un paese, Castelgrande, che può riflettersi, come definito dagli studiosi che osservarono gli astri dal locale Toppo, nel “cielo più terso d’Italia” e tale caratteristica fu anche oggetto di domanda nel famoso quiz a premio del concorso televisivo “Lascia o Raddoppia”, condotto da Mike Buongiorno. Il professore si compiace del mio attaccamento al territorio di nasci- ta, conferma la limpidezza del cielo e anticipa che con altrettanta lim- pidezza esporrà, di seguito, una breve cronistoria sulle diverse tappe di realizzazione dell’Osservatorio del Toppo e riferisce: MANCINI: “L’opera realizzata sotto il “cielo più terso d’Italia” fu rea- lizzata a valle di approfondite osservazioni avviate e distintamente con- dotte, a decorrere dal 1965, da scienziati italiani e inglesi. La ricerca degli studiosi avrebbe dovuto indicare ai propri Paesi il sito geogra co più idoneo per insediare i rispettivi Osservatori nazionali. Promotore delle indagini per realizzare sul territorio italiano l’Osser- vatorio Astronomico Nazionale (OAN) fu l’astronomo Guglielmo Righini (1908-1978) dell’Università di Firenze, noto in campo scienti co inter- nazionale per avere introdotto nuovi sistemi per lo studio della corona solare, a lui è stato dedicato l’asteroide “9427 Righini”. Gli astronomi italiani appartenevano all’Osservatorio astronomico di Arcetri (Firenze) e valutarono il sito sul monte Toppo di Castelgrande a 1.251 m. s.l.m.. Gli astronomi inglesi appartenevano all’Osservatorio di Edimburgo (Scozia) e valutarono il sito presso il Valico di Monte Carruozzo a 1.228 m. s.l.m.. La Commissione tenutasi a Frascati il 25 giugno 1971, visionato l’insieme delle osservazioni pervenute anche da altri siti, confermò al Sindaco di Castelgrande, nel febbraio 1973, l’eccellenza del sito Toppo di Castelgrande per la realizzazione dell’OAN, previsto con specchio da 3,58 metri di diametro. Il devastante terremoto del 23 novembre 1980 dell’Irpinia, colpì an- che l’area Nord della Lucania, su cui insiste l’intero territorio di Castel- grande. Detto evento e la precedente morte di Guglielmo Righini (1978), so- stenitore del progetto, fecero si che il progetto cadesse nel dimenticatoio”. Professore mi consenta di ricordare che, a ricordo dell’impegno pro- fuso e della nobile figura del prof. Guglielmo Righini (1908-1978), l’Am- ministrazione comunale, retta dal Sindaco Angelo Racaniello, riunitasi PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 345

in Sessione straordinaria il 20.06.1978 deliberò di intitolare all’insigne astronomo, Presidente dell’O.A.N., la strada comunale che dal Valico di Monte Carruozzo porta al Toppo di Castelgrande, sede dell’Osservatorio. Il professor Mancini ringrazia per la precisazione e prosegue nella sua esposizione. MANCINI: “Esprimo plauso per la sensibilità che ebbe l’Amministra- zione ma faccio presente che l’astronomia italiana, di fatto, non gradi- va l’installazione di un telescopio nel Sud Italia, nonostante la qualità oggettiva dei dati osservati. La progettazione del TNG, Telescopio Nazionale Galileo, nel 1986, fu ripresa dall’Osservatorio di Padova e un ten- tativo d’installazione fu fatto presso l’Osservatorio di Mauna Kea, nelle isole Hawaii, senza esito positivo. Poi il progetto fu indirizzato verso l’Osservatorio Astrono- mico Internazionale di Ro- que de los Muchachos, sul punto più alto dell’isola di La Palma nelle Canarie, dove il prof. Cesare Barbieri, con grinta e pazienza, riu- scì a realizzare il primo vero progetto nazionale di grande respiro nel settore”.

Professore visto le avversità na- turali del sisma e considerato l’ingrato orientamento dei responsabili dell’astronomia italiana, come si è po- tuto contravvenire a tali circostanze e quale fu il nuovo obiettivo per sostenere la realizzazione dell’Osservatorio al Toppo. MANCINI:“In effetti né il sisma né l’orientamento scienti co pote- rono intaccare il pregio di potersi avvalere sul territorio nazionale di un quali cato sito, quale il Toppo di Castelgrande, per osservazioni astronomiche. Pertanto il progetto di un telescopio al Toppo fu ripreso dal Direttore dell’Osservatorio di Capodimonte prof. Mario Rigutti, con il quale ne discussi la gestione tecnica e scienti ca dell’intera opera- zione, e caparbiamente fu riproposto al sindaco Francesco Cianci, che condivise pienamente l’obiettivo attivando tutto ciò che si richiedeva. Il progetto aveva un’importanza strategica per il territorio e per lo 346 Giuseppe Maria Lotano

sviluppo locale e quindi nel 1991 ebbe inizio l’iter per acquisizione nanziamenti e realizzazione struttura, il tutto ebbe conclusione nel 1998, mentre nel 2001 ebbe ne il montaggio della meccanica del te- lescopio in cupola, ma non mancarono problemi che rallentarono le attività. L’Osservatorio fu dotato del telescopio TT1, Toppo Telescope#1, con specchio di 157.2 cm di diametro, ideato, progettato e realizzato da me medesimo e che del Centro del Toppo ne fui anche Direttore Tecnico dal 2008 no al 2013. Il periodo dall’ideazione ed evoluzione del progetto, no al 2017, è molto dettagliatamente descritto nel mio libro in corso di pubblica- zione e dalla documentazione si evince anche quanto, in loco, siano state indispensabili la forza e la volontà di pochi attori quali il Per. Ind. Nicola Pennimpede ed il Dr. Fausto Cortecchia, per la realizzazione e la gestione delle attività. Nello stesso modo in cui si evince l’importanza delle citate colla- borazioni così pure sono indicate le mancanze dei responsabili della gestione di un bene pubblico, che hanno impedito il consolidamento del progetto dal punto di vista formale e sostanziale procurando forti danni a persone e al patrimonio della collettività scienti ca nazionale.

OSSERVATORIO PER ASTROFILI “Annibale De Gasparis” è denominato l’Osservatorio, realizzato in loca- lità Campestre, avente un telescopio didattico con specchio di 40 cm, per osservazioni amatoriali di corpi celesti. Dal 2006 ha avuto inizio l’osservazione dei corpi celesti e l’attività è gestita dalla Pro Loco.

VIAGGIO NEL COSMO Professor Mancini, cortesemente Le chiedo ancora qualche minuto, per conoscere con esattezza le finalità progettuali di quella meravigliosa struttura realizzata lungo il profilo di via Righini e che standosene a cavallo dell’orizzonte del Valico di Monte Carruozzo affaccia con ele- ganza costruttiva sulla grande vallata del Marmo-Platano, finalizzata ad attività per un “Viaggio nel cosmo”. Riaccostatomi ultimamente a detta struttura mi sono trovato qua- si di fronte a un rudere, forse nessuno ne ha valutato il messaggio proposto e lentamente se ne costruisce anche la scomparsa fisica di quanto già realizzato. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 347

“Volentieri Le traccio qualche indicazione. Il progetto originario fu da me ideato e presentato al Sindaco Francesco Cianci per re- alizzare un Planetario di carattere ludico scienti co nalizzato all’approccio dei giovani studenti ed ogni visitatore ai fenome- ni di astronomia e sperimentazioni di leggi siche. Non mi fu possibile poi seguire il progetto e la realizzazione a causa della incompatibilità tra il mio ruolo e la necessità di dovere svolgere professionalmente le attività di progettazione e realizzazione. Il progetto era innovativo e includeva percorsi didattici avanzati nei settori della sica, astronomia, chimica ed elettronica. Il progetto fu poi sempli cato e gestito da un’organizzazione con la consulenza del Dr. Giuseppe Longo e l’edi cio fu realizzato, ma purtroppo fu abbandonato no a diventare, come Lei dice, un rudere con probabile completa distruzione. Professor Mancini La ringrazio per quanto appreso e auspico una Sua continuità d’impegno per ogni ulteriore sviluppo dell’Osservatorio Toppo di Castelgrande ed ora auspico possa anche attivare iniziative per fermare l’agonia del progetto “Viaggio nel cosmo”. Il valore della ricerca per studiare le stelle è infinito. Esso è ricordato anche da Patrizia Caraveo, Direttore dell’Istituto di astro sica spaziale e sica cosmica di Milano nella intervista rilasciata a “Famiglia Cristiana – n°41 ottobre 2017” citando il discorso che Quintino Sella, scienzia- to, politico e alpinista italiano, per tre volte Ministro delle finanze del Regno d’Italia (Mosso 1827 – Biella 1884), fece il 10 giugno 1878 alla Camera. In quell’occasione nel sostenere l’acquisto di un telescopio per l’Osservatorio di Brera a Milano disse “Volete, o signori, che una nazione civile, davanti a un così vasto problema come la conoscenza degli astri, rimanga fredda e dica: io non m’interesso, e nulla faccio?”. Votarono in 229, di cui192 favorevoli e 37 contrari. La saluto cordialmente, Professore, sperando che lo Stato nel suo Bilancio stanzi sempre adeguate risorse per la ricerca ben sapendo che il progresso è possibile solo e sempre se si ha la cultura di chi sap uar- dà nant chi sa guardare avanti, ed intanto mi metto in lista per potere leggere quanto prima il Suo libro con ogni dettaglio di notizie sulle avventure dell’Astronomia a Castelgrande. PROTOCOLLO DI INTESA TRA REGIONE BASILICATA E ALTRE ISTITUZIONI Il 17 dicembre 2018 è stato firmato un protocollo di intesa tra la Regio- ne Basilicata, l’Istituto Nazionale di Astrofisica, Osservatorio Astrono- mico di Capodimonte, Scuola di Ingegneria dell’Università di Basilica- 348 Giuseppe Maria Lotano

ta, la Scuola di Ingegneria Aerospaziale dell’Università “La Sapienza” di Roma, il Comune di Castelgrande. “L’intesa prevede attività di ricerca nel campo dell’astrofisica e delle tecnologie per lo sviluppo di telescopi e strumentazione; la forma- zione di giovani mediante tirocini, tesi di laurea, corsi di dottorato ed altre attività collegate, con la partecipazione di personale docente e di ricerca individuato dagli enti, da svolgere presso le strutture dell’Os- servatorio Astronomico di Castelgrande; la formazione di professori e studenti delle scuole medie superiori, divulgazione, visite ed eventi pubblici nei settori disciplinari di competenza. Oltre agli scopi scientifi- ci quelli di divulgazione, formazione per scuole e studenti universitari, la parte di sviluppo tecnologico sarà presa in cura dalla Università di Basilicata che curerà anche il monitoraggio della qualità dell’aria. (Fonte: La Nuova - Nuove chance di rilancio per l’Osservatorio di Ca- stelgrande - 18 dicembre 2018).

PERCORSO MUSEALE E MULTIMEDIALE PER LE VIE DI CASTELGRANDE Con fondi della Basilicata 2007-2013 - L’Amministrazione comunale nell’ambito di un Programma di valorizzazione dell’Osservatorio Astro- fisico e di un Programma turistico ha realizzato lungo le strade del centro storico, un percorso in cui l’intero sistema solare è rappresen- tato mediante immagini e oggetti in scala, poste ognuna in adeguata protezione. La prima delle dieci configurazioni è situata in Piazza Matteo Cristiano e l’ultima in via Gaetano Federici, coprendo un percorso di metri 850. Il progetto è stato elaborato dal prof. Vincenzo Vomero, docente della Università La Sapienza di Roma.

MONOLITE ARCHEOASTRONOMICO DI CANALICCHIO Il GAL con i lavori passati individuò il monilite dandogli una interpre- tazione di matrice archeoastronomica, Presumendo che i nostri avi misurassero la propria spiritualità, la propria quotidianità, la propria economia, rapportandosi ai segni della natura. Essi divenivano fonte e limite massimo di soprannaturalità da cui attingere onnipotenza di suggerimenti o riferimenti. Analogamente, in parte ancora oggi, utilizzavano consultazioni di maghi, stregoni, indovini, volo di uccelli, e altri segni ancora, ritenuti capaci di sprigionare mediazione verso elementi remoti da cui predi- zioni del proprio divenire. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 349

Questa tendenza a ricercare forze vaganti e indefinite si perpetua e ri- sposte si cercano anche negli oroscopi, cartomanti, sogni, droghe, e altro. Il pensiero corre nell’immaginario, fantastica, a tale ambito affida intime confidenze e speranze di certezze, eludendo realtà di dialogo e di confronto. A volte individua attimi concreti cui riferirsi, in particolare se trattasi di fenomeni naturali. Interessante la verifica di esperti astronomici, convocati dal GAL (Gruppo Archeologico Lucano), fatta in zona Canalicchio, dell’esisten- za di un monolite che nel solstizio estivo, 21 giugno, al sorgere del sole, ne riflette i raggi all’interno di una grotta a esso allineata. Al suo verificarsi gli antichi deducevano l’avvenuto inizio del giorno più lungo dell’anno. Messaggio immutato di cui godiamo ancora oggi, e sarà così per sempre, questa testimonianza richiede manutenzione per essere pienamente fruita. Tale necessità di affidare a un elemento astrale remoto, quale è il sole, era per assicurare un computo esatto dello scorrere del tempo nel corso dell’anno. L’uomo poteva così assecondare tutte le attività produttive secondo specifiche necessità temporali. La natura accompagna con propri segni l’essere umano senza mu- tare la qualità del suo messaggio, che purtroppo l’uomo di tanto in tanto non comprende o cerca di sconvolgere, senza mai poterne avere ragione, restando nella propria confusione.

FORO GNOMONICO IN SANTA MARIA DI COSTANTINOPOLI La chiesa è dotata di uno gnomone, detto foro gnomonico o foro elio- tropico, da cui penetrano, nel giorno del solstizio estivo (21 Giugno), i raggi solari e si proiettano sul piano interno della chiesa formando un punto luce dal quale inizia il percorso verificabile esclusivamente in detta data, definendo il giorno più lungo dell’anno. Il concittadino Per. Ind. Nicola Pennimpede ha fatto rilievi amatoria- li e fotografato detto percorso di luce. Resta da fare il rilievo per il solstizio invernale (21 Dicembre). Il foro gnomonico ha avuto una funzione di continuità della misura del tempo e non solo di puntuale definizione dei solstizi e proprio per questo ma anche per prestigio ornamentale è stato adottato presso im- portanti strutture pubbliche, private, ecclesiastiche, per la costruzione di meridiane a pavimento, ove l’estensione del piano lo consentiva. In Italia esistono numerose chiese dotate di meridiane, poiché il loro ambiente semioscuro consente ai costruttori di utilizzare il minimo 350 Giuseppe Maria Lotano

diametro del foro gnomonico elevando il grado di precisione. Tra tutte le meridiane esistenti in Italia, se ne elencano settantaquat- tro storiche, la più nota è a Firenze in Santa Maria del Fiore, con foro gnomonico posto a novanta metri dal pavimento. È la più grande del suo genere e utilizzata in programmi scientifici per oltre 300 anni. Lo gnomone, può essere un palo, una colonna, un obelisco la cui ombra permette di misurare la posizione del Sole in cielo. Esso è lo strumento astronomico più antico e diffuso. Se il diametro del foro è all’incirca 1/1000 dell’altezza dello gnomone, si ottiene sul pavimento un’imma- gine abbastanza nitida del Sole. (Fonte: Uno studio sulla meridiana del Duomo di Milano - ITAS “Natta” MI). La data della sua realizzazione è approssimata ma appare accre- ditata quella del gesuita Leonardo Ximenes pubblicata nel 1757, che individuava in Paolo del Pozzo Toscanelli l’autore e nel 1468 la data più probabile per l’entrata in funzione dello strumento. Nel 1979 anche l’archivista dell’Opera del Duomo, Enzo Settesoldi, in un suo articolo avvalora l’ipotesi dello Ximenes. Solo nel 1700 i telescopi soppiantano la gnomonica, iniziata qual- che millennio prima, ed anche l’ultimo gnomone, quello di Firenze, non fu più un riferimento scientifico.

MERIDIANE E ROSA DEI VENTI Con differenti modalità di rappresentazioni, sul territorio comunale sono posizionate tre Meridiane, di cui due a pavimento e una a stelo, così pure una Rosa dei venti. Esse sono così collocate: Meridiana a pavimento presso il Parco dei colori Meridiana a muro presso l'Osservatorio per astrofili Meridiana a stelo presso il Rione Pesco (da restaurare). Piazza Matteo Cristiano, Rosa dei venti Le Meridiane presso l’Osservatorio per astrofili, in località Campe- stre, sono state rappresentate, sulla parete di ingresso, nel marzo 2006, con orologi solari posti in quattro quadranti, riferiti a: Ore Canoniche Ore Babiloniche Ore Italiche Ore Moderne Tali misurazioni, delle ore uguali, fanno riferimento al momento da cui parte il computo del loro frazionamento, tenuto conto della civil- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 351

tà di riferimento. (Fonte: Meridiane di Basilicata – ADAFOR edizioni, di Lucio Saggese). Nel citato testo di Saggese è riportata la mia poesia: MERIDIANA “Lo spazio / del quadrante / racchiude / il tempo / lo gnomone / segna / di ombre / ore / senza notte / affacciate / a pareti / assolate / traci- manti / di silenzio”.

CASTELGAUSS PROGETTO A conferma della valenza del punto di osservazione del Toppo di Castelgrande, avente coordinate geografiche: 40° 49’ 04’’ latitudine N - 15° 27’ 48’’ longitudine E – 1.250 metri di altitudine, accanto al più grande osservatorio astronomico nell’Europa continentale, gestito dall’INAF – Capodimonte, nel 2014, con fondi europei e con accordo tra il Comune di Castelgrande e la società G.A.U.S.S. Srl, è stata realiz- zata una ulteriore struttura finalizzata a “Osservatorio di Detriti Spaziali di Castelgrande”, per il progetto di ricerca denominato “CastelGAUSS”. Una nuova e ribadita testimonianza di una vocazione naturale del territorio a cui nel tempo non è stata data considerazione e attenzione adeguata ma che con prepotenza si è riproposta all’interesse del mon- do scientifico e culturale italiano dando voce a un progetto internazio- nale di ricerca, che dà anche notorietà alla cittadinanza del posto. Recatomi alla stazione di osservazione ho incontrato il responsabile astronomo Sergei Schmalz, cortesemente resosi subito disponibile per una informativa scientifica. L’astronomo è di origine russa, nato in Siberia nella bella città di Krasnoyarsk a ridosso del fiume Enisej, il più lungo della Russia, che dalla Mongolia, dove sorge, sfocia nel Mare Glaciale Artico. A Sergei chiedo, in merito al suo incarico di responsabile della ri- cerca, da quanto tempo è al Toppo e quanto il paesaggio montuoso che lo circonda lo interessa rispetto alle distese della sua nativa Siberia. SERGEI: Sono al Toppo da Settembre 2017, data di inizio attività. Le osservazioni, con questa strumentazione, sono solo notturne perché di segnali ottici. In questa fase l’attività dominante è rivolta all’osservazione di satelliti e detriti spaziali, asteroidi e lampi (questi ultimi appartengono a stelle compatte, coalescenza di due stelle di neutroni o di una stella di neutroni e un buco nero, nana bianca). Durante la giornata di permanenza al Toppo studio italiano, pre- paro relazioni tecniche, faccio passeggiate in bicicletta o a piedi lungo 352 Giuseppe Maria Lotano

stradine di campagna dove trovo anche funghi, more, rosa canina, os- servo voli di falco, falchetto, nibbio, poiane e a volte scorgo furtive volpi. La mia permanenza al Centro è interrotta per brevi periodi di visita in famiglia in Germania o per conferenze di lavoro all’estero e nel fu- turo ne potrei tenere anche in Italia.

Perché il progetto è denominato CastelGAUSS e di quanti e quali strumenti si serve per le osservazioni. SERGEI: Il progetto per cui si lavora al Toppo è denominato Castel- GAUSS, composizione tra Castel (grande) e GAUSS (Group of Astrody- namics for the Use of Space Systems) società di ricerca con sede a Roma. Strumenti di “ CastelGAUSS Project” attualmente sono due telescopi: un ORI-22 con apertura di 22 cm e 4°FOV (campo visivo) per indagini sull’orbita geostazionaria (GEO) e rilevare l’orbita terrestre alta (HEO); uno di 35 cm con apertura 40’FOV per sostenere la tracciabilità degli oggetti più scuri sulle orbite GEO ed HEO. Il progetto, ideato dalla Scuola di Ingegneria della Università la Sa- pienza di Roma e del Keldysh Institute of Applied Mathematics (KIAM) di Mosca, ha lo scopo di studiare le caratteristiche dei detriti spaziali e farne una mappatura nalizzata alla sicurezza dei voli satellitari. L’Osservatorio è stato aggiunto alla Rete Ottica Scienti ca Interna- zionale (ISON), rete che ha punti di osservazione in tutto il mondo ma in maggioranza nel territorio che dall’Asia giunge all’Atlantico. A breve sarà disponibile anche un altro telescopio per osservazioni di oggetti con luminosità bassa e lo specchio del telescopio avrà un dia- metro di 35 cm, il campo visivo sarà di 1° angolare.

Quanto i detriti sono dovuti a attività di lancio dell’uomo e quanto a altre cause, ad esempio le collisioni. SERGEI: La presenza dei detriti nello spazio è prodotta sia da lanci dell’uomo, ma in misura contenuta, sia e con effetto moltiplicatore da scontri tra gli stessi detriti nello spazio, la cui ulteriore frantumazione incrementa a dismisura il numero di corpi rotanti e vaganti. I detriti si scontrano a velocità diverse e ciò dipende dalle loro orbite rispetto alla terra perché possono essere orbite circolari o ellittiche. I de- triti nelle orbite ellittiche hanno velocità grandissime nel punto vicinis- simo al pianeta Terra (perigeo) rispetto a quelle nel punto lontanissimo dalla terra (apogeo) ma quelle circolari sono sempre superiori a 8 Km al secondo per potere avere tale orbita, a velocità inferiori subiscono l’attrazione terrestre e rientrano nell’atmosfera. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 353

Circa la minaccia dei detriti, per danni e disservizi di apparec- chiature già allocate in orbite spaziali, è molto grave se connessa alla interruzione di comunicazioni, navigazione, previsioni meteo, satelliti scienti ci, e ciò comporta grandi problemi di costi per riaf- frontare l’invio di nuove stazioni nello spazio in sostituzione delle danneggiate o distrutte - Una mappatura dei detriti non è solo per una statistica ma è fon- damentale per la tutela delle attività dell’uomo sempre più dipendenti da stazioni orbitanti per coordinamento attività necessarie alla sua stessa vita quotidiana e ciò avrà sempre più importanza nel futuro. Nella ricerca è importante studiare oggetti su orbite già note e oggetti con orbite variabili e ciò molto dipende dalla relazione tra la loro super cie e massa. Abbiamo programmi che utilizzando un elenco di orbite de ni- scono il posizionamento del telescopio per procedere alle osservazioni.

In quale periodo e quanto tempo per anno è possibile l’osservazio- ne dalla stazione del Toppo e quali sono state recenti e più importanti osservazioni segnalate dalla stazione all’attenzione scientifica interna- zionale. SERGEI: Il periodo più intenso di osservazione è quello invernale poiché ha più ore di buio ma in media nell’anno le notti utili sono 180-200. Il Toppo è un ottimo punto di osservazione perché gode della combi- nazione di più condizioni naturali favorevoli per l’attività. Le princi- pali sono la scarsa luminosità del circondario anche per la lontananza da grandi città che, tra l’altro, rende l’aria più pulita per mancanza di smog e ciò incide molto sulla ricezione del massimo della luminosità proveniente dai corpi nello spazio e sui tempi per la loro osservazione. Molto importante è anche la posizione naturale del Toppo perché ha un orizzonte a “cielo aperto” vale a dire idoneo alla osservazione di corpi che hanno traiettorie a quote basse sull’orizzonte. Proprio questa caratteristica ha consentito di potere osservare, nel- la notte tra l’otto e nove novembre 2018, il passaggio di una cometa, scoperta, il sette novembre, dall’astro lo Donald Machholz negli U.S.A.. Detto passaggio è stato possibile rilevarlo solo dai seguenti punti di osservazione avente codice: L 28 Toppo di Castelgrande; K78 Ponteca- gnano; G40 isole Canarie. 354 Giuseppe Maria Lotano

Il fenomeno è segnalato anche su Facebook: Castelgrande INFO A queste essenziali caratteristiche naturali fungono da supporto anche le buone caratteristiche logistiche del centro.

Ebbene!! dopo avere attentamente ascoltato tante interessantissime notizie, per me molto entusiasmanti, considerato che questo Centro di osservazione ne ha e ne avrà di lavoro da svolgere, nel rispetto dell’e- conomia dei tempi di lavoro e della gentilezza e informativa ricevuta, provvedo a salutare e ringraziare Segei congratulandomi per quanto relazionato con massima chiarezza espositiva. Gli auspico buona permanenza al Toppo e buon esito del lavoro di ricerca, fondamentale per la sicurezza e per ulteriori progressi scientifici. A Sergei, prima di congedarmi, non manco di chiedere per comple- tamento conoscitivo, la cortesia di assistere a una fase delle operazioni di rilevazione, gentilmente me lo ha conceduto e mi sono avventurato nel fascino di punti luminosi nello spazio. Facendosi ora tarda e nel rispetto del suo lavoro ho nuovamente ringraziato e scambiato una calorosa stretta di mano. Maggiormente documentato circa la assoluta necessità della sicu- rezza sulle orbite spaziali propongo quanto hanno recentemente detto, in alcune interviste, due note personalità italiane che operano sui temi della sicurezza e degli esperimenti nello spazio.

Al giornale “Il Messaggero” Tecnologia - del 29 ottobre 2018 - Cro- nache dallo Spazio, a cura di Gloria Satta, l’astrofisico e astronauta ita- liano il romano Umberto Guidoni, oltre a illustrare problematiche degli esperimenti nello spazio, così dice di ciò che ormai è costume di vita. GUIDONI: “Andare sulla luna ha determinato la miniaturizza- zione dell’elettronica” - “Se non ci fossero state le missioni spa- ziali, oggi non useremmo il computer portatile né il cellulare” - “Le missioni Apollo hanno portato anche alla sperimentazio- ne sulle energie rinnovabili e all’uso dei pannelli solari” - “ Il riciclo dell’acqua una pratica utile in ambienti angusti come i moduli spaziali. Oggi appare di grande utilità per il futuro del mondo che sta galoppando verso la siccità. Per consentire la pulizia delle tute degli astronauti si è pensato poi a lavatrici in grado di utilizzare pochi litri di acqua ed è anche merito dei viaggi spaziali se oggi le lavatrici consumano meno liquidi e funzionano a temperature più basse” - “Celle a combustibile, tecnologia alla base delle attuali automobili a idrogeno”. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 355

Al giornale “Il Messaggero” Tecnologia - del 5 novembre 2018 – Le parole del futuro, a cura di Michele Neri, il fisico milanese Luisa Inno- centi, che nell’ambito dell’ESA (European Space Agency) ha la direzio- ne del progetto “Clean Space” per uno Spazio pulito, nell’intervista così risponde a diverse domande.

“Quali sono le orbite più a rischio di incidenti? “. INNOCENTI: “Le orbite più congestionate sono la Low Earth Or- bit LEO (da 200 no a 1.550Km) dove sono posizionati i satelliti di osservazione della terra che forniscono i servizi di meteorolo- gia e di monitoraggio dei disastri, e la GEO, l’orbita geostazio- naria dove sono collocati i satelliti per le telecomunicazioni”;

“In che misura la nuova corsa allo spazio pubblica e privata e il turismo spaziale degli anni a venire può peggiorare la situazione?” INNOCENTI: “Gli scenari sull’evoluzione della popolazione dei detriti si basano sul numero dei satelliti lanciati. Oggi come oggi lanciamo mondialmente circa cento satelliti l’anno; se questo numero dovesse aumentare, la gestione dei detriti sarebbe più complicata. Il rischio maggiore deriva da un utilizzo sfrenato dello spazio, da parte di compagnie che abbandonano i loro satelliti a ne vita in orbita”;

“Quali sono stati in passato gli eventi più problematici? La vita uma- na nello spazio è mai stata messa in pericolo?” INNOCENTI: “Gli incidenti più importanti per la formazione di detriti sono stati due: La collisione tra Iridium, un satellite operativo americano e un detrito russo; e l’esplosione a scopo dimostrativo da parte dei cinesi di uno dei loro satelliti Fen- gyun-1C. Il livello dei detriti continua ad aumentare perché i nuovi satelliti spesso non eseguono le manovre come richiesto nelle nuove linee guida internazionali”. Da quanto ho dichiarato emergono vantaggi e svantaggi nel rappor- to tra “uomo e spazio” l’auspicio è che se l’uomo è riuscito a trasfor- mare il pianeta terra in una “pattumiera” riesca almeno a tenere il cielo incontaminato dalla sua grettezza e sporcizia o quanto meno che usi giusta accortezza e faccia tesoro del detto “chi sput nciel nfaccj i torn - chi sputa in cielo in faccia gli ritorna. 356 Giuseppe Maria Lotano

RETE DI STAZIONI GNSS Le caratteristiche altimetriche e di” cielo aperto” di cui gode il Toppo di Castelgrande sono attrattive anche di altra tipologia di impianti. Al Toppo, a breve, sarà installato un sistema di geolocalizzazione GNSS, acronimo di Global Navigation Satellite System, in grado di ac- quisire i dati da vari sistemi da navigazione satellitare, in particolare dal sistema americano (GPS), russo (GLONASS), europeo (Galileo) e cinese (BeiDou). I sistemi satellitari di navigazione utilizzano una rete di satellit arti- ficiali in orbita intorno alla Terra. Sono progettati in modo tale che da ciascun punto della superficie terrestre siano sempre visibili almeno 4 satelliti al fine di determinare le coordinate geografiche (longitudi- ne, latitudine ed altitudine) del punto stesso. Il sistema GNSS, di proprietà dell’Agenzia Spaziale Italiana, al Top- po farà parte della “Rete Fiduciale Nazionale Italiana”, le cui stazioni sono parte della rete europea EUREF. Il sistema è molto importante considerando anche le caratteristiche geomorfologiche del sito, caratterizzato da base rocciosa e ciò assicura stabilità di osservazioni. Esso e gli altri nodi della rete diffusi sul territorio italiano rientra nel- la sfera delle attività di controllo, in tempo reale, coordinata dal Centro di Geodesia Spaziale di Matera, che si occupa di osservare dallo spazio i movimenti della crosta terrestre.

ARCHEOLOGIA L’archeologia è caratterizzata da diversi reperti presenti sul territorio: in località “Canalicchio” alcuni resti di un villaggio del periodo del bron- zo, il più antico tra i ritrovamenti; su “Monte Giano” frammenti di ce- ramica del periodo ellenistico, analogo nella contrada delle Guardiole; in località Monte Nuovo, una piccola muraglia circolare. (Fonte: Castrum de Grandis - Castelgrande / (1)Don Francesco Masi – EditricErmes). Tale testimonianza pubblicata da Mons. Masi si arricchisce di ul- teriori particolari e indicazioni a seguito di recenti indagini. In agosto 2018 ho incontrato il gruppo di lavoro dell’Università Roma 3 di Roma, coordinata dal dottor Federico Nomi, con il coinvolgimento scientifico del prof Alessandro Guidi, entrambi afferenti al Dipartimento di Studi Umanistici, grazie alla cortese disponibilità ho potuto condividere, pre- ciso con loro estrema cordialità e disponibilità, gli intenti e le attuali ricerche di ambito archeologico in corso nel territorio castelgrandese PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 357

in particolare ho chiesto di darmi delucidazioni circa: - Finanziamento delle attività NOMI: Le indagini sono iniziate in via preliminare grazie al coinvolgi- mento e supporto logistico e nanziario dell’Amministrazione locale, sin- daco sig. Domenico Alberto Muro, e della Sovraintendenza (dottor Salvato- re Pagliuca, capo area archeologica della provincia di Potenza). Le indagini hanno riguardato la ripresa di ricognizione territoriali archeologiche, effettuate in precedenza dal GAL (Direttore sig. Leonardo Lozito) ed in particolare modo ci si è focalizzati sul popolamento pre-proto- storico (neolitico - età del ferro databile 6.000-700 a. C.). - In quali aree avete effettuato le indagini NOMI: Da ricognizione alcune zone del territorio castelgrandese e tra queste la zona del valico di Bagnoli e di Canalicchio sembrerebbero avere dati interessanti. - L’importanza archeologica di questi siti e la loro cronologia NOMI: La prima area, a con ne con il territorio di Muro Lucano presen- ta delle attestazioni ancora indagate in modo preliminare che potrebbero dare luce al ruolo storico geogra co dell’area come ponte di collegamento ( in abito interno) tra la valle del Melandro Marmo Platano e la vicina valle Ofantina, interconnettendo probabilmente l’Adriatico e il Tirreno (ma vo- lendo anche lo Ionio, con la colleganza con la val d’Agri). Il sito di Canalicchio invece si con gura archeologicamente in modo più chiaro come un probabile sito naturalmente difeso in una zona pede- montana di passaggio, Le indagini effettuate in tale area (si ringrazia, per il coinvolgimento operativo, la famiglia Pacella, gestori della cava che insiste nelle vicinanze dell’area del sito) che giusti cherebbero in futuro un vero e proprio sca- vo archeologico estensivo, hanno dato uno spettro cronologico diacronico quanto meno dal eneolitico no alla tarda età del bonzo (dall’inizio del terzo millennio no alla ne del secondo). - Prospettive future NOMI: Future indagini dovranno confermare o meno il carattere pluri strati cato dell’insediamento di Cannalicchio e comprendere il li- vello di conservazione del deposito con una indagine multidisciplinare geoarcheologica, avvalendosi del supporto e della collaborazione dell’I- stituto per le Metodologie per l’analisi ambientale del CNR di Potenza (dottor E. Gueguen) Ritenendo di non trattenere oltre il dottor Nomi ringrazio e gli au- guro di essere supportato al meglio per procedere nelle indagini che da quanto detto sono promettenti. Saluto con un arrivederci a Roma. 358 Giuseppe Maria Lotano

PARCO DEI COLORI E BUTTERFLY HOUSE Durante il convegno tenutosi a Castelgrande per celebrare il bicentena- rio (2003) della nascita del concittadino e Sommo Botanico Guglielmo Gasparrini, cui parteciparono Rettori, Docenti universitari, Ricercatori e altri studiosi di temi oggetto di applicazione da parte dello studioso lucano, fu avanzata la proposta di realizzare, in loco, un parco botani- co in memoria dell’insigne scienziato e patriota castelgrandese, definito padre della botanica moderna. In tempi stretti, il Sindaco Francesco Cianci, convinto sostenitore della proposta, si attivò per coinvolgere l’Università di Basilicata. Fu individuato, per l’elaborazione progettuale del parco, il prof. Renato Spicciarelli, naturalista ed entomologo dell’ateneo lucano. Il docente universitario, dopo una prima fase progettuale e dopo aver proposto il nome “Parco dei Colori”, che fu approvato con Delibe- razione del Consiglio Comunale n. 39 del 20.11.2005, rese concreta la prima fase del progetto, con la realizzazione della cupola trasparente da destinare a “Casa delle Farfalle” (Buttery House). Non fu possibile subito il completamento dei lavori: la mutata ammi- nistrazione comunale, eletta con decorrenza 2009, aveva altre priorità. Nel 2010, la locale “Associazione culturale Guglielmo Gasparrini sommo botanico”, a seguito di un bando indetto dalla Fondazione per il Sud, rivolto alle ONLUS che si adoperavano per lo sviluppo del territorio, presentò la proposta di completamento del Parco dei Colori e dell’annessa Casa delle farfalle - Buttery House, come da progetto elaborato dal prof. Renato Spicciarelli. La Fondazione per il Sud accolse la proposta, esprimendo positiva va- lutazione del progetto e delle sue finalità, e ne dispose il finanziamento. L’esecuzione dei lavori, programmati e gestiti dall’ONLUS Gaspar- rini, su cui efficacemente vigilò il socio Per. Ind. Nicola Pennimpede, fu affidata a maestranze locali 1, che con pregevole impegno e fatti- va collaborazione consentirono la realizzazione delle opere nei tempi programmati.

1 Oltre al prof. Renato Spicciarelli, dell’Università della Basilicata, e al sottoscritto, dott. Giu- seppe Maria Lotano, Delegato al Coordinamento organizzativo del Progetto “Parco dei Colo- ri” dall’Associazione culturale Guglielmo Gasparrini, si elencano, di seguito, gli altri soggetti che hanno eseguito attenta opera artigianale per la realizzazione del Parco dei Colori Ditta La Forgia di Castelgrande; Ditta Bologna Michelangelo di Castelgrande; Ditta Muro Nicola di Castelgrande; Ditta Edilfederici di Castelgrande; Ditta Bologna Francesco di Ca- stelgrande; Cooperativa Solidale di Castelgrande; Ditta Vivai Sansone di Picerno; Società REOS srl di Potenza. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 359

Pregio del Parco dei Colori, oltre la sua splendida cornice naturale e qualità di area attrezzata, è rappresentato dalla specificità paesaggi- stica, espressione della pregiata biodiversità del sito, e dall’espressio- ne, molto delicata, del rapporto “uomo/natura”, affidata al messaggio toccante e fragile del volo delle farfalle, presenti e svolazzanti nella Butterfly House. Il parco, situato in località Coppolo a ridosso del paese, ha una superficie di circa due ettari, e costituisce una sintesi di tutti gli habitat più espressivi dell’area naturale che circonda l’abitato di Castelgrande. All’interno della Butterfly House, a forma di semisfera trasparente e denominata “Goccia di Rugiada”, si posso- no ammirare farfalle multicolori prove- nienti da tutto il mondo muoversi tra una ricchissima vegetazione: “... le variopinte ali in movi- mento delle farfalle rispec- chiano i colori della luce quando si rifrange in una goccia d’acqua” (prof. Re- nato Spicciarelli, 2014). All’ingresso del parco una meridiana a pavimento, con profilo di farfalla, acco- glie i visitatori che, ponendosi al centro del disegno, fungono da gnomone e possono fotografare l’ora solare, indicato dalla proiezione della propria ombra sul pavimento, in cui hanno visitato il Parco. Il Parco costituisce un’esperienza unica per la comunità di Castel- grande, ma anche per l’intera Basilicata. Un’iniziativa encomiabile che, per costituirsi come efficace opportunità di sviluppo per la comunità castelgrandese, richiede di coordinarsi con altre che insistono in un’a- rea più vasta (ad esempio: Marmo, Melandro, Vulture). Occorre vincere incomprensibili e sterili gelosie di premierato, per arrivare a formulare programmi che vadano oltre la frammentazione di potenziali risorse dei singoli territori. La condivisione di obiettivi più ambiziosi determina sinergie pre- mianti per ricchezza e varietà. 360 Giuseppe Maria Lotano

SANTA MARIA DI COSTANTINOPOLI Nella quiete dialogante del fruscìo di secolari querce e il sussurro di un rivolo di acqua incontaminata, in fuga dalle strettoie dell’alveo incavato tra le rocce, è situata la Cappella di Santa Maria di Costanti- nopoli (Città ora denominata Istambul). La Cappella è a valle del paese e la Vergine Maria, da lì, indirizza costante e vigile sguardo verso la comunità castelgrandese. La Vergine con il bambino in braccio è rappresentata in bassori- lievo di stile bizantino e di colore bruno dorato, tipico delle persone di oriente. La Vergine appare seduta su di una nube con il braccio destro in segno benedicente e anche il bambino è benedicente mentre con la mano sinistra regge il globo terrestre. Due angeli sorreggono una corona sulla testa della Madonna. Al di sotto della nube è rappresentato il profilo di un paese su cui domina la Madonna benedicente. La struttura della chiesa è a pianta centrale a croce greca, con i due bracci della stessa dimensione e terminanti in absidi. Essa è geometricamente disegnata dalla giustapposizione tra cer- chio e quadrato. Il punto del centro, poiché origine e il cerchio sua espansione, manifestano la centralità di Dio nel creato. La particolare figura architettonica, ideata in oriente e diffusa dopo il VI secolo anche in altre regioni dai Bizantini, rende la Cap- pella pregna di simbolismo di sacralità. Circa la sua realizzazione, uno scritto, riportato sotto la pala d’al- tare di Santa Maria, riferisce: "AD HONOREM GLORIOSISS VIRGINE MARIE CONSTATINOPO- LIS SACELLU HOC AT DEVOT UNIVERSITATIS TERRE CASTRIGRAN- DINIS TEMPORE PRIORATUS ANTONX CIANCIA DE MENSE NO- VEMBRIS MILLE. MO ET SEXCENTESIM X QUARTO ET È LEMOSINA ANPLIATA EST OB MAGNA D. E" (Questo tempietto fu ampliato in onore della Vergine di Costantinopoli col denaro del popolo di Ca- stelgrande nel mese di novembre del 1614 al tempo della procura di Antonio Saverio Ciancia). (Fonte: Castrum de Grandis – Castelgran- de / Don Francesco Masi). Non si conoscono altre precedenti date né informazioni su chi abbia voluto realizzare l’opera, in tale stile, a Castelgrande. Oltre allo specifico e complesso simbolismo costruttivo della cap- pella, la Madonna Nera è molto amata dai castelgrandesi. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 361

La Madonna è detta di Costantinopoli a ricordo del trionfale esito del concilio di Efeso del 431 in cui 155 vescovi riuniti chiusero il concilio e sancirono la condanna della dottrina del Patriarca Nesto- rio, che sosteneva la maternità della Madonna solo verso Gesù e non anche di Dio, trasurando il mistero della Trinità di Dio, da allora Costantinopoli divenne la città di Maria. Il culto della Madonna Nera è diffuso nell’Italia meridionale, con- trariamente al culto delle madonne vestite diffuso in quasi tutte le aree del cristianesimo, di Europa e paesi latini e così dette perché dotate di preziosissimi abiti donati, a vario titolo, dai fedeli. Una delle più famose, tra le Madonne ve- stite, è in Spagna ed è la “Virgen de la Esperenza de Macarena” (la Vergi- ne della Speranza di Macarena). Opera ideata da Pedro Roldàn nel XVII secolo, detta cor- rentemente “Vergine della Macarena”, dal nome del quartiere nord-orientale di Siviglia antica, dove trovasi la Basilica in cui è venerata. A Roma c’è la stori- ca sfilata sul Tevere della “Madonna Fiumarola”, vesti- ta con prezioso abito griffato bianco e oro. La statua, scolpi- ta in legno di cedro, fu trovata nel 1535 alla foce del Tevere, in una cassa impigliata nelle reti di pescatori, che decisero di donarla al Carmeli- tani della Basilica di san Crisogono, affinché divenisse la protettrice dei trasteverini e dei canottieri. A Venezia, già nel 1562, in una chiesa una sola Madonna aveva ben sessantuno abiti completi. Su tale usanza, energica posizione ebbe il Papa Pio X (Giuseppe Sar- to, Riese 02.06.1835 - Roma 20.08.1914 / proclamato Santo nel 1954), che ne decretò l’eliminazione delle vesti, poiché manifesta cultura pagana. In segreto e le più preziose sfuggirono alla distruzione, ora il loro ritrovamento è solo testimonianza di storia della cultura popolare. La Cappella di santa Maria di Costantinopoli di Castelgrande, da sempre, è stata luogo di un percorso mariano, coordinato con altre 362 Giuseppe Maria Lotano

cappelle, presenti sui territori di Campania, Basilicata, Puglia, detto delle “Sette Sorelle” perché ognuna dedita alla venerazione della Ma- donna Nera, ve ne sono altre ma meno note. Le sette sorelle sono così distribuite sul territorio: Madonna del sacro Monte (Viggiano/PZ); Maria SS di Pierno (San Fele/PZ); Ma- ria SS di Costantinopoli (Castelgrande/PZ); Maria SS di Montemauro (Pescopagano/PZ); Maria SS dell’Incoronata (Foggia); Maria SS di Montevergine (Avellino); Maria SS dell’Olmo (Cava dei Tirreni/SA). (Fonte: in castro de grandis - Angelo Racaniello). Caratteristica di tale attribuzione numerica al citato circuito delle cappelle è il riferimento della loro dislocazione geografica ritenuto secondo la posizione del gruppo di “sette stelle” nella costellazio- ne del Toro. Nonostante sia una costellazione boreale, il Toro è ben osservabi- le da tutte le aree del pianeta, il periodo più propizio va da ottobre ad aprile. Per la grande visibilità di cui gode nel cielo notturno è da sempre considerata un importante riferimento in molte culture. Di essa chi ha la vista acuta può identificare fino a sette compo- nenti, altrimenti un massimo di cinque. Nella mitologia greca furono definite le Sette Sorelle. Con un telescopio si possono invece osservare, oltre alle “sette sorelle” almeno altre trenta componenti. L’indicazione delle cappelle con il termine “Sette Sorelle” è più che altro un elemento tradizionale e come altri riferimenti conserva un fascino misterico, proprio di mitologie e in diverse religioni. Il numero sette in religioni monoteiste assume diversi significati. Nell’ebraismo il Menorah, il candelabro, ha sette braccia che Dio fece realizzare a Mosé per illuminare il cammino del suo popolo, esso è il simbolo massimo del credo ebraico e stemma di Israele, presente ovunque e nelle sinagoghe. Altri significati, ad esempio, sette sono i cieli di Maometto, i colli e i Re di Roma, le meraviglie della terra, le note musicali, le virtù, i vizi capitali, e così via. Il numero sette è anche tra i simboli biblici ma il fondamento è in ogni elemento della creazione compiuta da Dio proprio nel settimo giorno. Le due interpretazioni non sono in contrasto poiché una riferita a elementi del creato l’altra al messaggio della rivelazione cristiana. Per quanto riguarda la persona di Maria dobbiamo ricorrere sol- tanto al simbolismo biblico giacché Maria contiene tutta la perfezio- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 363

ne del creato indicato con il numero sette. La Vergine Maria è meraviglia assoluta, infinita e universale, non ha similitudini possibili, poiché perfetta e madre di Dio, così, come già detto, proclamata nel 431 dal Concilio di Efeso. Già annunciata dall’Arcangelo Gabriele, mandato in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe, quando entrato nella sua casa, disse «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». A queste parole Maria rispose «Ecco, io sono la serva del Signore; mi sia fatto secondo la tua parola». (Fonte:Vangelo secondo Luca /1,26-38). Piena di grazia, cioè senza alcuna imperfezione, pertanto Immacolata. A Castelgrande particolare dedizione per santa Maria di Costanti- nopoli è stata professata da: - Mons. Fabrizio Cianci (Castelgrande1650 - Guardialfieri 1696). Dottore in “utroque jure. Fu Vicario Generale della Diocesi di Muro Lucano, poi Segretario del Cardinale Orsini, Vescovo di Gualdialfieri. - Servo di Dio Nicola de Sanctis (Castelgrande 1818 - Deliceto 1834). - Padre Zaccaria Rizzo O.M.C. (Castelgrande 1816 - Dehra Dum-A- gra 1884). Grande Missionario Apostolico nelle Indie Orientali. - Fra Luigi Gasparrini (Castelgrande 1818 – Montella 1905). Mi- nore Conventuale. Missionario in Turchia. Conosceva molte lingue. - Padre Potito de Sanctis (Castelgrande 1820 – Caposele 1894). Fratello del Servo di Dio Nicola de Sanctis. Valente predicatore. - Rev. Cav. Alfonso de Sanctis (Castelgrande 1833 – 1910). Fratello del Servo di Dio Nicola de Sanctis. Cappellano Regio nell’Ammini- strazione penale. Autore di pregiati scritti ispirati da moderni sistemi pedagogici sul lavoro, sull’educazione morale e religiosa nelle Case di Pena. Rientrato a Castelgrande fu Arciprete. Fondò la Congrega di San Vito Martire e la Pia Unione delle Figlie di Maria. - Mons. Luigi Gasparrini (Castelgrande 1854 – Napoli 1915). Nipo- te di Fra Luigi Gasparrini. Dottore in ”utroque jure”. Valente canoni- sta. Fu anche Vicario Generale della Diocesi di Lavino. - Mons. Felice Cianci (Castelgrande 1852 – Napoli 1928). Gran be- nefattore, elargendo tutto il suo patrimonio. Per molti anni a Paterson (U.S.A.), al rientro fondò a Castelgrande l’Istituto “Santa Maria degli Angeli” con asilo infantile, orfanatrofio, laboratorio e scuola privata. - Mons. Cav. Carlo Cianci (Castelgrande 1881 – Paterson 1968). A Paterson fondò molte opere di beneficenza e di assistenza. Dedicò diversi aiuti al proprio paese. 364 Giuseppe Maria Lotano

- Mons. Giuseppe Masi (Castelgrande 1884 – 1941). Negli U.S.A. fu parroco Passaic (N.J) . Rientrato fu Arciprete in paese natìo, re- staurò la chiesa Matrice, danneggiata dal terremoto dal del 1910. - Rev. Giovanni Racaniello (Castelgrande 1884 – Filadelfia 1929). Di vasta cultura e poeta. Arciprete di Rapone. Nel 1919 emigrò in U.S.A. a Paterson e poi a Atlante City, non godè di buona salute e la sua attività fu limitata. - Sac. Mosé Esposito (Castelgrande 1869 – 1946). Fu ordinato sa- cerdote da Mons. Raffaele Capone di Muro Lucano nel 1905 all’età di trentasei anni. Fu Parroco a Rapone, poi a Castelgrande. Si distinse per le molti opere di carità. La rappresentazione della Madonna ha da sempre affascinato tutti gli artisti anche oltre sofisticati riferimenti astrali. Grande diffusione ha anche l’antica attività degli artisti di strada detti “madonnari” che con i loro gessi elaborano immagini della Madonna su pavimentazio- ne pubblica, perché dipingere è pregare e come diceva santa madre Teresa di Calcutta ognuno di essi diventa “una matita nelle mani di Dio” per invitare con le immagini i passanti a soffermarsi per una riflessione, mentre muovono su percorsi della propria vita. La Bibbia al concetto di perfezione assoluta oppone quello d’im- perfezione assoluta e lo indica con il numero sei, attribuito a Satana capo degli angeli ribelli, origine del peccato e pertanto contrario alla legge di amore di Dio. In data 6 giugno 2017 la Cappella, ripristinata dai danni del sisma del 1980, fu riaperta al culto dal Vescovo metro- polita di Potenza, Salvatore Ligorio, e la funzione annunciata ai fedeli dal suono della campana del 1680, nuovamente in funzione dall’otto Dicembre 2016. Nella circostanza fu anche deposta la reliquia di san Giovanni Paolo II in un tabernacolo, ritrovato tra le rovine della chiesa Madre, ora restaurato e collocato lateralmente all’altare di Santa Maria, unico non danneggiato dal terremoto e rimasto a Castelgrande, degli altri analoghi realizzati in pietra rossa locale, purtroppo non si hanno più notizie. In data 8 settembre 2017, il parroco don Pino Vivilecchia celebrò una messa solenne per la ricorrenza della Natività della Beata Vergi- ne Maria, durante la quale fu anche data la benedizione a oggetti e paramenti sacri donati dai fedeli per le necessità di funzioni religiose. La festività della Madonna Nera di Castelgrande, abitualmente molto partecipata, ricade il primo martedì dopo la Pentecoste. Nella tradizione popolare, finito il periodo di novena alla Madon- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 365

na, la festività si svolgeva presso la cappella, allietata anche da di- verse attività di comunità e pranzo a sacco, rinfrancati dalla frescura di secolari alberi di quercia, usanza decaduta, ora si protende per il rientro a casa. Il culto per santa Maria di Costantinopoli non manca della sua continuità anche presso castelgrandesi all’estero. Si cita, ad esempio, la numerosa comunità di circa 3.000 concittadini a Montreal, che con la loro associazione, attiva dal 1988, di cui Presidente storico è stato Giuseppe Masi, ora Nicola Pennimpede, organizzano festeggiamenti in onore della Madonna di Costantinopoli, e in Suo nome donazione di fondi per opere benefiche. La fede non ha distanze terrestri ed ha una sola voce per cantare un inno di lode alla Madonna di santa Maria di Costantinopoli. Durante le festività, comunque dedicate al nome della Madonna, durante la processione echeggiava l’Ave Maria, abitualmente intonata in castelgrandese e con tono instancabile e squillante della signora Filomena Cristiano (Ciceglj), supportata dal coro delle altre parte- cipanti, che così veniva recitata: “Avio Maria (Ave Maria) chiena r grazzj (piena di Grazia) l sgnor è teco (il Signor è con Te) bnrett si tu fra r ronne (benedetta sei tu fra le donne) e bnritt (e bendetto) l frutt r l sueno tuo Gisù (il frutto del seno tuo Gesù) – santa Maria (santa Maria) matra r Dij (madre di Dio) prea p nuj pccatur (prega per noi peccatori) aress e nillora (adesso e nell’ora) ri la nostra mort (delle nostra morte) e così sija (e così sia)”, alternata da: “Evviva Marija, Marija evviva, evviva Marija e chi la creò”.

ISTITUTO SANTA MARIA DEGLI ANGELI L’Istituto fu fondato nel 1917 da Mons. Felice Cianci, nato a Castelgran- de il 24 luglio 1852, collaborò don Giovanni Quaremba donando tutti i suoi beni, don Carlo Cianci inviando sostanziali contributi dagli Stati Uniti, don Alfonso e don Felice De Sanctis, fratelli del Servo di Dio Nicola De Sanctis. Nel 1967 fu celebrato il 50° anniversario (1917/1967) della presenza a Castelgrande delle Suore Salesiane di don Bosco. Sul limitato cortile antistante al portone di accesso all’Istituto affac- ciava una curatissima chiesetta dedicata alla Madonna Maria Ausilia- trice e un salone adibito a manifestazioni culturali, rappresentazioni teatrali, esposizioni attività di laboratorio delle giovani dell’oratorio e 366 Giuseppe Maria Lotano

delle orfane ospitate. Detto salone in precedenza era la Chiesa di santa Sofia, poi di Madonna della Grazia. Tra le Direttrici susseguitesi nell’Istituto, la più rimpianta fu l’in- stancabile Suor Erminia Ragosta. Nell’Istituto erano impegnate circa venti suore per un servizio concernente l’accoglienza di settanta orfane. Fu anche il primo asilo infantile di tutti i bimbi castelgrandesi a decorrere dall’otto settembre 1917, il cui compito cessò con il terre- moto del 1980 per inagibilità della sede. Molto importante tra le attività di accoglienza fu quella a favore delle Orfane di guerra e ragazze di famiglie in gravi difficoltà della Regione Basilicata, anch’essa svolta fino al 1980, coordinate dall’Ente N.A.O.L.I.N.E.. Assicurava alle ragazze assistenza fino alla maggiore età, la frequenza delle scuole dell’obbligo e poi la partecipazione, nell’Istituto stesso, a corsi regionali C.I.O.F.S. per l’addestramento al lavoro nelle attività di Taglio e Cucito, Ricamo, Maglieria e nello sport gare tra giovani ragazze di altre sedi religiose. Dopo il sisma del 1980, l’Istituto fu dichiarato non abitabile e le suore trasferite in un prefabbricato in località Accolta. Nel 1999 le Suore, per cumulo di sopravvenienze dovute a utenza quasi nulla per forte emigrazione della popolazione, calo della nata- lità, scarsità di vocazioni, spese di gestione, convennero di dismette- re la loro attività a Castelgrande. La sede originaria, da restaurare, fu acquistata dall’Amministrazione comunale per destinarla ad attività culturali e logistiche correlate all’Osservatorio astronomico del Top- po di Castelgrande. La sede dell’ex stituto si auspica abbia un completamento delle opere di restauro e dovuta attenzione per non disperdere un patri- monio edilizio, che tanto ha servito la collettività e onorato la comu- nità locale e non solo. Non mancherebbero possibilità di un progetto di rivitalizzazione delle originarie funzioni, proponendole ad altri potenziali utenti che operano in emergenze educative e d’assistenza richieste dalla società attuale. Tali obiettivi sarebbero funzionali anche al mantenimento in loco di una fascia di popolazione attiva da occupare e in prospettiva, potrebbero favorire l’accesso a specifici finanziamenti di partner e di Fondazioni che sostengono lo sviluppo del territorio promuovendo iniziative capaci di crescita etica e sociale. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 367

CASA DI RIPOSO E CHIESA “CRISTO RE” Dopo il terremoto del 1980, la Caritas di Imola donò alla cittadinanza un prefabbricato da adibire a Cappella per assicurare la continuità dello svolgimento di attività della chiesa parrocchiale, completamente distrutta, essa fu dedicata a Cristo Re e localizzata in località Accolta. A breve distanza dalla Cappella il parroco, Don Francesco Masi, tra il 1982 e 1985, donò terreni di famiglia e poté essere realizzata, per anziani bisognosi, la Casa di Riposo Cristo Re (via Guglielmo Gasparrini, 56). Sul posto una lapide ricorda: “La Caritas delle Chiese della Calabria animata dall’Arcivescovo di Crotone Mons. Giuseppe Agostino e dal Presidente Mons. Renato Cosentini af- nché non morisse l’idea di Mons. Michele Federici già Arcivescovo di Crotone che intendeva offri- re aiuto e assistenza agli an- ziani bisognosi costruì que- sta casa sul suolo donato da Giuseppe Masi-Nobile”. La Casa di Riposo, fu inaugurata il 1° novembre 1985, ebbe come primi ospi- ti cinque anziani. L’Opera pur essendo di pre- gevole efficacia d’assistenza ha vissuto, in precedenza, alcune pro- blematiche organizzative poi affidate al Parroco don Pino Vivilecchia, coadiuvato da vo- lontari. Il Parroco tra le nuove iniziative a sostegno degli ospiti della Casa ha attivato la partecipazione della preziosa opera delle suore di san Vincenzo de Paoli, che dal 26 aprile 2013 prestano servizio di assi- stenza religiosa e sanitaria agli anziani. Le suore, prima in tre e recentemente in quattro unità, proven- gono dalla Repubblica Democratica del Congo, i loro nomi sono: Tulombe Bernadetta, Isacu Denise, Mputu Annie, Astrid Ngalela. Esse oltre a svolgere la missione di consacrate affiancano, ove richiesto, il personale nei diversi ruoli. La loro fattiva presenza ha portato l’allegria della semplicità e di- 368 Giuseppe Maria Lotano

sponibilità al servizio, frutto della cultura essenziale del loro grande continente Africa, che fa della solidarietà il principale coagulante e motivo di crescita delle comunità disseminate nei villaggi e, nello specifico, testimonianza di universalità della cultura di vita cristiana pregna dei valori di amore per la vita e insieme arcobaleno di colori di mani operose, tese verso il prossimo. Don Francesco Masi, nel 1991, per avvenuta vetustà del container donato dalla Chiesa di Imola e adibito per tredici anni a cappel- la “Cristo Re”, per assicurare alla popolazione un maggiore e più funzionale luogo di culto interessò la cittadinanza e rappresentanti religiosi per la realizzazione di una nuova sede adeguata allo svolgi- mento delle funzioni religiose. Moltissimi cittadini, in loco e dall’estero, contribuirono in diversi modi al progetto di costruzione, avvenuta nel 1994, della nuova cap- pella “Cristo Re”, in cui Mons. Francesco Masi volle ci fosse, su pare- te dominante l’altare, anche l’immagine del “Cristo Risorto”, dipinto che su sue indicazioni di composizione di immagine fece realizzare, nel 1996, dall’artista Gennaro Musella. Nel piazzale tra la Chiesa e la Casa di Riposo, la domenica del 25 novembre 2001, fu anche eretta la statua del “Cuore di Gesù” e l’epigrafe tradotta dal latino, così ricorda “A gloria di nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo e in memoria dei nostri concittadini che persero la vita travolti nelle rovine delle loro case diroccate dall’im- mane scossa tellurica del 23 novembre 1980 – 23 novembre 2001”. Ogni benefattore è riportato nel registro parrocchiale, tra essi emerge il contributo del concittadino Monsignore Giovanni Batti- sta Ruvo, parroco della Parrocchia della Madonna del Carmine nel Bronx a New York. Nell’ingresso della cappella “Cristo Re” a ricordo della sua realiz- zazione, l’epigrafe tradotta dal latino, ricorda: “Poiché l’ultimo terremoto d’indicibile violenza gettò al suolo l’an- tica chiesa della Vergine Assunta in cielo, Francesco Gerardo Masi, Parroco, come ricordo del suo 50° anno della sua consacrazione sacerdotale ha fatto costruire dalle fondamenta questa nuova chiesa dedicata a Cristo Re Eterno, la quale consacrata con l’unzione dei sacri olii da Ennio Appignanesi, metropolita della Chiesa lucana, fu aperta al culto il 5 novembre 1992 regnando Giovanni Paolo II Pon- te ce della Chiesa universale”. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 369

FORNO A LEGNA "ANTICHI SAPORI" E “LIBRETTO DEL PANE” La cottura del pane avveniva in forni a legna. Nel paese, in genere, i forni erano denominati secondo la dislocazione rionale: Cstuarieggj, Piescjc, Martnieggj, Sop a la chiazz, Shrrtieggj, Nant a don Alfons, A la strad, Portanov, Nant a la chies. Fondamentali per il funzionamento del forno erano due operatrici, la chcjtruicj, cuocitrice, e la frnuar, fornaia. La prima incaricata dell’approvvigionamento di legno di cierr, cer- ro, e di zepp, fascine, per caricare il forno e innescare la combustione, poi procedeva al servizio di cmmuann, comando, cioè andava dalle massaie per impartire l’ordine di preparare l’impasto per consentirne la lievitazio- ne e predisposizione delle pagnot- te che poi avrebbe trasportato per essere infornate, spesso al trasporto al forno provvede- vano le massaie stesse. La fornaia controllava la combustione della legna, raggiunta la giusta tempe- ratura del forno mnnluav, puliva, la base del forno da ogni residuo di carboni e ce- nere per potervi poggiare le pagnotte di pasta, le focacce, quest’ultime necessitavano di poco tempo per la cottura e subito dopo si procedeva a infornare le pagnotte. Per tale sevizio la massaia, a ciascuna delle due operatrici, lascia- va, il “fornatico” cioè circa un chilogrammo e mezzo di pane. Altre operazioni marginali, dopo la cottura del pane e fino a esauri- mento calore del forno, erano le infornate di castagne, ceci, teglie di pietanze varie. Le infornate di castagne e ceci, oltre a spargere profumo per un buon tratto di strada circostante erano anche occasione di incontri tra amici per consumarne parte sul posto, bevendo anche un buon bic- chiere di vino in lieta compagnìa. Nel dopo guerra con l’avvento dei forni a gasolio, poi elettrici, cessò l’uso dei forni a legna e mutò anche la funzione del fornaio. I nuovi forni furono tre, rispettivamente gestiti dai fratelli Vincen- 370 Giuseppe Maria Lotano

zo Cianci e Vito Cianci, da Antonio de Santis, da Serafino Onofrio. Si instaurò una economia di baratto, poiché ad ogni quintale di gra- no consegnato al fornaio corrispondeva il ritiro di settantacinque chili di pane, che ad ogni parziale ritiro veniva contabilizzato sulla propria lbbrett p r puan, libretto per il pane, e ciò fino a esaurimento delle proprie spettanze . Oggi il pane si compra senza neanche portare il grano. Dei citati tre forni è rimasto solo il forno di Serafino Onofrio al rione costa. Da agosto 2011 è stato aperto anche un nuovo forno dalla giovane Rosa Federici al rione borgo denominato Antichi Sapori. Produce pane, pizza e varietà di biscotti, tutti preparati secondo tradizione e con cottura in forno a legna. I prodotti hanno conseguito molto consenso e si caratterizzano per i loro “sapori antichi”. Il pane ottenuto usando farina di cereali, acqua, lievito, fu prodotto dai romani ed era un alimento principale, gli altri cibi accompagnava- no il pane da cui il termine “companatico”. Per un buon prodotto lievitato importante è la farina, ottima quella dei semi antichi, così pure essenziale è il lievito madre. A Milano per soddisfare i buongustai dei lievitati è stato aperto un Forno Collettivo dove le massaie più appassionate, che sono in continuo incremento e che amano impastare a casa il proprio pane, possono portare la pagnotte a cuocere, proprio come avveniva in tem- pi addietro. Ma per un buon pane oltre alla scelta dei grani occorre perizia anche per il tipo di legna da ardere, importante è la sua umidità e la resina. Salvatore Cantavenera, panificatore dal 1928 di Agrigento, fa pre- sente che “Il profumo innanzitutto. Quello del legno di agrumi è di- verso dalla vite o dall’ulivo. Ad alcuni pani serve una lenta e bassa temperatura e quindi il legno non deve essere vecchio; per altri è meglio l’agrume che dà più spinta immediata” (Fonte: Il Messaggero “Diciamo pane al pane” di Carlo Ottaviano del 25 settembre 2018). Tradizionale è anche la preparazione della “pasta fresca a mano” ma forse non potrà mai farsi breccia tra i prodotti di Antichi Sapori. Costantemente assume un ruolo importante anche il piacere e la riscoperta tra i “ sapori antichi” di un buon piatto di “pasta fresca pre- parata a mano” ma prodotto in casa propria. Da un recente studio, condotto dalla Coldiretti/Ixè nell’ambito di “World Pasta Day”, che si celebra il 25 ottobre in tutto il mondo, emerge che in Basilicata una famiglia su cinque tiene viva la tradizio- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 371

nale preparazione della pasta a mano preparata in casa. Prelibatezza che tende a non scomparire ma difficile da tramandare, per mancanza di giovani leve a cui consegnarne la cultura di prodotti della manipolazione. Forse resteranno un ricordo quei saporiti formati di pasta, che oltre all’uso corrente, dominavano, ad esempio, anche la cucina tipica dei tre “giovedì grassi”. Essi ricorrevano prima dell’ultimo di carnevale, denominati: giovrì sus (giovedì con sfizioso tipo di pasta); giovrì mrzuiggj (giovedì con pasta e pezzetti di salsiccia); giovrì lardieggj (giovedì grasso con trittico di pasta), a scelta tra fsuiggj, fusilli / cavatiell, cavatelli/ avrcchiueggj / copplaprievt, orecchiette / sppontaport, tro- fie e/o strozzapreti / avruecchj r leb- br, orecchie di lepre, tipi di pasta sempre conditi con ottimo ragù e rigorosamente ammantati di rafano o di piccante. L’ultimo di carnevale, in- fine, la particolare tradizio- ne indicava di soffermarsi a mangiare “qualcosa durante la giornata”, intervallando nove diverse occasioni. Di certo un ritorno com- pleto ai “sapori antichi” ri- chiederebbe anche un mulino a pietra cui attingere farina di grani antichi, prodotti senza l’ausilio di addi- tivi chimici. Il tutto a oggi sembrerebbe un’eresia, ma non lo è se vogliamo non dimenticare che le nostre radici dialogano e vivono della madre terra per esprimerne contenuti racchiusi in un chicco di grano, capace di sprigionare profumo e storia di “sapere antico”. Si cita una testimonianza del Salento dove, un giovane amatore di grani, Giuseppe Maggio, laureato in Marketing e Comunicazione, con un amore viscerale per i grani antichi ne ha riportato nei mulini di pietra, chicchi di: la capinera, o il grano del miracolo, quello con sette spighe in un solo stelo, menzionato persino nella Bibbia e arri- vato nel Salento tra il 1100 e 1330 con l’invasione turca; la carosella; la majorca, un grano tenero spagnolo portato dai Borboni durante il 372 Giuseppe Maria Lotano

Regno delle Due Sicilie; la saragolla, varietà proveniente dall’Egitto. Così pure la passione di Marco Roncoroni, di cinquantasette anni laureato in ingegneria, di Codorago (CO), che ha riattivato la produ- zione di frassineto, un grano tenero che fino ai primi del novecento era diffuso in vaste aree del Centro e del Nord Italia di cui dice “Il grano antico è magico, si adatta al terreno, lo semino, aspetto e rac- colgo ogni anno di più. E ogni anno metto via il seme per la stagione successiva, come si faceva un tempo”. (Fonte: L’archeologo dei grani antichi - Storie di vita – Ercole Maggio di Giulia Cananzi / Messag- gero di sant’Antonio Aprile 2018). Questi esempi sono scuola di vita, di progresso, di rispetto e amo- re verso le possibilità di sostentamento di cui è capace la sterminata ricchezza della natura. Il grano o frumento, termine arcaico tritico, fa parte della famiglia delle graminacee, È un seme di antica coltura e molto presente nelle aree tra il Mar Mediterraneo, il Mar Nero e il Mar Caspio, definite anche della Mezzaluna Fertile. Le molte specie di grano costituiscono il genere Triticum; il più diffuso è il grano tenero. Ovviamente la pasta per antonomasia è quella secca e si diffonde in tutte le cucine del mondo con percentuali sempre maggiori. L’IPO (International Pasta Organisation) a cui aderiscono diciotto Paesi - Argentina, Belgio, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Francia, Germania, Iran, Italia, Messico, Portogallo, Spagna, Turchia, Stati Uniti, Uruguay, Venezuela - promuove il consumo e la cono- scenza della pasta nel mondo erudendo il consumatore sul valore nutrizionale e sugli effetti benefici della pasta. Allo scopo ogni anno organizza il “World Pasta Day” giornata internazionale della pasta, la prima manifestazione si tenne a Napoli nel 1997 e da allora sempre in un diverso paese del mondo, per te- stimoniare il valore culturale universale del cibo della pasta, sempre più simbolo di una sana alimentazione. Già duemila anni fa Cicerone e Orazio parlavano della “Lagana”, cioè tagliatelle / fettuccine, di acqua e farina lessate o fritte, la pasta è dunque di antica nobiltà di gusto e di storia. Le fettuccine sono diffusamente preparate ma da sempre chiama- te “Lagana” in Basilicata, Calabria, Salento. (Fonte: La Gazzetta del Mezzo- giorno - Speciale World Pasta Day / 25 ottobre 2018). PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 373

PASTORIZIA Tra i prodotti agricoli l’attività di pastorizia vanta da sempre noti ed eccellenti prodotti di trasformazione del latte bovino, ovino, caprino, e produzione delle carni. I bovini tipici dell’area sono le mucche podoliche, alle quali si ag- giunge la razza bruna alpina, marchigiana e pezzata. La razza podolica pascola allo stato brado cibandosi solo di erbe più deicate, il suo latte è molto ricco di grassi e consente la migliore qualità di pasta filata per la produzione del caciocavallo. La denominazione del formaggio “caciocavallo” deriva dal fatto che le mucche podoliche, liberamente disseminate tra i diversi punti di pa- scolo, possono essere aggregate solo in piccoli gruppi per ren- dere concreto, sul posto, la quantità di latte utile da tra- sformare in cagliata, cioè la trasformazione del latte in formaggio. Il prodotto è lavorato a mano per darne forma ton- deggiante, da cui si ricava una testina per meglio maneg- giarlo. Per il trasporto, dal luogo di pro- duzione alla masseria, il formaggio è confezionato a coppia, vincolata dalle testine infilate nei cappi ter- minali di una cordicina, che consente di porlo a ridosso del basto, o della sella del cavallo, da cui la denominazione di “cacio a cavallo” cioè “caciocavallo”. Giunto alla masseria si provvede al suo trattamento in salamoia, al- meno per dodici ore, e poi nuovamente disposto a coppia, è sospeso, questa volta, “a cavallo” di assi fissati alla volta del locale, fresco e areato, per un periodo di stagionatura. L’attività di allevamento di ovini, oggi ha maggiore possibilità di pascolo per lo spopolamento e conseguente cessazione di tante pic- cole aziende a carattere familiare, di cui resta uno sparuto numero, 374 Giuseppe Maria Lotano

pur disponendo, in particolare nella contrada Pisterola, di pascoli che il sommo botanico castelgrandese Guglielmo Gasparrini definì tra i migliori del Mezzogiorno d’Italia. L’attività di allevamento di caprini, il cui latte è pregiatissimo per la particolare alimentazione della capra e per la sua limitata produzione, causa l’insufficiente forza lavoro è quasi completamente decaduta ed è raro potersi approvvigionare del noto “casrcott” formaggio ricotto, ottimo prodotto di specificità caprina impiegato, quasi esclusivamente, per condimento di piatti di pasta fatta in casa.

FLORA E APICOLTURA Nel linguaggio dialettale di Castelgrande “le api” (Specie: Apis melli- fera – Ordine: Imenotteri) sono indicate con il termine “r mosc” cioè “le mosche”. Mosca, zanzara, è il nome comune d’insetti dell’ordine dei Ditteri, ne esistono oltre 100mila specie, la loro misura varia da 1 a 30 mm. L’ape appartiene all’ordine degli Imenotteri, il nome deriva dalla conformazione delle due paia di ali trasparenti e membranose, da cui il nome dell’ordine (Hymen = membrana). L’ape è un insetto con un’intensa vita sociale, è della famiglia Apidae ed è un importantissimo operatore nel mondo delle piante. L’ape, contrariamente alla mosca, non infastidisce svolazzando in- torno al “soggetto” che fronteggia, ma danza per il piacere di avere individuato una fonte di approvvigionamento, e danzando ne comu- nica la gioia e altre notizie all'insieme dello sciame. Solo nel 1700 si appurò che le api non avevano un “re” ma una struttura matriarcale, per cui il loro governo è affidato a una “regina”. L’ape domestica è originaria di Europa, Asia occidentale e Africa, ne esistono ventisei sottospecie riconosciute, vive in tutti gli habitat caratterizzati da abbondanza di piante da fiore e nidifica tra cavità. Ha tre paia di zampe e un corpo composto di: capo, torace, ad- dome, alla cui estremità è presente un pungiglione, collegato a una ghiandola di veleno, che usa solo alla presenza di minaccia per sé o per l’alveare. L’ape non è aggressiva per cui quando attacca offre la vita per difendere valori propri e della comunità, il pungiglione è dentellato e non si sfila dai tessuti dove penetra. La dimensione delle api, è la principale caratteristica che identifi- ca il loro ruolo sociale. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 375

Le api sono chiamate: “Regina” misura 18-20 mm e vive 2-5 anni. Le uniche in grado di riprodursi, depongono fino a 1.000 uova il giorno e in periodo di buona stagione anche fino a duemila, dalle quali dopo circa ventuno giorni dalla deposizione nei favi si genera una nuova ape. È chiamata “operaia”, misura 10-15 mm e vive 2-4 settimane, svolge il compito di raccogliere e trasportare il nettare, il polline, l’acqua (per cui detta anche: bottinatrice), pulire le celle, alimentare le larve con miele e la Regina con pappa reale, difendere la comunità da aggres- sori, predatori, parassiti. Con una particolare “danza” comunica alle al- tre operaie le fonti, quantità e punto esatto, nel raggio di tre chilometri, dove attingere polline e inebriarsi di nettare porto in “calici” dai fiori. È chiamato “fuco” il ma- schio della colonia, misura 15-17 mm e vive circa 4-8 settimane, suo compito è fe- condare l’ape regina, è più tozzo, non ha il pungiglio- ne ed ha le ali più lunghe, non può succhiare né racco- gliere il nettare. Di stagione va in cerca di una Regina e dopo l’accoppia- mento, che avviene in volo, il fuco cade a terra e muore. I “favi” sono cellette esagonali, dove le Regine depongono le uova, costruite di cera e usate per il deposito di miele, polline, fungono da nido in cui nascono e crescono le larve. Adottano la forma esagonale perché consente il massimo uso di una superficie. Per quanto illustrato non vi sono possibili elementi di similitudine tra mosche e api, tranne l’appartenenza agli insetti volanti. Questa meravigliosa specie d’insetti, le api, è una colonia di pro- tagonisti instancabili e fedeli al loro gratuito lavoro di impollinazione fornito alla natura per la ricchezza dell’uomo ma in molte aree, italiane e mondiali, è a rischio di estinzione a causa dello sconsiderato uso di pesticidi e delle diffuse e intense monoculture. Contro la terribile minaccia alla sopravvivenza delle api l’associa- 376 Giuseppe Maria Lotano

zione “Avaaz” avviò nel 2011 una campagna per fare approvare in Francia il divieto di usare sostanze tossiche in agricoltura. La richiesta con unmilione di firme ebbe successo, di seguito fu presentata all’UE per ottenere “Il divieto totale di pesticidi ammazza api in tutti i paesi dell’Unione Europea”. Sono state raccolte oltre cinquemilioni di firme e mobilitato ricercatori di tutto il mondo per contrastare le multinazionali favorevoli alla produzione di neonicotinoidi in uso in agricoltura. A fronte di tanti autorevoli pareri di esperti in difesa delle api e delle firme raccolte, in data quattro maggio 2018, l’EFSA, il comitato scientifico dell’UE, ha votato di sostenere il divieto richiesto in ambito europeo. Ora il prossimo obiettivo è l’estensione del divieto nel mondo intero. Il Ministro Hulot, già sostenitore della richiesta in Francia, ha di- chiarato “Questa è un’ottima notizia per le api e per l’umanità. Il sistema sta cambiando e voglio rendere omaggio all’incredibile sforzo di questo movimento cittadino nella conquista di questo divieto”. In Italia anche la Coldiretti ha sostenuto il divieto. (Fonte:https://secure. avaaz.org/it/save the bees global nm sh/). La Lucania nella gran parte del suo territorio interno caratterizzato da orografia con colline e montagne, la cui asperità non consente col- tivazioni intensive ma ottimi pascoli, è il teatro più naturale e perfetto per assicurare un angolo di paradiso alle api e preservarle. In Lucania il territorio è ampio e diverso per ricchezza di flora, che spontaneamente vegeta lungo tutto il profilo altimetrico da valle fino all’Appennino. Il continuo esodo umano dai campi, per il fenomeno migratorio, assicura alle api un’ampia indisturbata palestra naturale, con gestione paragonabile a un porto franco, dove scorazzano spensierate, ognuna incredula di tanta “diffusa riserva territoriale e di biodiversità” che s’in- crementa con tasso esponenziale e che, comunque, richiede attenzione per la sua disciplina e sicurezza d’uso per ogni altro utile fine produt- tivo o di svago. “In questo nuovo scenario l’ambiente rurale riacquista, poco alla volta, una qualità divenuta preziosa: la biodiversità. Una eredità no ad oggi trascurata, frutto di migliaia d’anni di evoluzione. Essa, intesa come la somma di tutte le formi viventi e le loro molteplici relazioni, strettamente legate agli habitat, è la qualità intrinseca dei nostri campi, la nostra identità. Un valore che possedevamo, poi stravolto e morti- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 377

cato dall’agricoltura industriale, e del quale oggi ci riappropriamo. Grazie alle tante aree sparse in regione dove si è conservata e dove da queste si può nuovamente diffondere“. (Fonte: Mieli e pascoli della Ba- silicata – Simonetta Fascetti / Renato Spicciarelli - UNIBAS 2007). “La Lucania ha antichissima cultura e conoscenza del miele, api e prodotti apistici. Testimoniano detto rapporto “uomo-api” il rinveni- mento, a Montemurro (PZ), della rappresentazione in terracotta di un favo risalente al IV-III secolo a. C. e ad Armento (PZ) della splendida corona aurea di Kritonios (370-360 a.C.)”. (Fonte: La Carta dei Mieli della Basilicata – Renato Spicciarelli - UNIBAS 2015). Quest’ultima insieme all’altro straordinario ritrovamento di “Il sati- ro inginocchiato” può essere ammirata presso lo Staatliche Antikensam- mlungen, Monaco di Baviera. Le antiche testimonianze lucane sono eccelse, occorre dare seguito e rafforzare il loro messaggio di amore per la ricchezza della natura che ha partorito tanta delicatezza di colori e petali disseminandola sul territorio lucano per renderlo eccezionale e prezioso patrimonio comu- ne per ricchezza di biodiversità. Tanta specificità è stata oggetto di attenzione del Dipartimento Agri- coltura e Sviluppo Rurale della Regione Basilicata che ne ha approfon- dito ogni aspetto avviando un’importante e rigorosa ricerca affidata al Dipartimento di Biologia, Difesa e Biotecnologie Agro-Forestali della Università di Basilicata. La ricerca ha individuato le principali caratteristiche dei tanti tipi differenti di mieli prodotti dalle api in Basilicata, la cui qualità colloca il prodotto al vertice delle diverse graduatorie nazionali. È auspicabile che la ricchezza della natura lucana, solo parzialmen- te interessata da attività apistiche, possa costituire risorsa da assurgere ad elemento produttivo dominante in quanto ne esistono tutte le po- tenzialità naturali. Da evidenziare che l’attuale prodotto “miele lucano” è già uno dei migliori mieli d’Italia e riconosciuto come tale anche oltre confine italiano in particolare nell’Europa settentrionale dove ha conquistato massimi riconoscimenti fieristici in Danimarca, Germania e Finlandia. Il Comune lucano, prossimo a Castelgrande, molto attivo nel soste- gno della produzione del miele è Ripacandida, divenuto nel 2001 “Città del Miele”, su iniziativa del prof. Renato Spicciarelli. In questa piccola cittadina lucana dal 2003 ha sede il Consorzio Regionale di Tutela e Valorizzazione del Miele Lucano, un folto gruppo di apicoltori lucani 378 Giuseppe Maria Lotano

che intendono difendere con decisione la qualità straordinaria del pro- dotto regionale. Le api non solo da allevare per conservazione delle api stesse ma perché insostituibile ed operose sentinelle della biodiversità.

IL MIELE MILLEFIORI E L'ACETO DI MIELE DI CASTELGRANDE In continuità dell’antica alquanto diffusa presenza di un’arnia tra le campagne locali è attiva dal 1998 l’azienda denominata“Apicoltura castelgrandese” responsabile Domenico Alberto Muro, per la pro- duzione di “Miele Millefiori”. La sede è in contrada Monte Nuovo, area a circa 1.100 metri di altitudine in cui sono diffuse le arnie stanziali, a volte trasferite anche nelle valli del Marmo e del Melandro. All’ottimo Millefiori si auspica la possibilità di utilizzazione di più ampia area del territorio castelgrandese per arricchire con altre infiorescenze tipiche, ad esempio il castagno,e la prospettata col- tivazione locale dello zafferano, al fine di arricchire la gamma di qualità di mieli pregiati. Un particolare prodotto dell’azienda è anche una varietà gustosa e apprezzata di “Aceto di miele”. Le api lavorano bene ma anche gli operatori che dedicano a comprenderne il valore e trasmetterlo ai consumatori.

FAUNA, VENATORI, AREA ZAC “LA STARNA” La pratica della caccia è la più antica attività dell’uomo esercitata per attingere risorse utili alla sua stessa esistenza. Tanto fondamentale necessità è divenuta arte di confronto e scontro, tra i protagonisti: l’uomo e la selvaggina. Essi agiscono il primo con la ragione, un’arma e l’ausilio del cane a supporto delle proprie azioni, la seconda con l’istinto, la sua fisicità e l’habitat. Ognuno, a vicende alterne, ha due uniche possibilità: per l’uomo l’insuccesso o il successo dell’azione; per la selvaggina la tutela della propria esistenza e il rientro in tana o nido. L’uomo con la caccia ha anche sviluppato il piacere di conoscere, in senso lato, il territorio, la fauna, l’ambiente e la possibilità di rela- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 379

zionarsi per vivere e arricchire la propria passione nel rispetto degli elementi che lo circondano. Da ciò la stesura di calendari venatori, definizione di aree di ri- serva, imposizioni di divieti, regolamenti, che ove non osservati si incorre nella “caccia di frodo” e non onora chi la pratica perché è un confronto impari. L’area castelgrandese è sempre stata ricca di lepri, starne, pernici, fagiani, quaglie, beccacce, tordi, colombacci, volpi, lupi, ciascuna specie è una ricchezza nel suo ruolo naturale e interesse per caccia- tori e ambiente. Detta varietà di fauna, nella stagione di caccia, ha sempre attratto in pa- ese frotte di cacciatori e da ogni parte giungevano con mezzi propri o pullman di gruppo. Gli agricoltori hanno sempre saputo che la flo- ra e tanti frutti dei propri campi erano essenziali per il ricovero e sostegno della fauna, presente con stagio- nalità specifiche, per ripro- dursi e stanziare tra periodi di migrazione. Con l’avvento dell’uso di di- serbanti e antiparassitari, l’agricol- tura ha cambiato volto e ridotto il suo potenziale sostegno alla fauna. A tale danno si è sempre più aggiunto, in maniera determinate, l’abbandono dell’agricoltura e il mutamento climatico, che rendono tante aree non più attrattive per la fauna migratoria, tanto che oggi è quasi completamente scomparsa, mentre è stata osservata, se pur limitatamente, la presenza di nuove specie, ad esempio di gabbiani e cicogne nere, più tipiche del nuovo clima che si sta instaurando. Scorrazzano indisturbate solo le specie più selvatiche e stanziali, volpi, lupi, cinghiali, che in un territorio sempre meno caratterizzato dalle attività agricole proliferano in un rapporto squilibrato e danno- so per le residue coltivazioni in essere e per dette specie si necessi- terebbe praticare una caccia selettiva. 380 Giuseppe Maria Lotano

Ma l’uomo non rinuncia alle proprie ataviche passioni e intervie- ne reintroducendo nuova fauna selvatica capace di integrarsi alle mutazioni del territorio e riproporre uno degli aspetti della meravi- glia della natura preordinata dal Creatore. Tra le altre attività connesse al rapporto tra l’uomo, l’ambiente e la selvaggina, a Castelgrande, già da oltre un venticinquennio, è attiva l’area ZAC (Zona Addestramento Cani) "La Starna". In merito riporto una testimonianza, attinta presso la sede della ZAC, dall’amico e Presidente della ZAC - Vito Cristiano.

Testimonianza da: Vito Cristiano - Presidente Area ZAC "La Starna" di Castelgrande Nell’incontro ho fatto presente una prima considerazione circa il fat- to che da tempo, sul nostro territorio, nota area di caccia, non vedo più quel gran numero di cacciatori locali, che spesso si radunavano per descrivere ogni minimo particolare di movenze assunte durante le battute di caccia dal proprio “cane da ferma” nello scorgere “guiz- zi della selvaggina”. Episodi che incuriosivano e che ora più nessuno riferisce, pertanto ciò mi incuriosisce e chiedo cosa rappresenta l’a- rea ZAC “La Starna” sul territorio e quali autorizzazioni necessitano per l'attività. CRISTIANO: Premetto che l’Area ZAC “La starna”è così denomina- ta dal desiderio di riportare sul territorio la specie estinta, da diversi decenni, provvedendo all’immissione nell’area di starna italica, per tentare un ripopolamento. La ZAC è presente sul territorio da circa un venticinquennio e necessita di autorizzazione, attualmente è rilasciata dalla Regione Basilicata – Dipartimento di Politiche Agricole e Territoriale, quella in corso per l’esattezza è del 26 aprile 2017 protocollo 69898. Sull’ area conuisce l’interesse degli appassionati di caccia, che se pure in forte calo ancora ci sono, pertanto è un importante luogo di incontro sportivo e sociale.

Che superficie occupa e quale tipo di addestramento si pratica. CRISTIANO: L’area ZAC tipo “A” interessa 200 ettari per l’attività senza sparo mentre quella di tipo “B” interessa 50 ettari con attività di sparo. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 381

Quest’ultima è tassativamente rivolta solo a selvaggina di alleva- mento, fagiani, starne, quaglie, tutte le altre specie non possono esse- re abbattute. Le due aree ZAC sono tabellate e incolte, mediamente poste a mille metri di quota, con tutte le caratteristiche in pieno rispetto delle leggi vigenti. Il territorio offre possibilità di ulteriore estensione della super- cie ed è in atto un progetto di ampliamento. Nell’area ZAC tipo “A” l’addestramento di cani senza sparo è pos- sibile praticarlo per tutto l’anno ed è rivolto a cani da ferma di varie razze tra cui Setter, Pointer, Bracco, Breton, Kurzhaar ma ne esisto- no diverse altre,ogni cane oltre al uto ha predisposizioni particolari da scorgere e valorizzare addestrandolo. Per l’addestramento intervengono professionisti nazionali e cino- li appassionati. Entrambe le attività non si svolgono mai nei due giorni di “silenzio venatorio” stabiliti dalla legge e sono sempre il martedì e il venerdì su tutto il territorio nazionale.

Quale legge disciplina la caccia In Italia CRISTIANO: La legge è dell’11 febbraio 1992, n. 157, in materia di Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. La legge all’articolo 1, comma 1, recita: “La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale e internazionale”. In Italia la caccia è consentita solo con i seguenti mezzi: fuci- le, arco e falco. Per esercitarla è indispensabile il possesso della licenza di porto di fucilea uso caccia, versamento contributi regionali e governativi, assicurazione e tesserino dell’ATC (Ambito Territoriale di Caccia), per l’accesso alla ZAC non occorre il tesserino ATC.

Ci sono altre aree ZAC in zona CRISTIANO: La nostra area ZAC classi cata di tipo “A”, cioè senza sparo, è l’unica presente in Basilicata ed è molto frequentata anche da cacciatori di diverse regioni.

Come è organizzata e a quali finanziamenti attinge. CRISTIANO: L’attività non riceve nessun nanziamento pur ri- 382 Giuseppe Maria Lotano

coprendo un ruolo educativo importante a sostegno di un corretto rapporto con il territorio e di promozione del turismo. Diversi sono gli appassionati che collaborano, altri sono anche soci o soci collaboratori e con le quote di iscrizione viene gestita l’at- tività sia di addestramento che di organizzazione di manifestazioni cino le. Certamente la mutata situazione sociale, la forte emigrazio- ne, la continua disattenzione pubblica verso le priorità di tutela della fauna e del territorio purtroppo riducono le possibilità di incremen- tare il numero di appassionati alle attività della caccia e della ZAC.

Presidente la ringrazio per le interessanti notizie, per la disponi- bilità accordatami e per il suo impegno per lo sviluppo di attività educative e di promozione del territorio, auspico ulteriori successi alla ZAC di Castelgrande.

RECUPERO AMBIENTALE A valle del paese, in zona Canalicchio - particella n. 94, ex 29 del foglio di mappa n. 26 - fu attivata nel 2009 l’escavazione dalla su- perficie della citata collina di “pomice”. Dall’Amministrazione comunale l’attività produttiva e di commer- cializzazione fu data in gestione a privati. Ben presto il diboscamento necessario per la “cava a cielo aper- to d’inerti” provocò sulla superficie collinare una piaga dal colore “immacolato”, la cui particolare evidenza diede inizio a molti mal- contenti. Lo scempio paesaggistico diventava sempre più di notevole gravi- tà e sgradevole a vedersi, tra l’altro insufficiente di vantaggi concreti per l’Amministrazione comunale. Per quanto descritto il Consiglio Comunale, con deliberazione n. 48 del 6 agosto 2002, preso atto della relazione del responsabile dell’Ufficio Tecnico a riguardo della cava, deliberò di “pervenire al recupero della cava in località Canalicchio con completamento dello sfruttamento”. Di seguito il Consiglio Comunale con deliberazione n. 32 del 16.05.2003 richiese alla Regione Basilicata, Dipartimento Agricoltura e Foreste Ufficio Irrigazione, Bonifica e Assetto Fondiario, Servizi PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 383

Usi Civici, il mutamento temporaneo di destinazione della citata area adibita a cava inerti per destinarla a completamento attività estrattiva nel limite temporale di nove anni con la Ditta che se ne sarebbe ag- giudicata la Concessione”. Eseguita la procedura, l’Amministrazione in data 9 settembre 2009 stipulò il contratto di Concessione e la Ditta prescelta poté iniziare anche i lavori di bonifica per il recupero ambientale. Altre iniziative di tutela, tra le principali, hanno interessato la in- formativa sulla riduzione dei rifiuti, la raccolta umida dei rifiuti, rac- colta tappi, impianti fotovoltaici. 384 Giuseppe Maria Lotano

ASSOCIAZIONI CULTURALI

Associazione culturale “Guglielmo Gasparrini” insigne botanico – onlus. Costituita dal 31 ottobre 2008 in Castelgrande (PZ) via Nicola Cianci di Sanseverino, 16. L’Associazione ha lo scopo di promuovere la tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e la sua promozione, con particolare atten- zione per la cultura scientifica.

“Aphelion - per aspera ad astra” Costituita il 26 luglio 2013 in Castel- grande (PZ). L’Associazione ha lo scopo di promuovere: la conservazione e la valorizzazione delle risorse naturali e storico-culturali, promuovere e diffondere la conoscenza e una corretta gestione e fruizione di tali risorse, associare educazione formazione e turismo sociale. (info@ associazioneaphelion.it)

Associazione musicale Vincenzo Tirico L’Associazione, in Contrada Costa, è intitolata al giovane castelgrande- se e fine musicista di organetto Vincenzo Tirico. Egli a causa di un incidente perse la vita il 22 settembre 2012, all’età di ventuno anni. Il giovane era il continuatore della tradizione di componenti fa- miliari tutti eccellenti suonatori di organetto, il cui capostipite fu il nonno Donato Cristiano. Vincenzo già giovanissimo partecipò con successo a varie mani- festazioni musicali regionali e interregionali. A Sapri, nel 2009, concorse al tredicesimo campionato italiano di organetto e fu primo classificato. Ora la passione e tradizione familiare continua con Lorenzo, fra- tello minore di Vincenzo, che già il 31 luglio 2016 si classificò primo PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 385

assoluto alla 2° edizione Festival dell’organetto di Ruoti. L’Associazione concorre alla diffusione della cultura di detto stru- mento, anche con organizzazione di corsi, festival e coinvolgimento di altrettante e viciniore associazioni del salernitano e del cosentino, parimente impegnate nel recupero e nell’educazione alla musica po- polare eseguita con l’organetto. L’Associazione nella Direzione è supportata dalla prestigiosa arte e passione musicale del maestro ing. Rocco Errichetti. 386 Giuseppe Maria Lotano

PRO LOCO E STRUTTURE SPORTIVE

PRO LOCO Svolge attività di promozione del territorio, organizza visite guidate agli osservatori astronomici, al Parco dei colori e alla Butterfly House, che riscontra molto interesse di scolaresche, gruppi di familiari e amatori.

CENTRO SPORTIVO Attrezzato di piscina, campi di calcetto coperti, campo di tennis, campo di pallavolo e pallacanestro, struttura coperta multifunzio- nale. Serate danzanti, sfilate, musiche di organetto con canti e balli tradizionali. Il complesso è stato realizzato tra il 1991 e 1995, la piscina inau- gurata nel 1998. Il centro così attrezzato essendo stato il primo rea- lizzato nel circondario, per diversi anni fu molto frequentato anche da molti utenti dei comuni viciniori. Dopo l’iniziale gestione dei fratelli Larocca il centro è stato gestito per 14 anni dai fratelli Nicola Paradiso e Vito Modesto Paradiso, che lo denominarono “Centro sportivo galaxy”. Dal 2016 la gestione è a cura della Ditta Maffullo di Pescopagano.

TOUR TREKKING Percorso di 8 Km, con punto di partenza dal rione Borgo per indiriz- zarsi da via santa Maria di Costantinopoli verso valle, dove s’incontra l’omonima cappella di Santa Maria di Costantinopoli. Si prosegue lungo il tracciato che consente di raggiungere la vetta di Monte Giano di 1.144 m. s.l.m., da cui rientrare al Centro Storico del paese. Lungo il percorso ci sono sei punti sosta per osservazioni panoramiche. Dalla vetta di Monte Giano si gode ampia veduta, poiché il Monte si erige, con la sua natura rocciosa bianca e in gran parte spoglia di vegetazione, come immacolato faro verso il paese e sull’intera vallata del Marmo – Platano, la catena appenninica ne traccia l’orizzonte.

CAMPO DI CALCIO PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 387

STRUTTURE RICETTIVE

MIZAR – ALBERGO, RISTORANTE È sito in via Gaetano Federici, 14 - (tel. 0976.804020). Con veduta dominante sulla vallata del Marmo-Platano, la struttura fu iniziata alla fine dell’anno 1970 utilizzando fondi della Cassa per il Mezzogiorno, per realizzare un “Ambulatorio polivalente Comunale” mai attrezzato. Dopo il sisma del 1980 ebbe alterne utilizzazioni tra cui: base per aiuti militari e appoggio per volontari giunti dalla Regione Molise, che costruì trenta prefabbricati assegnati ai senza tetto; sede tempo- ranea dell’Ufficio postale, poi trasferitosi in località Accolta e di se- guito nella nuova sede realizzata in via Santa Maria di Costantinopo- li, 10; dall’82 all’84 sede di scuola elementare e media; ambulatorio per attivare l’utilizzo di apparecchiature sanitarie donate da iniziative della Caritas tedesca, che donò anche un gruppo di case prefabbri- cate in legno, subito poste lungo la SS 7 in area San Vito e assegnate alle famiglie; per tutti gli anni ‘90 deposito del confinante forno; nel 2004 l’Amministrazione comunale, sindaco Francesco Cianci, pensò di adibire i locali a struttura alberghiera per scolaresche in visita all’Osservatorio e Parco botanico, idea che evolse nella realizzazione di un moderno Ostello per la Gioventù e con Convenzione rep. n. 945 del 29.06.2006 affidati a privati per la gestione, ad oggi titolare Rocco Schiavone di – MIZAR Albergo/Ristorante - dove gustare una varietà di ottime pietanze e sapori di genuini prodotti locali.

CASA NATURANDO - LA VACANZA AUTOGESTITA Il centro è stato aperto nell’anno 2010, a valle di Castelgrande al Km 407 della SS7. L’iniziativa è sorta per passione e tutela del territorio e, per la sua valorizzazione, a opera del sig. Gerardo Frassino. Obiettivo è richia- mare soggetti interessati a vivere emozioni e temi della natura in un paesaggio riposante. Molto consenso ha espresso la componente scout, che orienta l’educazione dei giovani ad un sano rapporto e di 388 Giuseppe Maria Lotano

amore verso il territorio per raffrontarsi con regole di vita in sintonia con tutti i valori della natura. Il centro è privo di barriere architettoniche, attrezzato con spazi per portatori di handicap e dotato di tutti i servizi per l’autogestione della permanenza. L’organizzazione del centro è aperta a singoli, gruppo privati, as- sociazioni. Ha in programma anche l’attivazione di “soggiorni benessere” con obiettivo la prevenzione e cura di malattie, promuovendo uno stile di vita in armonia con le risorse naturali e in rottura con dipendenze e problematiche varie. (http://www.casanaturando.it/).

CASA VACANZE “ESTIA” È altra espressione organizzativa di Casa Naturando, aperto nell’anno 2014 a valle di Castelgrande, in prossimità del Monolite Archeoastro- nomico di Canalicchio e della cappella di santa Maria di Costantino- poli. Il Centro offre ospitalità per soggiorno di singoli, di gruppi privati, di associazioni.

AREA APETE Area attrezzata nel bosco di querce in zona Apete, in prossimità dell’incrocio, al Varco della Strada, tra la SP 56 e la SP ex SS 381. L’area fu realizzata con intervento del 1989/1990 a cura della Comunità Montana e successivo del 2014 finanziato dalla Regio- ne Basilicata nell’ambito del Programma Operativo FESR Basilicata 2007/2010 – Asse IV – Pacchetti integrati di offerta turistica. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 389

ALCUNE TRADIZIONI E RITI

Si segnalano, di seguito, le principali tradizioni e riti castelgrandesi e di altre comunità. Alcune per particolarità e rarità sono anche motivo di notorietà oltre i propri confini territoriali. Sene riportano le principali con riguardo al territorio di origine.

CASTELGRANDE (PZ) Tradizione musicale A Castelgrande è sempre stato privilegiato l’ascolto, per tra- dizione, di musica sinfonica in ogni ricorrenza di festività sacra, i brani erano eseguiti da bande marcianti selezio- nate dal Comitato organizza- tore dei festeggiamenti. I fondi necessari erano in parte sottoscritti dai cittadini e poi integrati da ulteriori contributi rac- colti dai questuanti, che nel giorno dei festeggiamenti di buon’ora iniziavano il giro delle strade del paese ac- compagnati dalla banda per invitare, con note musicali, la cittadinanza a supportare ulteriormente gli oneri per la buona riuscita della festa. Agli aderenti veniva offerta l’immaginetta del santo festeggiato e un sentito ringraziamento del Comitato. La banda dopo la questua, a fine mattinata, seguiva la processione e accompagnava i canti sacri mentre a sera eseguiva brani di opere, posta sull’orchestra, abitualmente dislocata al rione Borgo. Castelgrande non ha mai avuto una propria banda marciante, tradi- zione alquanto diffusa presso i comuni lucani ma ha sempre avuto molti appassionati suonatori di strumenti tra cui: organetto, fisarmonica, chi- tarra, trombetta, pianoforte, violino e altri rudimentali strumenti minori. 390 Giuseppe Maria Lotano

Nel quotidiano non mancavano occasioni musicali e sovente sulla bal- conata della casa di Gerardo De Santis, che affacciava sulla Appia SS7 nel rione Borgo, gli strumentisti si radunavano, la domenica, ed eseguivano brani che rallegravano i passanti. Oltre a dette manifestazioni musicali era tradizione la pratica di grup- pi di giovani percorrere le vie del paese capeggiati da un suonatore per eseguire canti corali. Così pure per concedersi uno svago e spensieratezza dopo l’adem- pimento di particolari lavori, che richiedevano l’ausilio di amici per una loro rapida esecuzione. Attività propizie erano la sistemazione della provvista di legna, bat- titura del granoturco e sua ventilazione ma anche lavori stagionali più gravosi, in una economia impostata sulla solidarietà e rapporto di buon vicinato, ad esempio per la mietitura, vendemmia, macellazione del ma- iale, disboscamento, ecc. La tradizione della civiltà contadina lucana è sempre stata strutturata per vivere l’esperienza collettiva di fondersi in una collaborazione essen- ziale ed esistenziale, ciò consentiva occasioni per assaporare e rafforzare sempre più emozioni di socialità. Spesso durante la mietitura i lavoratori eseguivano canti vari ma an- che di gratitudine alla natura per il positivo raccolto, garante del sostenta- mento della famiglia. Le tematiche dei canti rituali erano spesso integrate da fantasiosi motivi giovanili, magari pensati in giornata durante le ore di sorveglianza del bestiame al pascolo. Una particolarità erano le stornellate per la ragazza corteggiata ma più ancora le serenate alla imminente sposa. Quest’ultime organizzate dal giovane aspirante sposo, in accordo con i futuri suoceri, nei pressi della abitazione della sposa, conla partecipazione di amici e conoscenti, la sera precedente le nozze o qualche giorno prima. Tra canti e suoni in attesa dell’affaccio della promessa sposa alla fi- nestra per un saluto di felicitazione venivano distribuite ai partecipanti vivande e dolci dai familiari della sposa. Ora molte di queste tradizioni musicali di partecipazione festosa delle persone,sono mutate per totale sconvolgimento delle classi di età della popolazione ma anche per mutati costumi di vita della cittadinanza. La tradizione di solisti permane, in particolare riguardo lo strumento del sax, per il quale è stato attivato un progetto musicale “Sax cantina” per appassionati dello strumento che riscuote notevole consenso anche oltre regione. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 391

Suonatori e Tarantella In paese suonatori di organetto, tra i principali autodidatti e mae- stri, sono stati: i fratelli Coppola: Felice, Giuseppe, Franco, Antonio, di quest’ultimo musiche e canti si possono ascoltare cercando su you tube: “organetto Antonio Coppola”; Donato, Gaetano e Lorenzo Cristia- no, nonno, figlio e nipote; Vitantonio Russo; due altri omonimi: Vito Muro e Vito Muro. Tra i diversi balli e più tipici, conditi da note di organetto, sono: la Tarantella e la Quadriglia. La Tarantella è molto scenografica, si caratterizza per una serie di cmmuann, comandi, ai danzanti impartiti, ad opportuni intervalli di tempo, dal suo- natore stesso o da altro che può es- sere sia un danzante sia uno dei partecipanti alla serata. I comandi propongono piccole scenografie di danza, a volte imprevisti e innovati- vi perché frutto della fanta- sia di chi comanda. Di seguito si riportano alcuni dei comandi più ricor- renti. Il suonatore in una cerimonia nuziale, si posiziona in prossimità degli sposi e dà inizio alle danze, con l’acuto di una nota musicale e l’esclama- zione: “S’abball!! Si balla !! – Signorì sottabbrazz! Signorine sotto braccio! - Cavalié tacc e pont!- Cavalieri tacco e punta!. Le coppie danzano in attesa di successivi comandi ma tanto per co- minciare a scombinare subito gli accoppiamenti spontaneamente forma- tisi, un sonoro comando annuncia: “Changé la dam! Cambiare la dama – Dam a destr e uommn a sinstr! Dame a destra e uomini a sinistr – Gi- rotond! Girotondo! - Changé la dam! Cambiare la dama! - Accer accer marit e mglier! Frontalmente marito e moglie! Statt attient mo t cuocj! Sta attento ora sgarri! - Sottabbrazz! Sotto braccio! - Man amman! – Mano per mano! - L puassaggj ramor! Il passaggio di amore - Man a stell! A mani incrociate - Changé la dam! Cambiare la dama! - Femmn miezz e 392 Giuseppe Maria Lotano

uommn a gir! Donne in centro e uomini intorno! - N gjuir ch la femmn! Un giro con la donna! - Aggj pazziat! Ho scherzato! – Accmnzam ra cap! Ricominciamo di nuovo! – Sottabbrazz e promenad! Sotto braccio e passeg- giata! - Changé la dam! Cambiare la dama! - Contré! Invertire il giro! - Ramn r man! Diamoci le mani! - Nant a l snuator! Davanti al suonatore! - Rvrenz a l snuator! Riverenza al suonatore! - Appriess appriess a l snuator! Seguire il suonatore! - Inchin ai zit! Inchino agli sposi! - N gjuir attuorn a la femmn! Un giro intorno alla donna! - N buattiman ai zit! Un applauso agli sposi!” - quatt castagnol! Quattro schiocchi di dita!” Quest’ultimo comando chiude la danza. Altre coppie impazienti si propongono per un nuovo giro di tarantella e per esibirsi in ordini ricorrenti e altri innovativi. Tutto si sussegue con gioio- se movenze fino a tarda notte, traguardo possibile alle coppie più resistenti.

Strumento dell'Organetto L’organetto, indiscusso animatore di balli, ha un suono prodotto da sot- tili linguette di acciaio, dette ance e fissate ad una sola estremità. Esse sospinte dall’aria di un mantice vibrano e producono la relativa nota musicale. L’acutezza della nota varia in funzione della lunghezza e larghezza dell’ancia, ed è inversamente proporzionale a dette dimensioni. Lo strumento è denominato Fisarmonica diatonica perché ha note con scala naturale di cinque toni e due semitoni e consente il passaggio diretto da un grado all’altro della scala fondamentale. La tastiera ha una o due file di tasti, ove le file fossero tre, quattro o cinque, lo strumento è detto Fisarmonica cromatica bitonale e le sue variazioni timbriche sono completamente diverse dall’organetto. Gli organetti possono avere due, quattro, otto, dodici bassi. In Italia i più diffusi sono a due file e otto bassi. L’organetto a due bassi è una vera e propria miniatura. Le due scale diato- niche, alla mano destra, sono SOL e DO perciò detti “organetto in SOL / DO”. In altre nazioni usano scale diverse, ad esempio RE/SOL nel Regno Unito e DO/FA nei Paesi Bassi. Altra caratteristica delle Fisarmoniche diatoniche è che in maggioran- za sono bitoniche, ogni tasto emette differente nota se attiva la vibrazione a mantice compresso o a mantice tirato. Vi sono anche strumenti unitonici, che emettono la stessa nota a pre- scindere dall’uso del mantice, e strumenti misti, cioè con una bottoniera bitonica e l’altra unitonica. La Fisarmonica diatonica è uno strumento viennese, si diffuse in PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 393

tutto l’Impero austriaco e in Francia dopo il 1830. In Italia la sua produ- zione, verso la metà dell’Ottocento, si sviluppò a Castelfidardo, comune nelle Marche, l’eccellenza costruttiva fino dal ‘900 gode di fama interna- zionale. Altra nota casa costruttrice, fino dal 1882, è quella del Giuseppe Ianni di Giulianova (TE). L’organetto è molto pratico e versatile, consente esecuzioni senza l’in- tegrazione di altri strumenti. In Italia è diffusissimo nella provincia di Rieti e in molte altre regioni, per l’esecuzione di pizziche e tarantelle. In Abruzzo si usa moltissimo la versione con soli due bassi ed è chia- mata “ddù botte” due botte. In Sardegna dagli anni ‘20 per la sua facilità d’uso e completezza di suoni ha quasi completamento soppiantato l’uso del locale strumento, detto Launeddas. La Fisarmonica diatonica, prodotta in Italia, gode di forte esportazio- ne ed è molto presente in Europa e nel mondo.

Strumenti musicali minori Molti si cimentavano, durante le ore di pascolo del bestiame o a casa al rientro serale, nella costruzione di strumenti musicali minori, tra i quali il più completo di note era l zu, il piffero. Esso era realizzato utilizzando la plasticità di un giovane pggjuin, virgulto, ricco di linfa capace di favorire, con accorti movimenti di torsio- ne, la separazione integra della corteccia dall’anima legnosa, successiva- mente incisa e variandone l’espansione di fiato immesso, movimentando l’anima lungo l’asse, si perveniva al suono delle note volute. Il virgulto che meglio si prestava per detta operazione era in genere attinto da una ceppaia di castagno o da un salice Altri pifferi venivano anche realizzati utilizzando le canne. Molto più semplice era la realizzazione del friscjc, fischio, e della zampognj, zampogna, strumenti monotoni.

Tradizione teatrale Molto praticata dalla gioventù era la rappresentazione teatrale, eserci- tata presso la sala dell’Istituto Santa Maria degli Angeli o presso la cappel- la di Sant’Antonio Abate in via Roma, appartenente alla famiglia Vincenzo Lisanti, dopo che fu chiusa al culto e per qualche tempo anche sede di cinema, infine garage per auto. I teatranti, nota la loro bravura, si esibivano presso la sala delle sale- 394 Giuseppe Maria Lotano

siane anche in occasione della presenza del Vescovo, che esprimeva loro ammirazione. Nel secondo dopo Guerra, alcuni giovani molto interessati al teatro, furono: Nicola Del Gaudio, Pasquale Racaniello, Luigi Loglisci, Domeni- co Cristiano, Vito De Sanctis, Vincenzo Bianchi, Gerardo Cerone, Emilio Saggese, Gerardo De Sanctis, Angelo Della Piazza e, inoltre, l’estroverso Girolamo Cianci. Di recente negli anni 2003-2004-2005 un gruppo di giovani ripristinò, diretti dal parroco don Salvatore Dattero, le rappresentazioni teatrali rea- lizzando commedie di Eduardo De Filippo ma la loro continua fuga dal paese pose fine a tale impegno.

Rito della “Quarantena” A Castelgrande la temperatura interna della Chiesa Madre, sempre al- quanto fresca ma particolarmente gelida già dall’apparire della stagione invernale, che un tempo si caratterizzava per temperature e nevicate … da vero e lungo inverno, si mitigava d’incanto, quando la gente vi ac- correva e si infittiva nei banchi per occuparli tutti, nelle file di sinistra le donne e in quelle di destra gli uomini, per vivere la propria devozione verso la Madonna dell’Immacolata Concezione. Le persone si rapportavano con il divino della Immacolata Concezio- ne per fede e antica tradizione praticando il rito della “Quarantena”. Esso richiedeva la frequentazione di un ciclo di quaranta giorni di ca- techesi in preparazione al festeggiamento della Immacolata Concezione, che ricorre l’otto dicembre. Nel Vangelo quando si parla dell’Annunciazione è scritto che l’Angelo saluta Maria con l’appellativo “Piena di Grazia” (Lc 1,28). Detta formulazione non fu semplicemente un saluto ma un vero e proprio riconoscimento a Maria di essere stata concepita totalmente pie- na della Vita di Dio, quindi Immacolata. Il Papa Pio IX nel 1854 con la bolla “Ineffabilis Deus” emise il dogma che indica come la Vergine Maria sia stata preservata dal peccato origina- le fin dal suo concepimento. La devozione cattolica all’Immacolata è collegata con le apparizioni di Lourdes (1858) quando Maria stessa nell’apparire a Bernardette disse di essere l’Immacolata Concezione. La Quarantena era presenziata da frati francescani in missione per la catechesi, le confessioni, la celebrazione della santa Messa e partecipa- zione all’eucarestia. Tale pratica si è spenta definitivamente tra le macerie del terremoto 1980 per il crollo della Chiesa Madre. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 395

La catechesi non è stata più riattivata anche perché le modalità di un esercizio spirituale evolvono nel tempo e ne subentrano altre. La perdita di occasioni di riflessione spirituale, ci priva di quella solle- citazione interiore necessaria per la convivenza costruttiva tra le diverse forze sociali e per conseguire una società più equilibrata, più capace di promozione e sviluppo di solidarietà diffusa nella collettività. La frenesia moderna si appropria anche del tempo per pensare a noi stessi agli altri. Occorre una più attenta riflessione per comprendere, vi- vere e rispettare pienamente la nobiltà della nostra vita e farne il dono più prezioso da cui attingere risorse durature, goderne e accrescerci.

Rito delle “Quaranta ore per l’Imma- colata” A Castelgrande la cappella, con sta- tuetta in legno dell’Immacolata, era stretta e lunga a latere e sot- tostante al corpo della Chiesa Madre, risalente al 1603, ave- va un ingresso dall’interno della stessa Chiesa Madre e un altro dall’esterno sul lato sinistro della facciata del- la medesima, essa era anche destinata a luogo per l’oratorio domenicale dei ragazzi, mentre per le ragazze l’oratorio era presso le suore. Il rito delle “quaranta ore” ha origine e fondamento nel Vangelo. San Paolo nella (Prima lettera ai Corinzi 15, 3-4), scrive che Cristo “fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture”. Considerato il periodo di quarantore (r quarandor) tempo intercor- so fra la morte e la risurrezione di Gesù, con inizio dalle quindici del Venerdì Santo fino alle sette del mattino della domenica di risurrezione, san Carlo Borromeo indicò ai cristiani di dedicarsi, con particolare atten- zione, alla pratica di raccoglimento in adorazione davanti al Santissimo Sacramento esposto, già adottata nel 1214 da una Confraternita della Dalmazia e diffusa presso altre confraternite. Nella diocesi di Milano la introdusse san Carlo Borromeo, per invoca- re anche soccorso contro invasioni e passaggi di eserciti vari. 396 Giuseppe Maria Lotano

Essa è, in particolare,esercitata nella Settimana Santa ma si diffuse in ampia parte del territorio italiano come preghiera durante ogni momento difficile della vita. Mons. Maurizio Barba così sintetizza l’adorazione: “Adorare signi ca stare di fronte a Colui che ci nutre, che si fa nostro nutrimento; adorare è “nutrirsi” di Gesù. Adorare la presenza eucaristica del Signore risorto signi ca riconoscerlo presente in mezzo ai suoi discepoli ed amici con i quali Egli ha scelto di restare in comunione: “Ecco io sono con voi tutti i giorni no alla ne del mondo” (Mt 28,20); “Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; e stavano sempre nel tempio lodando Dio” (Lc 24, 52-53).

Rito dei “Tre giri intorno alla cappella di San Vito” In castelgrandese si dice “I turn a la cappell r sammìt”. È tradizione onorare il Santo Patrono e implorare Sue intercessioni effettuando, in preghiera,“tre turn” tre giri, intorno al perimetro della Cappella del Santo nella festività patronale ma anche in altri giorni. Molte mamme fanno i “tre turn” portando i propri figli, così pure fe- deli singoli o in gruppo. Gli allevatori integrano il folclore del rito poiché, tenuto conto che il Santo è rappresentato in compagnia del cane, portano il proprio bestia- me a compiere i “turn”, affinché sia protetto da epidemie. La realtà sociale ora è mutata e anche il numero dei protagonisti dei “turn” ma la protezione del Santo Patrono non manca a nessuno, perché i “Santi” sono sempre tali, non hanno epoca o usanze, sono vigili sulle vicende della nostra vita anche se noi, pensandoci evoluti, trascuriamo insegnamenti, dimentichiamo, preferiamo altri percorsi e comportamenti.

PESCOPAGANO (PZ) Il rito “La Passata” Il rito praticato da epoca precristiana, denominato "LA PASSATA", è stato trattato anche da programmi RAI. Trasmesso da RAI 3 in: Sapere (7924173) il 9 novembre 1986; L’età sospesa: documenti di Sandro Lai; Corriere Sera: Documenti - L’età so- spesa “La Passata”; L’Italia delle Regioni: Una scoperta del nostro passato “Basilicata”. Il rito consiste nel fare passare il neonato, solo di sesso maschile e completamente nudo, per tre volte e in senso antiorario, tra un arco re- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 397

alizzato sezionando longitudinalmente un ramo di rovo privo di foglie e divaricato dai due compari. Di seguito il neonato avvolto in un panno viene portato nella chiesa della SS.ma Annunziata per essere rivestito dalla madrina presso l’altare. Il rovo viene rinsaldato accuratamente e dopo alcuni mesi si va a verificare se esso abbia prodotto infiorescenze, in caso positivo è ben augurante per il bimbo. Il rito è eseguito il 25 marzo, giorno della SS.ma Annunciazione, con l’intento di preservare il bimbo da ernia infantile e assicurare fecondità. Detta pratica pagana è osteggiata dalla Chiesa.

Il rito del “Volo dell’Angelo” La denominazione trae origine dalla simulazione del volo del bimbo, che personifica l’Angelo, posto sospeso a un cavo, tra due postazioni di operatori del traino. Egli muove verso il santo Patrono Francesco di Paola e i fedeli, giunti in processione sul piazzale predisposto per l’omaggio al Patrono. Il bimbo, di età tra gli otto e dieci anni e con incarico triennale, ef- fettua due "voli" e indirizza al Santo, nella prima sortita petali e nella seconda incenso e l’invocazione prevista. Si pratica due volte: il trenta giugno festività del Patrono e il due luglio festività della Madonna delle Grazie.

TERRANOVA DI POLLINO (PZ) Tradizione della zampogna Nei comuni dell’ampia area del massiccio del Monte Pollino, 2.267 m slm, è dominante la tradizione musicale della zampogna quale espres- sione di cultura agro-silvo-pastorale. Il comune del massiccio che eccelle per attività di artigianato e an- tica maestrìa costruttiva e di impiego musicale dello strumento è Ter- ranova di Pollino. In loco notissimi costruttori e suonatori sono stati Antonio e Leonardo Lanza (deceduti), Carmine Salamone (deceduto) e ne continua l’opera il figlio Giuseppe Salamone, oltre a Leonardo Ric- cardi e Antonio Viola. I loro repertori hanno interessato studiosi e ricercatori contribuendo anche alla diffusione di tale cultura sia in campo nazionale e sia inter- nazionale. (Fonte: Amministrazione Comunale di Terranova di Pollino “Le zampogne a Terranova di Pollino” di Giuseppe Ciancia). La tradizione musicale lucana della zampogna è approdata alla 398 Giuseppe Maria Lotano

rassegna “Premio Dams” del Dipartimento Arte Musica e Spettacolo dell’Università di Bologna. Nel “Viaggio tra le zampogne”, tributo musicale alle arcaiche sonorità lucane, dai citati suonatori e loro Gruppi, vengono eseguite tarantelle, novene, canti devozionali e folcloristici della gente di Basilicata. La sonorità della zampogna supera ogni confine geografico ed entra con dolcezza unica al mondo nell’intimo di ogni persona quando mu- sica la versione in italiano del canto "Quanno nascette Ninno", scritto, nel 1754 a Nola, dal grande Santo compositore Alfonso Maria de’ Liguori (Marianella, 1696 – Pagani, 1787). Il canto è a tutti più noto con il titolo “Canzoncina a Gesù Bambino” o anche “Tu scendi dalle stelle”, di cui padre Paolo Saturno, musicologo della Basilica di Pagani dedicata al fondatore dei Redentoristi, dice “Se san Francesco è stato il creatore del presepe, sant’Alfonso de’ Liguori ne ha scritto la colonna sonora”. I due Santi sono stati tra i più grandi comunicatori ed hanno saputo commuovere e parlare ai sentimenti più segreti delle persone in ogni latitudine terrestre.

VIGGIANO (PZ) Tradizione dell’arpa itinerante La passione musicale del popolo lucano, in loco o itinerante, è nota in tutto il mondo. Nel passato massime protagoniste di quella itinerante sono state le popolazioni dell’Alta e Bassa Val d’Agri. I cittadini di Viggiano rimarcano la loro innata genialità musicale sia come tradizionali suonatori itineranti ma anche di note orchestre sinfo- niche nazionali e internazionali, sia come costruttori di arpa, facendo, in gran numero, scolpire anche sull’arco della porta della propria abitazione l’arpa, di ognuno simbolo di storia sociale, culturale ed economica.

SAN GIORGIO LUCANO (MT) Rito del Gioco della Falce Con i mietitori accompagnati dal suono della zampogna e dell’orga- netto si celebra l’antichissimo rito, unico nel suo genere, “Il Gioco della Falce”, a San Giorgio Lucano in Val Sarmento, per esprimere la forte collera contadina contro il padrone, il Principe di Noia. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 399

Essa originò quando il Principe Fabrizio Pignatelli, nel 1607, concesse ai contadini di coltivare i terreni ma con divieto di possederne coltivati a grano, perché tutti i proventi derivanti dal grano erano di sua esclu- siva proprietà. Il Gioco fa vivere l’auspicato momento di una parità umana e di confronto tra mietitori e padroni, rifiutandone ogni motivo di vantata distinzione. Il prof. Giuseppe Zito, già agli inizi del diciannovesimo secolo de- finì detto gioco “costume antichissimo e caratteristico”. In tempi successivi l’esibizione fu colta in diversi cortometraggi, tra cui: “La passione del grano” di Lino Del Frà, 1960; il documen- tario di Folco Quilici, che sintetizzò la figura del mietitore nel ruolo indicato dal rito dicendo “tagliava il grano maturo ngendo di cac- ciare” per ricavarne il “grano glio della madre terra” ma ora “il rito è scomparso rimane solo il mito”. (Fonte: Basilicata 1967 – Gioco della falce – San Giorgio Lucano) Il documentario, eseguito nel quarto centenario della fondazio- ne del paese, ha richiamato l’interesse di notevoli studiosi demo-et- no-antropologici oltre ad essere oggetto di diverse tesi di laurea. (Fon- te: “Analisi e rispetto della cultura contadina del Sud” di Folco Quilici). Lo storico Enrico De Martino così commentò il Gioco: “Rispecchia una struttura e una funzione analoghe a quelle dei Saturnali roma- ni, quando si ripristinava ritualmente la mitica età dell’oro, senza schiavitù e senza proprietà: durante il rito era abolita la distinzio- ne sociale fra servi e liberi, lo schiavo poteva burlarsi del padrone e ubriacarsi e sedere a tavola con lui.”. (Fonte: IL GIOCO DELLA FALCE – Un rito antico, tra storia e mito - Testi a cura di don Rocco Natale / Grafica Salluce, Ber- nalda / Settembre 2015). Un tempo i mietitori erano una moltitudine, tutti di grande abilità nel maneggio della falce e capaci di rapida sequenza di tocchi di precisione. Essi con la punta della falce sfioravano gli indumenti del padrone riuscendo a metterlo a nudo. Era una dimostrazione di forza, abilità e parità di potere, che dava ad ognuno dimostrazione della propria ca- pacità di dominio sull’altro, da cui medesima dignità umana e sociale. La tecnologia applicata ai lavori agricoli e la forte emigrazione ha ridotto sempre più il numero di mietitori per l’esercizio del rito, che si eseguiva nei campi dei padroni. Oggi dei tanti mietitori protagonisti ne resta uno sparuto numero e il rito è eseguito in piazza del paese, per memoria di tradizione e della sua teatralità. 400 Giuseppe Maria Lotano

SATRIANO DI LUCANIA (PZ) Rito “La foresta che cammina” Un rito arboreo medievale consentiva alle persone bisognose di racimo- lare, durante il carnevale, offerte per sostentamento. Dette persone,per conservare l’anonimato, si appartavano già prima dell’alba segretamente nei vicini boschi e rientravano in paese coperti di edera, trasformandosi in “romiti” / “uomini-albero” / “ foresta che cammi- na”, una vestizione rappresentativa di una condizione di isolamento ma anche dell’abbinamento tra uomo e natura. Così addobbati, percorrevano il paese reggendo un bastone con in cima un ramo di ginestra e con esso bussavano alle abitazioni per chie- dere qualche risorsa. L’artista Michelangelo Frammartino, ispirato da tale rito, nel 2013, ha prodotto Alberi e così illustra la sua opera: “Il mio lavoro lmico punta a raccontare l’indebolimento del soggetto in funzione di una maggiore ricchezza interpretativa. Se nell’inquadra- tura la distanza tra gura e paesaggio sfuma n quasi a scomparire, sono i parametri primi dell’immagine che vengono a cadere. E allo spet- tatore tocca vivere uno spaesamento molto costruttivo che parte dalla de- costruzione della visione e giunge verso nuove prospettive di visione”.

ABRIOLA (PZ) La festa degli innamorati Una ricorrenza che anima il rito a cui nessuno è sfuggito nella propria vita: “Il corteggiamento” per ambire alla promessa di amore eterno. San Valentino è il patrono di Abriola, a lui è dedicata la Chiesa Madre in cui sono custodite le reliquie del Santo. Nella festività a sera vengono accesi falò e tra canti e balli la gente si raduna e trasmette gioia con delicatezza di relazioni. San Valentino è il santo degli innamorati, una leggenda narra quanto capitatogli da vescovo cristiano imprigionato e poi decapitato su ordine dell’imperatore Claudio perché non volle convertirsi al paganesimo. Durante il periodo in prigione il vescovo Valentino compì il miracolo di dare la vista alla figlia cieca del suo carceriere e in un biglietto scritto alla ragazzasi firmò “Dal tuo Valentino”. Altra leggenda narra che il santo avrebbe reso possibile le nozze di una fanciulla povera mettendole a disposizione del denaro necessario per la dote, senza la quale non si sarebbe potuta sposare. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 401

San Valentino oltre che degli innamorati è anche protettore degli epilet- tici. È riconosciuto in gran parte del mondo, prevalentemente in Europa, Americhe, Estremo Oriente, la festività ricorre il 14 febbraio. Oltre i riti il trionfo di un gesto di consacrazione dell’amore è un mes- saggio di cui l’umanità ha sempre necessità ed è bene che ci sia anche un protettore, perché mai se ne perda il riferimento nelle relazioni tra gli esseri umani.

ACCETTURA (MT) Rito “Il Maggio di Accettura” Il rito è molto noto e si svolge durante i festeggiamenti del Santo Patrono, San Giuliano. L’evento si ripete ogni anno dall’Ottava di Pasqua alla domenica del Corpus Domini. Accettura è “paese simbolo” dei “matrimoni arborei”. È uno tra i più antichi riti arborei della Basilicata e noto in Europa e nel mondoe richiama sempre un consistente afflusso di spettatori da ogni parte. Esso simboleggia il matrimonio tra due piante, lo sposo, detto Maggio, è rappresentato da un cerro, il più alto e dritto in genere di oltre 35 me- tri, abbattuto nel bosco di Montepiano il giorno dell’Ascensione, distante 5 chilometri e trasportato in paese da coppie di buoi; la sposa, detta Cima, è una pianta di agrifoglio spinoso abbattuta nel bosco di Gallipoli Cognato, distante 15 chilometri dal paese, il giorno della Pentecoste e portata a spalle. Il corteo dello sposo denominato dei “maggiaioli” e della sposa dei “ci- maioli”, procedono, tra canti balli e soste di ristoro, fino a raggiungere l’an- fiteatro in largo San Vito, nel centro del paese, per celebrare il rito nuziale. La Cima viene innestata sul Maggio e con virtuosismi di funamboli il tutto viene eretto verticalmente, tra acclamazioni generali, mentre si svolge la processione del Patrono San Giuliano seguito dal popolo e da numerose “cente”, costruzioni votive di candele e nastri portate in testa da fanciulle.Di particolare attrazione sono gli ardimentosi durante l’arrampicata del Maggio.

Riti nel giorno della “Madonna della visitazione” Tra i tanti riti di piccole comunità lucane, di cui alcuni sopra riportati, non può mancare un cenno a un plurisecolare rito lucano praticato da una comunità numerosa, ad esempio quello a Matera nella ricorrenza della Madonna della Visitazione e, sempre per la stessa ricorrenza, quello di Siena e di Enna. Riti che pur ispirati da unica fonte spirituale si raffigurano 402 Giuseppe Maria Lotano

con momenti di estrema originalità e sostanziali differenze suscitando emo- tività impensate. A Matera la voglia di certezza di una promessa e il desiderio del rinno- vamento; a Siena la competizione della perfezione tra fantini di contrade in una galoppata a dorso nudo di cavallo; a Enna l’estremo riserbo fino a un nuovo incontro. I riti rappresentano un fatto che lascia senza parola, e non disorientano ma danno certezza dell’esistenza dell’impossibile e intervengono nella no- stra vita, affascinano con la loro delicatezza e cercano di dare una forma tangibile per fare vivere sempre emozione e incanto.

MATERA Rito della “Madonna della Bruna” Imponente e tradizionale è la festività della “Madonna della Bruna”, pro- tettrice di Matera, Si festeggia il 2 luglio, nella forma straordinaria in ricorrenza della festa della Madonna della Visitazione istituita, nel 1389, da Papa Urbano VI, già arcivescovo di Matera, per celebrare il giorno della Visitazione di Maria a Elisabetta. La secolare festa ha inizio molto presto con la “processione dei pasto- ri” con la quale i quartieri antichi si svegliano alle prime luci dell’alba per salutare il Quadro della Vergine. In giornata i festeggiamenti proseguono e in processione viene portata la statua della Madonna su di un carro trionfale e di grande dimensione. Magnifica opera in stile barocco e realizzata in cartapesta, secolare arte locale, trainata da mansueti muli, molto diffusi tra gli agricoltori materani, e portandola per le vie del centro città. Dopo la processione prima del rientro con la statua si compiono tre giri della piazza antistante la Cattedrale, in segno di presa di possesso della città essendone la Madonna protettrice. Segue l’inizio del rito pagano e il carro viene riportato nel centro città, in piazza Vittorio Veneto, dove è assaltato dalla folla e distrutto, ogni pez- zo ne diventa ambito cimelio benedetto e ritenuto beneaugurante per la famiglia. Il rito della distruzione ispira tante ipotesi, la più attendibile trova fon- damento nel fatto che la Festa della Bruna è considerata il “Capodanno dei materani” quindi un nuovo inizio. Nella ricorrenza si compie anche il periodo della mietitura che ripropo- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 403

ne il tema della rigenerazione e nuovo corso di attese e di speranza. Ciò è confermato anche dal detto locale “A mmogghjë a mmogghjë all’onnë cë vahnë” sempre meglio l’anno venturo, inneggiato a fine festività per desi- derio di un’altra festa sempre più bella. La enorme notorietà del carro ne motivò anche la costruzione straordi- naria di uno in occasione del 150º anniversario dell’Unità d’Italia. Tema del carro: i santi patroni d’Italia da San Francesco a Santa Chia- ra alla Madonna della Bruna. Esso fu esposto a Torino per le celebrazioni dell'Unità d'Italia e poi in Vaticano, nel braccio di Carlo Magno, come omaggio per il Natale.

SIENA Rito della “Madonna di Provenzano” La Madonna di Provenzano, venerata col titolo di “Advocata nostra” è Pa- trona e Regina della città di Siena. Il suo busto, residuo in terracotta del XV secolo, rivestito da un lamina di argento e pietre preziose è custodito a Siena nel Santuario dedicato alla Visitazione della Beata Vergine e Santa Elisabetta nel quartiere denominato Provenzano, perché vi abitava la famiglia di Provenzano Salvani, eroe ghi- bellino della battaglia di Montaperti (1260). Un soldato di Carlo V durante i giorni dell’occupazione di Siena, a cui conseguì la fine dell’antica Repubblica (1555), sparò un colpo di ar- chibugio contro il busto in terracotta della Madonna, raffigurante il tema della Pietà, danneggiandola. Il busto, secondo leggenda, fu collocato da Santa Caterina da Siena sulla parete esterna di una delle case del rione. La popolazione molto sdegnata per il gesto, ricompose il busto nella sua edicola e fu presa da grande venerazione per la Madonna. Nel 1594 detto l'«anno de’ miracoli», la Santa Sede approvò una serie di fatti prodigiosi avvenuti per l’intercessione della Vergine Maria venerata in Provenzano e indicò che si dovesse procedere alla costruzione di un Santuario I lavori di costruzione iniziati nel 1595 terminarono nel 1611 e il 23 ottobre dell’anno il busto della Madonna fu traslato nel nuovo Santuario, dedicato alla Visitazione della Vergine Maria a Santa Elisabetta. Il 2 luglio, festa della Visitazione, a Siena in onore della Madonna di Provenzano, si svolge una grande manifestazione religiosa e civile e si corre il Palio. Le prime notizie ufficiali relative ai Palii sono datate 1238, con un do- cumento di “giustizia paliesca”. 404 Giuseppe Maria Lotano

Ai Palii partecipavano solo i nobili ma ben presto si resero partecipi tutti i senesi. Inizialmente il Palio interessava tutto il territorio della città ma un primo Palio in Piazza del Campo corso “alla tonda” sembra risalire al 1633. I fantini, considerati mercenari, avevano un compenso fisso ed era loro concesso di questuare per le vie della contrada, tradizione durata fino agli anni Sessanta del Novecento. Nel 1656, i deputati agli spettacoli, per festeggiare la solennità della Ma- donna organizzarono un Palio alla tonda da corrersi in Piazza del Campo a cui parteciparono le varie contrade. Il Palio è proposto ogni anno, fu interrotto solo durante la Guerra, ed è una grande attrazione internazionale. Le Contrade erano molte ma dal 1729 sono 17 e così denominate: Aquila, Bruco, Chiocciola, Civetta, Drago, Giraffa, Istrice, Leocorno, Lupa, Nicchio, Oca, Onda, Pantera, Selva, Tartuca, Torre, Valdimontone. Tale selezione fu voluta dalla Governatrice della città Violante Beatrice di Baviera che sancì con il “Bando sui con ni” l’attuale suddivisione del territorio in contrade solo all’interno delle mura. La notorietà assunta dal Palio e la passione che sprigiona nei senesi ha reso necessario nel tempo diversi organismi per la gestione dei diversi aspetti organizzativi divenuti sempre più complessi e diffusi. Gli organismi istituiti sono stati: - Nel 1894 il Magistrato delle Contrade, per trovare un luogo comune e per gestire al meglio le problematiche del Palio. - Nel 1947 il Comitato Amici del Palio per supportare il Palio nel miglio- ramento di alcuni aspetti della festa e fino alla sua divulgazione. - Nel 1981 il Consorzio per la Tutela del Palio che controllasse, senza fini speculativi, l›immagine del Palio in Italia e nel mondo. Parlare del Palio per i senesi significa parlarne per 365 giorni dell’anno. I cavalli partecipanti sono rigorosamente iscritti in apposito “Albo dei cavalli del Palio di Siena” possibile solo a cavalli mezzosangue “meticci” con genealogia accertata e altri criteri selettivi verificati da insindacabile Commissione Tecnica del Comune. I cavalli sono rigorosamente allenati sulle piste realizzate a Mociano, fedelmente riprodotte come il tracciato della Piazza per verificare l’idoneità del cavallo a correre il Palio. Alle contrade viene assegnato uno di detti cavalli, per sorteggio, e tutta la contrada si compatta intorno al proprio “Barbero” cioè il capitano. La contrada vincitrice si dice che realizza il “cappotto” se vince nello stesso anno sia il Palio del 2 luglio che del 16 agosto. Il popolo della Con- trada vincitrice porta il Drappellone alla chiesa di S. Maria in Provenzano PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 405

(a luglio) o al Duomo (ad agosto) per il ringraziamento alla Madonna e poi nella propria Contrada, infine per la città, con a seguito contradaioli con tamburi e bandiere elevando l’inno di contrada ecanti vari.

ENNA Rito della “Madonna della Visitazione” Si festeggiala la Madonna della Visitazione, patrona della città, acclamata da quando l’11 gennaio 1693, in Sicilia, ci fu un terremoto catastrofico di magnitudo 11, che colpì la Val di Noto e danneggiò circa settanta paesi procurando sessantamila morti ma lasciando Enna indenne. Per i festeggiamenti il due luglio la Madonna viene trasferita dal Duomo alla chiesa di Montesalvo, che molti fedeli per devozione alla Madonna raggiungono a piedi nudi. Due domeniche dopo c’è il suo rientro al Duomo e la successiva do- menica la chiusura del simulacro nella nicchia della cappella dei Marmi. Le porte della nicchia vengono chiuse e da allora fino al successivo fe- steggiamento, al di fuori della Pasqua, del periodo di Natale, della novena fino all’11 gennaio in ricordo del terremoto del 1693, dall’8 al 12 settembre per le solennità della Natività e del Santissimo nome di Maria, è sottratta alla vista dei fedeli, Un rito che ci chiede quotidianamente di riflettere e tesorizzare le emo- zioni che fortificano scelte di vita e danno sicurezza alle nostre azioni.

MASCHERE Maschere regionali e nazionali Le maschere hanno storia antichissima, hanno interessato il mondo dell’Ar- te, della Commedia, dei burattinai, del carnevale. Esse in genere pongono attenzione a comportamenti caratteriali dell’es- sere umano e sue abitudini particolari. In gran numero assurgono a notorietà regionale, altre si caratterizzano perché tipicamente locali, poche altre note anche oltre confine. Di esse, tra le più conosciute, se ne indicano alcune per località: PIEMONTE: Gianduia (Caglianetto) / Giacometta (Torino); LIGURIA: Capi- tan Spaventa / Baciccia della Radiccia; LOMBARDIA: Arlecchino, Gioppino, Brighella (Begamo), Meneghino (Milano); VENETO: Pantalone, Colombi- na, La Bauta tipica dei balli in maschera a Venezia; FRUILI VENEZIA GIU- LIA: Jutalan; TRENTINO ALTO ADIGE: Matoc, Wudelen; EMILIA: Sandrone (Modena), Fagiolina, Dottor Balanzone (Bologna); MARCHE: Papagnoco, 406 Giuseppe Maria Lotano

Burlandolo, Carnevalò (Ancona); TOSCANA: Stenterello, Cassandro, Bur- lamacco (Viareggio); UMBRIA: Bartocchio (Perugia), Lo Toc e La Tocca; LAZIO: Meo Patacca, Rugantino (Roma); CAMPANIA: Pulcinella (Napoli), Scaramuccia, Tartaglia; PUGLIA: Farinella (Putigliano); CALABRIA: Gian- gurgolo; SICILIA: Peppe Nappa (Messina/Sciacca); SARDEGNA: Mamutho- nes, è la più nota e la Regione, con le sue 35 maschere, è la più ricca in assoluto. Tra queste maschere, note in campo nazionale, alcune lo sono anche in campo internazionale, ad esempio, Pulcinella, Arlecchino, Peppe Nappa, Rugantino.

Maschere lucane Le maschere lucane sono un buon numero e caratterizzate da tematiche di cultura contadina. In genere tendono a esprimere opposizione a qualsiasi evento temuto a danno delle risorse basilari di sostentamento. La loro particolarità riflette relazioni tipicamente locali e nessuna delle maschere dei paesi lucani assurge a carattere regionale. In genere assumono quasi una funzione di stregoneria contro il male e di propiziatrici di eventi positivi, sono tutte vivacissime e di colori inte- ressanti. Di tanta varietà di raffigurazioni se ne riportano solo alcune e relativo paese di appartenenza a testimonianza di rapporti con il territorio, che più hanno segnato la vita dei nostri antenati lucani.

LAVELLO (PZ): il passaggio del Domino, vestito con cappuccio, tunica e mantella color rosso, che invita a ballare la ragazza di turno. PIETRAPERTOSA (PZ): il suono della Cupa-Cupa, durante tutto il periodo di carnevale, per segnare il passaggio di maschere per questua di dolci e salsicce. TEANA (PZ): l’Orso che simula un indemoniato e cerca di aggredire i pas- santi incutendo paura. ALIANO (MT): la Maschera Cornuta tra le più note delle maschere an- che perché descritte da Carlo Levi nel libro “Cristo si è fermato Eboli”. Il Ministero per i Beni e le Attività culturali, con decreto del 22 novembre scorso ha riconosciuto ed inserito la “maschera cornuta” tra i Carnevali storici italiani. CIRIGLIANO (MT): il Corteo, tra lo scampanellio di campanacci delle ma- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 407

schere rappresentative dei mesi, del raccolto e delle stagioni, a cui parteci- pano sacerdoti e pastori, a seguito della bara del Carnevale. MONTESCAGLIOSO (MT): le maschere realizzate con pelli di animali e juta che anticipano la sfilata della Parca, che facendo volteggiare il fuso fra la gente simboleggia lo scorrere del tempo e l’avvicinarsi della morte, causando disorientamento e timore. SAN MAURO FORTE (MT): la sfilata dei Portatori di Campanacci fino a tarda notte per le vie del paese. TRICARICO (MT): in giro per il paese le maschere di Tori e Vacche, ve- stite di nero con drappi rossi le prime, e di bianco con drappi colorati le seconde, per simboleggiare i passaggi di mandrie durante la transumanza.

La maschera in genere, sia se riferita a elementi caratteriali, carenze, vizi, attività lavorative, ecc., di fatto esprime stati d’animo particolari o inusuali, che spesso l’essere umano tende a non manifestare direttamente o spontaneamente. L’agire dell’uomo è condizionato da codici sociali, timidezza, rapporti di forza e comunque da tutto ciò che richiede un confronto, durante il quale si espone la “propria faccia” solo se si possiede adeguata personalità. Il ricordo delle “mascherate” indossate da giovanissimi conferma parte dell’atteggiamento di soggezione, spavalderia ma anche di tanta intrapren- denza. Per la mascherata si usavano vestiti raffinati o logori, cappellacci, barbe finte, sciarpe stravaganti, mascherine sugli occhi, scarponi male andati e tutto ciò che potesse suscitare curiosità o ilarità. Importante era celare la propria identità al cospetto dei concittadini, che simpaticamente e complici si prestavano a ospitarci e assistere a im- provvisate e banali scenette di rissa o di amore o di balli e canti, sigillati da una classica richiesta di “n muzzc r savsuicchj” un pezzo di salsiccia. Molto spesso eravamo accontentati, oppure rimediavamo qualche altra leccornia, poi tutto veniva consumato tra simpatici sbeffeggi, tra noi stessi, per le grossolane esibizioni, da improvvisati burattinai, condite da tanta giovanile spensieratezza. 408 Giuseppe Maria Lotano

TESTIMONIANZE E CONFRONTI

Dott.ssa Angela Dibuono Don Marco Simbola Dottor Angelo Boscarino Prof.ssa Maria Antonietta Lordi Dottor Annibale Cianci Dr.ssa Maria Rizzi Prof. Antonio Cianci Dottor Mario Melucci Don Antonio Masi Dottor Mauro De Palma Dott. Antonio Mennonna Prof. Michele Schettino Avv. Aurelio Pace Prof. Nicola Mammarella Sig. Benedetto Ercolani Sig. Nicolino Masi Avv. Camillo Naborre Prof. Paolo Teo latto Sig.ra Catia Evidi Sig. Pasquale Aiello Prof. Dario Mancini Sig.ra Pasquina Pepe Dottor Enrico Bianco Prof. Pietro Ursi Dr.ssa Enza Melucci Sig. Pino Saponara Gen. Ermanno Aloia Prof. Pinuccio Autunno Dr.ssa Federica Cosenza Geom. Vincenzo Belmonte Dott. Federico Nomi Dott. Renato Lisanti Ins. Filippo Parisi Prof. Renato Spicciarelli Dottor Flaminio Cianci Ing. Rocco Errichetti Prof. Gaetano de Sanctis Don Rocco Natale Prof. Genesio Capasso Padre Sera no Fiore Arch. Giacinto Indelli Don Salvatore Dattero Mons. Giustino D’Addezio Astronomo Sergei Schmalz Sig. Leonardo Lozito Dr.ssa Silvana Arbia Sig. Leopoldo Desiderio Avv. Lorenzo Mazzeo Prof. Silvio Messinetti Prof. ssa Luciana Fatone Dottor Vito Summa PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 409

CONSULTAZIONI

Familiari Uf ci comunali Angela Maria Lotano Ufficio Tecnico Iolanda Vittoria Lotano - Domenico Muro Lidia Rosa Lotano Ufficio Anagrafe Nicola Matone - Anna Loi Pierfrancesco Matone Segreteria Gerardo Marolda - Vita Maria Bologna Giuseppe Masi (Caracas) - Caterina Melillo Gianfranco Masi

ACQUISIZIONE DETTI E INFORMATIVA

Raccolte private Benedetto Ercolani Brigida Cerone Carmela Errico Filomena Cianci Dante Marinaro Gerardo Di Muro Donato Murano Vincenza M. G. Lisanti Donato Gonnella Donato Mazzeo Elisa Masi Informativa Ernesto Caputi Angela Cristiano Francesco Bologna Angela Maria Cristiano Filomena Cristiano Anna Cerone Francesco Agresta Antonio Cimolino Francesco Cardillo Antonio De Santis Francesco Cianci Antonio Gasparrini Gerardo Cristiano Antonio Lamorte Gerardo Valvano Benedetto De Santis Gianfranco Masi 410 Giuseppe Maria Lotano

Giannina Racaniello Maria Rosaria Pozzessere Giovanni Cianci Mario Basile Giuseppe Cianci Mario Marinaro Giancarlo Compierchio Mario Melucci (4)Giuseppe Masi Nicola Della Piazza (5)Giuseppe Masi Nicola Matone Giuseppe Masilotti Nicola Muro Giuseppe Ventimiglia Nicola Paradiso Grazia Coppola Pasquale Cristiano Lucia Mancuso Rosina Italia Corbino Maria Coppola Rosa Federici Maria Cristiano Titina Masi Maria Lariccia Vincenzo Belmonte Maria Loreta Muro Vita Maria Coppola Maria Rosaria Monteleone Vito Cristiano PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 411

APPENDICE Conosciamoci ancora di più

INDICE

BASILICATA E SUOI ABITANTI Basilicata e Lucania L'etnia dei Lucani Basilicatesi o Basilischi La Grande Lucania

LE OLIMPIADI Origine delle Olimpiadi L’Olimpiade del 1960 e la Fiaccola Olimpica Castelgrande e passaggio della Fiaccola Olimpica del 1960 Avigliano ospita il CONI per la premiazione dei Tedofori lucani del 1960

100 GIRI D’ITALIA Cenni storici dal 1909 al 2017 Castelgrande e passaggio del Giro d’Italia Sopranomi di alcuni leggendari ciclisti 100 Edizioni del Giro d’Italia - Vincitori della Maglia Rosa

28 GIRI D’ITALIA DONNE Cenni storici dal 1988 al 2017 Sopranomi di alcune leggendarie cicliste italiane 412 Giuseppe Maria Lotano

BASILICATA E SUOI ABITANTI

La Basilicata1, denominazione ufficiale della regione, è anche nota con il nome di Lucania. I suoi abitanti sono “basilicatesi” ma chiamati anche “lucani”, quest’ultimo appellativo è più amato dalla gente del territorio. La doppia denominazione ha riferimenti storici di antica origine. Il termine di Lucania è inerente alla etnia che per prima, e poi da sempre, è stata insediata nell’area meridionale occupando un territorio di più vasta superficie rispetto ai confini dell’attuale Basilicata, che pertanto non accomuna la medesima etnia nello stesso ambito regio- nale di originaria appartenenza. Si riportano principali elementi storici di riferimento a sostegno della identità e diffusione territoriale della etnia lucana che ambisce a ricomporsi negli originari confini geografici detti della “Grande Lu- cania”.

BASILICATA E LUCANIA La denominazione “Basilicata” è derivante da: - “Basilkos”, termine greco per indicare il funzionario del re, cioè il Governatore bizantino di una determinata Regione; - “Basilio II”, Costantinopoli (958 - 1025), nome dell’imperatore bizantino, noto per essere stato anche il massacratore dei Bulgari e

1 Le Regioni nell’Assemblea Costituente. Il Presidente Mauro Gennari della seconda sot- tocommissione della Commissione per la Costituzione, il 13 dicembre 1947, procede alla lettura dell’art.22 che indica l’istituzione delle seguenti regioni: «Piemonte, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli, Venezia Giulia, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Um- bria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Salento, Lucania, Calabria, Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta ». Il 20 dicembre 1947 il testo coordinato dal Comitato di redazione, prima della votazione finale in Assemblea e distribuito ai deputati all'articolo 31, in via definitiva, così stabiliva: «Sono costituite le seguenti Regioni: Piemonte; Valle d’Aosta; Lombardia; Trentino Alto-A- dige; Veneto; Friuli - Venezia Giulia; Liguria; Emilia -Romagna; Toscana; Umbria; Marche; Lazio; Abruzzi e Molise; Campania; Puglia; Basilicata; Calabria; Sicilia; Sardegna. Lo stemma della Regione Basilicata è costituito da una fascia di quattro onde d’azzurro, in campo argenteo, a rappresentare i fiumi più importanti della regione cioè il Bradano, il Basento, l’Agri e il Sinni. (Legge Regionale n. 12 del 22 giugno 1973). PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 413

pertanto sopranominato Bulgaroctono; - “Basilica” di Acerenza, il cui Vescovo aveva giurisdizione sull’in- tero territorio e indicato anche nel “Catalogo dei baroni normanni” del 1154. Quest’ultimo eponimo incontra maggiore credito per iden- tificare il territorio con la denominazione BASILICATA, termine che si attestò nel X secolo. Alla Regione attuale fu ridato l’originario nome di LUCANIA solo durante il periodo fascista, dal 1932 alla proclamazione della Repub- blica del 1948. L’eponimo di LUCANIA trae origne dalla originaria stirpe a cui die- de il nome l’eroe “Lucus”.

L'ETNÌA DEI LUCANI La stirpe dei “lucani” migrò in cerca di un territorio, dove radicarsi, proprio come fa uno sciame di api che in primavera si distacca da una colonia per andare a stabilirsi altrove, con la vec- chia regina, e lì confermarsi nuova entità autonoma. La migrazione dei lucani originò dall’Italia centrale, nel V secolo a.C., quando il popolo, condotto dal suo eroe LUCUS, decise di staccarsi dal suo ceppo italico, di lingua osca, cui apparteneva con Sanniti, Marrucini, Peligni, Vestini, Sabini Frentani, e Marsi. A Nola, presso la sede vescovile, sono custoditi i più noti e preziosi ritrovamenti scritti in osco: la Tabula Bantina e il Cippus Abellanus. Una ricca collezione d’iscrizioni osche è custodita anche presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Tutto il territorio geografico dove radicò la colonia dei lucani fu chiamato LUCANIA e si estendeva tra i fiumi, Sele, Bradano, Laos, Crati. L’area prima di allora, già in età preromanica, era parte dell’E- notria e gli abitanti, enotri, una delle popolazioni italiche, erano stan- ziati lungo l’Appennino tirrenico a sud della Campania, poi chiamata Lucania e Bruzio. 414 Giuseppe Maria Lotano

Le altre popolazioni italiche, come gli Ausoni, Opici, Morgeti, Itali, erano presenti nel tratto a monte dell’Appennino meridionale, ini- ziando dal sud del Lazio. I lucani cercarono di ampliare i loro confini territoriali verso Sud- Est, scontrandosi con gli abitanti della Magna Grecia, così pure verso Est scontrandosi con Taranto. Parteciparono alle Guerre sannitiche e aderirono alle Guerre di Pirro contro Roma, dalla quale furono definitivamente sottomessi solo dopo il 275 a.C. Marco Curio Dentato celebrò il trionfo sui Lucani dando, nel 273 a.C., a Poseidonia il nome di Paestum. e a Grumentum il riconosci- mento di “soci” quindi alleati dei Romani. Ciò consentì loro di mantenere istituzioni e costumi, come le al- tre popolazioni sabelliche; restare in comunità con insediamenti su alture e continuare la pastorizia e poi, per trasformazioni agricole, risiedere nelle campagne. A Paestum molto importanti per la conoscenza di costumi e rego- le di vita sono stati i ritrovamenti delle “Tombe lucane”. Parziali insediamenti nell’area furono anche dei Lyki, popolo giun- to dalla regione Anatolia, in greco “sorgere del sole”, storicamente chiamata Asia Minore, in gran parte l’attuale Turchia, che approdati sul territorio decisero di stabilirsi nella valle del fiume Basento. Altri studiosi originano la denominazione LUCANIA attribuendola alla diffusa e intensa ricchezza di boschi su tutto il territorio, pertanto fanno riferimento al termine latino “Lucus” (bosco sacro), e anche al termine greco “Lycos” (lupo) e “Leukos” (biancore) riferito allo spet- tacolo dei bianchi calanchi diffusi tra l’antica e folta distesa boscosa. I calanchi conseguenti al fenomeno di erosione del territorio per dilavamento delle acque su rocce argillose degradate, spesso figura- no come tappeti appesi al ciglio di profili erbosi delle colline. La diffusa estensione di boschi sicuramente fu determinante per confermare anche nel periodo della Roma Imperiale la denominazio- ne di Lucania all’area, che divenne la III regione augustea dell’Im- pero. La denominazione di "Lucani" della popolazione della regione Basilicata è riferita a tutta l'etnia storicamente appartenua alla descrit- ta ampia fascia territoriale del Mezzogiorno d'Italia. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 415

BASILICATESI O BASILISCHI I “Basilicatesi” amano denominarsi “Lucani”, in virtù del loro senso di appartenneza e non per vezzo o capriccio. Molti, inoltre, si pongono l’interrogativo se la denominazione cor- retta sia Basilicatesi oppure Basilischi. Sul vocabolario di italiano, Zingarelli, alla voce “basilischi” è scritto: 1 - Rettile tropicale dei Sauri con caratteristiche creste laminari erettili sul capo e sul dorso, di colore verdastro con fasce nere. 2 - Nella zoologia greco romana, mostro fantastico,con poteri male- fici e terribili spesso rappresentato con una cresta a forma di corona. Sull’enciclopedia Treccani, alla voce “basilisco” è scritto: agg. s.m. – abitante, nativo della Basilicata; è forma di coniazione originariamente scherzosa, che concorre nell’uso con “Basilicatese” o “Lucano”. Inoltre “Basilisco” è un piumato presente in America cen- trale, lungo circa settanta centimetri, e riesce a correre sull’acqua per la particolarità delle sue zampe, il maschio presenta una cresta si- tuata lungo tutta la schiena. Il genere “Basiliscus” raggruppa quattro specie di rettili che per la loro particolare e lunga cresta assumono aspetto regale.

Plinio il Vecchio usava già il termine antichissimo di Basilisco, per indicare un letale rettile dell’epoca. In tempi recenti, maggiore notorietà del termine, presso il grande pubblico, è scaturita dal secondo capitolo della saga di Harry Potter, dove il Basilisco era un enorme e letale serpente mitologico e ancora prima dal film di Lina Wertmuller2 “I Basilischi” (1963). La trama del film, ambientato nel paese di Minervino Murge (BA) tra Puglia e Basilicata, è imperniata sul costume di vita, quasi regale ma inattivo, come quello del rettile Basilisco, di giovani cui la pro- pria agiatezza sottrae energie necessarie per prospettive immediate o di lungo termine restandone ingabbiati tanto da non riuscire a rinunciarvi pure a seguito di un’esperienza vissuta nella grande città di Roma.

2 Lina Wertmuller, pseudonimo di Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich, regista e sceneggiatrice, è nata nel 1928 a Roma da padre lucano, avvocato di Pa- lazzo San Gervasio (PZ) discendente da nobile antica famiglia svizzera e dalla romana Maria Santamaria-Maurizio. La Wertmuller nel 1975 per il film di Seven Beauties (Pasqualino Settebellezze) fu la prima donna regista ad essere premiata con l’Oscar e dopo di lei, a oggi, solo altre quattro don- ne: Jane Campion nel 1994 per “Lezioni di piano”; Kathriyn Bigelow nel 2010 per “The hurt locker”; Sofia Coppola nel 2017 per “L’inganno”; Greta Gerwing nel 2018 per “Lady bird”. 416 Giuseppe Maria Lotano

LA GRANDE LUCANIA Come già detto, i confini del territorio storicamente abitato dall’etnia lucana non sono geograficamente sovrapponibili all’attuale terra di Basilicata. Quest’ultima è più limitata e in parte comprende anche alcune aree della Puglia, mai abitate dai lucani. Le genti dell’originario territorio lucano, con inizio da Paestum fino all’area cosentina in Calabria e in misura minore nella Puglia tarantina, di stirpe sannitica e lingua osco-umbra, nutrono aspettative proposte dal progetto di ricomporre in unica regione i citati confini geografici storicamente propri della presenza di stirpe lucana. Ciò anche tenuto conto di quanto dispone il Progetto redatto dal Comitato per le autonomie locali in particolare l’art. 22 che si occupò dell’istituzione delle Regioni, indicandone il numero e la denomina- zione e l’art. 23 che contempla invece la possibilità di modificare la ripartizione fatta dal Costituente. In considerazione di detta possibilità in data 11 Agosto 2016, il Comitato promotore “Taranto Futura”, coordinato dall’Avv. Nicola Russo, depositò il quesito referendario all’ufficio centrale per il Re- ferendum presso la Corte di Cassazione così formulato “Volete che il territorio della Provincia di Taranto sia separato dalla Regione Puglia per entrare a far parte integrante della Regione Basilicata?”. Dopo oltre due anni di impegno il Comitato “Taranto Futura”, ha presentato alla Provincia, per il vaglio, 16.600 firme di adesione di cittadini a sostegno della richiesta del citato Referendum consultivo, successivamente sarà trasmesso alla Corte di Cassazione che deci- derà se dare corso al referendum. In merito evidenzia l’ex Sindaco di Potenza Gaetano Fierro, già da anni promotore nel Cilento della nascita di “La Grande Lucania”, che conforta il referendum tarantino perché consente di completare il desiderio di tracciare confini territoriali storici dell’etnia lucana e precisa “Portare nella nostra Regione la popolazione del Cilento e di Taranto signi ca avere oltre un milione e mezzo di residenti. Evi- teremmo che, rispetto allo spopolamento, la Basilicata venga divisa, tra regioni con nanti”. (Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno / Taranto in Basilicata raccolte 16.600 firme – Lunedì, 29 ottobre 2018) Tra gli obiettivi di annessione di Taranto e provincia al territorio lucano anche la possibilità di rafforzare concretamente la nascente PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 417

direttrice ZES (Zona Economica Speciale), destinataria di sgravi fi- scali, che comprende Taranto e la Basilicata e, quest’ultima, lungo l’asse territoriale Ferrandina / Pisticci ma oltre a questa direttrice la nuova realtà consentirebbe la formazione di una Macroregione, che comprensiva dei quindici comuni del Cilento avrebbe due importanti affacci sul mare, Tirreno e Ionio, il grande porto di Taranto e l’aero- porto internazionale di Bisceglie. A ciò si aggiungerebbe la notevole possibilità di razionalizzare e dare efficienza a Università, Turismo, Sanità, e realizzare altre infra- strutture utili alla vitalità del territorio. La proposta di passaggio dovrà conseguire il 50% più uno degli aventi diritto al voto e si voterà nella provincia di Taranto e nella Basilicata, che dovrà accettare la richiesta. (Fonte: il Quotidiano – Un altro passo verso i lucani - Giovedì 1 novembre 2018 - di Rocco Pezzano). Su tale progetto molto positiva è la recente decisione della Corte di Cassazione di dare il via libera al referendum per il passaggio della provincia di Verbano-Cusio-Ossola dalla regione Piemonte alla Lombardia. L’essere umano migra per scelta o necessità, a volte per altre cau- se ma, quasi fosse una lumaca, non si libera mai del proprio guscio, nello specifico rappresentato da quel lenzuolo di terra su cui si "è affacciato" dopo il lungo viaggio goduto nel grembo materno e con intorno i confini che la prima luce gli ha tracciato, per contenerlo, proteggerlo e anche per fargli sognare altri territori ma tutti senza mai disconoscere quel primo paesaggio e prima boccata d’aria che ha originato la sua vita e identità sul mondo. 418 Giuseppe Maria Lotano

LE OLIMPIADI

ORIGINE DELLE OLIMPIADI L’Olimpiade pose le prime pietre miliari illuminate da una fiaccola lungo un percorso umano sempre improntato al rispetto del valore di azioni di confronto tra atleti e generazioni, per conoscersi espri- mendo reciproche risorse fisiche con nobiltà d’animo e capacità re- lazionale in contrapposizione a confronti motivati da ostilità e offesa della dignità umana. I Giochi Olimpici, le ipotesi più accreditate li fanno risalire al 776 a. C. e disputati, per la prima volta, nella città dell’antica Grecia, Olimpia. Erano un insieme di celebrazioni atletiche e religiose, che ricorre- vano intervallate da quattro anni. Durante il loro svolgimento ogni ostilità tra le comunità di appar- tenenza degli atleti partecipanti ai Giochi era sospesa. Quel periodo di tregua consentiva di godere la pace ed era invito alla riflessione sul valore e tutela delle azoni di dialogo e leale con- fronto tra gli uomini.. La prima opera che fece riferimento ai Giochi fu l’Iliade del gran- de Omero, che nel XXIII canto illustra i Giochi Funebri, disposti da Achille per onorare la memoria di Patroclo caduto durante la Guerra di Troia.

L’OLIMPIADE DEL 1960 E LA FIACCOLA OLIMPICA Il 25 agosto del 1960 ebbe inizio a Roma la 17a Olimpiadi dell’era mo- derna, i Giochi terminarono l’11 settembre. Dal Pireo, porto di Atene, tredici giorni prima del loro inizio la Fiaccola, per raggiungere l’Italia, fu imbarcata sullo storico veliero della Marina Militare Italiana “Amerigo Vespucci”, nave scuola per Allievi Uf- ficiali dell’Accademia Navale di Livorno, che ebbi modo di frequentare nel 1970 al 42° Corso Allievi Ufficiali di Complemento (AUCL). La fiaccola viene sempre accesa sul Monte Olimpo seguendo la modalità dell’ultima Sacerdotessa del tempio di Giove, che utilizzava PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 419

specchi ustori. La leggenda racconta che nel 216 a. C. detto principio fisico fu utilizzato anche dal sommo scienziato siracusano Archimede (287 a.C. – 212 a.C.), a Siracusa, durante la seconda guerra punica, detta anche guerra annibaliana, intercorsa tra Roma e Cartagine dal 216 a.C. al 202 a. C. e svoltasi inizialmente in Europa e poi in Africa. Archimede allestì degli specchi ustori, cioè specchi concavi in gra- do di concentrare i raggi paralleli provenienti dal Sole in un punto, detto fuoco dello specchio e la loro riflessione proiettata sulle navi in legno ne causava l’incendio. La Fiaccola è portata di corsa da una staffetta di atleti, detti Tedofori, dalla Grecia fino alla nazione prescelta per ospitare i Giochi. Nello stadio olimpico ospitante i Giochi è posizionato il braciere che, acceso dall’ultimo tedoforo, simboleggia e veglia, con la propria fiamma, su tutto il tempo di svolgimento delle gare atletiche. Dall’antico tempio di Era, la Sacerdotessa consegnò la torcia accesa al primo tedoforo, Penaghiotis Epitropoulos, ed ebbe inizio il percorso terrestre greco di 330 Km. Alle ore 21,00 del 13 agosto 1960, il Fuoco fu consegnato da S.A.R. il Principe Costantino di Grecia a Piero Oneglio Vice Presidente del C.O.N.I. e da questi a Aldo Mairano, Presidente del Comitato della Fiaccola Olimpica, per la consegna a un cadetto della Marina Militare Italiana che, accolto su una baleniera greca, raggiunse il porto di Zéas, presso il Pireo, dove era atteso dal prestigioso veliero Amerigo Vespuc- ci, per raggiungere l’Italia. Il veliero approdò, il 18 agosto 1960, nel porto di Siracusa dove la Fiaccola vi sostò dalle ore 21,00’ 00’’ fino alle 0, 51’ 00’’ quando, portata dai tedofori, iniziò a risalire la penisola per raggiungere Roma, percorrendo le strade della Magna Grecia, tra queste la via Appia SS7, e attraversò Castelgrande in quanto posto sul percorso. Da Atene a Roma “Lo sviluppo complessivo dell’itinerario raggiunse i Km 1.532,800; il percorso fu suddiviso in 1.199 frazioni, nella gran parte di m 1.500 ognuna, la cui percorrenza fu stabilita in 5’ e 30 - Fe- cero eccezione le frazioni in salita che furono abbreviate a m 1.000 pur conservando lo stesso tempo di corsa”. (Fonte: Giochi della XVII Olim- piade / Roma 1960 – Rapporto Uf ciale del Comitato Organizzatore). Il percorso impegnò 1.798 Tedofori ed ognuno portò la Fiaccola, realizzata in alluminio bronzato del peso di 580 grammi e alta 40 centi- metri, alimentata con capsule composte da speciali sostanze resinose. La Fiaccola lungo tutto il percorso fu accolta con entusiasmo, 420 Giuseppe Maria Lotano

festeggiamenti, fuochi pirotecnici, musiche, manifestazioni di gio- ia, persone in costumi locali, campanili festanti e altro. Attraversò diciassette provincie e giunse a Roma in Campidoglio, dove sostò dalle ore 21,00 del 24 agosto fino alle 16,56 del 25 agosto, e poi raggiunse lo stadio Olimpico alle ore 17,34’00’’, portata dell’ultimo tedoforo, lo studente Giancarlo Peris. Ai Giochi parteciparono 84 Paesi e 5.400 atleti, che in mattinata del 24 agosto in piazza San Pietro, accolti dalle campane a festa del- la Basilica, ricevettero dal Papa Giovanni XXIII la santa Benedizione e salutandoli volle ricordare loro anche l’antica sentenza “Mens sana in corpore sano”. Nello stadio sfilarono tutte le squadre di atleti, ognuna preceduta dalla bandiera nazionale portata dall’alfiere prescelto. Edoardo Mangiarotti, grande spadista e il più medagliato della storia olimpica italiana, fu incaricato di portare la bandiera italiana, così come nella precedente olimpiade del 1956 tenutasi a Melbour- ne, e chiuse la parata come nazione ospitante. Il Presidente del Comitato organizzatore On. Giulio Andreotti pronunciò l’allocuzione di rito e il Presidente del Comitato Inter- nazionale Olimpico invitò il Presidente della Repubblica Italiana, Giovanni Gronchi, a proclamare l’apertura dei Giochi. Conclusa la sfilata dei partecipanti e della bandiera olimpica, fu Adolfo Consolini, uno dei più grandi campioni del lancio del disco e olimpionico del 1948, a pronunciare il giuramento: “A nome di tutti i componenti giuro che noi partecipiamo ai Giochi Olimpici come concorrenti leali”. Poi ebbero inizio i Giochi Olimpici. Fu una edizione molto memorabile, l’Unione Sovietica si classifi- cò prima e vinse trenta medaglie più degli Stati Uniti giunti secondi, l’Italia fu terza e vinse trentasei medaglie: tredici di oro, dieci di argento, tredici di bronzo. Superba fu la vittoria nei duecento metri piani di Livio Berruti, contro lo strapotere dei velocisti statunitensi. Simbolo indiscusso delle Olimpiadi di Roma fu un perfetto sco- nosciuto, Abele Bikila, Guardia del corpo del Negus Haile Salassie. L’atleta partecipò alla maratona, corse a piedi nudi, vinse e stabilì il nuovo record della corsa. (Fonte: La Grande Olimpiade / Istituto Nazionale Luce). PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 421

CASTELGRANDE E PASSAGGIO DELLA FIACCOLA OLIMPICA DEL 1960 Lo storico passaggio della Fiaccola Olimpica, giunta a Potenza la sera del 21 agosto 1960 alle ore 18:30’30’’ e ripartita l’indomani alle ore 9:05’30’’, passò per Castelgrande, alle 12:30’00’’ del 22 agosto 1960, con destinazione Roma. I concittadini poterono assistere e godere del passaggio, che re- sterà più unico che raro, della Fiaccola Olimpica e provare la gioia insita in quel simbolo supremo del messaggio di pace e di lealtà per un civile confronto tra uomini; fiamma che mai dovrebbe spegnersi per illuminare la giusta e sana politica di governo dei popoli, tra la maggioranza dei quali l’unica luce che pre- vale è prodotta da lampi di armi da fuoco.

AVIGLIANO OSPITA IL CONI PER LA PREMIAZIO- NE DEI TEDOFORI LUCA- NI DEL 1960 Il 10 maggio 2014 il Comu- ne di Avigliano ospitò la cerimonia, voluta dal Presi- dente del CONI - Comitato Regionale di Basilicata - Sig. Leopoldo Desiderio, per ricor- dare tutti i novantatre tedofori impegnati sul percorso della Provin- cia di Potenza per il trasferimento della Fiaccola Olimpica verso Roma, sede dei Giochi Olimpici. Durante la cerimonia, dopo il saluto del Presidente del CONI, del Sindaco di Avigliano, Dott. Vito Summa, di altre autorità invitate, fu consegnata ai “Ragazzi del 1960” la medaglia ricordo nominativa, predisposta dal CONI e che il Presidente così motivò “Per dare un segno di continuità fra il “vecchio” e il “nuovo”, ed essere rappresentativa della continuità e dell’importanza di trasferire i valori morali e umani che lo sport propone”. Nella sala, tra i Tedofori intervenuti, aleggiò gioia ma anche tanta commozione per essersi ritrovati cinquantaquattro anni dopo quella indimenticabile estate del 1960, quando si passarono di mano in mano la Fiaccola Olimpica, lungo il percorso in territorio lucano. 422 Giuseppe Maria Lotano

100 GIRI D’ITALIA

CENNI STORICI DAL 1909 AL 2017 Nel 2017 il Giro d’Italia, denominato anche “Giro Rosa / Corsa Rosa”, raggiunse la 100esima edizione, la prima corsa si disputò nel 1909. Ogni edizione lungo percorsi ricamati sul territorio ha sempre anima- to entusiasmanti vicende sportive. Nel loro insieme hanno consentito agli appassionati di ciclismo di godere, complessivamente, di un palcoscenico esteso per 358.966,8 chi- lometri, frazionato in 1.880 tappe a coreografia d’interminabili pedalate di atleti, tutti attori in sella, che lungo le strade hanno animato una rapida sequenza di spettacolari scenografie per 10.630 ore. La corsa ciclistica del Giro d’Italia fu ideata da Armando Cougnet e annunciata su La Gazzetta dello Sport il 24 agosto 1908, egli ne fu anche il patron fino al 1948, gli successe Vincenzo Torriani fino al 1989, uno dei maggiori allestitori di competizioni a due ruote. La prima edizione fu organizzata a Milano dal giornalista Tullio Mor- gagni della sede milanese di La Gazzetta dello Sport. La corsa prese il via alle ore 2,53 del 13 maggio 1909, da piazzale Loreto, parteciparono 127 ciclisti. Il percorso totale fu di otto tappe per 2.447,9 chilometri, da Milano a Milano, passando per Bologna, Chieti, Napoli, Roma, Firenze, Genova e Torino, finirono il Giro solo quarantanove atleti. La prima tappa fu vinta da Dario Beni, velocista romano e unico cor- ridore non dell’Italia settentrionale, si aggiudicò la vittoria del primo Giro d’Italia il varesino . Le biciclette di allora non avevano gli odierni cambi multipli ma solo due rapporti, il telaio non era di leghe superleggere, si doveva arrivare al traguardo con la stessa “macchina” e il corridore, lungo il percorso, con prevalenza di strade bianche, ne era anche il meccanico. Nelle successive edizioni la partenza del Giro è avvenuta per trenta- nove volte da Milano (di cui trentasei da Milano a Milano) e per sessan- tuno volte da altre sedi, la tappa finale di conclusione del Giro è stata settantasette volte Milano e ventitré in altre sedi. Il Giro più breve fu percorso nel 1912 (Km 2.439,6) e quello più lungo nel 1954 (Km 4.337,0). PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 423

Nel 1931 Armando Cougnet istituì la “Maglia Rosa” per visibilizzare, durante la corsa, il leader della classifica, dagli altri corridori. In corsa la “Maglia Rosa” che è indossata temporaneamente dal lea- der della classifica generale per il miglior tempo complessivo realizzato durante le singole tappe e poi assegnata, definitivamente, a conclusione del Giro, all’atleta che ha sommato il minore tempo di percorrenza dei chilometri del totale tappe, pertanto assoluto vincitore del Giro. Il primo atleta a indossarla fu . La scelta del colore rosa fu un omaggio al giornale organizzatore del- la corsa La Gazzetta dello Sport, edito dal 3 aprile 1896, costo di cinque centesimi, stampato inizialmente in carta verde e poi, bianca, gialla, nuo- vamente verde e infine colore rosa. A conclusione del centesimo Giro, la maglia rosa è stata assegnata sessantanove volte ad atleti italiani e trentuno a stranieri, di quattordici nazionalità diverse. 100 Giri d’Italia hanno idealmente scritto 100 poesie, tutte traboccanti di entusiasmo e inneggianti al vigore atletico, fatiche, premi, vittorie, sconfitte, propositi di riscatto o di superarsi nella successiva edizione, processi di tappa, di doping, cronache radio, televisive, giornalistiche. L’EIAR (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche), progenitore della RAI, nel 1927 trasmise il suo primo evento sportivo e nel 1932, alla ventesima edizione del Giro, trasmise la prima radiocronaca dell’arrivo del Giro a Milano, d’allora gli italiani poterono ascoltare con entusiasmo storici radiocronisti. La voce più nota delle radiocronache fu, per un trentennio, quella del palermitano Nicolò Carosio (PA / 1907 – MI / 1984). Le trasmissioni radio esprimevano un fenomeno tecnico e sportivo il cui significato più intimo era quella capacità di suscitare grande emozio- ne singola e collettiva di forte impatto e unione sociale. Nel 1933 fu introdotta la “Tappa a cronometro” sul tratto Bologna - Ferrara, di 62 km, vinse Binda. Nel 1933 fu introdotto il “Gran Premio della Montagna”, con quattro salite, vinse Binda. Nel 1951 la RAI attivò il servizio “Radio corsa” per collegamenti tra mezzi della stampa e auto ammiraglie. Nel 1953 sono state trasmesse le prime immagini del Giro in televi- sione. Nel 1958 la Longines introdusse il “Cronocinegines” per registrare il secondo del tempo di arrivo sul traguardo, eliminando frequenti conte- stazioni dell’ordine di classificazione. 424 Giuseppe Maria Lotano

Nel 1963 iniziarono le trasmissioni dirette in televisione degli ultimi dieci chilometri di tappa. Nel 1964 per controllo atleti in gara, iniziò l’impiego di moto ed eli- cotteri contro interventi di traino e spinte. Nel 1965 fu introdotta la denominazione di “Cima Coppi” per indicare la vetta più alta da scalare prevista sul percorso di ogni edizione. (Fonte: Un secolo di passioni “Giri d’Italia 1909 - 2009” di Pier Bergonzi, Elio Trifari - La Gazzetta dello Sport - Rizzoli). Fascino del ciclismo è anche la sua forza celebrativa d’imprese straor- dinarie, di guizzi di fuga, di tempi cronometrici, di caparbietà per svettare solitari o di scatti per “bruciare” sul filo del traguardo l’avversario di turno. Non si contano le pedalate necessarie per dinamizzare queste finalità, per affrontare respiri di sacrificio e di appagamento, per sostenere un ef- fimero vantaggio o il leader della squadra, per condividere una borraccia di acqua, per tagliare un traguardo. Il fascino di andare in bicicletta ci stimola già dai primi anni di vita. Quante volte la bici ha consentito di cimentarci con il brivido della velocità su due ruote fino a pensarci quasi sospesi su ali di aquila reale impegnata in inseguimenti, impennate, giravolte, nel teatro di paesaggi della natura spettatrice comprensiva dei nostri sogni. La corsa del Giro non fu indetta, per motivi bellici, durante le due Grandi Guerre: 1915-1918 e 1941-1945. La corsa in queste più recenti edizioni è partita anche da Paesi eu- ropei tradizionali, culle di biciclette, tra cui Belgio, Olanda, Danimarca. Nel 2018 la 101a edizione del Giro di 3.572,4 chilometri e ventuno tap- pe, superando ogni timore per il contestatissimo trasferimento dell’Am- basciata americana a Gerusalemme è partito il 4 maggio da Israele. Con tre tappe a cronometro nella città vecchia di Gerusalemme, poi le tappe di Haifa - Tel Aviv / Bé Er Sheva - Eilat. Al rientro in Italia ha toccato la cima dell’Etna, il Gran Sasso, le Dolo- miti, e il Monte Zoncolan. Si è concluso, con l’aggiudicazione del Giro da parte del campione bri- tannico , il 27 maggio a Roma su di un percorso cittadino con pavimentazione in molti tratti raffazzonata e molto contestata dagli atleti.

CASTELGRANDE E PASSAGGIO DEL GIRO D’ITALIA Il Giro d’Italia, nelle sue 100 edizioni, ha anche fatto 24 volte tappa jn Basilicata, di cui: 14 volte a Potenza, 6 volte a Matera, 1 volta a Melfi, Metaponto, Monte Sirino, Policoro. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 425

In arrivo o partenza da tappe con sosta a Potenza, il Giro ha percor- so la via Appia SS7 e transitato per i comuni su di essa allocati, tra cui Castelgrande nel 54° Giro del 1971, nel 72° Giro del 1989, nell’84° Giro del 2001. In ogni occasione la collettività festante e le scolaresche mobilitate per l’evento sportivo nazionale con grande entusiasmo si distribuirono in più punti panoramici per godere dello snodarsi degli atleti tra le curve della SS7, lungo il percorso del tracciato stradale che da valle sale a 950 m. s.l.m. del paese e prosegue fino al passo Valico di Monte Carruozzo a 1.228 m. s.l.m., dove inizia la lunga discesa verso la valle del fiume Ofan- to, che funge da confine tra la Basilicata e la Campania. In paese sventolarono diverse bandiere italiane e si ebbe cura di pre- disporre scritte sull’asfalto per simpatia e affetto verso gli atleti, che sfrec- ciavano con velocità sostenuta rendendo anche difficile porgere qualche rifornimento di acqua.

SOPRANOMI DI ALCUNI LEGGENDARI CICLISTI ITALIANI Tra gli innumerevoli grandi protagonisti del ciclismo di ogni tempo e solo per un contenuto numero di leggendari, nella ricorrenza della 100esima edizione del Giro d’Italia, è opportuno ricordarne i sopranomi e le prin- cipali prestazioni atletiche, stralciate dai rispettivi palmares. I sopranomi a volte riferiti al paese di origine (esempio: Gerbi di Asti, Rossignoli di Pavia, Galetti di Milano, Cuniolo di Tortona, Albini di Legna- no) e più ancora alle caratteristiche umane e atletiche dei protagonisti, invitano alla verifica immediata della rispondenza tra l’appellativo e le personalità cui si riferiscono. (Fonte: La Gazzetta dello Sport).

“Diavolo Rosso” - “Il cattivo” - “Gerbi d’Asti” Sopranomi dati a Giovanni Gerbi (Asti, 04. 06.1885 - Asti, 06. 05. 1955). “Diavolo Rosso” perché con la sua bicicletta, durante una fuga, s’im- batté in una processione, egli era in tenuta rossa e il sacerdote sorpreso dall’imprevista invasione esclamò in piemontese “chial’è chel diau!” (Chi è quel diavolo!)

“L’omino di Novi” - “Il bandito e il campione” Sopranomi dati a (Novi Ligure, 18.03.1893 - Cassano Spinola, 09.02.1978). “L’omino di Novi” perché di modesta statura, ma di notevole furbizia e spunto in volata. “Il bandito e il campione” per un enfatizzato rapporto di amicizia, tra 426 Giuseppe Maria Lotano

le due più note personalità di Novi Ligure: Girardengo atleta straordina- rio; Sante Pollastri autore di crimini contro i Carabinieri.

“Locomotiva umana” Sopranome dato a Learco Antenore Giuseppe Guerra (San Nicolò Po, 14.10.1902 - Milano, 07.02.1963). Il sopranome ad attribuirlo fu Emilio Colombo, direttore della Gazzet- ta dello Sport tra gli anni 1920 e 1930, per esaltarne la predisposizione alle gare a cronometro.

“Camoscio di Cumiana” - “Mai stracc” Sopranomi dati a Francesco Camusso (Burdini di Cumiana (TO), 09.03.1908 - Torino, 23.06.1995). “Camoscio di Cumiana” per la sua forte attitudine e agilità con cui affrontava percorsi di montagna. “Mai stracc” mai stanco, Camusso così spiegava alla figlia: “Sai perché? Irene, chi vince non è mai stanco, piuttosto l’ultimo, che arriva dopo di tutti quanti, lo è”.

“Ginettaccio” - “Cavaliere senza macchia e senza paura” - “Gino le pieux” - “l’intramontabile” Sopranomi dati a (Ponte a Ema, 18.07.1914 - 05.05.2000). “Ginettaccio” per il suo carattere focoso. Fu vincitore di tre Giri d’Italia (1936-7 e 1946) e del Tour de France del 1938. Molto famosa fu l’epica vittoria conseguita al Tour del 1948. La vittoria al Tour di Bartali attenuò le tensioni interne, di un’Italia desidero- sa di pace e nuove prospettive. Impose la sua classe di scalatore che pur con un ritardo di ventuno minuti sul francese e grande Louison Bobé, aspettò le montagne e poi giunse a Parigi con venti minuti di vantaggio sui corridori francesi che, come raccontò Paolo Conte, “ancora s’incazzano”. “Cavaliere senza macchia e senza paura” così riconosciuto per avere aiutato antifascisti ed ebrei. Simulando allenamenti con la bicicletta, in re- altà utilizzata per trasporto, introdotti nel cavo del telaio e del manubrio, di documenti d’identità contraffatti e poterono salvarsi ottocento ebrei, “Gino le pieux” (Gino il pio) così sopranominato dai francesi, per il suo buon cuore. Storica l’immagine fotografica che immortalò il momento in cui tra lui e Coppi, eterni rivali, ci fu uno scambio di borraccia di acqua al Tour de France mentre, il 6 luglio del 1952, scalava la vetta del Galibier. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 427

“L’intramontabile” per la sua lunga militanza nel mondo del ciclismo, dal 1935 al 1954, e sempre con incrollabile entusiasmo.

“Campionissimo” - ”Airone” Sopranomi dati a (Castellania, 15.09.1919 - Tortona, 02.01.1960). “Campionissimo” per il gran numero di vittorie conseguite in ogni tipo di competizione. ”Airone” paragonato al volatile omonimo caratterizzato da forma al- lungata e postura slanciata, gambe e collo lungo. Per la magnificenza di prestazioni, sempre sorprendenti per gli enor- mi distacchi che infliggeva agli avversari, il suo nome è leggenda del ciclismo mondiale. Il radiocronista Mario Ferretti, a termine della mitica “Cuneo-Pinerolo” del 1949 dopo una fuga solitaria di circa duecento chilometri commentò l’impresa con una frase divenuta storica: “Un uomo solo è al comando della corsa, la sua maglia è bianco-celeste, il suo nome è Fausto Coppi”. All’età di quarantuno anni morì per infezione da virus della malaria, contratto durante un viaggio di caccia in Africa. Dal 1965 in memoria dell’atleta è denominata “Cima Coppi” la vetta più alta sul percorso del Giro di Italia.

“Terzo uomo” - “Leone delle Fiandre” Sopranomi dati a (Vaiano, 07.12.1920 - Monza, 12.10.2012). “Terzo uomo” perché con i suoi successi s’inseriva nella rivalità tra Bartali e Coppi. “Leone delle Fiandre” perché aveva partecipato a quattro giri delle Fiandre vincendone tre consecutivi (1949-1950-1951).

“Leone del Mugello” – “Nuvola gialla” Sopranomi dati a Gastone Nencini (Bilancino, 01.03.1930 - Firenze, 01.02.1980). “Leone del Mugello” per il costante e tenace impegno di passista e scalatore oltre che coraggioso e imprendibile discesista, “Nuvola gialla” fu il sopranome datogli dai francesi.

“Re del Vigorelli” Sopranome dato ad Antonio Maspes (Milano, 14.01.1932 - 19.10.2000). “Re del Vigorelli” perché il più grande e indiscusso pistard italiano e internazionale e, in particolare, artista del “surplace”, una delle sue 428 Giuseppe Maria Lotano

preziose abilità fu lo stare in "equilibrio da fermo", che gli consentiva una partenza in seconda posizione e controllare la corsa dell’avversario. Vinse dieci edizioni della Maglia Tricolore nella velocità. Ricoprì incarichi federali e fu anche responsabile tecnico del Vigorelli, detto anche ”anello magico”, che dopo la sua morte gli fu intitolato.

“Treno di Forlì” Sopranome dato a (Forlì, 26.01.1933). “Treno di Forlì” per la straordinaria capacità di sostenere in gara ele- vati ritmi. Fu Direttore Sportivo, Presidente dell’Associazione Ciclisti e della Lega.

“Bocia di Palù” - “ Vecio” - “L’infinito” Sopranomi dati ad Aldo Moser (Palù di Giovo, 07.02.1934). “Bocia di Palù” - “ Vecio” - “L’infinito”. Da ciclista giovanissimo “Bocia di Palù / Ragazzo di Palù”, poi per longevità agonistica “Vecio / Vecchio” in gara fino all’età di quaranta anni, e per finire “L’in nito” perché capo- stipite di una famiglia con ben quattro fratelli professionisti del ciclismo, tra i quali il campione Francesco.

“Campione gentiluomo” Sopranome dato a (San Lazzaro di Parma, 14.11.1937). “Campione gentiluomo” per avere portato alla ribalta sullo schermo un’immagine nuova di ciclista per stile e dialettica. Di ciò ebbe immediata percezione il cronista Sergio Zavoli, tanto da in- serire Adorni nel corso delle sue trasmissioni del “Processo alla tappa”, noto programma dallo stesso ideato nel 1962, scelta che appassionò gli spettatori con un personaggio ricco di simpatia, educazione, sorriso, eleganza perso- nale ed espressiva, inoltre gradito al pubblico femminile per il suo charme. Nel 1968, vinse il Campionato del mondo e fu conduttore del quiz televisivo Ciao mamma con Liana Orfei. Nel maggio 2015 l’Università di Parma conferì a Vittorio Adorni la Lau- rea Magistrale Honoris Causa in “Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate”.

“Camoscio d’Abruzzo” - “Cuore d’oro” Sopranomi dati a Vito Taccone (Avezzano, 06.05.1940 - 15.10.2007). “Camoscio d’Abruzzo” per le sue eccellenti doti di scalatore e d’impre- vedibili scatti ricchi di slanci quanto di camosci tra irte rupi della Majella e del Gran Sasso. PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 429

“Cuore d’oro” per il suo carattere molto generoso pur se impetuoso. Giovane ciclista negli anni sessanta, s’imbatté con campioni del valore atletico di Anquetil, Gimondi e Merckx ma per dote di scalatore puro fu ideale interprete della solida tradizione italiana di scalatori e ne divenne amato idolo. In Lucania nell’edizione del Giro il 30.05.1961 vinse la tappa Bari - Potenza. Fu protagonista di molte polemiche con il cronista Sergio Zavoli, che lo volle suo ospite fisso, durante le trasmissioni di “Processo alla Tappa”. Il 15 ottobre del 2007 fu stroncato da un infarto. Il 18 ottobre 2012 la città di Avezzano dedicò a Vito Taccone una sta- tua posta sul monte Salviano, alla cerimonia partecipò anche il cronista Sergio Zavoli. lo pianse come personaggio “di un ciclismo che non c’è più”.

“Eterno secondo” - “Felix de Mondi” - “Nuvola Rossa” Sopranomi dati a Felice Gimondi (Sedrina - BG, 29.09.1942). “Eterno secondo” per i suoi numerosi piazzamenti alle spalle di . “Felix de Mondi” - “Nuvola Rossa” attribuiti dal noto giornalista Gianni Brera, grande stimatore di Gimondi di cui descrisse ogni successo sporti- vo. Felice Gimondi cominciò a gareggiare nel ciclismo nel 1959, da allie- vo, ottenendo la prima vittoria il 1º maggio 1960, nella Bergamo - Celana. Da professionista la prima gara a tappe che vinse fu il Tour de France (1965), poi il Giro (1967) e la Vuelta (1968). È uno dei cinque atleti ad avere realizzato la tripla delle corse inter- nazionali a tappe.

“Il terzo incomodo” Sopranome dato a (Cassano d’Adda, 13.03.1943). “Il terzo incomodo” perché ritenuto di non favorire le vittorie di Feli- ce Gimondi bensì di Eddy Merckz. Professionista dal 1964 al 1976 ha vinto un Giro d’Italia, un Giro di Lombardia, tre Giri dell’Emilia.

“Aquila” Sopranome dato a (Brugg – Svizzera, 14.02.1964). “Aquila” perché quando decideva il ritmo della corsa procedeva soli- tario come aquila in volo. La sua mamma custodisce le 115 coppe da lui vinte dal dilettantismo a fine carriera. 430 Giuseppe Maria Lotano

Nel 1990 fu l’ultimo ciclista a essere capace di vincere il Giro di Italia indossando la Maglia Rosa dalla prima all’ultima tappa, nello stesso anno vinse anche la Milano - Sanremo. Nel 1991 e 1992 fu Campione del mondo su strada, da allora nessuno degli italiani ha conquistato la maglia iridata.

“Il Re Leone” - “Super Mario” - “Cipo” - “Mario il Magnifico” Sopranomi dati a Mario Cipollini (Lucca, 22 marzo 1967). Di personalità eccentrica, estroversa e di bella presenza, per la sua capigliatura gli è stato attribuito il sopranome “Il Re Leone”. Ha parteci- pato nel 1999 a un cammeo nel film di Giorgio Panariello, Bagnomaria, nel 2005 al programma televisivo “Ballando con le stelle”, nel 2015 al programma condotto da Carlo Conti “Si può fare”. A termine dell’attività agonistica si è dedicato alla costruzione di bici da corsa.

“Il pirata” Sopranome dato a (Cesena, 13.01.1970 - Rimini, 14.02.2004). “Il pirata” perché quando iniziò a correre sulle aspre salite del Tour de France portava sul capo rasato una bandana, regalatagli dalla madre perché si proteggesse dal sole durante la corsa, di seguito abitualmente usata. Era un ciclista scalatore puro e fu nuova massima espressione del ciclismo italiano e internazionale. Nel 1992 vinse il Giro d’Italia dilettanti e passò nei professionisti. Nella sua carriera da professionista fu fortemente segnato da tre gravi incidenti. Nel 1998 l’atteso traguardo per un atleta di massimo valore: il trionfo nel Giro di Italia e nel Tour de France. L’impresa era riuscita per la prima volta a Fausto Coppi (1949-1952), poi a Jacques Anquetil (1961-1964), Eddy Merckx (1970-72-74), (1980-82-85), (1987), Miguel Indurain (1992-93). Il 5 giugno 1999, ormai indiscusso leader di classifica e giunto alla pe- nultima tappa del Giro di Italia, a seguito di controlli del sangue i valori dell’ematocrito furono oltre i limiti consentiti e fu escluso dal Giro. Nel totale sconforto e incredulo il primo commento di Pantani, confi- dato ad un compagno di squadra, fu: “C’è qualcosa di strano, mi hanno fregato …. sarà dif cile ripartire, questa volta ho toccato il fondo”. Una drammatica storia da cui emerge tutto il valore dell’impegno di una persona e grande atleta, aggredito dalla malvagità degli interessi lo- schi, incuranti dei valori umani e in offesa alla capacità di esprimere libe- PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 431

ramente un dono ricevuto, coltivato ed esercitato per emulare nell’animo di ognuno imprese arditamente nobili e educative.

“Il falco” Sopranome dato a (Clusone, 7 maggio 1973), ciclista su strada e commentatore televisivo italiano. “Il falco” perché capace di compiere picchiate a valle dette “A tomba aperta” in gergo indica prestazione di discesista con velocità sui cento chilometri l’ora, specialità di pochi atleti e lui ne fu supremo interprete. Ottimo in gare a cronometro e con buon passo in salita. Savoldelli noto per essere “il falco” in una intervista alla domanda se si può migliorare in discesa rispose: “Certe qualità o le hai o non le hai, c’è poco da fare. A partire dal coraggio. Io comunque sono migliorato ripetendo ossessivamente una discesa vicina a casa mia: perfezionavo le traiettorie, le controllavo minuziosamente, cercavo di usare sempre meno i freni. Ho af nato così quelle che erano certe mie attitudini che avevo da ragazzetto”.

“Lo squalo” Sopranome dato a (Messina, 14.11.1984). “Lo squalo” perché, fin da dilettante, corre sempre all’attacco. Scalatore, passista, ottimo discesista e corridore da corse a tappe. Professionista dal 2005 ha vinto la Vuelta nel 2010; il Giro di Italia nel 2013 e 2016; il Tour de France nel 2014; il Giro di Lombardia 2015, i Campionati italiani in linea nel 2014 e nel 2015, e le Tirreno - Adriatico 2012 e 2013. È uno dei soli cinque che vanta la vittoria delle tre note corse a tappe: Giro, Tour, Vuelta.

“Il cavaliere dei quattro mori” Sopranome dato a Fabio Aru (San Gavino Monreale - CA - 03.07.1990) perché sardo e di animo combattente. La simbologia della bandiera sarda, che Antonio Era illustrò nel suo discorso al Consiglio regionale sardo del 1950, citando elementi della storia giudicale del suo popolo le cui vicende si svilupparono essenzial- mente dopo la vittoria delle repubbliche marinare sui mori saraceni, è perfettamente espressa dai quattro mori. Fabio Aru, professionista dal 2012, ha doti di scalatore puro e di cor- ridore da corse a tappe. 432 Giuseppe Maria Lotano

Sopranomi di leggendari ciclisti stranieri Tra gli atleti del ciclismo straniero, protagonisti al Giro d’Italia, non ne mancano sopranomi ma dei tanti si riporta solo quello del più noto e vincente, a oggi, sia in Italia sia in campo internazionale.

“Il cannibale” “il grande” “l’irraggiungibile” Sopranomi dati a Edouard Louis Joseph Merckx (Meensel - Kiezegem, sobborgo di Bruxelles, 17 giugno 1945), più conosciuto solo con il nome Eddy Merckx. Si è aggiudicato il primo Tour de France nell’anno in cui l’uomo andò sulla luna, in totale cinque volte (1969, 1970,1971, 1972, 1974), ugua- gliando il record di Anquetil, Bernard Hinault e Miguel Indurain. É uno dei cinque ciclisti a conquistare tutti e tre i grandi giri (Giro, Vuelta, Tour) e unico a realizzare l’accoppiata “Corsa Rosa-Tour” per tre volte (1970,1972,1974). Ha vinto il Giro d’Italia nel 1968,1970,1972,1973,1974, eguagliando il primato di Binda e Coppi, e la Vuelta di Spagna del 1973, oltre a un record dell’ora. Importante atleta con 525 vittorie, mai totalizzate da altri, denomi- nato”Cannibale” per l’ostinazione a volere perseguire la vittoria in ogni gara. Alla richiesta di cosa fosse per lui lo sport rispondeva sempre “vin- cere”. Nel corso delle gare sommò settantasei giorni con la Maglia Rosa, primato ancora imbattuto, poi segue con cinquantanove, Aldo Moser con cinquantasette. Per la sua eccellenza atletica nel ciclismo il Belgio, suo Paese, lo con- sidera patrimonio nazionale e gli ha conferito il titolo di baronetto PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 433

100 EDIZIONI DEL GIRO D’ITALIA E VINCITORI DELLA MAGLIA ROSA N° ANNO MAGLIROSA TOT. TEMPO TOT. Km TAPPA: Prima / Ultima TAPPE 1909 Luigi Ganna 89h 48’ 14” 8 2.447,9 Milano / Milano 1910 114h 24’ 00” 10 2.987,4 Milano / Milano 1911 Carlo Galetti 132h 24’ 00” 10 3.530,3 Roma / Roma 1912 - Dunlop 100h 02’ 57” 9 2.439,6 Milano / Bergamo 1913 111h 08’ 57” 9 2.932,0 Milano / Milano 1914* 135h 17’ 56” 8 3.162,0 Milano / Milano 1919* Costante Girardengo 112h 51’ 29” 10 2.984,4 Milano / Milano 1920 102h 44’ 33” 10 2.632,8 Milano / Milano 1921 120h 24’ 39” 10 3.107,5 Milano / Milano 1922 Giovanni Brunero 119h 43’ 00” 10 3.095,5 Milano / Milano 1923 Costante Girardengo 122h 28’ 17” 10 3.202,7 Milano / Milano 1924 Giuseppe Enrici 143h 43’ 37” 12 3.613,0 Milano / Milano 1925 Alfredo Binda 137h 31’ 13” 12 3.520,5 Milano / Milano 1926 Giovanni Brunero 137h 55’ 59” 12 3.107,5 Milano / Milano 1927 Alfredo Binda 144h 15’ 35” 15 3.358,3 Milano / Milano 1928 Alfredo Binda 114h 15’ 19” 12 3.044,6 Milano / Milano 1929 Alfredo Binda 107h 18’ 24” 12 2.920,0 Roma / Milano 1930 Luigi Marchisio 115h 11’ 55” 15 3.097,0 Messina / Milano 1931 Francesco Camusso 102h 40’ 46” 15 3.012,0 Milano / Milano 1932 105h 42’ 41” 13 3.235,0 Milano / Milano 1933 Alfredo Binda 114h 01’ 52” 17 3.343,0 Milano / Milano 1934 Learco Guerra 121h 17’ 17” 17 3.712,7 Milano / Milano 1935 113h 22’ 46” 20 3.577,0 Milano / Milano 1936 Gino Bartali 120h 12’ 30” 21 3.766,0 Milano / Milano 1937 Gino Bartali 122h 25’ 40” 19 3.840,0 Milano / Milano 1938 112h 49’ 28” 18 3.645,8 Milano / Milano 1939 Giovanni Valetti 88h 02’ 00” 17 3.011,4 Milano / Milano 1940* Fausto Coppi 107h 31’10” 20 3.574,0 Milano / Milano 1946* Fausto Coppi 95h 32’ 20” 17 3.039,5 Milano / Milano 1947 Fausto Coppi 115h 55’ 07” 20 3.843,0 Milano / Milano 1948 Fiorenzo Magni 124h 51’ 52” 19 4.164,0 Milano / Milano 1949 Fausto Coppi 125h 25’ 50” 19 4.088,0 Palermo / Monza 1950 117h 28’ 03” 18 3.981,0 Milano / Roma 434 Giuseppe Maria Lotano

1951 Fiorenzo Magni 121h 11’ 37” 19 4.164,0 Milano / Milano 1952 Fausto Coppi 114h 36’ 43” 20 3.964,0 Milano / Milano 1953 Fausto Coppi 118h 37’ 26” 21 4.035,5 Milano / Milano 1954 129h 13’ 07” 21 4.337,0 Palermo / Milano 1955 Fiorenzo Magni 108h 56’12” 21 3.871,0 Milano / Milano 1956 101h 39’46 22 3.523,4 Milano / Milano 1957 Gastone Nencini 104h 45’06” 21 3.926-7 Milano / Milano 1958 Ercole Baldini 92h 09’30” 20 3.341,1 Milano / Milano 1959 Charly Gaul 101h 50’26” 22 3.657,0 Milano / Milano 1960 Jacques Anquetil 94h 03’ 54” 21 3.481,2 Roma / Milano 1961 ArnaldoPambianco 111h 25’ 28” 21 4.004,0 Torino / Milano 1962 Franco Balmanion 123h 06’03” 21 4.180,0 Milano / Milano 1963 Franco Balmanion 116h 50’16” 21 4.063,0 Napoli / Milano 1964 Jacques Anquetil 115h 10’27” 22 4.119-0 Bolzano / Milano 1965 Vittorio Adorni 121h 08’18” 22 4.151,0 San Marino / Firenze 1966 Gianni Motta 111h 10’ 48” 22 3.976,0 Montecarlo / Trieste 1967 Felice Gimondi 101h 05’ 34” 22 3.646,0 Treviglio / Milano 1968 Eddy Merckx 108h 42’27” 22 3.917,3 Campione d’Italia / Napoli 1969 Felice Gimondi 106h 47’ 03” 23 3.851,0 Garda / Milano 1970 Eddy Merckx 90h 08’47” 20 3.292,0 San Pellegrino / Bolzano 1971 Gösta Pettersson 97h 24’03” 20 3.567,0 Lecce / Milano 1972 Eddy Merckx 103h 04’04” 20 3.725-0 Venezia / Milano 1973 Eddy Merckx 106h 54’41” 20 3.801,0 Verviers / Trieste 1974 Eddy Merckx 113h 08’13” 20 4.001,0 Città del Vaticano / Milano 1975 111h 31’24” 22 3.963,0 Milano / Passo dello Stelvio 1976 Felice Gimondi 119h 58’ 15” 22 4.161,0 Catania / Milano 1977 107h 26’16” 22 3.963,0 Bacoli / Milano 1978 101h 31’22” 20 3.610,0 Saint Vincent / Milano 1979 89h 29’ 18” 19 3.301,0 Firenze / Milano 1980 Bernard Hinault 112h 08’20” 22 4.025,0 Genova / Milano 1981 104h 50’36” 22 3.895,0 Trieste / Verona 1982 Bernard Hinault 110h 07’ 55” 22 4.010,5 Milano / Torino 1983 Giuseppe Saronni 100h 45’ 30” 22 3.922,0 Brescia / Udine 1984 98h 32’ 20” 22 3.808,0 Lucca / Verona 1985 Bernard Hinault 105h 46’ 51” 22 4.010,5 Verona / Lucca PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 435

1986 102h 33’ 55” 22 3.858,0 Palermo / Merano 1987 Stephen Roche 105h 33’ 55” 22 3.915,0 San Remo / Saint Vincent 1988 97h 18’ 56” 21 3.580,0 Urbino / Vittorio Veneto 1989 93h 30’ 16” 22 3.418,0 Taormina / Firenze 1990 Gianni Bugno 91h 51’ 04” 19 3.450,0 Bari / Milano 1991 99h 35’ 43” 21 3.715,0 Olbia / Milano 1992 Miguel Indurain 103h 36’ 08” 22 3.843,0 Genova / Milano 1993 Miguel Indurain 98h 09’ 44” 21 3.702,0 Porto Azzurro / Milano 1994 Evgenij Berzin 100h 41’ 21” 22 3.721,0 Bologna / Milano 1995 97h 39’ 50” 22 3.736,0 Perugia / Milano 1996 105h 20’ 23” 22 3.990,0 Atene / Milano 1997 102h 53’ 58” 22 3.889,0 Venezia / Milano 1998 Marco Pantani 98h 48’ 32” 22 3.811,0 Nizza / Milano 1999 Ivan Gotti 99h 55’ 56” 22 3.757,0 Agrigento / Milano 2000 98h 30’ 14” 21 3.514,0 Roma / Milano 2001 89h 02’ 58” 21 3.364,0 Montesilvano / Milano 2002 Paolo Savoldelli 89h 22’ 42” 20 3.363,8 Gronnga / Milano 2003 Gilberto Simoni 89h 32’ 09” 21 3.485,5 Lecce / Milano 2004 87h 32’ 09” 20 3.423,9 Genova / Milano 2005 Paolo Savoldelli 91h 25’ 51” 20 3.435,9 Reggio Calabria / Milano 2006 91h 33’ 36” 21 3.508,2 Seraing / Milano 2007 92h 59’ 39” 21 3.486,0 Caprera / Milano 2008 89h 56’ 49” 21 3.406,0 Palermo / Milano 2009 Denis Men’šov 86h 03’ 11” 21 3.456,0 Lido di Venezia / Roma 2010 Ivan Basso 87h 44’ 01” 21 3.483,6 Amsterdam / Milano 2011 84h 11’ 24” 21 3.479,0 Venaria Reale / Milano 2012 91h 39’ 02” 21 3.505,0 Herning / Milano 2013 Vincenzo Nibali 84h 53’ 28” 21 3.341,8 Amsterdam / Milano 2014 Rairo Quintana 88h 14’ 32” 21 3.465,4 Belfast / Trieste 2015 Alberto Contador 88h 22’ 25” 21 3.495,0 S.Lorenzo al mare / Milano 2016 Vincenzo Nibali 86h 32’ 49” 21 3.463,1 Apeldoorn / Torino 2017 90h 34’ 54” 21 3.609,0 Tortolì / Milano

TOTALE 10.630h 1.880 358.966,8

FONTE: La Gazzetta dello Sport (*) competizione sospesa, negli anni intermedi, a causa del primo e secondo conflitto mondiale 436 Giuseppe Maria Lotano

28 GIRI D’ITALIA DONNE

CENNI STORICI DAL 1988 AL 2017 Al Giro di Italia potevano partecipare solo atleti di sesso maschile. Tra le donne non mancavano attitudini alla competizione ma non ancora si riusciva a organizzare adeguata rappresentanza atletica in proporzione alle praticanti. Fu necessario del tempo e il Giro d’Italia femminile fu organiz- zato, per la prima volta, nel 1988, con partenza da Milano e arrivo finale a Roma, per un totale di 764 chilometri. Si aggiudicò il primo Giro donne d’Italia, nel 1988, l’atleta Maria Canins. Di seguito non furono disputati i Giri del 1991 e del 1992. Dal 1995 al 1998 vinse il Giro sempre l’italiana Fabiana Luperini e nuovamente lo vinse nel 2008, a oggi detiene il record di cinque vittorie finali e il record di cinque Gran premi della montagna, il più prestigioso e da indiscussa dominatrice fu quello sul monte Zonco- lan conquistato nel luglio 1997. L’Italia, tra le nazioni, detiene il record di otto vittorie del Giro femminile. Il Giro Rosa di Italia, denominazione assunta dal 2013 in sostitu- zione del Giro donne, è uno dei principali Giri del ciclismo femmi- nile su strada e dal 2016 è parte del calendario Women’s World Tour. Le opinioni contrarie alla partecipazione delle donne a partico- lari competizioni sportive, ora superate nel mondo del ciclismo, si prestano ad essere superate anche nel mondo dell’automobilismo. “Le donne non sono adatte a correre in F1” ha sempre sostenuto Bernie Ecclestone, per lunghissimi anni il massimo dirigente mon- diale del circus delle gare automobilistiche di Formula Uno. Detta opinione è stata ribaltata e anche le donne (Woman) acce- deranno alle corse automobilistiche W Series già definita Formula Rosa. Le vetture che saranno inizialmente utilizzate sono di Formula tre (F3) e con telaio della casa costruttrice italiana Tatuus, le prime gare sono previste nel maggio 2019 PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 437

Note cicliste italiane Tra le più note atlete italiane, vittoriose in campo nazionale e inter- nazionale figurano: Alfonsa Rosa Maria Morini, coniugata Strada, (Castelfranco Emilia, 16.03.1891 - Milano, 13.09.1959). Maria Canins, (Badia, 4 giugno 1949). Roberta Bonanomi, (Sotto il Monte Giovanni XXIII, 15 .10.1966). Vinse nel 1988 i Campionati del mondo, Cronometro a squadre (con Monica Bandini, Maria Canins e Francesca Galli). Nel 1989 vinse il Giro d’Italaia donne. Michela Fanini, (Lucca, 23 marzo 1973 - Capannori, 26 ottobre 1994). Vinse il Giro d’Italia donne nel 1994. Fabiana Luperini, (Pontedera 1974).

SOPRANOMI DI ALCUNE LEGGENDARIE CICLISTE ITALIANE “Il diavolo in gonnella” - “La regina della pedivella” – “Al- fonsin” Sopranomi di Alfonsa Rosa Maria Morini, coniugata Strada. Ciclista su strada e ritenuta antesignana della parificazione tra sport maschile e femminile. Ebbe la prima bicicletta dal padre nel 1901, prima dei quattordici anni già partecipava a diverse gare a insaputa dei suoi genitori. Sua madre quando lo seppe disse che se intendeva praticare il ciclismo agonistico avrebbe dovuto sposarsi e andare via di casa. Alfonsa, da tutti chiamata Alfonsina, determinata nel sostenere la sua innata passione di correre in bicicletta a quattordici anni, nel 1905, sposò un meccanico e cesellatore, Luigi Strada, con il quale si tra- sferì a Milano e chiese per regalo di nozze una bicicletta, che subito il marito le regalò divenendone il suo primo sostenitore e manager. Esordì in pista nel 1907 e nel 1911 stabilì a Moncalieri il record mondiale di velocità femminile realizzando 37,192 chilometri l’ora. Nel 1912, in Francia, conseguì molti successi gareggiando su pista nel Vélodrome Buffalo, nel Vélodrome di Hiver, al Parco dei Principi. Nel 1917 e nel 1918, partecipò al Giro di Lombardia. Nel 1924 riuscì nell’obiettivo a lei molto caro di partecipare alla “Corsa Rosa” ma fu registrata con il nome maschile “Alfonsin”. Mai fu 438 Giuseppe Maria Lotano

precisato se per errore di stampa o di opportunità per non pubbli- cizzare apertamente l’iscrizione al Giro di Alfonsina, partecipazione preclusa alle donne. Il tracciato del Giro fu di 3.613 chilometri frazionato in dodici tap- pe da Milano a Milano, partirono novanta atleti ma finirono la corsa solo in trenta, tra essi anche Alfonsina Morini Strada. Alfonsina con i suoi successi diede un impulso notevole alla pre- senza delle donne nel mondo delle competizioni. Nel 2004 è stato pubblicato il libro scritto da Paolo Facchinetti Gli anni ruggenti di Alfonsina Strada - Il romanzo dell’unica donna che ha corso il Giro d’Italia assieme agli uomini (Edicicloeditore).

“La mamma volante” Sopranome dato a Maria Canins (Badia, 4 giugno 1949). Iniziò a praticare il ciclismo quando era già sposata e madre di Concetta. Ex ciclista su strada e biker italiana. Vinse il Giro d’Italia femminile nel 1988. Tra le altre principali gare vinte: medaglia d’oro nella competi- zione di cronometro a squadre ai Campionati del mondo di ciclismo su strada 1988 di Ronse; due medaglie di argento e due di bronzo in linea ai campionati del mondo del1983 e del 1989 e un altro argento nel cronometro a squadra; Tour di Francia negli anni 1985 e 1986; Giro di Norvegia nel 1986. Dieci volte il titolo italiano sei in linea e quattro a cronometro. Ebbe positive esperienze anche nel mountain biking.

“Pantanina” Sopranome dato a Fabiana Luperini (Pontedera 1974) ciclista su stra- da, così definita per le sue doti di scalatrice. A soli sette anni, inizia a correre nel G.S.Vettori, allenata dal pa- dre. Nel 1982 passa nel G.S. Donati Porte-Polisportiva La Perla fino al 1986. Ottiene nella categoria Giovanissimi 200 vittorie (10 nella categoria maschile). Ha vinto cinque Giri d’Italia (1995, 1996, 1997, 1998, 2008), detie- ne il record di cinque vittorie finali e anche il record di cinque Gran premi della montagna, inoltre ha vinto tre Tour de France, (1995, 1996, 1997) confermandosi come una delle indiscusse campionesse di sempre. È stata insignita di: - Medaglia d’Oro al Valore Atletico del CONI nel 1995, 1996 e 1997 - Oscar Tutto Bici nel 1998, 2000, 2001, 2002, 2003, 2006 e 2008 PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 439

- Premio Italia donne nel 2008 - Premio alla carriera dell’Associazione Nazionale Ex Corridori Cicli- sti nel 2011 Nel 2013 partecipa nuovamente al Giro d’Italia, ma alla sesta tap- pa è squalificata dalla giuria per bicicletta leggera, non conforme ai regolamenti UCI. Dopo Maria Canins, Fabiana Luperini ha confermato di essere la migliore ciclista italiana in gare a tappe, primeggiando per molte sta- gioni ed è la professionista italiana con il maggiore palmares. Auspica di potersi presentare in tutte le gare di altre discipline come apripista e favorire la sponsorizzazione di sport anche se non agonistici.

PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 441

BIBLIOGRAFIA

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CALENDARIO DEL COMUNE DI CASTEL- Poi comincia er tormento della scola GRANDE / anno 2011 di Marcello Teodonio / Tascabii Economici Newton CAMMINARE INSIEME A cura della Cassa Prestiti S. M. A. di Ca- Manuale di DIZIONE e PRONUNCIA stelgrande di Ughetta Lanari / Giunti Demetra Ristampa /Amm.ne Comunale - 1990 VOCABOLARIO DE LA SEMMOLA COMUNE DI CASTELGRANDE di Vincenzo Fucili Centro Studi di Storia delle tradizioni po- polari GLOSSARIO DEL DIALETTO DI CASTEL- di Basilicata, Puglia e Calabria GRANDE in castro de grandis(miscellanea) di Michele Lisanti / EdiSud di Angelo Racaniello /Arti Grafiche 2000 snc Montella (AV) 1999 TOPONOMASTICA DI CASTELGRANDE C.S.R. Basilicata Nord Occidentale CASTRUM DE GRANDIS - CASTELGRAN- - Comune di Castelgrande DE di Maria Teresa Greco Frammenti di storia - di cronaca - di ricordi Raccoglitore Domenico Alberto Muro / RCE di Don Francesco Masi / ADAFOR Edizioni Edizioni srl

CASTRUM DE GRANDIS - CASTELGRAN- ATTI DEL CONVEGNO DE Guglielmo Gasparrini il sommo botanico Frammenti di storia - di cronaca, di ricordi 1803 - 2003 - Parte II Amministrazione Comunale di Castelgran- di Don Francesco Masi / ADAFOR Edizioni de, 29 novembre 2003 442 Giuseppe Maria Lotano

MATTEO CRISTIANO I DIECI di Ruggiero Cianci di Sanseverino di Franco Cuomo -Dalai Editore 2005 / Sag- Napoli, Giuseppe de Alteris Editore, 1914 gi La Feltrinelli

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TOPONOMASTICA DI ALTAMURA / Qua- PAESTUM il parco archeologico/il Museo/il derni di Storia di Altamura santuario di hera agiva di Vincenzo Vicenti / Edito a cura di Nino di Laura Del Verme / guida (breve) arte.m Colonna e Giuseppe Pupillo CRONISTORIA DEI TERREMOTI IN BASI- RACCOLTA DELLE FAMIGLIE NOBILI E LICATA NOTABILI DI BASILICATA di Vito Claps / Galatina Congedo Editore di Francesco Scardaccione e Carlo Cudemo 1982 – erreci/edizioni, Gennaio 2005 VITA, MORTE E MIRACOLI DEL TERREMO- L’ALBERO E LA CROCE – Istituzioni e ceti TO 1980 dirigenti nella Basilicata del 1799 di Gaetano Fierro / EditricErmes 2005 Po- di Antonio Lerra / Edizioni Scientifiche tenza Italiane

A FRONTE ALTA Castelgrande nella Gran- PESCOPAGANO E IL SUO TERRITORIO de Guerra a cura della Fondazione Girolamo Orlan- di Vincenza Maria Gerarda Lisanti /ADA- do e della Deputazione Lucana di Storia FOR Edizioni Patria PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 443

PESCOPAGANO E LA BASILICATA RICORDI A cura della Banca Operaia Cooperativa di di Pietro de Sanctis Pescopagano di Maria Elvira Ferri Mazzeo / Tip. Mon- SANT’ALFONSO E DINTORNI - Blog Archiv tecalvo , 1985 di Nicola de Sanctis

PADRE ANTONIO DI PESCOPAGANO ITE, UNA DEVOZIONE TRANSALPINA di Rocco Mancini / Ed. S. Gerardo Maiella Atti del convegno (Bagolino, 20-22 settem- Materdomini 1967 bre 2013) di Francesca Bormetti / Roccafranca 2014 IL CARBONE BIANCO IN BASILICATA L’ESPERIENZA NITTIANA DI GIROLAMO VERSO I TRE DI NAZARETH - Pietro Bonilli ORLANDO di Lia Carini Alimandii / PIEMME di Camillo Naborre / Editric Ermes, Po- tenza 2013 ISTITUTO SUORE DELLA SACRA FAMIGLIA DI SPOLETO IL LAGO NITTI DI MURO LUCANO Curia Generalizia - Roma di Mario Mennonna / Congedo Editore 2011 – Galatina (LE) L’EMIGRAZIONE ITALIANA NEGLI ANNI ‘70 Centro Studi Emigrazione Roma – ATTUA- PROPOSTE DI RECUPERO DELLACENTRA- LITÀ LE IDROELETTRICA DI MURO LUCANO di Calvaruso, Cassinis, De Rita, Falchi, Fa- di Arch, Giacinto Indelli -Tesi di laurea vero, anno 1998 Lucrezio, Rosoli, Sacchetti / Roma 1975 Università di Roma La sapienza EMIGRANTI DI POPPA, EMIGRANTI DI TOPONOMASTICA DI MURO LUCANO” PRUA di Maria Teresa Greco / Napoli – Brienza: di Michele Spera - Raffaella Spera / Gangemi , RCE 2001) Editore Raccoglitrici: Maria Oliveto e Enza Vierno MINISTERO DELL’INTERNO GERARDO MAIELLA A.I.R.E. (Anagrafe Italiana Residenti all’Este- Testimonianze e annotazioni sulla vita del ro) Santo - Muro 1726-1749 diFilippo Parisi / S.T.E.S. s.r.l. - Potenza PROCESSO DI FUSIONE DEI COMUNI al 31.12.2016 GERARDO MAIELLA D. lgs. n. 267/2000 art.15 e 16 Appunti biografici di un suo contemporaneo di P. Sabatino Majorano / Valsele Tipografica MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA CULTURALI E DEL TURISMO ASSOCIAZIONE SAN VITO ITALIA Istituto Centrale per la Demoetnoantropolo- San Vito lo Capo (TP) gia - ICD

VITA DEL SERVO DI DIO NICOLA DE SANCTIS ARCHIVIO STORICO DI POSTE ITALIANE di don Alfonso De Sanctis Registro Matricolare - Profilo del dipendente NICOLA - Studente Redentorista Angelo Cristiano di Umberto Della Gala /Redentorista - Na- Relazione sul Servizio postale in Italia /1869 poli, 8 dicembre 1997 / 1872 / 1882 444 Giuseppe Maria Lotano

ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO BASILICATA 1967 – GIOCO DELLA FALCE / DIREZIONE GENERALE POSTE SAN GIORGIO LUCANO Busta 95, Fasc. 29543 di Folco Quilici.: Analisi e rispetto della cul- tura contadina del Sud ARCHIVIO STORICO DI POSTE ITALIANE AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI TER- BUCA DELLE LETTERE Storia e immagini RANOVA DI POLLINO Posteitaliane di Giuseppe Ciancia - Le zampogne a Ter- ranova di Pollino ANDARE CAMMINARE LAVORARE L’Italia raccontata dai portalettere CANTO MINIMO di Angelo Ferracuti /- Posteitaliane, / Va- LA CANZONE POPOLARE LUCANA TRA ria/Feltrinelli 2015 PREGHIERE E STORIE D’AMORE Controsenso Basilicata - Anno IX n. 43/22 SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA CLINICA CHIRURGICA - POLICLINICO DEDICAZIONE DELLA CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA UMBERTO I IN CASTELGRANDE (9 febbraio 2008) “TARGA 99” di Mario Mennonna e Franceco Cristiano / UNO STUDIO SULLA MERIDIANA DEL Parrocchia Santa Maria Assunta DUOMO DI MILANO A cura di Bruna castoldi – Andrea Filippi SANTA MARIA DI COSTANTINOPOLI / ITAS “Natta” Milano di Maria Cristina La Penna / Provincia di Potenza, U. D. Progetti e Beni Culturali MERIDIANE DI BASILICATA di Lucio Saggese - ADAFOR Edizioni, 2011 CENNI STORICI SU MARIA SS DI COSTAN- / Sant’Arcangelo TINOPOLI E SU CASTELGRANDE Di Mosè Colucci / La Tipografia Manduria- na 1970 LA CARTA DEI MIELI DELLA BASILICATA ASSOCIAZIONE CULTURALE “RECUPERO di Renato Spicciarelli / UNIBAS 2015 TRADIZIONI RUOTESI MISS 48” MIELI E PASCOLI DELLA BASILICATA Ruoti (Potenza) di Simonetta Fascetti- Renato Spicciarelli / UNIBAS 1982 UN SECOLO DI PASSIONI “GIRI D’ITALIA” 1909 – 2009 GIOCHI DELLA XVII OLIMPIADE / Roma 1960 di Pier Bergonzi, ElioTrifari /Ed. Rizzoli Rapporto Ufficiale del Comitato Organiz- zatore MUSEO DEL CICLISMO ASSOCIAZIONE CULTURALE - ONLUS Archivio Comitato Regioonale Basilicata da Paolo Mannini (curatore dell’Archivio)

1960 LA GRANDE OLIMPIADE ISTITUTO GEOGRAFICO MILITARE Istituto Nazionale Luce Foglio 186 e 187 della Carta d’Italia Aerofotografie del 1955 IL GIOCO DELLA FALCE – Un rito antico, tra storia e mito. LUCUS Poesie di don Rocco Natale - Grafica Salluce, Ber- Di Giuseppe Maria Lotano / Collana Alba- nalda / Settembre 2015) ros – CAFI Editore 2003 PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 445

BRAHMAEA Poesie - Venerdì, 20 Ottobre 2017 Di Giuseppe Maria Lotano / Collana Alba- Ritrovato il mosaico delle navi di Nemi ros – CAFI Editore 2004 sparito dal rogo nazista - di Fabio Isman - Giovedì, 30 Novembre 2017 PINUS LEUCODERMIS Guardiano del tem- Froome e Roma: Giro show - di Ga- po briele De Bari Di Giuseppe Maria Lotano / Casa Editrice Menna 2008 - Mercoledì, 3 Gennaio 2018 Cento anni fa l’influenza “spagnola” - WIKIPEDIA - l’Enciclopedia libera da MACRO - Sabato 27 Gennaio 2018 Giovani, uno su tre pensa ad emigra- re - da ECONOMIA - Domenica, 18 Marzo 2018 ARTICOLI DI STAMPA Il ricordo - La strage del 1956 - Morto l’ultimo sopravvissuto di Marcinelle IL MESSAGGERO - Domenica, 1 Aprile 2018 - Martedì, 28 Ottobre 2014 Malala torna in Pakistan 6 anni dopo Il crepuscolo del dialetto - di Valeria - da MONDO Arnaldi - Giovedì 14 Giugno 2018 - Lunedì, 10 Novembre 2014 Gli italiani sono sempre di meno - da Il latino torna in Campus - di Laura CRONACHE Larcan - Giovedì 26 Luglio 2018 - Martedì, 6 Gennaio 2015 Quelle leggi razziali dei ’38 e il moni- Il mondo delle lingue perdute - di to di Mattarella - da PRIMO PIANO Flavio Pompetti - Lunedì 30 Luglio 2018 - domenica, 4 Dicembre 2016 Emozioni e arte la Madonna sfila sul Italiano alla riscossa tra memoria e Tevere - di Lucilla Quaglia futuro - di Federico Guiglia - Giovedì 2 Agosto 2018 - Martedì 16 Maggio 2017 Assegnata la Fields Medal - di Miche- Il Forum di Andrea Bassi la Allegri Risplende la Menorah perduta - di Il rapporto SVIMEZ - di Luca Cifoni . Franca Giansoldati -Giovedì 26 luglio 2018 - Venerdì, 29 Luglio 2017 Quelle leggi razziali del ’38 e il moni- Le ite d’oro e ricami - di Valeria Ar- to di Mattarella - da PRIMO PIANO naldi - Sabato 4 Agosto 2018 - Martedì, 19 Settembre 2017 Lo scontro nel Governo - da PRIMO Da Israele a Roma: Giro show - di PIANO . Gabriele De Bari - Sabato 18 Agosto 2018 - Lunedì, 25 Settembre 2017 “Non chiamatemi Fantozzi” Boom dei USA, la rivolta dello sport… - di Flavio cambi di cognome - di Leonardo De Pompetti Cicco - Venerdì, 29 Settembre 2017 - Martedì 25 Settembre 2018 Fondi e banda, più tutela ai borghi - di “Diciamo pane al panei” Questioni di Valeria Arnaldi gusto - di Carlo Ottaviano 446 Giuseppe Maria Lotano

- Giovedì 11 ottobre 2018 MESSAGGERO DI SANT’ANTONIO - Sport - Le donne al volante parte la APRILE 2018 Formula Rosa di Claudio Russo L’archeologo dei grani antichi - Storie - Lunedì 29 ottobre 2018 di vita di Ercole Maggio di Giulia Ca- MACRO / Tecnologia – Cronache nanzi dallo spazio di Gloria Satta - Lunedì 5 ottobre 2018 IL QUOTIDIANO GRATUITO – ME- MACRO / Tecnologia – Le parole TRO / Roma del futuro di Michele Neri - venerdì 9 febbraio 2018 - Venerdì 18 novembre 2018 Un’Italia di anziani con nascite al mi- MACRO/I cento anni del governo Nit- nimo ti profeta dell’Europa divisa di Andrea LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO Velardi -Sabato 15 settembre 2018 / MARMO - Giovedì 18 ottobre 2018 / Potenza / LA REPUBBLICA VIVA LA REGIONE – Salento - Martedì 18 settembre 2018 - Giovedì 25 ottobre 2018 / Speciale L’intesa “Patto Ferrovie - Federico II World Pasta Day studenti in campo per il turismo - Lunedì 29 ottobre 2018 / Taranto in da Pietrarsa a Rocchetta” di Roberto Basilicata raccolte 16.600 firme. Fuccillo IL LUCANO FAMIGLIA CRISTIANA IL CENTENARIO DEL PONTE “PIANEL- - n°19 del 7 maggio 2017 LO” L’Italia in ”Giro” da 100 anni - di Anno XV N. 136 - Settembre/Ottobre Gian Paolo Ormezzano 2018 - n°41 del 8 ottobre 2017 Studio le stelle, ma penso alla terra - il Quotidiano / del Sud di Manuel Gandin - Giovedì 1 novembre 2018 - n° 30 del 29 luglio 2018 Un altro passo verso i lucani - di Rocco Emergenza migranti / Vade retro Pezzano Salvini - di Annachiara Valle Roma – Il Giornale di Napoli LA GAZZETTA DELLO SPORT - Sabato 10 novembre 2018 - lunedì, 29 maggio 2017 Altro incredibile scatto dall’ossevatorio Ciclismo > La guida > GIRO 100 Il ricercatore russo “colpisce” ancora- di Emanuela Calabrese - Mercoledì 19 dicembre 2018 AVVENIRE Un “Atelier creativo” intitolato a Lordi: -21 gennaio 2018 insegnante, scrittore e cittadino illustre Emergenza natalità, un grande piano Ue - di Emanuela Calabrese PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 447

Indice dei nomi

A Bologna Aniello 191, 248, 320 Acquaviva Cosimo 211 Bologna Margherita 325 Acquisizione Detti e Informativa 409 Bologna Francesco 230, 248, 409 Adamo 157 Bologna Vita Maria 17, 409 Adorni Vittorio 428, 434 Bologna Domenico 220 Agostino Mons. Giuseppe 205, 368 Bompieri Enrico 282 Aiello Pasquale 26, 408 Bonanomi Roberta 437 Alvino Maria 325 Bonilli don Pietro 238 Andrea Doria 286, 287 Boscarino Dottor Angelo 45, 408 Andreotti Giulio 420 Brienza Pasquale Stella 185 Angela Piero 158 Bugno Gianni 429, 435 Aniello Tommaso d’Amal 211, 215 Buongiorno Mike 344 Annibale 181, 185, 191, 220, 222, 223, 224, Burastero Maria Luisa 264 226, 254, 256, 331, 346, 408 Betty Burke 187 Appignanesi Ennio 254, 369 Businco Lino 41 Arbia Silvana 22, 408 Arcovio Valentina 283 C Armstrong Louis Daniel 278 Calitri Antonio 42 Aru Fabio 431 Calvino Italo 32 Cammalleri Fi e Deddé 273 Camusso Francesco 426, 433 B Canins Maria 437, 438, 439 Baccelli Guido 200 Canniano Vincenzo 216 Baldini Ercole 428, 434 Cantavenera Salvatore 371 Balestrieri Angelo 179 Capone Raaele (Vescovo) 322, 364 Baltimor Ravens 46 Caprile Luciano 260 Barazzutti Corrado 46 Caprini don Antonio 318 Barba Mons. Maurizio 395 Caraveo Patrizia 347 Barbero Alessandro 158 Carlos John 46 Barbieri Cesare 345 Carosio Nicolò 423 Barneschi Gianluca 339, 441 Carusi don Celestino 217 Bartali Gino 426, 433 Carusi Francesco 220, 313 Basilica 413 Carusi Michele 209 Basilio II 412 Caruso Francesco 220 Basilkos 412 Caruso (Carusi) Andrea 218 Bellingioni Giovanni 176 Caruso (Carusi) Francesco Michelangelo 219 Bellucci Raaele 339 Casale Vincenzo 216 Belmonte Pio 191, 227, 229, 250 Cascella Tommaso 260 Beni Dario 422 Castiglia Benedetto 214 Beni Luigi Beni 422, 433 Cataldi Pasquale 323 Benvenuti Giovanni Antonio 318 Cecina Antonio 217 Berardi Camillo 14 Cerone Anna 232, 409 Bertolucci Paolo 46 Cerone Francesca 325 Bianchi Vincenzo 394 Cerone Gerardo 270, 394 Bikila Abele 420 Cerretti Cristiana 260 Boccaccio 32 Ciampa Maria 287 448 Giuseppe Maria Lotano

Cianci Annibale 191, 224, 408 Cristiano Donato 384 Cianci Antonio 209, 408 Cristiano Fabrizio 213 Cianci Cesare 191, 220, 224, 242 Cristiano Filomena 248, 365, 409 Cianci Mons. Felice 190, 244, 364, 366 Cristiano Lorenzo 391 Cianci Flaminio 224, 408 Cristiano Matteo 11, 190, 192, 210, 211, 212, Cianci Francesco 305, 346, 347, 358, 387, 409 213, 214, 224, 242, 243, 244, 247, 257, 315, Cianci Gerardo 253 320, 348, 350, 441 Cianci Giovanni Battista 225 Cristiano Sabrina 311 Cianci Girolamo 394 Cristiano Vincenzo 311 Cianci di Leo Sanseverino Nicola 190, 198, Cristiano Antonio Pasquale 220 205, 212, 225, 242, 384 Cristiano Donato 227 Cianci di Sanseverino Ruggiero 192, 205, 212, 441 Cristiano Giovanni 219 Cianci Vincenzo 370 Cristiano Giuseppe 219 Cianci Vito 370 Cristiano Nicola 219 Cianci Filomena 17 Cristiano Vincenzo 218 Cianci Annibale 222 Cristiano Vincenza 256 Cianci Antonio Maria 218 Croce Benedetto 203, 215 Cianci Fabrizio 218, 220 Cuomo Franco 41, 441 Cianci Francesco Maria 219, Ciancia Giuseppe 397, 443 D Cieco Appio Claudio 331 D’Addezio Mons. Giustino 206, 408 Cima Coppi 424, 427 Dante 31, 32, 202, 203, 315, 327, 329, 409 Cipollini Mario 430 Danti Ignazio 181 Cipriani Lidio 41 Dattero don Salvatore 320, 334, 394, 408 Claps Vito 275, 441 De André di Frameries 233 Colangelo Giuseppe 192, 261, 262 De Filippo Eduardo 394 Colombo Giuseppe 177 De Filippo Vito 235, 335 Colonna Nino 213, 441 De Gasparis Annibale 220, 222, 346 Colucci Carmela 325 De Gasparis Maria Grazia 220, 222, 226 Console Marcello 181 De Gasperi Alcide 233, 297 Consolini Adolfo 420 de Jaeghere Michel 282 Consultazioni 409 Del Gaudio Francesca 201, Contini Gianfranco 20 Del Gaudio Giuseppe 279 Conversano Graziano 337 Del Gaudio Nicola 186, 201, 394, 440, Coppi Fausto 427, 430, 433, 434 Della Piazza Angelo 394 Coppola Francesca 278 Della Piazza Nicolino 192, 261 Coppola Francesco 217, 218 Della Piazza Teresa 252 Coppola Giuseppe 218 De Lorenzo Giuseppe 184 Coppola Nicola 217 De Luca Ferdinando 336 Corradino di Svevia 211 Del Vecchio Gerardina 325 Cortecchia Fausto 346 De Martino Enrico 399 Cosentini Mons. Renato 205, 368 De Mascellis Domenico 184 Cougnet Armando 422, 423 Dentato Marco Curio 414 Crescenza 321, 322 de Sanctis Aniello 190, 200, 201, 202, 209, Cristiani Francesco 212 224, 230, 242, 248 Cristiano Angelo 314 de Sanctis Francesco Maria 194, 209 Cristiano Antonio 191, 325 de Sanctis Gaetano 209, 408 Cristiano Donato 191 de Sanctis Nicola 196, 363, 364, 442 Cristiano Gaetano 391, 441 De Sanctis Nicola, Domenico, Potito 190, 195 Cristiano Domenico 394 196, 197, 366 PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 449

de Sanctis Cav. Notar Potito 190, 203, 212, Federici Rosa 311, 370, 370 410 226, 242, 308, 309, 315, 328, 340, 342, 364 Federici Vito Gerardo 311 de Sanctis Vito 209 Federici Vito 226 de Sanctis Alfonso 190, 202, 209 Fellini Federico 260 de Sanctis Aniello 199 Fierro Gaetano 334, 416, 441 De Sanctis Alfonso 196, 442 Figalli Alessio 282 De Sanctis Domenico 219, 220 Fortunato Giustino 175, 212 De Sanctis Domenico Potito 209 Frammartino Michelangelo 400 De Sanctis don Vincenzo Pasquale 321 Franceschini Dario 222 De Sanctis Francesco 214 Franklin di Magnum Stuart 47 De Sanctis Gerardo 394 Franzi Leone 41 De Sanctis Pietro Antonio (sindaco) 196, 322, Frassino Gerardo 387 328 Frassino Giuseppina 192, 259, 260 De Sanctis Vito 394 Froome Chris 424 de Santis Antonio 370 Fuccillo Roberto 180, 445 De Santis Maria Gerarda 269, 270 De Santis Rosa 269, 272, 273 De Santis Gerardo 390 G Desiderio Leopoldo 408, 421 Galella Giuseppe Michele 187 De Zan Adriano 266 Galilei Galileo 32 Dibuono Angela 28 Gandhi Mahatma 45 Di Muro Gerardo 254 Garibaldi Giuseppe 336 Diocleziano 197, 318, 321 Gasparrini Alberto 209 Di Pietro Antonio 334 Gasparrini Antonio 340, 409 John Dominis 46–448 Gasparrini Corrado 209 Arturo Donaggio 41–448 Gasparrini Maria Gerarda 325 Guglielmo Gasparrini 12, 36, 190, 192, 194, E 202, 203, 209, 212, 214, 242, 244, 310, 333, Ecclestone Bernie 437 341, 358, 359, 367, 374, 384, 441 Errichetti Rocco 385, 408 Gasparrini Luigi 209, 363, 364 Errico Gaetano 311 Gasparrini Nicola 209, 213 Esposito Franco 339 Gasparrini Rosa 217 Eva 157, 260 Gavioli Orazio Gavioli 199 Gennari Mauro 412 Gentile Ugo 338 F Gerbi Giovanni 425 Fanini Michela 438 Giancamilli padre Stefano 319 Farinata degli Uberti 31 Giansanti Gianni 47 Fasanotti Armando 202 Gigliano Matteo 337 Fasulo Simona 177 Gimondi Felice 429, 434, 435 Federici Maria Giuseppa 269 Giorgio Domenico 242 Federici Michele 325 Girardengo Costante 425, 433 Federici Vita Maria 269, 270 Goitre M° Roberto 253 Federici Gaetano (scultore) 191, 242, 348, 387 Gronchi Giovanni 420 Federici Gaetano 197 Grossman Vasilij 39 Federici Gaetano 248 Guacci Maria Giuseppa 214 Federicio Gaetano (sindaco) 313, 315 Guerra Learco Antenore G. 423, 426, 433 Federici Mons. Michele 190, 205, 242, 248, Guidi Alessandro 357 320, 334, 368 Guidoni Umberto 354 450 Giuseppe Maria Lotano

Gullo Brigida 337 Lotano Titina 287 Gutemberg Giovanni 309 Lotano Iolanda 17, 202, 203, 409 Loustal Jacques 260 I Lozito Leonardo 249, 357, 408 Iannetta Antonio 233 Lucus 413, 414 Indelli Giacinto 185, 186, 408, 442 Luperini Fabiana 437, 438, 439 Innocenti Luisa 355 Lupi Dario 323 Ivan Marko 200 Luzzatti Luigi 174 Lycos 414 J Lyki 414 Jacksonville Jaguars 46 M K Machholz Donald 354 Kennedy Jacqueline 187 MadreTeresa di Calcutta 45, 364 King Martin Luther 46 Maggio Giuseppe 372 Magni Fiorenzo 427, 433, 434 Mairano Aldo 419 L Majorano P. Sabatino 182, 442 Donato Antonio Lamorte 191, 248, 340, 409 Mancini prof. Dario 343, 344, 345, 346, 347 Gerardo Lamorte 311 408, 442 Tommaso Lamorte 311 Mancino Nicola 42 Landra Guido 41 Mandela Nelson 46 Leonardo Lanza 397 Mangiarotti Edoardo 420 fratelli Larocca 386 Manzoni 203 Laureano Pietro 296, 441 Marconi Guglielmo Giovanni M. 342 Laviano Fabrizio Laviano 175, 178 Marinaro Antonio 311 Luigi La Vista 200, 280, 284, 321 Mariottino Alfonsina 198 da Vinci Leonardo 159, 286 Martuscelli Gian Filippo 183 Leopardi 203, 212 Martuscelli Luigi 182, 183, 441 Leukos 414 Masi Mons. Francesco 180, 189, 196, 204, Levi Paolo 257 206, 208, 275, 368 Lisanti Michele 209, 441 Masi Antonio 311 Lisanti Renato 188, 408 Masi Benedetto 288 Lisanti Vincenza M. Gerarda 310, 330, 441 Masi Carmine 217, 218 Lisanti Vincenzo 393 Masi Domenico 191, 231, 232 Loglisci Luigi 232, 394 Masi Felice Antonio 313 Loglisci Vincenzo 251 Masi Francesco Gerardo 369 Loi Anna 17, 409 Masi Giada Masi 311 Loi Franco 204, 209 Masi Maria 311 Loinger George 49 Masi Mariateresa 311 Longo Giuseppe 347 Masi Nicola 313, 315 Lordi Maria Antonietta 187, 408 Masi Vincenzo Masi 209 Vincenzo Lordi 187 Masi-Nobile Giuseppe 205, 368 Lotano Giuseppe Maria 11, 14, 19, 20, 21, 23, Masi Domenico 230, 248 24, 25, 26, 27, 29, 32, 193, 281, 302, 329, Masi Donato 261, 263 359, 384, 444 Masi Francesco 204, 261, 265 Lotano Lidia 17, 202, 203, 409 Maspes Antonio 427 PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 451

Massimo Quinto Fabio 331 O Mattarella Sergio 42 Omodeo Angelo 184 Mattotti Lorenzo 260 Onofrio Sera no 370 Mazzeo avv. Lorenzo 179, 408 Orlando Girolamo 174, 175, 176, 177, 178, 179, 441 Medi Enrico 318, Orlando Giuseppe 178 Mei Teodoro 318 feudatari Orsini 182 Melillo Vincenzo 217, 218 Ottaviano Carlo 371, 445 Mennonna Antonio Rosario 183, 256 Ottaviano 332 Merckx Eddy 429, 430, 432, 434 Mercouri Melina 296, 297 P Messinetti Silvio 200, 201, 202, 408 Pace Aurelio 237, 301, 408 Meucci Antonio Santi Giuseppe 342 famiglia Pacella 357 Miele Giovanni 177 Padre Pio 200, 274 Modesto 321, 322, Pagliuca Salvatore 186, 357 Modugno Domenico 40 Panatta Adriano 46 Montanari Eva 260 Pantani Marco 430, 435 Morgagni Tullio 422 Pantere Nere 46 Morini Alfonsa Rosa Maria 438 Papa Giovanni Paolo II 45, 200, 238, 276, 298, Moro Aldo 47 365, 369 Moser Aldo 428, 432 Papa Benedetto XVI 320 Motta Gianni 429, 434 Papa Gregorio II 326 Mucciacciuoli Francesco Michele M.174 Papalino Rosaria 187, 311 Murad Nadia 48 Paradiso Nicola 386, 410 Muro Domenico Alberto 235, 357, 378, 441 Paradiso Francesco 325 Domenico Muro 17, 409 Paradiso Vito Modesto 386 Muro Giuseppe 311 Parrulli Fabrizio 222 Muro Vito 391 Pascale Michelangelo 175 Muro Angelo Maria 247 Pastena Ippolito 210 Musella Gennaro 311, 368 Pedio Tommaso 192, 216, 217, 220, 441 Musella Simona 311 Pellegrini Giovanni Battista 32 Musella Benito 229, 331 Pende Nicola 41 Pennimpede Angelina 233 Pennimpede Nicola 17, 346, 349, 359, 365 N Pennimpede Pasquale 325 Napoleone 194, 327 Pennimpede Sara 311 Napolitano Giorgio 188 Pennone Marco 257 Nappi Francesco 178 Peris Giancarlo 420 Nardari Assunta e Stella 273 Petrarca 32 Stella Nardari 273, 274 Pettorino Giovanni 42 Nardiello V. Pompea 325 Pilla Leopoldo 214 Natale don Rocco 399, 443 Pilotto Agostino 253 Ndiaye Damhe Nicolò 311 Pilotto Daniela 252 Nencini Gastone 267, 427, 434 Pirone Gilda 269 Neri Michele 355, 445 Pistolese Luigi 183 Nibali Vincenzo 431, 436 Plinio il Vecchio 415 Nigro Raaele 239 Podesti Giulio 201 Nitti Francesco Saverio 176, 177, 183, 184, 203 Predieri Giuseppe 273 Nomi Federico 357, 358, 408 Puoti Basilio 214 Nonaka Masazu 274 452 Giuseppe Maria Lotano

Pupillo Giuseppe 211, 213, 441 Salvatori don Angelo 319 San Gerardo Maiella 182, 197, 207, 208 Q San Vito Martire 197, 321, 363 Quaglietta Antonio 175 Sanseverino Ercole 225 Quaremba Giovanni 268, 330, 366 Santa Maria de Serris 174 Quilici Folco 399 Santini Nicola 318 Saragat Giuseppe 183 R Sarra Romeo 235 Racaniello Angelo 189, 192, 200, 242, 303, Gloria Satta 354, 445 324, 340, 341, 345, 362, 441 Saturno padre Paolo 398 Racaniello Antonio 191, 233, 234, 235, 236, 237 Satyarth Kailash 47 Racaniello Pasquale 190, 209, 242, 243, 394 Savino Mariolina 239 Racaniello Vincenzo 287 Savoldelli Paolo 431, 436 Racaniello Antonio 232 Savorgnan Franco 41 Re Ferdinando II 336 Schettini Fernando 179 Re Ferdinando IV 215, 303, 333 Schiavone Rocco 387 Reso Patrizia 338 Schmalz Sergei 351, 354, 408 Re Umberto I 201 Scipione Publio Cornelio 158 Re Vittorio Emanuele II 32 Scutieri Giovanni 339 Riccardi Leonardo 397 Sella Quintino 347 Ricci Marcello 41 Senatore Espedito 337 Ricci Stefano 260 Setaro Giovanni 185, 187 Ricco Antonio 269, 270 Settembrini Luigi 214 Righini Guglielmo 344, 345 Settesoldi Enzo 350 Rigutti Mario 345 Shakespeare 203 Rizzi Maria 19, 408 Sibilia Caterina 197 Rizzo Cosimo 320 Simonetti Pietro 235 Maria Giuseppa Robucci 273, 274 Smith Tommie 46 Roncoroni Marco 372 Spadolini Giovanni 44 Ruo Fabrizio 215 Spera Michele 283, 442 Russo Angela Maria 279 Spera Raaella 283 Russo Donato 278 Spicciarelli Renato 358, 359, 377, 378, 408, 443 Russo Giuseppina 273 Stella Giuseppe Michele (anche Joseph Stella) 186, 187 Russo Michele 287 Striano Angelo 339 Russo Nicola 416 Summa Vito 408, 421 Russo Vitantonio 391 Santucci Madre Danila 240, 241 Ruvo Mons. Giovanni Battista 368 Suor Angelina Guittini 268, 330 Suor Isacu Denise 367 Suor Lucia Bani 239 S Suor Mputu Annie 367 Sabatini Francesco 37 Suor Pierluisa 240 Saggese Emilio 11, 328, 329, 394 Suor Celestina Muro 191, 237, 238, 239, 240, Saggese Lucio 351 241, 245 Saggese Matteo 308 Suor Angelina Guittini 245 Salamone Carmine 397 Suor Astrid Ngalela 367 Salamone Giuseppe 397 Suor Bernadetta Tulombe 367 Salazar Francesco 210 Suor Erminia Ragosta 366 Salbitani Roberto 26 Suor Orsola Benincasa 209 Salvani Provenzano 403 PRÈET - Castelgrande, linguaggio e territorio 453

Suore Orsoline 239 Verga Pietro 201 Superbo Agostino Vescovo 320 Verrastro Vito Vincenzo 264 Vespucci Amerigo 418, 419 Vicenti Arcangela 211, 441 T Viola Antonio 397 Tabellarius 11, 318 Violante di Baviera Beatrice 404 Taccone Vito 428, 429 Visco Sabato 41 Tajima Nabi 274 Vivilecchia don Pino 365, 368 Tarquini Livio 239 Voltaire 40 Tenore Giulia 226 Vomero Vincenzo 348 Testimonianze e Confronti 408 W Tirico Lorenzo 311 Tirico Vincenzo 12, 384 Wertmuller Lina 415 Togliatti Palmiro 297 Tomasi Luigi 273 X Torriani Vincenzo 422 Ximenes Leonardo 350 Tosi Pietro Paolo 318 Travisano Gerri Franco 325 Y Travisano Raaele 325 Trump Donald 46 Yousafzay Malala 47 Turchetto Andrea 254 Z V Zarrillo Dora Addolorata 229 Valdoni Pietro 202 Zavattari Edoardo 41 Valle Annachiara 42, 445 Ziccardi Mario 235 Valtorta Roberta 26 Zito Giuseppe 399 Valva Giuseppe Maria 333 Zugarelli Tonino 46 Vaussort Gaston 234

Collana

1. M. Calicchio, E. Bielli. Confinato politico comunista, 2004. 2. A. Dibuono, Segni d’identità territoriale. Viaggio letterario in Val d’Agri, 2008. 3. E. Schiavone, Le vie della storia. Giacinto Albini e l’Unità d’Italia, 2009. 4. A. Sanchirico, La Basilicata, Montemurro e il dialetto. Galantuomini e con- tadini dagli albori dell’Ottocento alla grande emigrazione. Alle origini di un antico conflitto sociale, 2010. 5. E.V. Alliegro (a cura di), Il Seme della modernità. Agronomi, impresari e mezzadri nella Basilicata del primo Novecento, 2011. 6. E.V. Alliegro (a cura di), L’Acquedotto dell’Agri. Simboli e poteri dell’acqua, 2013. 7. A. Sanchirico, Medici e Malattie tra la Basilicata e Napoli Borbonica, 2013. 8. A. Castronuovo, V. Simoncelli, D. Verrastro, V. Verrastro, Un’orma non lieve. L’azione riformatrice di Pietro Lacava tra italianità e meridionalismo, 2013. 9. N. Villone, Armento. Origine, etimologia, istoria, archeologia, numismatica, costituzione topografica e corografica, (a cura di) Stefano Del Lungo, Mau- rizio Lazzari, Canio Alfieri Sabia, 2014. 10. M. Calicchio, ... Arrivano i marsicani, 2014. 11. C. Pansardi, Atmosfere e luci di antichi borghi. Sorprendenti scoperte… da un viaggio nella valle del Noce, 2016. 12. Maria Rosaria Apicella, Giulia Oriolo, Uócchjə ca mə ghuàrda, ségnə ca mə mmírïa… Ritualità, credenze e pratiche magicoreligiose a Tramútola, 2016. 13. G. Ferrante Sorrentino, Dall’esperienza alla scienza - Come si curavano i nostri nonni, 2016. 14. Antonio Pisani, Quanni n’accundindavami cu zichi e stavami‘nzemmila, 2017. 15. Mimma Spadafora, Musica e libertà - Storie di vite, 2017. 16. V. Piccininni, Marsicovetere il Balcone della Valle. Storia di un paese di Basilicata, 2018. 17. A. Sanchirico, Prospero Guidone e la medicina a Napoli e in Basilicata dopo l’Unità d’Italia con la Ristampa Anastatica dell’opera “Profili dei Grandi Chirurghi Lucani del Secolo XIX” ed un Saggio di Luigi Luccioni, 2018 Stampato a Marzo 2019 per i tipi della Azienda Poligraca TecnoStampa (Gruppo Grache Dibuono) Via P. F. Campanile, 71 Villa d’Agri (Potenza)

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